Ambientato in un villaggio
nell’Anatolia, Sivas racconta la storia di un ragazzino di undici anni,
Aslan, e di un cane da combattimento, Sivas, che il bambino cura
dopo che questo è stato ferito in una delle battaglie che ha perso.
Tra loro si sviluppa un legame d’amicizia molto forte.
Parallelamente, Aslan è impegnato a scuola in una rappresentazione
di Biancaneve e i Sette Nani in cui però vorrebbe essere
il principe azzurro per conquistare il cuore di una bambina, Ayse,
che interpreta Biancaneve. Suo rivale in amore è Osman, figlio del
capo del villaggio. Aslan cercherà di sfruttare
Sivas per impressionare la bambina, e
intanto il cane comincerà di nuovo a combattere e a vincere una
duello dopo l’altro.
Il film di Kaan
Müjdeci, presentato in concorso al Festival dei Venezia
edizione 2014, ci racconta una storia di formazione e d’amicizia,
un racconto che potrebbe definirsi il fratello ‘bastardo’ del film
francese Belle e Sebastien, che ha
sbancato i nostri botteghini la scorsa primavera. Fratello
‘bastardo‘ perchè, a differenza dell’altro film,
Sivas è un racconto violento e sporco, in
cui il bambino protagonista combatte anche con una quotidianità non
felicissima e comunque violenta.
Il film fatica a decollare
perdendosi per strada la contestualizzazione scolastica che poteva
essere un’ottima cornice, concentrandosi sull’aspetto dei
combattimenti per cani. Sbilanciando il racconto molto in avanti
nel tempo, Sivas sembra cominciare ad incalzare lo spettatore
troppo tardi, facendo cadere l’attenzione più volte nella parte
iniziale del film e lasciando l’impressione ce si concluda troppo
presto, con qualcosa di ancora non detto.
Co-protagonisti mozzafiato sono i
paesaggi immensi, sconfinati degli altipiani dell’Anatolia,
straordinarie lande che raramente vediamo sul grande schermo e che
conservano anche nel XXI secolo un sapore antico e primordiale,
dove la natura regna ancora sovrana.
Il 02 Settembre è anche il giorno di Shinya
Tsukamoto, che presenta il suo ultimo film
Nobi (Fires on the
Plain) al 71esima edizione del Festival del
Cinema di Venezia.
Siamo al termine della seconda
guerra mondiale. Dopo aver invaso un’isola delle Filippine, i
militari giapponesi devono affrontare la controffensiva della gente
del posto e delle forze alleate. È solo questione di tempo prima
che i pochi sopravvissuti siano annientati. Il soldato Tamura,
malato di tubercolosi, viene abbandonato dal suo plotone e
dall’ospedale da campo. Un gruppo di soldati feriti o malati
irrimediabilmente è fuori dell’ospedale in attesa di morire. Tamura
si unisce a loro, ma durante la notte il fuoco dell’artiglieria
distrugge l’ospedale. Tamura si salva e vaga nella giungla. Si
getta letteralmente nella schiacciante forza della natura certo di
morire. Incapace di proseguire, prepara una granata per uccidersi
quando nota degli yam crescere nella giungla. Ma il problema è che
non si possono mangiare yam senza cucinarli. Tamura va in un
villaggio in cerca di fiammiferi, ma non trova nulla perché gli
abitanti sono fuggiti. Tamura si è appena addormentato in una
chiesa, quando arriva una giovane coppia. La donna grida per la
paura ed egli le spara. È la prima persona che abbia ucciso. Tamura
vaga per la giungla che è diventata un inferno, con corpi ammassati
ovunque. La fatica lo ha svuotato di ogni energia e la fame lo ha
cambiato. Quando comincia a vedere i suoi compagni come cibo, ha
attraversato la soglia di un luogo in cui non ci sono amici, nemici
o dio.
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La 71ª edizione della Mostra internazionale d’arte
cinematografica avrà luogo a Venezia dal 27 agosto al 6
settembre 2014. Anche quest’anno sarà diretta da Alberto Barbera e
organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.
La madrina della rassegna sarà
l’attrice italiana Luisa Ranieri. Il film di apertura del festival
sarà Birdman, del regista Alejandro González Iñárritu.
Strane storie si intrecciano. Jason,
un cameramen vuole dirigere un film dell’orrore, ma per convincere
un produttore deve trovare l’urlo più convincente che si sia mai
udito in una sala cinematografica. Un conduttore televisivo vestito
da lurido topo di peluche comincia a grattarsi in diretta, convinto
di essere affetto da una terribile forma di eritema. Una bambina
trova una misteriosa videocassetta nelle interiora di un cinghiale
cacciato dal padre. Cosa lega le stranianti vicissitudini di questi
personaggi?
Quentin Dupieux
costruisce una vicenda surreale, onirica, straniante, che a tratti
ricorda il miglior Lynch, se non fosse per una vena ironica e
grottesca che conferisce al suo stile un tocco personale e
scanzonato. La normalità o meglio la realtà viene dopo poche
sequenze divelta violentemente dall’irruzione del sogno, che strada
facendo degenera nell’incubo e assume anche le sembianze di
allucinazione ad occhi aperti. Tutto si mescola in un viaggio
agghiacciante, che, come una inarrestabile massa di fango, prende
sempre più velocità invischiando tutto quello che incontra sulla
sua strada. Tutto procede inesorabile con una soluzione di
continuità che sorprende e stupisce. Le storie e le vita dei vari
personaggi si intrecciano l’una con l’altra e tutto diviene parte
di un misterioso vortice del destino che non può essere spiegato,
se non grazie alla magia e all’incomprensibilità palese dello
stesso mezzo cinematografico, sicuramente altro protagonista
principale del film.
Gli interpreti Alain Chabat,
Jonathan Lambert, Elodie Bouchez e tutto il resto del cast
appaiono naturali ed estremamente convincenti nel vestire i panni
di personaggi assurdi, alle prese con le proprie ossessioni e con
le rispettive visioni. Su tutti, come un beffardo demiurgo, svetta
il personaggio del regista che rivendica prepotentemente la
politica dell’autore in un film che mescola finzione e verità in un
ambiente lontano anni luce dal cinema libero, quello fatto di idee
ed espressione pura, dove questo non sarebbe, o non è, neanche
minimamente pensabile.
La 71esima edizione
della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia ci ha
accompagnato negli ultimi dieci giorni, e adesso è il momento di
tirare le somme, o meglio di cominciare a fare qualche pronostico
più o meno attendibile su coloro che potrebbero portare a casa i
celebri Leoni.
Per quanto riguarda il premio più
ambito, il Leone d’Oro, sembra favorito uno degli ultimi film
presentati qui al Lido, The Postman’s White
Nights del maestro Andrej
Končaloskij, film seguito a ruota per la conquista del
Leone da The Look of Silence, magnifico
documentario di Joshua Oppenheimer che è il film con più
‘stellette’ secondo il giudizio della critica. Che possa rifarsi
con il Gran Premio della Giuria? E’ una speranza condivisa da
molti, soprattutto perché dopo la vittoria di Sacro
Gra lo scorso anno, è difficile che si scelga di
premiare un altro documentario, per quanto intenso e potente questo
possa essere. Un po’ fuori dai giochi per il Leone d’Oro,
all’apparenza, è Roy Andersson, che con il suo
A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on
Existence sembra invece essere il candidato favorita
al Leone d’Argento alla migliore regia.
Per quanto riguarda le Coppe Volpi
agli attori invece i giochi sembrano quasi fatti, con Elio
Germano (Il giovane favoloso) e
Lu Zhong (Red Amnesia)
in pole position nelle rispettive categorie. Ma attenzione,
dietro l’angolo spuntano fuori anche Willem Dafoe
per la sua interpretazione mimetica in
Pasolini, e Alba
Rohrwacher, protagonista femminile del film di
Saverio CostanzoHungry
Hearts. Il sito americano IndieWire parla
addirittura di un possibile premio a Emma Stone
per Birdman, e pare addirittura che con
quella performance la giovane attrice si candidi tra le possibili
nominate agli Academy Awards, tuttavia non siamo
certi che un premio del genere possa andar bene al Lido (anche se
Emma ci piace tanto). Fuori dai pronostici ma notevole di menzione
è Adam Driver, coprotagonista del film di Costanzo
e giovane e promettente attore del panorama cinematografico
mondiale. Si vedono all’orizzonte anche Viggo
Mortensen e Al Pacino, che tuttavia non
giocano in casa come il bravo Germano.
Da tenere d’occhio i film francesi
in concorso (La Rancon de la Gloire, Le Dernier Coup de
Marteau, 3 Cœurs e Loin des
Hommes), che potrebbero partire favoriti data la
nazionalità del presidente di Giuria, Alexandre
Desplat.
L’Italia uscirà da questo 71esimo
Festival al Lido quasi sicuramente con qualche premio, non sarà
forse il Leone d’Oro come lo scorso anno, ma i nostri attori hanno
buone probabilità. Certo il concorso italiano selezionato per
Venezia quest’anno è senza dubbio uno dei migliori dell’ultimo
periodo, con un Martone (e il suo Leopardi) che potrebbe
addirittura puntare molto più in alto rispetto ai pronostici appena
snocciolati.
Otto settimane di lavoro
“intenso, complesso ma anche molto doloroso”: così il
Direttore della 71esima Mostra Cinematografica di Venezia,
Alberto Barbera, definisce il processo di
selezione dei titoli presentati quest’anno alla kermesse del Lido.
Ma, a quanto pare, ne è valsa la pena: “Siamo davvero
soddisfatti del risultato… il programma è vario ed articolato, e
include opere di circa 50 Paesi diversi”.
Sono tante le aspettative e le
speranze suscitate da Barbera e da Paolo Baratta,
alla sua seconda Presidenza della Biennale, nel tentativo di
rinnovare e continuare il prestigio internazionale di un Festival
che vuole anzitutto porsi come manifestazione “d’avanguardia,
rischiando e investendo sui giovani: un Festival che si dimostri al
passo con i tempi e con le sfide della contemporaneità”.
E in effetti, il programma del 2014
è ricco e invitante. Si parte dai titoli in gara, con l’atteso e
già anticipato The Cut del tedesco
Fatih Akin, in cui al dramma del genocidio armeno
si sovrappone una storia famigliare. Sembra promettere bene anche
il lungometraggio di Ramin Bahrani, 99
Homes (la produzione è statunitense), che affronta la
crisi dei mutui bancari americani e la conseguente perdita delle
case. Interessante anche il tema scelto dal regista-sceneggiatore
Andrew Niccol, che in Good Kill,
protagonisti Ethan Hawke e Bruce
Greenwood, racconta l’uso dei droni in ambito
militare.
Quello della guerra si pone, del
resto, come uno dei “fili rossi” che, a detta di Barbera, segnano
questa edizione del Festival – basti pensare al documentario di
Oppenheimer, The look of
silence, fotografia della rivolta anti-comunista in
Indonesia, o al giapponese Nobi
(Fires on the Plain), di
Tsukamoto. David Oelhoffen tratta
la Guerra civile algerina con Loin des
hommes, produzione francese che può contare su una
star del calibro di Viggo Mortensen.
Al Pacino sarà
invece al centro del thriller firmato da David Gordon
GrennManglehorn, nei panni di
un anziano fabbro dal passato criminale. Con lui anche
Holly Hunter e Harmony
Corine.
L’Italia fa la sua parte con
Il giovane favoloso di Mario
Martone, un film – Barbera ne è convinto – che “non
deluderà”: se non altro, aggiungiamo noi, per il cast di tutto
rispetto (protagonisti sono Elio Germano, Massimo
Popolizio e Isabella Ragonesi). Altra
produzione nostrana è Anime nere di
Francesco Munzi, tratto dall’omonimo romanzo di
Gioacchino Griaco, parabola esistenziale di tre
giovani dell’Aspromonte e delle vicende che li conducono sulla
strada dell’illegalità.
Grande l’attesa anche per le opere
fuori concorso, una tra tutte She’s funny that
way, regia di Bogdanovich, che
Barbera non esita a definire “un vero e proprio omaggio alle
grandi commedie di Lubitsch. (…) Un film, insomma, come non se ne
fanno più, di una freschezza e comicità straordinarie”. Tra i
protagonisti Owen Wilson, il britannico ed
irresistibile Rhys Ifans, Jennifer Aniston e
Imogen Poots (la biondina tutto pepe di recente
vista nella commedia Non buttiamoci
giù).
Spazio anche per il
genere della serie tv con il progetto voluto, prodotto ed
interpretato da Frances McDormand – titolo
Olive Gutteridge. Qui, afferma Barbera,
assistiamo ad un cinema “puro, classico, con grandi attori” (a
fianco della McDormand ci sono nientemeno che
Bill Murray e Richard Jenkins):
del resto, le tv series sono oggi “la nuova frontiera della
narrazione”, ed ormai il cinema americano sembra averne preso
atto.
L’Italia predilige invece lo
spaccato storico/politico/sociale, con La zuppa del
demonio di Davide Ferrario, ritratto
del sogno dell’industrializzazione dagli inizi del XX secolo agli
anni 70, e con l’attesissimo La
trattativa – a detta di Barbera, il film “più bello,
anche dal punto di vista formale” di Sabina
Guzzanti, incentrato sull’annosa e tuttora irrisolta
questione della trattativa Stato-mafia.
Originale l’idea che ha ispirato il
documentario di Salvatores, Italy in a
day – Un giorno da italiani, racconto di una giornata
di fine ottobre 2013 attraverso i 45000 filmati amatoriali
realizzati dagli italiani attraverso smartphone, telecamere o
fotocamere. Una selezione che, ovviamente, ha richiesto un enorme
lavoro di montaggio, sapientemente coordinato da Massimo
Fiocchi e Chiara Grizotti.
E poi c’è Orizzonti, una volta mera
“sezione laterale” della kermesse veneziana, ora finalmente resa
competitiva e in grado di tenere testa alla sezione In concorso – e
Barbera non esita a definirla “l’altra faccia del
Festival”. Film d’apertura sarà The
President, di Moshen Makhmalbaf,
sorta di apologo politico sulla caduta dei dittatori che riflette
sulla caducità del potere. Segnalato l’esordio alla produzione di
Pierfrancesco Favino, protagonista di
Senza nessuna pietà di Michele
Alhaique, e La vita oscena
firmato da Renato De Maria. Per il filone
letterario ci sarà Michael Almereyda con il suo
Cymbeline, che partendo da Shakespeare dà
vita ad un dramma moderno sul commercio della droga nel Bronx
(protagonisti la Jovovich e Ed
Harris).
Il problema della droga viene
inoltre trattato nell’opera prima dei fratelli Josh e Ben
Sadfie, che firmano Heaven Knows
What. E infine, Barbera strizza l’occhio alla
questione dei tempi “biblici” dei nostri processi quando,
introducendo il film Court sulla lentezza
della giustizia in India, afferma ridendo: “Ecco, forse così
non ci sentiremo più tanto soli”.
Insomma, quest’anno ce ne sarà per
tutti i gusti: dalla politica alla Guerra, dalla commedia
sofisticata alle problematiche sociali. Il film “del cuore” che
Barbera non ha potuto inserire nella sua (lunga) lista di titoli?
Il Direttore del Festival non sembra avere troppi dubbi: “E’
quello di Olmi. Ermanno ci sta ancora lavorando, non sappiamo in
realtà quando sarà finito. Ad ogni modo, ha già annunciato che il
film vuole essere una ‘testimonianza del dramma della Guerra, un
invito alla riflessione su questa tragedia’, e non vuole che sia
inserito e visto in un contesto cinematografico come quello di un
Festival”.
Sollecitato dalle domande della giornalista Claudia Catalli e del
pubblico presente, Favino torna sull’annosa questione del
doppiaggio in Italia: “Gabriele Muccino è un caro amico, come
lui penso che sarebbe bello educare i nostri figli a vedere i film
in lingua originale, ma mi chiedo anche: e noi tutti che siamo
stati abituati così da anni? Mia madre ottantenne? Io vivo qui in
Italia, e la mia esigenza, oggi, è capire come riportare la gente
al cinema, non allontanarla”.
L’attore romano ha quindi ricordato
il suo primo ruolo importante (“Il Libanese mi ha dato la chance di
poter scegliere un ruolo, ma quando ho saputo della serie tv e di
Francesco Montanari ero sollevato: finalmente avremmo diviso il
peso di un personaggio amato dal pubblico, da cui non è stato
facile liberarsi”), ha parlato dei progetti futuri (“Sarò il padre
di Marco Polo nella serie tv Netflix, mio figlio è Lorenzo Richelmy ospite lo
scorso scorso proprio del CineCocktail. Ecco, adesso si appresta a
diventare una star internazionale con questo bel progetto”).
Favino ha quindi chiuso commosso
imitando Mastroianni e ricordando i sacrifici fatti in vent’anni di
carriera, la voglia di “mangiare la polvere” che aveva da
ragazzo e sente ancora, la fatica per produrre Senza nessuna pietà
puntando su un’opera prima, non solo “credendo al talento di un
regista”, ma sentendo “La voglia di contribuire a creare un
nuovo cinema italiano: Mastandrea, Scamarcio, Timi sono altri
colleghi che come me stanno decidendo di impegnarsi nella
produzione di progetti in cui credono davvero. Stare da una parte a
osservare non cambia le cose, lamentarsi della crisi o crogiolarsi
nelle polemiche neanche. Aumenta solo la stasi”.
Arrivato al lido oggi anche il
grande regista Peter Bogdanovic per presentare il
suo ultimo film She’s Funny That
Way con protagonisti Imogen Poots, Owen Wilson,Jennifer Aniston, Kathryn Hahn. Il regista ha
presentato il film alla stampa accompagnato dai due interpreti
Owen Wilson e Kathryn Hahn. [nggallery
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Owen Wilson
interpreta un regista di Broadway, sposato, che si innamora di una
prostituta diventata attrice e cerca di aiutarla ad avanzare nella
sua carriera. La Aniston interpreta un terapeuta con la madre in
riabilitazione. Le riprese si sono tenute a New York.
Arriva la
lido Viggo Mortensen, l’ex re degli uomini
sbarca al Festival di Venezia 2014
per presentare il suo ultimo film in concorso Loin des
homme di David
Oelhoffen con Reda
Kateb.
1954. Nel cuore di un freddo
inverno scoppia la guerra civile in un remoto villaggio algerino.
Due uomini sono costretti a fuggire sulle creste della catena
montuosa Atlas. Daru, insegnante solitario, scorta Mohamed, un
dissidente accusato di omicidio inseguito dalle autorità. Durante
quest’avventura tra i due si sviluppa un legame molto profondo:
insieme decidono di ribellarsi e combattere per la loro
libertà.
La giornata del 04 settembre inizia con la presentaIone alla
stampa del film Pasolini di Abel Ferrara, in
concorso alla 71esima mostra d’arte cinematografica di Venezia, e
con Willem Dafoe, Riccardo Scamarcio, Ninetto Davoli, Valerio
Mastandrea, Maria de Medeiros, Adriana Asti, Salvatore Ruocco.
Commento del regista
“Cercando la morte dell’ultimo poeta
solo per trovare l’assassino dentro me
affilando gli strumenti dell’ignoranza sui
ricordi di atti mai dimenticati di
gentilezza in parole e fatti,
idee impossibili da comprendere.
In una scuola a Casarsa seduto ai piedi del mio maestro
desiderando e poi ascoltando la musica delle onde
che lavano i piedi del
Messia sulla spiaggia dell’Idroscalo,
coloro che fanno avverare la magia sono per sempre legati al corpo
agile
di Giotto in costante ricerca della creazione del gol vincente
per sempre in fuorigioco al seguito del fedele di cui io sono
uno”
La notte del 2 novembre 1975 a Roma viene ucciso Pier Paolo
Pasolini. Ha 53 anni. Pasolini è il simbolo di un’arte che combatte
contro il potere. Ciò che scrive scandalizza, e i suoi film sono
perseguitati dai censori; in molti lo amano e in molti lo odiano.
Il giorno della sua morte, Pasolini ha passato le sue ultime ore
con l’adorata madre e più tardi con i suoi amici più cari, fino a
quando non esce nella notte in cerca di avventure con la sua Alfa
Romeo. All’alba viene trovato morto su una spiaggia di Ostia, nella
periferia della città.
Oggi debutta il primo film italiano in concorso alla 71esima
edizione della Mostra d’arte cinematografia di Venezia. Si tratta
di Anime Nere diretto da Francesco Munzi, con Marco Leonardi e
Barbora Bobulova.
In una terra dove il richiamo delle leggi del sangue e il
sentimento della vendetta possono ancora avere la meglio su tutto,
prende vita la storia di una famiglia criminale calabrese. Una
vicenda che inizia in Olanda, passando per Milano, fino in
Calabria, sulle vette dell’Aspromonte, dove tutto ha origine, e
fine. Il film narra di tre fratelli figli di un pastore, coinvolti
e sconvolti dalla malavita dell’Aspromonte. Il più giovane, Luigi
interpretato da Marco Leonardi è un trafficante internazionale di
droga; Rocco (Peppino Mazzotta) vive a Milano con la moglie Valeria
(Barbora Bobulova) e la loro bambina. Non accetta lo stile di vita
del fratello minore ma è imprenditore grazie ai suoi soldi sporchi;
il maggiore dei tre, Luciano (Fabrizio Ferracane), si illude di
poter evitare lo scontro e di vivere della sua terra. Il figlio
Leo, ventenne rancoroso e senza futuro, scatena una guerra tra
famiglie che spingerà i personaggi fino agli archetipi della
tragedia. La vicenda è liberamente tratta dall’omonimo romanzo di
Gioacchino Criaco.
È oggi il giorno di un altro film fuori, L’urlo e il furore di
James Franco con James Franco, Joey King, Dave Franco. L’epopea
della famiglia Compson. Il film è l’adattamento per il grande
schermo un altro romanzo di William Faulkner, “The Sound and the
Fury”.
Sinossi
Siamo nel Mississippi, alle soglie della Depressione dei primi del
‘900. La storia, torbida e labirintica racconta la decadenza e la
sventura dei Compson, aristocratici del Sud caduti in disgrazia. Le
vicende della famiglia vengono raccontate da differenti
prospettive. I coniugi Compson hanno quattro figli: Quentin,
Candance, Jason (Scott Haze) e Benjamin (Franco). La giovane Caddy
(Ahna O’Reilly), unica sorella femmina, viene narrata dai suoi tre
diversissimi fratelli e diventa presenza candida e rassicurante,
sorella ingenerosa, madre snaturata che abbandona la figlia.
Commento del regista
Un vecchio proverbio dice che un buon libro diventa un brutto film
e un libro non molto buono può diventare un grande film. Penso che
sia vero solo perché ciò che amiamo nei grandi libri è spesso lo
stile della prosa, la struttura e il modo in cui la narrativa
lavora sulla pagina e perché una scrittura grande e intricata è
difficile da adattare per lo schermo. Lo stile e la struttura di un
libro spesso si perdono passando da un mezzo a un altro. The Sound
and the Fury è il nostro secondo impegno con Faulkner e uno dei
tanti film che abbiamo adattato da grandi opere di letteratura.
Nell’affrontare questo difficile modello di letteratura – dove le
diverse sezioni del libro sono raccontate attraverso la prospettiva
in prima persona di personaggi che non pensano in modo lineare –
sapevamo che non era sufficiente adattare la storia (è solo il
racconto della caduta di una famiglia del Sud), ma che dovevamo
anche catturare lo stile e lo spirito del romanzo. Siamo stati
perciò costretti a trovare degli equivalenti cinematografici per la
sua prosa densa e difficile. Cercando le soluzioni, ci siamo
trovati in zone nuove del fare cinema che altrimenti non avremmo
scoperto. È un film che ricerca forme alternative di struttura
narrativa.
Arriva oggi al lido
l’attrice Milla Jovovich per presentare al
Festival di Venezia 2014, nella
sezione Orizzonti, Cymbeline di Michael Almereyda che la vede
protagonista al fianco di Ed Harris, Dakota Johnson, Penn
Badgley, Anton Yelchin, Ethan Hawke, John Leguizamo, Bill
Pullman.
Nel pomeriggio tutte le foto dei
protagonisti che presenteranno il film alla stampa, presenti oltre
alla protagonista femminile anche John Leguizamo e Anton
Yelchin.
La giovane figlia del leader di una
gang decide di disobbedire al padre e sposare l’uomo che ama. Ma il
padre non si dà per vinto e costringe la figlia a divorziare:
l’uomo amato dalla ragazza partirà per l’esilio mentre lei rimarrà
reclusa nelle sue stanze finché non si deciderà a sposare il
prescelto del padre. Quattordici anni dopo Hamlet, Hawke e
Almereyda tornano a lavorare assieme per adattare per il grande
schermo un’altra opera di William Shakespeare.
È il gran giorno di Al Pacino al Festival di Venezia 2014, l’attore premio
Oscar presenta al lido il film fuori concorso The Humbling di Barry
Levinson. Con Al Pacino, Greta Gerwig, Kyra Sedgwick, Nina Arianda,
Charles Grodin.
Un famoso attore di teatro (Al Pacino) cade in depressione e
tenta il suicidio. Ha ormai la sensazione di aver “perso la sua
magia”. Nel tentativo di ritrovare il suo dono per la recitazione,
instaura una relazione con una giovane professoressa omosessuale
(Greta Gerwig).
Manglehorn è un uomo solo, anziano, con
un brutto carattere. Le uniche gentilezze di cui sembra capace sono
tutte riversate sulla sua bella gatta e sulla sua dolce nipotina,
mentre i rapporti con le persone gli risultano ostici. Ha un solo
figlio immerso negli affari e nessun amico. Vive nel ricordo della
donna che ha amato per tutta la vita, un amore di gioventù che lo
accompagna ancora nonostante la vita trascorsa con un’altra
donna.
David Gordon Green
torna a raccontare, dopo Joe con Nicolas Cage, una nuova solitudine,
affastellando parole, immagini, suoni ed emozioni in una
indigestione sensoriale che sembra non avere fine, nonostante la
sostanziale immobilità della storia. Il protagonista è il solito
ottimo Al
Pacino, che da vita ad un uomo tormentato, dall’indole
delicata ma dalla ‘scorza dura’.
Non c’era certo bisogno di un altro
film in cui ci venisse spiegato quanto Pacino sia grande nell’arte
della recitazione, né c’era necessità di sentirsi raccontare una
storia come questa scelta da Green.
Manglehorn è il classico esempio di film
senza infamia e senza lode, che è certo un film con una regia molto
evidente e delle scelte di stile ben precise, realizzate anche
intorno all’attore di serie A che Green ha diretto, ma che non
sembra arrivare da nessuna parte, risultando incompleto nel narrare
la solitudine e la dolcezza, la rinascita e la consapevolezza,
tutti elementi accennati ma che non sbocciano nemmeno nel finale
catartico.
Viggo Mortensen torna al cinema
con Loin des Hommes a
raccontare una storia che attraverso il linguaggio del western ci
porta nei desertici altipiani dell’Algeria durante la guerra tra
gli anni ’50 e ’60.
In Loin des
Hommes si racconta la storia di Daru, un professore
francese (Mortensen) con un passato nell’esercito, che si rifugia
nella parte interna della regione africana per insegnare il
francese ai bambini del luogo. Nella sua placida routine quotidiana
irrompe Mohamed (Reda Kateb), un omicida che gli
viene affidato perché lui lo consegni all’esercito francese, che lo
processerà e, inevitabilmente, lo condannerà a morte. Daru è
restio, non vuole consegnare un uomo ad un destino di morte certa,
ma il suo prigioniero sembra volersi assoggettare con docilità al
suo destino. Comincia così un viaggio attraverso gli altipiani
dell’Algeria, durante il quale i due uomini si conosceranno e
cominceranno a fidarsi l’uno dell’altro.
Il regista David
Oelhoffen trae ispirazione da L’Ospite di Camus e
racconta una storia dai toni dilatati, che non manca di momenti
toccanti e addirittura (in casi sparuti) divertenti, che permettono
allo spettatore di fare amicizia con la storia, così come succede,
gradualmente, ai due protagonisti. In alcuni momenti però
Loin des Hommes si affossa su ritmi
estremamente dilatati, che pur rendendo giustizia al paesaggio e
alla fotografia, non giovano alla narrazione.
Splendente mattatore dell’intera
storia è Viggo Mortensen, che recita in perfetto
francese (concedendosi anche qualche parola di spagnolo e arabo) e
regala al pubblico l’ennesima magica interpretazione.
Sono stati assegnati oggi i primi
premi collaterali di Venezia 71, che domani vedrà l’assegnazione
del Leono d’Oro del 2014. Di seguito il vincitore del premio
Leoncino d’Oro che raggiunte quest’anno la sua XXVI edizione. Al
35esimo anno invece è il premio Cinema for UNICEF, mentre a Carlo
Mazzacurati è stato dedicato il premio Schermi di Qualità,
inaugurato quest’anno.
La 35aSegnalazione
Cinema for UNICEF alla71.Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della
Biennale di Venezia al film HUNGRY
HEARTS di Saverio Costanzo
Premio“SCHERMI DI QUALITÀ – CARLO
MAZZACURATI” 2014 al film ANIME NERE di
Francesco Munzi
Birdman, il film
Birdman
è diretto da Alejandro Gonzalez Innaritu (21
grammi) e vede nel cast
Michael Keaton,
Edward Norton,
Emma Stone,
Andrea Riseborough,
Naomi Watts e
Zach Galifianakis. Il film racconterà la
storiadi un attore (Keaton) reso famoso dalla sua interpretazione
cinematografica di un iconico supereroe. L’attore cerca di sfondare
in teatro, mettendo in scena una commedia per Broadway, e lo
troviamo, nei giorni precedenti alla prima del suo spettacolo,
combattere con il proprio ego per cercare di recuperare i rapporti
con la sua famiglia, la sua carriera e se stesso.
Ancora a Francia in
concorso alla 71esima edizione del Festiva di
Venezia, oggi è la volta del film Le
dernier coup de marteau di Alix
Delaporte con
protagonistiRomain Paul, Clotilde Hesme, Grégory
Gadebois, Candela Peña, Tristán Ulloa.
Camargue. Victor, ragazzo di quattordici anni,
abita con la madre in una comunità limitrofa a quella dei gitani.
Quando entra per la prima volta al teatro dell’Opera di Montpellier
non sa nulla di musica classica. Né sa nulla riguardo suo padre,
Samuel Rovinski, che si trova lì per dirigere la 6° sinfonia di
Mahler. Per cambiare il corso del suo futuro, improvvisamente
incerto, per sua madre Nadia, per Luna, la ragazza di cui si è
innamorato, Victor decide di uscire dall’ombra e di trarre il
meglio dalle opportunità che ha trovato sul suo cammino.
Sarà la prima assoluta di
The Smell of us il nuovo film scandalo di
Larry Clark, acclamato regista di
Kids e Marfa Girls, l’evento più
attesoal Lido perquinta giornata di festival. Il film, presentato
domani sabato 31 (ore 17, Sala Perla) alle Giornate degli Autori,
apre con un cameo dello stesso regista – l’unico adulto accettato
dai ragazzi – e indaga la vita di un gruppo di giovanissimi skater
parigini uniti da complicate situazioni familiari che, per
sopperire alla noia del quotidiano e spinti dal richiamo del denaro
facile, accompagnano lo spettatore in un vortice di prostituzione,
droga e solitudini. Nel cast anche l’attore americano Michael Pitt
(The Dreamers).
«Volevo fare un film sulla gioventù
francese sin da quando andai a Cannes per Kids nel 1995 –
racconta il regista – incontrai alcuni ragazzi e li invitai
all´anteprima, li fotografai, entrando anche nelle loro case per
incontrare i genitori a cena. Capii allora – prosegue Clark – che
potevo fare un film in Francia sui giovani e su ciò che mi
interessava».
Ma al tema della solitudine,
declinata al femminile, si rifà anche The Lack dei
Masbedo (ore 22, Sala Perla 2), i due video artisti Nicolò Massazza
e Iacopo Bedogni, che portano sullo schermo quattro variazioni sul
tema della “mancanza” attraverso la vita di sei donne che vivono
l’abbandono, il distacco e la fatica ripercorrendo il loro viaggio
interiore.
«The Lack ci ha permesso di
sperimentare oltre l’esperienza video artistica – spiega Nicolò
Massazza – non ci sono comparse, solo sei donne, nessuno accompagna
la loro solitudine. Volevamo che la voce del film fosse radicale –
prosegue Iacopo Bedogni – tra un silenzio malinconico e la presa
diretta della natura».
Tra gli eventi collaterali, alle
ore 15, la Villa degli Autori (Lungomare Marconi, 56) si terrà
l’incontro Il Nuovo Cinema è in TV? La serialità alla
conquista dei festival e del cinema moderato dallo
sceneggiatore Giacomo Durzi. Al centro del
convegnol’interesse per la serialità che, da fenomeno sociale e
crossmediale, è diventato oggi fenomeno di culto ed ha sconfitto
anche i custodi delle cattedrali del cinema, come i grandi
festival. All’incontro, promosso da 100autori in collaborazione con
Giornate degli Autori, interverranno: Frédéric Boyer, Renato De
Maria, Jeppe Gjervig Gram, Nicola Lagioia, Nicola Lusuardi, Savina
Neirotti, Stefano Sardo, Boris Sollazzo
Oggi 31 agosto è il grande giorno
della Laika che presenta al Festival di Venezia 2014 l’ultima fatica
in stop-motion, il lungometraggio Boxtrolls – Le scatole magiche.
Al lido presenti i registi Graham Annable, Anthony Stacchi e
l’attore che presta la voce al protagonista, Isaac Hempstead
Wright: Eggs (Game of Thrones).
Boxtrolls
– Le scatole magiche è un film evento per famiglie dei
creatori di Coraline e la Porta
Magica e ParaNorman, entrambi
candidati all’Oscar per il Miglior Film d’Animazione. Si
tratta della terza produzione cinematografica dello studio
d’animazione con sede in Oregon, LAIKA. Girato in loco presso gli
studi LAIKA, in 3D e con metodi avanzati manuali e
tecnologici, Boxtrolls Le Scatole Magiche utilizza disegni
manuali, formato grafico ibrido d’animazione in CG e tecnica
dello stop-motion, per rappresentare la storia del best-seller
fantasy d’avventura di Alan Snow “Arrivano I Mostri!”.
Boxtrolls
– Le scatole magiche presenta al pubblico ad una nuova
specie di famiglia – I Boxtrolls, una comunità di creature
bizzarre e dispettose, che hanno amorevolmente adottato e cresciuto
un ragazzino orfano, Uovo (doppiato nella versione originale da
Isaac Hempstead Wright di Game of Thrones), fin dall’infanzia nella
splendida casa nelle caverne che hanno costruito sotto i viottoli
di Pontecacio.
Qui vivono una vita felice ed
armoniosa, lontano dalla società; i residenti snob della cittadina
di epoca vittoriana sono ossessionati dalla ricchezza, dalla classe
sociale, e dal benessere… ma soprattutto dai formaggi puzzolenti.
Lord Gorgon-Zole (Jared Harris di Mad Men), il sindaco de facto,
detta legge circondato dai suoi uomini snob e d’élite delle Tube
Bianche. Come tutti gli altri, crede alle leggende spaventose sui
Boxtrolls, divulgate in lungo e in largo per oltre un decennio dal
malvagio Archibald Arraffa (l’attore premio Oscar Ben Kingsley).
Determinato ad ottenere il consenso delle Tube Bianche, Arraffa ha
imprigionato il geniale inventore ed amico dei Boxtrolls Herbert
Trubshaw (Simon Pegg di Star Trek), ed ha reclutato una banda nota
come ‘Tube Rosse’ per catturare tutti i Boxtrolls. Delle Tube Rosse
fanno parte l’implacabile Mr. Nervetto (Tracy Morgan di 30 Rock),
il goffo Mr. Pasticcio (Richard Ayoade di The IT Crowd), e
l’impassibile Mr. Trota (Nick Frost di The World’s End).
Dopo Uomini di
Dio del 2010, Xavier Beauvios torna
alla regia con La rançon de la
gloire, film presentato alla 71esima edizione della
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografia di Venezia, nella
selezione ufficiale del concorso.
Siamo alla fine degli anni ’70.
Sulle sponde del lago di Ginevra si affaccia la cittadina Vevey.
Quando Eddy, un belga di quarant’anni, esce di prigione, viene
accolto dal suo amico Osman. I due hanno fatto un patto: Osman
lascia che Eddy viva nel suo capanno e, in cambio, Eddy si prende
cura della figlia di sette anni di Osman, Samira. Un giorno, però,
succede una cosa: in televisione viene annunciata la morte di
Charlie Chaplin, il quale lascia agli eredi un’enorme ricchezza.
Eddy si ritrova a sognare a occhi aperti e a meditare una strana
idea: se rubasse il corpo del defunto attore per chiedere un
riscatto alla famiglia?
Protagonisti del film sono
Roschdy Zem e Benoît Poelvoorde,
una strana coppia bene assortita che ci trasporta in questo viaggio
agrodolce in cui le difficoltà della vita mettono alla prova due
amici che non vogliono darsi per vinti e che devono far fronte a
circostanze difficili.
Il film è una commedia che ricorda
vagamente negli eventi I soliti ignoti e nelle intenzioni il cinema
di Chaplin stesso, ma che in sostanza si rivela un ritratto
buonista e prevedibile di un’impresa tragicomica che assume tratti
quasi surreali.
Elemento importante del film è la
colonna sonora, che commenta con fare invasivo e spesso eccessivo
ogni singolo momento del film. La soundtrack è composta da Michel
Legrand e sembra citare spesso i componimenti dello stesso Chaplin.
Il film, nell’ottica festivaliera, è di difficle collocazione, e
sembra sia stato selezionato esclusivamente per le motivazioni
cinefile che ne muovono i meccanismi.
La rançon de la
gloire è una commedia senza pretese, un film godibile
che nel voler rendere omaggio a tanti punti di riferimento perde un
po’ la sua sostanza e rimane un prodotto medio.
L’Iran protagonista a Venezia domani, giovedì 28 agosto, con il
film di apertura della Settimana della Critica: l’Evento Speciale
che inaugura la 29. edizione è infatti MELBOURNE, opera prima del
giovane Nima Javidi.
Interpretato da Payman Maadi (già protagonista del film premio
Oscar Una separazione) e Negar Javaherian, entrambi al Lido anche
per Tales (il film di Rakhshan Banietemad che domani sarà
presentato in Concorso), Melbourne racconta la storia di Amir e
Sara, una giovane coppia che, sul punto di partire per l’Australia,
a poche ore dal volo viene involontariamente coinvolta in un
tragico evento.
“Abbiamo scelto di aprire con Melbourne – spiega il delegato
generale Francesco Di Pace – perché si tratta di un film drammatico
e al tempo stesso teso come un thriller, in cui la menzogna e il
senso di colpa rischiano di segnare il destino di due esseri umani
in procinto di cambiare radicalmente la propria vita: un’opera che
ci ha ricordato il cinema di Asghar Farhadi, nel migliore dei suoi
significati”.
“La parte più affascinante e terrificante dell’essere umano è la
sua imprevedibilità, che si presenta nelle situazioni critiche e
spesso ci sorprende”, racconta nelle note di regia Javidi, che con
il suo primo film conferma una volta di più la capacità del cinema
iraniano contemporaneo di indagare sentimenti e dinamiche di
coppia, e di raggiungere un pubblico internazionale con
l’universalità delle proprie storie.
Non stupisce, quindi, che Melbourne abbia incontrato subito
l’interesse di una distribuzione, Microcinema, che prossimamente
porterà il film nelle sale italiane: “Un motivo di soddisfazione in
più – continua Di Pace – per tutta la commissione di
selezione”.
Si è tenuta in un evento esclusivo
la presentazione del corto The Gentleman’s Wager con protagonisti
Jude Law e Giancarlo Giannini, l’opera è stata prodotta da
Johnnie Walker, marchio leader nel produrre Scotch
Whisky.
Diretto da Jake
Scott e interpretato anche da attore italiano
Giancarlo Giannini, il film racconta la storia di
una scommessa tra due uomini per personale interesse e alla ricerca
di una rara e reale esperienza.
Il corto sarà rilasciato a livello
mondiale il 30 Luglio 2014 ed è stato girato nelle Isole Vergini
nei Caraibi e a Londra.
L’attore ha commentato la cosa
dicendo: “Il film parla di miglioramento e progresso e questo è
qualcosa che cerco di fare nel mio lavoro e nella mia vita. Ho
dovuto imparare nuove cose per girare questo film, e combinato ai
posto che abbiamo visitato per girare e al lavoro con Jake e un
attore come Giancarlo a reso il tutto un’esperienza
rarissima.”
Arriva fuori concorso alla 71esima
edizione del Festival di Venezia 2014 Joe
Dante con il film Burying the Ex con
protagonisti Anton Yelchin, Ashley Greene,
Alexandra Daddario, Oliver Cooper.
Commento del regista:
Ex. Tutti ne abbiamo. Ma ogni
tanto, c’è quella speciale. Quella che continua a tornare.
Nonostante abbiamo cercato di andare avanti, di seppellire il
passato e imparato ad amare di nuovo, le ex sono a distanza solo di
una telefonata, di un messaggio o di una visita a sorpresa… Ho
sempre creduto che i migliori film di zombi fossero quelli in cui i
non-morti sono una metafora di un tema più grande e universale:
come i rapporti interrazziali in Night of the Living Dead, la paura
della malattia in 28 Days Later, o il consumo di massa, come gli
zombi senza cervello che attaccano un centro commerciale in Dawn of
the Dead. Eppure, con tutta la “spettacolarizzazione” del genere
che è seguita negli anni, nessuno ha mai usato uno zombi per
impersonare una ex che non vuole andarsene, almeno finora. Burying
the Ex è uno zom com, una nuova interpretazione dei generi della
commedia romantica/zombi che proverà una volta per tutte che certi
rapporti non muoiono mai…
Max (Anton Yelchin) è un bravo
ragazzo che decide di andare a vivere con Evelyn (Ashley Greene),
la sua bellissima ragazza. La loro relazione però diventa
complicata quando Evelyn si rivela un incubo, maniaca del controllo
e manipolativa. Max vuole troncare al più presto la storia, ma ha
paura di dirlo a lei. Il caso gli viene in soccorso quando Evelyn è
coinvolta in un incidente e muore. Max incontra dopo non molto
tempo Olivia (Alexandra
Daddario), una ragazza carina che potrebbe essere la
sua anima gemella. Scopre presto che Evelyn è risorta dalla tomba e
determinata a riprendersi il suo fidanzato, che potrebbe a sua
volta diventare uno zombie.
Oggi è stato il
grande giorno di James Franco alla 71esima
edizione del Festival di Venezia 2014.
L’attore e regista americano ha presentato il suo ultimo film fuori
concorso, L’urlo e il furore, oltre a ritirare il premio
Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2014.
Franco ha rivelato
le sue intenzioni dietro un film molto personale: «Volevo
recitare la parte di un poeta – ha proseguito Franco – ma nessuno
mi dava questo ruolo e mi sono reso conto che allora dovevo farlo
io. Quindi mi sono detto: o dò una scossa io o non si realizzerà
mai un film su questo romanzo e l’ho fatto su uno dei miei libri
preferiti della letteratura americana». «Ho potuto realizzare i
miei sogni – ho avuto una vita felice e adesso faccio l’insegnante.
Credo che si è creativi con le persone che ama e rispetta non c’è
nessun modo migliore di vivere. Preferisco fare film con questi
attori piuttosto che andare con loro in vacanza alle
Hawai».
L’urlo è il furore è l’adattamento
per il grande schermo un altro romanzo di William
Faulkner, “The Sound and the Fury”. , ecco il
regista a proposito dello scrittore: «Ha avuto una forte influenza
artistica su di me, ma anch’io su di lei, le ho fatto studiare
recitazione e appare in molti miei film»
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Sinossi
Siamo nel Mississippi, alle soglie della Depressione dei primi del
‘900. La storia, torbida e labirintica racconta la decadenza e la
sventura dei Compson, aristocratici del Sud caduti in disgrazia. Le
vicende della famiglia vengono raccontate da differenti
prospettive. I coniugi Compson hanno quattro figli: Quentin,
Candance, Jason (Scott Haze) e Benjamin (Franco). La giovane Caddy
(Ahna O’Reilly), unica sorella femmina, viene narrata dai suoi tre
diversissimi fratelli e diventa presenza candida e rassicurante,
sorella ingenerosa, madre snaturata che abbandona la figlia.
In principio ci fu Life
in a Day, film documentaristico di Ridley Scott che racconta la vita degli esseri
umani dall’alba al tramonto di una sola giornata. Poi
Gabriele Salvatores ha deciso di realizzare
Italy in a Day, un racconto che ha alla
base lo stesso principio del progetto originale di Scott e che è
stato realizzato con il contributo degli italiani che hanno inviato
quasi 45mila video che raccontano tante piccole storie, situazioni
quotidiane, scelte di vita, vite semplici e vite importanti, vite
di italiani all’estero, di giovani e vecchi, di malati, di
carcerati e sofferenti, di coppie (eterosessuali e omosessuali) che
provano a mettere insieme una famiglia nonostante le difficoltà,
diverse per ognuno.
Salvatores realizza un maxi
montaggio in cui il filo conduttore è lo svolgersi della giornata,
dalla mezzanotte alla mezzanotte del 26 ottobre 2013, e attraverso
pochi maxi blocchi racconta la notte dei solitari, dei lavoratori
notturni, le mattine dei bambini, le colazioni, l’inizio della
scuola e del lavoro in ufficio, ma anche la solitudine degli
anziani e la gioia delle nuove vite che arrivano, la difficoltà di
un trentenne di trovare una collocazione nella società produttiva e
anche le storie di chi, proprio per diventare un membro produttivo
della società, ne sceglie un’altra e si trasferisce all’estero.
Il prodotto finale è commovente e
divertente, come le storie che vengono raccontate, una boccata
d’aria e un invito a sorridere delle nostre piccole manie, dei
gaffi che dormono con noi, dei bimbi che ci tengono svegli la
notte, dei nonni che non ricordano i nomi dei loro figli ma sono
comunque in grando di grandi pensieri poetici.
Italy in a
Day è un’esperienza, una finestra sull’Italia e sulla
vita che tutti noi condividiamo in un Paese “che soffre con
dignità, ma che ha ancora una finestra aperta verso il
futuro.”
Il 02 settembre arriva in
concorso il film di Roy Andersson, En
duva satt på en gren och funderade på tillvaron
(A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on
Existence).
Come un Don Chisciotte e un Sancio
Panza dei nostri tempi, Sam e Jonathan, due commessi viaggiatori
che vendono oggetti innovativi, ci conducono in un caleidoscopico
vagabondaggio attraverso i destini umani. Un viaggio che ci mostra
la bellezza di certi momenti, la meschinità di altri, l’umorismo e
la tragicità che risiedono in tutti noi, la grandiosità della vita
così come la fragilità dell’essere umano.
Tutte le foto:[nggallery id=1017]
La 71ª edizione della Mostra internazionale d’arte
cinematografica avrà luogo a Venezia dal 27 agosto al 6
settembre 2014. Anche quest’anno sarà diretta da Alberto Barbera e
organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.
La madrina della rassegna sarà
l’attrice italiana Luisa Ranieri. Il film di apertura del festival
sarà Birdman, del regista Alejandro González Iñárritu.
Secondo giorno per la 71esima edizione del Festival del cinema
di Venezia, oggi in concorso è la volta della Francia con il film
La rancon de la gloire di Xavier
Beauvois.
Siamo alla fine degli anni ’70. Sulle sponde del lago di Ginevra
si affaccia la cittadina Vevey. Quando Eddy, un belga di
quarant’anni, esce di prigione, viene accolto dal suo amico Osman.
I due hanno fatto un patto: Osman lascia che Eddy viva nel suo
capanno e, in cambio, Eddy si prende cura della figlia di sette
anni di Osman, Samira. Un giorno, però, succede una cosa: in
televisione viene annunciata la morte di Charlie Chaplin, il quale
lascia agli eredi un’enorme ricchezza. Eddy si ritrova a sognare a
occhi aperti e a meditare una strana idea: se rubasse il corpo del
defunto attore per chiedere un riscatto alla famiglia?
Oggi arriva il secondo
film italiano in concorso Hungry Hearts
di Saverio Costanzo con protagonisti Adam
Driver, Alba Rohrwacher, Roberta Maxwell, Al Roffe, Geisha
Otero.
New York, Brooklyn. Mina è italiana,
Jude newyorkese. Si incontrano accidentalmente e iniziano una
profonda e appassionata storia d’amore che li conduce fino al
matrimonio. La loro vita procede molto serenamente fino a quando
Mina rimane incinta e incontra una guida spirituale che le dice che
porta in grembo un bambino “indaco”. Mina sviluppa nei confronti
del bambino un’attenzione morbosa: convinta che l’alimentazione
ordinaria sia un ostacolo al corretto vivere e terrorizzata dalle
contaminazioni, tiene il neonato lontano dalla luce, dai contatti
col mondo esterno e lo nutre esclusivamente di specifici cibi e a
specifici orari. Jude si accorge che il bambino cresce male e il
pediatra gli conferma che il bambino non sta bene, è denutrito.
Inizia così un braccio di ferro tra i due genitori che porterà a
sviluppi drammatici.
Il Museo Nazionale
del Cinema di Torino è presente alla 71. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica (27 agosto – 6
settembre 2014) con tre importanti restauri.
Due pellicole, Todo Modo di
Elio Petri e L’udienza di Marco Ferreri, verranno
presentate in Venezia Classici, la
sezione dedicata alla valorizzazione dei restauri e dei documentari
sul cinema, realizzati nell’ultimo anno da cineteche e istituzioni
culturali di tutto il mondo. Il restauro de L’udienza è
stato possibile grazie alla campagna di crowdfunding sul
sito MakingOf.it.
Il museo è inoltre presente martedì
26 agosto(ore 20.15) per la preapertura della 71.
Mostra del Cinema al Lido di Venezia nella rinnovata SALA
DARSENA, per la serata speciale dedicata alla città, con
l’anteprima di MACISTE ALPINO (1916) di
Luigi Maggi e Luigi Romano Borgnetto in una nuova copia restaurata
in occasione del Centenario della Grande Guerra. La ricostruzione e
il restauro digitale della versione originale sono stati realizzati
dalla Biennale di Venezia in collaborazione con il
Museo Nazionale del Cinema di Torino, presso il
Laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna.
In allegato il comunicato stampa e
alcune immagini.
L’1 settembre è il giorno della mini serie dell’HBO Olive
Kitteridge con protagonisti Frances McDormand, Richard Jenkins.
La mini serie è l’adattamento del libro premio pulitzer scritto
da Elizabeth Strout ed è la storia toccante e tragicomica di
un’apparente placida cittadina del New England, caratterizzata da
affari illeciti, criminalità e tragedie, raccontata attraverso lo
sguardo di Olive, un’insegnante di matematica, il cui comportamento
duro nasconde in realtà un caldo e travagliato cuore.