Mentre le riprese del
reboot di Ghostbusters sono in
corso, il cast al femminile del film ha trovato il tempo di far
visita al Boston Children’s Hospital:
Ghostbusters
3 è diretto da Paul Feig, regista
che negli Stati Uniti ha riscosso grande successo di pubblico
grazie al suo film tutto al femminile Le Amiche della
Sposa, dove era già presente l’attrice comica
americana Melissa McCarthy, protagonista negli ultimi anni
di diverse nuove commedie tra cui Corpi da
Reato con Sandra Bullock e
Io sono tu con Jason
Bateman.
Kristen Wiig (Le Amiche della Sposa,
Walter Mitty), Melissa McCarthy
(Corpi da Reato, Tammy), Leslie
Jones(Saturday Night Live, Top Five) e
Kate McKinnon(Saturday Night Live, Life
Partners) saranno le quattro protagoniste del film.
Nel realizzare il remake del film
del 1984 di Ivan Reitman, Feig ha dichiarato di
voler adottare un tono spaventoso e allo stesso tempo comico, che
però non abbia nessuna soluzione di continuità con il sequel del
film del 1989, nè con la serie animata The Real
Ghostbusters.
A completare il cast la presenza maschile di Chris
Hemsworth. Il film uscirà al cinema il 22 luglio 2016
negli Stati Uniti.
Netflix
Italia ha rivelato un nuovo contributo video dei dicato ai numeri
di Squid
Game, la serie originale Netflix coreana di enorme successo globale. Ci
sono voluti più di 10 anni perché l’ideatore Hwang Dong-hyuk
riuscisse a realizzare Squid
Game, ma solo 17 giorni (e 111 milioni di utenti in tutto il
mondo) per farla diventare la nostra serie più vista di sempre a
ridosso del lancio 🦑
Squid
Game è la nuova serie survival Originale Netflix
coreana scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk.
La serie di nove episodi, con Lee Jung-jae , Park Hae-soo e Wi
Ha-joon , racconta la storia di un gruppo di 456 persone che sono
invitate a rischiare la vita in un misterioso gioco di
sopravvivenza con un patrimonio di 45,6 miliardi di ( US $ 38,7
milioni).
Nella serie Un misterioso invito a
partecipare alla gara è inviato a persone con un disperato bisogno
di denaro. I 456 partecipanti di ogni ceto sociale sono
intrappolati in un luogo segreto dove competono per vincere 45,6
miliardi di won. Ad ogni turno si cimentano in un popolare gioco
coreano per l’infanzia come “Un, due, tre, stella”, ma chi perde…
muore. Chi vincerà e qual è il vero motivo della gara?
Ivano De Matteo
torna, dopo Gli Equilibristi, con una
libera trasposizione del romanzo La cena di
Herman Koch, con un linguaggio e un’estetica più
maturi – da notare il lavoro sull’immagine e la valenza espressiva
degli ambienti. Dimostra di saper controllare una materia narrativa
complessa e un cast corale, di saper sorprendere e di non temere
giudizi. Ma nel far ciò, perde un po’ d’originalità e della verace
compartecipazione che aveva reso vibrante il suo precedente
lavoro.
Ne I nostri
ragazzi Massimo (Alessandro
Gassmann) e Paolo (Luigi
Lo Cascio) sono fratelli: un avvocato e un chirurgo
molto diversi tra loro. Uno vincente, di successo, che sa come va
il mondo e vi si adegua. L’altro impegnato a salvare vite di
bambini, cercando di fare sempre la cosa giusta. S’incontrano una
volta al mese, assieme alle mogli Sofia (Barbora
Bobulova) e Clara (Giovanna Mezzogiorno),
che si detestano, per una fastidiosa ma irrinunciabile cena di
rito. Quando le due coppie scoprono che i figli hanno fatto uno
grosso sbaglio, entrano in crisi. Cosa faranno? Proteggeranno i
ragazzi dalle conseguenze del loro gesto? A quale prezzo?
Se Il capitale
umano di Virzì ci ha mostrato l’Italia attraverso gli
scheletri nell’armadio, la pochezza e l’inadeguatezza, anche
affettiva, della ricca borghesia del nord, visti sfociare nei
comportamenti fuori controllo dei suoi giovani rampolli,
I nostri ragazzi – vincitore del Label
Europa Cinemas al miglior film europeo delle Giornate degli Autori,
a Venezia – fa in parte qualcosa di simile, ambientando però il
tutto nella Roma alto borghese. I protagonisti sono adolescenti
senza punti di riferimento (Rosabell Laurenti
Sellers e Jacopo Olmo Antinori), con
genitori iperprotettivi non in grado di educarli, né di comunicare
con loro, ma solo di tenerli a riparo da responsabilità e
frustrazioni.
Adolescenti che covano rabbia e
noia; ma anche adulti in difficoltà, che non conoscono davvero se
stessi, né chi gli è vicino. Un universo di vuoti e mancanze che
una lussuosa quotidianità non può colmare. E se i vuoti diventano
abissi, generano mostri. Il film fa emergere abilmente il volto
nascosto di certi ragazzi e adulti di oggi, che non si ha il
coraggio di guardare: ipocrita nel migliore dei casi, rabbioso e
violento, agghiacciante, nel peggiore. Mostra il perturbante
nascosto sotto al tappeto, senza paura di colpire duramente. Le
singole vicende umane diventano cifra di una società coi nervi a
fior di pelle, il cui spettacolo quotidiano è diventato
abitudine.
La sceneggiatura, del regista con
Valentina Ferlan, costruisce personaggi che si
svelano gradatamente nelle mille sfaccettature della quotidianità-
anche se il cambiamento di Paolo appare poco plausibile – sorretti
da interpretazioni di livello. Una svolta spiazzante conduce a un
finale aperto; i dialoghi, acuti e schietti, non rinunciano a un
tocco d’ironia pur nel dramma.
Il nuovo film di Andrea
Papini, I nostri ieri,
presentato ad
Alice nella città, nella diciassettesima edizione
della Festa del Cinema di Roma lo scorso ottobre,
è in uscita il 9 febbraio. Dopo un thriller e un noir, il regista
sceglie una storia di riscatto e seconde possibilità, ambientata
all’interno di un carcere, e affida ancora un ruolo centrale a
Peppino Mazzotta (Anime
nere, Il commissario
Montalbano), come nei suoi precedenti lavori
La misura del confine e La
velocitàdella luce. Papini
cura anche il soggetto e la sceneggiatura, quest’ultima con
Emanuela Tovo, oltre a produrre il lavoro con la
sua Atomo Film.
La trama de I nostri
ieri
Luca, Peppino
Mazzotta, è un documentarista prestato all’insegnamento in
carcere. In questo contesto nasce l’idea di coinvolgere un gruppo
di detenuti in prima persona, come attori, in un film che
ricostruisca le vicende che hanno portato ciascuno di loro dietro
le sbarre. Il primo a dover raccontare e mettere in scena la sua
storia è il nuovo arrivato, Beppe,
Francesco di Leva. È così che questo detenuto schivo
si apre al racconto di quanto commesso, l’omicidio di una ragazza,
descrivendo luoghi e persone.
Sulla scorta di questo racconto,
Luca si reca a fare le riprese in esterna nelle location indicate.
Qui, incontra per caso Lara, Daphne
Scoccia, che scopre essere la sorella della vittima,
oltre che una talentuosa fotografa. Luca conosce poi la moglie di
Beppe,
Teresa Saponangelo, e la sua famiglia, che non ha più
avuto contatti con lui da quando è in carcere. Nel frattempo, Luca
riceve anche la visita di sua figlia Greta, Denise
Tantucci, che non vede da molto e che gli annuncia la
volontà di andare a studiare in America. Ecco che il film in
lavorazione diventa un’occasione per il protagonista, Beppe, per il
regista Luca, e per tutti quanti sono coinvolti nel progetto, per
riannodare i fili con il proprio passato, magari rileggendolo alla
luce di ciò che sono oggi.
Il potere catartico del cinema
Ne I nostri
ieri Papini mette in scena una visione del cinema
come elemento catartico. I protagonisti, in particolare Beppe,
rappresentando le vicende che li riguardano si riconciliano col
loro passato. Beppe riesce a restituire il proprio punto di vista
su ciò che accadde nel giorno che segnò la sua vita per sempre. Non
è in discussione la sua colpevolezza, ma Beppe riesce in qualche
modo a rappacificarsi col passato. Anche Lara, la sorella della
ragazza uccisa da Beppe, lo fa, grazie a quell’incontro casuale con
Luca. Il film è un’occasione per rielaborare il suo dolore.
Accostarsi per la prima volta alla
realtà del carcere, le fa capire che questo dolore lo condivide in
qualche modo con loro, che non è l’unica a soffrire. Lì c’è una
sofferenza che non può ignorare e che non vale meno della sua. La
moglie di Beppe, invece, grazie a questo progetto, trova finalmente
il coraggio di parlare col marito dopo tanto tempo. Anche Luca, il
regista, fa un passo in più nella sua storia personale. Quel passo
che non era riuscito a fare con il suo film autobiografico. Questo
lo aiuta anche nel rapporto con la figlia.
Un universo carcerario non
stereotipato ne I nostri ieri
I nostri
ieri è il secondo film che in questo periodo approda
nelle sale per affrontare il tema del carcere in modo non
convenzionale, dopo
Grazie Ragazzi di Riccardo
Milani. Questi due lavori raccontano il mondo del carcere
in modi diversi, con budget diversi, essendo il primo un film
indipendente, con due registri diversi, uno comico, l’altro
drammatico, ma entrambi danno la parola ai detenuti. Entrambi
attraverso la recitazione fanno sì che il mondo del carcere non
resti chiuso fra quattro mura, ma si apra all’esterno e che lo
spettatore possa entrarvi in contatto.
Entrambi non giudicano e invitano a
non giudicare, a guardare a queste storie cercando di capire.
Perché anche chi è in carcere è persona, con debolezze, errori che
sta pagando, ma pur sempre persona. Con I nostri
ieri il cinema si conferma finestra sul mondo, anche
mondi chiusi. In particolare, qui si insiste sul mondo “fuori” che
entra all’interno del carcere, mentre nel lavoro di Milani sono i
detenuti ad uscire. Fa piacere, ad ogni modo, che entrambi i film
affrontino il tema del carcere distaccandosi dallo stereotipo del
mondo carcerario come luogo truce, di violenza e umanità perdute,
per abbracciare una visione più umanamente autentica.
Un dramma minimalista e un cast ben
scelto
La scelta di Papini
nel raccontare il dramma e il delitto è quella di farlo con molta
delicatezza e pudore, tanto che il momento dell’omicidio commesso
da Beppe non viene mostrato, ma lasciato all’immaginazione dello
spettatore. Una corsa sulla spiaggia è tutto ciò che egli vede. È
una forma di rispetto da apprezzare. Non si cerca la
spettacolarizzazione. Papini, che viene dal noir e dal thriller,
poi, riesce bene a creare curiosità e aspettativa.
Lo spettatore vuole sapere cosa è
successo davvero, man mano che si ricostruisce la vicenda. Poi, il
regista scioglie efficacemente la tensione in maniera elegante e
minimalista. Si avvale poi di un cast ben scelto e in particolare,
oltre alle interpretazioni solide di Mazzotta,
Saponangelo e Di Leva, da
segnalare sono le caratterizzazioni dei detenuti, cui danno corpo,
tra gli altri, Marta Pizzigallo e Domenico
Gennaro. Anche Daphne Scoccia
caratterizza bene il ruolo di Lara. I nostri
ieri non è solo una riflessione sul potere catartico
del cinema, ma anche un invito allo spettatore a guardare senza
pregiudizi al mondo del carcere e ad affrontare i propri traumi,
anziché metterli da parte o rimuoverli. Solo così è possibile
superarli e iniziare un nuovo percorso di vita.
Dove e quando vedere I nostri
ieri
I nostri
ieri è al cinema dal 9 febbraio, prodotto da
Atomo Film del regista Andrea
Papini con il sostegno di MiC Direzione Generale
Cinema e Audiovisivo, Emilia Romagna Film
Commission, Regione Lazio Fondo Regionale per il
Cinema e l’Audiovisivo.
È ufficiale: i mutanti sono entrati
a far parte del Marvel Universe grazie a Ms. Marvel. L’ultimo episodio della serie ha
infatti confermato il fatto che Kamala Khan (Iman
Vellani) è una mutante. Questa conferma è un passo
importante verso l’introduzione degli X-Men nel franchise, ma
soprattutto è il più grande passo in avanti di questa Fase 4.
L’accordo tra Disney/Fox ha portato
a tantissime congetture e speculazioni, dalle puntate di Wandavision fino a Doctor Strange nel
Multiverso della Follia, con la presenza del “vecchio”
Xavier. Tuttavia, la scena conclusiva di Ms. Marvel la colloca a pieno titolo e
in maniera inequivocabile nella categoria dei mutanti, “un’altra
etichetta”, come commenta lei alla notizia.
Durante lo svolgimento della serie
Disney+, le origini di Ms. Marvel sono state una questione
importante, dal momento che non era chiaro in che modo avesse
ricevuto i suoi poteri. La serie li collega inizialmente al
braccialetto che indossa, suggerendo che i suoi poteri potrebbero
essere di natura cosmica, come per i Kree, o potrebbero avere
collegamenti con il Djinn. Ma c’erano state anche speculazioni sul
fatto che l’MCU potesse rendere Ms. Marvel una mutante e l’episodio 6
della serie sembra confermarlo.
Alla fine del finale di Ms. Marvel, Kamala parla con Bruno
(Matt Lintz) della sua origine, mentre lui ha
approfondito la questione e confrontato i suoi geni con la sua
famiglia, rendendosi conto che c’è qualcosa di diverso, dicendo che
è “come una mutazione”. Se questo da solo non fosse abbastanza per
confermare che la Kamala è una mutante, c’è anche un breve
frammento della colonna sonora di X-Men: The Animated
Series, che conferma senza ombra di dubbio quello che sta
succedendo.
Nei fumetti Ms. Marvel è una
mutante?
Nonostante la rivelazione
della serie, Ms. Marvel non è un mutante in Marvel Comics, ma invece è un Inumano,
un’antica propaggine della razza umana nata come risultato della
sperimentazione di Kree. Dopo la trama di Infinity del 2013, Kamala
Khan è stata tra coloro i cui poteri latenti sono stati risvegliati
grazie allo scatenamento delle Nebbie Terrigene, un mutageno che fa
attivare le abilità disumane dormienti all’interno di una persona,
dando loro poteri.
L’MCU ha cambiato l’origine e i
poteri di Ms. Marvel, probabilmente perché i
tentativi della Marvel di presentare gli Inumani
sullo schermo erano precedentemente falliti, con il flop totale
della serie tv Inhumans (che non è canone nel MCU).
Perché Ms. Marvel usa la sigla
degli X-Men?
Come accennato, l’esplicita
conferma dei mutanti nel MCU arriva non solo dalla parola
“mutazione”, che di per sé potrebbe avere diversi significati, ma
dall’uso dell’iconico riff della sigla di X-Men: The
Animated Series. Già questo è interessante, dato che la
Marvel lo ha usato anche per il
Professor X (Patrick Stewart) in Doctor
Strange nel Multiverso della Follia.
Lì, però, aveva senso perché quel
Charles era apparentemente lo stesso della serie animata. La
Marvel sta anche riavviando la
serie con X-Men
’97, che utilizzerà anche la stessa sigla, ma il suo
uso in Ms. Marvel implica che sarà usato come
tema degli X-Men nel l’MCU.
Cosa significano i mutanti nel MCU
per il futuro della Marvel?
I mutanti nel MCU offrono molte possibilità per
la narrazione futura e l’introduzione di personaggi diversi. I
principali tra questi sono gli X-Men, la squadra di mutanti più
famosa verso la quale quanto visto in Ms. Marvel è un enorme passo avanti, ma
la creazione di Kamala da parte della Marvel apre la possibilità che
altri personaggi possano essere introdotti come mutanti o
ricollegati a loro.
Ad esempio, Captain Marvel di Brie Larson
appare nella scena post-crediti di Ms. Marvel, e non è del tutto escluso
che possa essere riconnessa a un mutante. L’origine mutante di Ms.
Marvel essenzialmente apre la porta
all’esplorazione di altre persone che potrebbero avere geni mutanti
ancora da risvegliare in loro, forse anche fornendo una spiegazione
di come i mutanti possono esistere in un MCU che li ha evitati fino ad ora,
evitando l’utilizzo del multiverso. Potrebbero esserci altri
personaggi come Kamala, con quelle abilità in attesa di essere
attivate.
Per Ms. Marvel, il suo braccialetto ha
risvegliato i suoi poteri; che ha collegamenti con la Dimensione
Noor, con una spaccatura aperta. Se questa frattura non fosse stata
completamente chiusa, o se l’energia fosse trapelata a sufficienza,
Ms. Marvel potrebbe persino spiegare
come vengono creati tutti i mutanti nel MCU, essendo questo ciò che li
risveglia. Allo stesso modo, i “mutanti” potrebbero non dover
necessariamente applicarsi al modo in cui i poteri vengono
attivati, ma più alla genetica specifica che ha permesso loro di
esistere in primo luogo (il che apre di nuovo la porta a più retcon
di personaggi che hanno ricevuto poteri tramite diverse energie
cosmiche ).
L’approccio di Ms. Marvel ai mutanti solleva anche
altre interessanti possibilità per le trame: Kamala respinge l’idea
di “mutazione” come “solo un’altra etichetta”, ma, dato come i
mutanti sono spesso discriminati e oggetto di dibattiti
nell’universo ai più alti livelli di potere, allora quell’etichetta
ponesse le basi per l’MCU per affrontare tali storie.
Posiziona persino il Dipartimento per il controllo dei danni come
un potenziale nemico, con la menzione di “questo è ciò che accade
quando le persone sbagliate ottengono poteri… bambini” creando non
solo conflitti con i mutanti, ma, forse, anche una certa scuola per
giovani dotati.
Quando verranno introdotti gli
X-Men nel MCU?
Con l’introduzione
ufficiale dei mutanti nel MCU, la prossima domanda è quando
la Marvel utilizzerà gli X-Men?
Doctor Strange nel Multiverso della Follia ha
introdotto il Professor X, ma quella era una versione di un’altra
Terra, il che significa che gli X-Men non sono stati ancora visti
nel MCU vero e proprio. Tuttavia, con
questo e ora la conferma di Ms. Marvel, questo avvenimento si sta
avvicinando. La Marvel non ha ancora annunciato
alcun piano preciso per gli X-Men, non sappiamo se verranno
presentati come squadra o come singoli, in altri film o serie tv o
in progetti dedicati.
La lista dei film della Marvel oltre il 2023 non è
confermata, nonostante molti progetti siano in fase di sviluppo, ma
ci sono poche informazioni verificate sugli X-Men (a differenza di
vari altri progetti non datati, non ci sono registi, sceneggiatori
o attori collegati). Tuttavia, ciò potrebbe cambiare rapidamente,
il che significa che è possibile che gli X-Men possano entrare
correttamente nel MCU nel 2024 o, più probabilmente,
nel 2025.
Dal ’76 all ’81 hanno imperversato
nelle tv americane, si sono spostati poi in tutto il mondo e anche
da noi in Italia, raccogliendo piccoli fan in tutto il mondo con il
loro show che ha cambiato le regole dei programmi per
bambini.Adesso arrivano al cinema in un lungometraggio che li
riporterà alla ribalta. Sono I Muppet, i simpatici
e colorati pupazzi, una via di mezzo tra marionette e burattini,
che hanno imperversato in tv per molti anni, diventando
protagonisti anche di una serie animata.
La trama di I Muppet
Sotto il Teatro dei Muppet è stato
trovato del petrolio e perciò il petroliere Tex
Richman (Chris Cooper) vuole raderlo al
suolo per perforare ed estrarre l’oro nero. Walter
(Jim
Parsons) il più grande fan del mondo dei Muppet con
suo fratello Gary (Jason
Segel) e la fidanzata di quest’ultimo
Mary (Amy
Adams) vengono a conoscenza del piano di Tex Richman
e, volendo fermarlo.
Decidono dunque di mettere in scena
il Muppet Telethoon, con il quale vogliono raccogliere i dieci
milioni di dollari necessari per salvare il teatro. Al fine di
mettere in scena lo spettacolo Walter, Mary e Gary devono però
aiutare Kermit a riunire i Muppets, che si sono
separati e hanno preso tutti una strada diversa.
I Muppet si risolleva da metà film in poi
Il film, incredibilmente noioso per
la prima parte, si apre a divertentissime gag verso la metà e
soprattutto nel finale, quando i nostri eroi, finalmente riuniti
rimettono insieme lo show dei Muppet. Ci sono tutti da Kermit la
rana a Miss Piggy, da Animal e Gonzo e tutti sono esattamente gli
stessi, solo con qualche anno in più.
La storia è banale e si riduce alla
raccolta fondi per tenere in piedi gli studi e il teatro dei
pupazzi e sembra assomigliare molto a quei film di fine anni ’30 in
cui Mickey Rooney e
Judy Garland mettevano in piedi uno show in un
granaio. Tuttavia lo spirito con cui il film è stato girato è
quello giustamente filologico che dei personaggi così amati
meritano, avendo così la capacità di risvegliare in ogni fan ormai
cresciuto, il divertimento, la meraviglia, la gioia di guardare
ancora il Muppet show.
Anche la metatestualità dello show
originale è stata conservata in questo esperimento cinematografico,
regalando ancora un altro elemento di valore al film. A
testimonianza di quanto i Muppet fossero amati il film diventa poi
una caccia al cameo, poiché disseminati per tutta la pellicola ci
sono volti notissimi di cinema e tv che si prestano anche per un
solo secondo a comparire accanto ai pupazzi, come se fossero le
celebrità che un tempo andavano come special guest agli episodi
dello show tv.
Accanto agli attori principali
Jason Segel e Amy Adams che si cimentano in numerosi numeri
musicali, scorgiamo qua e là il grande
Mickey Rooney,
Emily Blunt,
Jim Parsons,
Neil Patrick Harris,
Zach Galifianakis e
Jack Black nel ruolo di sé stesso. L’operazione
nostalgica si può definire decisamente riuscita e chissà che i
bambini di oggi non comincino ad affezionarsi ai Muppet di ieri. Se
così non dovesse essere, poco male, c’è un pubblico di 40enni
che è già in fila fuori dai cinema in attesa del 3 febbraio.
Ecco nuove foto provenienti dal set, che mostrano i due
protagonisti Jason Segel, anche sceneggiatore del film, e Amy
Adams, che interpreta la fidanzata del protagonista. Dave Grohl, ex
batterista dei Nirvana e frontman dei Foo Fighters, avrà un ruolo
nella pellicola diretta da James Bobin.
La famosa combriccola
di animaletti parlanti è pronta all’assalto degli schermi per
concederci minuti di esilarante follia e divertimento. I Muppet
ritornano con la loro allegria e sfrontatezza per regalarci e
riportarci in un mondo che sembrava ormai archiviato.
Quattro partigiani si muovo furtivi
in un innevato panorama di montagna. Conosciamo i loro nomi e i
valori per cui combattono. Una donna si unisce poi al gruppo e
cambiano così le dinamiche tra loro. Sono figure lontane nel tempo,
eppure capaci di evocare con sorprendente forza uno stato emotivo
ancora oggi vivo e dilagante. Su queste basi si fonda il nuovo film
di Fabrizio Ferraro, dal titolo
I morti rimangono con la bocca aperta e
presentato in Concorso alla Festa del Cinema di
Roma. Si tratta inoltre del quarto e penultimo
capitolo della serie Unwanted, che Ferraro ha costruito
intorno alla figura del reietto.
Prima di I morti rimangono con
la bocca aperta ci sono infatti stati Gli indesiderati
d’Europa, Checkpoint Berlin e La veduta luminosa.
Ognuna di queste opere rappresenta un vero e proprio viaggio nella
storia e nell’animo dell’uomo, ricercando percorsi e derive comuni.
Allo stesso modo il nuovo film di Ferraro si presenta come un
viaggio tanto fisico quanto esistenziale, ambientato nell’Appennino
centrale nel 1944, quando la Seconda Guerra Mondiale sta per
concludersi, ma non è ancora realmente finita.
Un viaggio dell’animo
Ferraro è una figura estremamente
affascinante nel panorama cinematografico italiano, un uomo di
cinema a tutto tondo che per le sue opere non si occupa solo della
regia, ma anche della sceneggiatura, della fotografia, del
montaggio e della produzione. Ciò vale anche per questo suo nuovo
I morti rimangono con la bocca aperta, che esprimere
dunque in modo particolarmente inequivocabile il pensiero e la
visione del suo autore. La storia è ambientata nel passato, eppure
con un non eccessivo sforzo di fantasia può applicarsi benissimo
anche all’oggi. D’altronde, il film è da intendersi più come un
viaggio sensoriale e metaforico, volutamente privo dunque di un
racconto particolarmente definito.
Ancor prima dei cinque personaggi
umani e della loro vicenda, è infatti l’ambiente il vero
protagonista del film. Un vasto paesaggio di montagna ricoperto da
neve così bianca da risultare accecante. Un luogo che sembra essere
fuori dal mondo, sospeso nel tempo, dove può dunque svolgersi un
racconto che, come già detto, si adatta ad ogni epoca. Con una
forte prevalenza di campi lunghi e lunghissimi, il regista
inserisce qui i suoi personaggi, accentuando dunque la loro
piccolezza dinanzi alla maestosità della natura. Questo ritrarre
così piccoli i personaggi ci sottolinea ulteriormente la loro
solitudine e il loro senso di smarrimento in un contesto che non
offre punti di riferimento.
I luoghi che Ferraro mostra nel suo
film diventano dunque vere e proprie esteriorizzazioni dell’animo
umano. I suoi personaggi in guerra sono aridi, sospettosi, pronti
ad uccidere al minimo dubbio, così come ancora oggi l’essere umano
sembra pervaso da un senso di glacialità che lo rende impassibile
dinanzi alle disgrazie presenti nel mondo. È questo a rendere senza
tempo I morti rimangono con la bocca aperta, questo suo
poter benissimo essere ambientato in qualunque momento della storia
e in qualunque parte del mondo. Se è vero che i morti rimangono con
la bocca aperta, recitando i loro ultimi moniti, allora l’invito
non può che essere quello di porgere l’orecchio con attenzione.
La guerra nel cuore
Oltre l’uso che viene fatto del
paesaggio, di I morti rimangono con la bocca aperta
colpisce la sensazione di trovarsi a confronto con dei personaggi
che la guerra sembrano averla più nella testa che non intorno a
loro. I cinque sono completamente isolati tra la neve e quanto li
circonda lascia ipotizzare che tra loro e altre forme di vita umana
passino chilometri e chilometri. Eppure, i personaggi ripetono
continuamente di sentire dei cani in lontananza, un aereo di
ricognizione in cielo, il rumore di mezzi cingolati in
avvicinamento o ancora impronte nella neve che farebbero pensare ad
un nemico sempre più vicino. Lo spettatore, tuttavia, non partecipa
a nessuna di queste loro sensazioni. Viene dunque da chiedersi se
realmente ci sia un pericolo incombente sui cinque protagonisti o
se questo sia solo immaginario.
Anche nel momento della sparatoria
tra i boschi, la scena non dà alcuna prova di un effettivo esercito
nemico in attacco. Si sentono in quel momento voci e spari non
effettivamente provenienti dai protagonisti conosciuti, ma non ci
sono immagini che fungano da prova concreta della presenza di altri
soldati. Tutto ciò per ribadire come Ferraro lasci il suo film
immerso in uno stato di sospensione e di ambiguità che permette
numerose interpretazioni e riflessioni. La stessa fotografia
sfocata che caratterizza la maggior parte del film conferisce al
tutto un’atmosfera onirica, quasi ci trovassimo in un sogno. In
realtà, I morti rimangono con la bocca aperta è a contatto
con la nostra realtà molto più di quanto si potrebbe pensare.
La figura dello zombie è stata
trattata in innumerevoli modi al cinema, dal classico La
notte dei morti viventi al più recente horror World War Z, al
romantico Warm Bodies alla
commedia Benvenuti a Zombieland,
fino all’esperimento metacinematografico di Zombie contro Zombie.
In ogni caso, i morti viventi sono spesso stati utilizzati come
metafora di un umanità privata dei suoi elementi umani. Nel 2019
anche il celebre Jim Jarmusch, autore di film come
Daunbailò e Paterson, si è rivolto
a tali orrorifiche creature, rendendole parte della sua
personalissima idea di cinema con I morti non
muoiono (qui la recensione), presentato
in concorso al Festival
di Cannes.
Partendo dal brano The Dead
Dont’ Die, di Sturgill Simpson, che dà il
titolo al film, Jarmusch costruisce una caustica commedia che gioca
anche in modo metacinematografico sull’attesa dell’attacco zombie,
per arrivare poi a svelare il vero ruolo e significato di queste
creature all’interno del racconto. Con un cast ricco di celebrità,
il più delle quali già viste in precedenti film del
regista, I morti non muoiono affronta dunque
discorsi politici e sociali in una chiave particolarmente comica,
che lascia però emergere una tristezza e una satira sulle abitudini
e i desideri degli americani alla fine del mondo.
Accolto con entusiamo dai fan del
regista, I morti non muoiono è forse passato
maggiormente in sordina rispetto ad altri suoi lungometraggi. Si
tratta però di un titolo da recuperare assolutamente, anche solo
per le risate e i colpi di scena offerti. Prima di intraprendere
una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire
alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo
qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori
dettagli relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama di I morti non muoiono
Nella tranquilla cittadina rurale di
Centerville, in Ohio, iniziano a verificarsi fatti molto strani: le
ore del giorno e della notte non si susseguono come di consueto,
gli orologi e i cellulari smettono di funzionare, alcuni animali
scompaiono e altri si comportano in modo insolito. La gente inizia
ad essere preoccupata da quegli strani fenomeni e gli scienziati
non sanno dare risposte esaustive. Il tutto precipita
definitivamente quando i morti risorgono, uscendo dalle loro tombe
e cercano i vivi per nutrirsi di loro. Si tratta però di zombie
decisamente particolari, interessati anche agli oggetti che amavano
quando erano ancora vivi, come il telefonino, o la chitarra, e
perfino gli ansiolitici.
L’apocalisse incombe dunque
sull’umanità, ma dopo un iniziale smarrimento, alcuni cittadini
iniziano ad attrezzarsi per correre ai ripari: come si uccide uno
zombie? Come fermare l’invasione crescente, causata dai morti
attaccati da zombie, che diventano anch’essi non morti? A difendere
la cittadina dai feroci attacchi ci sono il capo della polizia
Cliff, Ronnie, un agente esperto
di morti viventi e Mindy, poliziotta impaurita,
affiancati da Zelda, impavida proprietaria di una
pompa funebre e molto esperta nell’uso della katana. Accanto a
loro, una lunga serie di strampalati e improbabili personaggi. I
sopravvissuti dovranno ora combattere per rimanere vivi e non
venire divorati senza pietà.
Il cast del film
Fiore all’occhiello del film è il
suo cast all star, composto da veterani e giovani
interpreti di Hollywood. Protagonisti assoluti, nei panni
dell’anziano Cliff e in quelli del giovane Ronnie, sono gli attori
Bill Murray e
Adam Driver.
Entrambi avevano già recitato in precedenti film di Jarmusch e
accettarono di partecipare a questo film anche solo per l’amicizia
che li lega al regista. La poliziotta timorosa Mindy, invece, è
interpretata da Chloe Sevigny,
mentre la temeraria Zelda è interpretata da Tilda Swinton,
anche lei tornata a recitare con Jarmusch dopo Solo gli amanti
sopravvivono. Steve Buscemi
ricopre invece il ruolo del contadino Frank Miller.
Danny Glover,
attore noto per la saga di Arma letale, è qui Hank
Thompson, proprietario di un negozio di elettronica, mentre
Caleb Landry Jones è Bobby Wiggins, il benzinaio
della città. Selena Gomez e
Austin Butler
interpretano i giovani Zoe e Jack, mentre Rosie
Perez è la giornalista locale. Il celebre attore e
cantautore Tom Waits, invece, interpreta un
eremita che osserva con distacco gli eventi del film. Infine, tra
gli zombie si possono ritrovare anche due attori d’eccezione. Il
primo è Iggy Pop, nei panni dello zombie
assuefatto dal caffe, mentre il secondo è Carol
Kane, sempre nei panni di uno zombie.
Il trailer di I morti non
muoiono e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di I
morti non muoiono grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google
Play, Apple iTunes e Tim Vision. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
giovedì 16 marzo alle ore 21:15
sul canale Italia 2.
I morti non muoiono
è un film di zombie con una sottile prospettiva filosofica del
tutto affascinante da esaminare. Diretta dall’iconico regista indie
Jim Jarmusch, questa commedia tocca temi sociali
attuali esplorando il dramma di una piccola città durante
un’apocalisse zombie, mentre gli agenti di polizia Cliff
Robertson (Bill
Murray) e Ronnie Peterson (Adam
Driver) indagano sull’omicidio di due persone in una
tavola calda di Centerville. Il fatto è stato commesso da due
zombie (Iggy Pop, Sara Driver) –
personaggi non morti meno interessati alla carne e più al caffè, a
dimostrazione che non si tratta del tipico film di zombie.
Si preannuncia infatti da subito
l’imminente apocalisse. Di atto in atto, il Ronnie Peterson di
Driver afferma con enfasi che “finirà tutto male”. Il
Robertson di Murray cerca invece di capire perché la fine stia
arrivando. Alla fine, i due vengono consumati da concetti che non
riescono a comprendere appieno, mentre un emarginato della società
(Tom Waits nel ruolo di Hermit
Bob) sopravvive all’intera prova, osservando da lontano i
due agenti combattere fino alla morte. Il finale vede anche
Zelda Winston (Tilda
Swinton), salvata da un UFO, il che aumenta la
complessità del finale, di cui forniamo però qui una
spiegazione.
Cosa ha causato l’insurrezione
degli zombie in I morti non muoiono
A Centerville, gli zombie emergono a
causa del “fracking polare” e del conseguente spostamento dell’asse
terrestre. Mentre molti dei migliori film post-apocalittici si
concentrano sull’esposizione, Jarmusch non esplora i dettagli,
forse per far capire che gli esseri umani sono ignari degli eventi
collettivi che hanno portato allo sfruttamento del territorio e
allo spostamento dell’asse. A un certo punto, il personaggio di
Driver ribadisce questo concetto ricordando ai conoscenti (e al
pubblico) che ci sono due cause, e solo due, per la situazione in
cui si trovano.
In superficie, la rivolta degli
zombie può essere spiegata, ma la vera causa è la fondamentale
mancanza di conoscenza dei personaggi sul mondo in cui vivono.
L’idea della conoscenza diventa un fattore ricorrente in tutto il
film. Il proprietario di una stazione di servizio, Bobby
Wiggins, non emana fascino sociale, ma la sua
“impressionante” comprensione del cinema viene riconosciuta dalla
Zoe di Selena Gomez, poco prima che il suo gruppo di
hipster lo lasci al suo mondo e si avvii verso la morte
inevitabile. Ma nonostante l’educazione cinematografica di Bobby –
e la sua comprensione di mondi artificiosi – alla fine anche lui
viene ucciso dagli zombie.
Chi sopravvive in I
morti non muoiono e come
Alla fine, solo due abitanti di
Centerville sopravvivono alla rivolta degli zombie:
Zelda e Hermit Bob. Il
personaggio di Waits sopravvive perché è l’unica cosa che sa fare.
Nel nuovo mondo, non avrà bisogno di un titolo ufficiale o di molti
soldi. Invece, si limiterà all’essenziale, un concetto che gli è
più che familiare. Il suo commento finale può essere interpretato
in diversi modi. L’eremita Bob parla di “anime perdute” e di
persone infatuate da “cose nuove” in questo “mondo fottuto”. È
quasi come ascoltare una figura paterna che dice “Te l’avevo
detto!”.
La Zelda della Swinton, invece, è il
personaggio jolly di Jarmusch in I morti non
muoiono. Se ne sta per conto suo, si concentra sul lavoro
e persegue hobby artistici. È strana, certo, ma è anche la più
efficiente nell’uccidere gli zombie. In un altro film, Zelda
potrebbe essere un personaggio cattivo; qualcuno che ha familiarità
con i morti e si ribella ai vivi. Ma nel film di Jarmusch, questo
personaggio altamente competente capisce che gli esseri umani non
sono il nemico; sono solo mal consigliati e mal educati. Di
conseguenza, l’apocalisse zombie sembra un passo logico successivo,
una punizione per essere stati stupidi e ingenui.
La spiegazione del commento
metaforico del film
Dall’inizio alla fine, I
morti non muoiono presenta una qualità
metacinematografica. I personaggi riconoscono apertamente di essere
in un film e la canzone country di Sturgill Simpson “The Dead
Don’t Die” (titolo originale del film) diventa un motivo
musicale ricorrente. L’Hermit Bob di Waits sembra un lontano
parente del cercatore d’oro che interpreta nel film Netflix dei fratelli Coen del 2018, La ballata di Buster Scruggs, e non è un caso che
entrambi i personaggi emergano come sopravvissuti dei rispettivi
mondi.
In I morti non
muoiono, l’Eremita Bob può sembrare un emarginato
irrilevante, ma è preparato e dà priorità alla vita pratica
rispetto alle piccole lamentele. Allo stesso modo, l’enigmatica
Zelda Winston di Tilda Swinton, veterana del cinema horror, è
un’impresaria di pompe funebri che comprende le verità fondamentali
sulla vita e sulla morte, ed è anche una sopravvissuta. A
differenza di Hermit Bob e di tutti gli altri, però, Zelda vede il
quadro più ampio e sfugge all’inferno sulla Terra con l’aiuto di
esseri extraterrestri.
Jarmusch ha poi scelto Selena Gomez (celebre pop star) come figura
hipster che alla fine viene uccisa dagli zombie e decapitata
dall’agente Ronnie Peterson. “Uccidi la testa”, dicono spesso i
personaggi de I morti non muoiono. Tagliando la
testa della Gomez e mostrandola al pubblico, Jarmusch sembra
implicare che la cultura della celebrità non significherà nulla
quando il mondo finirà – o forse la lezione è che l’adorazione
delle celebrità contribuisce a un senso distorto della realtà.
La Zelda Winston di Tilda Swinton è
un alieno?
Tornando a Zelda, abbiamo detto che
sembra essere una sorta di infiltrata aliena, come dimostrano una
sequenza di hacking e il suo salire a bordo di un UFO. Una visione
multipla potrebbe rivelare motivazioni alternative, ma è chiaro che
ha organizzato una fuga e non sembra affatto turbata dagli zombie.
In alternativa, forse Zelda non è un’aliena. Forse è solo un
personaggio altamente intelligente destinato a sopravvivere mentre
i personaggi stupidi muoiono. Proprio come l’agente Peterson sa di
essere in un film e che le cose finiranno male, Zelda potrebbe
rendersi conto che sopravviverà perché ha letto il copione e sa di
essere il personaggio intelligente.
È qui che risiede la bellezza di
I morti non muoiono, poiché l’approccio narrativo
unico di Jarmusch consente diverse interpretazioni. Funziona sia in
senso letterale che figurato: Zelda potrebbe essere un essere
extraterrestre o un’umana altamente intelligente. O forse è solo
Tilda Swinton che recita in un film di zombie
consapevole e ammiccante. Dopotutto, il nome Zelda Winston
assomiglia molto a quello di Tilda Swinton, contribuendo ad un
ulteriore gioco metacinematografico.
Il significato del finale di
I morti non muoiono
Il finale de I morti non
muoiono suggerisce dunque che il consumismo di massa
ispira comportamenti tossici. La maggior parte dei personaggi sono
egocentrici e ingenui, motivo per cui non sopravvivono. Gli zombie
di Jarmush sono inoltre caratterizzati dai vizi avuti in vita, che
siano questi relativi a sostanze stupefacenti o a strumenti
tecnologici come gli smartphone. Più che incutere timore, dunque, i
suoi zombie diventano specchio di ciò che l’essere umano è già,
perso nelle tante distrazioni che vengono oggi propinate. Inoltre,
ogni personaggio va ad incarnare un preciso aspetto dell’America,
da chi si dimostra conservatore e razzista a chi risolverebbe tutto
con la violenza.
Da chi è vigliacco e rifugge ogni
decisione fino alle comunità hipster e nerd, colpevoli di essere gi
ignavi di questo secolo. Ognuno viene dal regista messo alla
berlina e solo chi si dimostra capace di vivere al di fuori degli
schemi della società può aspirare a mantenere intatta la propria
testa, il proprio pensiero, e a sopravvivere. Coloro che vengono
uccisi, invece, è perché si concentrano principalmente sugli
interessi personali, rimanendo ingenui di fronte a verità sotto gli
occhi di tutti. Quando l’agente Peterson vede inizialmente le
vittime della tavola calda, la sua reazione è eloquente: “Che
schifo!”. Reagisce alla scena del crimine come se fosse il set di
un film, il che ha senso visto che sembra capire di vivere
all’interno di un film.
Con I morti non
muoiono, Jarmusch sottolinea dunque che avere opinioni
forti non conta molto se si rimane ingenui e passivi quando la
posta in gioco è alta. I personaggi si sentono fortemente legati a
particolari nozioni e ideali, ma il film suggerisce che l’umanità
non ha una comprensione più ampia del mondo, il che mette tutti a
rischio. Questo potrebbe anche essere una metafora del cambiamento
climatico o delle questioni sociali in generale: I morti
non muoiono accusa la società dei consumi e l’avidità di
essere i principali fattori di rischio per la longevità umana.
Arriva oggi in sala, distribuito da
Universal, I Morti non Muoiono, il nuovo film di
Jim Jarmusch presentato in apertura in
Concorso al Festival
di Cannes 2019. Il film, una zombie comedy
nel pieno stile del regista, vede protagonista un cast d’eccezione
composto da: Bill Murray, Adam Driver, Tilda Swinton, Chloë
Sevigny,
Steve Buscemi, Danny Glover, Caleb Landry Jones, Iggy Pop,
Selena Gomez e Tom Waits.
I Morti non
Muoiono – la recensione del film
di Jim Jarmusch
Nella tranquilla cittadina di
Centreville, qualcosa non va come dovrebbe. La luna splende grande
e bassa nel cielo, le ore di luce del giorno diventano
imprevedibili e gli animali iniziano a mostrare comportamenti
insoliti. Nessuno sa bene perché. Le notizie che circolano sono
spaventose e gli scienziati sono preoccupati. Ma nessuno prevede la
conseguenza più strana e più pericolosa che inizierà presto a
tormentare Centerville: I morti non muoiono – escono dalle loro
tombe e iniziano a nutrirsi di esseri viventi, e gli abitanti della
cittadina dovranno combattere per la loro sopravvivenza.
Jim Jarmusch presenta la zombie comedy a
Cannes 2019
Dallo scrittore-regista Jim
Jarmusch (Paterson; Gimme
Danger) arriva una commedia horror con un cast stellare
formato da attori abituali di Jarmusch e nuovi arrivati con uno
sguardo turbolento, triste e satirico sulle abitudini e i desideri
degli americani alla fine del mondo – uno stato della nazione
ironicamente terrificante, affrontato con originale
cinematografia.
Sembra che Terry Gilliam voglia
rimettere insieme la band, o meglio il gruppo. Proprio così, i
Monty Python potrebbero tornare a distanza di circa 30 anni del
loro ultimo lavoro insieme,
I Monty Python per
la prima volta al cinema in diretta via satellite dall’02 Arena di
Londra. Dopo lo strepitoso sold out delle date londinesi
MONTY PYTHON LIVE (più o meno),
l’esilarante e storica reunion del gruppo comico più irriverente e
dissacrante di sempre, arriva nei cinema di tutto il mondo in
diretta via satellite.
Una rimpatriata di comicità di
dimensioni epiche
The Times
E’ il 5 ottobre del 1969 quando la BBC
propone per la prima volta sulle sue frequenze Monty Python’s
Flying Circus,la serie televisiva britannica composta
di esilaranti sketch comici scritti ed interpretati da
Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle,
Terry Jones e Michael Palin. Quel giorno nascono
ufficialmente i Monty Python, il gruppo che ha rivoluzionato l’idea
stessa di comicità grazie al suo imprevedibile nonsense, alla
personalissima e surreale rilettura del music hall e all’irrisione
delle manie e dei vizi della società inglese del tempo. Da quel 5
ottobre il possente piede nudo simbolo del gruppo
(coltissima citazione da un famoso quadro rinascimentale italiano
dipinto da Bronzino) farà la storia, tanto che secondo alcuni i
Monty Python rappresenteranno per la commedia quello che i
Beatles sono stati per la musica pop.
Così oggi, a distanza di 45 anni dal
loro esordio, i Monty Python tornano a calcare le
scene con un appuntamento pensato per divertirsi, ridere e
ricordare: domenica 20 luglio alle 20 le sale
cinematografiche del mondo saranno invase dalla comicità caustica e
irruenta di Monty Python Live (più o
meno),la grande reunion del gruppo trasmessa
in diretta via satellite in 1500 cinema del mondo dalla O2
Arena di Londra per un live show (in inglese
sottotitolato) diretto da Aubrey Powell e prodotto da Fiz Oliver
(elenco delle sale italiane su www.nexodigital.it).
John Cleese, Terry Gilliam, Eric
Idle, Terry Jones e Michael Palin, con i loro 360 anni totali,
saranno quindi i protagonisti di una serata che saprà
miscelare alcuni dei più grandi successi dei Monty Python con nuovi
sketch e colpi di scena legati all’attualità, ma sempre
rigorosamente in stile “Pythonesque”. Un’attesissima reunion in cui
si sentirà la mancanza di Graham Chapman, venuto a mancare nel 1989
ma sempre presente nella memoria dei suoi compagni di strada e di
tutti i fan che lo hanno seguito nel corso dei 45 episodi delle
quattro stagioni trasmesse su BBC oltre che nelle sue performance
sui palchi inglesi.
I Monthy Python del resto sono
tutt’altro che nuovi al grande schermo: dopo aver esordito nel 1971
con E ora qualcosa di completamente diverso, hanno
continuato a conseguire un travolgente successo internazionale con
film come Monty Python e il Sacro Graal nel 1975,
Brian di Nazareth nel 1979 e Monty Python Live at the
Hollywood Bowl nel 1982. Con Monty Python-Il Senso
della Vita del 1983 il gruppo ha conquistato il
Grand Prix Speciale della Giuria del 36° Festival
di Cannes. Innumerevoli naturalmente sono poi i
successi individuali riscossi nel corso delle rispettive carriere
da Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry
Jones e Michael Palin.
Monty Python Live (più o
meno) è distribuito in Italia da Nexo Digital in
collaborazione con il media partner MYmovies.it. Tutte le
informazioni e l’elenco delle sale che trasmetteranno l’evento sono
disponibili su www.nexodigital.it.
Il 21, 22 e 23 Settembre scorsi,
presso la Libreria del cinema, a Roma, si sono tenuti gli incontri
con i montatori candidati (e uno vincitore) agli ultimi Nastri
d’Argento.
Il 2014 è stato un anno importante
per le serie tv. La qualità, i talenti, la bellezza delle immagini
cinematografiche si stanno spostando sempre più sulla televisione,
così come i grandi nomi, e in quest’anno di grandi chiusure di
serie impotanti e di interessanti novità, c’è stato anche tanto
spazio per la passione.
Ecco di seguito i momenti più sexy
del 2014 visti in tv:
I film degli
Avengers del Marvel Cinematic Universe
sono amatissimi dai fan, ma hanno anche avuto delle frange
“estremiste” di spettatori che hanno considerato controverse alcune
scene del franchise. Quali sono questi momenti criticati? Hanno
retto il trascorrere del tempo o sono ancora dei punti caldi del
grande racconto Marvel al cinema?
Vediamoli insieme.
La back-story di Wanda e Pietro
Maximoff
Dopo un’anticipazione
nella scena post-credits di Captain America: The Winter
Soldier,
Age of Ultron ha introdotto i gemelli Wanda e
Pietro Maximoff, meglio conosciuti nei fumetti come i
figli mutanti di Magneto, Scarlet Witch e
Quicksilver. I due personaggi sono stati
graditissime aggiunte al MCU, spettatori e critici che hanno
elogiato le performance di
Elizabeth Olsen e Aaron
Taylor-Johnson, tuttavia i gemelli hanno subito
importanti cambiamenti rispetto alle loro incarnazioni a fumetti,
uno inevitabile e l’altro perpetuando una tendenza dannosa nel film
industria.
Wanda e Pietro hanno visto le loro
identità ebraiche e rom cancellate in
Age of Ultron, solo Pietro è stato interpretato da un
attore ebreo e entrambi sono stati riscritti come membri del gruppo
terroristico Hydra, che in certo momento della Storia dei fumetti
si è sovrapposto ai nazisti. Mentre alcuni spettatori hanno
contestato questo aspetto, molti hanno ignorato questo cambiamento.
Il fatto che i Gemelli non fossero più mutanti era altrettanto
controverso, dal momento che i Marvel Studios non avevano i diritti per
collegarli agli X-Men, ma qualcuno si è lamentato di questa scelta
poiché un’origine più vaga avrebbe lasciato loro spazio per
ricollegarli, eventualmente, ai mutanti.
Le battute stile Tony Stark di
Ultron
Nei fumetti della Marvel, Ultron è una delle più
grandi minacce dei Vendicatori, e richiede gli sforzi congiunti
dell’intero team per essere fermato e mandare a monte i suoi
numerosi piani minacciosi per il mondo. Age of
Ultron ha reinventato il suo cattivo principale in molti
modi, incluso riconfigurandolo come una creazione di Tony
Stark e Bruce Banner. Con questa nuova
origine è arrivato anche un cambiamento significativo nel suo
comportamento freddo e calcolatore.
Doppiato da
James Spader, Ultron dell’MCU è raffigurato come una sorta di
negativo di Tony Stark, condividendo il suo modo arguto di parlare.
Naturalmente, molti spettatori hanno accolto favorevolmente questo
cambiamento, dal momento che Ultron era ancora una figura
minacciosa nel film la cui nuova personalità lo ha umanizzato e lo
ha reso una versione unica del classico cattivo. Altri, invece,
hanno contestato il significativo allontanamento di Ultron dal
materiale originale e l’ennesimo personaggio sagace in un film già
pieno di eroi sarcastici.
Black Widow e la storia d’amore di
Hulk
Age of
Ultron divide gli spettatori anche con la sua
sottotrama romantica per Black Widow e Bruce
Banner. Nel corso del film, la Vedova Nera ha il compito
di tranquillizzare Hulk e farlo trasformare di nuovo in Banner, in
questo modo i due costruiscono gradualmente un legame speciale che
diventa una storia d’amore, ovviamente, condannata alla fine. C’era
il nucleo di una vera storia d’amore tra i due in
Age of Ultron, ma alcuni spettatori lo hanno comunque
contestato.
Coloro che erano avversi alla storia
d’amore tra Natasha e Bruce ritengono che la sottotrama sia stata
affrettata e sottosviluppata. Inoltre, Bruce
Banner aveva già una storia d’amore consolidata con
Betty Ross in L’incredibile Hulk,
rendendo la sottotrama ancora più fuori luogo.
La vedova nera si definisce un
“mostro”
La sua impossibilità di
avere figli è ciò che lei considera mostruoso. Forse il
momento più controverso in Age
of Ultron viene da una conversazione tra Black
Widow e Bruce Banner. Natasha spiega a
Bruce che la sua formazione e indottrinamento nel Programma Black
Widow includeva anche la sterilizzazione involontaria, riferendosi
a se stessa come un “mostro” apparentemente a causa della sua
infertilità. Il momento è stato ampiamente criticato perché
ritenuto estremamente riduttivo per il personaggio di Black
Widow, specialmente se combinato con la sua sottotrama
romantica venuta fuori dal nulla.
I critici della scena non necessariamente mettono in discussione il
fatto che la Vedova Nera sia triste per la sua impossibilità di
avere una famiglia, ma piuttosto che, di tutte le circostanze
orribili presenti nella sua storia come spia e assassina sovietica,
la sua incapacità di avere figli è ciò che considera
mostruosa.
Shuri e Bruce Banner discutono di
Visione
Infinity
War ha visto molti personaggi chiave del MCU interagire per la prima volta,
con una scena degna di nota che ha coinvolto Bruce
Banner, Visione e Shuri.
Mentre porta Visione nel Wakanda per rimuovere la Gemma della Mente
dalla sua testa in modo sicuro, Banner nota la sottolinea del
compito. Shuri scopre rapidamente un metodo che, sebbene complesso
e dispendioso in termini di tempo, potrebbe essere il metodo giusto
per rimuovere la Gemma della Mente senza danneggiare la
Visione.
Banner è sorpreso dalla facilità con
cui Shuri risolve l’enigma, al che lei scherza dicendogli:
“Sono sicura che hai fatto del tuo meglio”. L’arguzia di
Shuri è coerente con il modo in cui viene ritratta in Black
Panther del 2018: un super genio sarcastico la cui
sicurezza a volte diventa sfrontatezza (non molto diversa da Tony
Stark). Alcuni, tuttavia, hanno ritenuto che la scena, in
particolare la battuta, forse avesse messo inutilmente in cattiva
luce uno degli eroi originali degli Avengers, anche se Shuri è
canonicamente il più intelligente dei due.
Star-Lord attacca Thanos
Una delle scene più tese
di Infinity
War coinvolge un piccolo gruppo di Vendicatori e
Guardiani della Galassia che
escogitano un piano per rimuovere il Guanto dell’Infinito dalla
mano di Thanos. L’attacco coordinato funziona quasi, ma la
rivelazione che Thanos ha ucciso Gamora fa sì che Star-Lord si
scateni e lo attacchi, ostacolando i suoi alleati e permettendo al
Titano Pazzo di riconquistare il Guanto. Il momento è stato
estremamente frustrante per molti spettatori, considerando quanto
gli eroi erano arrivati vicini ad avere la meglio su Thanos.
Alcuni spettatori sostengono che il
momento sia stato un modo semplicistico per far fallire gli eroi,
mentre altri credono che la reazione di Star-Lord fosse coerente
con la sua caratterizzazione. Per questo secondo caso, l’amore
consolidato di Star-Lord per Gamora è la motivazione giustificabile
per la sua irruenza. Inoltre, Star-Lord ha una comprovata
esperienza di impulsività nei precedenti film di Guardiani
della Galassia.
Bruce Banner e Hulk diventano
“Smart Hulk”
Dopo il salto temporale
di cinque anni in Endgame,
viene rivelata una nuova forma per Bruce Banner:
Smart Hulk. Combinando i suoi due personaggi, Smart
Hulk ha l’intelligenza di Bruce Banner e la forza
di The Hulk, cosa che gli permette di utilizzare
tutte le sue abilità sia in battaglia che in fase di elaborazione
dei piani. Il nuovo personaggio di Smart Hulk è una delle tante
fonti di umorismo di Endgame e gli consente di
annullare l’uso omnicida delle Gemme dell’Infinito da parte di
Thanos poiché lui sopravvivere alle radiazioni gamma in questa sua
nuova forma.
L’introduzione di Smart
Hulk, tuttavia, ha diviso gli spettatori, anche per il suo
ruolo di comic-relief nella trama. Gran parte del fascino di Hulk e
Bruce Banner è la loro dualità e i tentativi di quest’ultimo di
riconciliarsi e controllare il primo. Smart Hulk
ha rimosso questo elemento del personaggio di Banner senza
accompagnare lo spettatore nel processo.
La trasformazione di Thor in “Bro
Thor”
Gli spettatori non erano
troppo soddisfatti dell’approccio radicalmente diverso di
Thor: Ragnarok in merito al
personaggio di Thor, ma Infinity
War, per fortuna, ha riportato la necessaria serietà
al personaggio. Dopo il salto temporale di cinque anni in Endgame,
tuttavia, Thor era ancora una volta una parodia di se stesso.
Endgame probabilmente porta la
commedia in stile Taika Waititi troppo oltre con
Thor, minando la buona volontà che lui e la sua parte dell’MCU hanno costruito con gli
spettatori sin dal suo debutto collettivo in Thor
del 2011. La traiettoria del personaggio di Thor in
Infinity War, che lo ha rimesso in carreggiata, è
stata discutibilmente offuscata per amore di risate a buon mercato
in Endgame,
cosa che alcuni fan di Thor di lunga data hanno contestato. Altri
hanno difeso – o almeno perdonato – “Bro Thor” considerato che era
ancora degno del Mjolnir e che il suo confronto finale con Thanos è
stato soddisfacente.
Il gruppo di eroine di Avengers:
Endgame
Nel finale ricco di azione
di Endgame,
quasi l’intero pantheon di eroi del MCU combatte contro Thanos e i suoi
scagnozzi per impedirgli di usare nuovamente le Gemme
dell’Infinito. In un momento notevole, tutte le eroine
dell’MCU si riuniscono per difendere
Spider-Man (il custode temporaneo del Guanto dell’Infinito). Il
breve ma catartico momento ha soddisfatto molti spettatori, mentre
altri lo hanno criticato.
L’MCU ha gradualmente diversificato
le sue proprietà e i suoi personaggi nel corso degli anni, anche se
Age of Ultron e il più recente Moon
Knight hanno dimostrato che c’è ancora ampio margine
di miglioramento. Questo momento in Endgame ha
evidenziato i progressi compiuti dal franchise nel 2019, ma
nonostante le sue buone intenzioni, alcuni spettatori lo hanno
criticato, ritenendolo troppo sfacciato.
Steve Rogers consegna il suo scudo
a Sam Wilson
In una delle scene finali
di Endgame,Steve Rogers passa il suo scudo, e quindi il
titolo di Capitan America, a un successore: Sam
Wilson. Questo momento toccante ha chiuso l’arco narrativo
di Rogers nell’MCU e ha creato un futuro luminoso
per un altro amato eroe dell’MCU. Nel bene e nel male, ci
sarebbero state polemiche indipendentemente da chiunque Rogers
avesse scelto come suo successore, e molti spettatori pensavano che
Bucky sarebbe stata una scelta più appropriata, come erede di
Steve.
Nei fumetti Marvel, sia Bucky
Barnes che Sam Wilson hanno impugnato lo
scudo nei panni di Capitan America in momenti diversi, quindi
Endgame avrebbe
comunque adattato liberamente il materiale originale con entrambi.
Se Bucky fosse stato scelto come prossimo Capitan America,
probabilmente ci sarebbe stata altrettanta divisione tra gli
spettatori che avrebbero desiderato vedere Sam Wilson succedere a
Steve Rogers. Entrambi gli eroi hanno un’amicizia consolidata con
Steve e le qualità necessarie per usare il suo scudo e guidare gli
Avengers al suo posto.
Al di là dell’innegabile
appeal che possa avere sul pubblico la scelta di lanciarlo come
“prequel dell’innovativa e pluripremiata serie HBO I
Soprano”, sin dal sottotitolo originale di “A Sopranos Story”,
il film di Alan Taylor merita decisamente un
credito maggiore. Per quanto in I Molti Santi del New
Jersey siano presenti diversi personaggi delle sei
stagioni della serie originale alla quale ci si è ispirati,
riferimenti e connessioni non sono la sua forza principale.
La sceneggiatura,
firmata del creatore della serie David Chase
insieme a Lawrence Konner, spazia sul piano
temporale e tematico per offrire al regista di Mad
Men, Il trono di
spade, Sex and
the City e molti altri (inclusi Thor: The Dark World e Terminator
Genisys) materia per realizzare molto di più di un
gangster movie.
I Molti Santi del New Jersey è una tragedia, ricca di
humor e colpi di scena più che di violenza, che la Warner Bros.
Pictures offre al pubblico italiano a partire dal 4 novembre 2021,
dopo un passaggio alla Festa di Cinema di Roma 2021.
Sopranos e Molti
Santi
Tutto si svolge a Newark
– come da titolo originale, trasformato genericamente in New Jersey
per i meno pratici della zona – raccontato in un momento nel quale
la criminalità organizzata sfiorava il naive e le strade e le
cronache erano infiammate dalla Guerra del Vietnam e dalla rivolta
della comunità afroamericana. Considerata come è facile immaginare
tanto dai locali quanto dagli immigrati italiani, impegnati nei
propri affari. Roba da gangster, di basso cabotaggio, quelli
dell’affresco folcloristico dinanzi al quale ci pone da subito il
film, ponendo la prima pietra di una costruzione più ampia e
solida, che vedremo svilupparsi via via.
È un gioco di specchi,
che non nascondono completamente, ma distolgono l’attenzione. Come
fa la voce narrante dell’ultimo dei Moltisanti che ci accoglie
spoilerandoci il ruolo che avrà nella sua vita il tanto annunciato
e atteso Tony Soprano. Che vediamo crescere all’ombra del vero
protagonista della vicenda, il Dickie Moltisanti di un ottimo
Alessandro Nivola, capace di rendere le molte
ombre – nel male e (incredibilmente) nel bene – del vero Padrino di
quella nicchia di anni ’60 particolarmente “esplosivi”.
Intorno a lui un
incredibile e mai tanto carismatico Ray Liotta,
nel doppio ruolo di “Hollywood Dick” e Salvatore “Sally”
Moltisanti, e l’erede al trono di quel James
Gandolfini che ci lasciò nel 2013 dopo una notte di
eccessi e piaceri tra Trastevere e il centro di Roma. Gli occhi
sono tutti per lui – nonostante un cast ben assortito e gestito
impreziosito da
Vera Farmiga, Leslie Odom Jr.,
Jon Bernthal, Nick Vallelonga,
Corey Stoll e una Michela De Rossi
che dalle prime piccole prove italiane sta ritagliandosi uno spazio
anche a Hollywood – per il Michael Gandolfini
chiamato a interpretare proprio il ruolo del padre, da giovane.
Dopo questa prova siamo
ancora più curiosi di rivedere il giovane per metà italiano, tre
ottavi polacco e uno slovacco. Che non a caso ritroveremo
prossimamente nel The Gray Man dei fratelli
Anthony and Joe Russo, nel Cat
Person di Susanna Fogel e in
Disappointment Blvd., horror comedy diretta da
Ari Aster e interpretata con lui da Joaquin Phoenix. Nella finzione, il futuro è
suo, come viene ripetuto più volte e come la HBO ci ha già
mostrato, per il resto vedremo. Di certo, qui si mostra in grado di
tenere la scena in una storia che tra le ‘pieghe’ accennate riesce
a parlare di questione nera, condizione femminile (anche in Italia,
dove “si invecchia presto”, le donne vestono di nero e comandano i
preti), obiezione di coscienza e della malinconia di non poter
vivere di sogni propri ed emozioni sincere.
Il rapporto tra Nivola e
Gandolfini cambia, continuamente, mentre i due personaggi crescono.
E crescono le influenze e gli insegnamenti di una esistenza nella
quale il dolore è norma, la morte un accidente, i piaceri
passeggeri e da godere rapidamente, anche a costo di contravvenire
a principi saldi quanto le ambiguità che li accompagnano. Non una
vera e propria educazione siberiana, ma una rappresentazione
riveduta e corretta del Sogno Americano. Come in molti han già
fatto prima, ma che nella forma ibrida filmico-televisiva del
presupposto acquista un’interessante aura, e forse trova una strada
diversa per raggiungere gli spettatori.
Che potranno apprezzare
le connessioni con la serie della quale sono stati a lungo fan o
fare tesoro delle tante lezioni e perle di filosofia targate New
Jersey, o farsi conquistare da una saga familiare dominata dalle
assenze (di figure paterne e di riferimento, in primis) e dai
rimpianti. Dove al crescendo dell’intreccio si associa
l’approfondimento dei rapporti tra i diversi personaggi e delle
loro caratterizzazioni. E nella quale a vincere su tutto – alla
fine – sembra essere il dolore, che come Moltisanti insegna: “viene
dal desiderare le cose”, “troppo” o “troppe” verrebbe da aggiungere
in uno slancio didascalico.
Il New York Times ha definito la
serie I Soprano«La più grande opera
della cultura pop americana dell’ultimo quarto di
secolo». Ad oggi, a 25 anni dal suo debutto e a 16 dalla
sua conclusione, è ancora ritenuta una delle migliori serie mai
realizzate, per complessità del racconto, dei personaggi e per la
qualità generale del suo sviluppo di episodio in episodio, di
stagione in stagione. Ideata da David Chase, questa ha
inoltre regalato al piccolo schermo uno dei personaggi più iconici
mai visti in televisione: Tony Soprano. Proprio a
lui, dopo anni di tentativi, è stato dedicato un film prequel dal
titolo I Molti Santi del New Jersey (qui
la recensione).
Diretto da Alan
Taylor – regista noto per i non entusiasmanti Thor: The Dark World e Terminator
Genisys ma noto per aver diretto diversi episodi proprio
di I Soprano, il film racconta dunque la formazione
criminale del giovane Tony, concentrandosi in particolare sulla
figura del suo mentore. Per assicurarsi di rimanere fedeli alla
serie madre, Chase e il suo co-sceneggiatore Lawrence
Konner, riproposero quel realismo d’immagini e quella
crudezza di linguaggio che hanno decretato il successo della serie,
a cui si deve proprio l’abbattimento di numerosi tabù
televisivi.
Uscito in piena pandemia da
Covid-19, il film ha per via di ciò mancato di ottenere il successo
sperato, ma il suo passaggio televisivo è ora l’occasione per i fan
della serie di vedere anche questo nuovo capitolo del franchise,
comprensibile però anche da chi non dovesse aver visto I
Soprano. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e alla
vera storia dietro il film. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama e il cast di I Molti
Santi del New Jersey
Il film è ambientato negli anni
Sessanta, ed ha tra i suoi protagonisti un giovane Tony
Soprano, il quale aiutato dal suo
mentore Dickie Moltisanti, si forma nel mondo
del crimine organizzato. La giovinezza di Tony coincide proprio con
il momento delle rivolte di Newark e dei violenti scontri tra
italo-americani e afro-american, con questi ultimi che si ribellano
al boss DiMeo e alla sua famiglia. Coinvolto in prima persona in
queste insurrezioni, Tony sfrutterà questo delicato momento per
completare la propria educazione criminale, passando dall’essere un
giovane inesperto ad un vero e proprio temuto boss mafioso.
Ad interpretare il giovane Tony
Soprano vi è Michael Gandolfini, figlio di
James Gandolfini, che aveva interpretato il
personaggio nella serie I Soprano. Sul set, Michael
Gandolfini ha dovuto rifare molte riprese perché la sua
interpretazione era a volte troppo simile a quella del padre,
mentre il suo personaggio doveva essere ancora un giovane
adolescente e non ancora il temuto gangster adulto. Nel ruolo del
suo mentore, Dickie Moltisanti, vi è invece l’attore
Alessandro Nivola. Benché gli occhi siano tutti
puntati su Tony, è lui l’effettivo protagonista del film, cosa che
lo stesso attore, avendo letto solo alcuni estratti della
sceneggiatura, non aveva compreso.
L’attore Leslie Odom
Jr. interpreta invece il suo partner afroamericano,
Harold McBrayer, che diverrà però successivamente rivale di Dickie.
Nel film recitano poi gli attori
Vera Farmiganel ruolo di Livia Soprano, madre di
Tony e Jon Bernthal in quelli di Johnny Soprano,
padre di Tony. Corey Stoll, invece, interpreta
Junior Soprano, lo zio del giovane protagonista. Ray Liotta, celebre per Quei braviragazzi, interpreta invece i fratelli gemelli Hollywood
“Dick” Moltisanti e Salvatore “Sally” Moltisanti. Billy
Magnussen interpreta infine Paulie Walnuts, futuro
braccio destro di Tony.
La vera storia dietro I Molti
Santi del New Jersey
Come anticipato dalla trama, il film
si svolge nel pieno delle rivolte svoltesi nel 1967 a
Newark. Quella verificatasi in tale città fu una delle 159
rivolte razziali che coinvolsero diverse località degli Stati
Uniti, in quella che venne definita dai giornali la “lunga estate
calda del 1967”. A Newark, nel New Jersey, tra il 12 e il 17 luglio
ebbero infatti luoghi degli accesi scontri che provocarono la morte
di 26 persone e centinaia di feriti gravi. Furono riportati gravi
danni alle proprietà, tra cui vetrine in frantumi e incendi dolosi,
lasciando danneggiata o distrutta una gran parte della città. Al
culmine del conflitto, la Guardia Nazionale fu chiamata a
controllare la situazione con l’impiego di carri armati e altri
mezzi militari, operando dunque una dura repressioni.
Tali disordini rappresentarono il
culmine di un conflitto che si protraeva da tempo tra elementi
dell’allora crescente popolazione afroamericana della città –
recentemente diventata una maggioranza numerica – e il suo vecchio
establishment politico, che rimaneva dominato da membri di gruppi
etnici bianchi, tra cui spiccavano popolazioni di italiani, ebrei e
irlandesi americani. Questi ultimi avevano guadagnato un punto
d’appoggio politico a Newark durante le generazioni precedenti e la
corruzione endemica nel governo locale, combinata con il diffuso
pregiudizio razziale, ha infine contribuito all’impossibilità di
inclusione della popolazione nera nella città e nella sua struttura
politica.
Questa situazione estremamente
precaria è esplosa la sera del 12 luglio, quando due agenti di
polizia bianchi di Newark, John DeSimone e
Vito Pontrelli, fermano un tassista nero,
John William Smith, accusato di essere privo di
patente e di aver causato diversi incidenti. I due agenti hanno a
quel punto picchiato e arrestato Smith, per poi portarlo al 4°
distretto di polizia. Venuta a sapere dell’accaduto, la comunità
afroamericana si riunisce per dar vita a delle accese proteste, che
ben presto sfociano nella violenza quando le comunità bianche
iniziano ad opporsi a loro. Quando le rivolte vennero infine
spente, si contò la morte di 16 civili, 8 sospetti, un poliziotto e
un pompiere. 353 civili, 214 sospetti, 67 poliziotti, 55 pompieri e
38 militari feriti, mentre 689 civili e 811 persone vennero
arrestate.
I Molti Santi del New
Jersey: ci sarà un sequel?
Successivamente alla realizzazione
del film, Chase si è detto interessato a produrre un sequel che
segua Tony Soprano a vent’anni, a patto di poter collaborare con
l’ex sceneggiatore della serie, Terence Winter, il
quale si è poi dichiarato entusiasta all’idea. Chase ha però poi
rivelato di aver ricevuto un’offerta dalla WarnerMedia per produrre
un’altra stagione de I Soprano che faccia da ponte tra la
fine del film e l’inizio della serie originale, ma ha ammesso di
non essere particolarmente interessato a realizzare una serie del
genere. Tuttavia, ha osservato che avrebbe voluto fare un altro
film ambientato nell’universo de I Soprano perché ha delle
idee su altre storie da esplorare. Tuttavia, si è detto scettico
riguardo all’interesse dello studio di produzione a riguardo.
Il trailer di I Molti Santi del
New Jersey e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di I
Molti Santi del New Jersey grazie alla sua presenza
su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Chili Cinema, Google Play, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 9 gennaio alle ore 21:20
sul canale Rai 4.
Il regista Alan Taylor e i protagonisti
Alessandro Nivola, Michael Gandolfini, Michela
De Rossi e David Chase, hanno parlato di
I molti santi del New Jersey, il film prequel sui
Soprano che arriva nelle sale italiane il 4 novembre. Ecco la
nostra intervista.
Debutta al cinema il 04 novembre
2021
I molti santi del New Jersey, il tanto atteso prequel
della pluripremiata serie HBO I Soprano diretto da
Alan Taylor. I
molti santi del New Jersey è interpretato da
Alessandro Nivola (“Disobedience”, “American Hustle –
L’apparenza inganna”), il vincitore del premio Tony,
Leslie Odom Jr. (“Hamilton” a Broadway, “Assassinio sull’ Orient
Express”),
Jon Bernthal (“Baby Driver – Il genio della fuga”,
“The Wolf of Wall Street”),
Corey Stoll (“First Man – Il primo uomo”, “Ant-Man”),
Michael Gandolfini (la serie TV “The Deuce: La via del porno”),
Billy Magnussen (“Game Night – Indovina chi muore stasera?”, “La
grande scommessa”), John Magaro (“L’ultima tempesta”, “Not Fade
Away”), Michela De Rossi (“La terra dell’abbastanza,” la serie TV
“I topi”) con il vincitore dell’Emmy,
Ray Liotta (la serie TV “Shades of Blue”, “Quei bravi
ragazzi”) e la candidata all’Oscar
Vera Farmiga (“Tra le nuvole”, i film “The
Conjuring”).
Il film è ambientato negli esplosivi
anni ’60, nell’epoca delle rivolte di Newark (New Jersey) e degli
scontri violenti tra la comunità afroamericana e quella italiana. E
in particolare, è tra i gangster dei rispettivi gruppi, che la
pericolosa rivalità diventa particolarmente letale. New Line Cinema
presenta, in associazione con Home Box Office, una produzione Chase
Films: ” I Molti Santi del New Jersey”. Il film
sarà distribuito in tutto il mondo dalla Warner Bros. Pictures. In
Italia il film uscirà al cinema domani, giovedì 4 Novembre
2021.
Alan Taylor
(“Thor: The Dark World”), che ha vinto un
Emmy per la regia de “I Soprano”, ha diretto il film da una
sceneggiatura del creatore della serie David Chase, e Lawrence
Konner, basata sui personaggi creati da Chase. La produzione è di
Chase e Konner mentre Michael Disco, Richard Brener, Nicole Lambert
e Marcus Viscidi sono i produttori esecutivi. La squadra creativa
di Taylor che ha lavorato dietro le quinte comprende il direttore
della fotografia Kramer Morgenthau (“Creed II”, “Thor: The Dark
World”), lo scenografo Bob Shaw (“The Wolf of Wall Street”, “I
Soprano”), il montatore nominato all’Oscar Christopher Tellefsen
(“L’arte di vincere”, “A Quiet Place- Un posto tranquillo”) e la
costumista Amy Westcott (“The Wrestler”, “Il cigno nero”).
I molti santi del New Jersey è stato girato tra il New
Jersey e New York, e nel film sono presenti diversi personaggi
famosi della serie originale che ha ispirato il film. Andata in
onda per sei stagioni, la serie “I Soprano” – ampiamente
considerata come una delle più grandi e influenti serie drammatiche
televisive di tutti i tempi – è stata premiata con 21 Primetime
Emmy Award, cinque Golden Globe e due Peabody Award, solo per
citare alcuni riconoscimenti.
Debutta al cinema il 04 novembre
2021
I molti santi del New Jersey, il tanto atteso prequel
della pluripremiata serie HBO I Soprano diretto da
Alan Taylor. I
molti santi del New Jersey è interpretato da
Alessandro Nivola (“Disobedience”, “American Hustle –
L’apparenza inganna”), il vincitore del premio Tony,
Leslie Odom Jr. (“Hamilton” a Broadway, “Assassinio sull’ Orient
Express”),
Jon Bernthal (“Baby Driver – Il genio della fuga”,
“The Wolf of Wall Street”),
Corey Stoll (“First Man – Il primo uomo”, “Ant-Man”),
Michael Gandolfini (la serie TV “The Deuce: La via del porno”),
Billy Magnussen (“Game Night – Indovina chi muore stasera?”, “La
grande scommessa”), John Magaro (“L’ultima tempesta”, “Not Fade
Away”), Michela De Rossi (“La terra dell’abbastanza,” la serie TV
“I topi”) con il vincitore dell’Emmy,
Ray Liotta (la serie TV “Shades of Blue”, “Quei bravi
ragazzi”) e la candidata all’Oscar
Vera Farmiga (“Tra le nuvole”, i film “The
Conjuring”).
Il film è ambientato negli esplosivi
anni ’60, nell’epoca delle rivolte di Newark (New Jersey) e degli
scontri violenti tra la comunità afroamericana e quella italiana. E
in particolare, è tra i gangster dei rispettivi gruppi, che la
pericolosa rivalità diventa particolarmente letale. New Line Cinema
presenta, in associazione con Home Box Office, una produzione Chase
Films: ” I Molti Santi del New Jersey”. Il film
sarà distribuito in tutto il mondo dalla Warner Bros. Pictures. In
Italia il film uscirà al cinema domani, giovedì 4 Novembre
2021.
Alan Taylor
(“Thor: The Dark World”), che ha vinto un
Emmy per la regia de “I Soprano”, ha diretto il film da una
sceneggiatura del creatore della serie David Chase, e Lawrence
Konner, basata sui personaggi creati da Chase. La produzione è di
Chase e Konner mentre Michael Disco, Richard Brener, Nicole Lambert
e Marcus Viscidi sono i produttori esecutivi. La squadra creativa
di Taylor che ha lavorato dietro le quinte comprende il direttore
della fotografia Kramer Morgenthau (“Creed II”, “Thor: The Dark
World”), lo scenografo Bob Shaw (“The Wolf of Wall Street”, “I
Soprano”), il montatore nominato all’Oscar Christopher Tellefsen
(“L’arte di vincere”, “A Quiet Place- Un posto tranquillo”) e la
costumista Amy Westcott (“The Wrestler”, “Il cigno nero”).
I molti santi del New Jersey è stato girato tra il New
Jersey e New York, e nel film sono presenti diversi personaggi
famosi della serie originale che ha ispirato il film. Andata in
onda per sei stagioni, la serie “I Soprano” – ampiamente
considerata come una delle più grandi e influenti serie drammatiche
televisive di tutti i tempi – è stata premiata con 21 Primetime
Emmy Award, cinque Golden Globe e due Peabody Award, solo per
citare alcuni riconoscimenti.
“I
Molti Santi del New Jersey“ della New Line Cinema, è
il tanto atteso prequel della pluripremiata serie HBO “I
Soprano”.
Il film è ambientato negli esplosivi
anni ’60, nell’epoca delle rivolte di Newark (New Jersey) e degli
scontri violenti tra la comunità afroamericana e quella italiana. E
in particolare, è tra i gangster dei rispettivi gruppi, che la
pericolosa rivalità diventa particolarmente letale.
“I
Molti Santi del New Jersey“ è interpretato da
Alessandro Nivola (“Disobedience”, “American Hustle – L’apparenza
inganna”), il vincitore del premio Tony, Leslie Odom Jr.
(“Hamilton” a Broadway, “Assassinio sull’ Orient Express”),
Jon Bernthal (“Baby Driver – Il genio della fuga”,
“The Wolf of Wall Street”),
Corey Stoll (“First Man – Il primo uomo”, “Ant-Man”),
Michael Gandolfini (la serie TV “The Deuce: La via del porno”),
Billy Magnussen (“Game Night – Indovina chi muore stasera?”, “La
grande scommessa”), John Magaro (“L’ultima tempesta”, “Not Fade
Away”), Michela De Rossi (“La terra dell’abbastanza,” la serie TV
“I topi”) con il vincitore dell’Emmy, Ray Liotta (la serie TV
“Shades of Blue”, “Quei bravi ragazzi”) e la candidata all’Oscar
Vera Farmiga (“Tra le nuvole”, i film “The
Conjuring”).
Alan Taylor
(“Thor:
The Dark World“), che ha vinto un Emmy per la regia de
“I Soprano”, ha diretto il film da una sceneggiatura del creatore
della serie David Chase, e Lawrence Konner, basata sui personaggi
creati da Chase. La produzione è di Chase e Konner mentre
Michael Disco, Richard Brener, Nicole Lambert e
Marcus Viscidi sono i produttori esecutivi.
La squadra creativa di Taylor che ha
lavorato dietro le quinte comprende il direttore della fotografia
Kramer Morgenthau (“Creed
II“, “Thor:
The Dark World“), lo scenografo Bob Shaw (“The Wolf of
Wall Street”, “I Soprano”), il montatore nominato all’Oscar
Christopher Tellefsen (“L’arte di vincere”, “A Quiet Place- Un
posto tranquillo”) e la costumista Amy Westcott (“The Wrestler”,
“Il cigno nero”).
“I
Molti Santi del New Jersey“ è stato girato tra il New
Jersey e New York, e nel film sono presenti diversi personaggi
famosi della serie originale che ha ispirato il film. Andata in
onda per sei stagioni, la serie “I Soprano” – ampiamente
considerata come una delle più grandi e influenti serie drammatiche
televisive di tutti i tempi – è stata premiata con 21 Primetime
Emmy Award, cinque Golden Globe e due Peabody Award, solo per
citare alcuni riconoscimenti.
New Line Cinema presenta, in
associazione con Home Box Office, una produzione Chase Films:
” I Molti Santi del New Jersey”.
Il film sarà distribuito in tutto il
mondo dalla Warner Bros. Pictures.
Debutterà al cinema il 04 novembre
2021
I molti santi del New Jersey, il tanto atteso prequel
della pluripremiata serie HBO I Soprano diretto da
Alan Taylor. I
molti santi del New Jersey è interpretato da
Alessandro Nivola (“Disobedience”, “American Hustle –
L’apparenza inganna”), il vincitore del premio Tony,
Leslie Odom Jr. (“Hamilton” a Broadway, “Assassinio sull’ Orient
Express”),
Jon Bernthal (“Baby Driver – Il genio della fuga”,
“The Wolf of Wall Street”),
Corey Stoll (“First Man – Il primo uomo”, “Ant-Man”),
Michael Gandolfini (la serie TV “The Deuce: La via del porno”),
Billy Magnussen (“Game Night – Indovina chi muore stasera?”, “La
grande scommessa”), John Magaro (“L’ultima tempesta”, “Not Fade
Away”), Michela De Rossi (“La terra dell’abbastanza,” la serie TV
“I topi”) con il vincitore dell’Emmy,
Ray Liotta (la serie TV “Shades of Blue”, “Quei bravi
ragazzi”) e la candidata all’Oscar
Vera Farmiga (“Tra le nuvole”, i film “The
Conjuring”).
Il film è ambientato negli
esplosivi anni ’60, nell’epoca delle rivolte di Newark (New Jersey)
e degli scontri violenti tra la comunità afroamericana e quella
italiana. E in particolare, è tra i gangster dei rispettivi gruppi,
che la pericolosa rivalità diventa particolarmente letale. New Line
Cinema presenta, in associazione con Home Box Office, una
produzione Chase Films: ” I Molti Santi del New
Jersey”. Il film sarà distribuito in tutto il mondo dalla
Warner Bros. Pictures. In Italia il film uscirà al cinema domani,
giovedì 4 Novembre 2021.
Alan Taylor
(“Thor: The Dark World”), che ha vinto un
Emmy per la regia de “I Soprano”, ha diretto il film da una
sceneggiatura del creatore della serie David Chase, e Lawrence
Konner, basata sui personaggi creati da Chase. La produzione è di
Chase e Konner mentre Michael Disco, Richard Brener, Nicole Lambert
e Marcus Viscidi sono i produttori esecutivi. La squadra creativa
di Taylor che ha lavorato dietro le quinte comprende il direttore
della fotografia Kramer Morgenthau (“Creed II”, “Thor: The Dark
World”), lo scenografo Bob Shaw (“The Wolf of Wall Street”, “I
Soprano”), il montatore nominato all’Oscar Christopher Tellefsen
(“L’arte di vincere”, “A Quiet Place- Un posto tranquillo”) e la
costumista Amy Westcott (“The Wrestler”, “Il cigno nero”).
I molti santi del New Jersey è stato girato tra il New
Jersey e New York, e nel film sono presenti diversi personaggi
famosi della serie originale che ha ispirato il film. Andata in
onda per sei stagioni, la serie “I Soprano” – ampiamente
considerata come una delle più grandi e influenti serie drammatiche
televisive di tutti i tempi – è stata premiata con 21 Primetime
Emmy Award, cinque Golden Globe e due Peabody Award, solo per
citare alcuni riconoscimenti.
Netflix Italia ha diffuso il trailer
ufficiale del nuovo film originale Netflix
d’animazione I
Mitchell contro le macchine, in arrivo sulla
piattaforma dal 30 aprile in tutti i Paesi in cui il servizio è
attivo.
I
Mitchell contro le macchine è diretto da Mike Rianda e
co-diretto da Jeff Rowe, che firmano anche la sceneggiatura, mentre
Will Allegra e Louis Koo Tin Lok sono i produttori esecutivi.
La trama
Dagli stessi esseri umani
creatori di Spider-Man: Un nuovo universo e The LEGO Movie arriva I
Mitchell contro le macchine, un film d’animazione ricco di azione e
di divertimento che ha come protagonista una famiglia ordinaria
impegnata in un’impresa stra-ordinaria: salvare il mondo da
un’apocalisse robot. Un’inezia, no? Tutto ha inizio quando
l’alternativa e creativa Katie Mitchell viene ammessa alla scuola
di cinema dei suoi sogni e non vede l’ora di lasciare casa e
incontrare “la sua gente”. Suo padre Rick, grande amante della
natura, insiste affinché tutta la famiglia la accompagni a scuola
in un assolutamente-non-imbarazzante-né-forzato ultimo viaggio on
the road. Ma proprio quando le cose sembrano non poter andare
peggio, la famiglia Mitchell si ritrova nel bel mezzo di una
rivolta di robot! Tutti gli oggetti tecnologici – dagli smartphones
agli aspirapolveri roomba, fino ai malvagi Furby – vengono
ingaggiati con l’obiettivo di catturare ogni essere umano sul
pianeta. Adesso salvare l’umanità è compito dei Mitchell, ovvero
Katie e Rick insieme all’allegra mamma Linda, lo stravagante
fratellino Aaron, il morbido carlino Monchi e due amichevoli e
ingenui robot.
Basta la sequenza d’apertura di
I Mitchell contro le macchine per essere
subito conquistati dal film d’animazione Netflix senza poter opporre alcuna
resistenza. Col senno di poi, diventa sempre più evidente come sia
un’opera questa che non ha bisogno di pretendere attenzioni, poiché
lo spettatore sarà portato a concedergliele di propria volontà,
affascinato dall’intrattenimento e dalle emozioni offerte. A
scrivere e dirigere il film, vi sono gli esordienti Mike
Rianda e Jeff Rowe. A produrlo si
ritrovano invece Phil Lord e Christopher Miller,
noti per aver contributo a numerosi film d’animazione tra cui
Spider-Man – Un nuovo
universo. Proprio il team creativo di quest’ultimo ha
sviluppato il nuovo lungometraggio Netflix, arrivando a risultati
sbalorditivi.
Protagonisti di questo sono i
Mitchell, composti da Katie,
Rick, Linda e
Aaron. Si tratta di una famiglia come ce ne sono
tante, dove ogni membro è dotato di proprie personali passioni,
difetti e stranezze. Questa si ritrova ora ad intraprendere un
forzato viaggio insieme verso la California, dove Katie è stata
accolta presto una prestigiosa università di cinema. La ragazza non
vede l’ora di lasciarsi alle spalle la sua ingombrante famiglia, ma
prima dovrà sopravvivere all’ostinato desiderio del padre di
accompagnarla personalmente. A peggiorare le cose vi sarà
l’improvviso scoppio di una rivoluzione delle macchine, pronte a
prendere il dominio del mondo. Ultima speranza rimasta per
l’umanità, i Mitchell dovranno prima risolvere i propri problemi
personali per poter raggiungere l’unione necessaria alla
vittoria.
La storia di un padre e di una figlia
Il viaggio che la famiglia Mitchell
si prepara ad affrontare è quanto mai delicato. Al termine di
questo la protagonista Katie intraprenderà una vita indipendente, e
ogni cosa non sarà mai più come prima. In vista di quel momento,
suo padre Rick dovrà dunque riuscire a riappacificarsi con lei,
riscoprendo quel rapporto che sembrava essersi indebolito con gli
anni. Le tematiche intorno a cui ruota il film sono dunque
particolarmente universali e intime. Ognuno può ritrovarsi nel
punto di vista di Katie, la quale si sente incompresa dal padre, e
in quello di Rick, il quale non si spiega come il tempo possa aver
cambiato le cose tra lui e sua figlia.
Intorno alle dinamiche famigliari si
costruisce una vera e propria apocalisse tecnologica. Elemento
apparentemente dissonante con le tematiche centrali del film,
questo risvolto narrativo si rivela invece un espediente a dir poco
brillante per trattare un ulteriore discorso altrimenti già
affrontato tante volte. Tale ribellione delle macchine porta
infatti a dover abbandonare ogni forma di tecnologia, dai computer
agli smartphone. Pur con i loro benefici, tali strumenti diventano
infatti spesso involontariamente mezzi che contribuiscono al
distaccamento nei confronti di quanto ci circonda.
Senza, Katie e Rick, le cui opinioni
riguardo l’uso della tecnologia sono diametralmente opposte, sono
costretti a confrontarsi senza alcun filtro. I due personaggi
possono così iniziare un percorso di riavvicinamento che li porta a
scoprirsi, ferirsi, comprendersi e infine accettarsi. Il cuore di
IMitchell contro le macchine sta dunque nel suo porre
in risalto le cose che ci rendono unici. È un film che punta a
ricordarci cosa vuol dire essere, e decidere di rimanere, umani in
un mondo sempre più invaso dalla tecnologia, tenendo stretti a sé
le persone più importanti, non sapendo mai quando l’inaspettato può
verificarsi.
I Mitchell contro le macchine: crescere fa paura
Si muove dunque su queste corde il
film di Rianda e Rowe. Questo si dimostra però non solo
emotivamente coinvolgente, ma anche estremamente entusiasmante da
vedere. Se già Spider-Man – Un nuovo universo era una
gioia per gli occhi, anche I Mitchell contro le macchine
non è da meno. Al di là della sua esplosione di colori e della sua
grafica a metà tra disegno 3D e stile fumettistico, il film fa una
cosa che pochi film d’animazione sembrano avere il coraggio o la
volontà di fare, ovvero giocare con le possibilità che il genere
offre. Sono infatti numerose le animazioni nell’animazione, che
esaltano ancor di più la bellezza estetica del film e ne fanno un
prodotto enormemente accattivante.
Arricchire in questo modo quanto si
sta vedendo permette di rimanere continuamente sorpresi, portando
avanti parallelamente intrattenimento ed emozione. Il film è così
un’altalena continua tra genuine risate, adrenalina, tensione e
pura commozione. Tutto ciò è possibile anche per la crescente
consapevolezza che quanto si sta guardando non è altro se non una
potente metafora sul crescere e su come i genitori cerchino di
proteggere come possibile i loro figli nel corso di questo delicato
processo, che è anche inevitabilmente un processo di distaccamento.
I Mitchell contro le macchine è dunque la storia di un
padre che accompagna sua figlia verso una nuova fase della sua
vita, lasciandola libera nel mondo, con tutta la paura e l’emozione
che ciò richiede.
Un documentario sui presunti
‘messaggi nascosti’ all’interno del capolavoro di Kubrick: sarà
questo il primo lungometraggio di Rodney Ascher, intitolato Room
237 (come la mitologica camera dell’Overlook Hotel teatro del
massacro attorno a cui ruota la vicenda di Jack Torrance e
famiglia).
Il documentario si concentrerà
su varie leggende che negli anni hanno accompagnato il film, e in
particolare sulla teoria secondo cui Kubrick vi avrebbe inserito
una serie di indizi relativi al suo coinvolgimento su quella che
sarebbe la più grande ‘montatura’ degli ultimi cinquant’anni: il
cosiddetto ‘falso allunaggio’ del 1969, un caposaldo delle varie
‘teorie delle cospirazioni’. Commentando il film, Ascher ha
spiegato che nella fase di raccolta del materiale si è imbattuto in
grandi idee costruite su dettagli in apparenza secondari, spesso
molto divertenti ma in qualche caso anche abbastanza
inquietanti.
Citando con eleganza l’omonimo
romanzo di Victor Hugo, nel suo lungometraggio
d’esordio I
miserabili (qui la recensione) il regista
Ladj Ly realizza un affresco sincero e autentico
delle periferie parigine e dei miserabili del nuovo millennio. Il
risultato è un dramma dal ritmo avvincente e adrenalinico, che non
si abbandona a facili condanne e non cade nelle trappole della
faziosità o del vittimismo, dove il confine tra bene e male si fa
assolutamente labile, mentre tutti i personaggi diventano vittime
alla ricerca di un personale riscatto o, più semplicemente, di
sopravvivenza.
Ispirato alle sommosse di Parigi del
2005, il film ha vinto il Premio della Giuria al Festival
di Cannes, il Premio Miglior Rivelazione agli European Film
Awards ed è poi stato candidato al Premio Oscar per la Francia come
Miglior Film Internazionale. Ha poi fatto incetta di candidature e
premi ai César (gli Oscar francesi), dove ha trionfato come miglior
film. Il percorso di I miserabili è dunque costellato di
onori e vittorie, riconoscimenti meritati per un film che ha saputo
unire disagi sociali ad un’idea di cinema particolarmente
coinvolgente e ricca di pathos, dando vita ad un’opera di rara
bellezza.
Girato con uno stile
documentaristico, vicino alla realtà dei reali quartieri dove si
svolge la vicenda, I miserabili è dunque uno dei film
europei recenti da non perdere assolutamente, che offre
intrattenimento e profonde riflessioni, dimostrando come gli sconti
mostrati nel film siano senza tempo. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
I miserabili: la trama del
film
Il film segue la storia di
Stéphane, un agente di polizia che si trasferisce
dal comune francese Cherourg a Montfermeil, nella periferia di
Parigi. Egli si integra facilmente nella comunità del piccolo
centro e viene inserito nella squadra anti-crimine al fianco dei
colleghi Chris e Gwada, due
poliziotti esperti e dai metodi decisamente non convenzionali. Ben
presto, Stéphane capirà quanto la situazione tra le gang del
quartiere sia tesa e fragile, una vera e propria bomba ad
orologeria pronta ad esplodere. La goccia che fa traboccare
il vaso è il furto di un leoncino che viene rapito da un circo,
alla cui ricerca vengono chiamati proprio i tre poliziotti.
Stéphane si troverà da qui in poi
costretto a sporcarsi le mani e gli occhi, invischiato in prima
persona nelle miserie dei bassifondi, polveriera di violenza e
criminalità, e comprenderà le difficoltà della polizia nel
mantenere la pace e l’ordine seguendo il sentiero della legalità.
Mentre le ricerche e gli scontri vanno avanti, un drone filma ogni
azione della polizia, divenendo un pericoloso strumento di
denuncia. Sbarazzarsi anche di questo sarà dunque un obiettivo in
più, ma ben presto i tre poliziotti si troveranno letteralmente a
dover fare i conti con i ragazzi del quartiere, giovani disperati
senza più nulla da perdere.
I miserabili: il cast del film
Il cast di I miserabili è
composto quasi interamente da attori non professionisti. L’unico
attore con precedenti esperienze in tale ambito è Damien
Bonnard, già visto in titoli come Dunkirk, Quello che non so di
lei e Wolf Call – Minaccia in alto
mare. Egli interpreta qui il poliziotto Stéphane, nel cui
sguardo lo spettatore può identificarsi. Egli è infatti un
personaggio inizialmente esterno al contesto nel quale si ritrova
catapultato. Qui assiste per la prima volta, come lo spettatore, a
dinamiche e scontri che evidenziano il forte disagio di quartieri
abbandonati a loro stessi. Per la sua interpretazione, Bonnard è
poi stato candidato come miglior attore ai premi César.
Accanto a lui, nei panni dei
colleghi poliziotti Gwada e Chris vi sono gli attori
Djibril Zonga e Alexis Manenti.
Quest’ultimo ha poi vinto il premio come miglior promessa maschile
ai premi César. Categoria in cui era candidato anche Zonga. Fanno
poi parte del cast anche Issa Perica nel ruolo di
Issa, Al-Hassan nei panni di Buzz e Almamy
Kanouté in quelli di Salah. Steve
Tientcheu interpreta il sindaco, mentre Nizar Ben
Fatma è il personaggio noto come lo spilorcio.
Raymond Lopez è Zorro, mentre
Luciano e Jaihson Lopez
interpretano rispettivamente Luciano e Jaihson. Infine, l’attrice
Jeanne Balibar compare nei panni della commissaria
di polizia.
I miserabili: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di I
miserabili grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili
Cinema, Google Play, Apple iTunes e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato
5 agosto alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.