Tommy Lee Jones –
In America il suo nome viene spesso accostato all’aggettivo
“grumpy” (che sta per “irritabile”, “brontolone”), lo stesso con
cui è chiamato in lingua originale il più scorbutico dei nani di
Biancaneve (Brontolo, appunto). E ultimamente c’è chi, giocando col
titolo del super-bestseller Fifty shades of grey
(da noi, Cinquanta sfumature di grigio), lo ha
ribattezzato “Fifty shades of grumpy”. Ma non è colpa sua: lo
disegnano così.
In effetti, in una carriera che ha
ormai superato gli ‘anta’, con più di 50 film e una miriade di
apparizioni televisive al suo attivo, sono numerosi i ruoli
‘grumpy’ collezionati da Tommy Lee Jones, che però
si appresta a rompere il cliché col nuovo lavoro di David
Frankel, Il matrimonio che
vorrei, una dramedy romantica dove interpreta il
marito di
Meryl Streep. In attesa di vederlo sui nostri
schermi il 18 ottobre in questa veste inedita, ecco qua la sua
‘brontolografia’. Giudicate voi se le voci sul suo conto sono
fondate…
Tommy Lee Jones, biografia
Tommy
Lee Jones nasce il 15 settembre 1946 da una famiglia di
texani doc (ma con una nonna di discendenza Cherokee). Dopo il
diploma alla St. Mark’s School of Texas (oggi fa parte del
consiglio di amministrazione dell’istituto), entra ad Harvard, dove
gioca nella squadra di football dell’università e si trova a
dividere la stanza con colui che diventerà vice Presidente USA,
nonché Premio Nobel per la pace: Al Gore (e quando l’amico nel 2000
si candiderà come Presidente, sarà Jones in persona a tenere il
discorso di presentazione alla convention nazionale dei
Democratici).
Ad Harvard i due incontrano
Erich Segal, futuro scrittore di Love
Story, il cui protagonista Oliver, per ammissione dello
stesso autore, è ispirato a Tommy Lee ed Al. E il destino vuole che
Jones faccia il suo debutto sul grande schermo proprio nell’omonimo
adattamento cinematografico del libro, interpretando uno studente
amico di Oliver/Ryan O’Neal. Ma procediamo per gradi.
È il 1969: Tommy Lee
Jones si laurea cum laude, per poi trasferirsi a New
York, dove presto debutterà a Broadway in una serie di ruoli
secondari, in attesa del primo ingaggio al cinema che arriva,
appunto, con Love Story nel 1970. Seguono altri
lavori teatrali e numerose apparizioni televisive, alternate a film
fra i quali Eccesso di difesa, dove
affianca Laurence Olivier. Nel 1980, con
La ragazza di Nashville di Michael
Apted, Jones riceve una nomination ai Golden Globe come
Miglior attore nel ruolo del marito della regina della country
music Loretta Lynn, interpretata da Sissy Spacek. Anche se non
vince lui il premio, si tratta del primo riconoscimento ufficiale
per Jones, che nel corso degli anni Ottanta viene nominato ben due
volte ai televisivi Emmy come miglior protagonista maschile. Poco
importa se finora è rimasto a mani vuote: il ragazzo si rifarà.
Tommy Lee Jones, filmografia
Il 1991 è infatti l’anno di
JFK– Un caso ancora aperto di
Oliver Stone, che fa ottenere
a Tommy Lee Jones una nomination ai BAFTA
britannici, nonché la prima delle sue tre (almeno per ora)
candidature all’Oscar. Il ruolo, da comprimario, è quello del
veterano Clay Shaw/Clay Bertrand accusato di essere fra i
cospiratori dell’assassinio di JKF. L’attore tornerà a fare il
veterano per Paul Haggis ne La valle di
Elah (2007), declinando il personaggio in tutt’altro modo.
Qui è un padre distrutto che fa i conti con la morte del figlio,
soldato in Iraq: una performance giudicata “straordinaria di misura
e di dolore represso”.
Tornando ai
Novanta, è con Il fuggitivo che Tommy
Lee Jones si afferma nel panorama cinematografico
internazionale. Oltre ad intascare la più famosa delle statuette. È
infatti lui il Miglior attore non protagonista del 1993, per aver
dato vita – e tanto fiato – all’agente federale Sam Gerard,
impegnato nell’interminabile inseguimento del chirurgo
Harrison Ford sospettato dell’omicidio della
moglie. La sua versione dell’uomo di legge “inflessibile ma onesto”
viene esaltata dal contrasto col medico “ingenuo ma tosto”
impersonato da Ford: il risultato è un duo irresistibile,
giustamente premiato con un MTV Movie Award come
Miglior Coppia dell’anno.
Sarà che gli ha fatto vincere un
Oscar, sarà che la figura dell’autorità ha per sua natura
un’innegabile connotazione ‘grumpy’, ma Jones prende molto sul
serio le forze dell’ordine: tanto per cominciare, sarà di nuovo Sam
Gerard in una sorta di sequel de Il
fuggitivo, U.S. Marshals – Caccia senza
tregua (1998), e, nel corso degli anni, rivestirà almeno
un’altra dozzina di ruoli da tutore della legge, fra poliziotti,
agenti federali, sceriffi, Texas Ranger, Marines e altri ufficiali
dell’esercito più o meno graduati.
Un esempio? Nel ‘94 è il direttore
del carcere in Assassini nati, dove torna a
collaborare con Stone dopo il successo di JFK. Certo, il
suo Dwight McClusky è un bel po’ fuori di testa, ma è pur sempre
una Guardia. Dello stesso anno è anche Il cliente
(di J. Schumacher), dall’omonimo romanzo di
Grisham, in cui Jones non porta la pistola ma è comunque un
difensore della legge: presta, infatti, il volto al procuratore
federale Roy Foltrigg – meglio noto nell’ambiente con l’appellativo
di “Reverendo” – antagonista dichiarato del tenace avvocato Susan
Sarandon, che rappresenta il giovanissimo cliente del titolo (lo
scomparso Brad Renfro). Anche in questo caso è l’interpretazione
‘di coppia’ ad impreziosire una storia che di per sé risulterebbe
quasi ‘banale’.
Niente affatto banale è invece il
ruolo di Tommy Lee Jones in MIB–Men in
Black (1997), se non altro per il look ‘da Iena’, con
tanto di occhiale da sole, che sfodera il suo Agente K mentre dà la
caccia ad alieni cattivissimi insieme al collega J (Will
Smith). L’improbabile coppia diventa subito ‘di culto’ e
il duetto con il Principe di Bel Air per poco non fa vincere
a Tommy Lee Jones il suo secondo MTV Movie
Award nella categoria. Per la prima volta Tommy Lee
Jones si prende un po’ meno sul serio, regalandosi/ci un
ruolo ‘esagerato’… e ci deve aver provato gusto, perché torna ad
indossare il completo all black nel secondo e terzo capitolo della
saga (nel 2002 e nel 2011), salvo poi passare dall’altra parte
della barricata quando fa da testimonial ad un marchio giapponese:
è lui l’extra-terrestre nei numerosi spot disponibili su YouTube!
Vedere per credere.
Comunque, lo attendono ancora tanti
ruoli da ‘brontolone al servizio della legge’: in Colpevole
d’innocenza, con Ashley Judd;
Regole d’onore, insieme a Samuel L.
Jackson; e The Hunted – La preda, dove
insegue un
Benicio Del Toro impazzito. Rientra nel genere
anche Non è un paese per vecchi dei Fratelli Coen,
che nel 2007 gli fa guadagnare varie candidature come miglior non
protagonista per il suo sceriffo “paziente e disincantato”,
incapace di arginare la catena di violenze involontariamente
innescata da
Josh Brolin (che, fra l’altro, nell’ultimo
Men in Black è proprio l’alter-ego giovane
dell’Agente K interpretato da Jones). Chiudono la rassegna
Captain America – Il primo vendicatore (visto
l’anno scorso) e l’imminente Emperor, dove sarà un
generale…
Ma Tommy Lee
Jones ha prestato il volto ad altri eroi, ‘in borghese’,
sì, ma sempre buoni: Vulcano – Los Angeles
1997, in cui con Anne Heche tenta di fermare
il fiume di lava che inonda la ‘città degli angeli’; Space
Cowboys, di e con
Clint Eastwood; The Missing,
dove è il padre di
Cate Blanchett e va a caccia dei banditi che
gli hanno rapito la nipotina. Merita una citazione a parte
Le tre sepolture, che segna anche il debutto alla
regia di Tommy Lee Jones. Sceneggiata
da quel Guillermo Arriaga che ha più volte
contribuito alla fortuna di Iñárritu, la pellicola
viene presentata a Cannes nel 2005 ed è in corsa per la Palma
d’Oro: non vince, ma viene accolta più che favorevolmente dalla
critica internazionale come un bel western “moderno”, un’opera
originale e “un classico” al tempo stesso. Il neo-regista qui gioca
in casa: usa come set uno dei suoi ranch in Texas e riserva il
ruolo del protagonista ad una persona assai fidata. Se stesso. Col
personaggio di Pete Perkins, Jones aggiunge così
un’altra tacca alla sua cintura (in questo caso, un cinturone)
armata di buone intenzioni: spetta infatti a lui il compito di
trovare il colpevole dell’omicidio dell’amico Melquiades Estrada e
costringerlo a riportare insieme la sua salma in Messico. E il
western si fa road movie.
Malgrado tutte queste
esperienze ‘eroiche’, a Tommy Lee Jones non
dispiacciono certo le incursioni da cattivo. Già a inizio carriera
l’attore si cimenta nella parte del ‘villain’, come dicono negli
States: nell’82 ottiene un Emmy per l’interpretazione nel film tv
The Executioner’s Song, dove il suo Gary
Gilmore è un omicida realmente esistito, e realmente giustiziato.
In Italia però lo ricordiamo meglio come l’ambiguo Harvey Dent/Due
Facce al servizio di Joel Schumacher in
Batman Forever, film che (dopo la candidatura per
il terrorista invasato di Blown Away–Follia esplosiva)
regala a Tommy Lee Jones la sua seconda
nomination nella categoria “Villain” agli MTV Movie Awards. Come
dire: buono o cattivo che sia, Jones se la cava sempre alla
‘grumpy’… em, alla grande.
Che poi, avrà anche la faccia da
‘grumpy’, questo texano dalla giustizia facile, ma alle donne piace
così: il brontolone vanta ben tre matrimoni (l’ultimo è del 2001 e
ancora ‘in vigore’)… e
Meryl Streep lo aspetta dietro l’angolo.
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