Mentre cresce l’attesa per il
debutto al cinema di Justice
League, oggi il film su Wonder Woman
ha segnato un record storico al box office nella storia del
cinema.
Infatti, la pellicola su
Diana Pince diretta da Patty
Jenkins e interpretata da Gal
Gadot è diventato secondo Forbes , il film
sulla storia delle origini di un supereroe ad incassare di più
nella storia del cinema.
Wonder Woman ha incassato 821,74 milioni
di dollari in tutto il mondo, battendo il film che deteneva il
record, il primoSpider-MandiSam Raimi, che aveva guadagnato
nel 2002 821,7 milioni di dollari. Dunque un record importante
per Warner Bros e l’universo DC Comics al
cinema, che fa ben sperare anche per il futuro del
franchise.
Mentre sta per fare il debutto in
queste ora negli USA Thor: Ragnarok, oggi il produttore
dei Marvel
StudiosKevin Feige in un’intervista rilasciata
a
The Wrap ha commentato la scena post-credits del film,
rivelando l’identità della nave che vediamo nella sequenza a fine
film.
Feige ha
confermato che si tratta della Sanctuary II, dando
credito dunque alle speculazioni apparse in rete in merito alla
scena. La Sactuary I, nota anche come The Chitauri si
vede nel primo film Avengers, ed è dove Thanos
dimora ed è ormai battezzato la nave ammiraglia della sua
flotta.
Thor:
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston
il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si
annoverano il premio OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
La trama di Thor: Ragnarok – “In Marvel
Studios’ Thor Ragnarok, Thor è imprigionato dall’altro lato
dell’universo senza il suo formidabile martello e si trova in una
corsa contro il tempo per tornare a Asgard per fermare il Ragnarok,
la distruzione della sua casa e la fine della civiltà asgardiana,
dalle mani di una nuova e potente minaccia, la spietata Hela. Ma
prima deve sopravvivere a una mortale lotta tra gladiatori che lo
metterà contro uno dei suoi amici Avengers, l’incredibile Hulk.
Continuano le riprese di
Avengers 4 e da Just Jared arrivano delle foto
rubate dal set in cui vediamo Chris Hemsworth e Tom
Hiddleston nei panni di Thor e Loki.
A giudicare dal look dei due attori
e dalla maschera che porta Hiddleston, la scena a
cui stanno lavorando potrebbe essere un flashback di The
Avengers.
Avengers 4 è ancora
un grande mistero. Il film sarà diretto dai Fratelli Russo ma non
sappiamo ancora da chi sarà composto il cast né di cosa parlerà il
film. Le dichiarazioni di Kevin Feige in merito hanno reso molto
chiaro il fatto che il titolo ufficiale del film rappresenta
spoiler per Avengers Infinity War, per cui non
sarà rivelato fino all’uscita al cinema del film che conclude la
Fase 3 dei Marvel Studios.
Michael Shannon è
stato il protagonista della serata del 2 novembre alla Festa del
Cinema di Roma 2017. L’attore americano è arrivato presentando il
suo ultimo film, Trouble no
more, un omaggio a Bob Dylan nel
periodo della sua conversione cristiana.
Ecco le foto dell’attore sul tappeto
rosso dell’Auditorium:
Dopo aver ospitato qualche
giorno fa l’eccentrico Chuck Palahniuk e il
geniale e coinvolgente Ian McKellen,
la Festa del Cinema di Roma ha dato il benvenuto
ad un’altra eccellenza del mondo del cinema e della musica. Si
tratta del compositore Michael Nyman che
ricordiamo per colonne sonore come quella dell’acclamato
Lezioni di Piano.
Durante l’incontro con il
pubblico, moderato da Mario Sesti e Francesco
Zippel, Nyman ha raccontato qualcosa in più del suo
lavoro, del rapporto tra cinema e musica e soprattutto della sua
grande passione per la regia. In pochi infatti sanno che Michael
Nyman non è solo un compositore e musicista ma anche un regista
sperimentale.
Dirigere per Nyman non è solo un
vezzo ma a volte diventa una vera e propria necessità artistica.
Comporre una colonna sonora per un film richiede molto tempo e
spesso ci si ritrova a combattere con registi e produttori che
hanno idee completamente diverse e che finiscono col modificare
l’intera opera.
“Come regista e compositore posso
decidere in autonomia cosa musicare o meno e soprattutto non devo
sottostare a decisione di terzi […] Comporre richiede molto tempo
perché le colonne sonore devono adattarsi perfettamente ai film e
alle esigenze narrative […] bisogna sincronizzare scene e musiche e
a volte incorporare alcuni rumori d’ambiente […]
Ad esempio, per il film Goodbye
Lenin [film del 2003 la cui colonna sonora è del compositore
francese Yann Tiersen], la
realizzazione della soundtrack ha portato via ben tre mesi di
lavoro […] e per i cortometraggi le cose non cambiano. Non è raro
infatti che comporre musiche per i corti porti via anche più tempo
di quelle per i film […] Solitamente, quando compongo per altri
registi, è la musica che si deve adeguare alle immagini mentre,
quanto a girare sono io, il processo si inverte: sono le immagini a
spiegare la musica”.
Ben presto l’incontro con
Michael Nyman ha preso però una piega insolita e
la sua carriera da compositore è passata in secondo piano. Dopo
aver ricordato alcune delle sue colonne sonore più belle come
quella di Lezioni di Piano (1993),
Gattaca (1997), I misteri del giardino di
Compton House (1982), il compositore ha spostato
l’attenzione tutta sulla sua esperienza diretta dietro la macchina
da presa, una macchina in verità più simile ad una comune
fotocamera digitale. Nyman ha infatti confessato di portare sempre
con sé in giro un piccola camera compatta con cui è solito
riprendere la realtà che lo circonda e lo ispira.
“Solitamente faccio riprese ampie
di ciò che mi circonda ma capita spesso che mi focalizzi su
dettagli che ritengo più importanti e a quel punto utilizzo delle
zoommate […] Questo è evidente nei miei corti Witness I e Witness
II […] entrambi parlano dei deportati ad Auschwitz, descrivendo l’orrore
di quegli anni in modo assai sperimentale
[…]
In Witness I ho usato
fotografie di alcuni gipsy deportati nei campi di concentramento
nel 1942-43 […] Fare un film utilizzando delle foto è molto
complesso poiché, a causa della staticità delle immagini, è più
difficile fare arrivare il messaggio allo spettatore […] Ecco
perché, in fase di montaggio, per rendere il risultato più
dinamico, ho fatto in modo che le immagini comparissero,
scomparissero e si accavallassero come in una visione
[…]
Witness II, che è stato
mostrato al pubblico proprio ad Auschwitz, mostra ancora i volti di
alcuni deportati, dipinti che io ho filmato di nascosto al museo
dell’Olocausto […] A differenza del primo corto, Witness II non
mostra solo i ritratti di queste povere persone ma si concentra
anche su alcuni dettagli come ad esempio le date di nascita delle
vittime […] alcune di loro non avevano più di dodici anni […]
“
L’amore di Michael
Nyman per il cinema e soprattutto per la regia è nato
negli anni sessanta quando, in collaborazione con il grande
Peter Greenaway, ha girato il suo primo
film.
“Ho iniziato a girare nel
1967 a Londra. Il film si chiamava Love Love Love e trattava del
tema della legalizzazione della marijuana. Era in effetti in
montaggio di riprese fatte di manifestazioni contro la guerra in
Vietnam. Ricordo che portai tutto il materiale al mio amico Peter
Greenaway e lui mi disse ‘Michael il girato è una cosa ma il film è
tutt’altra cosa.Devi trovare una strada,
un punto di vista, un montaggio che sappia cogliere ciò che vuoi
dire’. E così ho fatto”.
La vida y nada
mas, presentato all’interno delle Selezione Ufficiale
della Festa del cinema di Roma 2017 e diretto da Antonio
Méndez Esparza, affronta il rapporto tra genitori e figli
adolescenti che vivono in una situazione difficile.
Il giovane afroamericano Andrew è
alle soglie dell’età adulta ed è in cerca del proprio posto
nell’America di oggi. La madre non è intenzionata ad aiutarlo e per
cercare di entrare in contatto con il padre assente deve muoversi
da solo, anche verso terreni pericolosi.
Il regista, dopo il grande successo
di Qui e là del 2012, ritorna a raccontare
l’umanità nelle sue situazioni quotidiane. Proprio per questo, la
regia insiste soprattutto sui luoghi e sulle azioni che i
protagonisti compiono abitualmente, con una ripetizione insistita.
Il ritmo del racconto è lento e spesso sfuma lasciando situazioni
in sospeso per evidenziare lo stato di incertezza e di difficoltà
che vivono i personaggi. Ma la storia non risparmia anche lunghi
silenzi e momenti costruiti a comporre un crescendo di
tensione.
Andrew, interpretato da
Andrew Bleechington, è un adolescente fragile e
taciturno che ha bisogno di sostegno. Cerca aiuto all’esterno della
sua stessa famiglia, ma non sa distinguere quali siano le persone e
i modi giusti da seguire. La madre Regina, interpretata da
Regina Williams, è una donna che non sa gestire la
situazione familiare e preferisce cercare altri stimoli. Si mostra
presente solo con la figlia più piccola, evidentemente meno
problematica di un adolescente.
Pur trattando temi difficili,
La vida y nada mas smussa i contorni omettendo i
particolari più crudi. Si concentra soprattutto sull’aspetto
psicologico dei personaggi, su quello che provano quando si sentono
incompresi o quando si distraggono con altri stimoli. Questa scelta
di edulcorare i temi trattati rende il film meno cattivo ma non per
questo banale.
Tomorrow and
Thereafter, diretto da Noemie Lvovsky e
presentato in concorso in Alice nella città, affronta il delicato
tema della malattia mentale, attraverso il contesto familiare con
l’aggiunta di una componente favolistica.
Mathilde vive con una madre
psicologicamente fragile. La bambina deve fare di tutto per
prendersi cura di lei e fra sì che non vengano mai separate.
Lvovsky costruisce un racconto in
cui la drammaticità della malattia mentale, il disagio e la
disperazione vengono combattuti grazie a una grande forza di
volontà e a un’immaginazione fervida stimolata soprattutto dalle
poesie, dalla musica e dalle favole. Questo tipo di soluzione
narrativa è accompagnata da inquadrature ravvicinate e da continue
variazioni tonali; si passa da atmosfere luminose e rassicuranti ad
altre più oscure, riflesso dei turbamenti psichici. Importante è
anche l’esplorazione accurata degli ambienti entro cui si muovono i
personaggi, ambienti che diventano il riflesso di quello che gli
stessi provano interiormente.
Mathilde, interpretata da
Luce Rodriguez, è un personaggio molto forte per
la sua età; la ragazza ha su di sé tutto il peso della complicata
circostanza drammatica che è costretta a gestire. Trova la forza
andare avanti grazie alla sua immaginazione e alla sua capacità di
vedere le cose in un altro modo (in questo ricorda vagamente il
film d’animazione James e la pesca Gigante) senza lasciarsi
sopraffare, nonostante qualche momento di debolezza. La madre, la
stessa Noemie Lvovsky, è invece un personaggio
speculare a quello di Mathilde. Malata, è una specie di controparte
oscura, triste che però si rivela essere una madre affettuosa e
premurosa nei momenti buoni che la malattia mentale le concede.
Tomorrow and
Thereafter cerca di dimostrare che la malattia mentale non
è solo ospedale, isolamento e pregiudizio. Per continuare a vivere,
a far sì che tutto non sparisca e non sprofondi ogni tanto fa bene
sognare e vivere a colori. Questo approccio positivo e propositivo
rende il film fruibile per un pubblico di tutte le età, perché
invita ad aprire gli occhi e ad affrontare questo tipo di problema
in maniera più aperta, soprattutto nei confronti della
fantasia.
Nut Job – Tutto molto
divertente, sequel di Nut Jub – Operazione
Noccioline, è diretto da Cal
Brunker ed è stato presentato tra gli eventi
speciali di Alice nella città, la sezione autonoma e indipendente
della Festa del
cinema di Roma 2017. Tema portante del film
d’animazione, destinato ai più giovani, è la
cementificazione delle aree verdi urbane per trarne profitti.
Nel film torna lo scoiattolo
Spocchia e la sua banda di roditori che vive a Liberty Park. Questa
volta è messa in discussione la loro stessa sopravvivenza perché il
sindaco della città ha intenzione di demolire il parco per
costruire un Luna Park.
Il regista confeziona un film
d’animazione assumendo il punto di vista dei piccoli roditori con
inquadrature all’altezza dei loro occhi alternandole a visioni
d’insieme della città. Il ritmo è coinvolgente e veloce e ha una
struttura solida.
Spocchia si dimostra essere uno
scoiattolo determinato a fare qualsiasi cosa per salvare i suoi
amici, a volte si lascia convincere dalla via più facile senza
ascoltare nessuno ma poi si ricrede ed è pronto anche a lasciarsi
aiutare. Sottiletta è un carlino dal carattere un po’ burbero ma
dal cuore sincero. Andy è uno scoiattolo dolce e saggio ma che
spesso lascia che sia Spocchia a prendere le decisioni più
importanti. Il sindaco è invece un uomo senza scrupoli, che
tiene solo al suo tornaconto, un cattivo in piena regola. Insomma,
personaggi e caratterizzazioni volgono a un fine didattico, che
rende il film adatto a un pubblico di giovanissimi.
Il racconto ricorda vagamente il
libro Il cerchio magico di Susanna
Tamaro ma qui la componente favolistica lascia spazio a
un’atmosfera molto più concreta nella quale ci possiamo ritrovare
tutti anche se è un prodotto pensato per i bambini.
Riduzione delle aree verdi urbane
che vengono distrutte o rese inadatte alla vita degli animali, la
speculazione edilizia, le politiche che difendono solo gli
interessi della classe dirigente ma anche buone azioni di chi ha a
cuore la natura. Nel semplicistico messaggio didattico si esaurisce
un film che dice poco e niente di nuovo e che adotta un linguaggio
sin troppo elementare, anche per gli spettatori più giovani.
Che sia un elegante commedia heist,
come la trilogia di Ocean, o una mini serie tv
all’insegna del kitsch come Behind the Candelabra, Steven
Soderberg non perde mai la sua cifra stilistica
fondamentale che mira, prima di ogni altra cosa,
all’intrattenimento. Per questo motivo, Logan
Lucky, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2017, può
essere considerato l’esempio esaustivo, in ogni sua parte dell’idea
di cinema del prolifico e talentuoso regista americano.
Con questa versione rustica di
Ocean’s Eleven (citato nello stesso film),
Soderbergh mostra il suo gusto per le storie, articolando
perfettamente un racconto brioso che non può fare a meno di
ricordare la contea di Hazzard e i
fratelli Duke, Channing Tatum e Adam Driver, con tanto di cugina Daisy, la
sexy Riley Keough (nipote
di Elvis), e macchine rombanti al seguito.
Logan Lucky, un rustico Ocean’s Eleven
Con un leggerissimo cambio di
rotta, il regista appiana leggermente il ritmo, adottando un
montaggio meno frenetico e riuscendo, nonostante la prevedibilità
dello sviluppo, a mantenere fresca la storia per il gusto dello
spettatore. Il segreto di Soderbergh è forse
proprio quello di lasciar trasparire (e in questo film si nota più
che in altri) il suo stesso divertimento nel momento della
realizzazione della pellicola stessa.
Il regista gioca con gli equivoci,
con le scene, con i personaggi, ritraendo una realtà strana,
impacciata, stolida, ma mai surreale, camminando in punta di piedi
sul sottile confine che separa il realismo dall’assurdo.
L’umanità e il divertimento
Il cuore del film però è senza
dubbio l’aspetto umano, che diventa un contrappunto dosato e
costante alle concitate vicende principali: il rapporto complicato
tra due fratelli “maledetti”, la sensazione di abbandono che prova
un reduce, lo sforzo di un uomo per non perdere sua figlia, il
bisogno di riscatto di una classe sociale che dimostra molto più
acume di quello che appare a un primo sguardo.
La famiglia di Soderbergh,
costituita da amici, pseudonimi con cui in genere firma i vari
ruoli dei suoi film (in questo caso, la sceneggiatura attribuita a
tale Rebecca Blunt), ma anche da attori
conosciuti, che si concedono a parti molto piccole (vedi
Sebastian Stan,
Hilary Swank o Seth MacFarlane), dà
l’impressione che, così come il prodotto finale, anche la
realizzazione del film sia stato un lavoro condotto con leggerezza
e precisione dall’autore, una precisione che risiede nella stesura
di una sceneggiatura puntuale e che regala a Daniel Craig il migliore ruolo in carriera,
con buona pace dell’agente al servizio di Sua Maestà.
Se esiste all’interno di un
meccanismo così ben architettato come Logan
Lucky una chiave di volta, un segreto nascosto tra
un’inquadratura e l’altra che consente al film di arrivare a
destinazione senza alcuna sbavatura, è la meticolosa cura dei
dettagli, sparsi a costruire scene, caratterizzare personaggi e
arricchire situazioni. Una conversazione apparentemente sbadata sul
colore di una automobile, la scelta di una canzone per un concorso
di bellezza, una variante creativa di una formula chimica.
Consacrazione dell’intrattenimento
In un’ambientazione disfattista,
dove i due fratelli protagonisti sembrano davvero afflitti da una
avversa sfortuna, l’entusiasmo per il racconto che traspare a ogni
scena, eleva gli sfortunati a superstar, nonostante i difetti
fisici e le sconfitte personali. Con Logan Lucky,
Steven Soderbergh raggiunge la meta con un grande
sorriso, portando in trionfo non solo un buon film, ma consacrando
anche la sua idea di cinema, completamente e genuinamente votata
all’intrattenimento.
Diretto da Jennifer Lebeau, è stato presentato
alla Festa del Cinema di Roma 2017Trouble
no more, il documentario su Bob Dylan,
che si concentra sul concerto gospel del tour del 1980. I filmati
di repertorio sono alternati a letture/sermoni recitate da
Michael Shannon, anche lui presente alla
manifestazione.
Il documentario è un viaggio
musicale concepito in maniera particolare, come dichiara la stessa
regista: “Il film è nato principalmente dal ritrovamento di
questo materiale che pensavamo fosse andato perduto. C’erano alcune
performance girate in modo non pulito, ma volevamo che il film non
fosse patinato. Ci siamo allontanati dall’originale, evitando le
parti in cui Bob parlava al pubblico con enfasi. Volevamo
concentrarci sulla musica, il resto è venuto da solo.”
“Sapevamo che cercavamo un
attore incredibile, che trasmettesse tensione ma avesse anche una
capacità di trasmettere empatia in modo unico. E Michael è la prima
persona che ci è venuta in mente.”
Michael Shannon,
reduce da una bellissima nomination agli Oscar per il suo ruolo in
Animali
Notturni di Tom Ford, è il
Predicatore, nel film, che si alterna ai momenti musicali,
recitando sermoni, con fermezza e ispirazione.
L’attore ha così raccontato il suo
rapporto con Dylan e la sua musica: “Sono
stato da sempre un fan di Bob Dylan. Era suo il primo concerto a
cui sono stato. Ero un bimbo e ci sono andato con mia madre. Da
subito ho capito che sarebbe stato un uomo speciale per me. Nel
corso degli anni, Dylan è stato una grande ispirazione per me.
Quando faccio teatro mi piace ascoltare la sua musica prima di
andare in scena. Sono sempre stato un suo grande fan.”
Nei sermoni recitati da
Shannon, si parla di ricchi e poveri, e dei primi
che tendono a prevaricare i secondi. C’era qualcuno a cui ha
pensato: “Vorrei che fosse una sola persona, ma non è così.
Sembra che sia una forma archetipica di comportamento. Recentemente
ho interpretato George Westinghouse in The
Current War. È stato un grande onore per me, perché è stato un uomo
che con la sua ricchezza ha costruito un grande impero, senza però
fottere nessuno. Era un uomo onesto e generoso, una grande
eccezione. Era circondato da industriali e banchieri che non
volevano trattare le persone in modo equo. Penso che ci siano
tantissime persone che invece non lo fanno.”
“Da attore, sono consapevole che
il mio lavoro è ben poca cosa – conclude
Shannon – Ma cerco di scegliere cose che
possano piantare un seme nella coscienza delle persone. Non che
loro non sappiano quali sono i problemi dei nostri giorni, ma a
volte questi film possono offrire una forma di conforto, di pace,
ed è questa una delle cose migliori che io possa fare.”
Nel corso degli anni molte delle
più belle e sexy attrici sono apparse in film tratta dai fumetti,
ma quante di loro sono veramente rimaste nell’immaginario di tutti
i fan? Non importa i ruoli che hanno interpretato, perché molte di
loro hanno interpretato molti personaggi diversi nel corso degli
anni e in alcuni casi hanno fornito alcune delle più incredibili
performance sia se sono state la fidanzata dell’eroe o
l’antagonista del film. Dunque scopriamo insieme in questa
carrellata di foto delle delle attrici più hot di quasi tutti i
film tratti dai fumetti.
Scarlet Johansson
Debuttando come
vedova nera nel sequel di Iron
Man, l’ingresso di Scarlett Johansson come Natasha potrebbe non
aver incluso un accento russo, ma le sue diverse apparizioni
nel MarvelCinematic
Universe hanno da allora consacrato l’attrice come la
migliore scelta possibile per un personaggio così sexy e
oscuro.
Evangeline Lilly
Dopo Lost
la sua carriera ha subito un rallentamento ma poi la notizia che
avrebbe interpretato Hope Van Dyne
in Ant-Man sconvolse
tutti. Mentre molti fan sarebbero più felici se fosse stata
promossa come Avenger Janet, l’attrice avrà l’opportunità di
diventare The Wasp l’anno prossimo nel
titoloAnt-Man e
The Wasp.
Carla Gugino
Per molto Carla Gugino
sarebbe la favorita per interpretare il ruolo di Catwoman nel
DC Films Universe, ma finora ha fatto solo brevi
apparizioni nei film dei fumetti
come Watchmen, Man
of Steel e Sin
City. Speriamo che le cose cambino nel prossimo
futuro.
Hayley Atwell
La popolarità di Peggy
Carter ha consentito a Hayley Atwell di fare due film e due stagione
della serie televisiva dedicata a Agent Carter ma
è anche vero che l’attrice inglese ha tutte le curve al punto
giusto per poterle rendere giustizia e magari chissà che non la
rivedremo in Avengers 4.
Elizabeth Olsen
Elizabeth Olsen ha
fatto conquistato il rispetto nel mondo del cinema grazie a molte
incredibili performance come protagonista di numerosi film
indipendenti acclamati dalla critica, ma è il suo ruolo come
Scarlet Witch che l’ha resa nota nell’Universo Cinematografico
Marvel e che poi è diventata il suo lavoro più
noto. A differenza del povero vecchio Quicksilver, si
prevede solo che il suo ruolo diventerà ancora più grande con
il passare del tempo.
Morena Baccarin
Morena Baccarin
è diventata famosa per essere stata laa protagonista
di Fireflye mentre
trascorreva molto tempo
a Gotham, il suo
primo vero ruolo in un cinecomics è arrivato quando è apparsa nel
filmDeadpool
lo scorso anno. Non è noto se l’attrice
tornerà per il sequel, ma sembra che sia stata sostituita da
Domino.
Michelle Pfeiffer
Michelle Pfeiffer
ha rubato le scene a tutte come Catwoman in Batman
Returns e rimane probabilmente la miglior
versione cinematografica del personaggio almeno fino ad
oggi. Sorprendentemente, però lei farà ritornare nel mondo dei
film tratti dai fumetti l’anno prossimo quando interpreterà
Janet Van Dyne, l’originale Wasp nel sequel
di Ant-Man.
Jessica Alba
Non c’è da dire che
Jessica Alba è stata un’affascinante Susan
Storm/Invisible Woman in Fantastic
Fourma il suo ruolo più
riuscito e sexy è quello nei film di Sin City, dove è
stata notevole sotto tutti i punti di vista.
Amber Heard
Molti personaggi secondari
sono stati apparentemente tagliati dalla Justice
league, quindi speriamo che il
personaggio di Amber Heard non sarà tra di
loro! Ma in ogni caso vedremo il suo ritorno a fianco di
Arthur Curry (Jason Momoa) in Aquaman
il prossimo anno.
Halle Berry
Halle Berry
potrebbe essere compromessa data la sua performance in quel
tremendo adattamento di Catwoman ma è anche stata
una straordinaria Tempesta nei quattro diversi adattamenti sugli
X-Men. E’ forse per questo che le è stato poi
affidato un ruolo altrettanto importante ruolo tratto
dai fumetti in Kingsman:
The Golden Circle.
Brie Larson
Brie
Larson farà presto il suo debutto nell’Universo
cinematografico Marvel quando interpreterà Captain
Marvel nel 2019 e crediamo fortemente che l’attrice
vincitrice dell’Oscar diventerà uno dei volti protagonisti nel
futuro della Marvel, dato che con ogni probabilità raccoglierà
l’eredità dei vendicatori in Avengers 4.
Jennifer Lawrence
Parlando di Mystique,
quando Matthew Vaughn ha voluto lanciare una
versione più giovane del personaggio, ha scelto poi l’attrice e
protagonista di Jennifer Lawrence. Mentre alcuni fan hanno
trovato da ridire nel modo in cui il personaggio sia poi apparso
nella parte centrale del franchise, non si può negare che l’attrice
non abbia fatto uno lavoro con il personaggio.
Famke Janssen
Sophie
Turner è la nuovo Jean Grey ma Famke
Janssen rimane la versione definitiva del personaggio agli
occhi della maggior parte dei fan. Le cose non sono
andate bene inX-Men: The Last
Standma almeno tutto il resto
ha contribuito a definirne la popolarità.
Anne Hathaway
Christopher
Nolan non era proprio quello più propenso ad adattare
il materiale originale sul personaggio, per cui la sua versione di
Selina Kyle è stata molto diversa rispetto ai
fumetti. Nonostante ciò, Anne Hathaway ha avuto un impatto
enorme nel ruolo e rimane una performance di tutto rispetto, anche
se è incline a riprendere il ruolo in futuro.
Eva Mendes
Non ci sia poco di buono
nei film di Ghost Rider con
Nicolas Cage, Eva Mendes è stata
sicuramente una parte discreta del film, oltre ad essere un sexy
interesse amoroso. Peccato che proprio la parte migliore del primo
film sia stata poi sostituita nel sequel.
Blake Lively
La performance di Blake Lively in Lanterna
Verde è stata ampiamente criticata. Da
allora, però l’attrice se l’è cavata piuttosto bene sui set di
hollywood, quindi forse il marito Ryan Reynolds può portarla con sé
nel prossimo futuro, magari in Deadpool 3.
Zoe Saldana
Il vero volto femminile
dei francesi dei Guardiani della
galassia,Zoe
Saldana non è estraneo al mondo dello sci-fi dopo
essere stato protagonista
di Avatar e Star
Trek. Tuttavia, è come Gamora che l’attrice
brilla di più e bisogna darle merito per aver reso così memorabile
il suo personaggio al cinema.
Megan Fox
Megan
Fox non è ha mai interpretato un ruolo di supereroe ma
è apparso in Jonah Hex accanto a Josh
Brolin ed è una delle star dei
film Teenage Mutant Ninja Turtles. I
rumors dicono che avrebbe potuto interpretare
Poison Ivy in Gotham City
Sirensma il tempo ci dirà la verità su questo
rumors.
Gal Gadot
Quando Gal Gadot è stato lanciato come Wonder
Woman, i tifosi erano scettici, per usare un
eufemismo. Tuttavia, dopo averla vista
inBatman
v Superman ha dimostrato che tutti si
sbagliavano e dopo Wonder Woman è stato chiaro a tutti
che Zack Snyder aveva fatto una decisione
eccellente per il suo casting.
Amy
Adams è un’attrice che la maggior parte di noi non si
aspettava mai di vedere in un film di supereroi ma per fortuna è
accaduto. Ma per alcuni non è stata la scelta più azzeccata dato
che hanno sostenuto che la Warner Bros. avrebbe dovuto trovare
un’attrice leggermente più giovane per interpretare Lois
Lane. Sbagliato perché Amy Adams è perfetta nel ruolo di Lois
Lane.
Nel 2020 Amy Adams sarà protagonista del thriller
La
donna alla finestra, diretto da Joe
Wright. Interpreta Anna Fox, una psicologa affetta da
agorafobia che trascorre le sue giornate chiusa in casa a spiare i
vicini, ma un giorno assiste ad un brutale crimine
Rosario Dawson
Rosario
Dawson ora può essere nota per aver interpretato
Claire Temple nelle serie tv Marvel targate ma
prima di apparire in quegli show l’attrice ha dato
un’interpretazione memorabile in Sin
City.
Eva Green
Eva
Green secondo i rumors avrebbe potuto essere il
villain di Wonder Woman ma il suo ruolo più
importante in un film tratto dai fumetti è in Sin City
e 300: Rise of an
Empire. Nessuno di questi due titoli è stato ben
accolto, ma l’attrice è stata certamente un ottima scelta per
entrambi.
Mentre il suo ultimo film
sta incassando milioni di dollari nel mondo
Mark Ruffalo è tornato a parlare di
Hulk e di un potenziale film da solista nel
Marvel Cinematic Universe.
Nello specifico all’attore è stato chiesto se spera ancora nella
possibilità di avere un film tutto suo, ha sorpresa ha risposto che
allo stato attuale non serve un film su Hulk:
“No, mi stai scherzando? La Marvel
mi ha chiamato prima di entrare in Thor
[ Ragnarok ] e mi ha detto: ‘Se
dovessimo fare uno standalone di Hulk, come vorresti che fosse?’ e
io ho risposto ‘Penso che dovrebbe essere così e colà, e debba
finire così’. E lui ha confermato che la mia idea gli piaceva e ha
detto ‘Perché non cominciamo dal prossimo film, cominciando con
Thor 3 e continuando in Avengers 3 e 4?’ E a me è sembrato
bellissimo, e così quest’arco narrativo comincerà qui.”
L’attore ha poi fatto notare che
per avere un film su Hulk a questo punto i fan dovrebbero prendere
“tutti i pezzi di Ragnarok , Infinity
War e Avengers 4 e metterli
insieme”
Ruffalo con queste
dichiarazioni non fa altro che mascherare bene il reale problema,
ovvero che in un film Standalone i Marvel Studios
non ne avrebbero il diritto di distribuirlo con la
Disney perché i diritti di distribuzione di un
eventuale pellicola dedicata a Hulk sarebbero prerogativa della
Universal Pictures, che ne detiene i diritti.
Mark Ruffulo ha
poi fatto una battuta proprio sulla Universal Pictures,
mascherandola come un gioco, ma sappiamo tutto che in una battuta
ironica c’è sempre un fondo di verità: “Noi lavoreremo
intorno ala Universal, e lo faremo in tre film invece di un film,
quindi Universal prendi questo, Ora cosa stai per
fare? Avresti potuto avere un pezzo di tutto
questo! Ma adesso non puoi più .. scherzò.”
Thor:
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston
il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si annoverano il premio
OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
La trama di Thor: Ragnarok – “In Marvel
Studios’ Thor Ragnarok, Thor è imprigionato dall’altro lato
dell’universo senza il suo formidabile martello e si trova in una
corsa contro il tempo per tornare a Asgard per fermare il Ragnarok,
la distruzione della sua casa e la fine della civiltà asgardiana,
dalle mani di una nuova e potente minaccia, la spietata Hela. Ma
prima deve sopravvivere a una mortale lotta tra gladiatori che lo
metterà contro uno dei suoi amici Avengers, l’incredibile Hulk.
Evento clou della giornata di domani, venerdì
3 novembre a Lucca Comics & Games 2017 sarà
la Serata di Gala nel corso della quale saranno consegnati i premi
della 51ma edizione, i Gran Guinigi 2017. Al Teatro del
Giglio si daranno appuntamento i più importanti nomi del fumetto
italiano e internazionale: Paolo Bacilleri, Josè Munoz, Jerry
Kramsky, Lorenzo Mattotti solo per citarne alcuni. Nel corso della
serata sarà consegnato il premio “Yellow Kid” al Gran
Maestro del Fumetto. In passato il prestigioso riconoscimento è
andato ad autori quali Hermann, Alfredo Castelli, Enrique Breccia,
Albert Uderzo.
Ancora domani, Activision celebrerà il
lancio del nuovo Call of Duty: WWII, con una parata militare
in grande stile in partenza alle 16.30 da Piazza Santa Maria. I
visitatori della manifestazione avranno l’imperdibile occasione di
tornare indietro al tempo della Seconda Guerra Mondiale, e potranno
ammirare veri mezzi bellici sfilare tra le vie della città,
affiancati dai soldati dell’epoca. Alcuni selezionati visitatori di
LC&G, infine, avranno l’opportunità di vivere, presso il
Quartier Generale di Activision, una vera esperienza militare a
partire dall’addestramento fino ad arrivare ai momenti che
precedono la battaglia.
Al cinema Astra, alle ore 11, un
altro imperdibile appuntamento: l’anteprima italiana di Never
Ending Man: Hayao Miyazaki, il documentario sul genio creativo
che ha rivoluzionato la storia dell’animazione mondiale che sarà
nei cinema italiani solo il 14 novembre nell’ambito della stagione
degli anime al cinema di Nexo Digital e Dynit.
Due gli appuntamenti che avranno come
protagonista Robert Kirkmann, il geniale fumettista
americano, creatore della saga a fumetti “The Walking Dead”
(pubblicata in Italia da SaldaPress) da cui è stata tratta
la popolare serie televisiva in esclusiva su FOX (Sky, 112),
per la prima volta in Italia ospite di Lucca Comics & Games.
Alle 11, al Teatro del Giglio incontrerà il pubblico e ripercorrerà
le tappe principali della sua carriera. Alle 12.30 al Cinema Astra,
Fox presenta The Walking Dead Event – Incontro con Robert
Kirkman, e a seguire la première internazionale dello speciale
The Walking Dead: The Journey So Far, un’occasione per
festeggiare Robert Kirkman, autore della serie culto che ha reso
gli zombie delle celebrità internazionali, arrivata al 100°
episodio con l’avvio dell’ottava stagione inedita. Il prodotto
è andato in onda solo in USA su AMC ed è inedito per tutti i fan
europei.
Dedicato invece ai giochi da
tavolo l’incontro Da Coolminornot a CMON: come un forum di
miniature diventa un attore principale del mondo ludico, con
David Pretti e Roberto Paoli che ai terrà alle 14.15 in sala
Ingellis (S13).
Presentata oggi in
anteprima al Festival di RomaBABYLON
BERLIN, la coproduzione internazionale Sky e Beta Film in
arrivo in TV su Sky Atlantic HD dal 28
novembre, il martedì alle 21.15. La serie
di 16 ore, già presentata al Festival di Berlino, è frutto del
lavoro del trio di autori/registi Tom Tykwer,
appena nominato Presidente della giuria del Festival di Berlino
2018, Henk Handloegten e Achim von
Borries. Nel cast, Volker Bruch nel ruolo
di Gereon Rath e Liv Lisa Fries
che interpreta Charlotte (“She Deserved It”). Le
riprese di BABYLON BERLIN, durate 180 giorni e in quasi 300
località, sono state realizzate tra maggio e dicembre 2016 a
Berlino e nelle aree circostanti.
Beta Film, che in qualità di
coproduttore si occupa anche della distribuzione internazionale, ha
già venduto la serie in 60 Paesi, tra cui
Inghilterra,Spagna, Belgio, Stati Uniti,
Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e
Islanda.
BABYLON BERLIN è tratta dai romanzi
bestseller di Volker Kutscher e segue le vicende
di un ispettore di polizia, Gereon Rath, che si trova a condurre le
sue indagini nella Berlino degli anni Venti, in un paese dei
balocchi nonché la città più entusiasmante del mondo, fra abuso di
droga, intrighi politici, omicidi e arte, emancipazione ed
estremismo.
Qualitativamente e in termini di
investimenti la serie si pone a livello delle grandi produzioni
internazionali, secondo L’Economist La produzione seriale
più ambiziosa della televisione tedesca (40 milioni di euro per
produrre 16 episodi) non è passata inosservata a distributori
internazionali del calibro di HBO Europe, Netflix, Group AB e Telefonica, per citarne
alcuni, che non hanno voluto farsela sfuggire e l’hanno già
acquistata.
Tom Tykwer
ha definito il materiale girato molto intenso: “Dopo quasi tre
anni di lavoro sullo script, arrivare finalmente sul set è stata
una gioia incredibile. Abbiamo avuto 180 giorni per girare, a volte
lavorando con due e persino tre unità contemporaneamente.
Guardandosi indietro, sembra incredibile essere riusciti a fare
tutto questo. Ed è sicuramente merito del nostro fantastico team!”
Allo stesso tempo, ha sottolineato anche l’importanza della
collaborazione con Achim von Borries e Henk Handloegten: “Abbiamo
scritto e diretto l’intera serie insieme. Non c’è un singolo
episodio a cui non abbiamo lavorato tutti e tre”.
Per Achim von Borries non ci sono dei
protagonisti definiti nella serie, piuttosto: “La città di
Berlino è il centro della narrazione. Nel 1929, Berlino era la
capitale del mondo, una città internazionale, magica e cosmopolita.
Tutti volevano andarci. È stata veramente una sfida ricreare la
Berlino di fine anni Venti. Il set di Neue Berliner Straße, creato
dal nostro scenografo Uli Hanisch per Studio Babelsberg, ha
permesso di utilizzare tutte le diverse tipologie di isolati della
città dei diversi quartieri di Berlino”.
Henk Handloegten
ha sottolineato l’attualità della serie: “Parliamo dei Ruggenti
anni Venti, una grande festa: dopo aver perso la Grande Guerra, i
padri non sono a casa e i figli e le figlie ballano sui tavoli.
L’assenza di un’autorità rende possibile tutto ciò, proprio come è
successo a Berlino dopo la caduta del Muro. Ma poi, verso la fine
degli anni Venti, sempre più persone iniziano a sentirsi
schiacciate da questo stile di vita goliardico e dirompente che
crea confusione e si farà sentire sempre più forte il bisogno di
ordine e disciplina. Durante le fasi di lavorazione di BABYLON
BERLIN era come se il mondo intorno a noi si stesse conformando
allo spirito degli anni Venti. Questo rende la serie più attuale
che mai”.
Volker Bruch
conserva dei bei ricordi delle riprese dello scorso anno che
rievoca con entusiasmo: “BABYLON BERLIN è stato un viaggio
abbagliante al fianco di 600 persone che hanno investito tutte le
proprie energie e passione in questo progetto. Sono ancora colpito
dall’esperienza mozzafiato e dai ricordi che mi seguono ogni giorno
da allora. Non mi sono mai sentito così a casa su un set, così
motivato e fortunato di farne parte, sia sul piano artistico che
personale, e al tempo stesso essere così ben vestito!”
Liv Lisa Fries
aggiunge: “Il 2016 è stato un anno all’insegna di BABYLON
BERLIN, un’esperienza condivisa con molti colleghi illustri, fatto
di scene illuminanti, attrezzature analogiche e tre registi
fantastici. Le riprese sono state stimolanti, interessanti,
armoniose ed entusiasmanti. Ho ballato molto, parlato molto, riso e
pianto molto, ero davvero euforica, ero Charlotte Ritter.”
Anche il produttore, Stefan
Arndt, ha sottolineato l’unicità dello spirito di
collaborazione: “Unire la passione per i gialli con l’epoca più
entusiasmante della storia tedesca è, già di per sé, qualcosa di
profondamente gratificante, ma farlo insieme a professionisti di
grande esperienza, mi riferisco naturalmente al team creativo ma
anche ai team di Degeto e ARD, Sky e Beta, quest’ultima guidata da
Jan Mojto lo è stato ancora di più. É davvero incoraggiante; ecco
perché pensiamo di essere ancora una volta in grado di offrire una
serie cult della televisione tedesca al pubblico nazionale e
internazionale in un certo qual modo stanco delle solite
cose”.
Il salto dal web al cinema del
gruppo di amici di The Jackal era atteso da tanto
tempo e le aspettative per un film che rendesse giustizia alla loro
bravura e verve comica, erano davvero alte. Con questa premessa ha
debuttato alla Festa del
Cinema di Roma il loro primo lungometraggio,
Addio Fottuti Musi Verdi. Non più poche scene
esilaranti condivise su YouTube o Facebook, ma 1 ora e 33 minuti in
cui Ciro Priello ci accompagna in una avventura
intergalattica tra parcheggiatori abusivi, alieni efficienti e
domande sul futuro.
Staccandosi nettamente dal loro
genere web, i The Jackal, per la regia di Francesco
Ebbasta, creano una storia che ruota attorno al
personaggio di Ciro, un grafico pubblicitario
plurileaureato che è costretto a lavorare in una friggitoria
cino-napoletana invece che fare il lavoro che gli spetta. La sua
vita è insoddisfacente, gode di una finta indipendenza dove la
mamma gli passa la parmigiana da una finestra all’altra, passa le
serate a bere birra con l’inseparabile amico Fabio
fissato con gli alieni e che gli continua ad offrire un lavoro
nell’agenzia del padre che si occupa di foto e video per
pre-diciottesimi al limite del trash e infine c’è
Matilda, l’amica dell’università a cui non riesce
a confessare il suo amore, nemmeno quando lei decide di trasferirsi
a Londra in cerca di lavoro. Stanco di tutto questo, Ciro invia il
suo curriculum in un concorso a premi dove era richiesto un
messaggio da mandare nello spazio: ed è proprio nello spazio che il
talento di Ciro viene apprezzato, quando un raggio conico luminoso
lo preleva nella notte per un colloquio di lavoro inaspettato…
Addio Fottuti Musi Verdi – recensione del film dei The
Jackal
Da giovani che si rivolgono
principalmente ad un pubblico giovane, i The
Jackal puntano sul tema del precariato, offrendo
sicuramente uno spunto di riflessione ma cadendo anche nel banale e
prevedibile. Ma il problema principale di Addio Fottuti
Musi Verdi è che i momenti veramente divertenti si possono
contare su una mano: non perché sia stata scelta una strada più
drammatica, anzi, ma perché Ciro e compagni tra smorfie, facce
buffe in camera e battute piatte non fanno ridere, al massimo
sorridere.
Punto forte per loro rimangono le
apparizioni a sorpresa, come è anche successo più volte nei loro
video: da Salvatore Esposito di
Gomorra a Gigi D’Alessio, che ha
lasciato davvero carta bianca ai The Jackal e che lo hanno reso
protagonista di una delle scene più belle del
film. Ciro Priello ha senza dubbio la faccia
giusta per il grande schermo, esagerando forse un po’ troppo con le
smorfie e cambi di voce, ma che sono ormai parte integrante del suo
personaggio.
Ma è Fabio Balsamo
che eccelle nel suo ruolo di spalla, dimostrandoci tutto il merito
di quella Laurea con 110 e lode in Arte Drammatica. Passa in
secondo piano la Matilde di Beatrice Arnera mentre
Roberto Zibetti, nel ruolo del “nemico”, sorprende
e diverte nella sua interpretazione. Peccato per la quasi assenza
di Simone Ruzzo, relegato a pochi instanti nel
ruolo della super star da blockbuster americano, ma nei quali si fa
comunque notare.
Probabilmente il pubblico molto
giovane apprezzerà il loro lavoro e le diverse citazioni sci-fi, di
cultura pop e i vecchi personaggi che fanno capolino in alcune
scene, ma Addio Fottuti Musi Verdi non lascerà
molto il segno, come invece si era sperato.
Non è facile il passaggio dal web
al cinema ed è noto a tutti come altri prima di loro ci abbiano
provato e fallito. Ed è forse questo il problema dei The
Jackal che ci hanno proposto un ottimo pacchetto visivo
curato da Francesco Ebbasta, in cui però c’è poca originalità
(l’originalità che ha reso il loro successo) e dove tutto sembra
estremamente frenato nella comicità, quasi a non voler esagerare e
sbagliare.
Mentre le riprese del quarto
capitolo sono in corso, oggi Joe e Anthony
Russo hanno rivelato a Cnet.com cosa
intendono fare con l’atteso Avengers: Infinity
War.
Infatti, come molti di voi già
sapranno, spesso i film Marvel Studios sono
accusati di essere un po’ ripetitivi e tutti uguali, ma sembra che
il prossimo film tenterà di sovvertire questa diceria.
“Con Infinity War il più
grande elemento nuovo del film è Thanos e il fatto che sta entrando
nel racconto in un modo molto audace e forte è qualcosa di nuovo.
Sarà colui che tira le fila del gioco. Abbiamo modellato la
narrazione in modo estremamente interessante intorno a lui, e
in qualche modo questo ci consentirà di fare un “heist movie”. Il
fatto che stia seguendo le gemme dell’infinito in un modo molto più
audace rispetto al passato è qualcosa di estremamente eccitante.
L’intero film è costruito sulla narrazione basata sul fatto che il
cattivo è sempre un passo avanti agli eroi. Abbiamo guardato
un sacco di “Heist Movie” e ci hanno conferito molta
ispirazione”
Poi i due registi rivelano che
vedremo anche alcuni personaggi e cattivi che non ci aspettiamo nel
film:
“Ci saranno molti personaggi
inaspettati: ci sono più sorprese in questo film che in tutti gli
altri film che abbiamo fatto. E parte di queste sorprese sono
nascoste nelle interazioni dei personaggi, alcuni di essi hanno
fatto solo delle piccole apparizione. Non voglio dire niente ma
certamente aspettatevi molte sorprese.”
Ancora una volta con le loro
dichiarazioni i Fratelli Russo hanno contribuito ad aumentare
l’attesa dietro a questo film.
La sinossi: Mentre
gli Avengers continuano a proteggere il mondo da minacce
troppo grandi per un solo eroe, un nuovo pericolo emerge dalle
ombre cosmiche: Thanos. Despota di intergalattica scelleratezza, il
suo scopo è raccogliere le sei gemme dell’Infinito, artefatti di un
potere sconfinato, e usarle per piegare la realtà a tutto il suo
volere. Tutto quello per cui gli Avengers hanno combattuto ha
condotto a questo punto – il destino della Terra e l’esistenza
stessa non sono mai state tanto a rischio.
Avengers:
Infinity War arriverà al cinema il 4 Maggio
2018. Christopher Markus e Stephen
McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film,
mentre la regia è affidata a Anthony e Joe
Russo.
Il cast del film al momento è
composto da Cobie Smulders, Benedict Cumberbatch,
Chris Pratt, Vin Diesel, Scarlett Johansson, Dave Bautista, Karen
Gillan, Zoe Saldana, Brie Larson, Elizabeth Olsen, Robert Downey
Jr., Sebastian Stan, Chris Hemsworth, Chris Evans, Tom
Holland, Bradley Cooper, Samuel L. Jacksson, Jeremy Renner,
Paul Rudd, Peter Dinklage, Mark Ruffalo, Josh Brolin, Paul Bettany,
Benedict Wong, Pom
Klementieff e Chadwick
Boseman.
Cambi in vista
per Deadpool 2, l’atteso sequel del film
campione d’incassi Marvel e FOX. Infatti secondo
quanto apprendiamo oggi da Film Music
Reporter il compositore Junkie
XL (aka Tom Holkenborg) ha decido si abbandonare il
progetto. Al suo posto la 20th Century Fox
ha ingaggiato Tyler Bates per comporre
la musica. Il nuovo compositore arriva esattamente a sette mesi
dall’uscita del film.
E’ interessante notare come sia un
altro progetto che Junkie XL lascia e che Tyler Bates
ritroverà il regista David Leitch, con il
quale ha già lavorato in John
Wick e Atomic
Blonde.
Deadpool ha
incassato 363 070 709 dollari in Nord America e 417 408 522 dollari
nel resto del mondo, per un totale mondiale di 780 479 231
dollari. Deadpool è stato accolto
generalmente bene dalla critica, soprattutto grazie alla
recitazione di Ryan Reynolds e alla comicità pungente e ironica
della sceneggiatura.
Diretto da David
Leitch, Deadpool
2 vedrà Ryan
Reynolds tornare nei pani del Mercenario
Chiacchierone della Marvel. Zazie
Beetz sarà Domino, Josh
Brolin sarà invece Cable.
La Lucas Film ha
diffuso un nuovo affascinante spot tv di Star
Wars: L’Ultimo Jedi, l’atteso nuovo film basato sul
franchise ideato da George Lucas. Nel nuovo
contributo sembra proprio che Rey e Luke Skywalker si affrontino in
un epico scontro:
La sinossi: “In Star
Wars Gli Ultimi Jedi della Lucasfilm, la saga Skywalker continua
quando gli eroi de Il Risveglio della Forza si uniscono alle
leggende della galassia in un’epica avventura che svelerà i misteri
della Forza e le scioccanti rivelazioni del passato risalenti
all’Era antica. Star Wars Gli Ultimi Jedi arriverà nei cinema
USA il 15 dicembre 2017.”
FIRST LOOK –
Carrie Fisher in Star Wars: Gli Ultimi Jedi
Il film sarà
diretto da Rian Johnson e arriverà al
cinema il 13 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende
immediatamente successive a Il Risveglio della
Forza.
Ora che sono ufficialmente iniziate
le riprese di Venom, arrivano anche le prime
anticipazioni sul film che, come saprete vedrà protagonista
l’attore Tom Hardy nei panni di Eddie
Brock.
Da quello che apprendiamo oggi nel
film ci saranno alcune scene ambientate in Asia, e secondo le
indiscrezioni che arrivano dal casting, si cercano figurati
“abitati del villaggio senza moderni tagli di
capelli”. Quest’ultimo dettaglio potrebbe indicare che
vedremo i flashback dal Vietnam o addirittura un ambiente feudale
in Giappone. Attraverso queste indiscrezioni potremmo apprendere di
più su quale sarà la storia di origini dell’alieno simbiotico.
Considerate che al momento non
sappiamo se Spider-Man esista nel mondo di Venom, quindi è
possibile che il simbionte sia stato sulla terra per secolo o sia
stata una creazione del governo, magari utilizzato in alcune
situazioni spinose di guerra. Al momento non si hanno certezze ma
da quello che inizia a trapelare, sembra che il film è lontano da
qualcosa di estremamente federe al materiale originale.
La sceneggiatura è scritta da
Kelly Marcel, Jeff Pinkner e Scott
Rosenberg, che si baseranno sui personaggi creati da
Todd McFarlane e David
Michelinie.
L’uscita è stata fissata al 5
ottobre 2018 per la regia di Ruben Fleischer
(Zombieland, Gangster Squad). Tom
Hardy interpreterà il protagonista Eddie
Brock. Nel cast anche Matt Smith, Pedro Pascal, Riz Ahmed, Jenny Slate e
Michelle Williams.
Il personaggio è stato già portato
sul grande schermo da Sam Raimi in
Spider-Man 3 con Topher Grace nei
panni di Eddie Brock.
Ecco il full trailer di
I, Tonya, il biopic
su Tonya Harding interpretato e prodotto da
Margot Robbie. Oltre che al Festival
di Toronto, abbiamo visto il film anche alla Festa di Roma
2017.
Alla regia di I, TonyaCraig
Gillespie. La sceneggiatura, scritta da Steven
Rogers, è basata sull’intervista di prima mano alla stessa
Harding e al suo ex marito Jeff Gillooly. La
storia mira a raccontare l’incidente durante le Olimpiadi del 1994,
in cui la pattinatrice Nancy Kerrigan venne
aggredita.
Margot Robbie è
ormai una presenza fissa sul grande schermo. L’abbiamo vista con
Will Smith in
Focus – Niente è come
sembra, poi in Z for
Zachariah al fianco di Chris Pine e
Chiwetel Ejiofor e in fine in un bellissimo cameo
in La Grande
Scommessa. La scorsa estate è stata trai
protagonisti di due titoli importanti, anche se poco riusciti:
The Legend of
Tarzan e Suicide
Squad.
Un racconto torrenziale e vivace,
accompagnato da un gesto da un sorriso. L’irrequietezza del grande
interprete, il calore dello showman, la bellezza di una vita
vissuta per l’arte, gli amici e la fedeltà alla propria identità:
Ian McKellen, per il grande pubblico Gandalf e
Magneto, ha letteralmente incantato il pubblico della Festa
del Cinema di Roma.
Vita privata, carriera, figli non
voluti e ruoli ricercati, in poche battute e tanta energia, ecco
l’Incontro Ravvicinato con lo straordinario e
vitale interprete.
Il coming out
“Qualunque persona gay abbia
fatto coming out, vi dirà che è la cosa migliore mai fatta. Perché
tutto migliora, si diventa più sicuri e per me, per esempio, il
lavoro è diventato migliore, sono diventato un attore più bravo a
detta di tutti. Non dovevo più fingere. Ma capisco che non è
semplice per tutti. Ho incontrato ragazzini nelle scuole che a 13 o
14 anni conoscono e parlano della propria sessualità, e hanno fatto
una cosa che io ho impiegato 40 anni per fare.”
Gli inizi
“Il passaggio al cinema è stato
difficile. Ho fatto un provino per Barbarella con Jane Fonda, da
giovane, e una volta a Cinecittà un altro provino per un bandito
siciliano. Mi vestirono di tutto punto ma dissero che ero troppo
meravigliosamente inglese per quella parte. Non ce l’ho fatta.
Soltanto quando ho lavorato con Judi Dench in un piccolo teatro ha
cominciato a pensare che recitare poteva significare anche
comunicare a un pubblico piccolo e vicino. Così mi sono preparato
per quando avrei avuto la mia grande opportunità sul grande
schermo, ed è arrivata a 60 anni. Per questo dico sempre ai giovani
attori ‘non aspettate che la vostra carriera decolli. Dovete essere
pronti a cogliere l’occasione quando arriverà.’ Bisogna pensare ad
avere una carriera, non all’essere ricco e famoso, questo non
c’entra niente con l’essere attore. Tutto avviene al momento
giusto, se avessi interpretato quel bamndito siciliano a 24 anni
forse non avreste più sentito parlare di me.”
I figli
“Fino a quando ho avuto 29
anni, per me era illegale fare sesso, era reato, figuriamoci l’idea
di avere figli o adottarli. Ma non ho mai pensato ad avere figli,
sono troppo egoista. Ma ho comunque tanti giovani fan. L’altro
giorno è venuto da me un bimbo di 5 anni, era con i genitori, e mi
ha detto ‘voglio fare una foto con Gandalf’. Non è una cosa
dolcissima? E non devo nemmeno occuparmi della sua istruzione o di
dirgli che è ora di andare a letto!”.
Eduardo De Filippo
“Eduardo De Filippo, non è
proprio italiano, vero? È napoletano. Non l’ho mai visto sul
palcoscenico, anche se la sua compagnia venne a Londra negli anni
’60. Conoscevo le sue opere e alcune le ho recitate. Una volta
venne la sua vedova a trovarmi e in lacrime mi disse che
assomigliavo moltissimo a lui quando recitavo quel ruolo. Una volta
ero a Milano, mi aveva invitato Giorgio Strehler, e lui mi aveva
organizzato una lettura di Shakespeare, dalla Tempesta, l’ultima
sua opera. Io l’ho recitata in inglese e lui in italiano. E solo
dopo De Filippo si alzò e fece lo stesso in napoletano. Quindi ho
lavorato con lui. E amo molto l’idea della creazione di opere per
un luogo specifico, una società specifica, per persone che conosci,
per chi vive vicino a te. E lui l’ha fatto con la famiglia, con gli
studenti, con una Compagnia. E questo è l’ideale. Avrei voluto far
parte di una compagnia come quella, lui è una parte importante del
mio cuore.”
Shakespeare – Riccardo III
“Mi commuove molto che il più
grande inglese che sia mai vissuto non sia un militare, un
politico, non un re o un industriale, ma un attore che ha scritto
delle opere teatrali. La sua grandezza ha molte caratteristiche, ma
essenzialmente lui conosceva la natura umana meglio di tutti gli
altri scrittori. Era affascinato da un servo e allo stesso modo da
un re. In un senso, lui è il padre di tutti noi, perché ci capiva e
ci capisce meglio di chiunque altro. Per me lui è ancora vivo e
ancora oggi le sue opere hanno un signifito contemporaneo, perché
la natura umana non è cambiata in questi 450 anni. Questo può
rassicurare, o forse no. Quindi sì, Shakespeare appartiene al
teatro e da giovanissimo mi piaceva pensare che potevo riempire i
grandi teatri, ne ero molto orgoglioso. Ma poi mi sono trovato a
interpretare il Re Lear in un teatro con appena 300 posti. Per il
fatto che Shakespeare rimane uno scrittore moderno, credo sia
giusto che venga rappresentato anche in modi moderni. La tv e il
cinema. Ed è per questo che dopo aver portato in giro per il mondo
Riccardo III, ho deciso che si poteva portare a un pubblico più
ampio con il cinema.”
Cinema, teatro e televisione –
Vicious
“Ho fatto tv in Vicious, una
sit com con Derek Jacobi, con cui
studiavo. Ero innamorato di lui, e lui di me forse, ma all’epoca
era proibito per legge amarci. E adesso è troppo tardi perché lui è
sposato. Ognuno dei media che conosciamo ha i propri meriti. In tv
per esempio raggiungi milioni di persone nello stesso momento. Nel
caso del cinema lo fai nel corso degli anni. Ma devo confessare che
sono affascinato sopra ogni cosa dal teatro dal vivo, perché è
vita. Tu sei qui, io sono qui adesso. Non è per domani o per ieri,
è per noi adesso. Il teatro dal vivo è la vita (life theatre is
life). Qualcuno mi chiede ‘perché fai le sitcom in tv?’. Perché non
cogliere l’occasione di intrattenere le persone? Ho anche
partecipato alla soap opera più lunga della storia della tv
inglese, Coronation Street. Faccio anche improvvisazione con
Ricky Gervais, e non lo trovo affatto al di sotto
di me. Anzi penso che se posso fare questo sono un vero attore. Non
ho ancora fatto musical, ma da grande vorrei farlo.”
Il legame con i personaggi
– L’allievo
“Chiunque abbia la mia età
conosce bene il nazismo e i nazisti. Quando ero ragazzino, dormivo
sotto una tavola di metallo, in attesa dei bombardamenti tedeschi.
La guerra era parte quotidiana delle nostre vite ed ero un
ragazzino durante la guerra. Ma se fossi stato un uomo? Cosa avrei
fatto in circostanza estreme? Se il governo del mio Paese sarebbe
marcito, io sarei marcito con lui? Fare l’attore vuol dire essere
in grado di fare qualunque cosa, decidere di diventare un nazista o
no, di amare, di non amare più. Tutti siamo capaci di fare
qualunque cosa, di odiarci, di uccidere. E fare l’attore ci
permette di fare le cose per finta.”
Gli X-Men come Shakespeare
“Non ho mai letto i fumetti
degli X-Men, ma Bryan Singer mi disse che si trattava di mutanti
con qualità speciali che venivano temuti e ignorati dalle persone
normali. Mi disse anche che nelle statistiche demografiche di
vendita della Marvel, i fumetti e in particolare
quelli degli X-Men erano i più venduti soprattutto per i lettori
che rappresentavano delle minoranze, come neri, gay ed ebrei. In
pratica X-Men parla di diritti civili e nella storia ci sono due
posizioni, quella conciliante del professor X e quella violenta di
Magneto. X-Men potrà anche avere una radice a fumetti, ma ha la
stessa importanza dei temi trattati da Shakespeare.”
La Compagnia – Signore degli
Anelli e Lo Hobbit
“Abbiamo fatto tanti film
insieme. Eravamo come una compagnia di giro e abbiamo girato tutta
la Nuova Zelanda (intanto si spoglia, togliendosi la giacca e la
camicia, arrivando a mostrare la spalla nuda e il tatuaggio che ha
fatto insieme agli altri membri del cast del film di Peter Jackson,
un numero 9, in caratteri elfici, come i 9 compagni della Compagnia
dell’Anello). È un posto bellissimo, le donne hanno posizioni di
potere, è stato il primo Paese a dare il voto alle donne, trai
primi a concedere la possibilità di sposarsi ai gay. E sono molto
orgoglioso del fatto che per un anno la faccia di Gandalf è stata
scelta per comparire su un francobollo. Abbiamo girato tutto il
Paese anche se molte scene erano comunque in studio.”
Essere gay a
Hollywood – Demoni e Dei
Quando fu nominato agli Oscar per
l’interpretazione di James
Whale (regista di Frankenstein) disse che non
avrebbe vinto perché era inglese e gay. “Ricordate chi vinse
quell’anno? Roberto Benigni. Non è sicuramente inglese né gay. Quel
film però fu un punto di svolta perché interpretavo il protagonista
in un film di Hollywood che ha ricevuto enormi consensi da parte
della critica. All’epoca vivevo a Hollywood. James Whale, negli
anni ’30, era il regista più pagato di Hollywood, viveva
apertamente la sua omosessualità e a nessuno importava. Quindi
quando qualcuno mi dice che la sua omosessualità va nascosta perché
potrebbe avere difficoltà al lavoro, nella vita, io rispondo
sempre, guardate la storia di Whale in Demoni e Dei e capirete come
vi sbagliate.”
In uscita nei cinema italiani il 1
novembre, Geostorm è l’ultima fatica di Gerard Butler, attore ormai affezionato ai
ruoli action (chi non lo ricorda in 300?).
Prodotta dalla Warner Bros, la pellicola si rifa al genere
post-apocalittico e catastrofico, e mette in scena un grande cast
di attori. Accanto al Sig. Butler troviamo nomi
del calibro di Ed Harris, Andy Garcia e JimSturgess.
Ambientata in un futuro molto
vicino e purtroppo facilmente immaginabile, la storia gira intorno
alla creazione e al conseguente mal funzionamento di un enorme
satellite spaziale – detto “Dutchboy” – che è servito all’umanità
per tenere sotto controllo i fenomeni meteorologici che, tempo
prima, avevano causato la devastazione di mezzo pianeta e di gran
parte del genere umano. Creatore del Dutchboy è lo
scienziato Jake Lawson (Butler),
che viene però messo da parte dalle grandi Potenze mondiali. Ma
quando il satellite andrà in tilt e minaccerà la Terra con un
catastrofico “geostorm” (una sorta di tempesta apocalittica),
Lawson verrà chiamato per salvare le sorti del pianeta.
Geostorm è un tipico disaster-movie. Il regista
Dean Devlin, già produttore di Independence Day (1 e 2) e
Stargate, sembra non volersi distaccare dal suo
genere preferito, fallendo quindi in partenza.
Geostorm, il film
Costato alla Warner circa 120
milioni di dollari, il film ne ha incassati a malapena $ 5 milioni
(se si escludono i sorprendenti incassi fatti in Cina, coi quali ha
messo al tappeto persino Blade Runner 2049), rappresentando di
fatto uno dei più grossi flop dell’intera annata cinematografica
2017. Colpa forse della sceneggiatura – del regista e di
Paul Guyot – troppo semplicistica e risicata, e di
dialoghi al limite del ridicolo (tanto che pare che Butler, sul set, si dimenticasse continuamente
le battute).
A un occhio esterno, e non
particolarmente affine alla cultura statunitense, il problema di
Geostorm è di facile individuazione. Ovvero il suo
essere “americano-centrico” , limitatamente però ai soli USA. Dove
per Usa qui si intende quella fetta di popolazione formata da
americani conservatori, repubblicani e con tendenze megalomani. Il
problema macroscopico di film come Geostorm è che
con grande nonchalance si dá per scontata la supremazia degli Stati
Uniti rispetto al resto del mondo. Proprio come accadeva in
Independence Day, le sorti del pianeta Terra e
della sua popolazione sono in mano ad un gruppo di “eletti”
americani, guidati solo dal proprio amor patrio e dai propri
(dubbi) valori.
E pure quando ci troviamo di fronte
ad un problema estremamente reale come quello dell’inquinamento
umano e delle conseguenti alterazioni climatiche, come in
Geostorm, si preferisce mettere l’accento sulle
dinamiche familiari dell’uomo comune (sempre e comunque
sacrificabili in onore della propria Patria) e sui mirabolanti
effetti speciali.
Nel panorama di una Hollywood che
si sta sempre più emancipando da quelle che erano le propaggini
conservatrici e filo-Repubblicane di un tempo,
Geostorm rappresenta quindi un’involuzione
alquanto tediosa, ma priva della sicumera di una volta. Se nei
vecchi disaster-movie non si mettevano minimamente in discussione
le figure del capo dello stato americano e del suo entourage, in
Geostorm le certezze vacillano, complice forse
l’attuale presidenza Trump.
Tra gli ospiti più attesi in
assoluto della Festa del Cinema di Roma 2017,
Sir Ian
McKellen ha sfilato sul tappeto rosso dell’Auditorium
subito dopo aver partecipato all’incontro ravvicinato con il
pubblico e poco prima della presentazione di McKellen:
Playing the part, documentario sulla sua vita e carriera
diretto da Joe Stephenson.
Ecco il red carpet di The
Jackal, il gruppo comico napoletano che ha presentato alla
Festa del Cinema di Roma, insieme con Alice nella Città, il loro
primo film, Addio Fottuti Musi Verdi.
Entra nel vivo domani, giovedì 2
novembre, Lucca Comics & Games 2017, la 51ma edizione – Tra i
protagonisti della giornata Igort, Glenn Fabry, Peter
Kuper, Marjorie Liu e Sana Takeda, Raina Telgemeier
– Netflix porta a Lucca gli interpreti di Star Trek:
Discovery.
I più grandi
nomi del fumetto internazionale saranno protagonisti degli
showcase della giornata di Giovedì 2 novembre a
Lucca Comics & Games. In sala Tobino
(S18) segnaliamo alle 13 Igort, l’autore celebrato con la
mostra “Oblomov” a Palazzo Ducale; alle 15, in collaborazione con
Edizioni Inkiostro, il fumettista inglese Glenn Fabry; alle
16, Peter Kuper, autore di “Rovine” (ed. Tunué) e di
illustrazioni e fumetti apparsi su “Time”, “MAD”, “The New York
Times”; e alle ore 18, in collaborazione con Mondadori, le
illustratrici giapponesi Marjorie Liu e Sana
Takeda.
Alle 11, a
Palazzo Ducale Raina Telgemeier sarà la ‘guida’
d’eccezione alla Mostra “Raina Telgemeier: dallo straordinario
punto di vista degli adolescenti” che LC&G le dedica in
collaborazione con la casa editrice Il Castoro che pubblica in
Italia i suoi lavori. Nata a San Francisco nel 1977, Raina è
autrice delle graphic novel autobiografiche “Smile” – per oltre 4
anni consecutivi nella classifica dei best seller del New York
Times e vincitore dell’Eisner Award 2011 come Miglior pubblicazione
per adolescenti – “Sorelle” – che le ha meritato l’Eisner Award
come Miglior Autrice – e “Drama”.
All’Auditorium
Fondazione Banca del Monte (S16), alle 10, si terrà l’incontro
Lords for the Ring 2018 – The Simarillion con Ivan Cavini,
Alberto Dal Lago, Edvige Faini, Angelo Montanini, Dany Orizio e
Lucio Parrillo, sei grandi artisti del panorama fantasy
italiano che hanno accettato la sfida della Società
Italiana Studi Tolkieniani di realizzare, a chiusura di un
grande ciclo cinematografico, un nuovo immaginario visivo del mondo
creato da J.R.R. Tolkien.
E ancora,
Netflix, il più grande servizio di
intrattenimento via Internet del mondo con oltre 109 milioni di
abbonati in oltre 190 paesi, proporrà nel programma dell’ Area
Movie di Lucca Comics & Games un appuntamento imperdibile
dedicato a uno dei titoli Netflix più amati: Star Trek:
Discovery lo show sulle avventure della Flotta Stellare che
continua la storia dell’iconico franchise.
A parlare della
serie (ore 14.30, Teatro del Giglio) saranno Sonequa
Martin-Green (che veste i panni del Primo Ufficiale Michael
Burnham), Jason Isaacs (che interpreta il capitan
Gabriel Lorca), Shazad Latif (ovvero il Tenente Tyler) e il
produttore esecutivo Aaron Harberts). Star Trek:
Discovery è in esclusiva su Netflix dal 25 settembre con un
episodio a settimana: i primi otto episodi saranno rilasciati con
cadenza settimanale fino a lunedì 6 novembre, per poi riprendere a
gennaio 2018.
Al Lucca Comics
& Games dopo trent’anni tornano gli Oliver Onions con un nuovo DVD,
“Guido & Maurizio De Angelis – Oliver Onions Reunion Live –
Budapest”, registrato in occasione del concerto tenutosi in
Ungheria in omaggio a Bud Spencer. Domani a partire dalle 15 – Main
Stage – gli Oliver Onions firmeranno il DVD in sole cento copie
nell’evento chiamato “RadioAnimati on stage”.
La bella e giovanissima attrice
Manal Issa,
protagonista del film Nocturama
presentato durante la scorsa edizione della Festa del
Cinema di Roma, torna al festival stavolta grazie a
One of These Days. Si tratta del terzo
lungometraggio del regista libanese Nadim Tabet,
un dramma tutto adolescenziale che ha come protagonisti dei giovani
scapestrati senza regole né valori, anime vaganti in questo mondo
pazzo pieno di eccessi e tentazioni.
In One of These
Days in una Beirut scossa dalla guerra e dai continui
attacchi terroristici, un gruppo di ragazzi, incuranti del
pericolo, continua a godere dei piaceri della giovinezza. Yasmina,
rinchiusa in un centro di riabilitazione per la sua dipendenza
dall’eroina, scappa e si rifugia tra le braccia della sua amica del
cuore – interpretata da Manal Issa – e del suo ex ragazzo. A
contatto di nuovo con le tentazioni del mondo libero, Yasmina
ricadrà presto nelle vecchie abitudini di sempre e finirà col
trascinare nella sua follia anche le persone a lei care.
One of These Days
si svolge nella capitale libanese di Beirut, città fortemente
occidentalizzata che, pur trovandosi vicina a Siria e Israele e
quindi alla zona di guerra, sembra costituire un microcosmo urbano
a sé stante.
Il conflitto tra le milizie siriane
e lo Stato Islamico viene avvertito come una minaccia lontana ma
intanto nella città continuano le manifestazioni e le rivolte
contro il governo. I ragazzi, nati e cresciuti in questo clima di
costante incertezza, non sono però disposti a rinunciare alla
spensieratezza dell’adolescenza e fanno di tutto per vivere appieno
ogni istante.
Più adatto forse alla sezione dei
film per ragazzi di Alice nella Città che alla
Selezione Ufficiale del festival, il film di Tabet esplora
il mondo degli adolescenti purtroppo in maniera assai superficiale,
descrivendone i vizi e le virtù crogiolandosi nei soliti
clichè narrativi. Quelli di One of These
Days sono ragazzi tormentati che amano le droghe e
l’alcol, che accettano passaggi da sconosciuti e fanno sesso non
protetto un po’ dove capita. Il loro comportamento sconsiderato è
il sintomo evidente di un vuoto che non riescono a colmare e
dell’indeterminatezza che pervade la loro quotidianità.
Il regista decide di racchiudere
tutto questo in una sola giornata; gli eventi di One of
These Days infatti coprono l’arco temporale di
ventiquattro ore, il tempo sufficiente ai ragazzi per perdersi e
poi di nuovo ritrovarsi. Nonostante però le buone intenzioni di
Nadim Tabet, il film risulta poco incisivo
soprattutto a causa di una sceneggiatura piuttosto piatta, senza
colpi di scena né accelerate improvvise. Inoltre, pur trattando
alcune tematiche importanti come la dipendenza dalle droghe e
l’effetto della guerra sui giovani mediorientali, tutto viene
affrontato con grande approssimazione.
Come molti di voi sapranno
Thor: Ragnarok è ricco di personaggi
che possono essere classificati come villain, tra
cui Hela, Skurge, Surtur e The Grandmaster. Tuttavia,
il regista Taika Waititi ha rivelato oggi che
la pellicola avrebbe potuto averne ancora un altro. Si tratta del
Dio Oscuro Perrikus che ad un certo punto avrebbe dovuto
apparire nel film.
Per coloro che non conoscono il
personaggio, Perrikus è stato creato
da Dan Jurgens e John Romita
Jr. nel loro acclamato Thor pubblicato
negli anni ’90. Dopo che sua moglie è stata uccisa in battaglia,
egli incolpa il Dio del Tuono e Asgard per la sua scomparsa. E’ uno
dei pochi personaggi che riesce effettivamente a battere l’eroe,
almeno temporaneamente.
Di seguito l’intervista nel quale il regista rivela la
curiosità:
A volte la vita ci mette davanti a
delle scelte: c’è la strada facile e già scritta, quasi priva di
emozioni. E poi c’è la strada impervia, quella piena di imprevisti
e senza sicurezze, ma che in cuore senti subito che è quella
giusta. O meglio, senti che va provata, non importa quanto la
realtà poco dopo ti possa venire a bussare alla porta per chiedere
il conto. Anche Nico, protagonista del film di Julia
Solomonoff, Nadie Nos Mira, crede nella
sua scelta e così finisce a New York.
Star di una soap-opera della
televisione argentina, dopo aver messo il suo personaggio in coma e
in seguito ad una rottura, Nico (Guillermo
Pfening) decide di trasferirsi in America per realizzare
il sogno di debuttare nel cinema americano. A causa di un continuo
ritardo nella produzione del film che gli era stato promesso da un
regista emergente, Nico si ritrova a vivere a New York con il visto
scaduto, nessun ruolo perché troppo biondo per essere latino e una
vita da clandestino obbligato a fare il cameriere per
sopravvivere.
L’unica ancora di salvezza, oltre
alla coinquilina (Kerri Sohn) con cui divide un
minuscolo appartamento, è la migliore amica Lena (Elena
Rogers), insegnate di yoga che ha trovato l’amore in un
ricco newyorkese. Da poco mamma, Lena affida a Nico suo figlio Theo
ed è proprio con il bambino che l’attore stabilirà un vero legame,
unica cosa certa della sua vita e compagno delle sue giornate in
una New York che si evolve con il passare delle stagioni. Ma ciò
che lo aveva portato alla scelta di prendere e partire tornerà
inaspettatamente nella sua vita e lo manderà in confusione.
Julia Solomonoff
riesce bene nell’impresa di farci entrare in sintonia con il suo
personaggio principale, facendoci capire come può essere frustrante
la vita in una città come New York dove davvero, “nessuno ti
guarda” e nella quale, anche un attore famoso in patria come Nico,
diventa invisibile. Ma la storia di Nico non è solo la sua: quante
volte sappiamo di avere le carte in regola per un lavoro, siamo
molto vicini alla meta e alla fine, non lo otteniamo? Con grande
realismo nel mostrare l’immenso spettro di emozioni che prova Nico,
la giovane regista argentina ci regala un film triste, dolce ma
allo stesso tempo leggero, dove si ride anche.
Recensione di Nadie Nos Mira – Nobody’s Watching
Guillermo
Pfnening, come il suo Nico, ricorda più un attore di
origine nordiche che argentine ed è forse per questo che riesce a
calarsi bene nella parte del pesce fuor d’acqua, un uomo confuso e
perso in una grande città come New York. Costretto a mentire a
tutte le persone che gli sono intorno per non mostrare le sue
debolezze e vulnerabilità, ma soprattutto fallimenti, la figura di
Nico è molto educativa se si guarda il quadro completo, nonostante
il suo percorso sia costellato di errori e troppo orgoglio per
ammettere di aver sbagliato.
Raccontata dalla Solomonoff con
ritmo, ma non troppa fretta, la storia si evolve colpendoci con
emozioni piuttosto che spiegazioni. Non è facile vedere sullo
schermo i continui errori commessi da quest’uomo, ma è parte della
bellezza di questo film, che ci forza a vedere anche la parte
brutta dei sogni, ovvero quel momento in cui, non importa quanto
fortemente tu ci abbia creduto, non si realizzano.
All’interno della Selezione
Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma è
stato presentato Mademoiselle Paradis della
cineasta austriaca Barbara Albert.
Diciottesimo secolo: Maria Theresia
Paradis (Maria Dragus), chiamata Resi da tutti, è
cieca dall’età di tre anni, sgraziata, socialmente goffa ma con un
enorme talento come pianista. Dopo averla portata da diversi medici
di Vienna che non l’hanno potuta aiutare, i genitori (Katja
Kolm e Lukas Miko), grazie ad una pensione di invalidità
offerta dall’Imperatrice, la portano da Franz Anton Mesmer
(Devid Striesow), un medico che pare faccia
“miracoli” e che spera di acquistare fama “aggiustandola”. Lasciata
in custodia nella sua casa insieme ad altri invalidi, Resi inizia a
riacquistare la vista grazie ai suoi trattamenti, accorgendosi però
che nel guadagnare qualcosa stava perdendo una cosa a lei molto
importante…
Una corte viennese fatta di abiti
ricchi e colorati, parrucche altissime di riccioli fitti, fiocchi,
bicchieri di vino che tintinnano, risate ed una bravissima
pianista: il film di Barbara Albert si apre così,
catapultandoci velocemente in quelle atmosfere scaldate dalle luci
dalle candele e raffreddate dalla durezza dei rapporti
interpersonali, fatti di sorrisi finti, commenti cattivi e sguardi
d’intesa. In questo senza dubbio la regista, scrittrice e
produttrice austriaca non sbaglia, dipingendoci un quadro fatto di
dettagli e grande studio dell’epoca, una scelta meticolosa degli
interpreti, delle ambientazioni e dei costumi.
Il fulcro del film ruota intorno
alla domanda eterna del “Cosa sei disposto a sacrificare?”. Nel
caso di Reti, vale la pena acquistare la vista se poi ne viene meno
l’unica particolarità che la contraddistingue (e la potrebbe
rendere appetibile come sposa)? Su questo la Albert si sofferma in
particolare, facendoci capire la volontà della giovane ragazza, ma
soprattutto le pressioni del mondo esterno, in questo caso, dei
genitori. Ma con sguardo femminista analizza anche come, a quel
tempo, il volere delle donne in generale veniva messo sempre in
secondo piano rispetto a quello degli uomini, non solo nella storia
di Reti ma anche grazie alla figura della sua serva.
Nel ruolo di Reti troviamo la
bravissima attrice di origine rumena Maria Dragus,
già vista in White Ribbon di Michael
Haneke e Graduation di Cristian
Mungiu entrambi presentati al Festival di
Cannes nel 2009 e 2016 e prossimamente la vedremo
accanto a Saoirse Ronan e Margot Robbie in Mary Queen of
Scots. Quello della Dragus è un dono, tant’è che fino alla
fine ti lascia con il quesito se lei sia o meno una non vedente:
attraverso i suoi occhi, prima velati, poi inquieti, poi che si
rivoltano verso le palpebre, poi incerti, trasmette allo spettatore
tutto il mondo racchiuso dentro a quella povera ragazza che è molto
stanca di soffrire, di sentirsi diversa e soprattutto di sentirsi
dire quello che può o non può fare. La voce che trema, le urla, i
pianti esasperati: questa in Mademoiselle Paradis è senza dubbio
una delle performance più importanti della carriera di
Maria Dragus eper cui
meriterebbe riconoscimenti.
Parte fondamentale del film infine
è la musica, quella che accompagna i momenti di vita composta dal
giovane musicista Lorenzo Dangel, che ben si
sposa con i quadri della Albert della campagna austriaca e quella
suonata da Reti con violenza ed istinto al suo pianoforte con i
tasti in avorio.
Tratto dal libro
Mesmerized di Alissa Walser,
Mademoiselle Paradis fa parte di quel tipo di film
che vorrebbe far luce su storie particolari di persone del nostro
passato: il problema è che il tutto scorre troppo lentamente sullo
schermo ma soprattutto si tratta di una storia che, forse, non
aveva abbastanza potenziale sin dall’inizio per essere una cosa
effettivamente interessante a tal punto da affascinare e
coinvolgere lo spettatore.
Diretto da Jon
Watts, nel cast del
film protagonista Tom
Holland nei panni di Peter
Parker, Marisa Tomei in quelli di zia
May e Zendaya sarà invece Michelle.
Al cast si
aggiungono Michael
Keaton, Michael Barbieri, Donald
Glover, Logan Marshall-Green, Martin Starr, Abraham
Attah, Selenis Leyva, Hannibal Buress, Isabella
Amara, Jorge Lendeborg Jr., J.J. Totah, Michael
Mando, Bokeem
Woodbine, Tyne
Daly e Kenneth
Choi.
La trama ufficiale
di Spider-Man Homecoming
Il giovane Peter Parker/Spider-Man
(Tom Holland) che ha fatto il suo
sensazionale debutto in Spider-Man
Homecoming cerca il suo posto nel mondo come il
supereroe SpiderMan. Entusiasta per la sua
esperienza con i vendicatore Peter torna a casa, dove vive con la
sia Zia May (Marisa Tomei), sotto l’occhio vigile
del suom mentore Tony Stark (Robert Downey,
Jr.). Mentre Peter cerca di riprendere la sua normale
routine quotidiana una nuova minaccia sorge e un nuovo
cattivo, Vulture (Michael
Keaton) mette in pericolo la città di New York e metterà a
dura prova Spider-Man.
Spider-Man
Homecoming è prodotto da Kevin
Feige e il team creativo dei Marvel Studios,
supervisionato e co-prodotto da Amy
Pascal della Sony
Pictures che ne detiene i diritti e che ne
supervisione lo sviluppo da oltre dieci anni.
Il film si basa su una
sceneggiatura scritta da Jonathan Goldstein, John
Francis Daley, Jon Watts, Christopher Ford e Chris McKenna, Erik
Sommers. Spider-Man è un personaggio creato
da Stan Lee e Steve
Ditko.