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Rapunzel Prima del Si al Giffoni Experience

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Rapunzel Prima del Si al Giffoni Experience

Ambientato subito dopo le vicende del classico Disney Rapunzel – L’Intreccio della Torre e  prima del corto di animazione Rapunzel – Le incredibili Nozze, l’attesissimo Disney Channel Original Movie Rapunzel Prima del Si sarà presentato in anteprima al Giffoni Experience, il festival dedicato ai ragazzi, domenica 16 luglio con sue proiezioni speciali alle 15:30 e alle 19:00 dedicate ai giurati della sezione Elements +6.

Il film anticiperà l’arrivo a ottobre su Disney Channel (canale 613 disponibile solo su Sky) diRapunzel: La Serie e vedrà la Principessa Perduta fare i conti con la nuova vita a Palazzo. Rapunzel, infatti, scopre che far parte della famiglia reale può essere soffocante e desiderosa di maggiore libertà, e nonostante l’amore che prova per lui, decide di rifiutare la proposta di matrimonio di Eugene. Il suo irrefrenabile spirito libero e la sua naturale curiosità la porteranno, con l’aiuto dell’ancella Cassandra, a lasciare il castello di nascosto nel cuore della notte e giungere nel luogo in cui fu trovato il fiore che le donò i magici capelli. Qui accadrà qualcosa di inaspettato: dal terreno spunteranno delle spine i lunghi capelli biondi della principessa riprenderanno a crescere. Mentre tutti nel regno si preparano all’incoronazione di Rapunzel, una figura misteriosa raggiungerà il luogo da cui proviene il magico fiore…

In queste nuove avventure, Il pubblico ritroverà i personaggi più amati del classico d’animazione, come Eugene/Flyn Rider, il tenero camaleonte Pascal, fino al simpatico cavallo Maximus a capo delle guardie reali, e gli strambi personaggi della Locanda del Brutto Anatroccolo, mentre farà il suo debutto Cassandra, la sua leale ancella di corte.

Azione e tanto divertimento attendono i giurati del 47° Giffoni Experience nell’attesa del debutto in tv a ottobre delle incredibili avventure di Rapunzel: Prima del Si e Rapunzel: La Serie a ottobre solo su Disney Channel (canale 613 disponibile solo su Sky).

Rapunzel della Disney diventa un musical

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Rapunzel della Disney diventa un musical

Rapunzel musicalRapunzel diventerà un musical per la Disney Cruise Line. La compagnia di navigazione statunitense di proprietà della The Walt Disney Company aggiunge al suo carnet per gli ospiti che scelgono un viaggio in mare a tema un nuovo spettaccolo, un rifacimento per teatro in muscia del film basato sul racconto di Raperonzolo. Nel musical ci saranno due brai inediti composti dal premioo Oscar Alan Menken.

Nella storia ritroveremo tutti i personaggi che hanno fatto la fortuna del film.

Fonte

Rapunzel – l’intreccio della Torre: recensione del film

Rapunzel – l’intreccio della Torre: recensione del film

La recensione del film d’animazione Rapunzel, la pellicola diretta da Nathan Greno e Byron Howard.

In un lontano regno delle fiabe tutti i sudditi sono preoccupati per la sorte della regina, incinta del sospirato erede ma malata e in fin di vita: grazie a un fiore magico giunto sulla terra con una goccia di Sole, la regina riesce a guarire e a far nascere la principessa Rapunzel che eredita i magici poteri curativi della pianta nei suoi biondi capelli; una vecchia ossessionata dal desiderio di rimanere giovane che aveva già scoperto i poteri del fiore magico rapisce la piccola e la rinchiude in una torre dove lei resterà con i suoi lunghi capelli magici crescendo con la speranza di poter un giorno uscire a vedere il mondo. Un giorno l’affascinante ladro Flynn Rider si rifugia nella torre per sfuggire ai suoi inseguitori…

Regia: Nathan Greno e Byron Howard

Anno: 2010

Con le voci di: Mandy Moore/Laura Chiatti: Rapunzel; Zachary Levi /Giampaolo Morelli –Massimiliano Alto: Flynn Rider; Donna Murphy /Giò Giò Rapattoni: Madre Gothel; Ron Perlman /Pino Insegno: Fratelli Stabbington.

Per un lavoro che aveva l’ingrato onere di rappresentare il cinquantesimo lungometraggio della canonica tradizione, la fiaba di Raperonzolo viene epurata di tutti i suoi elementi più inquietanti e incongruenti (raperonzoli compresi) per inserirsi perfettamente in più familiari contesti: dopo l’esperienza de La principessa e il ranocchio, affascinante ritorno alle vecchie tecniche di disegno purtroppo carente di ritmo ed emozione, il passaggio alla CGI era quasi inevitabile e molti potrebbero giudicarlo come la sconfitta definitiva, ma quando il risultato è così strabiliante e incantevole si può solo gioire e festeggiare per un ritorno di grazia tanto sperato e atteso: con la regia di Nathan Greno e Byron Howard (Bolt, Mulan, Koda fratello orso) grazie anche ai consigli e alle direttive di John Lasseter, storico nome della Pixar, la Disney impara la lezione senza però smarrire sé stessa: supportandosi di una sceneggiatura classica che riacquista fiducia nelle capacità di quelle principesse che da tanto tempo erano state dimenticate, Rapunzel condisce la ricetta con un po’ di sana ironia, prendendo in giro i suoi stessi meccanismi senza però ridicolizzarli (l’esperienza di Come D’Incanto, misto animazione e live action assolutamente riuscito, ha certamente insegnato a casa Disney a imparare a ridere di sé stessa  e delle sue divinità), regalandoci protagonisti svecchiati dal ruolo impostogli dai fratelli Grimm e nei quali diventa facile identificare sorrisi e paure di ieri e di oggi, citando allo stesso tempo le pellicole più indimenticabili del suo repertorio. Fra i tanti riferimenti velati alcuni si fanno più evidenti: la scena assolutamente spassosa nella locanda non può non ricordare quella de La Bella e La Bestia, nel regno del Sole hanno certamente usato il castello di Cenerentola per disegnare le proprie architetture, la curiosità di Rapunzel durante la visita al villaggio e la meravigliosa scena delle lanterne  nel cielo che i protagonisti ammirano in barca sul lago sono chiaramente ispirate alla Sirenetta e il protagonista maschile Flynn Rider, oltre a scherzare sulla galanteria e il fascino di Erroll Flynn (storico interprete di Robin Hood), prende da Aladdin alcuni atteggiamenti e sorrisi (oltre che per le parti cantate il doppiaggio di Massimiliano Alto), la spettacolare sequenza della diga pur non di Disneyana memoria non può non ricordare Indiana Jones.

Rapunzel – l’intreccio della Torre: recensione del film

In ogni caso, fra tutti i lavori omaggiati forse il più eclatante per ovvie ragioni di plot è Il Gobbo di Notre Dame, col quale sembra quasi correre su un binario parallelo: con lui la dolce Rapunzel condivide grande creatività e passione per vita che si esprimono attraverso arti pittoriche e non solo, cercando di sopravvivere alla prigionia in un gabbia dorata e dimenticata, col desiderio di andare fuori a vedere il mondo; non per realizzare chissà quali eroiche imprese ma semplicemente per essere parte di un evento straordinario che hanno osservato da lontano per tutta la vita e che nel loro cuore di adolescenti è diventato più importante di qualsiasi altra cosa (la festa dei folli per Quasimodo, la scia luminosa delle lanterne per la nostra protagonista)  per infrangersi contro le minacce di una figura loro vicina che li terrorizza con racconti di un’umanità malvagia e senza pietà. Distrutti da una cocente delusione, sia Quasimodo che Rapunzel ritornano di nuovo nel loro rifugio-prigione , riflettendo su quanto fossero stati in torto (“avevi ragione su tutto” è una battuta che viene ripetuta praticamente con le stesse parole da entrambi al cattivo di turno), per poi rendersi conto della verità e affrontare il male che tenterà di combatterli con un pugnale prima che il lieto fine possa finalmente trionfare.

Nonostante gli ovvi punti di contatto, la nuova pellicola della Disney prende comunque un’altra direzione che è di per sé ancora più inquietante: se per Quasimodo l’ostacolo da vincere non è soltanto la paura generata da Frollo ma quella della repulsione che gli altri possano provare per la sua diversità, nel caso di Rapunzel a impedirle di uscire è soprattutto il terrore di disobbedire a quella che lei crede essere sua madre. Madre Gothel, che ha cresciuto la bambina come una figlia solo per potersi mantenere eternamente giovane, è forse uno dei cattivi più perfidi mai concepiti dalla Disney; priva di qualsiasi potere magico, simile a Cher nella magnetica fisionomia e nella voluminosa permanente dei suoi ricci neri, si serve di un sortilegio molto più terribile di qualsiasi altro mai visto: una spudorata ipocrisia.

Nonostante sia ovvio per lo spettatore che sia lei il personaggio negativo della storia dato che come tale viene introdotto nel prologo, ella si presenta alla nostra eroina come una madre devota, fingendo il suo amore con una naturalezza e una spontaneità davvero spaventose; eppure, dietro dichiarazioni di affetto smisurato e baci e carezze materne si nasconde sempre, lì dietro l’angolo, una frase o un commento cattivo e denigratorio, una stoccata sottile come uno stiletto per sottolineare l’inadeguatezza, l’inconsistenza e l’inutilità della povera ragazza, mascherata da battuta scherzosa di pessimo gusto ma pur sempre detta dall’unica madre che lei abbia mai conosciuto. Ci può essere paura più grande che quella di non essere amati dai propri genitori?

Ciononostante, Rapunzel sembra nutrire per lei sincero affetto e dedizione, che consentono di far emergere quegli aspetti del suo carattere che la rendono un personaggio vivo e realistico per ogni spettatore: vivace, allegra e spensierata e ben lontana dall’essere la solita fanciulla in pericolo che attende un salvatore, la giovane è totalmente terrorizzata al pensiero di disubbidire, come ogni ragazzo che vorrebbe trovare il coraggio di buttarsi dal nido ma è intrappolato (o intrecciato secondo il titolo originale Tangled) da una famiglia iperprotettiva; la lotta interiore fra il rimorso per la fuga e la felicità per la grande avventura dà vita a uno dei momenti più divertenti dell’intera pellicola proprio per la freschezza e la spontaneità di quella continua volubilità di cui molte altre eroine, prese dai loro doveri e dai loro obiettivi, erano completamente prive.

RapunzelAssolutamente spassosi i personaggi che, armata di padella e lunghi capelli, incontra sul suo cammino, con animali non parlanti come da tradizione ma che nelle loro espressioni sono assolutamente irresistibili: il camaleonte Pascal, con le sue smorfie e le sue occhiate di ammonimento, Maximus, cavallo reale col fiuto di un segugio votato a combattere il crimine anche meglio di tutti soldati del regno che pendono dalle sue capacità investigative con un debole per le mele buone e saporite (a patto che siano state comprate e pagate secondo la legge), il brigante della taverna che invece di terrorizzare voleva soltanto realizzare il proprio sogno di essere un grande pianista, e i corpulenti Fratelli Stabbington che già nel nome nascono tutta la loro determinazione e caparbietà nell’inseguire il bottino perduto (richiama facile assonanza con l’inglese “stubborn” che significa testardo). Senza dimenticate naturalmente il bel Flynn Rider (all’anagrafe Eugene Fitzerbert) che con il suo omonimo di cinematografica memoria condivide una certa propensione ai furti anche se per donare unicamente a sé stesso, e che si innamora della protagonista dopo averne approfondito la conoscenza e conosciuto lo spirito; il “sorriso che conquista” che tanto era stato utile ai suoi predecessori, tutti quei principi di rango in calzamaglia che così avevano fatto scattare istantanei colpi di fulmine di pochi secondi senza nemmeno scambiare una parola con la loro pulzella, qui è sufficiente soltanto a fargli guadagnare una padellata sulla testa: era tempo di provare altre strade.

Come in ogni Cartoon Disney che voglia definirsi tale, i momenti musicali sono fondamentali e chiamare al timone lo storico Alan Menken (detentore del record di ben 8 premi Oscar) non poteva che rivelarsi una scommessa vinta: certo non siamo ai briosi livelli raggiunti in passato (ma quelli si erano già iniziati a smarrire nel 91′ dopo la morte dello storico collaboratore e paroliere Howard Ashman), ma le canzoni sono comunque orecchiabili e alcune sono davvero elettrizzanti (provate a stare fermi sulla poltrona durante la scena della danza del regno…); resta sempre l’ eterno problema della traduzione dei testi in italiano, che continua a essere piuttosto discutibile ma considerando che target di pubblico è costituito da bambini è effettivamente eccessivo nonché impossibile chiedere qualcosa di diverso a uno spettatore che non solo si stancherebbe subito di leggere i sottotitoli ma probabilmente nemmeno sarebbe capace di farlo data la sua giovanissima età. Unica solita pecca che condivide ormai con buona parte delle uscite di questi ultimi due anni è l’uso del 3D, che se non altro ha qui il merito di conferire profondità , ma sacrificando come al solito la luminosità dei colori che meritavano davvero di essere contemplati in tutta la loro brillantezza.

RapunzelNulla da dire dunque sulla qualità dell’animazione digitale se non per fare una lunga, lunghissima standing ovation: sfumature pastello di rosa verde e azzurro governano un mondo incantato dove ogni dettaglio, dal più piccolo fiore al più sottile riflesso dei biondi capelli, è curato alla perfezione, fino alla fantastica scena della diga dove vengono gettati sullo spettatore ben 87 milioni di litri di acqua virtuale. Il character design morbido e non troppo spigoloso facilmente potrebbe essere adattato all’animazione vecchio stile; non burattini freddi e inanimati in una realtà virtuale, ma personaggi palpabili dotati di sentimenti e profondità che si leggono facilmente nella luce dei loro occhi lucidi: ogni  sguardo di amore, odio e lacrime è assolutamente reale, quando proprio in una lacrima si nasconde il vero cuore di Rapunzel: quella che il re, dopo quasi 18 anni di separazione dalla figlia perduta, non riesce a trattenere per la disperazione davanti alla fiduciosa regina prima di accendere le lanterne della speranza: una sola, per consacrare Tangled come il meraviglioso e trionfale ritorno della Walt Disney Pictures.

Rapito: recensione del film di Marco Bellocchio – Cannes 76

Rapito: recensione del film di Marco Bellocchio – Cannes 76

Dopo la Palma d’oro alla carriera del 2021 e le tante partecipazioni (da Il traditore e Vincere, solo per citare gli ultimi in concorso, o Esterno notte e Marx può aspettare, in Cannes Première), Marco Bellocchio sceglie di nuovo il Festival di Cannes per presentare la sua ultima opera. E Thierry Frémaux sceglie di nuovo il nostro regista, questa volta nella sezione più importante con il Rapito che 01 Distribution porta al cinema a partire dal 25 maggio. Una storia vera, raccontata in maniera unica anche grazie alle interpretazioni magistrali di un cast perfetto nel quale spiccano il Papa Pio IX di Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Filippo Timi e il Miglior Attore dei David di Donatello 2023, Fabrizio Gifuni.

Rapito: la storia vera di tanti ebrei italiani

Il piccolo Enea Sala e Leonardo Maltese, una volta cresciuto, danno vita al bolognese Edgardo Mortara, bambino ebreo che nel 1858 fu strappato alla sua famiglia per essere allevato da cattolico sotto la custodia di Papa Pio IX. Un caso internazionale trattato ampiamente – come anche i tanti analoghi – da David I. Kertzer, Marina Caffiero o Vittorio Messori (in Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX – memoriale inedito del protagonista del “Caso Mortara”), oltre ovviamente che in “Il caso Mortara” di Daniele Scalise, al quale si sono liberamente ispirati il regista e Susanna Nicchiarelli per la sceneggiatura, stesa con la collaborazione di Edoardo Albinati, Daniela Ceselli e la consulenza storica di Pina Totaro.

Rapito film recensioneTutto inizia nel quartiere ebraico di Bologna, quando i soldati del Papa arrivano a casa della famiglia Mortara per portare via il piccolo Edgardo, di sette anni. Temendo per la sua vita, all’età di sei mesi, l’allora domestica l’aveva segretamente battezzato e a distanza di anni il diritto canonico dello Stato Pontificio esige che il ragazzino riceva un’educazione cattolica e venga cresciuto dal Vaticano. E’ l’inizio di una battaglia legale, e politica, che non si conclude nemmeno con il declino del potere temporale della Chiesa per la conquista di Roma del 20 settembre 1870.

Il racconto unico e potente di Marco Bellocchio

La componente tecnica è importante nel racconto che fa Marco Bellocchio della storia di Edgardo Mortara, ma ancora una volta è lo sguardo del regista di Bobbio a rendere unico il risultato finale che arriva sul grande schermo. Come sempre, la sua capacità di armonizzare dati oggettivi, narrativa e suggestioni oniriche regala un film personale e riconoscibile, capace di polarizzare lo sguardo del pubblico pur rappresentando l’umanità dei soggetti in causa. Unico e potente, grazie anche alla partecipazione determinante della fotografia di Francesco Di Giacomo, la scenografia di Andrea Castorina, i costumi di Sergio Ballo e Daria Calvelli o le musiche di Fabio Massimo Capogrosso, chiamate in molti casi a farsi carico di un sottotesto non secondario.

L’alternarsi delle ottiche rende ancor più maestosi e distorti gli ambienti vaticani nei quali si svolge il dramma di Edgardo e della famiglia Mortara, una grandiosità soffocante che i crescendo drammatici del commento musicale rendono ancora più opprimente. Costringendo il piccolo ebreo rapito a rifugiarsi nella fantasia e in un personalissimo rapporto con il Cristo al quale si trova costretto a rendere continuo omaggio. Confuso, affascinato, curioso, nell’uomo inchiodato alla croce il bambino vede quasi un compagno di sventura, da aiutare, come nessuno sembra volere – o potere – aiutare lui.

Qualcosa che lo accomuna al Pio IX di un incredibile Pierobon, altra figura non rassicurante né lineare. Un Papa minaccioso e violento (come sa la delegazione della comunità ebraica romana guidata da Paolo Calabresi, irrisa e ricattata), eppure costretto a combattere con il proprio essere Papa Re, pur malato e a suo modo visionario, per mantenere il controllo sulla propria gente, anche a costo di umilianti ‘lezioni’ (come quella impartita all’impacciato Edgardo, ormai cresciuto e fedelissimo).

Nell’opera Rapito di Bellocchio convivono l’empatia e l’orrore, la commozione e il sacro timore, componenti apparentemente inscindibili di una realtà complessa, non semplice nemmeno per i più faziosi, che un tema tanto divisivo sicuramente chiamerà in causa. Prova ulteriore ne sia la messa in scena – molto riuscita e d’effetto – in parallelo di riti e penitenze, tanto della famiglia ebrea riunita, quanto dell’algido funzionario di Fabrizio Gifuni, capace di rendere ancor più disumano il frate domenicano Pier Gaetano Feletti, inquisitore nell’esercizio delle sue funzioni. Ma soprattutto dell’alternarsi di volti e liturgie diverse del processo all’ecclesiastico e della cresima del ragazzo che sanciscono la definitiva sconfitta da parte della famiglia.

La scoperta delle reali motivazioni della servetta alla base del rapimento e la sorda presunzione dell’istituzione vaticana sono ‘dettagli’ che renderanno ancora più inaccettabile il tutto allo spettatore moderno, ma più dell’invito a contestualizzare ripetuto a più riprese da regista e attori è lo stesso finale a creare una anomala sospensione. La fervida immaginazione visiva di Bellocchio – come già in Buongiorno, notte e altrove – lascia aperta una porta tra sogno e cronaca. E il dubbio – anche se in una scena forse troppo confusa e contraddittoria – di un’anima più tormentata di quel che deve esser stata, viste le note finali sulla storia del Mortara adulto, morto in monastero a novanta anni dopo una vita da missionario.

Rapito, il trailer ufficiale del nuovo film di Marco Bellocchio

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Rapito, il trailer ufficiale del nuovo film di Marco Bellocchio

Distribuito da 01 Distribution e in sala dal 25 maggio, il nuovo film di Marco Bellocchio dal titolo Rapito si fa ora ammirare grazie al suo trailer ufficiale. Nel nuovo lungometraggio del regista, che sarà presentato in concorso al Festival di Cannes, si racconta del caso Edgardo Mortara. Siamo nel 1858, nel quartiere ebraico di Bologna, dove i soldati del Papa irrompono nella casa della famiglia Mortara. Per ordine del cardinale, sono andati a prendere Edgardo, il loro figlio di sette anni. Secondo le dichiarazioni di una domestica, ritenuto in punto di morte, a sei mesi, il bambino era stato segretamente battezzato.

La legge papale è inappellabile: deve ricevere un’educazione cattolica. I genitori di Edgardo, sconvolti, faranno di tutto per riavere il figlio. Sostenuta dall’opinione pubblica e dalla comunità ebraica internazionale, la battaglia dei Mortara assume presto una dimensione politica. Ma il Papa non accetta di restituire il bambino. Mentre Edgardo cresce nella fede cattolica, il potere temporale della Chiesa volge al tramonto e le truppe sabaude conquistano Roma.

Liberamente ispirato al libro di Daniele Scalise Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa (1996), il film scritto da Bellocchio insieme a Susanna Nicchiarelli con la collaborazione di Edoardo Albinati e Daniela Ceselli e la consulenza storica di Pina Totaro, rappresenta dunque un nuovo capitolo nell’analisi della storia novecentesca d’Italia portata avanti da Bellocchio con il suo cinema, dopo i recenti casi di Il traditore ed Esterno notte. Nel film recitano gli attori Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Enea Sala, Barbara Ronchi, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, Andrea Gherpelli, Samuele Teneggi, Corrado Invernizzi, Paolo Calabresi.

Rapiniamo il Duce: trailer ufficiale del film Netflix con Pietro Castellitto

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Netflix ha diffuso il trailer ufficiale del film originale Netflix Rapiniamo il Duce, il nuovo film del regista Renato Di Maria che sarà presentato in anteprima alla diciassettesima edizione della  Festa del Cinema di Roma (Grand Public). Protagonisti del film Pietro Castellitto, Matilda De Angelis, Tommaso Ragno, Isabella Ferrari, Alberto Astorri, Maccio Capatonda, Luigi Fedele, Coco Rebecca Edogamhe, Maurizio Lombardi, Lorenzo de Moor, Luca Lo Destro, Filippo Timi Prodotto da Bibi Film, in arrivo solo su Netflix dal 26 ottobre

Rapiniamo il Duce, la trama

Milano, aprile 1945. Siamo agli sgoccioli della Seconda Guerra Mondiale. La città è in macerie. Nel caos della guerra Isola è diventato il re del mercato nero, guidato da un’unica legge morale: la sopravvivenza. Yvonne è la sua fidanzata clandestina, cantante del Cabiria, l’unico locale notturno rimasto aperto in città. Ma anche Borsalino, gerarca fascista, torturatore spietato, è innamorato perdutamente di Yvonne e disposto a tutto pur di averla. Isola e i suoi intercettano una comunicazione cifrata e scoprono che Mussolini ha nascosto il suo immenso tesoro proprio a Milano – nella “Zona Nera” – in attesa di fuggire per la Svizzera, scampando alla cattura e alla forca. Isola non può lasciarsi sfuggire l’occasione della vita – il colpo più ambizioso della Storia – e decide perciò di mettere in atto un’impresa folle: rapinare il Duce.
  • Regia: RENATO DE MARIA
  • Soggetto e sceneggiatura: RENATO DE MARIA, FEDERICO GNESINI, VALENTINA STRADA
  • Casting: FRANCESCO VEDOVATI, ANNAMARIA SAMBUCCO
  • Costumi: ANDREA CAVALLETTO
  • Scenografia: GIADA CALABRIA
  • Organizzatore generale: ANSELMO PARRINELLO
  • Musiche: DAVID HOLMES
  • Montaggio: CLELIO BENEVENTO
  • Direttore della fotografia: GIAN FILIPPO CORTICELLI
  • Prodotto da: MATILDE BARBAGALLO e ANGELO BARBAGALLO
  • Cast: PIETRO CASTELLITTO, MATILDA DE ANGELIS, TOMMASO RAGNO, ISABELLA FERRARI, ALBERTO ASTORRI e con la partecipazione di MACCIO CAPATONDA, LUIGI FEDELE, COCO REBECCA EDOGAMHE, MAURIZIO LOMBARDI, LORENZO DE MOOR, LUCA LO DESTRO e con FILIPPO TIMI

Rapiniamo il Duce, la recensione del film con Castellitto e De Angelis

È una bomba a orologeria il cui ticchettio si fa sempre più insistente, sempre più coinvolgente, sequenza dopo sequenza, dialogo dopo dialogo, Rapiniamo il Duce. Un ingranaggio pronto a esplodere; una detonazione improvvisa con la quale smuovere un cinema italiano fin troppo ancorato ai consueti stilemi, mescolando utopia e sogno, fantasia e una Storia (quella con la S maiuscola) adesso riscritta con il potere della macchina da presa. 

Rapiniamo il duce guarda al di là dell’oceano, verso quelle spiagge caotiche che si stagliano lungo i confini di universi immaginifici come quelli  di Quentin Tarantino e dei suoi Bastardi senza gloria; è uno sguardo lontano quello di Renato De Maria, lanciato non per copiare, ma per lasciarsi influenzare, nella compilazione personale di un heist-movie all’italiana, fratello e diretto discendente di classici come I soliti Ignoti, ma insignito di un gusto anarchico che lo lega per aspirazione e rivoluzione iconoclasta un altro titolo recente come Freaks Out di Gabriele Mainetti.

Proprio perché figlia di un gusto eroico, tipicamente americano, dove anche gli ultimi possono aspirare al ruolo di grandi eroi, l’opera di De Maria può rivelarsi al mondo nelle vesti di patchwork citazionistico composto da tanti, piccoli, deja-vu. Eppure, inserita nel contesto italiano, Rapiniamo il Duce vive di una sagacia innovativa e di  una spinta anarcoide attraverso le quali reinventare e rinnovare il nostro cinema, anche a costo di cadere e farsi male, proprio come Isola davanti alle forze fasciste. Ma è la corsa che conta ne Il Rapiniamo il duce, non l’ascesa, o la caduta finale.

È l’evoluzione di un discorso filmico che tenta di osare, parlare linguaggi conosciuti, e allo stesso tempo nuovi per un pubblico italiano ormai assuefatto alla riproposizione diretta di mille copie di universi cinematografici sempre uguali a se stessi. Un linguaggio che canta canzoni anni Sessanta in un contesto bellico di metà anni Quaranta; un linguaggio di fotografie ombrose e colori sgargianti; un linguaggio fatto di graphic novel che prendono vita, di heist-movie dal sapore hollywoodiano inseriti tra le strade nostrane. Un linguaggio in evoluzione, vernacolare nel parlato, e aulico nella resa visiva, che vede in Rapiniamo il duce, un nuovo, ambizioso, cantore.

Rapiniamo il duce, la trama

Milano. La Seconda Guerra Mondiale è ormai agli sgoccioli. Tra le vie bue del capoluogo lombardo si aggira Isola (Pietro Castellitto), ladro spiantato e romantico, innamorato di Yvonne (Matilda De Angelis), cantante da night e a sua volta amante di un gerarca fascista (Filippo Timi), che è sposato con Nora (Isabella Ferrari), attrice del muto che non ama più. Per puro caso Isola e la sua banda di anti-eroi improvvisati (Tommaso Ragno e Luigi Fedele) scopre che Mussolini e i suoi gerarchi fascisti stanno organizzando una via di fuga, così da mettere in salvo anche il proprio tesoro, fatto di gioielli e pezzi d’oro sottratti al popolo italiano. Co-adiuvato dalla propria banda – a cui si aggiungono anche Molotov e il pilota automobilistico Denis Fabbri (Maccio Captonda) Isola organizza un proprio contro-piano d’attacco per rapinare il Duce e impadronirsi dell’oro.

Rapiniamo il Duce castIn questo mondo di ladri

È un Robin Hood che ruba ai ricchi gerarchi per donare ai sopravvissuti dell’incubo fascista, Isola. Capobanda di un gruppo musicale che agli strumenti preferisce le bombe e l’artiglieria pesante, il personaggio di Castellitto si fa guida privilegiata di una Milano abbagliata dalla luce dei raid aerei, ricercando nella sottrazione dell’oro ai generali fascisti, un senso di rivalsa sociale da parte di una nazione in ginocchio. Memore della lezione impartita da Monicelli, e riscritta in termini anglosassoni da registi come Tarantino e non ultimo Edgar Wright (Baby Driver), Renato De Maria costruisce il proprio heist-movie tra azione e storicità, prendendo il testimone da un progetto altrettanto simile, e altrettanto ambizioso, come Freaks Out di Gabriele Mainetti.

In questo mondo di ladri improvvisati, dove ogni personaggio entra in campo con un ruolo prestabilito, nulla è paradossalmente lasciato al caso. Isola, Molotov, Amedeo, Yvonne, Denis e Marcello, si fanno portavoce di vizi e virtù (im)perfettamente umani, restituiscono in termini caratteriali quell’immagine che il loro nome di battaglia accende nella mente dello spettatore. Componenti di un meccanismo a orologeria, ogni personaggio viene tracciato in maniera individuale e distintivo, insignito di una singolarità che i propri interpreti non hanno paura di cogliere e tradurre in performance coinvolgenti e introspettivi.

Se è L’isola di Pietro Castellitto ad assumere il ruolo di leader, nonostante il suo fare di casinista buono, ma impacciato, la realizzazione totale della sua opera non avrebbe assunto la stessa carica impattante se a sostenerlo non ci fosse una galleria umana perfettamente incarnata da attori in piena parte. L’introspezione di Matilda De Angelis si fa fascino tangibile nel corpo e nello sguardo della femme fatale Yvonne; l’espressione luciferina, accompagnata da un tono di voce rauco, irresistibile – e per questo ancor più funesto – di Filippo Time è il corrispettivo perfetto per la realizzazione del generale Borsalino, mentre l’innocenza di Luigi Fedele si fa tessera imprescindibile di un puzzle di fattura antropologica composita, che va a riflettere i diversi aspetti di una società italiana pronta a ribellarsi. 

In questo vortice umano dai caratteri eterogenei, chi riesce a strapparsi un ruolo di prim’ordine tra eroi per caso, e cattivi sublimemente attraenti, è però un Maccio Capatonda dalla presenza irresistibile e tempi comici invidiabili; un ruolo, il suo, non cucitogli addosso, ma creato direttamente sulla forza del genio del comico abruzzese. Gemello omozigote di dieci e più personaggi generati dal grembo comico di Maccio ed entrati di diritto nell’immaginario collettivo, il pilota Denis Fabbri riesce nell’impresa di spingere una sceneggiatura alquanto fiacca, e dalla comicità forzata, là dove molti non riescono. Recidendo le fila che tengono i suoi colleghi legati alla forza dell’inchiostro delle pagine di sceneggiatura, Maccio si fa co-autore di un personaggio a se stante, che vive nel gruppo ma si anima con un’energia indipendente, alimentata dal fuoco della propria ironia e del proprio genio. 

Predomini visivi

Soffocata da una potenza visiva preponderante, la sceneggiatura a cura di Renato De Maria, Federico Gnesini e Valentina Strada, non riesce a trovare un varco abbastanza ampio per evolversi, e raggiungere lo stesso livello della sua controparte registica. Semplice e prevedibile, la sua forza risiede nella caratterizzazione dei personaggi, e nell’aver stilato una base di partenza abbastanza solida per costruirvi un impianto visivo ad alto tasso adrenalinico. Con Rapiniamo il Duce sono pertanto gli occhi a rivestirsi di bellezza e pura azione, mentre la mente giace in pausa tra i meandri di un limbo narrativo che non le richiede particolari sforzi di interpretazioni o elucubrazioni. 

Uno scarto netto, figlio degli insegnamenti di un gusto classico hollywoodiano dal sapore antico, dove a predominare è un mondo che deve far sognare, prendere lo spettatore e portarlo altrove, al di là della propria quotidianità, al di là di una storia ora ribaltata, modificata, rubata e insignita di nuovi eventi e di nuovi eroi.

Non è il film che sconvolgerà i cardini del cinema italiano, Rapiniamo il Duce, eppure, tra gli inframezzi di un montaggio dinamico e serratissimo, si intravede una voglia irrefrenabile di rivoluzionare un processo stantio di fare cinema, rapinando al di là dell’oceano per donare a nuovi sguardi ammaliati, sorpresi – proprio come quelli di Isola che guarda in camera – il piacere di sognare e vivere altre vite, sospesi tra le vie di una nuova avventura, mentre fuori brucia la città. 

Rapina a Stoccolma: recensione del film con Ethan Hawke

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Rapina a Stoccolma: recensione del film con Ethan Hawke

Arriva al cinema Rapina a Stoccolma, scritto e diretto da Robert Budreau. Il film, con protagonisti Ethan Hawke, Noomi Rapace e Mark Strong, racconta della storia di una rapina alla Sveriges Kredit Bank di Stoccolma, nel 1973. Proprio da questo fatto di cronaca deriva l’espressione “sindrome di Stoccolma” ovvero un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che spinge chi è maltrattato da un aggressore a provare sentimenti positivi per l’aggressore stesso.

In Rapina a Stoccolma Ed è quello che accade nel film a Bianca (Noomi Rapace) che comincia a provare simpatia, o forse qualcosa di più, nei confronti di Lars Nystrom (Ethan Hawke), criminale appena evaso dal carcere e che prende in ostaggio lei, una sua collega e un cliente nella Banca centrale di Stoccolma. A loro si unirà anche Gunnar Sorensson (Mark Strong), come parte dell’accordo che Lars fa con la polizia locale. Sorensson è infatti il migliore amico e compagno di disavventure di Lars e i due cercano così di ricongiungersi per poter scappare in Francia.

Tratto dall’articolo del New Yorker che racconta il fatto di cronaca, il film di Budreau è una commedia amara, sopra le righe, gridata e sfacciata, dove a farla da padrone è un Hawke in overacting per tutto il tempo, con un risultato davvero poco gradevole, soprattutto trattandosi di un attore che ha sempre scelto con attenzione e cura i suoi ruoli. Fanno una figura migliore la Rapace e Strong, in ruoli che forse consentivano loro di non esagerare troppo con toni e gesti, e mantengono una recitazione più contenuta.

Per quanto riguarda i toni e la scrittura, il film si mantiene sul filo della commedia, con diversi momenti realmente comici, soprattutto legati allo svolgersi assurdo della vicenda, scivolando, consapevolmente (e giustamente diremmo), in parentesi drammatiche che sottolineano i momenti di svolta della vicenda.

La volontà di raccontare nei toni della farsa la storia vera risulta goffo in più di un punto e nonostante l’idea a monte poteva essere interessante da sviluppare, lo svolgimento del compito è svogliato, sia nella regia senza nessun guizzo particolare, che soprattutto nella direzione degli attori.

Rapina a Stoccolma, in sala dal 20 giugno, è distribuito da M2 Pictures.

Rapimento e riscatto: trama, cast e location del film con Russell Crowe

Nella sua carriera l’attore Russell Crowe ha preso parte a film appartenenti a generi sempre diversi. In particolare, però, egli si è in più occasioni distinto grazie ad alcuni titoli thriller di grande popolarità. Titoli come Insider – Dietro la verità, Nessun verità o The Next Three Days hanno dimostrato la sua grande predisposizione al genere. Enigmatico e camaleontico, l’attore riesce a calarsi in ruoli spesso imprevedibili, che sfiorano in più occasioni il confine tra bene e male. All’inizio del nuovo millennio egli ha preso parte ad un altro film di questo filone, intitolato Rapimento e riscatto, dove interpreta un negoziatore professionista incaricato di risolvere una complessa situazione.

Il film è stato scritto da Tony Gilroy, celebre per thriller come The Bourne Identity e Michael Clayton, e diretto da Taylor Hackford, autore di film come L’avvocato del diavolo e Parker. Rapimento e riscatto è dunque formato da una squadra che conosce bene il genere e sa come renderlo avvincente e teso, elementi essenziali per un thriller. Questo, inoltre, come riportato dai titoli di coda, sembra essere stato vagamente ispirato dall’articolo Adventures in the Ransom Trade, di William Prochnau, e, in misura ancor maggiore, dal romanzo Long March to Freedom, di Thomas Hargrove. Questi, infatti, è stato un giornalista rapito dal gruppo armato colombiano noto come FARC, ed ha poi raccontato la propria storia nel libro qui citato.

Rapimento e riscatto presenta dunque una serie di eventi romanzati, ma ispirati a fatti reali che continuano ancora oggi ad essere realtà. Si tratta di zone del mondo particolarmente pericolose, che hanno richiesto la massima attenzione per poterle raccontare al cinema. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori ed alle sue location. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Rapimento e riscatto: la trama del film

La vicenda del film si apre sulle attività di Peter Bowman, ingegnere americano impegnato da anni in progetti umanitari nei Paesi del terzo mondo. Il suo nuovo incarico lo porta ora nello stato di Tecala, situato in Sud America, dove dovrà assistere i lavori di costruzione di una diga. L’uomo si reca dunque lì accompagnato dalla moglie Alice, la quale lo segue ovunque adattandosi alle complesse situazioni dei paesi visitati. Il loro matrimonio, però, sta ultimamente attraverso un delicato periodo, causato da un piccolo trauma personale. Il silenzioso conflitto tra i due coniugi dovrà però essere messo da parte nel momento in cui Peter viene rapito dall’Esercito di Liberazione di Tecala.

Questo è un gruppo di guerriglieri paramilitari, specializzato in rapimenti ed estorsioni al fine di garantirsi un sostegno che lo Stato sembra non fornire. Rapendo Peter, il gruppo intende richiedere un ricco riscatto. Ciò che non hanno previsto, però, è l’intervento di uno dei massimi esperti in negoziazione. Si tratta di Terry Thorne, veterano dello Special Air Service britannico, ora impegnato nel risolvere delicate situazioni come quelle. Collaborando a stretto contatto con Alice, questi inizia a provare qualcosa per la donna, che sembra ricambiarlo. Nel frattempo, la situazione di Peter si fa sempre più difficile, rischiando che ogni giorno sia per lui l’ultimo.

Rapimento e riscatto cast

Rapimento e riscatto: il cast del film

Ad interpretare il negoziatore Terry Thorne vi è, come anticipato, l’attore Russell Crowe. Originariamente, in realtà, per il ruolo era stato considerato l’attore Harrison Ford, il quale però preferì rifiutare. La parte venne allora assegnata a Crowe, all’epoca uno degli attori più popolari di Hollywood. Per calarsi nel ruolo, questi studiò approfonditamente l’attività del suo personaggio, cercando di comprendere le migliori tecniche da attuare durante una negoziazione. Durante la lavorazione del film, inoltre, Crowe ebbe modo di dare alcuni consigli di recitazione ad un aspirante attore lì presente come comparsa. Quel giovane era Henry Cavill, che nel 2013 arrivò ad ottenere il ruolo di Superman in L’uomo d’acciaio, film in cui Crowe recita nei panni di suo padre.

Accanto a Crowe, nei panni di Alice, vi è l’attrice Meg Ryan. Celebre per film come Harry, ti presento Sally… e Insonnia d’amore, questa ottenne un compenso di ben 15 milioni di dollari per partecipare al film. La Ryan era in quegli anni una delle attrici più popolari di Hollywood, estremamente richiesta e ben pagata. Nei panni di suo marito Peter Bowman vi è invece l’attore David Morse, noto per film come The Hurt Locker e per la serie Dr. House – Medical Division. Gottfried John è Eric Kessler, ex membro della Legione straniera e anche lui prigioniero del gruppo armato. Questi, insieme a Peter, progetterà una disperata fuga. Infine, Pamela Reed interpreta Janis Goodman, mentre David Caruso è il negoziatore Dino.

Rapimento e riscatto: le location, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

L’intenzione originale dei produttori era quello di dar luogo alle riprese in Colombia, lì dove veri rapimenti di questo tipo avvengono. A causa dei pericoli dati dai gruppi armati in azione nel paese, tuttavia, le riprese si tennero in diverse zone dell’Ecuador. Il Paese rappresentato nel film, Tecala, è infatti soltanto uno stato fittizio, ma presentato con caratteristiche simili a quelle di alcuni paesi delle Ande, come Colombia, Venezuela, Perù e lo stesso Ecuador. In particolare, questo viene descritto come profondamente in crisi per via degli scontri tra lo Stato e un gruppo paramilitare noto come Esercito di Liberazione di Tecala, il quale di natura marxista è stato più volte sostenuto dall’Unione Sovietica.

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Rapimento e riscatto è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Infinity, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 5 novembre alle ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.

Fonte: IMDb

Rap Battle, principesse Disney a confronto: Biancaneve vs Elsa

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Principesse DisneyWhitney Avalon ha realizzato una rap battle da manuale. Ricordate la ‘polemica’ che vedeva contrapposte da una parte le principesse Disney classiche e dall’altra la nuova generazione di principesse? Quelle indipendenti e alla ricerca dell’avventura e dell’affermazione professionale?

Ebbene la Avalon ha realizzato una battaglia a ritmo di rap tra i due gruppi di principesse; da una parte Biancaneve, Cenerentola e Giselle, e dall’altra Elsa, Tiana e Merida. Portavoci degli schieramenti sono ovviamente la prima principessa Disney della storia, Biancaneve, e l’ultima in ordine di tempo, Elsa, anzi una “motherfucking Queen”.

Raoul Bova: intervista al Presidente di Giuria del Monte-Carlo Film Festival

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Ecco la nostra intervista a Roul Bova che dal 31 maggio al 5 giugno ha presieduto la Giuria del Monte-Carlo Film Festival in qualità di Presidente.

Raoul Bova: 10 cose che non sai sull’attore

Raoul Bova: 10 cose che non sai sull’attore

Con una lunga carriera alle spalle, Raoul Bova è uno dei più noti attori italiani. Attivo tanto in televisione quanto al cinema, Bova ha negli anni dato vita ad una gran varietà di ruoli, affermandosi in particolare per il genere poliziesco. Ha inoltre avuto anche l’occasione di lavorare con importanti registi, che gli hanno permesso di maturare come interprete e affermarsi sia presso il grande pubblico che con la critica. Ecco 10 cose che non sai di Raol Bova.

Parte delle cose che non sai sull’attore

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Raoul Bova: i suoi film e le serie TV

10. Ha recitato in celebri lungometraggi italiani. La carriera cinematografica dell’attore ha inizio nel 1992 con Mutande pazze, ma la vera notorietà arriva grazie ai ruoli in Piccolo grande amore (1993) e Palermo Milano – Solo andata (1995). Negli anni successivi partecipa ad alcuni noti film come La lupa (1996), I cavalieri che fecero l’impresa (2001), La finestra di fronte (2003), Alien vs Predator (2004), Milano Palermo – Il ritorno (2007), Scusa ma ti chiamo amore (2008), Ti stramo (2008), Baarìa (2009), Sbirri (2009), Scusa ma ti voglio sposare (2010), La nostra vita (2010), The Tourist (2010), con Johnny Depp e Angelina Jolie, Immaturi (2011), Nessuno mi può giudicare (2011), con Paola Cortellesi, Immaturi – Il viaggio (2012), Viva l’Italia (2012), con Alessandro GassmannIndovina chi viene a Natale (2013) Fratelli unici (2014), e La scelta (2015).

9. Ha preso parte a note produzioni televisive. Negli anni Bova costruisce la propria popolarità grazie anche ad alcune celebri serie, che gli permettono di raggiungere un pubblico più ampio. Tra queste si annoverano La piovra 7 (1995), A proposito di Brian (2006), Intelligence – Servizi & Segreti (2009), Come un delfino – La serie (2013), Fuoco amico (2016) e I Medici (2018), dove recita accanto ad attori come Guido Caprino, Alessandro Preziosi, Sarah Felberbaum, Miriam Leone, Alessandra Mastronardi e Neri Marcorè. Nel 2019 è stato invece tra i protagonisti di La Reina del Sur.

8. È anche produttore, sceneggiatore e regista. Bova ha compiuto il passaggio dietro la macchina da presa per la serie Come un delfino, di cui ha scritto, diretto e prodotto tutti e quattro gli episodi, oltre ad averli anche interpretati. Ha inoltre partecipato alla produzione dei film Milano Palermo – Il ritorno e Sbirri.

7. Ha ricevuto importanti riconoscimenti. Nel corso della sua carriera l’attore ha ricevuto nomination ad importanti premi cinematografici. Tra questi si annoverano i David di Donatello, dove è stato nominato come miglior attore non protagonista nel 1996 per Palermo Milano solo andata, e nel 2011 per La nostra vita. Ha poi ricevuto due nomination ai Nastri d’argento come miglior attore protagonista nel 2011 per Nessuno mi può giudicare, e nel 2013 per Buongiorno papà.

Raoul Bova è su Instagram

6. Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram, dove possiede un totale di 645 mila follower. Qui è solito condividere fotografie scattate in momenti di svago quotidiano o curiosità varie. Non mancano poi anche immagini legate al suo lavoro, attraverso cui promuove i propri progetti da interprete, sia cinematografici che televisivi.

Parte delle cose che non sai sull’attore

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Raoul Bova: chi è sua moglie

5. È stato sposato. Nel 2000 l’attore ha sposato Chiara Giordano, con cui aveva intrapreso una relazione tempo addietro. La coppia mantiene negli anni privata la propria vita privata, evitando di dar materiale di cui parlare alle riviste di gossip. Tra i pochi annunci pubblici rilasciati vi sono quelli riguardanti la nascita dei loro due figli, rispettivamente nel 2000 e nel 2001. Nel 2013, tuttavia, la coppia annuncia la separazione.

Raoul Bova e Rocío Muñoz Morales

4. Ha una nuova compagna. Nel 2013 Bova intraprende una relazione con l’attrice e modella spagnola Rocío Muñoz Morales, conosciuta sul set del film Immaturi – Il viaggio. La coppia annuncia negli la nascita di due figlie, la prima nel 2015 e la seconda nel 2018.

Raoul Bova: il suo fisico

3. È noto per la sua prestanza fisica. Prima di diventare l’attore apprezzato che è oggi, Bova aveva intrapreso una carriera da nuotatore, arrivando anche a vincere all’età di 15 un campionato italiano giovanile. Tale sport ha permesso all’attore di maturare un ottimo fisico, mantenuto poi per poter ricoprire al meglio i suoi ruoli in film o serie d’azione.

2. Ha portato in televisione la propria passione. Bova non ha mai nascosto la sua passione per il nuoto, decidendo di portarla anche in televisione. Ha infatti personalmente ideato la serie Come un delfino, ispirata alla storia di Domenico Fioravanti, ex nuotatore affetto da ipertrofia cardiaca. Bova, nel ruolo del protagonista, ha personalmente eseguito le scene di nuoto previste, sfoggiando ancora un’ottima forma e un’ottima tecnica.

Raoul Bova: età e altezza

1. Raoul Bova è nato a Roma, in Italia, il 14 agosto 1971. L’attore è alto complessivamente 183 centimetri.

Fonte: IMDb

Raoul Bova e Michele Placido per un progetto Internazionale

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L’attore intervistato ha parlato di questa avventura, di respiro internazionale che lo vede coinvolto con Michele Placido.

Ransom Canyon: Netflix rinnova il western per una seconda stagione

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La serie drammatica western di Netflix Ransom Canyon tornerà ufficialmente con la seconda stagione. Dopo la pubblicazione della prima stagione di 10 episodi a metà aprile 2025, Ransom Canyon è diventata una delle nuove serie originali più viste su Netflix. Ransom Canyon è ambientato in una piccola città del Texas occidentale e racconta le vite intrecciate di un gruppo di personaggi locali leggendari. Ransom Canyon è stato sviluppato da April Blair sulla base di una serie di libri omonima scritta da Jodi Thomas. Josh Duhamel è il protagonista del cast di Ransom Canyon insieme a Minka Kelly, Eoin Macken, Lizzy Greene, Garrett Wareing, Andrew Liner, Marianly Tejada e Jack Schumacher.

Secondo Netflix Tudum, la seconda stagione di Ransom Canyon è stata rinnovata da Netflix dopo che la prima stagione è diventata un successo in streaming, generando 2,6 miliardi di visualizzazioni nell’episodio finale, nonostante le recensioni contrastanti. Ransom Canyon ha ottenuto solo il 45% di recensioni positive su Rotten Tomatoes, ma ha ottenuto un punteggio molto più positivo da parte del pubblico, pari al 73%. Inizialmente commercializzato come la risposta di Netflix a Yellowstone, Ransom Canyon vira verso il romanticismo e la soap opera, anche se si concentra su un gruppo di famiglie di allevatori che competono per la terra, lo status e la prosperità nella loro idilliaca cittadina. Ransom Canyon ha una colonna sonora fantastica e un cast corale molto forte.

Cosa significa per Netflix il rapido rinnovo della seconda stagione di Ransom Canyon

Il rinnovo di Ransom Canyon per una seconda stagione da parte di Netflix dimostra una grande fiducia nella sua nascente serie western. Da quando la prima stagione di Ransom Canyon si è conclusa con un finale mozzafiato, gli spettatori si aspettavano già l’annuncio di una seconda stagione. La parte interessante dell’espansione televisiva di Ransom Canyon sarà scoprire quale strada prenderanno Blair e gli sceneggiatori con il cast originale, dato che i libri sono più antologici. Alcuni personaggi chiave, come Staten Kirkland di Duhamel, Yancy Grey di Schumacher e Dan Brigman di Philip Winchester, compaiono nei libri successivi, ma non esiste un formato seriale consolidato.

Il rapido rinnovo della seconda stagione di Ransom Canyon da parte di Netflix suggerisce che l’espansione della serie fosse già prevista. Inoltre, rende palese che per Netflix gli ascolti sono fondamentali e l’accoglienza della critica non gioca un ruolo determinante nella scelta delle serie in cui investire e di quelle da cancellare dopo una sola stagione.

Il rinnovo di Ransom Canyon ha senso, ma presenta una sfida simile a quella dell’inaspettata espansione della seconda e terza stagione della serie drammatica storica Shōgun di FX/Hulu.

Il rinnovo di Ransom Canyon ha senso, ma presenta una sfida simile all’inaspettata espansione della seconda e terza stagione della serie drammatica storica FX/Hulu Shōgun. Simile a Shōgun, che ha vinto 18 Emmy lo scorso anno, Ransom Canyon dovrà probabilmente affidarsi maggiormente al suo staff di sceneggiatori per la seconda stagione, al fine di ideare trame originali e sviluppi dei personaggi.

Ransom Canyon, la spiegazione del finale e come ci prepara alla seconda stagione

Il finale dell’episodio 10 di Ransom Canyon di Netflix, “Maybe It’s Time Yancy Grey Dies Too” (Forse è ora che anche Yancy Grey muoia), lascia alcuni personaggi con un lieto fine e altri avvolti nel mistero. Dopo la morte del nonno di Yancy, Cap Fuller, alla fine dell’episodio 9, l’episodio 10 si apre con un montaggio di diversi personaggi del cast di Ransom Canyon che si trovano ad affrontare un bivio difficile. Mentre Ellie piange la morte di Cap e Lauren fatica ad accettare una ferita che le cambierà la vita, Yancy seppellisce Cap nel suo ranch e Lucas scopre che Kit ha firmato i documenti per la sua emancipazione. Quinn e Staten finalmente si mettono insieme dopo che lei ha ufficialmente lasciato Davis, solo per vedere la loro storia d’amore tanto attesa andare in pezzi nei momenti finali del finale della Ransom Canyon – stagione 1.

Lucas fa un grande gesto romantico nella sala da ballo, riconquistando il cuore di Lauren, mentre Ellie lascia Yancy all’altare dopo che una donna che sostiene di essere la moglie di Yancy appare dal nulla. La cosa più scioccante di tutte è che lo sceriffo Brigman è costretto ad arrestare sua moglie Margaret con l’accusa di omicidio colposo per la morte del figlio di Staten, Randall Kirkland.

I ruoli di Margaret e Kit nella morte di Randall

Dopo che Kit è stato arrestato per il suo coinvolgimento nella morte di Randall, lo sceriffo Brigman ha dovuto fare l’impensabile e arrestare sua moglie, poiché era lei, e non Kit, a guidare il camion Ford che ha causato l’incidente di Randall. Margaret non ha un ruolo importante nella serie, essendo la madre alcolizzata di Lauren. Si scopre che aveva una relazione con Kit, che era con lei nel camion la notte in cui Randall è morto.

Kit chiamò Reid per fargli prendere il furgone, cancellare il numero di telaio e scaricarlo in un lago vicino, dove Lucas scoprì il furgone sommerso mentre nuotava con Lauren. Reid doveva un favore a Kit, ed è così che lui e Nick sono stati coinvolti. Alla fine, Margaret probabilmente guidava ubriaca e ha sbandato, costringendo Randall a schiantarsi con l’auto che suo zio Davis gli aveva regalato.

Yancy Grey ha davvero una moglie?

Ransom Canyon serie netflix

Yancy taglia i ponti con Davis e decide di onorare Cap non vendendo la sua terra alla Austin Water & Power, cosa che aveva inizialmente accettato di fare per convincere Davis ad aiutarlo a uscire di prigione. La morte di Cap ispira Yancy a ricominciare da zero. Chiede a Ellie di sposarlo per capriccio e lei alla fine accetta, ma lo lascia all’altare dopo che una donna che sostiene di essere sua moglie entra nella sala da ballo.

Ovviamente, questa è una grande sorpresa, dato che Yancy non l’aveva mai menzionata prima. Potrebbe essere un’impostora, ma in ogni caso Yancy dovrà dare delle spiegazioni all’inizio della seconda stagione di Ransom Canyon.

Perché Staten ha lasciato il braccialetto di Quinn al bar

Proprio quando pensi che Staten abbia finalmente ritrovato il buon senso e deciso di perseguire una relazione con Quinn, lui se ne va. Ha lasciato al bar il braccialetto di tweed che Quinn gli aveva legato al polso quando era seduto lì, come segno che non voleva trattenerla. Staten è convinto di fare la cosa migliore per Quinn andandosene, soprattutto dopo aver tradito la sua fiducia e aver rivelato pubblicamente i debiti di Davis, che Quinn aveva chiesto di tenere segreti. Staten dimostra che Quinn aveva ragione quando diceva che lui “voleva solo il suo dolore”, perché si allontana da quella che sembra essere l’amore della sua vita.

La vera identità di Yancy Grey e la storia della famiglia Fuller spiegata

Uno dei vari misteri su Yancy Grey è chi sia e da dove venga. Inizialmente, Yancy voleva vendicarsi di Cap, suo nonno biologico, per aver allontanato sua madre, la figlia di Cap, quando aveva bisogno di aiuto dopo la morte di Lincoln, suo marito. Yancy scopre solo dopo la sua morte che Cap ha passato anni a cercarli, tormentato da ciò che aveva fatto. In quanto nipote di Cap, è un Fuller e il parente più prossimo. Non è chiaro se il suo vero nome sia Yancy e cosa abbia fatto per finire in prigione.

Perché Lauren ha cercato di rompere con Lucas

Lauren e Lucas sembravano avere la relazione più stabile di Ransom Canyon fino a quando Lauren non è caduta durante un’esibizione di cheerleading, rompendosi una spalla. Il suo sogno di andare alla UT Austin per fare cheerleading è ora ufficialmente finito, lasciandola devastata. Prima della caduta, lei vede Lucas tra la folla e capisce immediatamente che è turbato per qualcosa, che alla fine si rivela essere la volontà di Kit di firmare i documenti di emancipazione.

È stata questa distrazione a causare la caduta di Lauren, anche se in realtà non è stata colpa di Lucas. Lei non incolpa Lucas, quanto piuttosto si sente imbarazzata e sconfitta per aver rovinato la sua seconda possibilità di frequentare la scuola dei suoi sogni, mentre Lucas ha ricevuto diverse offerte da alcuni dei migliori college del paese.

La storia della relazione tra Kai ed Ellie

Per gran parte di Ransom Canyon, sembrava che Kai avesse una cotta per Ellie, ma fosse bloccato nella zona amici. Come si scopre nel finale della prima stagione di Ransom Canyon, la preoccupazione di Kai per il matrimonio di Ellie con Yancy non era solo frutto di un desiderio speranzoso di poterla ancora conquistare, ma era invece basata su una relazione passata.

Kai potrebbe avere ragione su Yancy, dopotutto, dato che sembra sempre nascondere uno o due segreti.

A quanto pare, Kai corrispondeva al profilo del “cattivo ragazzo” che piaceva a Ellie quando si sono incontrati anni fa. Kai si è rimesso in riga ed è diventato un poliziotto, mentre Yancy sembra seguire un percorso simile per redimersi. Kai, tuttavia, potrebbe avere ragione su Yancy, dato che sembra sempre nascondere qualche segreto.

Perché Davis ha ingannato Staten per farglielo colpire

Davis cerca incessantemente di sottrarre a Staten il suo ranch in modo che lui e la sua ex moglie Paula Jo, che fa parte del consiglio di amministrazione della Austin Water & Power, possano trarne vantaggio. Vogliono costruire un acquedotto che attraversi la terra di Staten, ma lui si rifiuta. Hanno prima cercato di far fallire l’ispezione dei suoi pozzi, anche se sarebbero stati a posto se Paula Jo non avesse corrotto e ricattato il personale dell’AW&P per far fallire falsamente i pozzi di Staten.

Staten avrebbe dovuto sborsare milioni per riparare i pozzi se Reid non avesse rivelato una registrazione in cui Paula Jo ammetteva il piano. Con il padre di Staten che cerca di usurpare il suo ruolo di amministratore del ranch per vendetta nei confronti del padre che lo ha ignorato, Davis provoca Staten affinché lo colpisca, fornendo così al padre di Staten la prova che Staten non è adatto a ricoprire il ruolo di amministratore.

Quinn lascerà Ransom Canyon per New York?

Dopo che Staten ha lasciato Quinn in asso ancora una volta, lei considera l’idea di tornare a New York per suonare il pianoforte nella famosa orchestra filarmonica. Senza Staten a trattenerla a Ransom e con la sala da ballo che rischia di chiudere, Quinn potrebbe benissimo accettare l’offerta e andarsene da Dodge. Sebbene il cuore di Quinn sia a Ransom Canyon, sa anche che il suo talento di musicista può portarla lontano. Dato che Staten continua a sprecare tempo con la loro relazione, Quinn potrebbe partire verso cose più grandi e migliori, anche se non è chiaro se sia davvero quello che vuole.

Il vero significato del finale di Ransom Canyon

Il finale della prima stagione di Ransom Canyon si conclude con diversi colpi di scena che terranno gli spettatori con il fiato sospeso fino a una potenziale seconda stagione, che non è ancora stata annunciata da Netflix. Mentre era abbastanza prevedibile che Staten avrebbe rovinato di nuovo tutto con Quinn, il passato di Yancy continua a riservare sviluppi sorprendenti, facendo chiedere agli spettatori se sia un uomo incompreso o semplicemente un truffatore dal cuore di ghiaccio.

Lauren ha avuto la caduta più dura di tutti i personaggi di Ransom Canyon e ora teme di rimanere bloccata nella sua città natale ancora più a lungo dopo l’arresto di sua madre. Almeno ha Lucas, che è perdutamente innamorato di lei.

L’alleanza tra il padre di Staten e Davis non è certo una buona cosa per lui, che dovrà difendersi brillantemente per mantenere il suo ranch.

Anche se Margaret viene arrestata per la morte di Randall, non abbiamo ancora visto come ha reagito Staten, a parte andare sulla scogliera, un luogo panoramico che amava frequentare con suo figlio. L’alleanza tra il padre di Staten e Davis non è certo una buona notizia per lui, che dovrà difendersi con tutte le sue forze per mantenere il ranch. La domanda più importante senza risposta, tuttavia, è chi sia la misteriosa moglie di Yancy, che gli spettatori moriranno dalla voglia di sapere fino all’uscita della seconda stagione di Ransom Canyon.

Ransom – Il riscatto: tutto quello che c’è da sapere sul film con Mel Gibson

Nel corso della sua carriera il premio Oscar Ron Howard si è cimentato nella regia di film di genere continuamente diverso. Dalla commedia fantasy Splash – Una sirena a Manhattan al dramma spaziale Apollo 13, dal biografico A Beautiful Mind al thriller Il codice Da Vinci. E proprio a proposito di thriller, un altro titolo da lui diretto, meno noto ricordato rispetto ai titoli qui citati, è Ransom – Il riscatto, del 1996. Si tratta di un cupo thriller dove non ci si fa scrupoli nel porre in pericolo anche i più indifesi. Un dettaglio che rese il film controverso sin dalla sua uscita in sala.

La sceneggiatura, scritta da Richard Price e Alexander Ignon, si ispira all’episodio Fearful Decision, della serie antologica degli anni Cinquanta The United States Steel Hour. A distanza di anni, è ancora un film capace di offrire grande tensione anche per i moderni standard del genere, dimostrandosi una visione quantomai valida. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

La trama di Ransom – Il riscatto

Protagonista del film è Tom Mullen, un ricco imprenditore a capo di una compagnia aerea privata. L’uomo vive a New York con la sua bella moglie Kate e Sean, il figlio di nove anni. Un giorno, quest’ultimo viene rapito da un gruppo di delinquenti. Poco dopo, i due genitori ricevono un filmato nel quale viene richiesto un riscatto di due milioni di dollari, con l’avvertimento di non contattare la polizia per nessun motivo altrimenti il bambino sarebbe morto. Dopo un iniziale tentennamento, Tom e Kate decideranno di rivolgersi all’FBI, che invia una squadra capitanata dall’agente Lonnie Hawkins, il quale allestisce a casa loro un centro operativo per monitorare la situazione.

Hanno così inizio le operazioni per cercare di capire chi siano i rapitori e come poter salvare il bambino prima che sia troppo tardi. Le cose si complicano quando le prime trattative vanno male e per Sean la situazione si fa sempre più disperata. Con la stampa ormai a conoscenza del rapimento e le notizie cominciano a circolare su tutti i telegiornali, Tom capirà di dover agire senza l’aiuto dei federali: facendo un appello in diretta televisiva durante un telegiornale, trasforma il riscatto in una taglia sui rapitori. Da quel momento, gli equilibri si ribaltano e la situazione diventerà sempre più critica.

Il cast di Ransom – Il riscatto

Per il ruolo di Tom Mullen sono stati considerati attori del calibro di Kurt Russell, Harrison Ford, Kevin Costner e Dennis Quaid, ma ad ottenere il ruolo è poi stato Mel Gibson. Lui e Howard si erano già incontrati all’edizione dei premi Oscar del 1996, dove concorrevano con i film Apollo 13 Howard e Braveheart – Cuore impavido Gibson. Fu quest’ultimo infine a vincere il premio per il Miglior film. Nei panni della moglie Kate vi è invece l’attrice Rene Russo. Riguardo a lei Howard ha raccontato di aver frequentato la sua stessa scuola e di aver avuto una cotta per l’attrice, ma era stato troppo timido per chiederle di uscire. Russo, in seguito, ha ammesso a sua volta di aver avuto una cotta per Howard, senza mai rivelarlo.

Ad interpretare il figlio Sean vi è l’attore Brawley Nolte, figlio del noto attore Nick Nolte, mentre per il ruolo di Jimmy Shaker Howard aveva inizialmente pensato all’attore Alec Baldwin, il quale ha rifiutato a causa della natura sinistra del personaggio, nonché del tema del film dove si in pericolo un bambino. Per lo stesso motivo anche l’attore Ray Liotta ha rifiutato il ruolo. A interpretare il personaggio è infine stato Gary Sinise. Recitano poi nel film anche Delroy Lindo nei panni di Lonnie Hawkins, Lily Taylor in quelli di Maris Conner e Liev Schreiber e Donnie Wahlberg in quelli dei gemelli Clark e Cubby Barnes.

Il trailer di Ransom – Il riscatto e dove vedere il film in streaming e in TV

Sfortunatamente, al momento Ransom – Il riscatto non è presente su nessuna delle piattaforme streaming disponibili in Italia. Per poterlo vedere, è dunque possibile affidarsi unicamente al suo passaggio in televisione. Attualmente, il film è presente nel palinsesto televisivo di sabato 6 maggio alle ore 21:00 sul canale Iris.

Fonte: IMDb

Rango: recensione del film di Gore Verbinski

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Rango: recensione del film di Gore Verbinski

Johnny Depp dismessi i panni  del camaleontico Jack Sparrow (già pronto a tornare per il quarto episodio) ha trovato il suo nuovo alter ego nell’altrettanto istrionico Rango, il camaleonte, a cui presta la voce nella versione originale. Rango è il protagonista dell’omonimo film d’animazione diretto proprio da Gore Verbinski, il regista dei primi tre film della saga dei Pirati dei Caraibi.

Uscirà in Italia l’11 Marzo ed è uno tra i più riusciti film d’animazione degli ultimi tempi. Destinato anche ad un pubblico adulto che ha oramai grande confidenza con l’ironia di questi cartoons sul modello Shrek. Rango è un giovane camaleonte costretto a vivere nello spazio ristretto del suo terrario dove combatte la solitudine a cui è destinato con generici sogni di celebrità. Finirà sbalzato, dalla macchina che lo trasporta, nel mezzo del deserto. Goffo e ingenuo ,ma anche pieno di fantasia e capacità d’improvvisare, Rango saprà di volta in volta vincere tutte le sfide dell’ostile mondo con cui dovrà confrontarsi. Diventerà la sceriffo della cittadina Polvere afflitta dalla mancanza d’acqua. Saprà essere sempre più furbo e coraggioso, in un mondo in cui è più difficile di quel che sembra trovare i veri cattivi.

Rango

La trama, per chi se lo ricorda, ha molte similitudine con Fievel conquista il west, divertente film d’animazione prodotto nel 1991 da Steven Spielberg, ma al di là di questo ha anche uno stile molto personale: grande ritmo e avvincenti scene d’azioni unite a gag spesso originali e in alcuni casi indirizzate proprio ai più grandi, soprattutto a quei cinefili che non potranno non sorridere delle moltissime citazioni che spaziano dai più classici western (da Il buono il brutto e cattivo a I magnifici sette) ad una serie di cult, incluso l’autoironico omaggio al Johnny Depp  di Paura e Delirio a Las Vegas. Al di là di alcune scelte più classiche, ma comunque ben integrate nel contesto,  Rango è un film divertente, ironico e maturo, in grado anche di momenti di tensione e paura (soprattutto per i più piccoli): sceglie di presentare una serie di personaggi caratterizzate da forti deformazioni grottesche: rospi scontrosi, conigli con orecchie mozze, ratti dallo sguardo torvo. Ma le situazioni in Rango sono giocate sui veloci ribaltamenti che trovano la risata del pubblico (senza distinzioni d’età) nel capovolgere proprio i momenti di tensione.

Ottima la qualità delle animazioni e la definizione dei particolari (personaggi curati fin nei dettagli). Bellissimi i paesaggi e gli effetti di luce che li immergono nel sole o in esotiche notti. La regia sa sfruttare l’ottimo lavoro degli studi d’animazione ILM di George Lucas, soprattutto in alcune sequenze molto pregevoli. Le scelte di regia di Gore Verbinski, forti delle grandi prove offerte con la saga dei Pirati dei Caraibi, riescono a seguire le frenetiche vicende in cui Rango è coinvolto: spettacolari e spassosi inseguimenti da action movies accompagnati dall’altrettanto ironica e citazionistica colonna sonora di Hans Zimmer (che già ha saputo dare brio alle rocambolesche azioni di Jack Sparrow). Bellissimo l’ inseguimento tra una flotta di talpe che pilotano pipistrelli e la contraerea della carovana guidata da Rango e i suoi amici, con tanto di Cavalcata delle valchirie ad accompagnare le epiche sequenze. In una parola divertente!

Rango: personaggi, cast e curiosità sul film d’animazione

Rango: personaggi, cast e curiosità sul film d’animazione

Che il genere western sia da sempre uno dei più apprezzati e memorabili della storia del cinema è cosa ormai nota. Con i suoi paesaggi e personaggi caratteristici, questo influenza ancora oggi numerose opere più o meno esplicitamente ad esso appartenenti. Tra i maggiori casi a riguardo vi è il film d’animazione Rango, diretto nel 2011 da Gore Verbinski. Divenuto un vero e proprio caso cinematografico, questo ha permesso alle atmosfere del vecchio west di prendere nuovamente vita sul grande schermo con un’animazione che ne esalta tutte le principali caratteristiche, dalla polvere alla natura macabra di certi particolari.

Per il regista, reduce dalla complessa esperienza dei primi tre film dei Pirati dei CaraibiRango era l’occasione di dar vita ad un progetto più piccolo. Egli tuttavia sottovalutò la complessità della realizzazione grafica richiesta, per il quale fu necessario molto più lavoro del previsto. Il risultato è però particolarmente sorprendente, e ancora oggi il film vanta un caratteristiche estetiche che gli permettono di distinguersi tra i tanti film d’animazione ogni giorno sempre più curati al minimo dettaglio. Il successo fu tale che Rango arrivò ad ottenere alcuni dei maggiori riconoscimenti cinematografici dell’anno.

A fronte di un considerevole budget di circa 135 milioni di dollari, questo riuscì ad incassarne complessivamente 245 in tutto il mondo. In seguito, il titolo arrivò a vincere il premio Oscar come miglior film d’animazione. Questo fu il primo film non prodotto dalla Disney o dalla Pixar a vincere il premio dal 2006 a quel momento, e mantenne tale primato sino al 2018. Numerose altre sono però le curiosità legate al film, molte delle quali legate agli attori che prestarono la propria voce per i personaggi principali del film. Proseguendo nella lettura sarà qui possibile scoprire tutto ciò che c’è da sapere su Rango.

Rango: la trama del film

Protagonista del film è il camaleonte di nome Rango, il quale improvvisamente si ritrova strappato dal suo tranquillo terrario in seguito ad una brusca manovra dell’auto su cui stava viaggiando. Egli si ritrova così nel bel mezzo della strada che attraversa il Deserto del Mojave. Totalmente inadatto alla vita selvaggia, egli si trova sin da subito a doversi scontrare con una serie di pericoli mortali, che lo porteranno a comprendere la gravità della sua nuova situazione. Ad aiutarlo, per sua fortuna, troverà Borlotta, una giovane iguana con un involontario meccanismo di difesa che la porta a paralizzarsi ogni volta che si arrabbia. Questa, attratta dai modi di fare del camaleonte, decide di portarlo con sé nella cittadina di Polvere, la quale è attraversata da una grave siccità.

Qui per Rango ha inizio una nuova vita, e riuscito involontariamente ad uccidere il falco che terrorizzava il paese si ritrova nominato sceriffo. Colto da un eccesso di orgoglio, egli inizia così ad attribuirsi una serie di gesta eroiche mai realmente compiute. C’è però una minaccia di cui Rango non è a conoscenza, e che rischierà di far saltare i suoi sogni di gloria. L’aver ucciso il falco, infatti, ha aperto la strada ad un predatore ben più temibile e pericoloso, il quale è pronto ad abbattersi su Polvere. Allo stesso tempo, in qualità di sceriffo, Rango è chiamato a risolvere il problema della siccità, per il quale scoprirà esserci un motivo particolarmente inaspettato.

Rango cast

Rango: i personaggi e il cast di attori

Per dare vita alle voci dei personaggi protagonisti del film, il regista Verbinski decise di riunire tutti gli attori in un unico ambiente, permettendo loro di interagire concretamente nella loro attività di doppiaggio. Questo, come anche il dotare gli interpreti di veri costumi western, contribuì non solo ad una maggiore immedesimazione, ma anche a dar vita ai brillanti scambi di battute presenti nel film. Per la voce di Rango, il camaleonte protagonista, Verbinski scelse l’attore Johnny Depp, con cui aveva già collaborato per Pirati dei Caraibi. L’attore, noto per il non riguardare i propri film, ammise che Rango è la sua unica eccezione a riguardo. Accanto a lui, nel ruolo dell’iguana Borlotta, si ritrova invece l’attrice Isla Fisher, mentre il celebre Ned Beatty dà voce al sindaco John, una tartaruga del deserto.

Alfred Molina è invece la voce di Carcassa, un armadillo che fornirà a Rango una serie di lezioni utili sotto forma di metafore. L’attore Bill Nighy, già villain in Pirati dei Caraibi, dà qui voce al temibile Jake Sonagli, un serpente che al posto del caratteristico sonaglio al termine della coda vanta un fucile mitragliatore a canne girevoli. Egli sarà il principale problema di Rango all’interno del film. Sono poi presenti Abigail Breslin nei panni del roditore Priscilla, Harry Dean Stanton in quelli della talpa Balthazar, e Ray Winstone per il mostro di gila Bill. Vincent Kartheiser, noto per la serie Mad Men, è qui Ezechiele, figlio di Balthazar. L’attore Timothy Olyphant, infine, da voce al personaggio chiamato Spirito del West, il quale viene raffigurato con le sembianze di Clint Eastwood all’epoca dei suoi primi film western.

Rango: il sequel, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Dato il grande successo del film, Rango divenne da subito un prodotto particolarmente gettonato, ampliandosi anche al mercato dei giocattoli e dei videogiochi. Era inoltre lecito aspettarsi la conferma di un sequel, che avrebbe così ampliato l’universo narrativo da molti apprezzato. Per anni, tuttavia, nessuna informazione concreta è stata rilasciata a riguardo, e le speranze di rivedere sul grande schermo il simpatico camaleonte sono così infine state messe a tacere. Nel 2017, tuttavia, in occasione della presentazione del suo nuovo film, La cura del benessere, Verbinski ha dichiarato di non aver mai pianificato un sequel, ma di essere aperto alla possibilità di realizzarlo qualora la giusta idea si presentasse sul tavolo.

In attesa di ulteriori notizie, per gli appassionati del film è possibile fruire di Rango grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il film è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Netflix e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto un determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno martedì 1 dicembre alle ore 21:10 sul canale Paramount Channel.

Fonte: IMDb

Ranger solitario, ma quanto ci costi? E ci mancava il treno…

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Quanti intoppi produttivi per The Lone Ranger, nuovo e atteso lavoro di Gore Verbinsky (regista di The Ring, Rango e del franchise Pirati dei Caraibi) con Arnie Hammer (il ranger del titolo) e Johnny

Randall Wallace, Obbiettore di Coscienza

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Randall Wallace si è spesso trovato su teatri di guerra cinematografici nel corso della sua carriera, sia quelli più antichi – ha scritto Braveheart – che quelli moderni: dalla sua penna è uscito Pearl Harbor e ha diretto We were soldiers. Il regista torna ora sul luogo del delitto, ancora una volta la Seconda Guerra Mondiale, per un lavoro intitolato L’obbiettore di coscienza.

La storia è statta da una vicenda realmente accaduta, raccondata dal Premio Pulitzer Robert Schenkkan, incentrata su Desmond Doss, un fedele degli Avventisti del Settimo Giorno arruolato nel 1942, ma trasferito nel settore medico perchè rifiutatosi di usare armi. Grazie ai suoi servigi, Doss è stato il primo obbiettore di coscienza a ottenere la Medaglia d’Oro del Congresso Americano. L’inizio delle riprese non è ancora stato fissato, anche perché Wallace sta attualmente stendendo le bozze per le sceneggiature di Outlander, Killing Rommell e del nuovo 20.000 Leghe sotto i mari della Disney.

Fonte: Empire

Randall Wallace per Heaven is for real

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Randall Wallace, regista conosciuto per lavori come Secretariat, We Were Soldiers e The Man in The Iron Mask si cimenterà in un film a sfondo religioso con Heaven Is for Real: A Little Boy’s Astounding Story of His Trip to Heaven and Back, adattamento dell’omonimo libro, definito un dramma famigliare basato sulla fede. Alla produzione,  Joe Roth, che con Snow White and the Huntsman, Alice in Wonderland e il prossimo Oz The Great And Powerful è diventato uno dei personaggi più in vista del cinema hollywoodiano.

La sceneggiatura sarebbe in corso di scrittura da parte di Christopher Parker, che sta lavorando sul romanzo originale, firmato da Todd Burpo e Lynn Vincent, basato sulla vera storia del figlio dello stesso Burpo, che afferma di aver vissuto un’esperienza pre-morte, affermando di aver visitato il paradiso. Amici e famigliari sono portati inizialmente a non credergli, ma poi il protagonista comincia a raccontare loro particolari riguardanti persone già defunte in passato, dei quali lui non poteva essere a conoscenza. Randall Wallace è stato recentemente afficancato ad un altro film dai risvolti religiosi, The Conscientious Objector, ambientato nel corso della Seconda Guerra Mondiale, e parteciperà in vesti di produttore a  Gunslingers, film d’azione con protagonista Vince Vaughn.

Fonte:  Cinema Blend

Rance Howard: il padre di Ron scompare a 89 anni

Rance Howard, padre di Ron, è scomparso a 89 anni. Lascia una grande impronta nella recitazione.

Nato in Oklahoma nel 1928, Harold Race Beckenholdt, ha frequentato l’università per poi trasferirsi a New York per iniziare la sua carriera d’attore. Ha iniziato nel teatro, lavorando con una compagnia itinerante: in questo periodo ha recitato anche con Henry Fonda nello spettacolo Mister Roberts.

Dopo ha iniziato a lavorare nel cinema e nella TV. Con il figlio Ron ha debuttato nel film Frontier Woman.

Solo: A Star Wars Story, Ron Howard continua la post produzione-foto

Mentre il figlio maggiore Clint è più conosciuto per i suoi lavori  in TV (The X-Files, ER and Babylon 5, Quantum, Leap e The Walton) Rance ha preso parte in numerosi film diretti dal figlio Ron  inclusi Cocoon, Angeli e demoni e A Beatiful Mind lavorando dal 1962 a oggi. Ha reso parte anche a due film che sono ancora in lavorazione.

Fonte: Empire

In seguito il tweet del figlio Ron:

Ramy 2: recensione della serie di e con Ramy Youssef

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Ramy 2: recensione della serie di e con Ramy Youssef

Il 6 agosto arriva su StarzPlay la seconda stagione di Ramy, la serie Hulu che ha già conquistato un Golden Globe per la migliore performance maschile in una serie comedy ed è candidata a tre Emmy Awards, scritta, interpretata e diretta dallo stand-up comedian Ramy Youssef.

Youssef fa parte di quella schiera di comici americani che, partendo da uno spunto autobiografico, hanno realizzato una serie tv che racconta le idiosincrasie di un’esistenza “di mezzo”. Lui è infatti un americano del New Jersey di origini egiziane e per tanto vive tutti i giorni le contraddizioni che affronta chi si trova a cavallo tra due culture e vorrebbe che queste coesistessero pacificamente nella propria vita.

Ramy, dove eravamo rimasti

Nella prima stagione di Ramy, lo stand-up comedian ha raccontato proprio questa difficoltà, adottando il tono della commedia ma senza evitare gli argomenti spinosi, spiattellandoli davanti agli occhi dello spettatore in maniera totalmente disarmante. La seconda prende il via poco dopo il finale della prima, Ramy Hassan (Youssef) ritorna dal suo viaggio in Egitto gravemente depresso. Aveva sperato di connettersi con la sua spiritualità e la sua famiglia e invece ha finito per andare a letto con sua cugina. Ora è tornato a casa nel New Jersey e tutto quello che riesce a fare è masturbarsi mentre mangia caramelle gommose.

D’improvviso, stimolato anche dagli amici, decide di dedicarsi a diventare un musulmano migliore. Questa è la premessa della seconda stagione di Ramy, che non mancherà di offrire spunti di riflessione ma anche di presentarsi come un lavoro più maturo di Youssef, rispetto al primo ciclo che comunque era caratterizzato da una certa leggerezza.

Mahershala Ali guida spirituale

Guest star della stagione è il due volte premio Oscar Mahershala Ali, che interpreta il leader spirituale di Ramy con un’eleganza rara e con una gravitas che smorza quasi completamente quella che sembra un’inettitudine patologica del protagonista. Ramy si rivela un discepolo estremamente distratto, desideroso di fare la cosa giusta ma carente di motivazione concreta. E come accade nel primo ciclo, le vicissitudini del protagonista sono solo l’inizio di un racconto che, pur seguendo dei binari orizzontali lungo tutta la stagione, trova spazio in una struttura verticale che approfondisce anche con cattiveria i temi più disparati, dalla condizione della donna, all’antisemitismo, fino al problema dei veterani di guerra e del loro ricollocamento nella società.

La seconda stagione di Ramy è orientata verso una nuova considerazione della religione, rispetto al primo ciclo di episodi. Se lì si aveva la sensazione che il senso di colpa e vergogna fossero i principali compagni di Ramy, in questa sede, attraverso la figura di Ali, il personaggio comincia ad intraprendere un percorso personale che intende la religione come una strada che porta alla comprensione, verso un altro modo di intendere gli essere umani e i rapporti tra di essi.

Ramy 2 incupisce i toni e innalza i temi

Ramy — “frank in the future” – Episode 208 — Ramy (Ramy Youssef) and Zainab (MaameYaa Boafo). (Photo by: Craig Blankenhorn/Hulu)

Il principale pregio della serie è che porta i suoi personaggi ad avere esperienze universali, disancorate dal contesto etnico e religioso, ma allo stesso tempo affronta con schiettezza e un certo grado di cinismo problematiche quali l’islamofobia o l’ostilità verso gli immigrati. Lo show è pieno di personaggi sgradevoli ma anche pieno di un’umanità appassionata e proprio questa moltitudine di gradazioni dell’essere umano rende la serie rappresentativa, inclusiva, vicina a chiunque, anche oltre i confini degli Stati Uniti.

Ramy è un personaggio irrisolto, la sua religione non gli offre risposte, anzi gli pone domande che restano aperte sempre con un tono scomodo, divertente, continuamente alla ricerca di quello stupore verso l’uomo e la vita che il protagonista porta stampato sul suo volto.

RAMS – Storia di due fratelli e otto pecore: lunedì 2 e martedì 3 con Sala Bio

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Lunedì 2 novembre alle ore 20.45 al cinema Odeon di Bologna e Martedì 3 novembre alle ore 21.00 al cinema Colosseo di Milano, Sala Bio presenta l’anteprima di RAMS – Storia di due fratelli e otto pecore del regista islandese Grímur Hákonarson. Il film, presentato in anteprima mondiale allo scorso Festival di Cannes, ha vinto in quell’occasione il premio della sezione Un Certain Regard.

In una remota valle agricola islandese, due fratelli che non si parlano da quarant’anni devono unire le forze per salvare la cosa a cui tengono di più: il loro gregge.

RAMS sarà distribuito nelle sale italiane a partire dal 12 novembre 2015 da BIM Distribuzione. Sarà presentato in anteprima anche a Sala Bio Milano martedì 3 novembre presso il cinema Colosseo.

RAMS – Storia di due fratelli e otto pecore

(Islanda/2015/93’) di Grímur Hákonarson

In una valle islandese isolata, Gummi e Kiddiley vivono fianco a fianco, badando al gregge di famiglia, considerato uno dei migliori del paese. I due fratelli vengono spesso premiati per le loro preziose pecore appartenenti a un ceppo antichissimo. Benché dividano la terra e conducano la stessa vita, Gummi e Kiddi non si parlano da quarant’anni. Quando una malattia letale colpisce il gregge di Kiddi, minacciando l’intera vallata, le autorità decidono di abbattere tutti gli animali della zona per contenere l’epidemia. E’ una condanna a morte per gli allevatori, per cui le pecore costituiscono la principale fonte di reddito, e molti abbandonano la loro terra. Ma Gummi e Kiddi non si arrendono tanto facilmente, e ognuno dei due cerca di evitare il peggio a modo suo: Kiddi usando il fucile e Gummi usando il cervello. Incalzati dalle autorità, i due fratelli dovranno unire le forze per salvare la loro speciale razza ovina, e se stessi, dall’estinzione.

Uscita italiana: 12 novembre (BIM DISTRIBUZIONE)

Rampage: Joe Manganiello condivide una foto del suo costume

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Sono cominciate da una settimana le riprese di Rampage, il nuovo film che vede protagonista l’inarrestabile Dwayne Johnson, basato sull’omonimo gioco arcade. Fa parte del cast del film anche Joe Manganiello, che ha condiviso una foto del suo costume. Eccola di seguito:

Rampage: Dwayne Johnson e il suo legame con gli animali

Il film, che sarà distribuito dalla New Line Cinema e prodotto da Beau Flynn, è la reunion del team dietro San Andreas: la pellicola, infatti, sarà diretta da Brad Peyton e sceneggiata da Carlton Cuse (affiancato da Ryan Condal).

Nel cast del film ci sono Dwayne Johnson, Naomie Harris, Joe Manganiello, Jeffrey Dean Morgan e Marley Shelton.

Rampage: Jeffrey Dean Morgan nel cast con Dwayne Johnson

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Rampage: Jeffrey Dean Morgan nel cast con Dwayne Johnson

Dopo il sanguinoso finale di stagione di The Walking Dead, Jeffrey Dean Morgan, che nello show interpreta il pericoloso Negan, cambia prospettive, almeno per un po’, e si unisce al cast di Rampage.

I dettagli della trama e dei personaggi sono ancora scarsi, ma sappiamo che Morgan si unisce a un cast che conta già una buona dose di testosterone, tra Dwayne Johnson, protagonista, e Joe Manganiello, che si è già unito al cast.

Rampage: Dwayne Johnson e il suo legame con gli animali

Rampage, che sarà distribuito dalla New Line Cinema e prodotto da Beau Flynn, è la reunion del team dietro San Andreas: la pellicola, infatti, sarà diretta da Brad Peyton e sceneggiata da Carlton Cuse (affiancato da Ryan Condal). Nel cast di Rampage ci sono Dwayne Johnson, Naomie Harris, Malin Akerman, Jake Lacy, Joe Manganiello, Jeffrey Dean Morgan.

Fonte: Deadline

Rampage: il primo trailer con Dwayne Johnson

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Rampage: il primo trailer con Dwayne Johnson

Dopo il prima immagini e il poster diffusi ieri, ecco il trailer di Rampage, il nuovo film d’azione e avventura con Dwayne Johnson, basato sull’omonimo videogame Arcade.

Rampage: Dwayne Johnson nelle prime foto dal film

Questa la sinossi del film:

“Il primatologo Davis Okoye (Jhonson), un uomo che tiene la gente a distanza, condivide un profondo legame con George, un gorilla straordinariamente intelligente che è stato alle sue cure sin dalla nascita. Un rischioso esperimento genetico va male e trasforma la gentile creatura in un mostro rabbioso. A peggiorare la situazione, si scopre che ci sono altre creature con questo difetto. Mentre queste creature si spargono per l’America, distruggendo tutto sul loro cammino, Okoye fa squadra con un ingegnere genetico screditato per realizzare un antidoto, combattendo a suo modo attraverso un difficile campo di battaglia, non solo per prevenire una catastrofe ma anche per salvare quello che una volta era suo amico.”

Rampage: Dwayne Johnson e il suo legame con gli animali

Rampage, che sarà distribuito dalla New Line Cinema e prodotto da Beau Flynn, è la reunion del team dietro San Andreas: la pellicola, infatti, sarà diretta da Brad Peyton e sceneggiata da Carlton Cuse (affiancato da Ryan Condal). Nel cast di Rampage ci sono Dwayne Johnson, Naomie Harris, Malin Akerman, Jake Lacy, Joe Manganiello, Jeffrey Dean Morgan.

 

Fonte: Comic Book Movie

Rampage: il nuovo trailer con Dwayne Johnson

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Rampage: il nuovo trailer con Dwayne Johnson

Ecco un nuovo coinvolgente trailer di Rampage, in cui Dwayne Johnson viene messo di fronte a un suo vecchio amico che, a sorpresa, sta assumendo dimensioni inaspettate!

https://www.youtube.com/watch?v=pmBBkXlcAQU

Rampage: Dwayne Johnson nelle prime foto dal film

Questa la sinossi del film:

“Il primatologo Davis Okoye (Jhonson), un uomo che tiene la gente a distanza, condivide un profondo legame con George, un gorilla straordinariamente intelligente che è stato alle sue cure sin dalla nascita. Un rischioso esperimento genetico va male e trasforma la gentile creatura in un mostro rabbioso. A peggiorare la situazione, si scopre che ci sono altre creature con questo difetto. Mentre queste creature si spargono per l’America, distruggendo tutto sul loro cammino, Okoye fa squadra con un ingegnere genetico screditato per realizzare un antidoto, combattendo a suo modo attraverso un difficile campo di battaglia, non solo per prevenire una catastrofe ma anche per salvare quello che una volta era suo amico.”

RampageDwayne Johnson e il suo legame con gli animali

Rampage, che sarà distribuito dalla New Line Cinema e prodotto da Beau Flynn, è la reunion del team dietro San Andreas: la pellicola, infatti, sarà diretta da Brad Peyton e sceneggiata da Carlton Cuse (affiancato da Ryan Condal). Nel cast di Rampage ci sono Dwayne Johnson, Naomie Harris, Malin Akerman, Jake Lacy, Joe Manganiello, Jeffrey Dean Morgan.

Rampage: il film sarà un omaggio e una sorpresa

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Rampage: il film sarà un omaggio e una sorpresa

Durante la promozione del suo ultimo film, Incarnate, Brad Peyton ha ragguagliato la stampa in merito all’adattamento per il cinema del gioco Rampage, progetto in cui è coinvolto l’ormai onnipresente Dwayne Johnson.

Rampage, tra omaggio e novità

Stando alle dichiarazioni di Peyton, Rampage sarà un omaggio all’originale, ma allo stesso tempo una vera sorpresa per i fan: “Con Rampage stiamo usando il nostro amore per il gioco originale come fonte principale di ispirazione. Poi stiamo costruendo un film che, come San Adreas, sorprenderà davvero le persone che lo vedranno. Sarà emozionante, spaventoso e realistico, molto più di quanto ci aspettiamo. Quindi la storia centrale del gioco sarà soltanto l’inizio. Se mi chiamassero a dirigere un film su Call of Duty, non dovrei giocare a nessun videogioco, perché il film deve avere la sua autonomia, qualcosa di nuovo. Proprio in questo aspetto alcuni film finiscono male. Sono davvero eccitato riguardo a Rampage. Sarà un film di mostri, per cui l’esercizio che ho fatto con Incarnate nel territorio dell’horror mi sarà utile. Ovviamente Rampage sarà un film molto più grande per un pubblico più vasto, ci saranno elementi horror e sarà comunque un film di mostri. Sono felice di lavorare di nuovo con Dwayne, non vedo l’ora.”

Il film, che sarà distribuito dalla New Line Cinema e prodotto da Beau Flynn, è la reunion del team dietro San Andreas: la pellicola, infatti, sarà diretta da Brad Peyton e sceneggiata da Carlton Cuse (affiancato da Ryan Condal).

Fonte: WGTC via SR

Rampage: ecco Jeffrey Dean Morgan e Naomie Harris

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Rampage: ecco Jeffrey Dean Morgan e Naomie Harris

Mentre impazza sul grande schermo con Baywatch, Dwayne Johnson è al lavoro su un nuovo set, quello di Rampage, e ha condiviso la prima immagine ufficiale di due dei personaggi che vedremo nel film, interpretati da Jeffrey Dean Morgan e Naomie Harris.

Ecco l’immagine dall’account Instagram dell’attore:

Questa la sinossi del film:

“Il primatologo Davis Okoye (Jhonson), un uomo che tiene la gente a distanza, condivide un profondo legame con George, un gorilla straordinariamente intelligente che è stato alle sue cure sin dalla nascita. Un rischioso esperimento genetico va male e trasforma la gentile creatura in un mostro rabbioso. A peggiorare la situazione, si scopre che ci sono altre creature con questo difetto. Mentre queste creature si spargono per l’America, distruggendo tutto sul loro cammino, Okoye fa squadra con un ingegnere genetico screditato per realizzare un antidoto, combattendo a suo modo attraverso un difficile campo di battaglia, non solo per prevenire una catastrofe ma anche per salvare quello che una volta era suo amico.”

Rampage: Dwayne Johnson e il suo legame con gli animali

Il film, che sarà distribuito dalla New Line Cinema e prodotto da Beau Flynn, è la reunion del team dietro San Andreas: la pellicola, infatti, sarà diretta da Brad Peyton e sceneggiata da Carlton Cuse (affiancato da Ryan Condal).

Nel cast del film ci sono Dwayne Johnson, Naomie Harris, Joe Manganiello, Jeffrey Dean Morgan e Marley Shelton.