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New Gods: Darkseid è più minaccioso di Thanos secondo Ava DuVernay

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Ava DuVernay, regista del prossimo progetto targato DC Films intitolato New Gods, si è schierata dalla parte di chi sostiene che il potente villain Darkseid sia più minaccioso del Titano Pazzo Thanos, apparso nei film Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame della Marvel.

Su Twitter la regista ha infatti ricondiviso un post che recita “Perfino con tutte e sei le Gemme dell’Infinito, Darkseid sconfiggerebbe il Titano Pazzo.” Il post continua dichiarando che i Titani furono infatti uccisi dai Nuovi Dei, di cui Darkseid fa parte.

Nel ricondividere il post, la regista ha commentato sprezzante con “un po’ più forte per le persone in fondo”, confermando il suo appoggio alla teoria.

Uno dei più potenti villain DC sarebbe dunque in grado di sconfiggere Thanos sia che egli abbia o meno il Guanto dell’Infinito.

Per guanto riguarda il film New Gods, non si hanno ancora notizie ufficiali sulla trama o il cast, ma la regista ha dichiarato che ci sono forti probabilità che selezionerà un attore dal suo precedente progetto, la serie Netflix When They See Us.

“In ognuno dei miei lavori, sin dal mio primo film, ho sempre richiamato qualcuno dall’ultimo progetto, quindi ci sono forti probabilità che ciò accadrà nuovamente”, ha dichiarato la regista.

Vi ricordiamo che i Nuovi Dei sono un gruppo di personaggi appartenenti all’universo fumettistico della DC Comics, che ha esordito nel 1971 nella serie a fumetti omonima. All’interno di questa si narra dei due pianeti gemelli, Nuova Genesi e Apokolips. Il primo è un pianeta idilliaco pieno di foreste incontaminate, fiumi e montagne, ed è governato dal benevolo Altopadre. Apokolips invece è una distopia infernale piena di macchinari e pozzi infuocati, governata dal tiranno Darkseid. La trama del film potrebbe probabilmente strutturarsi intorno alla rivalità tra i due pianeti.

Fonte: ComicBookResource

Brad Pitt è il più bello del reame a Venezia 76

Brad Pitt è il più bello del reame a Venezia 76

Fascino assassino di uno space cowboy dell’animo tenero, Brad Pitt ce la mette proprio tutta per apparire desiderabile e sexy, e i suoi 56 anni splendidamente portati, insieme alla gentilezza, al garbo e all’eleganza dell’uomo, oltre al talento dell’attore e produttore, completano il quadro di un ospite d’eccezione che ha impreziosito la seconda serata veneziana al festival del Lido.

L’attore ha presentato in concorso Ad Astra, film di James Gray di cui è protagonista e produttore. Ecco gli scatti dal tappeto rosso firmati da Luigi De Pompeis:

Scarlett Johansson in rosso Celine sul tappeto rosso di Venezia 76

Scarlett Johansson è stata trai protagonisti del tappeto rosso della seconda serata di Venezia 76, dove ha presentato Marriage Story, il film di Noah Baumbach che la vede protagonista, al fianco di Adam Driver.

Dopo il look da giorno comodo e raffinato, Scarlett Johansson ha optato, per la serata di gala, per un abito lungo e rosso, che ne esalta le forme morbide del corpo e un look “bagnato” per i capelli che torna a portare lunghi.

Ecco gli scatti di Luigi De Pompeis:

Venezia 76: Brad Pitt, Scarlett Johanson, Adam Driver, Live Tyler e Laura Dern sul red carpet

La seconda serata di Venezia 76 ha riservato a pubblico e fotografi una grande sfilata di star. Le prime in Sala Grande sono state dedicate a Ad Astra, con Brad Pitt e James Gray, e Marriage Story, con Scarlett Johansson e Adam Driver, accompagnati dal regista Noah Baumbach.

Ecco le foto dal red carpet:

Foto di Luigi De Pompeis

Venezia 76: oggi Polanski e Martone animano il Concorso

Venezia 76: oggi Polanski e Martone animano il Concorso

Arrivano oggi a Venezia 76 Mario Martone e Roman Polanski, o meglio il suo film nel caso del regista polacco che sarà però presente in conferenza stampa in collegamento skype dalla Francia.

Il regista italiano, primo dei tre “di casa” in Concorso a venire presentato in Mostra, porta al cinema Il Sindaco del Rione Sanità, il testo di Eduardo De Filippo, mentre Polanski, in quello che forse sarà il suo ultimo film, racconta affare Dreyfus, con un punto di vista che sarà sicuramente interessante.

L’aspetto glamour del Festival, vede oggi protagonista Kristen Stewart, che sarà la protagonista del Fuori Concorso Seberg, diretto da Benedict Andrews.

Ad Astra, recensione del film con Brad Pitt #Venezia76

Ad Astra, recensione del film con Brad Pitt #Venezia76

Un doloroso rapporto tra padre e figlio, che si spinge fino ai confini del sistema solare e dell’universo conosciuto, è al centro dello spettacolare Ad Astra, film di James Gray, proiettato in concorso nella seconda giornata della 76° Mostra d’Arte Internazionale del Cinema di Venezia.

Roy McBride, interpretato da un convincente e dolente Brad Pitt, è un esperto cosmonauta con decine di missioni valorose portate a termine, grazie al suo carattere freddo e controllato, che sembra in grado di nascondere anche le emozioni più intime. Dopo un grave incidente, legato a una serie di cataclismi che arrivano dallo spazio più profondo, viene incaricato di partire per ritrovare suo padre, scomparso misteriosamente trent’anni prima e legato tragicamente a tali eventi.

Roy intraprende un periglioso viaggio per ritrovarlo e tentare di svelare un mistero che minaccia la sopravvivenza della Terra e che potrebbero svelare la natura dell’esistenza umana e il ruolo dell’essere umano  nell’universo. Ma i sentimenti profondi, i dubbi, i drammi interiori, i traumi rimossi, riaffiorano a poco a poco, parallelamente all’allontanamento dal pianeta natale e dalle sue radici.

James Gray racconta di aver riflettuto a lungo su una frase di Arthur C. Clarke, autore di 2001: Odissea nello spazio, che sosteneva: “Esistono due possibilità: o siamo soli nell’universo, o non lo siamo. Entrambe sono terrificanti”. Si è reso conto di non aver mai visto un film che sottolineasse la presenza e la solitudine dell’essere umano nell’universo e che sarebbe stato assai stimolante lavorare su un tema così sconfinato, ma allo stesso tempo intimo. Ha così raccontato di un mondo futuro, ma non troppo, dove i viaggi sulla luna, o su Marte e Nettuno sono ormai una consuetudine e dove la colonizzazione spaziale, il consumismo e la brama di possesso hanno spostato i confini fino all’inverosimile. Inoltre ha così avuto modo di indagare sul desiderio di fuggire e di come i viaggi, quelli lunghi e in questo caso verso nuovi mondi sconosciuti, siano spesso un’ occasione di fuga mascherata da atto eroico.

Gli spunti narrativi di partenza di Ad Astra sono assai intriganti e di grande potenzialità, ma sono purtroppo soffocati da una serie di soluzioni forzate, che allontanano continuamente dalla sospensione dell’incredulità che dovrebbe regnare in un film di questo genere. Espedienti da cinema colossale e catastrofico, come l’antimateria e gli ordigni nucleari, si mescolano con pirati lunari e scimmie da laboratorio ribelli, riconducendo quello che poteva essere un originale viaggio nello spazio e nel profondo della natura umana all’ennesimo film spettacolare intergalattico di probabile incasso al botteghino.

L’elaborazione del lutto, la riflessione sull’atto eroico e sull’etica dell’esplorazione scientifica e Il delicato e complesso rapporto padre-figlio, divengono una mera cornice per nobilitare incidenti spaziali, scontri armati e disastri galattici. Non basta a sollevare la storia il misurato e convincente tormento interiore di un pacato Brad Pitt, o la lucida follia di Tommy Lee Jones, che interpreta il padre sperduto da decenni verso l’infinito e oltre, ma relegato a un ruolo appena abbozzato, che prevede ciò che accadrà fin dai primi minuti della storia. Anche molti ruoli secondari sono tenuti a margine e di conseguenza risultano addirittura superflui, come quello di Liv Tyler, la moglie dell’astronauta, o di Donald Sutherland, un anziano generale che lo accompagna nella prima parte del viaggio.

Ad Astra è una storia spettacolare che non deluderà gli appassionati del genere e gli ammiratori di Brad Pitt, ma che avrebbe certamente meritato più introspezione e forse anche astrazione, per centrare l’intento iniziale che James Gray voleva, ovvero una dimensione intima per descrivere la storia di un padre e di un figlio, per far comprendere alle persone che proteggendo i legami umani si compie un primo fondamentale passo per preservare l’universo in cui viviamo dispersi.

The perfect candidate, recensione del film di Haifaa Al Mansour #Venezia76

Una storia ispirata a fatti realmente accaduti e di grande attualità arriva in concorso nella prima giornata della 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ad opera della regista Saudita Haifaa Al Mansour, già autrice di La bicicletta verde e Mary Shelley – un amore immortale.

The perfect candidate racconta in maniera originale la vicenda di una donna forte, determinata, che vive con il padre musicista e le due sorelle, lavorando come medico d’emergenza in un pronto soccorso. Un giorno riceve una candidatura alle elezioni comunali della sua città, tanto inaspettata quanto scomoda. Da quel momento le sue decisioni sconvolgono la tranquillità e l’ottusità della comunità e della sua famiglia, facendo emergere le infinite difficoltà dell’essere la prima candidata a competere per un ruolo che vorrebbe solamente uomini a ricoprirlo.

Haifaa al-Mansour è l’ottava figlia, di dodici, del poeta Abdul Rahman Mansour, che fin da piccola le ha trasmesso la passione per il cinema, mostrandole, quasi clandestinamente, i suoi film prediletti in videocassetta, vista la difficoltà di vederli in sala Arabia saudita, soprattutto per una donna. Si è poi laureata in lettere all’Università Americana del Cairo e successivamente in regia cinematografica a Sidney in Australia. Haifaa al-Mansour racconta che quando ha cominciato a fare cinema non era intenzionata a raccontare storie incentrate sulla questione femminile, ma si rese conto subito che il problema fosse troppo importante per non essere affrontato.

In The Perfect Candidate la regista saudita ha scelto di raccontare la storia di una giovane dottoressa che sfida il sistema patriarcale, l’ottusità e le idee bigotte di una società maschilista radicata nel suo paese d’origine. La regista ha voluto però avere uno sguardo ottimista, costruendo nel suo film una visione positiva del ruolo che le donne saudite possono e devono ricoprire. Soprattutto ha voluto sottolineare l’importanza e il diritto inalienabile di essere artefici del proprio destino, liberandosi del peso di un sistema che da secoli ha deliberatamente ostacolato l’emancipazione femminile. Haifaa al-Mansour sottolinea nella sua storia l’importanza delle profonde tradizioni culturali e artistiche e di come queste siano state proibite in un momento importante di sviluppo del suo paese. Oggi Cinema, gallerie d’arte, teatri, sale da concerto, sono state finalmente riaperte, facendo rinascere la speranza di un nuovo corso e la conservazione di un patrimonio culturale che rischiava di cadere per sempre nell’oblio. E in questo, le donne avranno l’opportunità di contribuire e partecipare a una società che per generazioni intere le ha estromesse.

Lontano dalla fotografia patinata e dalla sontuosità di Mary Shelley – un amore immortale, The perfect candidate risulta ben scritto e congegnato, con espedienti narrativi mai banali, come ad esempio il modo fortuito che porterà la protagonista a candidarsi per il consiglio cittadino. Tutti i personaggi sono sufficientemente caratterizzati e contribuiscono armoniosamente a costruire uno spaccato della condizione delle donne in Arabia Saudita. Gli attori sono calati nei ruoli, anche se alcuni forse si rivelano eccessivamente caricati, soprattutto i personaggi di contorno, allontanando la narrazione dal gusto realistico che il film avrebbe meritato e spostandosi su una costruzione forzata di gusto televisivo.

Venezia 76: Marriage Story di Noah Baumbach, tra autobiografia e universalità

Il delicato equilibrio che si cerca di mantenere per il bene dei figli, quando una storia finisce, la sofferenza che questa rottura provoca, il dolore e il senso di fallimento sono il cuore sanguinante ma anche consapevole di Marriage Story, che Noah Baumbach ha presentato a Venezia 76 insieme ai suoi attori, Adam Driver, Scarlett Johansson e Laura Dern.

Incontrati tutti nell’ambito della promozione del film, attori e regista si sono profusi in commenti e spiegazioni relativi ad un film che tocca le sfere private di ognuno, in maniera diversa (sia la Johansson che Baumbach hanno affrontato separazioni dopo i figli) e che in maniera travolgente può interessare anche lo spettatore.

Rompe il ghiaccio la Johansson, che nel film interpreta Nicole, una donna che prende coscienza della fine del suo matrimonio e per prima, rispetto al marito con una visione meno lucida, mette le carte in tavola. “Si parla di due persone colte alla fine della loro relazione, del loro rapporto di intimità, sono a un punto di rottura.” Quello che però ha catturato l’attenzione dell’attrice, nello script di Baumbach, è “la perfetta coscienza che entrambi i due protagonisti nutrono un fortissimo amore reciproco, che comunque li tiene legati e li rende reciprocamente compassionevoli. Il loro obbiettivo comune è il bene di Henry, il bambino nato dal loro amore, e questo li spinge, nonostante qualche difficoltà, a remare comunque nella stessa direzione. Ed è questo l’elemento più reale possibile della storia.”

Per Baumbach si tratta, come accennato, di una storia che nasce dall’autobiografia, ma che nel lavoro con gli attori si sviluppa poi su un percorso autonomo ed universale: “I miei genitori hanno divorziato quando ero un ragazzino, io a mia volta ho divorziato. Ma quando ho cominciato a pensare a questa storia, mi sono venuti in mente subito gli attori e li ho coinvolti nella scrittura. È una storia ampia, che coinvolge tante persone, e poi ovviamente ho fatto delle ricerche, ho parlato con avvocati e mediatori, e questo ha contribuito ad allargare la storia. Si tratta di una famiglia che deve rimanere tale nonostante non lo sia più, deve trasformarsi, per il bene del bambino. Poi la storia si evolve, diventa un procedurale, un thriller, una commedia romantica, quasi un musical ad un certo punto, non avrei mai immaginato che potesse raggiungere una tale vastità”.

Adam Driver, versatile protagonista del film nei panni di Charlie, ha invece rievocato un momento particolare delle riprese, quello della grossa lite che i due personaggi hanno nella seconda metà del film, una scena dolorosa e furibonda, che porta con se sicuramente molte conseguenze emotive e un pesante strascico sullo spettatore.

“La scena della litigata è stata girata in ben due giorni di lavorazione, avevamo un sacco di tempo, quindi. Sapevamo che sarebbe stata una scena fondamentale e l’abbiamo sezionata in modo tale da avere saldi in mente i cardini degli scambi di battute, così da percepire la presenza del figlio, anche se non c’era. Era una scena di impianto teatrale, tutta in una sola ripresa, molto difficile. Ma le scene difficili ci sono in molti film, in questo caso, invece, tutte sembravano una vera sfida, proprio perché sono scritte così bene.”

Oltre ai due protagonisti, alla presentazione del film era presente anche Laura Dern, che nel film interpreta la divorzista assunta da Nicole: “Noah ha creato per me un personaggio spietato, manipolativo e determinato. Una grandissima professionista che può anche sembrare amica di Nicole, ma che alla fine presenta sempre il conto. È un personaggio importante per la Johansson, la quale durante il film è volubile e cambia spesso la sua strategia per raggiungere l’obiettivo. Penso che abbia assolutamente ragione in merito alle sue decisioni.”

In conclusione, Baumbach ha commentato le reazioni dei suoi personaggi: “Nessuno dei due si aspettava questo esito. Per entrambi è importantissimo che abbiano la loro felicità individuale, ma è altrettanto importante che ne trovino una generale, un equilibrio tra le due. La protagonista aveva già intrapreso questo un percorso, era stata la prima a prendere coscienza della situazione, e mette lui in condizioni di fare lo stesso.”

Marriage Story è una produzione Netflix e partecipa, in Concorso ufficiale, a Venezia 76.

Venezia 76: in Ad Astra, Brad Pitt affronta il moderno concetto di “mascolinità”

In Concorso a Venezia 76 con Ad Astra di James Gray, Brad Pitt è la star che oggi ha catalizzato l’attenzione al Lido. L’attore, da sempre “gravato” del titolo di sex symbol, si è trovato ad affrontare, secondo quanto dichiarato in conferenza, il moderno concetto di “mascolinità”.

“Quello a cui James e io stavamo pensando era una definizione di mascolinità”, ha detto Pitt, insieme a Gray e alla co-protagonista Liv Tyler“Siamo entrambi cresciuti in un’era in cui ci è stato chiesto di essere forti… e c’è un valore in questo, ma anche una barriera perché ci viene chiesto di nascondere alcune di quelle cose di cui ti vergogni. Tutti nascondiamo e portiamo dentro un dolore e ferite personali.”

Pitt ha aggiunto: “Ci chiedevamo: ‘Esiste una migliore definizione [di mascolinità] per noi … una migliore relazione con i propri cari, con i propri figli e con noi stessi?” L’attore ha inoltre affermato che lui e Gray non hanno una “normale relazione” reciproca, visto che non molto “aperti a condividere sentimenti, fallimenti o passi falsi” in reciprocità, cosa che esula dalla definizione magari più arcaica ma anche più diffusa di mascolinità.

Pitt ha anche affermato che Ad Astra è stato “uno dei film più stimolanti su cui abbia mai lavorato”, ma non perché il film fosse ambientato nello spazio – sebbene abbia ammesso di aver “condiviso alcune storie di disagio” con George Clooney, che ha recitato in Gravity.

“La storia è così delicata e sapevamo che qualsiasi espediente avrebbe potuto cambiare il film, renderlo troppo ovvio, quindi è stato uno sforzo costante cercare di mantenere un equilibrio e raccontare questa storia in modo molto sottile e delicato” ha proseguito l’attore. “Il film mi ha ispirato come uomo, come padre, come figlio”.

Alla domanda che proietta il film verso la stagione dei premi e gli Oscar, Brad Pitt ha detto che era prima ansioso di vedere il film “uscire” e “curioso di vedere come viene accolto” perché “ha qualcosa da dire su chi siamo… sul nostro scopo”. Per poi aggiungere: “Ogni anno vedo un talento straordinario venire riconosciuto e un altro non essere riconosciuto… Quando il tuo nome viene fuori è fantastico e quando non succede, di solito viene nominato un amico, quindi sono contento”, ha detto Brad Pitt.

Di seguito le foto dal photocall di Pitt, in compagnia di Ruth Negga, James Gray e Liv Tyler:

Spider-Man di Tom Holland in Venom, ma Disney ha imposto il taglio

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Per molto tempo sono circolate voci secondo cui Tom Holland avesse fatto un cameo nel ruolo di Spider-Man nel film del 2018 Venom, con Tom Hardy. Ora finalmente arriva la conferma.

Stando a quanto riportato, Tom Holland ha effettivamente girato un cameo all’interno del film, ma la Disney e i Marvel Studios erano contrari al collegamento tra i due franchise, così hanno richiesto alla Sony di tagliare il cameo dal montaggio finale del film. Un eventuale cameo del Peter Parker interpretato da Holland avrebbe infatti di conseguenza comportato che lo stesso Venom facesse parte dell’MCU.

Con Spider-Man ora tornato in pieno possesso della Sony, c’è da aspettarsi che il personaggio possa effettivamente comparire all’interno dei film dedicati all’antieroe Venom, magari già a partire dal suo sequel previsto per il 2020.

Con la rottura del patto da Disney e Sony, numerose sono ora le domande sul futuro del personaggio. La Sony sembrerebbe intenzionata a riprendere lì dove il personaggio era stato lasciato, ovvero con lo svelamento della sua identità al termine del film Spider-Man: Far From Home.

Numerosi sono inoltre i progetti legati Sony legati al mondo narrativo del personaggio, al quale ora potrebbero effettivamente aggiungersi nuovi sequel a lui dedicati.

Non si hanno novità riguardo nuove eventuali trattative tra le due case di produzione, e se per molti è ormai certo che Spider-Man non comparirà più all’interno dell’MCU, molti sperano invece in un suo ritorno a sorpresa.

Fonte: ComicBookMovie

Avenger: Endgame, dal D23 il poster che celebra Toni Stark

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Avenger: Endgame, dal D23 il poster che celebra Toni Stark

Un nuovo poster di Avengers: Endgame è stato svelato al D23. L’autore è Ryan Meinerding, che ha voluto rendere omaggio al personaggio interpretato da Robert Downey Jr., Toni Stark, riproponendo la celebre frase “We Love You 3000”.

Il poster racchiude le avventure del personaggio all’interno del Marvel Cinematic Universe, dalla sua introduzione con il film Iron Man del 2008 allo scontro con Captain America del film Captain America: Civil War, fino all’ultimo eroico sacrificio avvenuto in Avengers: Endgame, dove ha posto fine alla battaglia sconfiggendo il terribile Thanos con lo stesso schiocco di dita da egli precedentemente utilizzato. Così facendo Toni Stark ha inoltre permesso che la metà polverizzata dell’Universo tornasse in vita, sacrificando però la sua e concludendo nel migliore dei modi il suo arco narrativo.

Il poster svelato rende tributo ad uno dei più grandi eroi cinematografici, vero padrino di questa prima decade di MCU.

Di seguito è possibile trovare il poster .

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Vi ricordiamo che Endgame ha ufficialmente superato Avatar al box office mondiale, diventando così il maggior incasso di sempre nella storia del cinema e mettendo fine al dominio di James Cameron che durava da dieci anni.

Nel cast del film si ritrovano Robert Downey Jr., Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Chris Evans, Scarlett Johansson, Benedict Cumberbatch, Jeremy Renner, Don Cheadle, Tom Holland, Chadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Antony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson e Samuel L. Jackson.

Dopo gli eventi devastanti di Avengers: Infinity War (2018), l’universo è in rovina a causa degli sforzi del Titano Pazzo, Thanos. Con l’aiuto degli alleati rimasti in vita dopo lo schiocco, i Vendicatori dovranno riunirsi ancora una volta per annullare le azioni del villain e ripristinare l’ordine nell’universo una volta per tutte, indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero esserci.

Fonte: ComicBookMovie

Mademoiselle, recensione del film di Park Chan-wook

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Mademoiselle, recensione del film di Park Chan-wook

Dopo il passaggio nel concorso di Cannes 2016, arriva anche nelle sale italiane Mademoiselle (The Handmaiden) di Park Chan-wook. Il film, raffinato e rifinito, si presenta con un gioco di scatole cinesi, dove niente è come sembra e dove la morbosità e l’erotismo vengono mostrati sotto una lente asettica.

1930, la Corea vive un lungo periodo di occupazione giapponese. Sook-hee, una ragazza di umili origini, viene assunta come cameriera dalla nobile e ricca famiglia del conte Kouzuki per servire la nipote Hideko, che vive una vita solitaria nella grande tenuta di campagna con il bizzarro e autoritario zio e tutore. Ma la cameriera nasconde un segreto: è un’abile borseggiatrice ingaggiata da un truffatore che si finge un nobile giapponese. Dovrà aiutarlo a sedurre Hideko e convincerla a fuggire da casa: dopo averle sottratto l’eredità, il piano prevede di rinchiuderla in un manicomio. Tutto sembra procedere come previsto, ma Sook-hee e Hideko scoprono di provare una reciproca attrazione…

Il regista della Trilogia della vendetta, dopo l’inquietante parentesi anglofona con Stoker, torna al coreano, inserendo in un contesto storico preciso una storia di tradimenti morbosi, vizi e virtù, inganno, sesso e passione, ma anche di meschinità, ingordigia e complottismo. Davvero tante, troppe cose per una sola storia che, seppure con grande eleganza, si ferma alla superficie e tacco tutto senza affondare la sua bella lama in nulla.

La levigata patina lussuriosa del film si solleva senza lasciar vedere carne e sangue, senza diventare viva e vivida come era accaduto in capolavori del calibro di Oldboy, ma rimanendo un giorno anestetizzato per spettatori senza pulsioni.

Abile costruttore della messa in scena e capacissimo regista, con Mademoiselle, Park Chan-wook si lascia distrarre dalla moltitudine dei temi e degli argomenti, rimanendo sulla superficie di una bellissima scatola vuota.

Venezia 76, Leone d’Oro a Pedro Almodovar: “Una giustizia politica del tempo”

Una giustizia politica ottenuta grazie al tempo, così Pedro Almodovar ha parlato del suo Leone d’Oro alla carriera, riconoscimento che gli viene assegnato nell’ambito di Venezia 76. Il regista, uscito in sala lo scorso maggio con Dolore e Gloria, ha ricordato della sua prima volta alla Mostra e di come proprio al Lido è stato consacrato come regista internazionale.

“All’epoca della mia prima volta a Venezia, nel 1983, il direttore era Gianluigi Rondi e al governo c’era la Democrazia Cristiana. Il mio film era L’indiscreto fascino del peccato ed era stato considerato troppo osceno, ma la stampa ne parlò così tanto che fu impossibile, poi, toglierlo dalla selezione. Questo generò grande empatia e quindi ho un buon ricordo del mio primo Festival.”

Almodovar è poi tornato al Lido nel 1988, con il vitale Donne sull’orlo di una crisi di nervi: “Ricordo la mia seconda volta a Venezia come una festa. Ricordo le attrici, i colori dei loro vestiti, la loro varietà e l’immagine così vitale che davano della Spagna di allora. Abbiamo vinto il premio alla migliore sceneggiatura, quell’anno.”

Il suo ultimo film, Dolore e Gloria, è stato presentato al Festival di Cannes 2019, conquistando il premio alla migliore interpretazione maschile, Antonio Banderas, e ricevendo il plauso della critica internazionale e buone possibilità di arrivare anche agli Oscar.

“Dolore e gloria riassume parole per cui provo pudore, non voglio lamentarmi del dolore né mi piace vantarmi della gloria. Questo Leone d’Oro è un premio importantissimo. Qui a Venezia sono nato come regista, questa è un’emozione speciale. Se si vive abbastanza a lungo, il tempo diventa un elemento importante nella considerazione di ciò che ci accade. Nel ’88, quando ho presentato il film qui, il presidente di giuria era Sergio Leone, e con lei c’era anche Lina Wertmuller. Li ho incontrati per strada, in giro, e mi dissero quanto era importante per loro vedere film come il mio alla Mostra di Venezia. Mi piace considerare questo Leone come un segno di giustizia, poetica e politica, dopo 31 anni da quell’incontro.”

Ma Pedro Almodovar non è solo il regista che racconta di sesso e tabù, è quel regista che lo fa offrendo al pubblico di tutto il mondo una grande lente sulla società spagnola, rappresentando da sempre una grandissima libertà di espressione, di genere, di orientamento.

“Quando ho iniziato a fare il regista, non si parlava affatto di diversità. Gli anni ’80, in Spagna, hanno celebrato la fine di una dittatura di 40 anni e la cosa davvero importante per la popolazione era aver finalmente perso la paura e poter godere di una libertà mai vista prima. Il mio potere da regista mi ha permesso di imporre la varietà della vita che vedevo intorno a me, i miei personaggi stravaganti rappresentavano la vita e tutti gli orientamenti sessuali. Come artista il mio potere è quello di dare libertà morale ai miei personaggi. Quando ho cominciato, la cosa che più mi affascinava era proprio questo cambiamento, che ho visto e assorbito dalle strade, dalle infinite notti di Madrid. Io mi sono formato a questa università e questa ho raccontato, in un tempo in cui la democrazia in Spagna era reale.”

Star Wars IX: il cast parla del ritorno dell’Imperatore

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Star Wars IX: il cast parla del ritorno dell’Imperatore

Come ormai noto, Star Wars IX: L’Ascesa di Skywalker riporterà sul grande schermo il personaggio dell’Imperatore. Il mistero riguardo il come ciò avverrà non sarà probabilmente risolto fino al debutto nelle sale del film.

Intervistato a riguardo, il regista J.J. Abrams ha chiarito alcuni interrogativi a riguardo, dichiarando che “Il suo ritorno è parte di ciò su cui il film si basa. E’ nella locandina per un motivo ben preciso.”

“E’ il più grande cattivo nella storia di Star Wars. Ora che abbiamo concluso la storia, posso solo dire che non poteva andare diversamente. – dichiara invece l’attrice Daisy Ridley ha invece espresso il suo parere a riguardo. – “E’ perfettamente funzionale alla trama del film. Non si tratterà solo di come apparirà, ma tutto verrà spiegato.”

“Il Lato Oscuro è quello che è per mano sua, per i suoi piani e le sue azioni. – afferma John Boyega“Averlo nuovamente implica dover combattere nuovamente contro il più grande nemico di sempre. Sarà entusiasmante.”

Per attendere maggiori informazioni bisognerà attendere il prossimo trailer, ancora senza data d’uscita, nel quale potrebbe venir mostrato di più a riguardo.

Si ricorda che Star Wars IX – L’Ascesa di Skywalker arriverà nei cinema il 19 dicembre 2019. Alla regia ci sarà J.J. Abrams, già regista dell’episodio VII, mentre faranno parte del cast gli attori Daisy Ridley, John Boyega, Adam Driver, Oscar Isaac, Domhnall Gleeson, Mark Hamill, Richard E. Grant, Anthony Daniels, Billy Dee Williams, Carrie Fischer e Ian McDiarmid.

Fonte: ComicBookMovie

Pelikanblut, recensione del film di Katrin Gebbe #Venezia76

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Pelikanblut, recensione del film di Katrin Gebbe #Venezia76

In apertura nella sezione Orizzonti di Venezia 76, la regista tedesca Katrin Gebbe presenta Pelikablut, la sua opera seconda, un interessante progetto che gioca con la mescolanza dei generi e si concentra su una visione estrema, esasperata, totalizzante della maternità.

Wiebke vive con la figlia adottiva di nove anni, Nicolina, in un maneggio, dove addestra cavalli per la polizia, da utilizzare durante le manifestazioni. Dopo aver atteso molto tempo, ora ha la possibilità di adottare Raya, bambina di cinque anni, traumatizzata, per dare a Nicolina una sorella. Le prime settimane trascorrono in armonia, con Nicolina che gioca alla sorella maggiore e Raja che risponde con dolcezza alle sollecitazioni della nuova sorella. Ma poco dopo, Raya diventa sempre più aggressiva, tanto che la donna ricorre subito ad uno specialista e poi, di fronte ad atteggiamenti sempre più aggressivi, si rivolge addirittura a una sciamana.

Il concept si innesta un quella tradizione cinematografica che mescola il thriller psicologico al registro drammatico, tuttavia la durata eccessiva del film ne sfilaccia l’intensità emotiva, e la trama si arricchisce di sottotesti e similitudini ingenue che invece di rafforzare l’idea di partenza la annacquano.

Pure lo stile registico, così preciso all’inizio, diventa sciatto e lascia andare la tensione attentamente costruita nella prima parte del film. Quello che però lascia davvero spiazzati è l’ingenuità con cui la regista sceglie di concludere la storia, scivolando vertiginosamente nella giustificazione della superstizione, nella risoluzione del trauma e nello scioglimento dei noti in maniera semplicistica.

Pelikablut presenta un’intuizione vincente, che potrebbe portare il film in direzioni interessanti, anche solo per la scelta di generi tanto differenti da mettere insieme nella stessa storia, ma che manca clamorosamente il centro del bersaglio.

The Irishman: rivelata la durata del film di Martin Scorsese

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The Irishman: rivelata la durata del film di Martin Scorsese

Dopo un primo trailer, e l’annuncio delle date di distribuzione, viene ora finalmente svelata la durata complessiva del nuovo film di Martin Scorsese, intitolato The Irishman.

Stando a quanto riportato, il film avrà una durata di 210 minuti, ben al di sopra delle tre ore di The Wolf of Wall Street, fino ad ora il film più lungo del regista. Una notizia in parte prevedibile, considerando che più volte Scorsese ha dichiarato che il film prevede un numero di scene particolarmente sopra alla media dei suoi soliti film. Oltre al citato film con protagonista Leonardo DiCaprio, tra gli altri film di Scorsese con un elevato minutaggio si contano Quei bravi ragazzi, dalla durata di 146 minuti, The Aviator, che ne conta 170, e Silence, con i suoi 161 minuti.

The Irishman è basato sul romanzo I Heard You Paint Houses, scritto da Charles Brandt e basato sulla vita di Frank Sheeran, sicario della mafia e veterano della seconda guerra mondiale. Diventato ormai vecchio, Sheeran si trova a riflettere sugli eventi che hanno definito la sua carriera di sicario, e in particolare il ruolo che ha avuto nella scomparsa del leader sindacalista Jimmy Hoffa.

Ad interpretare Sheeran vi sarà Robert De Niro, che torna a collaborare con Scorsese a 24 anni da Casinò, mentre nel ruolo di Jimmy Hoffa ci sarà Al Pacino, alla sua prima collaborazione con il regista newyorkese. Tra gli altri interpreti si annoverano Joe Pesci, Harvey Keitel, Bobby Cannavale e Anna Paquin. The Irishman verrà presentato in anteprima il 27 settembre 2019 al New York Film Festival, per poi debuttare in alcuni cinema selezionati e su Netflix dal mese di novembre.

Fonte: CinemaBlend

The Laundromat: il primo trailer del film di Steven Soderbergh

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The Laundromat: il primo trailer del film di Steven Soderbergh

Contrariamente a quanto annunciato qualche anno fa, il regista Steven Soderbergh sembra ben lontano dal ritirarsi dal cinema. In questi anni il premio Oscar ha infatti realizzato film come La truffa dei Logan, Unsane, e High Flying Bird.

Ora il regista è pronto a tornare al cinema, e su Netflix, con il suo nuovo film intitolato The Laundromat. Il film è basato sul libro “Secrecy World”, del giornalista Jake Bernstein ed è incentrato sullo scandalo dei Panama Papers.

Il film ha per protagonista la vedova Ellen Martin, la quale inizia ad indagare su una frode assicurativa che la conduce ad uno studio legale di Panama City, gestito dai soci in affari Jurgen Mossack e Ramon Fonseca. La donna scoprirà presto che il suo caso è solo una piccola parte di milioni di file che contengono informazioni su società offshore impegnate in attività di riciclaggio.

Ad interpretare Ellen Martin ci sarà la tre volte premio Oscar Meryl Streep, mentre nei ruoli di Mossack e Fonseca ci saranno rispettivamente Gary Oldman e Antonio Banderas.

The Laundromat sarà presentato in anteprima al Festival di Venezia 2019, dove competerà per il Leone d’oro al miglior film. Il film verrà poi distribuito in alcune selezionate sale cinematografiche prima di approdare il 18 ottobre 2019 sulla piattaforma streaming Netflix. Così facendo potrà rientrare nella stagione dei premi cinematografici che conduce fino agli Oscar, previsti per il febbraio 2020.

Fonte: Empire

 

IT – Capitolo Due: secondo il regista c’è materiale per altri sequel

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Con l’uscita di IT – Capitolo Due nei cinema il prossimo 5 settembre si conclude la trasposizione cinematografica del romanzo di Stephen King ad opera di Andy Muschietti.

Eppure stando alle parole del regista, ci sarebbe ancora molto materiale legato alle origini della creatura comunemente chiamata IT che potrebbe essere esplorato in uno o più sequel.

“C’è un’intera mitologia legata al libro. – ha dichiarato Muschietti in un’intervista – E la mitologia offre numerose opportunità all’esplorazione. IT ha vissuto sulla terra per milioni di anni, è stato in contatto con gli umani per centinaia di secoli, ogni 27 anni. Immaginate quindi quanto materiale ci sarebbe da poter approfondire.”

Le parole del regista farebbero dunque pensare ad un universo cinematografico basato sull’opera di King, ma sempre Muschietti ci tiene a ribadire che per quanto sia bello fantasticare sulla mitologia, per il momento non ci sono sequel o prequel in lavorazione.

Dopo il successo del primo capitolo, che ha incassato 700 milioni di dollari, divenendo il film horror con il maggior incasso nella storia del cinema, IT – Capitolo Due promette una nuova epica avventura, dove il gruppo denominato Perdenti si scontrerà nuovamente contro il malvagio Pennywise, tornato in cerca di vendetta.

Il cast del film è composto da Bill Skarsgard, James McAvoy, Jessica Chastain, Jay Ryan, Bill Hader, Isaiah Mustafa, James Ransone, Xavier Dolan, Sophia Lillis, Jeremy Ray Taylor, Finn Wolfhard, Jaeden Lieberher, Will Beinbrink, Chosen Jacobs e Nicholas Hamilton.

Fonti: ComicBookResource

Black 5: Michael Bay alla regia del nuovo film Sony

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Black 5: Michael Bay alla regia del nuovo film Sony

Il regista Michael Bay (Bad Boys, Transformers, 13 Hours) dirigerà il nuovo film programma per la Sony, dal titolo Black 5. Benché per ora cast e trama non siano stati rivelati, una prima descrizione del film riporta che sarà ricco d’azione, il che è una costante nella filmografia di Bay.

La sceneggiatura del film è stata scritta da Ehren Kruger (The Talisman). Lo stesso Bay avrà anche il ruolo di produttore insieme al socio Erwin Stoff, con cui ha già collaborato per 13 Hours. L’inizio della produzione del film è prevista per i primi mesi del 2020.

Black 5 andrà così ad arricchire la filmografia del regista, specializzato in sequenze ad alto tasso esplosivo e dinamico. Tra i titoli per cui è più celebre si citano inoltre Armageddon, Pearl Harbor, The Island, e Pain & Gain.

Prima dell’annunciato film Sony, Bay tornerà al cinema con il film 6 Underground, con protagonista Ryan Reynolds e attualmente in post-produzione, ed il film Robopocalypse, un thriller sci-fi scritto da Drew Goddard ambientato in un futuro distopico dove i robot hanno preso il sopravvento sull’umanità.

Tra gli imminenti film in uscita per la Sony si annoverano invece Piccole donne, diretto da Greta Gerwig, Zombieland: Double Tap, Charlie’s Angel e Bad Boys for Life, terzo film della trilogia con Will Smith e Martin Lawrence.

Fonte: ComingSoon.net

The New Pope: il primo trailer della serie di Paolo Sorrentino

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The New Pope: il primo trailer della serie di Paolo Sorrentino

In procinto di essere presentata in anteprima al Festival di Venezia 2019, The New Pope, la nuova stagione della serie di Paolo Sorrentino si svela attraverso un primo accattivante teaser trailer.

La nuova miniserie è il sequel diretto di The Young Pope, trasmessa su Sky Atlantic dal 21 ottobre al 18 novembre 2016. Per questa nuova stagione Sorrentino ha arricchito il cast, affiancando a Jude Law, Diane Keaton e Silvio Orlando attori come John Malkovich, Jane Fonda e Marilyn Manson.

Negli episodi andati in onda nel 2016 facevamo la conoscenza di Lenny Belardo (Jude Law), giovane cardinale statunitense, mite e dallo scarso peso politico. Eletto pontefice con il nome pontificale di Pio XIII, egli si dimostrerà un papà controverso e per nulla incline a farsi comandare, rivelando un carattere machiavellico e manipolatore.

Stando a quanto riportato da Sorrentino, regista di tutti gli episodi, la nuova stagione ripartirà esattamente da dove terminava la precedente, esplorando i temi lì solo accennati. Ancora non si sa molto della trama, che il regista ha voluto tenere il più segreta possibile, ma dal titolo e da quanto mostrato nel teaser sembra proprio che un nuovo papa, incarnato dall’attore John Malkovich, prenderà il posto di Lenny Belardo.

Come detto, la serie verrà inizialmente presentata in anteprima a Venezia, per poi ottenere una distribuzione televisiva su Sky Atlantic a partire dall’autunno.

https://www.youtube.com/watch?v=g1Gm_txfh_s

Fonte: Empire

Christopher Nolan, Martin Scorsese e altri presentano la “Filmmaker Mode”

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Vedere i film sul televisore di casa propria è ormai una pratica ampiamente diffusa. Spesso però proprio su questo vengono a modificarsi una serie di parametri che inficiano sulla visione. Per questo motivo è nata una coalizione tra alcuni dei maggiori autori cinematografici per porre rimedio a questi inconvenienti, preservando la qualità di un film riprodotto sul televisore.

Martin Scorsese, Christopher Nolan, James Cameron, J.J. Abrams, Rian Johnson e altri ancora sono attualmente in aperta collaborazione con UHU Alliance per stabilire un nuovo standard per la TV in 4K chiamato “Filmmaker mode”.

“Attraverso questa modalità sarà infatti possibile preservare quanto originariamente realizzato dai registi, – ha dichiarato Christopher Nolandagli aspetti tecnici al modo in cui è stato ultimato in cabina di montaggio. Questo permetterà allo spettatore una fruizione come l’autore la desidera.”

“Le moderne televisioni offrono numerose possibilità in termini di capacità tecniche, ma questo significa anche che occorre preservare l’intento originale del regista, affinché non venga snaturato nella riproduzione in home video. La “Filmmaker Mode” avrà proprio questo compito.” Conclude sempre Nolan.

Stando a quanto riportato nel video di presentazione del progetto, la Filmmaker Mode disabiliterà il livellamento del movimento, e preserverà invece l’originale aspect ratio, il bilanciamento dei colori e il frame rate di un film.

Per questa nuova modalità non è ancora prevista una data di lancio, ma per ogni amante del cinema ben presto sarà un fattore da verificare al momento dell’acquisto di un nuovo televisore.

Fonte: Empire

Venezia 76: Ad Astra e Marriage Story per il primo giovedì della Mostra

Dopo il maestro orientale Kore-eda, Venezia 76 torna a quello che è stato il trend degli ultimi anni, i grandi registi americani. Arrivano oggi in laguna Noah Baumbach e James Gray che presentano, rispettivamente, Marriage Story e Ad Astra.

Con i due registi arriva anche una delegazione di superstar, con Baumbach che porta con sé i suoi protagonisti, Scarlett Johansson e Adam Driver, e Grey che invece ha diretto Brad Pitt, già avvistato ieri al Lido.

Se Baumbach si concentra sulla quotidianità e in particolare sul dolore legato alla separazione di una coppia, Gray proietta lo spettatore in un viaggio fantascientifico oltre le stelle, come aveva già fatto, con grande successo, Alfonso Cuaron, che proprio qui a Venezia aveva presentato Gravity.

Le verità: recensione del film di Hirokazu Kore-eda #Venezia76

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Le verità: recensione del film di Hirokazu Kore-eda #Venezia76

Ai registi di fama internazionale e di livello artistico riconosciuto può capitare di sentirsi disorientati nel momento in cui decidono di dirigere un film in un’altra lingua e di produrre film in un territorio che non è il loro di origine, e il timore era lo stesso anche per Hirokazu Kore-eda con Le verità, titolo di apertura, in Concorso, di Venezia 76.

Il regista di Un affare di famiglia poteva inciampare nello scalino su cui sono caduti autori del calibro di Asghar Farhadi e Ingmar Bergman, fino al recente caso di Xavier Dolan, e invece riesce ad aggirare l’ostacolo, senza consegnare al suo pubblico il suo film migliore, ma regalando comunque il suo tocco personale alla storia.

Le verità, basato su una piece teatrale, racconta di Fabienne, grande star del cinema francese che volge ai 70 anni, e del rapporto che ha con la figlia, sceneggiatrice che è dovuta scappare negli USA per allontanasi dalla presenza ingombrante della madre. Nel loro rapporto conflittuale si inseriscono molti personaggi, dal passato e dal presente, ad arricchire e scombussolare ancora di più la loro relazione.

Le verità è un film di un umorismo sottile, un racconto fluido in cui Kore-eda riesce a diluire i temi che gli sono cari, in particolare quelli legati all’ambito familiare, con un tono ironico che non sempre gli appartiene ma che si sposa alla perfezione con i tempi degli attori, in particolare della magnifica Catherine Deneuve e dell’altrettanto brava Juliette Binoche.

Il regista giapponese riesce a infondere nella storia, soprattutto nel personaggio della giovanissima Charlotte, una dolcezza che arriva allo spettatore con grande immediatezza ed è direttamente mutuato dal modo che ha Kore-eda di raccontare.

La scelta del titolo, che in italiano è declinato al plurale, sembra stare ad indicare tutti quei segreti, quegli atteggiamenti, quelle scelte che nel corso della vita hanno condizionato e ostacolato le due donne nel loro approccio reciproco. La verità è quello che nessuna delle due conosce sull’altra ed è quella che non si riesce mai a dire, soprattutto per Fabienne, attrice anche nella vita vera.

Il tono controllatissimo del film non lascia trasparire la furia che la sensibilità di un altro regista avrebbe potuto scatenare, dato l’argomento, ma si ha l’impressione che tutto questo controllo penalizzi l’emozione, ed è un peccato, data la grande capacità che il cineasta giapponese ha di controllarle e di lasciarle fluire attraverso le sue storie.

Venezia 76, red carpet: il gala di apertura all’insegna della bellezza

La madrina Alessandra Mastronardi, ma anche la giuria presieduta da Lucrecia Martel, gli ospiti e i protagonisti del film di apertura, in Concorso, Le verità.

Il tappeto rosso del gala di apertura di Venezia 76 è stato ricco di volti, abiti, glamour, e di seguito ecco il nostro racconto della serata in foto:

Joker: il trailer finale italiano del film con Joaquin Phoenix

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Joker: il trailer finale italiano del film con Joaquin Phoenix

Sarà presentato a Venezia 76 sabato 31 agosto Joker, di Todd Phillips, il nuovo film con protagonista Joaquin Phoenix, che promette di dare un nuovo sguardo sulla nascita del personaggio che tutti conoscono come la nemesi di Batman.

La Warner Bros ha diffuso il trailer italiano ufficiale.

Vi ricordiamo che Joker vede nel cast anche Zazie BeetzFrances ConroyBrett CullenDante Pereira-OlsonDouglas Hodge e Josh Pais e che arriverà nelle sale il 4 ottobre 2019, come ufficializzato nelle ultime settimane dalla Warner Bros.

Contrariamente alle altre apparizioni del personaggio nei Batman di Tim Burton, nella trilogia del Cavaliero Oscuro di Christopher Nolan e in Suicide SquadJoker sarà ambientato nel 1980 e racconterà l’evoluzione di un uomo ordinario e la sua trasformazione nel criminale che tutti conosciamo.

Roman Polanski e parità di genere dominano la conferenza di apertura di Venezia 76

Mentre il Concorso di Venezia 76 si aprirà tra poche ore con Le verità di Hirokazu Kore-eda, Alberto Barbera e la giuria ufficiale, guidata da Lucrecia Martel hanno già scaldato i motori con una conferenza di apertura all’insegna della discussione dei temi caldi che hanno affollato le pagine dei giornali di settori all’indomani dell’annuncio del programma della Mostra di quest’anno.

L’incontro è stato dominato dal dibattito sull’inclusione nel concorso del festival di J’accuse, di Roman Polanski, nonché sul fatto che solo due cineaste donne sono state selezionate per il concorso ufficiale.

Per quanto riguarda Polanski, Barbera ha ribadito di essere “convinto che dobbiamo separare necessariamente tra l’artista e l’uomo. La storia dell’arte è piena di artisti che hanno commesso crimini di diversa natura, tuttavia abbiamo continuato ad ammirare le loro opere d’arte. Lo stesso vale per Polanski, che secondo me è uno degli ultimi maestri ancora attivi nel cinema europeo”.

Lucrecia Martel ha preso una posizione diversa, dicendo: “Non separo l’uomo dall’artista. Penso che emergano aspetti importanti del lavoro nell’uomo.” In merito alla condanna di Polanski del 1977 per sesso illegale con un minore, la regista ha detto: “Un uomo commette un crimine di queste dimensioni e viene poi condannato con la vittima si ritiene soddisfatta del risarcimento, è una situazione difficile da giudicare… È difficile definire quale sia l’approccio giusto che dobbiamo adottare con le persone che hanno commesso determinati atti e sono state giudicate per essi. Penso che queste domande facciano parte del dibattito dei nostri tempi.”

Tuttavia, la Martel ha aggiunto che non intende partecipare a una cena organizzata per il film di Polanski che sarà proiettato durante il terzo giorno di Venezia 76. La regista argentina ha dichiarato: “Non mi congratulo con lui, ma penso che sia corretto che il suo film sia qui in questo festival, dobbiamo sviluppare il nostro dialogo e questo è il miglior posto possibile per proseguire con questo tipo di discussione”.

Inoltre, in merito alle questione del genere, la Martel ha sostenuto l’idea di quote per aumentare la parità nei festival. Ha permesso che la quote rosa non sono un’espediente soddisfacente, ma ha detto, “non ci sono altre soluzioni per garantire l’inclusione delle donne o per dare alle donne il posto che meritano. Le quote rose sono pertinenti per il momento. Mi piacciono? No. Ma non credo di conoscere nessun altro sistema che costringerebbe questo settore a pensare in modo diverso e prendere in considerazione i film diretti da donne”.

Barbera prende una posizione opposta. “Sono completamente contrario alle quote rosa nella selezione di un festival cinematografico. Dovremmo pensare a quote in diversi settori – per l’ammissione a scuole di cinema o finanziamenti – in cui il pregiudizio è ancora in atto. Introdurre quote rosa (a un festival) sarebbe offensivo perché andrebbe contro gli unici criteri che dobbiamo considerare, che è la qualità del singolo film.”

Venezia 76: Catherine Deneuve e Juliette Binoche le prime dive della Mostra

Catherine Deneuve e Juliette Binoche sono le prime dive a sbarcare a Venezia 76. Le due attrici francesi sono le protagonista di Le verità, il film di Hirokazu Kore-eda che apre il concorso 2019.

Eccole al photocall:

Venezia 76: Hirokazu Kore-eda apre il Concorso con Le verità

Venezia 76: Hirokazu Kore-eda apre il Concorso con Le verità

Lo abbiamo visto in sala con il bellissimo Un affare di Famiglia, vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2018 e arrivato in sala a settembre dello stesso anno, adesso Hirokazu Kore-eda apre il concorso di Venezia 76 con il suo ultimo film, l’esordio in una produzione non giapponese, Le verità (Le verite), con Catherine Deneuve, Juliette Binoche e Ethan Hawke.

A quanto dichiarato dallo stesso regista, la scelta di questo film come esordio fuori dai confini domestici è stata casuale, in quanto è dal 2011 che Juliette Binoche lo ha invitato a collaborare con lei e il testo teatrale da cui è tratto il film è stato il prescelto per attuare questa collaborazione.

Per Juliette Binoche “girare con Kore-eda era un sogno, sono 14 anni che aspetto di stare in un film con lui. Sono stata felicissima di incontrarlo e lavorare con lui, è stata la realizzazione di tutti i miei sogni. Poi per me Catherine è il simbolo della femminilità, ero piccolissima quando mi innamorai di lei. Con questo film ho realizzato i miei sogni più remoti e lontani. Per me è una consacrazione viva e preziosa.”

E Catherine Deneuve ha ricambiato la curiosità e il desiderio di lavorare con la collega: “Anche io ho sempre voluto lavorare con Juliette ma non ci eravamo mai incontrate prima. Questa occasione è stata una grossa sorpresa.”

Come molti dei film del maestro Kore-eda, anche Le verità parla di famiglia, insolita, disfunzionale, traumatizzata e sgangherata, ma non per questo meno affettuosa verso i suoi membri. Per Kore-eda però si tratta più di una storia di due donne che di quella di una famiglia: “L’elemento family drama è presente e importante, ma in questo film in realtà volevo raccontare una storia tra madre e figlia, che non trovano una risposta ai loro problemi, e che mantengono una loro esistenza accettandosi a vicenda. È una storia di due donne, e intorno a loro si muovono altre donne e degli uomini, non per forza legati dal sangue, e così che si crea una magia, ma anche la bugia di questi stessi rapporti. E così si evolve la mia storia, ed è esattamente questo che volevo raccontare.”

Star Wars IX: Daisy Ridley parla di “Dark Rey”

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Star Wars IX: Daisy Ridley parla di “Dark Rey”

Uno dei momenti più scioccanti dell’ultimo trailer rilasciato per Star Wars IX – L’Ascesa di Skywalker è stato senza dubbio la comparsa di “Dark Rey”, la versione Sith del personaggio interpretato da Daisy Ridley protagonista della nuova trilogia.

In un’intervista rilasciata a Yahoo al D23, l’attrice si è divertita a stuzzicare i fan, desiderosi di sapere se quanto visto è reale o meno.

“L’evidenza è sullo schermo. – ha dichiarato l’attrice – Prendete queste prove come preferite, ma ricordate che non c’è fumo senza fuoco.”

Nessuna conferma o smentita dunque. Secondo molti fan, la presenza di “Dark Rey” potrebbe far parte di un sogno o di una visione. Va inoltre considerato che la Lucasfilm tende a non inserire spoiler all’interno dei propri materiali marketing, ed è quindi probabile che si tratti soltanto di un tranello per i fan.

Ma stando alle parole della Ridley, potrebbe effettivamente esserci del vero in quanto visto. Ciò rappresenterebbe un clamoroso plot twist nella nuova trilogia, che potrebbe o meno rivelarsi controproducente.

Per attendere maggiori informazioni bisognerà attendere il prossimo trailer, ancora senza data d’uscita, nel quale potrebbe venir mostrato di più a riguardo.

Si ricorda che Star Wars IX – L’Ascesa di Skywalker arriverà nei cinema il 19 dicembre 2019. Alla regia ci sarà J.J. Abrams, già regista dell’episodio VII, mentre faranno parte del cast gli attori Daisy Ridley, John Boyega, Adam Driver, Oscar Isaac, Domhnall Gleeson, Mark Hamill, Richard E. Grant, Anthony Daniels, Billy Dee Williams, Carrie Fischer e Ian McDiarmid.

Fonte: ScreenRant

Netflix: annunciate le date di distribuzione dei prossimi film

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Netflix: annunciate le date di distribuzione dei prossimi film

Netflix ha finalmente annunciato le date di rilascio di alcuni dei suoi più attesi film, prevedendo come stabilito da recenti regole una distribuzione iniziale nelle sale cinematografiche ed un successivo approdo sulla piattaforma streaming.

Questa nuova strategia consente infatti ai film targati Netflix di poter competere all’interno della “Award Season”, e potendo così essere eleggibili anche per i prestigiosi premi Oscar. Proprio alla scorsa edizione, avvenuta nel febbraio 2019, il film Roma di Alfonso Cuaron riuscì ad ottenere tre premi mentre era già disponibile in streaming.

Quest’anno Netflix ci riprova, puntando su più di un film, alcuni dei quali già presenti nel concorso di diversi Festival, e altri in procinto di entrare nella stagione dei premi.

Nei prossimi mesi arriveranno infatti ben dieci film targati Netflix nelle sale cinematografiche. Il più atteso di questi è senza dubbio The Irishman, il nuovo film di Martin Scorsese con Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci e Harvey Keitel. Il film sarà distribuito a partire dal 1 novembre nei cinema, per arrivare poi in streaming dal 27 dello stesso mese.

Stessa sorte toccherà al nuovo film di Steven Soderbergh, The Laundromat, nelle sale il 7 settembre e su Netflix dal 18 ottobre. Grazie al colosso streaming avverrà anche l’atteso ritorno dell’attore Eddie Murphy, con il film Dolemite Is My Name, nelle sale dal 4 ottobre e in streaming il 25 dello stesso mese.

Sono invece due i film che avranno la loro anteprima al Festival di Venezia. Sono The King, con Timothée Chalamet, che arriverà poi l’11 ottobre al cinema e il 1 novembre su Netflix, e il nuovo film di Noah Baumbach, Marriage Story, con protagonisti Adam Driver e Scarlett Johansson. Tra gli altri titoli annunciati vi sono anche Earthquake Bird, Klaus, I Lost My Body, Atlantics e The Two Popes.

Fonte: ScreenRant