Trama segretissima (e così resterà
per tutta la lunghezza di quest’articolo), tanti personaggi, una
storia famosissima nei fumetti riportata sul grande schermo, un
villain formidabile e, soprattutto, dieci anni di “preparativi” per
giungere a questo punto: Avengers: Infinity War.
La realizzazione di un progetto
I Marvel Studios hanno
esordito ufficialmente nella primavera del 2008, portando in sala
Iron Man, un personaggio
non troppo noto, interpretato da un attore che all’epoca si era
appena rimesso in carreggiata dopo anni di difficoltà tra abusi di
alcol e droga. Il risultato: la (ri) nascita di una
superstar,
Robert Downey Jr., e l’inizio di un progetto
produttivo impegnativo, articolato, pianificato e programmato nei
minimi dettagli, che nel corso di una decade avrebbe permesso a una
piccola casa di produzione (i Marvel Studios sono una realtà
relativamente piccola in seno alla Disney) di produrre 18 film e
incassare oltre 10 miliardi. Un impegno senza precedenti, che ha
coinvolto attori, registi, sceneggiatori, produttori, maestranze in
ogni campo della catena cinematografica, soprattutto ha permesso di
sviluppare un’unica storia nel corso degli anni, raccontando tante
vite di eroi e supereroi, muovendosi nel tempo e nello spazio e, di
fatto, creando un nuovo genere cinematografico. I colori, i toni,
la struttura narrativa, l’impianto visivo dei film Marvel
Studios hanno trasformato quelli che prima rientravano
in un filone noto (fantasy, sci-fi, azione) in un genere nuovo: il
cinecomic, ovvero il film di supereroi.
L’importanza di
Avengers: Infinity War
Non che i Marvel
Studios abbiano inventato gli adattamenti dai fumetti di
supereroi, ma tecnicamente hanno canonizzato e creato la
definizione del genere cinematografico, tanto cara alle
catalogazioni e alle definizioni della critica e del pubblico. È
quindi fondamentale, prima di parlare di Avengers: Infinity
War, spiegarne l’importanza dal punto di vista
dell’industria cinematografica così popolata in questi anni dai
personaggi superdotati dei fumetti. Il film di
Anthony e Joe Russo rappresenta l’apice del
progetto che ha dato vita al MCU, il
punto più alto di una trama intessuta nel corso di diverse storie,
quelle dei Vendicatori, che conduce lo spettatore per mano
all’interno di quella che sembra una costosissima serie tv che
viene trasmessa al cinema, in cui ogni episodio corrisponde a un
film.
Così il MCU ha
portato sullo schermo d’argento le pagine dei fumetti, nella
struttura e non solo nelle storie e nei personaggi; allo stesso
modo ha introdotto al cinema il concetto di universo condiviso
coeso e coordinato, che segue una rigorosa (con qualche
eccezione) timeline, un mondo intero che ha
influenzato e in alcuni casi penalizzato molti progetti di altri
studi (si veda la continua rincorsa di Warner
Bros/DC a cercare di emularne il format). Insomma in dieci
anni i Marvel Studios hanno
operato una rivoluzione del linguaggio del blockbuster, soffocata
troppo spesso dal facile entusiasmo o dal commento distruttivo di
spettatori e critica.
Il film di
Thanos
In Thor (2011)
lo spettatore ha conosciuto il Tesseract, un cubo contenente una
forma misteriosa e potentissima di energia, la prima Gemma
dell’Infinito apparsa nel MCU, il
seme di ciò che sarebbe poi stato costruito nel corso del tempo per
arrivare alle vicende di Avengers: Infinity War.
Il film dei fratelli Russo comincia dove si era interrotto Thor:
Ragnarok, con
Thanos a caccia proprio del Tesseract e della Gemma
dello Spazio al suo interno. La storia, semplicisticamente
parlando, è proprio la ricerca delle Gemme da parte del Titano Pazzo,
quell’antagonista che il MCU ha anticipato già
dalla scena post credits di The
Avengers (2012). E sei anni di attesa hanno premiato,
visto che Avengers: Infinity War è a tutti
gli effetti il film di
Thanos. Spaventati, preoccupati, decisi, coraggiosi, i
Vendicatori (ma anche i Guardiani,
Strange e Black Panther) si danno
da fare per cercare di arginare la ricerca di
Thanos; li seguiamo in altri mondi, nel Wakanda, “ovunque” pur
di proteggere le Gemme in loro possesso (quella della Mente sulla
fronte di Visione e quella del Tempo, nell’Occhio
di Agamotto, al collo di Dottor Strange), ma il
vero protagonista è lui, il gigante color porpora interpretato in
performance capture da
Josh Brolin.
Il villain e
l’anti-eroe
Desideroso di riportare
l’equilibrio nell’universo, Thanos è una figura di antagonista finalmente
strutturata, all’altezza di quel Loki che il pubblico ha tanto
amato e delle aspettative covate in sei anni di anticipazioni. La
performance di Brolin è ben visibile su ogni tessuto in computer
grafica del volto del Titano Pazzo, l’attore gli
consegna spessore, creando una figura eroica e tragica, tanto da
tramutarsi quasi in un anti-eroe, un “uomo” che dedica a una
missione solitaria e dolorosa la sua intera vita. Un villain
fisicamente minaccioso, intellettualmente arguto ma emotivamente
ferito, sconfitto dall’incredibile perdita che lui stesso ha
affrontato.
A confronto di questo formidabile
cattivo, gli eroi sembrano pedine affannate, impreparate alla
potenza dell’avversario. Lo scopriamo nei primi minuti, in cui Hulk
si ritrova stordito e disorientato, messo a tappeto dalla forza
bruta di Thanos; e forse a questa esperienza si deve tutto l’arco
narrativo di Bruce Banner, regredito a un bambino
spaventato, traumatizzato da un incontro che difficilmente
dimenticherà. Come Banner, tutti usciranno colpiti, feriti, provati
da questo scontro, in alcuni frangenti molto ben orchestrato, con
sorprese e colpi di scena, ma anche con un certo grado di fedeltà
al genere canonizzato di cui sopra, che cede il passo a toni cupi
inediti nel finale spiazzante (una volta tanto), conclusivo ma allo
stesso tempo proiettato verso il capitolo 4.
La fine del mondo
(e del MCU) come lo conosciamo
Oltre gli effetti visivi
spettacolari, le battute spesso demenziali, le nuove alchimie tra
personaggi che non si erano mai incontrati prima nel Marvel Cinematic
Universe (su tutte le dinamiche tra Thor, Groot e
Rocket), Avengers: Infinity War mette lo
spettatore di fronte alla sensazione della fine. La conclusione di
una ricerca, di un’era, di un momento storico che ridisegna le
sorti dell’intero Universo. Così facendo, la Marvel si spinge in un
territorio meta-cinematografico che mai aveva osato calcare: la
fine del mondo, annunciata dall’inarrestabile Thanos, è anche la
fine di un ciclo narrativo, la conclusione dei contratti di alcuni
degli attori con lo studio, la fine di un appuntamento al cinema
che ha accompagnato i fan per 10 anni, fino ad oggi.
È chiaro, l’universo Marvel non
finirà con Avengers: Infinity War, sono già in
arrivo Ant-Man and the
Wasp e Captain Marvel,
oltre ad Avengers 4, che chiuderà la Fase
3, ma la sensazione è che lo studio abbia fatto in modo che il suo
primo importante anniversario coincidesse con una storia che possa
ridefinire i rapporti di forza all’interno dell’Universo
Condiviso, testimoniando al passaggio di testimone tra
la vecchia e la nuova generazione e, forse, rinnovando ancora quel
cinecomic canonizzato, il genere che ha contribuito a creare.
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