Alessandro Borghi,
classe 1986, è una delle giovani promesse del cinema italiano: a
dargli fiducia è stato il regista Stefano Sollima,
figlio di Sergio (regista di spaghetti western negli anni ’70 e
regista della saga di Sandokan, con Kabir
Bedi) regista di serial cult come Romanzo
Criminale e Gomorra e ora
pronto a tornare al cinema con un film che si preannuncia
interessante ancor prima della sua uscita:
Suburra, tratto dal romanzo omonimo
scritto da Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo,
segue le vicende- frutto della fantasia- di alcuni abitanti del
sottobosco romano, tra storie di malavita, opulenza ostentata e
criminalità.
Borghi qui interpreta un malavitoso
chiamato Numero 8, l’erede di una famiglia criminale di Ostia
pronto a trasformare la città balneare nella risposta italiana a
Las Vegas o ad Atlantic City.
Abbiamo fatto qualche domanda
proprio a Borghi, per approfondire l’argomento.
Alessandro, il film
Suburra
ha un inquietante legame con le cronache più recenti di Roma
Capitale, storie a base di malavita, politica, corruzione e potere:
quanto eravate già consapevoli di questi eventi durante la
realizzazione del film?
In realtà l’unica fonte
d’ispirazione di Stefano (Sollima, NdR) è stato il romanzo omonimo
di Bonini e De Cataldo; quando abbiamo cominciato a girare
Suburra nemmeno si parlava di quegli
eventi, emersi solo in un secondo momento. I fatti narrati nel
romanzo prendono spunto dalla realtà, ma sono solo frutto della
creatività dei due autori: certamente, per chi vive a Roma ed è
romano, non stiamo parlando di cronache sconosciute avulse dalla
quotidianità. Conosciamo tutti bene questa “pubblicità negativa”
che viene fatta alla capitale.
Come hai affrontato il tuo
personaggio, Numero 8? Come ti sei preparato per interpretarlo al
meglio?
Numero 8 è un personaggio
particolare, sfaccettato, complesso: Stefano ci ha categoricamente
vietato di leggere il romanzo di partenza, per non restarne troppo
influenzati ma… confesso di avergli dato un’occhiata di nascosto! A
parte gli scherzi, in realtà la sua “dritta” era giusta, perché il
romanzo contiene molte descrizioni iperboliche, mentre per
approcciarmi al personaggio ho seguito un percorso diverso: in
fondo Numero 8 è un personaggio davvero potente che mi resterà
addosso per parecchio, o meglio, difficilmente dimenticherò presto
i passaggi, le transizioni che ho compiuto per portarlo in scena…
per renderlo realistico e credibile mi è bastato ripescare dalla
mia memoria i ricordi di molti abitanti del sottobosco romano che
mi è capitato di incontrare da bambino, visto che sono cresciuto a
Roma- Sud; io quei soggetti li ho visti e respirati in qualche
modo, mi è bastato solo tirarli fuori dalla memoria per farli
vivere sullo schermo.
Partendo da
Suburra, passando per Romanzo Criminale 2 e
Roma Criminale, senza contare il rapporto d’amicizia e
stima con Sollima: la tua vita sembra essere all’insegna dei
generi, è davvero così? Qual è il tuo rapporto con i film di
genere?
In realtà, nonostante la mia
carriera si sia intrecciata spesso con i generi- soprattutto il
poliziottesco- non sono un profondo conoscitore dell’argomento…
pensa che quando sono stato scelto per interpretare il commissario
Lanzi in Roma Criminale… non avevo la più
pallida idea di cosa fosse un poliziottesco! Sono convinto che un
attore debba essere sempre pronto a mettersi alla prova con
esperienze nuove e diverse tra loro, anche quando sono distanti dai
suoi gusti personali o dai suoi interessi… ciò che mi stimola sono
i progetti interessanti, quelli con cui posso confrontarmi e
sfidare le mie capacità. Adesso, per esempio, sono sul set del
nuovo film di Claudio Caligari, Non Essere
Cattivo, che per me rappresenta una nuova possibilità
di crescita come attore. Inoltre ritengo che la vera sfida, per chi
recita, sia riuscire a portare sul set e in ogni personaggio
interpretato un po’ di sé, qualcosa di molto personale… allora a
quel punto, questo mestiere è davvero l’ennesima potenza!
Tornando a
Suburra… in questa occasione ti sei ritrovato a
condividere il set con colleghi molto famosi che hanno alle spalle
anni di cinema e televisione… Elio Germano, Perfrancesco Favino,
Claudio Amendola… com’è stato lavorare con loro? Com’era il clima
sul set?
Ironicamente, purtroppo non ci
siamo mai incrociati… non avevamo scene insieme, a parte con
Amendola. Non ho mai incontrato il resto del cast, tranne che nella
fase preparatoria. Certo, ritrovarsi comunque nello stesso film
insieme ad attori che considero da sempre dei miei punti di
riferimento- come Germano o Favino-non ha fatto che raddoppiare la
mia emozione… anche se sono un po’ dispiaciuto per non aver potuto
lavorare con loro!
Il clima sul set è stato,
dall’inizio alla fine, sereno e rilassato… Stefano in questo è
davvero bravo, è un pacificatore naturale, riesce ad avere tutto
sotto controllo, senza che nessuno si lamenti mai o sia preso dallo
sconforto. Mi sono capitati altri set dove, a fine giornata, non
c’era mai una risata. Ecco, quando si lavora con Stefano accade
tutto il contrario, anche perché non solo si circonda della gente
giusta, ma cerca di mettere tutti a proprio agio. Un atteggiamento
del genere era necessario, e non solo per svolgere al meglio le
riprese: il film si presentava fin dall’inizio come un progetto
rischioso ed ambizioso, sarebbe bastato davvero molto poco per
creare dei problemi da “codice rosso”.
Un film ambizioso e dal
budget alto insomma… hai riscontrato delle differenze pratiche tra
i tempi di ripresa televisivi e quelli cinematografici,
quindi?
Certamente. Quando ti ritrovi su un
set televisivo, al massimo si girano dieci minuti al giorno… non è
molto gratificante per un attore, e troppo spesso questa stessa
logica viene adattata anche al cinema, perché ogni minuto perso è
denaro che se ne va per la produzione. Quindi si tende ad
“accelerare” i tempi, come in certi film indipendenti. Qui invece
avevamo tutto il tempo per calarci al meglio nelle situazioni,
circa due ore libere prima delle riprese per ambientarci al meglio
e studiare il personaggio; e ogni giorno giravamo una o due scene,
per poi fermarci.
Quando uscirà il
film?
Non so bene la data precisa,
sicuramente dopo l’estate… dipende tutto dagli impegni di Stefano,
adesso è alle prese con la seconda stagione di
Gomorra.
In conclusione… cosa ti
aspetti, quindi, dall’uscita del film? Che impatto credi che avrà
sul pubblico? E sulla tua carriera?
Credo che
Suburra avrà un impatto molto forte sul
pubblico, visto il tema attualissimo che tratta e il successo di
una serie come Gomorra, che ritengo farà
da traino pubblicitario al film anche grazie al nome di Sollima,
che ormai è una garanzia quando si tratta di rendere qualcosa di
“genere” appetibile per il grande pubblico.
Nella mia vita ho avuto già tante
piccole soddisfazioni, ma quella più grande è stata proprio la
possibilità di prendere parte- come protagonista- ad un progetto
del genere: è stata un’emozione unica, mi sono sentito tornare
indietro di ben dieci anni, come quando ho iniziato a muovere i
primi passi in questo mondo frequentando la Scuola di Recitazione
Jenny Tamburi di Roma. Mi auguro, inoltre, che il film possa essere
un trampolino di lancio anche per la mia carriera, una sorta di
“battesimo” ufficiale: più passa il tempo, più realizzo che in
effetti il cinema italiano ha subito la crisi, appiattendosi ad una
logica di mercato determinata dagli incassi e dal box office, con i
produttori molto più interessati ad incassare che ad investire in
nuovi progetti. Dovrebbero tornare i produttori di una volta,
quelli che accettano le sfide e che sono disposti ad investire,
quelli aperti alle novità e pronti a rischiare in nome di un cinema
la cui finalità dovrebbe essere… stordire lo spettatore.