Continua il Casting di
Bryan Singer per il suo prossimo
film X-Men: giorni di un futuro
passato passato e oggi arriva la conferma
che l’attore Omar Sy
Continue
Anche Omar Sy nel cast di X-Men: giorni di un futuro passato
Anche Nick Nolte per Michael Mann
Si fa sempre più interessante il progetto di Luck, la serie televisiva che vi annunciammo tempo fa cui stanno lavoranto Michael Mann e David Milch.
Ambientata nel mondo delle corse dei cavalli in Calfornia, Luck si era assicurata di recente un protagonista d’eccezione come Dustin Hoffman, cui si era affiancato poco dopo Dennis Farina (uno dei fedelissimi di Michael Mann): ma oggi rende ancora più felici la notiza per cui assieme a loro ci sarà con tutta probabilità anche Nick Nolte.
A questo punto non vediamo l’ora di vedere il pilot della serie, che verrà diretto proprio da Michael Mann.
Anche Nathan Fillion tra le voci di Monsters University
Giunto alla notorietà presso il grande pubblico grazie al personaggio del romanziere – detective Castle, protagonista dell’omonima serie, Nathan Fillion rilancia la sua carriera sul grande schermo, almeno a livello ‘vocale’, entrando nel cast di Monsters University.
Fillion non è l’unica novità dell’ultimo minuto: in occasione del CinemaCon in corso a Las Vegas, è stato infatti annunciato il cast definitivo, con le conferme di John Krasinski e Bonnie Hunt. Fillion sarà Johnny Worthington, una bestia cornuta Presidente della Roar Omega Roar, una confraternita universitaria che arruola studenti particolarmente spaventosi.
Krasinski darà la voce a ‘Frightening’ Frank McCay, che sarà fonte d’ispirazione per i protagonisti Mike (Billy Crystal) e Sulley (John Goodman). Hunt, collaboratrice di lungo corso della Pixar (ha al suo attivo ruoli in A Bug’s Life, Cars, Toy Story 3 e Monster Inc.), sarà invece l’insegnante Karen Graves.
Il cast vocale di Monsters University include: Steve Buscemi, Helen Mirren, Alfred Molina, Beth Behrs, Aubrey Plaza, Sean P Hayes, Julia Sweeney, Bobby Moynihan, Dave Foley, Joel Murray, Pete Sohn, Charlie Day, Tyler Labine e John Ratzenberger.
Fonte: Empire
Anche My Week with Marilyn al Festival del film di Roma!
E’ stato annunciato a voce dalla Direttrice Piera Detassis che nella Sezione Ufficiale – Fuori Concorso ci sarà anche My Week with Marilyn di Simon Curtis. Il film è stato l’ultimo dei titoli presi dal Festival, addirittura l’accordo è stato chiuso in nottata.
Il film, molto atteso è l’adattamento cinematografico dei diari di Colin Clark, l’attore che per una settimana portò in giro a Londra Marilyn Monroe, durante la lavorazione del film Il principe e la ballerina. Nei panni di Marilyn Monroe, in quel periodo in luna di miele con il marito Arthur Miller, è stata scelta l’attrice Michelle Williams. Nel cast ritroviamo anche Eddie Redmayne nei panni del ventitreenne Colin Clark, che fu nel 1956 l’assistente di Sir Laurence Olivier, qui interpretato dal regista/attore Kenneth Branagh. Judi Dench interpreta l’attrice Sybil Thorndike, Julia Ormond è Vivien Leigh, Dougray Scott è Arthur Miller, Emma Watson è l’assistente al guardaroba Lucy, Derek Jacobi è Sir Owen Morshead mentre Dominic Cooper interpreta Milton Greene. Nel cast anche Emma Watson.
Anche Michael Fassbender presenta il trailer di Prometheus
Dopo Charlize Theron, ecco anche l’altro bellissimo del cast di Prometheus, Michael Fassbender che annuncia per domenica 18 marzo il nuovo trailer dell’ultimo film di Ridley Scott, con scene inedite.
Ecco il video:
Potrete vedere il trailer a questo sul canale YouTube del film.
Prometheus uscirà il prossimo 14 settembre, distribuito dalla 20th Century Fox, con Charlize Theron, Noomi Rapace e Michael Fassbender.
Anche McAdams per Woody Allen
Vi avevamo appena comunicato che Marion Cotillard avrebbe affiancato Owen Wilson nel film ancora senza titolo che Woody Allen girerà in estate.
Anche Matt Damon per The Monuments Men?
George Clooney continua ad assemblare il cast stellare di The Monuments Men: ultimo ad essere entrato in trattative Matt Damon. Se i negoziati dovessero andare a buon fine, Damon affiancherà oltre a Clooney, tra gli altri, Daniel Craig, Bill Murray, Cate Blanchett, John Goodman, Hugh Bonneville, Bob Balaban, Jean Dujardin.
Il film trae spunto dal romanzo autobiografico di Robert M. Edsel e si svolge durante la Seconda Guerra Mondiale, quando un gruppo guidato da Clooney cercherà di salvare le opere d’arte trafugate dai nazisti che gli stessi, ormai con le spalle al muro, hanno intenzione di distruggere. La sceneggiatura è stata redatta dallo stesso Clooney, assieme a Grant Heslov.
Le riprese prenderanno il via mese prossimo, in varie location in Europa.
Fonte: Empire
Anche Marianne Jean-Baptiste in Robocop
Quasi completato il casting per le parti principali, prosegue la ricerca degli attori adatti a coprire i ruoli di contorno del remake di Robocop: ulitma acquisizione in ordine di tempo da parte del regista Jose Padilha, Marianne Jean-Baptiste, che vestirà i panni del Capo della Polizia di Detroit. Una parte nella quale l’attrice non dovrebbe avere troppi problemi a calarsi, data la sua esperienza settennale quale agente dell’FBI nella serie Senza Traccia. Jean-Baptiste entra in un cast che include Joel Kinnaman nel ruolo del protagonista, assieme a Alex Murphy, Abbie Cornish, Samuel L Jackson, Hugh Laurie, Jay Baruchel, Jackie Earle Haley, Jennifer Ehle, Michael Kenneth Williams. L’inizio delle riprese è previsto per il mese prossimo.
Fonte: Empire
Anche Lincoln in mezzo ai Vampiri
La 20th Century Fox ha acquisito i diritti del romanzo di Seth Grahame-Smith Abraham Lincoln: Vampire Hunter. Il progetto prevede una trasposizione cinematografica del romanzo ad opera del regista diWanted, Timur Bekmambetov, e con la partecipazione in veste di produttore di Tim Burton.
Anche Legolas ne Lo Hobbit?
Anche Orlando Bloom si unisce al carrozzone de Lo Hobbit, e pare per una parte importante dedicata al suo primo personaggio fortunato, l’elfo Legolas. Come per il ruolo di Galadriel ancora affidato alla bella Cate Blanchett, anche il personaggio di Bloom non è presente nella storia di Tolkien, per cui non si sa ancora bene quali siano le intenzioni di Peter Jackson.
Anche Legolas ne Lo Hobbit?
Anche Orlando Bloom si unisce al carrozzone de Lo Hobbit, e pare per una parte importante dedicata al suo primo personaggio fortunato, l’elfo Legolas. Come per il ruolo di Galadriel ancora affidato alla bella Cate Blanchett, anche il personaggio di Bloom non è presente nella storia di Tolkien, per cui non si sa ancora bene quali siano le intenzioni di Peter Jackson.
Speriamo vivamente che non cada nella facile tentazione di rifare Il Signore degli Anelli aggiungendo personaggi che possano portare più persone al cinema travisando poi la bellezza del libro. Intanto ancora nessuna firma sui contratti che legherebbero Ian McKellen (Gandalf), Andy Serkis (Smeagol) e Hugo Weaving (Elrond) alla produzione del film.
Anche Laurence Fishburne in Man of Steel
Laurence Fishburne entrerà a far parte del cast di Man of Steel, reboot di Superman che vede al timone Zack Snyder e le cui riprese dovrebbero cominciare nelle prossime settimane. Secondo EW l’attore interpreterebbe Perry White, il capo redattore della testata giornalistica immaginaria Daily Planet della città di Metropolis e superiore del neo giornalista Clark Kent.
Protagonista di questo nuovo episodio di Superman è Henry Cavill (The Tudors) e accanto a lui un vero cast di stelle: Amy Adams come Lois Lane, Russell Crowe nei panni di Jor-El, Diane Lane in quelli di Martha Kent, Kevin Costner come Jonathan Kent, Michael Shannon come Generale Zod, e Julia Ormond nei panni di Lara Lor-Van.
La sceneggiatura è firmata da David S. Goyer e l’uscita è prevista per il 14 giugno 2013.
Fonte: Primissima
Anche Keanu Reeves è Batman nel trailer di DC League of Super-Pets!
Anche Keanu Reeves interpreterà Batman, ma più precisamente presterà la sua voce al personaggio nel film d’animazione DC League of Super-Pets, di cui vi mostriamo il nuovo trailer. Il film, diretto da Jared Stern, anche autore della sceneggiatura insieme a John Whittington, presenta nella sua versione originale un cast di voci eccezionale guidato da Dwayne Johnson nel ruolo del protagonista Krypto il Super Cane. Il film sarà nelle sale italiane a partire da maggio 2022 distribuito da Warner Bros. Pictures.
Nella versione originale del film fanno parte del cast di doppiatori anche Kevin Hart (i film “Jumanji” e “Pets: Vita da animali”), Kate McKinnon (“Saturday Night Live”, “Il magico scuolabus riparte”, “Ferdinand”), John Krasinski (i film “A Quiet Place – Un posto tranquillo”, “Free Guy – Eroe per gioco”), Vanessa Bayer (“Saturday Night Live,” “La festa prima delle feste,” “Un disastro di ragazza”), Natasha Lyonne (“Show Dogs – Entriamo in scena”, “Ballmastrz: 9009”), Diego Luna (“Rogue One: A Star Wars Story,” “Maya e i tre guerrieri”), Marc Maron (“Joker,” “GLOW”), Thomas Middleditch (“Godzilla II: King of the Monsters,” “Capitan Mutanda – Il film ”), Ben Schwartz (“Sonic the Hedgehog,” “Duck Tales – Avventure di paperi”), e Keanu Reeves (la saga “Matrix” e i film “John Wick”).
DC League of Super-Pets, le prime foto dal film
In DC League of Super-Pets, gli insperabili migliori amici Krypto il Super Cane e Superman condividono gli stessi superpoteri e combattono fianco a fianco il crimine nella città di Metropolis. Quando Superman e il resto della Justice League vengono rapiti, Krypto deve convincere un improvvisato gruppo di animali domestici composto da Asso il segugio, MP la panciuta maialina, Merton la tartaruga e Chip lo scoiattolo, a gestire i loro poteri appena scoperti ed aiutarlo a salvare i supereroi.
Del team creativo di Stern fanno parte anche lo scenografo Kim Taylor (“LEGO® Ninjago – Il film”) e i montatori David Egan (“Game Night – Indovina chi muore stasera?”, “Come ti rovino le vacanze”) e Jhoanne Reyes (“Teen Titans GO!”, “Young Justice”). Le musiche sono di Steve Jablonsky (I film “Transformers”).
Warner Bros. Pictures presenta DC League of Super-Pets, una produzione Seven Bucks Production. Il film sarà distribuito da Warner Bros. Pictures in tutto il mondo dal 18 maggio 2022 ed in Nord America dal 20 maggio 2022.
Anche Johnnie To approda a Venezia
Anche John Savage per James Franco
John Savage (Il cacciatore, La
sottile linea rossa), sarà in In Dubious
Battle, il film di James Franco
ispirato all’omonimo romanzo di John Steinbeck
(edito in Italia con il titolo de “La battaglia”). Dopo la recente
conferma di Nat Wolff (che tra l’altro vediamo in
Palo Alto di Gia
Coppola, film ispirato proprio ad una raccolta di racconti
di Franco) nel ruolo dell’attivista Jim
Nolan, al cast si aggiunge anche Savage.
L’attore interpreterà un bracciante agricolo che teme di perdere il
proprio lavoro. Accanto a lui, reciteranno Selena Gomez,
Vincent D’Onofrio, Robert Duvall, Ed Harris, Bryan Cranston, Sam
Shepard, Danny McBride e Franco
stesso.
La pellicola è ambientata in un
periodo cruciale per la storia americana, quello della formazione
dei primi sindacati dei lavoratori in difesa dei propri diritti e
dei propri salari. La storia, infatti, è quella di un gruppo di
raccoglitori di frutta che organizza uno sciopero aiutata da alcuni
attivisti e rappresentanti politici. La sceneggiatura di
In Dubious Battle è firmata da
Matt Rager, già collaboratore di
Franco per As I Lay
Dying (adattamento dall’omonimo romanzo di
William Faulkner), presentato alla 66ª edizione
del Festival
di Cannes nella sezione Un Certain Regard.
Le riprese iniziano ad Atlanta, questa settimana.
Fonte: Deadline
Anche Joe Mantegna sul Walk of Fame
Festeggiato durante la breve cerimonia da David Mamet che per l’occasione ha regalato all’attore un “piede di porco” con tanto di dedica, insieme ad amici e colleghi tra cui Andy Garcia e Denniz Franz.
Anche Jennifer Connelly per Akiva Goldsman
Lo sceneggiatore di A Beautiful Mind, Akiva Goldsman, sta preparando il suo esordio alla regia con Winter’s Tale e sta raccogliendo intorno a sè una folta schiera di nomi importanti. Ultima della lista è Jennifer Connelly che potrebbe interpretare la madre della protagonista, una ragazza malata che si innamora di un ladro che fa irruzione in casa sua.
Nel cast del film sono già confermati Jessica Brown, Colin Farrell, William Hurt, Will Smith, Matt Bomer.
Il film è prodotto dalla Warner Bros ed è tratto dall’omonimo romanzo di Mark Helprin.
Fonte: cinemablend.com
Anche Jean-Paul Belmondo al Festival di Cannes
Bébel, 77 anni, sarà festeggiato il 17 maggio con la proiezione del documentario che gli hanno consacrato Vincent Perrot e Jeff Domenech, “Belmondo, itinéraire…”, seguita da una grande festa con tutti i soliti noti del grande schermo transalpino.
Anche Jay Baruchel in Robocop?
Continuano a riempirsi le caselle del cast del nuovo Robocop; dopo Jackie Earle Healey, entrato nel cast nei giorni scorsi, sarebbe la volta di Jay Baruchel (Tropic Thunder): sebbene manchi la conferma ufficiale, all’accordo mancherebbe solo la firma. Baruchel dovrebbe interpretate il direttore del marketing della Omnicorp, la compagnia che trasforma il poliziottto Alex Murphy (Joel Kinnaman) nel cyborg protagonista della storia.
Il cast ha visto già confermati anche Hugh Laurie, Samuel L Jackson, Abbie Cornish e Gary Oldman. Le riprese cominceranno in settembre sotto la direzione di Jose Padilha; l’uscita è prevista per il 9 agosto 2013. Baruchel ha recentemente partecipato a Cosmpopolis e terminato da poco il lavoro sul set di The End Of The World: commedia apocalittica con protagonista Seth Rogen.
Fonte: Empire
Anche Javier Bardem in piazza
Anche io: trailer del film di Maria Schrader con Carey Mulligan
Trailer del film Anche io di Maria Schrader – vincitrice di un Emmy per la serie Unorthodox – che porta sul grande schermo #metoo, il movimento femminista che ha rotto il silenzio sugli abusi sessuali. La sceneggiatura, scritta dal premio Oscar Rebecca Lenkiewicz (Ida), racconta la storia delle due reporter del New York Times, Megan Twohey e Jodi Kantor, che hanno dato voce insieme ad una delle storie più importanti di questa generazione, cambiando per sempre la cultura americana.
A interpretarle, Carey Mulligan (candidata all’Oscar per Una Donna Promettente ed An Education) e Zoe Kazan (serie Il Complotto contro l’America, The Big Sick – Il matrimonio si può evitare… l’amore no). Il film, prodotto dai premi Oscar Brad Pitt, Dede Gardner e Jeremy Kleiner (12 anni Schiavo) per Plan B Entertainment, è tratto dal bestseller del New York Times She Said: Breaking the Sexual Harassment Story That Helped Ignite a Movement. Produttori esecutivi, i candidati all’Oscar Megan Ellison e Sue Naegle per Annapurna Pictures.
Anche io: la storia vera dietro al film sul Me Too
Due reporter agguerrite, una alta e di origine WASP, l’altra più bassa ed ebrea, in uno dei giornali più potenti del Paese, lottano per chiedere conto a un uomo estremamente potente e senza scrupoli, disposto a spendere enormi quantità di denaro e di influenza per mantenere il muro di silenzio che lo ha protetto per molti anni. Non sto parlando di Tutti gli uomini del presidente, ma di Anche io (She Said), la drammatizzazione di come le reporter del New York Times Jodi Kantor (Zoe Kazan) e Megan Twohey (Carey Mulligan) hanno messo insieme la loro denuncia delle molestie subite dal magnate del cinema Harvey Weinstein, che vanno dal bullismo fino alle aggressioni sessuali.
Come nel caso di Woodward e Bernstein, Kantor e Twohey si sono trovati di fronte alla riluttanza delle persone ad andare in onda, e il film descrive la loro combinazione di persistenza, persuasione e suppliche che alla fine ha rotto la diga. Dato che le affermazioni sul comportamento di Weinstein raccontate in Anche io (She Said) She Said sono già state vagliate dagli avvocati del New York Times e presentate come prove giurate in un tribunale, è improbabile che si tratti di fantasia. Ciò che forse è più interessante è ciò che il film sceglie di tralasciare o di accennare solo di sfuggita. Abbiamo letto l’omonimo libro di Kantor e Twohey, e consultato i resoconti di Ronan Farrow e altri, per determinare quali parti del film sono tratte direttamente dalla vita reale e quali sono licenze artistiche.
Weinstein ha messo sotto sorveglianza i giornalisti?
Nel film, Kantor ha la sensazione che un furgone nero con i finestrini oscurati la stia seguendo lungo una strada buia. Mentre guarda indietro, il furgone accelera per superarla. Non viene mai più menzionato.
In realtà, Weinstein ha utilizzato due società di sorveglianza segrete per tenere sotto controllo non solo Kantor e Twohey, ma anche altri reporter che lavoravano a storie su di lui, nonché le fonti che parlavano con i reporter, il tutto allo scopo di fare pressione su di loro per farli tacere. Una era la Kroll, un servizio di intelligence aziendale affermato. L’altro era il Black Cube, un servizio di intelligence israeliano con ex agenti del Mossad e di altri servizi segreti.
Sebbene il film non spieghi mai chi fosse nel furgone nero o se stesse effettivamente seguendo Kantor, in realtà Weinstein si era servito di Kroll per anni, per compilare profili psicologici su molti individui che percepiva come problematici. Secondo quanto riportato da Ronan Farrow sul New Yorker, già a metà degli anni Duemila Weinstein aveva ingaggiato la società per raccogliere informazioni sul defunto David Carr, che stava scrivendo un articolo su di lui per il New York Magazine.
Farrow ha anche riferito che un’agente di Black Cube, che si faceva chiamare “Diana Filip”, si è spacciata per un’attivista per i diritti delle donne e ha incontrato Rose McGowan – una delle prime fonti dei giornalisti del Times, che alla fine ha accusato Weinstein di stupro – registrando di nascosto le loro quattro conversazioni. Sostenendo di essere una direttrice di una società di gestione patrimoniale con sede a Londra, ha chiesto alla McGowan di parlare a un gala di beneficenza per un’iniziativa che combatte la discriminazione delle donne sul posto di lavoro per un compenso di 60.000 dollari. Ha anche inviato e-mail sia a Kantor che a Farrow, cercando di ingraziarsele. Tuttavia, l’unico riferimento a lei nel film è una menzione di sfuggita di un’e-mail di “Diana Filip”.
Weinstein ha anche usato i suoi legami con i giornalisti dei tabloid per ottenere informazioni sulle sue accusatrici. Dylan Howard, che era il responsabile dei contenuti della società che pubblica il National Enquirer, ha condiviso il materiale che la rivista aveva per aiutare Weinstein a smentire le accuse di stupro della McGowan. Ha anche fatto chiamare da uno dei suoi reporter Elizabeth Avellán, la produttrice ed ex moglie del regista Robert Rodriguez, che Rodriguez aveva lasciato mentre aveva una relazione con la McGowan, nella speranza di convincerla a rivelare il suo segreto su McGowan, ma Avellán ha rifiutato.
L’aspetto più perverso è che Weinstein ha fatto chiamare da due ex dipendenti, Denise Chambers e Pamela Lubell, i loro ex colleghi nel tentativo di individuare chi potesse essere tentato di parlare con i giornalisti delle accuse. Tuttavia, Lubell ha dichiarato di essersi recata nell’ufficio di Weinstein nel 2017 per proporgli un’applicazione che stava sviluppando, e lui si è limitato a suggerire a lei e alla Chambers di scrivere un “libro divertente sui vecchi tempi, il periodo d’oro, della Miramax”, e di fornirle un elenco di tutti i dipendenti che conosceva e di mettersi in contatto con loro. L’elenco, ovviamente, fu consegnato a Kroll.
Weinstein ha davvero detto di trovare le donne asiatiche ed ebree poco attraenti?
Kantor e Twohey scoprono che la chiave della storia non sono le attrici di alto profilo molestate da Weinstein, ma tre ex assistenti del produttore nell’ufficio di Londra: Zelda Perkins (Samantha Morton), Rowena Chiu (Angela Yeoh) e Laura Madden (Jennifer Ehle). La Chiu vive attualmente in California e quando nel 2015 Kantor si reca a casa sua e trova il marito che sta innaffiando il prato, scopre che non sa che la moglie ha mai lavorato nel mondo del cinema. È Zelda a dare la prima svolta ai giornalisti quando consegna loro una copia dell’accordo di non divulgazione che ha firmato con Miramax. Racconta anche che quando, in qualità di assistente capo di Weinstein, assunse per la prima volta Rowena, allora ventunenne e neolaureata all’Università di Cambridge, Weinstein le assicurò che si sarebbe comportato bene con la nuova ragazza perché “non gli piacevano le donne ebree o asiatiche”.
In effetti, mentre Chiu ha ricordato in un articolo del New York Times del 2019 che “aveva assicurato a Zelda che non mi avrebbe molestato perché, se non ricordo male, non si occupava di ragazze cinesi o ebree”, Weinstein le disse in seguito che “gli piacevano le ragazze cinesi. Gli piacevano perché erano discrete”. Poco dopo, scrive la donna, tentò di violentarla.
Come da istruzioni di Perkins, Chiu aveva indossato due paia di collant per proteggersi quando era stata convocata nella stanza d’albergo di Weinstein per un incontro durante la Mostra del Cinema di Venezia. Tuttavia, anche se lei “ha cercato di placarlo togliendone uno e lasciandomi massaggiare… non ha funzionato. Lui si era tolto l’altro paio e io ero terrorizzata che la mia biancheria intima fosse la prossima”. Harvey si avvicinò: Per favore, mi disse, solo una spinta e sarà tutto finito”.
Chiu riuscì a scappare e si rifugiò immediatamente nella stanza di Perkins. Una volta tornate a Londra, le due donne cercarono di denunciare Weinstein ai suoi superiori e alla polizia, ma si sentirono dire che nessuno avrebbe creduto loro. Al contrario, furono costrette a firmare un accordo di non divulgazione che non permetteva loro di parlare con familiari, amici o terapeuti e imponeva loro di identificare chiunque avesse già parlato con loro. Non è stato nemmeno permesso loro di tenere una copia dell’accordo.
Laura Madden si è dichiarata subito prima dell’intervento chirurgico?
Jodi e Megan hanno bisogno di una fonte che confermi la loro storia prima che vada in stampa, ma non riescono a far parlare nessuno. Chiamano Madden poco prima dell’ultima scadenza per l’articolo, che coincide anche con il momento in cui Laura deve sottoporsi a un intervento di ricostruzione dopo una mastectomia. In camice d’ospedale, la donna concede loro il permesso di utilizzare la sua intervista per la storia.
Sembra un accostamento creato a fini drammatici, ma in realtà è vero. Come gli altri assistenti di Weinstein, Madden era una donna giovane e inesperta quando, nel 1992, ottenne quello che pensava fosse il lavoro dei suoi sogni nel mondo del cinema, un lavoro di coordinamento delle comparse per la produzione Miramax Into the West, girata nella sua nativa Irlanda. Questo la portò a essere convocata nella stanza d’albergo di Weinstein a Dublino, dove lui le disse che poteva garantirle un lavoro permanente nell’ufficio londinese della Miramax, ma poi si tolse l’accappatoio e pretese che lei gli facesse un massaggio prima di, secondo lei, aggredirla sessualmente. Come Chiu, anche lei ha immediatamente raccontato a Perkins l’accaduto. Dopo che Perkins ha affrontato il suo capo, questi si è scusato e Madden ha continuato a lavorare per Miramax per sei anni. Tuttavia, come racconta nel libro a Kantor e Twohey, “la sensazione più forte che ricordo è stata la vergogna e la delusione per il fatto che qualcosa di così promettente si fosse ridotto a questo. Ogni speranza che mi venisse offerto un lavoro per merito mio era svanita”.
In realtà, è stato il tentativo di Weinstein di intimidirla che l’ha motivata a parlare in via ufficiale. Una settimana prima che Kantor la chiamasse nel luglio 2017, ricevette una telefonata da Lubell, con cui non parlava da almeno due decenni. “Mi telefonava per chiedermi se stavo parlando con qualche ‘giornalista scarafaggio’ e cercava di convincermi a dire quanto fosse stato bello lavorare alla Miramax. E io ero davvero scioccato. All’improvviso ho pensato: “È stata costretta a chiamarmi”, c’è Weinstein dietro tutto questo. Questo mi ha spinto ad aspettarmi una telefonata da non so chi, ma da un giornalista. Quando Jodi mi chiamò, ero assolutamente pronta e preparata a parlarle, all’inizio in via ufficiosa“, ha ricordato Madden.
Ormai aveva abbandonato da tempo l’industria cinematografica e viveva in Galles, crescendo le sue figlie. Ancora più sorprendente è il fatto che quando Kantor la chiamò e lei accettò di parlare, non solo si stava riprendendo dal cancro al seno, ma aveva anche divorziato da poco e aveva appena scoperto che l’ex marito aveva una nuova fidanzata.
Dopo aver intervistato Madden in estate, la Kantor si è tenuta in contatto nei mesi successivi, mentre Madden valutava se fosse disposta a rendere pubblica la notizia. “Avevamo accumulato informazioni a New York, tra cui un promemoria molto prezioso che non potevamo più tenere nascosto”, ha detto Kantor. “Laura e io… ci siamo rese conto, credo con orrore di entrambe, che l’intervento chirurgico [per il cancro al seno] di cui Laura mi aveva già parlato… sarebbe coinciso con la pubblicazione della nostra storia. Megan e io ci siamo chieste: “Come possiamo chiederle di parlare? È troppo da chiedere a chiunque”. Allo stesso tempo, non potevano permettersi di perdere Madden perché non aveva firmato un NDA ed era l’unica donna disposta a parlare.
Prima di decidere di partecipare alla storia, Madden ha raccontato l’aggressione alle sue figlie, ora adolescenti. “Continuavano a dire: ”Sono così orgogliosa di te, è così bello che tu faccia parte di questa storia. Le cose devono cambiare”. Vedendo la loro reazione, è stato chiaro che avevo un ruolo da svolgere”, ha detto Madden. “La sera seguente ho inviato un’e-mail a Jodi e Megan. Penso che una volta inviata quell’e-mail ho preso la decisione di andare fino in fondo e di non essere esitante sul fatto di aver preso la decisione sbagliata”.
Lena Dunham ha davvero cercato di aiutare?
In una breve scena del film, Kantor e Twohey vengono a sapere che Lena Dunham e la sua produttrice Jenni Konner vogliono aiutarli.
Nella vita reale, alla ricerca di donne dello spettacolo che potessero essere potenziali testimoni, i reporter sono stati messi in contatto con la Dunham. Come descrivono i giornalisti nel loro libro, all’inizio erano diffidenti perché Dunham non sembrava una persona che avrebbe mantenuto la riservatezza. Vennero a sapere che Dunham e Konner, come molti altri nel settore, avevano sentito parlare del comportamento predatorio di Weinstein e volevano denunciarlo nella loro Lenny Letter online, ma non avevano le risorse per gestire un’indagine del genere. Tuttavia, i due creatori di Girls sono riusciti a inviare discretamente a Twohey e Kantor i nomi e i numeri di attrici che avrebbero potuto essere disposte a parlare. Alla fine hanno preso un pesce grosso, Gwyneth Paltrow.
Weinstein ha davvero cercato di parlare con Kantor “da ebreo a ebreo”?
Alla fine del film, Kantor racconta a Twohey che un membro del team di Weinstein l’aveva avvicinata nel tentativo di dissuaderla dal continuare la storia, chiedendole di parlarle “da ebreo a ebreo”. In una scena precedente, Kantor cerca di conquistare uno dei rappresentanti di Weinstein legando con le loro origini comuni.
Parlando con il Forward, la Kantor ha detto che la scena in cui viene rappresentata mentre lega con il contabile di Weinstein, Irwin Reiter, per il fatto che entrambi sono discendenti di sopravvissuti all’Olocausto e che entrambi hanno trascorso le vacanze di famiglia in un bungalow di Borscht Belt è accurata. “Era un modo per dire: ‘Io e te siamo un po’ uguali’. C’è una parte di noi che proviene da un mondo che gli altri non capiscono. E non si tratta solo di essere ebrei. È un sottoinsieme di un sottoinsieme di un sottoinsieme di un sottoinsieme dell’essere ebreo“, ha detto Kantor, paragonando questa ‘autentica connessione ebraica” ai tentativi più manipolatori di Weinstein di stabilire un rapporto simile.
“Weinstein ha ripetutamente cercato di relazionarsi con me da ebreo a ebreo”, ha ricordato. “Non ho mai reagito visibilmente, perché si cerca sempre di rimanere molto professionali, soprattutto con una persona come lui. Ma non è stato efficace. E nel profondo, anche se non l’avrei mai mostrato, l’ho trovato offensivo”. … L’ipotesi di Weinstein che il tribalismo potesse in qualche modo prevalere sulla mia etica di giornalista – che io fossi in qualche modo distratto da questa storia, sai, da un comune legame ebraico – alla fine è stato un tale errore di calcolo”.
Anche io, recensione del film di Maria Schrader
Prima di Anche io, il cinema americano ci ha abituato da decenni alla visione di film che mettono in scena le meccaniche del giornalismo investigativo. Gli esempi maggiormente valevoli di questo sottogenere sono titoli blasonati quali Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula, Zodiac di David Fincher e Il caso Spotlight di Tom McCarthy, vincitore dell’Oscar come miglior film nel 2015.
Anche io, tutto comincia con Harvey Weinstein
Incentrato sull’inchiesta che le giornaliste del New York Times Jodi Kantor e Megan Twohey portarono avanti riguardo gli abusi sessuali perpetrati da Harvey Weinstein, She Said appartiene senza dubbio a questa categoria, ma in maniera altrettanto evidente l’accostamento ai titoli prima citati finisce qui. Diretto da Maria Schrader, il film non possiede infatti gli elementi che hanno reso memorabili tali lungometraggi del passato, primo tra tutti l’equilibrio tra necessità di intrattenimento e ricerca di una veridicità nell’esposizione del racconto.
Anche io infatti cerca con molti, forse troppi accorgimenti, di catturare l’empatia dello spettatore, scivolando suo malgrado nel melodramma quando una messa in scena più ‘asciutta” avrebbe probabilmente funzionato meglio allo scopo. I primi dieci, quindici minuti del film sono sfortunatamente la parte più debole dell’operazione, quella che a conti fatti setta il tono della stessa: in particolar modo un uso invasivo della musica intesa a sottolineare la tensione a cui vanno incontro le due protagoniste risulta fortemente controproducente, arrivando a creare un senso di confusione sia nel tono scelto per la vicenda che nel genere, in quanto lo scorse sembra forse più consono al thriller.
Cosa che Anche io proprio non è, né vuole essere. Una volta superato un inizio non equilibrato il film oggettivamente migliora, assestandosi su una sceneggiatura discretamente strutturata seppur non esente da una certa approssimazione nella delineazione dei personaggi. Per rendere infatti la Kantor e la Twohey maggiormente bidimensionali vengono aggiunti alla storia piccoli quadri familiari che però non riescono realmente nell’intento, aggiungendo alla vicenda principale sottotrame che appesantiscono una narrazione la quale avrebbe dovuto durare meno delle quasi due ore e un quarto finali.
Allo stesso modo le due figure principali in più di una scena non riescono a sfuggire dalla trappola dello stereotipo: se infatti il personaggio interpretato da Zoe Kazan rimane sempre la giornalista gentile e alle prime armi, quello di Carey Mulligan possiede invece lo charme e la durezza del reporter con esperienza. Almeno in un paio di casi le due figure diventano caratterizzazione invece che personalità delineata con acutezza, e questo nuoce alla loro credibilità: perché ad esempio la Twohey deve costantemente scoppiare in lacrime ogni volta che riceve una buona notizia?
Una sottolineatura non necessaria che continua a trascinare inutilmente il tono verso il melodrammatico. Figure che non aiutano di certo la Kazan e la Mulligan ad esprimere il meglio delle loro qualità di attrici, Ma se la seconda risulta comunque efficace in virtù della sua presenza scenica sempre carismatica, la Kazan non riesce a dotare il suo ruolo di spessore, apprendo in più di un’occasione un pulcino fuor d’acqua. In ruoli di contorno anche attori consumati come Patricia Clarkson e André Braugher non brillano.
Anche io meritava più lucidità
Pensando al tema trattato e alla sua importanza Anche io avrebbe dovuto essere un film costruito e realizzato con assai maggiore lucidità, attraverso scelte soprattutto di regia ben definite. E questo riporta necessariamente al lavoro della Schrader, cineasta che tende sempre in maniera ostentata verso la ricerca di empatia attraverso musiche, flashback e momenti ad effetto non particolarmente richiesti. E almeno una sequenza, quella in cui Harvey Weinstein si presenta nella sede del New York Times con il suo entourage per difendersi dalle accuse, sarebbe dovuta essere eliminata visto che poi al fine della progressione narrativa non fornisce alcun reale contributo.
Anche io fallisce nel compito di fornire allo spettatore uno sguardo preciso e lucido su una delle inchieste giornalistiche – da non confondere con quella di Ronan Farrow – che portò alla fine degli abusi criminali di Weinstein. L’importanza di raccontare i fatti rimane inalterata e vitale. Quanto al modo in cui la vicenda è stata portata sul grande schermo, i dubbi su un prodotto così fragile sembrano più che legittimi.
Anche io, dal 19 gennaio al cinema
Arriva oggi al cinema Anche io, il film basato sull’inchiesta del New York Times che ha innescato il #metoo negli Stati Uniti e poi nel mondo. La due volte candidata all’Oscar® Carey Mulligan (Una Donna Promettente, An Education) e Zoe Kazan (la serie Il Complotto contro l’America, The Big Sick – Il matrimonio si può evitare… l’amore no) interpretano le reporter del New York Times Megan Twohey e Jodi Kantor, che insieme hanno raccontato una delle storie più importanti di una generazione. Una storia che ha infranto decenni di silenzio sul tema degli abusi sessuali avvenuti a Hollywood e che ha cambiato per sempre la cultura americana.
Dai produttori vincitori degli Academy Award® di 12 anni schiavo, Moonlight, Minari, Selma – La strada per la libertà e La grande scommessa e dal produttore candidato all’Oscar® di Zero Dark Thirty e American Hustle – L’Apparenza inganna, il film è tratto dall’inchiesta del New York Times di Jodi Kantor, Megan Twohey e Rebecca Corbett e dal bestseller del New York Times “She Said: Breaking the Sexual Harassment Story That Helped Ignite a Movement” di Jodi Kantor e Megan Twohey.
Anche io, leggi la recensione
Testimonianza del potere del giornalismo investigativo, Anche Io racconta il viaggio di reporter e redattori impegnati nell’incessante ricerca della verità e mette in luce il coraggio di coloro che sono sopravvissute e di chi ha scelto di farsi avanti per fermare un predatore seriale. Insieme, il loro impegno e la loro forza d’animo hanno dato vita a una conversazione nazionale, hanno contribuito a riportare alla luce il movimento #MeToo e alimentato una riflessione sul sistema che lo aveva reso possibile.
Il film vede nel cast anche la candidata all’Oscar® Patricia Clarkson (Shutter Island, Schegge di April), dal vincitore dell’Emmy Andre Braugher (Homicide, Thief – Il professionista), dalla vincitrice del Tony Award Jennifer Ehle (Zero Dark Thirty, Orgoglio e Pregiudizio) e dalla candidata all’Oscar® Samantha Morton (Minority Report, In America – Il sogno che non c’era). Anche io è diretto dalla vincitrice dell’Emmy Maria Schrader (la serie Unorthodox) ed è scritto da Rebecca Lenkiewicz, sceneggiatrice del film vincitore del premio Oscar® Ida.
Il film è prodotto dai vincitori dell’Academy Award® Dede Gardner e Jeremy Kleiner per Plan B Entertainment, ed è prodotto esecutivamente dal premio Oscar® Brad Pitt e Lila Yacoub e dalla candidata all’Oscar® Megan Ellison e Sue Naegle per Annapurna Pictures. Universal Pictures presenta una produzione Annapurna e Plan B.
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Anche Hermione invecchiata e nuove foto
Ecco anche Hermione invecchiata. Sono disponibili altre foto dal set londinese di Harry Potter e i Doni della Morte: parte I e Harry Potter e i Doni della Morte: parte II. Gli attori appaiono invecchiati con il trucco, ma il risultato finale si avvarrà anche di un uso sapiente della tecnologia CGI.
Anche Hermione invecchiata
Ecco anche Hermione invecchiata. Sono disponibili altre foto dal set londinese di Harry Potter e i Doni della Morte: parte I e Harry Potter e i Doni della Morte: parte II. Gli attori appaiono invecchiati con il trucco, ma il risultato finale si avvarrà anche di un uso sapiente della tecnologia CGI.
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Anche Harrison Ford nel sequel di Blade Runner?
Siamo di fronte a una pura indiscrezione, trattandosi peraltro di un film che deve ancora essere scritto, e sulla cui effettiva realizzazione non visono ancora conferme. Tuttavia la dichiarazione, rilasciata da Scott all’Indipendent, resta: nel sequel di Blade Runner potrebbe esserci posto anche per Harrison Ford.
Questo naturalmente non significa che il film proporrà nuove avventure per Rick Deckard, anche perché il personaggio non è proprio trai favoriti di Ford, e quindi l’eventuale seguito non sarà incentrato su di lui: Ridley Scott ha comunque affermato che gli piacerebbe avere anche Ford sul set.
Fonte: Empire
Anche Gwyneth Paltrow in Rock of Age
Avevamo già dato notizia ieri che il musical di grande successo Rock of Age si starebbe trasformando in un film musical per il grande schermo, e che a partecipare al casting ci siano già i grandi nomi di Tom Cruise e Alec Baldwin.
Oggi si è aggiunto un altro nome a questo cast di alla stars, si tratta della bionda Gwyneth Paltrow. Il film sarà diretto da Adam Shankman, già alle prese con il musical in Hairspray, grande successo di critica e pubblico con un inedito John Travolta.
La sceneggiatura è opera di Chris D’Arienzo, ideatore del musical di Broadway, mentre i produttori saranno Carl Levin, Matt Weaver, Scott Prisand, Tobey Maguire e Jennifer Gibgot.