Kristen
Stewart è stata ospite al 2014 AFI Fest durante
il quale ha presentato al pubblico Still
Alice, film con Julianne Moore che
abbiamo visto al Festival di Roma.
L’attrice, intervistata da The
Hollywood Reporter, ha dichiarato in che modo sceglie un film e che
non le importa di partecipare ad un film brutto.
“Sono davvero in balia del vento, seguo sempre le mie
viscere, non ho un approccio tattico. Posso far sì che un film vada
in porto adesso che ho fatto cinque film di Twilight, ma èer me è
importante solo sapere che ho fatto la cosa giusta per il giusto
motivo. Non c’è un modo per quantificare il tutto. Anche se
qualcosa non equivale per forza al successo, se c’è qualcosa che
non va, una sceneggiatura o un regista p un cast o un budget, io
sono comunque disposta a salire a bordo se provo interesse per una
sola cosa o persona che è coinvolta nel film, o anche solo una
battuta del mio personaggio mi piace e non vedo l’ora di dirla.
Sento che sarà un brutto film, so che sarà così, ma non l’ho fatto
io!”.LEGGI LA RECENSIONE DI SILS
MARIAIn questi giorni Kristen Stewart
è al cinema con Sils Maria, in cui recita
accanto ad un altra grande attrice, Juliette
Binoche, ed è diretta dal maestro francese Olivier
Assayas.Fonte: JJ
HBO/Max ha condiviso in rete un primo sguardo ufficiale a
Peter Claffey nei panni di Ser Duncan l’Alto,
alias “Dunk”. Nessuna traccia di Dexter Sol Ansell nei panni del suo giovane
scudiero, il principe dei Targaryen Aegon, che viaggia in incognito
sotto l’alias di “Egg” (Uovo).
Sono stati inoltre annunciati
diversi nuovi membri del cast, tra cui Finn
Bennett (True Detective: Night Country) nel ruolo di
Aerion Targaryen, Bertie Carvel (The
Crown) nel ruolo di Baelor Targaryen, Tanzyn
Crawford (Tiny Beautiful Things) nel ruolo di Tanselle,
Daniel Ings (The Gentlemen) nel ruolo di Ser
Lyonel Baratheon e Sam Spruell (Fargo) nel ruolo
di Maekar Targaryen.
Basata sui racconti di
George R.R. MartinTales of Dunk and Egg,
la storia è ambientata oltre 90 anni prima degli eventi di Game of
Thrones e si concentra sulle avventure di “Dunk”,
alias il futuro Lord Comandante della Guardia Reale Ser Duncan
l’Alto, e “Egg”, il futuro re Aegon V Targaryen
(nonno di Daenerys!).
A Knight of the Seven Kingdoms, la trama
“Ambientato in un’epoca in cui
la stirpe dei Targaryen detiene ancora il Trono di Spade e il ricordo dell’ultimo
drago non è ancora passato dalla memoria vivente, grandi destini,
potenti nemici e pericolose imprese attendono questi improbabili e
incomparabili amici,” recita così la sinossi ufficiale della
serie.
Claffey, attore irlandese ed ex
giocatore di rugby del Connacht, ha fatto il suo debutto teatrale
all’Abbey Theatre di Dublino in A Whistle in the Dark di
Tom Murphy. Ha continuato ad apparire in
Bad Sistersand Wreck del 2022, e
ha un ruolo al fianco di Cillian Murphy in Piccole
cose come queste. Ansell, 9 anni, ha iniziato la sua carriera di
attore all’età di 4 anni in Emmerdale di ITV, e i suoi altri
crediti includono la serie thriller di Sky The Midwich
Cuckoos e la commedia di NetflixChristmas on Mistletoe Farm.
Apparirà anche in The Moor,
Hullraisers di Channel 4 e Robin and The
Hood.
Martin ha precedentemente
confermato che la prima stagione di A Knight of the Seven
Kingdoms: The Hedge Knight adatterà la prima delle sue tre
novelle, The Hedge Knight del 1998, con
l’intenzione di concentrarsi su The Sworn Sword
del 2003 e The Mystery Knight del 2010 nelle
stagioni future, se la serie dovesse essere rinnovata.
Attualmente, il co-sceneggiatore di
The Batman Mattson Tomlin sta lavorando a un
adattamento di Aegon’s Conquest, che racconta la sanguinosa e
brutale conquista di Westeros da parte dei Targaryen prima degli
eventi di House
of the Dragon. La storia segue l’invasore
Aegon Targaryen e le sue mogli sorelle,
Rhaenys e Visenya, che conquistarono Westeros con
i loro potenti draghi. Il trio unificò con successo sei dei Sette
Regni in soli due anni, con solo Dorne che riuscì a resistere.
In occasione del finale di
House of the Dragon 2, Max ha
presentato il trailer per la prossima stagione di serie tv e tra i
titoli più attesi c’è sicuramente
A Knight of the Seven Kingdoms: The Hedge Knight
del quale vi proponiamo di seguito le immagini mostrate nel
trailer:
Di seguito, invece, il trailer completo della stagione 2024/2025
di Max:
Basata sui racconti di
George R.R. MartinTales of Dunk and Egg,
la storia è ambientata oltre 90 anni prima degli eventi di Game of
Thrones e si concentra sulle avventure di “Dunk”,
alias il futuro Lord Comandante della Guardia Reale Ser Duncan
l’Alto, e “Egg”, il futuro re Aegon V Targaryen
(nonno di Daenerys!).
A Knight of the Seven Kingdoms, la trama
“Ambientato in un’epoca in cui
la stirpe dei Targaryen detiene ancora il Trono di Spade e il ricordo dell’ultimo
drago non è ancora passato dalla memoria vivente, grandi destini,
potenti nemici e pericolose imprese attendono questi improbabili e
incomparabili amici,” recita così la sinossi ufficiale della
serie.
Claffey, attore irlandese ed ex
giocatore di rugby del Connacht, ha fatto il suo debutto teatrale
all’Abbey Theatre di Dublino in A Whistle in the Dark di
Tom Murphy. Ha continuato ad apparire in
Bad Sistersand Wreck del 2022, e
ha un ruolo al fianco di Cillian Murphy in Piccole
cose come queste. Ansell, 9 anni, ha iniziato la sua carriera di
attore all’età di 4 anni in Emmerdale di ITV, e i suoi altri
crediti includono la serie thriller di Sky The Midwich
Cuckoos e la commedia di NetflixChristmas on Mistletoe Farm.
Apparirà anche in The Moor,
Hullraisers di Channel 4 e Robin and The
Hood.
Martin ha
precedentemente confermato che la prima stagione di A
Knight of the Seven Kingdoms: The Hedge Knight adatterà la
prima delle sue tre novelle, The Hedge Knight del
1998, con l’intenzione di concentrarsi su The Sworn
Sword del 2003 e The Mystery Knight del
2010 nelle stagioni future, se la serie dovesse essere
rinnovata.
Attualmente, il co-sceneggiatore di
The Batman Mattson Tomlin sta lavorando a un
adattamento di Aegon’s Conquest, che racconta la sanguinosa e
brutale conquista di Westeros da parte dei Targaryen prima degli
eventi di House
of the Dragon. La storia segue l’invasore
Aegon Targaryen e le sue mogli sorelle,
Rhaenys e Visenya, che conquistarono Westeros con
i loro potenti draghi. Il trio unificò con successo sei dei Sette
Regni in soli due anni, con solo Dorne che riuscì a resistere.
Lo spinoff di “Game
of Thrones“, “A
Knight of the Seven Kingdoms” ha aggiunto sette nuovi
membri al cast. Come riportato da Variety, la serie HBO ha
ingaggiato Edward Ashley (“Masters of the Air”)
nel ruolo di Ser Steffon Fossoway, Henry Ashton
(“A Good Girl’s Guide to Murder” e “My Lady Jane”) nel ruolo di
Daeron Targaryen, Youssef Kerkour (“House of
Gucci”) nel ruolo di Steely Pate, Daniel Monks (il
prossimo film di Netflix “Kaos”) nel ruolo di Ser Manfred Dondarrion,
Shaun Thomas (“How to Have Sex”) nel ruolo di
Raymun Fossoway, Tom Vaughan-Lawlor (“Avengers: Infinity War”) nel ruolo di
Plummer e Danny Webb (HBO “The Regime” e “The
Dig”) nel ruolo di Ser Arlan di Pennytree.
Per i fan che hanno recentemente
terminato la seconda stagione di “House of
theDragon“, il Daeron di “A
Knight of the Seven Kingdoms” è diverso da quello
della serie prequel, proprio come esistono più Egon nella storia di
Westeros. Questi attori si uniscono dunque alle star protagoniste
Peter Claffey nel ruolo di Ser Duncan l’Alto e
Dexter Sol Ansell in quello del suo scudiero
Egg. La serie, che andrà in onda il prossimo anno, è ambientata 100
anni prima della storia principale di “Game
of Thrones” e 100 anni dopo il prequel
“House of
the Dragon“.
La trama recita: “Un secolo
prima degli eventi di ‘Game of Thrones’, due improbabili eroi
vagavano per Westeros… un giovane, ingenuo ma coraggioso cavaliere,
Ser Duncan the Tall, e il suo minuscolo scudiero, Egg”. In un’epoca
in cui la linea Targaryen detiene ancora il Trono di Spade e il ricordo dell’ultimo
drago non è ancora scomparso dalla memoria vivente, grandi destini,
potenti nemici e pericolose imprese attendono questi improbabili e
impareggiabili amici“.
Il cast comprende anche Finn
Bennett nel ruolo di Aerion Targaryen, Bertie
Carvel nel ruolo di Baelor Targaryen,ra Tanzyn
Cwford nel ruolo di Tanselle, Daniel Ings
nel ruolo di Ser Lyonel Baratheon e Sam Spruell
nel ruolo di Maekar Targaryen. La serie è basata sulle novelle
dell’autore George R. R. Martin “The Hedge Knight” (1998),
“The Sworn Sword” (2003) e “The Mystery Knight”
(2010).
L’amministratore delegato di
Warner Bros Discovery, David
Zaslav, ha recentemente fornito un aggiornamento sulle
intenzioni dello studio per alcune delle sue IP principali in
occasione della chiamata agli investitori per il quarto trimestre
del 2023. Zaslav ha dichiarato che il previsto spin-off di
Game of
Thrones (Il trono di
spade), A Knight of the Seven Kingdoms, debutterà alla
fine del 2025. Ha inoltre dichiarato che la pre-produzione del
programma è attualmente in corso.
Basato sulle novelle epiche di
George R.R. Martin, Dunk & Egg, lo
spin-off è stato originariamente approvato nell’aprile 2023. Oltre
a scrivere alcune delle sceneggiature degli episodi, George
R.R. Martin sarà anche co-produttore esecutivo dello show
insieme a Ira Parker (House of
the Dragon, The Last Ship).
Finora sono state pubblicate tre
novelle incentrate su Dunk & Egg: The Hedge
Knight (1998), The Sworn Sword (2003) e The
Mystery Knight (2010). Una raccolta di tutte e tre le novelle
è stata riunita nel 2015 e pubblicata con il titolo propri di
A Knight of the Seven Kingdoms.
George R.R. Martin
ha dichiarato di avere altre novelle di Dunk & Egg
da scrivere, ma non è dato sapere quando completerà un’altra
storia.Durante la conferenza stampa, Zaslav ha dichiarato:
“Abbiamo questi grandi marchi, Game of Thrones. Abbiamo questi grandi marchi
che le persone in tutto il mondo conoscono, amano e lasceranno una
cena per venire a vederli“.
La notizia dovrebbe far piacere
agli investitori di WBD, poiché l’aggiunta di un
altro spin-off di Game
of Thrones probabilmente rafforzerà gli abbonamenti
Max dell’azienda.
Il logline ufficiale della serie
recita: “Un secolo prima degli eventi di Game of
Thrones (Il trono di
spade), due improbabili eroi vagavano per Westeros… un giovane,
ingenuo ma coraggioso cavaliere, Ser Duncan the Tall, e il suo
minuscolo scudiero, Egg. In un’epoca in cui la stirpe dei Targaryen
detiene ancora il Trono di Spade e il ricordo dell’ultimo drago non
è ancora scomparso dalla memoria vivente, grandi destini, potenti
nemici e pericolose imprese attendono questi improbabili e
ineguagliabili amici”. L’inizio delle riprese è previsto per questa
primavera.
Si dice che anche la seconda
stagione uscirà ad agosto di quest’anno. Oltre a queste due serie,
sono in fase di sviluppo anche una serie animata per adulti, dal
titolo provvisorio The Golden Empire, una continuazione
incentrata su Jon Snow e un’altra serie prequel che segue la
storia dell’ascesa al potere di Aegon Targaryen a
Westeros.
Tuttavia, parlando all’inizio di
quest’anno con The Wrap, il CEO della HBO Casey Bloys ha ammonito:
“Penso che con uno show come [Game of Thrones], quando qualcuno
legge che qualcosa è in fase di sviluppo, ci si aspetta che venga
girato, ma non è così. Quindi, al momento, le uniche due cose che
hanno ottenuto il via libera sono House of the Dragon, ovviamente, e The
Hedge Knight. Ci sono molti altri progetti in sviluppo, ma non ho
nulla di imminente da riferire“.
Dopo il successo avuto a dicembre
con My
Demon e La Creatura di Gyeongseong, Netflix Corea è pronta a far parlare di nuovo di sé
con un nuovo intenso thriller psicologico che,
ispirandosi allo stile registico dei grandi maestri Bong Joon-ho
(Parasite,
Snowpiercer) e Park Chan-wook (Decision
to Leave, Old Boy), esplora il sottile e
controverso confine tra giusto e sbagliato, buono e
cattivo, portando sul piccolo schermo una storia intrisa di
drammi sociali e dilemmi morali.
Scritta da Kim Da-min e diretta da
Lee Chang-hee, A Killer Paradox (titolo originale 살인자ㅇ난감)
è composta da 8 episodi (di circa 50 minuti) ed è
basata sull’omonimo Naver webtoon di Kkomabi. La
serie è disponibile dal 9 febbraio su Netflix.
A Killer Paradox Trama
Lee Tang,
interpretato da Choi Woo-shik (Parasite,
Our Beloved Summer), è un giovane universitario che – dopo
esser stato congedato dalla leva militare – si ritrova immerso in
una profonda apatia e insoddisfazione a causa
della mancanza di ambizioni e prospettive sul futuro.
Mentre sogna di partire per il
Canada o l’Australia con la speranza di riscattarsi socialmente e
non gravare più sulla sua famiglia, trascorre le giornate tra il
suo squallido e minuscolo appartamento e il lavoro part-time in un
(non sempre tranquillo) minimarket locale.
A Killer Paradox | In foto l’attore Choi Woo-shik (Lee
Tang).
Il noioso mondo di Tang viene
improvvisamente sconvolto una sera, quando si trova invischiato con
due uomini ubriachi e molesti. Dopo una violenta lite, Tang,
sopraffatto da uno scatto d’ira, uccide
accidentalmente uno di loro colpendolo in testa.
Spaventato e confuso, si rifugia in casa cercando di costruirsi un
solido alibi per ingannare la polizia ed evitare la prigione.
Tuttavia, poche ore dopo, accade l’impensabile: Tang scopre che
l’uomo ucciso era in realtà un pericoloso serial killer e che,
sorprendentemente, la polizia non trova prove che possano
collegare lui.
Pur non essendoci sue tracce, però,
il determinato detective Jang Nan-gam,
interpretato dal magnetico attore Son Suk-ku
(Sense8,
The Roundup, My Liberation Notes), inizia ad
avvicinarsi al giovane sempre più finché, a causa di un pericoloso
e minaccioso testimone, Tang si macchia di un nuovo inaspettato
omicidio da cui parte così un tragico e inquietante
“effetto domino della morte”.
Un mondo senza giustizia né eroi
Bullismo, corruzione, abusi di
potere, violenze sessuali, suicidi e tradimenti. A Killer
Paradox raccoglie i temi più dolorosi, critici e
problematici della società contemporanea – e soprattutto
di quella sudcoreana – per mescolarli a una storia in cui
la linea sottile che divide bene e male è così labile e
confusa da non lasciar spazio né a santi né eroi.
Quando Tang incontra il
solitario nerd Roh-Bin (Kim Yo-han), si convince di aver
finalmente compreso il suo destino nel mondo: quello di
giustiziere, un vigilante in grado di estirpare tutti quegli
individui che seminano odio, sofferenza e terrore. Seguendo
solamente i suoi impulsi, Tang elimina senza alcuna esitazione e
con altrettanta crudeltà assassini e criminali, guadagnandosi agli
occhi di Roh-Bin il titolo di un moderno Batman, un eroe con cui,
idealmente, forma un’alleanza sotto il nome “Only for
Heroes”, col fine di portare giustizia dove la
polizia non è riuscita a farlo.
A Killer Paradox | In foto l’attore Son Seok-koo nei panni del
detective Jang.
Ma per quanto Roh-bin si sforzi a
voler credere negli eroi, nessuno dei protagonisti agisce spinto da
un puro e sincero desiderio di giustizia. Tang, il detective
Nan-gam, il ricercato Song Chon (altro
protagonista chiave, interpretato da Lee Hee-Jun,
già visto recentemente in Badland Hunters) e lo stesso Roh-bin non sono alla
ricerca di giustizia, ma vendetta. Ognuno di loro,
infatti, porta con sé i profondi e tormentati segni di un
mondo che li ha calpestati, abbandonati, traditi e
rinnegati.
Una orrorifica e grottesca festa visiva
Al di là del cast di talenti e della
trama accattivante, che sotto alcuni aspetti ricorda il k-thriller
poliziesco Vigilante di Disney Plus con
Nam Joohyuk, la bellezza della serie di Lee Chang-hee risiede in
particolar modo nella maestria della regia e del
montaggio, elementi che giocano un ruolo fondamentale nel
creare un’esperienza visiva unica e avvincente per
il pubblico.
Attraverso l’uso sapiente delle
tecniche cinematografiche, infatti, A Killer Paradox
coinvolge lo spettatore in un “viaggio
noir” che – tra realtà, intimismo e
onirismo – riesce a trasmettere emozioni profonde e
contrastanti. Inoltre, la narrazione incalzante e frenetica
produce un climax di tensione e suspense che
ammalia e rapisce lo spettatore, mantenendo viva l’attenzione e
l’interesse fino all’ultima scena.
A Killer Paradox – In foto (da sinistra a destra) Choi Woo-shik e
Son Seok-koo.
Nonostante la mancanza di un
esaustivo approfondimento psicologico dei protagonisti, A
Killer Paradox si rivela un cocktail allucinante di
adrenalina e critica sociale che, insieme alla particolare
tecnica cinematografica e alla narrazione frenetica, riesce a
consacrarsi come la prima grande uscita Netflix sudcoreana del
2024.
Il regista di The
Avenger, Joss Whedon, ha un problema
con Star
Wars Episodio V L’Impero Colpisce Ancora. Il
regista ammette di non amare il film, anzi, di trovarlo davvero
insopportabile sin da quando nel 1980 lo vide per la prima volta.
Ecco cosa ha detto il regista durante un’intervista della scorsa
settimana con Entertainment Weekly:
L’impero colpisce
ancora commette un peccato capitale, non finisce. All’epoca pensai
che fosse una pessima idea, e lo penso ancora oggi … Il film non
finisce (riferendosi chiaramente al cliffhanger che ci introduce a
Il Ritorno dello Jedi) E’ un ‘passa la prossima settimana, o i
prossimi tre anni’. E questa cosa mi fa arrabbiare. Vado a vedere
un film aspettandomi un’esperienza completa, se voglio vedere un
film che non finisce vado a vedere un film francese. E’ un
tradimento alla mia fiducia. Un film dovrebbe essere compiuto in se
stesso, non può essere costruito su altri film”.
E’ davvero strano sentir parlare
così male di quello che quasi all’unanimità è considerato il
miglior film non solo della trilogia originale, ma di tutta la saga
di Star Wars fino ad ora vista al cinema. Le idee di Whedon sul
fatto che uno spettatore si aspetta un film finito non sono del
tutto sbagliate, certo, ma voi cosa ne pensate dell’idea che ha
Whedon dell’Episodio V?
Johnny Depp si unisce a Cate Blanchett e Saoirse
Ronan nel gruppo di attori che verranno insigniti
quest’anno del Desert Palm Achievement Award al Palm Spring Film
Festival che si svolgerà dall’1 all’11 Gennaio 2016.
L’attore riceverà il premio per la
sua interpretazione di Whitey Bulger in Black
Mass.
“Johnny Depp è uno degli attori
più dinamici e versatili del nostro tempo – ha dichiarato
Harold Matzner, direttore del Festival – Nel suo ultimo film,
Black Mass, Depp, in una straordinaria trasformazione, crea un
ritratto sfaccettato del gangster James ‘Whitey’ Bulger. Consegna
alcinema una magnifica performance acclamata da pubblico e critica,
e sicuramenteha guadagnato anche l’attenzione dei premi”.
I precedenti vincitori del
prestigioso premio sono stati: Jeff Bridges, Bradley
Cooper, Daniel Day-Lewis, Colin Firth, Matthew McConaughey,
Sean
Penn, Brad
Pitt e Eddie Redmayne.
La New Regency ha scelto stavolta
il regista John Lee Hancock per l’adattamento cinematografico de
Il Partner, il thriller di John Grisham del 1997.
Non è tra l’altro per la New
Novità in vista per remake in
lingua inglese di Le cercle rouge, film firmato nel 1970 da
Jean-Pierre Melville, uscito in Itali come I senza nome: il
produtore Arthur Sarkissan ha annunciato che a dirigerlo sarà James
Mangold (Quando l’amore brucia l’anima, Quel treno per Yuma); il
film dovrebbe venire girato nell’estate 2013 tra Macao e Hong
Kong. Il produttore ha spiegato di aver scelto Mangold, perché
si tratta di un regista da vecchia scuola: prova ne sia che ha già
dato prova di essere a suo agio con i remake in occasione di Quel
tremo per Yuma.
In I senza nome, un ex
criminale, interpretato da Alain Delon, tornava nel mondo del
crimine, collaborando con un galeotto appena evaso (Gian Maria
Volontè) e con un cecchino (Yves Montand) per un colpo milionario
in una gioielleria. La curiosità a questo punto è tutta per i nomi
degli attori che dovranno confrontarsi con l’eccezionale trio
originale: la lista dei sogni di Sarkissian include Christian Bale, Russell Crowe, Matt
Damon, Brad
Pitt, Tom Hardy. Nel frattempo, Mangold sta lavorando su
Wolverine, la cui uscita è prevista per l’estate 2013.
Mentre Avatar:
La via dell’acquacontinua
a prosperare al botteghino, il regista James Cameron guarda indietro, alla sua
carriere a alla sua filmografia.In un’intervista, a
Cameron è stato chiesto se avesse avuto qualche
esitazione quando gli è stato proposto di realizzare un sequel
diAlien di
Ridley Scott. Sebbene lo stesso Cameron non fosse preoccupato, ha rivelato che
un famoso produttore gli aveva sconsigliato di accettare il
progetto.
“Ho pranzato con un produttore
di spicco quando stavo per
iniziare Aliensche mi ha
detto: ‘Questo è un fallimento per te. Se il tuo film è buono,
Ridley avrà il merito. Se è brutto, sarà solo colpa tua. È
sarà la fine della carriera’”, ha detto Cameron aEmpire . “Ho
detto, ‘Sì, maaaa… mi piace.’ Forse ero un fanboy stupido, ma
potevo vederlo così chiaramente nella mia testa che dovevo solo
andare a farlo.”
Il regista ha poi parlato di
come ha realizzato il titolo per il sequel durante un incontro con
il capo dello studio e vari produttori esecutivi. “E sì, è
vero”, ha ricordato Cameron. “Ero in una riunione con
il capo dello studio e i produttori esecutivi, e ho girato la mia
sceneggiatura e sul lato bianco dell’ultima pagina ho
scritto Alien. Poi ho disegnato una
S alla fine. Poi ho tracciato due linee
verticali attraverso la S e l’ho sollevata per
mostrarle. Forse è stato solo un condizionamento pavloviano
quando hanno visto il segno $ collegato strettamente alla
parola Alien. O forse era la fiducia che
proiettavo. Ma hanno detto di sì”.
Avatar
3 è provvisoriamente programmato per il 20
dicembre 2024. Ulteriori sequel hanno anche date di uscita
con Avatar
4 fissato
per il 18 dicembre 2026 e Avatar 5
il 22 dicembre 2028. Con Avatar: La
Via Dell’Acqua, l’esperienza cinematografica raggiunge
nuove vette: Cameron trasporta il pubblico nel magnifico mondo di
Pandora in un’avventura spettacolare e ricca di azione. Ambientato
più di dieci anni dopo gli eventi del primo film, Avatar: La Via Dell’Acqua inizia a
raccontare la storia della famiglia Sully (Jake, Neytiri e i loro
figli), del pericolo che li segue, di dove sono disposti ad
arrivare per tenersi al sicuro a vicenda, delle battaglie che
combattono per rimanere in vita e delle tragedie che
affrontano.
Diretto da
James Cameron e prodotto da Cameron e Jon Landau, la
produzione Lightstorm Entertainment è interpretata da
Sam
Worthington, Zoe
Saldana, Sigourney
Weaver, Stephen Lang e
Kate Winslet. La sceneggiatura è scritta da James Cameron & Rick Jaffa & Amanda Silver, e
il soggetto è di
James Cameron & Rick Jaffa & Amanda Silver & Josh
Friedman & Shane Salerno. David Valdes e Richard Baneham sono i
produttori esecutivi.
A due anni da Tre
cuori, il regista e sceneggiatore francese
Benoît Jacquot torna protagonista della Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, questo volta
presentando – fuori concorso – À Jamais,
pasticciato dramma con incursioni nel thriller psicologico.
La trama di À Jamai
La storia di À
Jamai ruota attorno a Laura e Rey, una coppia di
amanti che vive in una casa affacciata sul mare. Lui è un regista,
lei un’attrice che interpreta delle performance di sua invenzione.
Un giorno Rey muore, lasciando Laura da sola nella loro casa. Ben
presto la situazione cambia: la donna si rende conto che c’è
qualcuno lì con lei e presto scoprirà che si tratta proprio dello
spirito di Rey.
Risulta davvero difficile riuscire
a trovare anche un solo aspetto positivo a quest’ultimo lavoro di
Jacquot. Quella che apparentemente sembra essere una storia
drammatica con al centro il superamento di un lutto, si mescola
senza alcun tipo di fondamento logico ad elementi presi in prestito
dal thriller di stampo psicologico, facendo del risultato finale un
agglomerato di elementi inconciliabili e al limite
dell’insensatezza.
À Jamai
appare privo di qualsiasi senso narrativo, la regia non risulta
funzionale alla trasparenza di una storia fin troppo confusa e
disordinata, e i personaggi – nonostante la presenza di un attore
del calibro di Mathieu Amalric – senza un reale
sviluppo, gettati tristemente in pasto ad un continuo andirivieni
di tematiche, dall’alienazione alle allucinazioni, fino a tirare in
ballo l’incorporazione.
A rendere la generale atmosfera del
film ancora più straniante e incomprensibile, l’utilizzo di una
colonna sonora che – esattamente come era già accaduto per
Tre cuori – serve a preannunciare una
tensione che in realtà non arriva mai, lasciando lo spettatore in
uno stato di disorientamento e incredulità davvero
imbarazzante.
À Jamais
si addentra con assoluta presunzione in discorsi dai quali non sa
come uscirne vittorioso e dai quali fatica ad estrapolare una
riflessione articolata e compiuta. Sicuramente uno dei film più
brutti presentati nel fuori concorso di questo Venezia
73.
Rebecca Ferguson nel film A
House of Dynamite. Cortesia di Netflix
Rebecca Ferguson è la protagonista della nuova
immagine tratta da A House of
Dynamite. Diretto da Kathryn Bigelow,
vincitrice di due Oscar per The Hurt Locker, con una sceneggiatura scritta da
Noah Oppenheim (Zero
Day di Netflix), il thriller politico di prossima
uscita segue un team di funzionari della Casa Bianca mentre corrono
contro il tempo per rispondere a un imminente attacco missilistico
contro gli Stati Uniti.
Il film vanta un cast stellare che
include oltre a Ferguson anche Idris Elba, Gabriel
Basso, Jared Harris, Tracy
Letts, Anthony Ramos, Moses
Ingram, Jonah Hauer-King, Greta
Lee e Jason Clarke. Ora, tramite La
Biennale di Venezia su X, è stata dunque rivelata la prima
immagine di Rebecca Ferguson nel film, mostrando l’attrice
nei panni di un personaggio di nome Olivia Walker,
apparentemente un’agente governativa che coordina un’operazione in
un centro di comando, trasmettendo con urgenza informazioni mentre
mappe e dati lampeggiano dietro di lei.
Il post definisce poi A
House of Dynamite “un viaggio nella follia di un mondo
sotto la costante minaccia di annientamento”. Come noto, il
film sarà presentato in concorso al Festival di
Venezia, per poi arrivare su Netflix a
partire dal 24 ottobre 2025. La sinossi ad oggi riportata recita:
“Quando un singolo missile, non attribuito ad alcuna nazione,
viene lanciato contro gli Stati Uniti, ha inizio una corsa contro
il tempo per scoprire i responsabili e decidere come
reagire“.
Cosa la nuova immagine ci dice di
A House Of Dynamite
Questa è la seconda immagine di
A House of Dynamite che è stata rivelata, la prima
mostrava due agenti dei servizi segreti, armati di fucili
d’assalto, che scortavano un uomo in giacca e cravatta con un
borsone attraverso un corridoio di cemento scarsamente illuminato.
Ora, la seconda immagine ha invece rivelato una delle protagoniste
del film, Rebecca Ferguson.
L’attrice ha avuto un periodo
piuttosto intenso recentemente con Dune, Mission: Impossible – Dead Reckoning
e Silo. In A House of Dynamite, sembra
interpretare un’ufficiale dei servizi segreti di alto rango, forse
della CIA o della Homeland Security, incaricata di supervisionare
la crisi nazionale in rapida escalation. A giudicare dall’intensa
ambientazione del centro di comando, il suo personaggio potrebbe
coordinare gli sforzi per rintracciare la minaccia interna.
È stato annunciato oggi il
titolo ufficiale del nuovo film diretto dalla regista premio Oscar®
Kathryn Bigelow, A House of
Dynamite, in arrivo su Netflix a partire dal 24 ottobre 2025.
La trama di A
House of Dynamite
Quando un singolo missile,
non attribuito ad alcuna nazione, viene lanciato contro gli Stati
Uniti, ha inizio una corsa contro il tempo per scoprire i
responsabili e decidere come reagire.
Cast: Idris Elba, Rebecca Ferguson, Gabriel Basso,
Jared Harris, Tracy Letts, Anthony
Ramos, Moses Ingram, Jonah Hauer-King, with Greta Lee, and Jason
Clarke. Nel cast anche Malachi Beasley, Brian Tee, Brittany
O’Grady, Gbenga Akinnagbe, Willa Fitzgerald, Renée Elise
Goldsberry, Kyle Allen e Kaitlyn Dever.
Il regista David
Cronenberg e l’attore Viggo Mortensen
hanno lavorato insieme in più occasioni nel corso della loro
carriera, dando vita a lungometraggi di particolare pregio come
La promessa
dell’assassino e A Dangerous Method. Il
loro primo film insieme, risalente al 2005, è però il thriller
A History of Violence, titolo presentato
in concorso al Festival di Cannes e lodato per la sua
atmosfera e i risvolti noir. Quella raccontata, infatti, è una
vicenda apparentemente semplice, che si propaga però fino a
diventare un complessa vicenda di violenza e vendetta, dove nessuno
è realmente al sicuro.
Il film, sceneggiato
da John Olson, è l’adattamento dell’omonimo
romanzo a fumetti del 1997 scritto da John Wagner
e illustrato da Vince Locke. Noto in Italia con il
titolo di Una storia violenta, questo fu un ennesimo
successo per Wagner, già noto per il personaggio del Giudice Dredd,
adattato al cinema nel film Dredd – La legge sono io.
Interessatosi al progetto, Cronenberg vi vide la possibilità di
realizzare un nuovo thriller dopo Crash (1996) e
Spider (2002). Apportando al progetto il proprio
personalissimo stile, il regista ha fatto di A History of
Violence uno dei suoi maggiori successi di critica e
pubblico.
Considerato dal regista come una
riflessione sul corpo umano e il suo rapporto con la violenza, la
quale viene qui esplorata sotto punti di vista diversi, tanto
storici quanto sociologici. Per gli amanti del genere e di
Cronenberg, un titolo da non perdere assolutamente. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alle differenze con il
fumetto. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
A History of Violence: la trama del film
Protagonista del film è Tom
Stall, un uomo mite e proprietario di un piccolo
ristorante nella cittadina di Millbrook. Al di là del suo lavoro,
Tom si dedica molto alla sua famiglia, composta dalla moglie
avvocato Edie e dai figli Jack e
Sarah. La placida esistenza di Tom viene però
bruscamente spezzata il giorno in cui il suo ristorante è preso
d’assalto da due rapinatori, che egli riesce però abilmente a
mettere fuori gioco. Da quel momento, Tom si vede investito di una
non richiesta popolarità, con i mass media che lo osannano ad eroe
americano. La notizia viaggia in lungo e in largo, giungendo però
anche a Filadelfia, alle orecchie del crudele Carl
Fogarty.
L’uomo è un membro di spicco della
mafia irlandese locale e associa il volto di Tom a quello di
Joey Cusack che molti anni prima faceva parte
proprio della banda criminale e che li aveva poi traditi. Fogarty
decide dunque di recarsi a Millbrook in cerca di vendetta, seguito
dai suoi uomini. Il loro arrivo scuoterà ancor più nel profondo
l’esistenza di Tom e quella della sua famiglia, la quale non è più
certa di conoscere realmente quello che credevano essere un marito
e padre amorevole. Nel desiderio di porre fine ai suoi problemi,
Tom capirà che l’unico modo per porre fine a quella guerra è il
rispondere con la violenza alla violenza.
A History of Violence: il cast del film
Come anticipato, ad interpretare il
protagonista Tom Stall vi è l’attore Viggo
Mortensen. Egli, seppur inizialmente non entusiasta
della sceneggiatura, accettò di recitare nel film per poter
lavorare con Cronenberg, che stimava molto. L’attore si dedicò poi
molto al suo personaggio, immaginandone la vita prima della vicenda
narrata nel film e lavorando sull’accento di Philadelplhia per
poterlo rendere credibile. In seguito, Mortensen ha affermato di
considerare A History of Violence uno dei film più belli
in cui abbia mai recitato. Accanto a lui, nel ruolo della moglie
Edie Stall vi è invece l’attrice Maria Bello, vita
anche nei film Secret Window e Prisoners, mentrei
figli Jack e Sarah Stall sono interpretati da Ashton
Holmes e Heidi Hayes.
Nei panni del crudele Carl Fogarty
vi è l’attore Ed Harris,
mentre nel ruolo del mafioso Richie Cusack vi è William Hurt.
Originariamente, i loro personaggi avrebbero dovuto avere origini
italiane, ma dopo la scelta dei due attori si preferì modificarli e
dar loro origini irlandesi. Ciò è stato motivato dal fatto che
Harris e Hurt risultavano più convincenti con origini irlandesi che
italiane. Nonostante compaia nel film per appena 10 minuti, Hurt è
poi stato candidato al premio Oscar come miglior attore non
protagonista. Completano poi il cast gli attori Peter
MacNeill nei panni dello sceriffo Sam Carney
e Stephen McHattie in quelli di Leland
Jones.
A History of Violence: le
differenze tra il film e il fumetto
Il film, pur facendo riferimento
all’omonimo romanzo a fumetti da cui è tratto, è soltanto vagamente
basato su di esso. Lo sceneggiatore Josh Olson ha infatti affermato
fin dall’inizio di volere utilizzare la storia originale come
trampolino di lancio per esplorare i temi che più lo interessavano.
Per questo motivo, dopo una prima parte grossomodo fedele a quanto
raccontato da Wagner, si iniziano ad incontrare diverse variazioni.
Innanzitutto, il nome del protagonista cambia da Tom
McKenna a Tom Stall, mentre John
Torrino è stato cambiato in Carl Fogarty.
Anche il nome del figlio del protagonista è cambiato, passando da
Buzz a Jack.
Nel fumetto, poi, Millbrook si trova
nel Michigan, mentre nel film è nell’Indiana, e i boss del film non
sono più di Brooklyn ma di Philadelphia. Secondo la stampa tedesca
David Cronenberg e lo sceneggiatore Josh Olson hanno inoltre
cambiato i nomi che sembravano italiani per evitare di anticipare i
legami con la mafia. Il più grande cambiamento operato da
Cronenberg e Olson, però, è quello relativo al personaggio di
Richie e al suo rapporto con Tom. Nel romanzo, infatti, sono amici
di infanzia, mentre nel film sono fratelli. Differente è inoltre la
fine riservata a Richie, che nel film è caratterizzato a sua volta
come un personaggio crudele e pronto alla violenza.
A History of Violence: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di A
History of Violence grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Chili
Cinema, Infinity+, Amazon Prime Video e Tim Vision. Per
vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà
noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo
di venerdì 19 maggio alle ore
21:00 sul canale Iris.
A otto anni dalla Palma d’Oro a
Cannes con The Tree of
Life, Terrence Malick torna in
concorso sulla croisette con A Hidden Life. Gli
anni che separano il film con Brad
Pitt da questo nuovo progetto del regista di Austen
sono stati i peggiori della sua produzione, anche se i più fertili.
Tuttavia, di fronte a questa nuova prova, si ha la sensazione che
Malick sia tornato alle sue suggestioni originali, realizzando
un’altra delle sue opere d’arte.
La storia di A Hidden
Life è quella vera di Franz Jägerstätter, un contadino
austriaco che visse nel borgo di Sankt Radegund: fervente
cattolico, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si rifiutò di
arruolarsi, definendosi obbiettore di coscienza.
Malick racconta il legame carnale
che l’uomo ha con la sua terra, che coltiva, smuove, cura per
provvedere alla sua famiglia; a questo legame che sembra
indissolubile fa da appendice e naturale continuazione la
forte passione che lega Franz a sua moglie, che con lui lavora la
terra e nutre la famiglia. Con una regia che coniuga la classicità
della forma cinematografica con intuizioni e invenzioni che ne
confermano il ruolo rivoluzionario, Malick realizza un ritratto
emozionante, profondo delle contraddizioni di un piccolo villaggio,
della decisione difficile ma conscia del protagonista, dell’amore
fortissimo, puro, cristallino di questa donna, ennesimo incredibile
ritratto femminile, che si dà completamente al suo uomo, mostrando
devozione e comprensione.
A Hidden Life, il film
Con A Hidden Life,
il regista torna alle sue migliori suggestioni, sia formali che
visive. Riesce a piazzare la macchina da presa in posizioni mai
tentate prima, rende canone ciò che lui stesso inventa, dà vita e
luminosità alle immagini, sfruttando la luce naturale e conferendo
ad ogni ambiente una personalità propria. A questa caratteristica
classica per il suo cinema, Malick aggiunge delle fortissime
suggestioni pittoriche, che vanno dai Mangiatori di Patate di
Van Gogh alle luci e le fiamme di De La
Tour, elementi che contribuiscono a donare al film la
bellezza formale per la quale il regista è diventato celebre.
Non solo, a queste caratteristiche
ben note del suo stile, il regista si rivela anche abile
costruttore di suspance, legando l’immanenza degli eventi a suoni o
personaggi particolari, simboli di una svolta narrativa attesa e
temuta. In questo film, Malick ritrova un racconto meno rarefatto,
più classico, un elemento che permette di entrare in connessione
con i protagonisti e con il loro dramma, ma evolve anche la sua
poetica sul contrasto tra natura e cultura, dove, in questo caso,
la seconda si fa spettatrice, mentre la prima è rappresentata dalla
fede, dalla scelta di rimanere coerenti con il proprio credo,
qualunque sia il costo.
A Hidden Life
propone anche un ulteriore sviluppo della figura femminile, un
percorso di umanizzazione che dall’anestetizzata Holly de
La Rabbia Giovane, procede verso l’alto fino alla
Madre/Grazia di
The Tree of Life. Con Franziska, Malick
propone una mater dolorosa (et operosa), un
ricongiungimento con la Terra, con la materia che si fa portatrice
di vita e di concretezza, anche di fronte alla decisione
ineluttabile che la storia imponeva.
Torna il voice over che
entra dentro le menti e i cuori dei personaggi, il grandangolo
a deformare i primi piani e ad avvicinarli allo spettatore, la
durata importante, fondamentale al regista per affondare il suo
stiletto appuntato nel cuore della storia. Torna anche la
dimensione della guerra, sempre la Seconda Mondiale che aveva così
magistralmente rappresentato in La Sottile Linea
Rossa. Ma a differenza del capolavoro del 1998, così come
è obbiettore il suo protagonista, anche il regista rinuncia in
questa occasione alla violenza ostentata; non sentiamo un solo
colpo di pistola, non vediamo una goccia di sangue. In compenso
l’orrore della guerra non è più quella “nel cuore della natura” di
cui parlava il Soldato Witt, ma è un’esperienza tutta umana alla
quale si può decidere, come Franz, di non partecipare, rimanendo
fedeli a se stessi.
In A Hidden Life,
Terrence Malick sembra suggerirci che il Bene, nel
mondo, cresce con i gesti privati, piccoli, nascosti, come la vita
che vorrebbero condurre i protagonisti del film, come la vita che
conduce lui stesso.
A herdade è il
nuovo film di Tiago Guedes, selezionato nel
Concorso di Venezia 76. Il film poteva essere a
tono con la selezione dello scorso anno della Mostra, che prevedeva
una serie di pellicole molto lunghe, storie importanti, che in più
di un’occasione permettevano alla storia privata di incrociarsi con
la grande Storia pubblica. E questo è ciò che sceglie di fare
Guedes, con il suo film.
Il film racconta la storia di una
famiglia portoghese che possiede una delle più grandi proprietà
fondiarie d’Europa sulla riva meridionale del fiume
Tago. A herdade scava nei segreti della
loro proprietà, rappresentando le vicende storiche, politiche,
economiche e sociali del Portogallo a partire dagli anni Quaranta,
passando per la Rivoluzione dei garofani fino ad arrivare ai nostri
giorni.
A herdade intreccia la storia
politica e sociale del Portogallo attraverso i decenni, con quella
legata all’ascesa e alla caduta di una famiglia, specchio della
contemporaneità, che suo malgrado attraversa i cambiamenti che il
tempo impone a tutte le cose. Questo equilibrio tra grande e
piccolo, pubblico e privato, viene raccontato attraverso una lente
particolarmente insolita, quasi pacifica potremmo dire, in cui la
lotta di classe viene quasi annullata e perde il suo potere
esplosivo.
Se alcuni momenti del film si
caratterizzano per un’impostazione da soap opera, sacrificando la
credibilità della messa in scena, gli scenari, le bellissime
location, sono valorizzati invece da una fotografia che cattura
ogni raggio di luce nei cieli tersi che dominano la maggior parte
del film.
A herdade è un film
che ha bisogno del suo tempo, come la sua storia, e non è una mera
questione di minutaggio, anche se il film dura 164 minuti, è una
questione di respiro: le storie su scala così grande hanno bisogno
di inspirare ed espirare profondamente, così da riuscire a trovare
spazio negli occhi e negli animi di chi li guarda.
Il problema di questo affresco così
ricco e stratificato è proprio l’affollamento di temi che il film
non poteva raccontare singolarmente in maniera esaustiva. E quindi
il risultato è che in alcuni casi le redini del racconto sfuggono
di mano al regista. Nonostante questo, il film mantiene il fascino
della grande epica cinematografica, senza particolare lode, ma
anche senza infamia.
I Coldplay hanno annunciato un
nuovo film, A head full of Dreams, che svela al
pubblico tutta la loro carriera ventennale. Il documentario sarà
disponibile in streaming in esclusiva su Amazon Prime Video in tutto il mondo dal 21
Novembre.
Insieme all’esordio
di A head full of Dreams su Amazon Prime
Video, i Coldplay realizzeranno tre tracce esclusive disponibili su
Amazon Music. Le trace sono: Stayin Alive (Live at Glastonbury) dei
Coldplay & Barry Gibb, Us Against The World (Live in São Paulo) e
Don’t Panic (Live in Paris).
A head full of
Dreams offre un approfondimento sull’incredibile ascesa
della band, dai dietro le quinte nei pub di Camden ai sold out
negli stadi di tutto il mondo. Protagonista del documentario è
l’incrollabile legame tra i membri della band che non si è mai
incrinato nonostante i vari alti e bassi della loro storia.
A head full of Dreams, il film
Il film è stato diretto da Mat
Whitecross – director di Supersonic, l’acclamatissimo documentario
del 2016 sugli Oasis – che ha incontrato i quattro amici al college
a Londra prima ancora che formassero la band. Whitecross era
presente fin dall’inizio per trasformare in video la musica e
l’amicizia tra i componenti della band, dalle primissime prove in
un affollato bagno universitario.
Da allora Whitecross ha diretto
numerosi tra i più iconici videoclip della band (tra gli altri
Paradise, A Sky Full Of Stars e Adventure Of A Lifetime) e ha
continuato a documentare l’evoluzione personale e musicale dei
Coldplay.
Attingendo ad un grande archivio
inedito di video di dietro le quinte e dei live, A HEAD FULL OF
DREAMS è una riflessione della band sulle due decadi insieme. La
maggior parte del documentario è stato girato durante il loro tour
di maggior successo dal titolo A Head Full Of Dreams Tour, che è
stato certificato come uno dei tre più grandi tour di tutti i tempi
e che ha visto i Coldplay suonare davanti a più di 5.5 milioni di
fan.
E’ stato diffuso oggi il trailer di
A Good
Person, film targato Sky Original
scritto e diretto dal candidato al Golden Globe Zach Braff, che in Italia sarà in
esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su NOW dal 30 maggio
2023.
Quarto film del regista e attore
Zach Braff, A Good
Person vede la partecipazione di uno straordinario
cast che comprende la candidata all’ Oscar
Florence Pugh, attrice britannica tra le più
entusiasmanti della sua generazione, Molly Shannon, Chinaza
Uche, Celeste O’Connor e la leggenda della recitazione e
premio Oscar
Morgan Freeman. La fotografia è curata dal premio
Oscar Mauro Fiore. Il film è prodotto da
Killer Films, Elevation Films, Zach Braff e
Florence Pugh.
La trama del film
Allison (Florence
Pugh) è una giovane donna che ha davanti un futuro
radioso: ha un fidanzato meraviglioso, una carriera fiorente, una
famiglia e degli amici che la sostengono. Ma il suo mondo va in
mille pezzi quando sopravvive ad un terribile incidente ed esce
dalla clinica con una dipendenza da oppioidi e un dolore irrisolto.
Negli anni successivi, sarà l’improbabile amicizia che stringe con
l’aspirante suocero (Morgan Freeman) a darle la possibilità di
rimettersi in sesto e andare avanti con la sua vita.
Le riprese del quinto capitolo
della saga di Die Hard sono attualmente in corso in Ungheria: la
vicenda vedrà Bruce Willis tornare a vestire i panni dell’eroe suo
malgrado John McClane, che si trova sempre nel posto sbagliato al
momento sbagliato. La novità è che il protagonista sarà affiancato
dal figlio, interpretato da Jay Courtney.
Le sorprese però non finiscono qui,
dato che a quanto pare nel film tornerà anche una terza componente
della famiglia McClane: Ted Cross, altro partecipante al film, ha
infatti rivelato sul suo blog che, nell’occasione si è trovato a
lavorare a fianco di Mary Elizabeth Winstead. L’attrice aveva
partecipato al quarto episodio della serie, nel 2007, nel ruolo
della figlia di McClane, Lucy; al momento tuttavia non è ancora
chiaro quale ruolo avrà la Winstead nel film: Cross ha spiegato che
comunque la scena girata con lei è posta verso la fine del film. A
Good Day to Die Hard vedrà la partecipazione, tra agli altri, di
Sebastian Koch, Yulia Snigir, Cole Hauser. L’uscita è fissata per
il 14 febbraio 2013.
La Twentieth Century
Fox ha confermato che il nuovo capitolo della serie di
Die Hard avrà il rating ‘R’ (che prevede
l’obbligo di accompagnamento da parte di un maggiorenne per i
minori di 17 anni).
La restrizione soddisferà
sicuramente Bruce Willis, il quale ebbe molto da
ridire sul fatto che il precedente film della serie avesse ottenuto
solo il rating PG 13, nei fatti venendo giudicato poco più di un
film ‘per famiglie’: Live Free or Die
Hard è stato in effetti l’unico episodio ad aver
ottenuto un rating così basso in una serie in cui la forte dose di
violenza ha sempre comportato restrizioni abbastanza rigorose.
A Good Day To Die
Hard uscirà il prossimo 14 febbraio, diretto da
John Moore su una sceneggiatura di Skip
Woods (X-Men Origins:
Wolverine). La vicenda vedrà John McClane, in
trasferta in Russia, imbattersi nel figlio (Jai
Courtney), diventato un agente della CIA, che sta cercando
di scongiurare un attacco terroristico contro gli Stati Uniti.
Colorato, folle, onirico, A
Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, il nuovo film
di Roman Coppola è una sorpresa e una delizia per
gli occhi. La storia si concentra su Charlie, un pubblicitario che
ha il cervello occupato per l’80% dalle donne. Niente di
straordinario quindi se la fidanzata decide di lasciarlo per le sue
presunte o manifeste infedeltà! Il fatto è che Charlie ama
moltissimo Ivana, e così ci metterà un po’ a metabolizzare il
dolore della separazione. Ad aiutarlo ci sono però la sorella, il
suo contabile, il migliore amico e la sua immaginazione, sempre
fervida e ricca di dettagli.
A Glimpse Inside the Mind
of Charles Swan III è un film delirante, che ricorre alla
rappresentazione dei pensieri per dare visibilità a quello che
accade nella testa del protagonista. Ad una prima parte un po’
confusa, in cui sogno e realtà si mescola confondendo un po’ lo
spettatore, segue una seconda parte in cui la storia avanza e
riesce a coinvolgere dal momento che si cominciano a distinguere
meglio le sequenze che avvengono solo nella testa di Charlie, da
quelle che raccontano la realtà dei fatti così come accadono.
A Glimpse Inside the Mind of
Charles Swan III, il film
Tutto del film concorre a creare,
anche nella realtà, un ambiente surreale, pieno di colori
estremamente vivi e di immagini iconiche, oltre ad aiutarci a
costruire un personaggio esilarante e sopra le righe ma che gode di
un grande amore da parte del suo ideatore. A dare corpo e anima a
Charlie, c’è Charlie Sheen, praticamente perfetto
per un ruolo che sembra essere stato scritto apposta per lui. Sheen
riesce a dare quel giusto mix di malinconia e follia ad uno dei
personaggi più simpatici visti al cinema negli ultimi tempi.
A completare il cast ci sono
Bill Murray, come al solito incredibile
veicolo di comicità, Jason Schwartzman, nei panni
del migliore amico di Charlie, Patricia Arquette
nel ruolo della sorella e la bella Katheryn Winnick che interpreta Ivana, la
fidanzata che abbandona il protagonista all’inizio del film.
Roman Coppola si
dimostra molto bravo a raccontare una storia semplice,
arricchendola di dettagli ed elementi che aiutano lo spettatore ad
orientarsi, cercando di dare il giusto spazio ad ogni avvenimento
ma soprattutto tentando, con successo, di descrivere il personaggio
principale attraverso le sue azioni, mostrandoci effettivamente
com’è e come si muove all’interno di una vita che sembra prendere
sempre troppo alla leggera.
A Glimpse Inside the Mind
of Charles Swan III è una bella commedia, un film
originale ed efficace, che riesce a far sorridere ma che non
banalizza il dolore, rappresentandolo in maniera straordinariamente
realistica.
A Glimpse Inside the Mind of
Charles Swan III è un film, scritto e diretto da Roman
Coppola, nel cast c’è Charlie Sheen che interpreta un playboy dal
cuore spezzato, Bill Murray
Ospite al Festival di Lucca,
George Romero ha preso parte a una masterclass
durante la quale ha parlato della sua carriera e del suo lavoro, ma
anche di temi cari al suo genio, come la morte, l’impegno politico
e ovviamente i tantissimi cloni ed eredi dei suoi amatissimi
zombie.
In merito a The Walking Dead, l’autore
ha le idee molto chiare, anche se alquanto rigide: “Non sono
stato coinvolto in alcun modo, intanto. Diciamo che mi arrabbio,
non mi piacciono. A dare il via al tutto è stato The Walking Dead.
Mi è piaciuta molto la graphic novel, ma quando l’hanno portata in
tv e hanno licenziato Frank Darabont, che era lo showrunner della
serie, mi è dispiaciuto. Non so perché lo abbiano fatto, forse per
cercare di spremere più soldi dalla storia. La prima stagione mi
era piaciuta, ma poi è diventata una soap-opera, The Talking
Dead!”
Presentato nella sezione Un
Certain Regard del Festival
di Cannes 2018, A Genoux Les Gars
(Sextape) è il nuovo film del regista Antoine Desrosières,
che torna alla regia dopo anni di silenzio. Per romperlo sceglie di
riprendere un tema già esplorato in precedenza e qui portato alle
estreme conseguenze, quello della sottomissione
e dell’emancipazione femminile.
In assenza di sua sorella Rim
(Inas Chanti), Yasmina (Souad
Arsane) si ritrova coinvolta e costretta ad un perverso
gioco organizzato dal suo ragazzo Salim (Sidi
Mejai) e il suo amico Majid (Mehdi
Dahmane). L’atto sessuale a cui la ragazza è costretta
viene segretamente filmato con la minaccia di diffusione, cosa che
getta Yasmina in una spirale di vergogna e desiderio di
rivalsa.
La forza del A Genoux Les
Gars si svela sin da subito essere nei dialoghi,
rispecchianti perfettamente il modo sconclusionato e frammentato di
esprimersi dei ragazzi, ricco di giochi di parole, doppi sensi e
discorsi che si alternano senza un senso logico. Nella scrittura il
regista si avvale infatti dell’aiuto dei suoi giovani attori, che
infondono così tutta la loro conoscenza a riguardo e rendendo il
film di una brillantezza e di una comicità rare. Pur raccontando un
fatto ispirato ad eventi tristemente accaduti, il regista sceglie
di raccontarlo affidandosi ai toni della pura commedia, giocando
così ad ironizzare su ciò che normalmente non ha nulla di
divertente.
Seguendo la giovane Yasmina
entriamo sempre più nel suo mondo di adolescente, dove nessuno la
comprende e il tema della sessualità è sempre più invadente.
Desrosières ne fa un ritratto fedele, mai giudicante, che aiuta a
renderci gradevole la protagonista e portandoci ad empatizzare con
lei. Complici la già citata brillante scrittura e la bravura della
giovane protagonista, che più di tutti risulta naturale e a suo
agio nel ruolo.
A lungo andare tuttavia il film
perde lo slancio iniziale, e si presentano diverse situazioni dove
la comicità risulta lievemente fuori tono e finisce per dare la
sensazione di star girando intorno al tema prima di arrivare alla
conclusione. Conclusione che quando arriva non svela la forza che
ci si aspettava, ma che vista nel complesso del film riesce con
gusto a raccontare del viaggio di iniziazione verso l’amore e il
sesso, un viaggio allo stesso tempo complesso e tragicomico.
A Genoux Les Gars,
prima di essere una commedia, è la storia di una ragazza che lotta
contro la frustrazione generata dalla violenza e dalla
sottomissione perpetrate sulle donne in un regno maschilista. La
lotta per l’emancipazione trova nell’attualità della storia una sua
non indifferente attrattiva, che nonostante i diversi difetti del
film, prevalentemente di ritmo, riesce a intrattenere e a far
riflettere sui diversi temi presenti all’interno del film.
A Fantastic Fear of Everything è il
primo progetto della Pinewood Films’ che si prefigge di produrre i
film a basso budget nel panorama britannico. E chi coinvolgere se
non Simon Pegg, l’attore d’oro della commedia demenziale
inglese?
A Fantastic Fear
of Everything è la storia di uno scrittore di favole per
bambini che decide di trasformarsi in scrittore di libri gialli.
Purtroppo però le sue ricerche riguardo alla
In A Family Affair, proprio come lo
Zac Efron che conosciamo e amiamo, l’attore interpreta
una bella star del cinema, ma i paragoni si fermano qui. A
differenza di Efron, che abbiamo recentemente celebrato per
essere stato un leader stimolante sul set di The Iron Claw, il suo
personaggio, Chris Cole, è un po’ una spina nel fianco per la sua
assistente, Zara, interpretata dalla co-protagonista
Joey King. Insieme, il loro ritratto di
questa classica dinamica industriale è talmente azzeccato che è
chiaro che i due si sono trovati bene sul set, facendo rimbalzare
le loro performance l’uno sull’altro. In effetti, potreste rimanere
sorpresi di quanto i loro botta e risposta fossero in realtà
improvvisazioni sul posto e di quanto poco si aspettassero di
arrivare al montaggio finale.
Il film è una commedia romantica
che racconta di Zara, l’assistente di una star che sogna di
diventare una produttrice di Hollywood. Questo sogno è l’unica
ragione per cui è rimasta sotto il controllo della star d’azione
Chris Cole per così tanto tempo e, dopo un’esplosione di ridicolo
di troppo, Zara finalmente si oppone a Chris e si licenzia.
Sfortunatamente per lei, non sarà così facile prendere le distanze
da questa relazione quando si imbatterà accidentalmente in Chris
che ha una relazione sentimentale con sua madre, interpretata
dall'”eterea e adorabile” Nicole Kidman.
Prima dell’uscita del film su
Netflix, Collider ha avuto la possibilità
di incontrare Efron e King per parlare della loro esperienza di
lavoro con il regista Richard Lagravenese e
Nicole Kidman. Per
Zac Efron, il film ha rappresentato l’opportunità di
riunirsi con un’ex compagna, avendo recitato al fianco della Kidman
in The Paperboy del 2012, mentre
per la King si è trattato di incontrare e lavorare al fianco di un
eroe. I due parlano anche dei veri eroi non celebrati sui set
cinematografici, della condivisione delle scene e della sfida
divertente di improvvisare insieme.
Zac Efron e Joey King elogiano gli
eroi non celebrati di Hollywood
È difficile scegliere. Dovrò
dire che si tratta di un gruppo di persone. Abbiamo i nostri
parrucchieri e truccatori, le varie troupe che lavorano sotto di
noi, i nostri cameraman, i reparti audio e i nostri registi.
Persone che stanno dietro le quinte. Hanno tutti bisogno di un po’
di amore.
Sono presenti in tutto il film,
ma in particolare in molte scene con Joey. Ci siamo divertiti molto
e quando Richard ci ha incoraggiato a lasciar respirare e a far sì
che fosse reale. Quelle sono sempre le riprese migliori. Sono
sempre i momenti migliori, secondo me. Abbiamo avuto anche molti
momenti davvero divertenti e onesti quando stavamo migliorando, e
sono stati davvero belli. Mi guardo indietro e non ricordo come
siamo arrivati a questo punto, ma poi abbiamo iniziato a cantare.
[Ride]
Zac Efron, nel corso della sua ricca carriera,
ha dimostrato di essere un attore in gamba, versatile. Le commedie
sono sempre state il suo punto di forza, anche se Ted Bundy – L’ultimo criminale, ma ancor più il
recente The Warrior: The Iron Claw, hanno rivelato le sue
grandi capacità drammatiche. Ma è il genere – per definizione –
disimpegnato la sua carta vincente. Ne è un esempio A
Family Affair, nuova comedy targata Netflix
diretta da Richard LaGravenese.
Sebbene non raggiunga i livelli di
Ho cercato il tuo nome o Segui il tuo cuore,
e neanche i più esilaranti Quel momento imbarazzante e Cattivi
vicini, questa comeddia, arrivata per riempire l’estate
della piattaforma dalla N rossa, si inserisce bene in un catalogo
che punta più sul puro intrattenimento che sull’originalità. Una
linea narrativa e produttiva che oramai il colosso streaming ha
sposato, e che abbraccia un vasto bacino di spettatori che vogliono
semplicemente spendere all’incirca un paio d’ore all’insegna del
relax. Scritto da Carrie Solomon, A Family Affair vanta un
cast d’avvero d’eccezione: oltre il già citato Zac Efron, c’è la
diva Nicole Kidman e la talentuosa Joey
King.
A Family Affair, la trama
Chris e Zoe sono una coppia di
lavoro molto particolare. Lui, attore famoso paranoico e
puntiglioso, lei sua assistente personale, determinata ma
aggressiva. La ragazza ha deciso di essere la sua “galoppina” –
come definisce se stessa – perché Chris le ha promesso che in
futuro potrà prendere le redini della sua casa di produzione, posto
a cui lei ambisce da sempre. Tuttavia, i suoi modi di fare sono
alquanto snervanti e a Zoe il suo carattere non fa impazzire.
Resiste solo per necessità. Le cose si complicano quando, tornata
un giorno a casa, scopre sua madre Brooke a letto proprio con il
suo capo. Una sorpresa alquanto inaspettata, che metterà la figlia
contro il suo unico genitore. È una relazione che non può
tollerare: Zoe sa come è Chris con le donne, e non vuole che lui la
faccia soffrire.
Questioni di famiglia
Proprio per quanto scritto
all’inizio di questa recensione, A Family Affair è un
prodotto che, come il resto dei suoi “fratelli”, va
guardato senza troppe pretese. Se si cerca qualcosa di
diverso, che si allontani dalle classiche commedie romantiche dal
tocco ironico, il film non sarà pronto a soddisfare queste
esigenze. Fruendolo, sembra essere la versione più convincente
dell’adattamento del romanzo The Idea of You, uscito a maggio su Prime Video. L’incidente scatenante è preossochè
simile, ma se quest’ultimo portava con sé una eccessiva leziosità,
la pellicola di LaGravenese per fortuna riesce a essere più
equilibrata e perciò anche più reale e godibile.
Scoprire che la propria madre ha una
relazione con una persona più giovane, e in tal caso con il proprio
capo e divo del cinema apparentemente inaffidabile, non dovrebbe
essere facile per nessuno. Ecco perché il personaggio di Joey King
è quello che funziona meglio nel restituire la frustrazione e la
preoccupazione di una figlia che per il genitore vuole solo il
meglio. Per quanto si setti su un tono esclusivamente sentimentale,
è in grado di affrontare specifiche dinamiche familiari (e
amorose) con più sincerità e attendibilità. Ciò non
significa che non sia a tratti mieloso, o che non presenti delle
imperfezioni. Come per esempio alcuni passaggi narrativi, nei quali
i dialoghi non sono pienamente convincenti, e sarebbe stato
preferibile fare affidamento solo sulle immagini. Inoltre, non
tutto il cast principale sembra essere a suo agio nel proprio
ruolo.
Un cast divertito, ma non sempre
all’altezza
È Joey King con la sua Zoe a
prendersi la maggior parte della scena. Il suo personaggio
è il più interessante, e anche quello meglio recitato. La giovane
attrice lavora bene sulle espressioni del viso e sulla forza delle
emozioni (irruente) del suo personaggio, rendendola la più
autentica. Zac Efron, invece, è abile nel prendersi in giro e nel
rappresentare le contraddizioni comiche del suo personaggio, Chris,
imparanoiato, insicuro e fragile.
La delusione è per Nicole Kidman, la
quale non è sciolta nei panni della sua Brooke, forse per la poca
chimica con il suo partner Efron. Si nota che fa una certa fatica a
essere fluida, a lasciarsi andare. Non si abbandona totalmente al
personaggio, e questo la rende meno credibile rispetto ai suoi
colleghi. Nonostante qualche difficoltà da parte di Kidman e alcune
lacune di sceneggiatura, A Family Affair adempie comunque
al suo compito e si fa guardare, anche se destinato a essere presto
dimenticato come molte altre commedie simili. Ma va bene così.