Distribuito da Warner Bros.
Entertainement Italia, arriva in DVD e Blu-Ray il 2 maggio
il thriller passionale Napoli Velata, con
Giovanna Mezzogiorno e Alessandro
Borghi, già disponibile su tutte le piattaforme digitali
dal 12 aprile e a noleggio su Sky Primafila,
Infinity e Premium Play dal 19 aprile.
Tra i contenuti speciali troviamo le papere degli attori sul set,
il lavoro e interviste nel backstage, qualche scena eliminata e un
commento al film del regista.
In occasione dell’uscita, abbiamo
fatto una chiacchierata proprio con Ferzan Ozpetek
e tra risate e confessioni, ci ha raccontato del suo lavoro con la
troupe, del suo amore per Napoli e della sua difficoltà nel girare
certe scene.
Nel video backstage c’è un
momento divertente in cui ti accorgi che l’operatore ha ripreso una
cosa in modo perfetto: come hai lavorato con lui e con il resto
della troupe?
Quel momento è stato bello
perché quando siamo arrivati sul posto io avevo subito detto che mi
sarebbe piaciuta la vista di questi visi alle spalle della
protagonista, ma non immaginavo proprio che l’operatore sarebbe
riuscito a beccare perfettamente lei che corre con questi visi
insieme sullo sfondo. All’inizio i titoli di testa erano lunghi 12
minuti e l’operatore, bravissimo, si era preparato per girare per
così tanto tempo ma alla fine li abbiamo accorciati. C’è un altra
scena dove Giovanna Mezzogiorno cammina nella piazza di notte e
l’operatore era distrutto perché lei camminava troppo velocemente:
allora gliel’ho detto che era lui che doveva dettare i tempi, ma è
davvero un uomo di una disponibilità rara! I due operatori Sasha
Ippoliti e Fabrizio sono stati bravissimi, come anche i tre ragazzi
dedicati al suono: ogni tanto uno spariva per andare a fare rumori
di sottofondo per il mix ad esempio! In questo film ho avuto tutta
gente amatoriale, ma nel senso che “Amano” il loro lavoro di fare
film e veri appassionati del cinema. Ed è questa gente che ti dà
entusiasmo dopo 15 ore di riprese. E anche il finale del film,
quasi lo abbiamo deciso insieme alla troupe,
chiacchierando.
Nel backstage Peppe Barra
dice che gli hai fatto capire alcune cose che nessun altro regista
gli aveva mai fatto capire e anche gli altri attori ti descrivono
come una persona molto umana: come sei sul set?
Io mi innamoro dei miei attori.
Sai quando ti innamori di una persona vorresti che stia bene, mangi
bene, venga bene… Vuoi tutto per loro, ma nel momento clou
dell’innamoramento sto con loro. Per questo per me è terribile
quando i due devono fare l’amore perché diventa un contrasto
fortissimo. Io mi innamoro di loro ma levo la sessualità sempre
perché se no sarebbe un disastro. Io mi ripetevo in continuazione
che in questo film loro dovevano fare del sesso forte, perché lei
che era una mezza zitella, che non aveva rapporti così, per la
prima volta doveva fare qualcosa di forte nella sua vita… E quindi
avevo capito che non potevo fare come in Saturno Contro dove
Accorsi va dalla Ferrari per fare del sesso contro la morte, per
cui Gianni Romoli aveva scritto tre pagine di sesso
pazzesco.
Io non potevo farlo, così gli
feci fare questa camminata per Piazza di Pietra dove loro dovevano
avere un atteggiamento di voglia di fare sesso solo nella loro
camminata, ma poi ci chiudono la porta davanti. Invece nel caso di
Napoli Velata, qualche giorno prima ho iniziato a dire a Giovanna e
Alessandro, ‘Ragazzi quella serata è importante, preparatevi! Io
non sono capace a fare scene di sesso quindi aiutatemi!”. Alla fine
loro sono arrivati sul set e io avevo preparato anche una
controfigura per Giovanna per le cose più intime, ma lei mi ha
subito detto ‘Io questa non la voglio qui. Ho 40 e passa anni e
voglio mostrare le mie ultime cartucce!”.
Loro si sono messi lì, eravamo
60 persone sul set e c’era un silenzio tombale e mentre gli dicevo
cosa fare, che posizioni fare, nella mia testa pensavo ‘Vai Ferzan
bravo, continua così’. E loro sono stati bravissimi, non c’è stato
un sorrisetto, un attimo di volgarità, sembrava che noi fossimo
entrati nella stanza di una coppia vera ed eravamo di troppo. E
quando abbiamo finito tutto ed eravamo sfiniti e stavo montando,
stavo tagliando qualcosa da quella scena mi arriva in quel momento
esatto un messaggio di Giovanna che mi diceva “Per favore, io e
Alessandro ci siamo sforzati tanto per fare quella scena, ti
pregherei di non tagliare” e così ho fatto. Giovanna è
una grandissima attrice e alla seconda visione ve ne potrete
accorgere ancora di più: secondo me la più grande attrice che
abbiamo in Italia, mi vengono i brividi a pensare a lei!
Come mai l’idea di fare un
film di genere?
Ho avuto sempre un attrazione
per il thriller e il mistero. Come anche ne La Finestra di Fronte
quando arriva il vecchio che guarda dentro la finestra, ti mette un
po’ di angoscia. Mi piace sempre un po’ di tensione, c’è sempre
qualcosa di misterioso nei miei film, anche in Cuore Sacro ad
esempio. Per questo qui invece, l’idea è nata perché ho conosciuto
questa dottoressa a cena tanti anni fa, con cui ho avuto una grande
sintonia e ad un certo punto lei mi disse ‘Io devo andare che
domattina ho un cadavere’. Lì poi ho pensato che le piacevo
tantissimo e ho pensato ‘Chissà cosa farebbe se domattina si
ritrovasse me davanti’… E da lì ho scritto l’idea del soggetto fino
ad un certo punto. Poi ne ho parlato a Gianni Romoli cinque, sei
anni dopo. Invece l’idea di ambientarlo a Napoli è successo quando
facevo la Traviata a teatro e da lì mi si è aperto un mondo di una
città meravigliosa, pazzesca e che auguro a tutti di conoscere. In
qualche modo ho cercato di condividere questo mio amore…
Come uomo del mediterraneo,
ci hai presentato due città diverse ma simili: Napoli ora ma prima
Istanbul…
Rosso Istanbul è stato per me un
lavoro molto psicologico, io sono stato male per tantissime scene
perché a 50 metri da dove giravamo ho passato la mia infanzia. La
mamma nel film era una attrice completamente diversa da mia madre,
ma con trucco e parrucco era diventata uguale a mia madre e mi
faceva impressione. Così come anche l’atmosfera di casa e delle zie
identiche alle mie. Ho fatto un film che mi ha fatto anche del
male, perché era un modo di entrare troppo sfacciato nella mia
vita.
Ed è un anno dove
ci hai mostrato i cadaveri!
È vero, ma perché è stato un
anno difficile per me.
Napoli attraverso i tuoi
occhi: in che modo ha cercato di raccontarla?
Non è facile, nei limiti ho
cercato di raccontare dei posti a cui tenevo molto. Ma Napoli è
fatta di sensazioni: non si può raccontare la sensazione di quando
entri in una pizzeria e ti arriva quel profumo delizioso di pizza,
oppure non puoi raccontare di quando stai in un vicolo a parlare e
arriva uno sconosciuto e poi scopri che uno è uno scaricatore e
l’altro magari un principe… Non puoi raccontare l’odore del mare…
Mi piacerebbe fare un film che racconti queste cose, magari più
avanti.
Questo film ha un impatto
visivo molto forte e con lei c’è dell’estetismo vero: qual’è
l’importanza di questo aspetto?
Io ho sempre di più un bisogno
fisico dell’inquadratura perfetta e bella che mi deve piacere
tantissimo. Mi è piaciuta molto la frase di Marco Ferreri, che ho
messo anche su Instagram (che ho la mania di Instagram, perché
riesci a fare delle cose molto belle!), “I film senza gli altri non
esistono”, dice lui, “Gli altri sono come noi autori del film”. Ad
esempio ieri sono andato al cinema ed era una proiezione fatta
malissimo e io mi sentivo male, non riesco più a vedere ad esempio
una luce brutta, un interno di una casa illuminata male o un attore
inquadrato male. Forse sarà un segno della vecchiaia ma ho bisogno
dell’estetica.
Addirittura questa mania qui si
manifesta anche nei posti dove vado: ad Istanbul sono andato in un
bagno turco restaurato da un uomo che lo ha creato con una
filosofia tutta nuova, tutto molto bello. Sono andato a vederlo e
uscendo mi hanno chiesto un parere e gli ho detto “Bellissimo però
le luci sono orrende”. Ma siccome in questo posto ci andava anche
il mio direttore della fotografia Filippo Corticelli, ora li ho
messi in contatto così riprogettano le luci. Infine c’è una cosa
spaventosa che sta succedendo a Roma, la rovina, il più grosso male
che si poteva fare a Roma: queste luci a LED che hanno messo in
giro per la città. No, Roma ha il colore giallo e loro hanno messo
la luce bianca: la città diventa quasi irriconoscibile! Non solo le
buche, non solo l’immondizia… C’è anche una luce orrenda!
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