Ciò che si vociferava alcune
settimane fa è stato confermato nelle ultime ore: i Marvel Studios stanno lavorando per portare
sul grande schermo un film dedicato agli Eterni,
personaggi ideati da Jack
Kirby (testi e disegni) e pubblicati dalla Marvel Comics, apparsi la prima volta nel 1976
nel numero 1 di The Eternals.
Secondo l’Hollywood Reporter, inoltre, la
produzione avrebbe già scelto chi si occuperà della sceneggiatura,
ovvero Matthew Firpo e Ryan
Firpo.
Nella versione originale, gli Eterni
sono esseri sovraumani geneticamente modificati dai Celestiali
e in continua lotta con le loro controparti, i Devianti.
Il progetto
sugli Eterni potrebbe essere uno fra
quelli ancora senza nome annunciati dai Marvel Studios poche settimane dopo
l’uscita nelle sale di Black Panther ma
con associate già le release ufficiali.
Queste le date previste per i sei
progetti (più uno, spostato da agosto 2020 a luglio 2020):
31 Muglio 2020
7 Maggio 2021
30 Luglio 2021
5 Novembre 2021
18 Febbraio 2022
6 Maggio 2022
28 Luglio 2022
Ovviamente fra questi potrebbe
esserci qualche sequel sui personaggi già portati sullo schermo
(probabili uno su Black Panther e un
altro per Spider-Man: Homecoming) come
è altrettanto ipotizzabile la produzione dello standalone su Vedova
Nera.
C’era da aspettarselo, ma quello che
fino a qualche mese fa sembrava essere soltanto un rumor ora si
trasforma in realtà: la Lucasfilm sta lavorando ad uno spin-off di
Star
Wars interamente dedicato a
Lando Calrissian, il personaggio interpretato
nella vecchia trilogia da Billy Dee Williams
e da Donald Glover in Solo: A Star Wars Story.
L’annuncio arriva dal Festival
di Cannes, dove si è tenuta un’anteprima di
Solo insieme al cast e ai realizzatori, grazie
alle parole di Kathleen Kennedy (co-direttrice
generale della Lucasfilm):
“Pensiamo che il prossimo
spin-off del franchise debba concentrarsi su Lando Calrissian.
Certo, ci sono ancora tantissime storie da raccontare sulle
avventure di Han e Chewbacca ma Lando sarà decisamente la prima di
queste“.
Vi ricordiamo che Lando sarà
presente in Solo: A Star Wars Story, ambientato
dieci anni prima degli avvenimenti di Una Nuova
Speranza.
Il film arriverà nelle sale il
25 maggio 2018 e dopo il licenziamento dei registi Phil
Lord e Christopher Miller,
registi di 21 Jump
Street e The LEGO Movie, è
stato incaricato Ron Howard di
completare l’opera. La sceneggiatura porterà la firma
di Lawrence Kasdan e di suo
figlio Jon Kasdan.
Sali sul Millennium Falcon e
viaggia nella galassia lontana lontana in Solo: A Star Wars Story,
un’avventura completamente nuova con il farabutto più amato della
galassia. Attraverso una serie di audaci fughe nel profondo,
oscuro e pericoloso mondo criminale, Han Solo incontra il suo
potente futuro copilota, Chewbacca e anche il famoso giocatore
d’azzardo Lando Calrissian, in un viaggio che racconterà l’inizio
di uno degli eroi più improbabili della saga di Star Wars.
Sono state diffuse tre nuove clip
da Dogman,
il film di Matteo Garrone che la sera del 16
maggio sarà presentato in anteprima mondiale, in concorso, al
Festival
di Cannes 2018. Ecco le clip pubblicate
da 01Distribution:
Dopo Gomorra e
Reality (entrambi vincitori del Grand Prix) e Il
Racconto dei Racconti, Matteo Garrone torna
in Concorso al 71° Festival Di Cannes con il suo
nuovo film, Dogman,
in uscita nelle sale italiane il 17 maggio,
distribuito da 01 Distribution.
In una periferia sospesa tra
metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere
quella del più forte, Marcello è un uomo piccolo e mite che divide
le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di
toelettatura per cani, l’amore per la figlia Sofia, e un ambiguo
rapporto di sudditanza con Simoncino, un ex pugile che terrorizza
l’intero quartiere. Dopo l’ennesima sopraffazione, deciso a
riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta
dall’esito inaspettato.
“Dogman è un film che si ispira
liberamente ad un fatto di cronaca nera accaduto trent’anni fa, ma
che non vuole in alcun modo ricostruire i fatti come si dice che
siano avvenuti.
Ho iniziato a lavorare alla
sceneggiatura dodici anni fa: nel corso del tempo l’ho ripresa in
mano tante volte, cercando di adattarla ai miei cambiamenti.
Finalmente, un anno fa, l’incontro con il protagonista del film,
Marcello Fonte, con la sua umanità, ha chiarito dentro di me come
affrontare una materia così cupa e violenta, e il personaggio che
volevo raccontare: un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo
una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se
stesso, ma anche il proprio quartiere e forse persino il mondo. Che
invece rimane sempre uguale, e quasi indifferente“. –
Matteo Garrone
Preceduto da una produzione
burrascosa, Solo: A Star Wars Story è
stato presentato al mondo nella cornice di Cannes 2018, fuori
competizione. Sulla croisette hanno sfilato tutti i protagonisti,
dal Alden Ehrenreich, interprete del giovane Solo,
a Emilia Clarke e Woody Harrelson, personaggi nuovi, introdotti
in questo film nella saga, che hanno contribuito in maniera
decisiva a formare il carattere del contrabbandiere più amato della
galassia. Sul tappeto rosso del festival c’era anche Ron
Howard, il regista, che è entrato in corsa nel progetto,
dopo il licenziamento di Phil Lord e Chris Miller,
a oltre metà della produzione.
Questa vicenda è stata senza dubbio
fondamentale nello sviluppo del film, che mostra, disarmato, tutte
le sue debolezze, senza neanche riprovarci a tenersi in piedi. La
storia racconta di Han, un ragazzo che vive di espedienti, e che a
seguito di un “affare” andato male, si trova a dover affrontare la
fuga e decide di arruolarsi nell’Esercito dell’Impero.
A questa scelta di
circostanza, seguono incontri e avventure che lo porteranno a
costruire il mito del personaggio di Harrison Ford, così come lo abbiamo
conosciuto. Solo: A Star Wars Story ci presenta
infatti l’incontro di Han con Chewbacca, l’amicizia con
Lando Calrissian, l’entrata in scena del
Millennium Falcon, l’origine del dadi dorati. Non
solo, in quanto storia di origini, il film di Ron
Howard racconta anche in che modo Han Solo è diventato la
cinica canaglia dal cuore d’oro che ha stregato il cuore di Leia e
che è diventato il migliore amico di Luke.
I personaggi di
Emilia Clarke e di Woody Harrelson,
l’interesse amoroso e il mentore, si intrecciano a quello di
Ehrenreich, costruendo delle dinamiche che formano l’indole del
personaggio, la stessa indole che accompagnerà l’approccio al
futuro (già raccontato) del personaggio.
Non solo, il film presenta
anche due importanti Easter Egg, riferimenti alla saga, non troppo
nascosti a dire il vero, che suggeriscono lo sviluppo degli eventi
in sensi che già conosciamo. Svelano il futuro di quello che
accadrà nella galassia e che noi spettatori già conosciamo.
Insomma, fino a questo punto il
film sembra presentare ogni elemento di cui necessita per essere un
successo, tuttavia un buon film non è fatto solo di una somma di
elementi, c’è anche la cifra discrezionale del cuore, quella
irrazionale, che in Solo: A Star Wars Story latita
clamorosamente.
Ron Howard da
bravo “operaio” al servizio della Lucasfilm ha
fatto ciò che ha potuto, realizzando una serie infinita di scene
d’azione mozzafiato. Un salvataggio, un inseguimento, una fuga
rocambolesca cede il passo a un’altra scena altrettanto concitata,
con un ritmo forsennato, perché non appena il tono si appiana e il
ritmo si dilata, il film si rivela estremamente povero, da un punto
di vista della trama e dei personaggi. Alden
Ehrenreich non ha abbastanza carisma, nemmeno per
interpretare una versione giovane e inesperta del personaggio di
Ford, ma non sarebbe giusto incolpare lui dei problemi del film,
che a questi livelli andrebbero intercettati nell’apparato
produttivo.
Solo: A Star Wars
Story non corre nessun rischio e quindi non raggiunge
nessun risultato notevole, si rivela pavido, senza emulare l’indole
del personaggio che sta raccontando. Senza l’anima di Rogue One, senza il coraggio de Gli Ultimi Jedi, Solo è il film minore di una
grande saga, che potrebbe avere ancora qualcosa da raccontare,
ammesso che ci sia la predisposizione a rischiare.
È stato presentato ieri sera al
Festival
di Cannes 2018 Solo: A Star Wars Story, il
nuovo spin off della saga lucasiana che racconta le avventure del
giovane Han, molto prima che il contrabbandiere incontri Luke e
Leia.
Diretto da Ron
Howard, il cast di
Solo: A Star Wars Story comprende Alden
Ehrenreich (Ave, Cesare!, Segreti di famiglia),
Woody Harrelson (Tre manifesti a Ebbing,
Missouri, Oltre le regole- The Messenger), Emilia Clarke (Io prima di te, Game of
Thrones), Donald Glover (Spider-Man: Homecoming, Sopravvissuto
– The Martian), Thandie Newton (Gringo, Crash: Contatto
fisico), Phoebe Waller-Bridge (Fleabag,
Killing Eve) e Paul Bettany (Captain America: Civil
War, Master & Commander – Sfida ai confini del
mare). Joonas Suotamo (Star Wars – Gli
ultimi Jedi) torna a vestire i panni di Chewbecca.
Scritto da Jonathan Kasdan
& Lawrence Kasdan,
Solo: A Star Wars Story è prodotto da Kathleen
Kennedy, Allison Shearmur e Simon Emanuel. I produttori esecutivi
sono Lawrence Kasdan, Jason McGatlin, Phil Lord e
Christopher Miller.
Aragorn è uno dei
personaggi principali e più eroici de Il Signore
degli Anelli. Ha scortato gli Hobbit fino a Gran
Burrone, e li ha salvati dalle grinfie dei Nazgul. È stato parte
del Consiglio di Elrond, dove ha giurato fedeltà al nuovo portatore
dell’Anello Frodo. Aragorn è uno dei più grandi combattenti della
Terra di Mezzo, ha il dono di una vita lunga proprio dei
Nùmenòreani, e ha decenni di esperienza in battaglia.
Quando si arriva alle vicende de Il Signore degli
Anelli, è più che preparato a ciò che sta arrivando.
Inoltre, è anche il discendente di Isidur, il Re di Gondor. Dato
che il reame non ha un re ma un Sovrintendente, Aragorn deve anche
cercare di riaffermare la propria autorità, per riprendere la
corona e ricostruire il mondo degli Uomini. È questo il suo viaggio
nella trilogia, ma nei film ci sono molte cose sui personaggi che
vengono tralasciate. Ecco 15 fatti su Aragorn, o King
Elessar, che solo i fan conoscono.
La caccia a Gollum
Bilbo Baggins ha
trovato l’anello quando era custodito da Gollum, che aveva generato
una particolare ossessione in lui. Bilbo sembra comunque essere
abbastanza resistente alla seduzione dell’Anello, e decide di
tenerlo con sè, portandolo nella Contea, dove lo tiene per decenni.
Gandalf non se ne accorge subito, ma ad un certo punto comincia a
notare che Bilbo custodisce un misterioso anello, e decide di
indagare. E per saperne di più, c’è solo una persona che lo può
aiutare, ovvero colui che ha custodito l’Anello per ultimo: Gollum.
Gandalf non ha particolare abilità innate per
quanto riguarda il rintracciare la creatura, e chiede
quindi ad Aragorn di compiere la missione per conto suo.
Ci vuole parecchio tempo, ad Aragorn, per trovare Gollum. Ma alla
fine, compie la propria missione e lo porta nel Reame Boscoso, dove
la creatura viene interrogata da Gandalf e re Thranduil, il padre
di Legolas. È proprio questa vicenda a convincere Gandalf del fatto
che l’anello posseduto da Bilbo sia effettivamente l’Unico
Anello.
La vita con gli elfi
Aragorn non ha avuto
esattamente un’infanzia stabile. Suo padre fu ucciso
quando era un ragazzino, e la madre a dovette assicurarsi di
portarlo il un luogo sicuro, prima di morire a sua volta. E scelse
proprio Gran Burrone, dove fu cresciuto dagli
Elfi, che si presero cura del ragazzino. Ne Il
Signore degli Anelli, Aragorn parla Elfico correntemente e
sembra trovarsi particolarmente a proprio agio nel luogo. E la
ragione è ché Aragorn è cresciuto proprio a Gran Burrone. Se ne va
infine per stare con i propri fratelli e sorelle numenoreani, ma
porta con sé la saggezza elfica. Inoltre, la madre fu seppellita a
Gran Burrone, e la tomba compare nel film: è quella che Aragorn
visita ne La Compagnia dell’Anello.
Non conosceva le proprie
origini
Dopo che il padre di Aragorn
fu ucciso in battaglia, la madre divenne abbastanza
paranoica riguardo al fato figlio, che temeva fosse come quello del
padre. È questo il motivo per cui, dopo averlo portato a Gran
Burrone, decide di cambiare il suo nome con
“Estel”. Infatti, il nome “Aragorn figlio di Arathorn” era
conosciuto come quello dell’erede di Elendil e del legittimo erede
al trono di Gondor. E Sauron, che voleva impedire a tutti i costi
che un nuovo re dominasse il mondo degli uomini, non si sarebbe
fermato di fronte a nulla per assicurarsi del fatto che l’erede di
Gondor venisse ucciso prima di arrivare a dover confrontarsi con
lui. E Aragorn passa la maggior parte della propria vita
con il nome “Estel”, e addirittura ignora e proprie origini fino
all’età di vent’anni. Quando gli viene rivelata la verità,
decide di lasciare gli Elfi e di combattere al fianco dei Raminghi
del Nord. Ma impara come nascondersi tra la folla e passare
inosservato, oltre a diventare il leader dei Raminghi e il loro
miglior combattente.
Il dono di un anello
Ne Il Signore degli
Anelli, vediamo che Aragorn indossa sempre un anello
al dito. Nel film Le Due Torri, scopriamo
che l’anello è formato da due serprenti con gli occhi di smeraldo,
di cui uno divora l’altro, che ha una corona di fiori dorati.
Sembra un dettaglio inutile, ma Saruman rivela che si tratta in
realtà l’Anello di Barahir. Uno deglio oggetti più
antichi della Terra di Mezzo, il fatto che Aragorn lo indossi è
abbastanza eccitante. Gli è stato dato, infatti, da Re Elron di
Gran Burrone, come premio per aver salvato la propria vita in
battaglia. Nella trilogia cinematografica, è sottinteso che
l’anello simbolizzi che il portatore sia l’erede al trono di
Gondor. E va bene, almeno per i film. Ma è interessante che ci sia
dietro molta più storia di quello che sembra.
Guardiano degli Hobbit
Gandalf il Grigio comincia a
sospettare che ci sia qualcosa di strano quando Bilbo arriva a
festeggiare addirittura il proprio centoundicesimo compleanno. Il
che lo spinge a partire all’avventura e scoprire qualcosa di più
sul passato di Bilbo durante i suoi viaggi. È allora che le
strade di Aragorn e Gandalf si incrociano, e i due diventano buoni
amici. Avendo l’impressione che sia Bilbo ad avere l’Unico
Anello, Gandalf raccomanda ad Aragorn e agli altri Raminghi del
Nord di tenere d’occhio la Contea e di proteggere gli
hobbit dal male. Aragorn accetta, e i suoi uomini
cominciano a sorvegliare l’area. È nel suo viaggio tra varie terre
che gli viene dato il soprannome di Grampasso. Dopo che Gandalf gli
chiede di rintracciare gollum, lascia la custodia degli hobbit, ma
ritorna appena compiuta la propria missione. Ed è dopo il suo
ritorno che finirà per incrociare Frodo al Puledro Impennato. È
possibile anche che l’incontro non sia stato casuale, che anzi
Aragorn sia stato mandato da Gandalf stesso.
Combattere sotto mentite
spoglie
Dopo la Battaglia delle Cinque Armate,
chiunque nella Terra di Mezzo sapeva che Sauron
stesse riguadagnando forza e che si trovasse nella terra di
Mordor. Poco dopo, in giro si cominciarono a
vedere gli orchi, sepre più spesso, e molte battaglie si
susseguirono, culminando poi nella decisiva Guerra dell’Anello.
Aragorn ha combattuto in molte battaglie con il nome di
Grampasso, viaggiando poi verso est e aiutando i
popoli di Rohan e Gondor nella lotta contro le forze di Sauron. Per
tutto quel tempo, sceglie di usare il nome
Thorongil, in modo da non essere riconosciuto come
l’erede al trono di Gondor. Ha combattuto al fianco di Thengel, il
padre di Re Theoden.
Da un reame all’altro
Quando incontriamo Aragorn
ne Il Signore degli Anelli, è chiaro a tutti che sia
un uomo che sa molto sulla Terra di Mezzo, e che
ha visto molto. Ovunque viaggi, sembra che la gente del posto lo
riconosca. Il Re Theoden lo riconosce dai tempi in cui aveva
combattuto con suo padre. Ma Aragorn ha viaggiato molto,
anche oltre i regni degli uomini. Durante i propri viaggi,
infatti, Aragorn ha visitato posti come Minas Tirith, Edoras, e
altri. È stato a Lothlorien per parecchio tempo per la sua bella
Arwen, ed è passato addirittura attraverso le Miniere di Moria.
Inoltre, ha conosciuto Legolas durante la ricerca di Gollum, che
l’ha portato fino al Bosco Atro.
L’ultimo
baluardo/atto del padre
Aragon perde il padre in età
molto giovane e, ne Il Signore degli Anelli,
questi non viene nemmeno menzionato (tranne che per il ricorrente
“Aragorn, figlio di Arathorn“). Non sappiamo molto
su Arathorn, ma sappiamo che era l’erede al trono di Gondor e che
era un grande combattente, proprio come il figlio. Ma come è morto?
Essendo un Ramingo del Nord, Arathorn amava andare a caccia di
Orchi, per la quale si unì a Elladan e Elrohir, figli di Elrond.
Mentre il trio è a caccia di un gruppo di orchi, uno di questi si
gira e scocca una freccia, che finisce dritta nell’occhio di
Arathorn, che muore sul colpo, lasciando il destino di Gondor nelle
mani del figlio di due anni.
Ricostruire la Terra di Mezzo
La storia di Aragorn ne Il
Signore degli Anelli va più o meno così: è il
leggitimo erede al trono di Gondor, ma lui non
vuole. Sfortunatamente, senza un re alla guida del regno, Gondor è
guidata da Denethor, che non è proprio il massimo. Per questo
motivo, Aragorn capisce che deve accettare il proprio destino e
diventare colui che è nato per essere, nel bene e nel male. Dopo la
sconfitta dell’armata di Sauron nei campi del Pelennor, Aragorn
diventa il leader degli uomini e marcia verso il Nero Cancello.
Dopo la distruzione dell’Anello, Aragorn viene
ufficialmente incoronato Re di Gondor, ed è un eccellente
sovrano. Si assicura che i confini siano sicuri, e si
sforza per ricostruire i regni degli uomini nella Terra di Mezzo.
Gondor ritorna al suo antico splendore, e i rapporti tra Elfi e
Nani riprendono grazie a lui.
Re di Arnor
Gondor e Rohan sono i due grandi
regni degli uomini coinvolti nella Guerra dell’Anello
ne Il Signore degli Anelli. Ma non sono gli unici:
tra gli altri, c’è il Regno di Arnor, che si trova
abbastanza vicino alla Contea. Era un antico regno che aveva avuto,
a suo tempo, la sua dose di guerre e che fu quasi distrutto dalla
corsa per il potere del Re degli Stregoni di Angmar. Come erede di
Isildur, Aragorn non è solo il legittimo erede al trono di Gondor,
ma anche quello di Arnor. Una volta incoronato Re di Gondor, ha
cercato anche di riottenere Arnonr, che al tempo non aveva un re
come si deve. Ci volle un po’ di tempo, ma Gondor e Arnor vennero
finalmente riuniti sotto un’unica bandiera, e il regno riunito fu
portato avanti dal figlio Eldarion.
Il significato della sua
canzone
Quando Aragorn viene incoronato Re
di Gondor, si rivolge alla folla dall’alto di Minas Tirith e canta
una canzone. È in una lingua sconosciuta e non è
sottotitolata: il che vuol dire che la maggior parte del pubblico
non riesce a decifrarla. Il testo della canzone è questo: “Et
Eärello Endorenna utúlien. Sinome maruvan ar Hildinyar tenn’
Ambar-metta!”, che significa: “Io sono giunto alla Terra di
Mezzo dal Grande Mare. In questo luogo mi stabilirò, e così i miei
eredi, fino alla fine del mondo.” La canzone è il
giuramento di Elendil, il Re di Gondor che fu
ucciso da Sauron nella Seconda Era della Terra di Mezzo, con la
quale Aragorn vuole riassicurare il proprio popolo del fatto che è
tra loro per portare prosperità non solo a Gondor, ma a tutta la
Terra di mezzo.
Ha regnato per più di un
secolo
Quando incontriamo Aragorn
ne Il Signore degli Anelli, ha l’aria di un uomo
maturo, tra i 30 e i 40 anni, più o meno. E la rivelazione del
fatto che ne abbia in realtà 87, è una bella
sorpresa per tutti. Avendo sangue Nùmenòreano, infatti, ha il dono
di una vita particolarmente lunga per un uomo. Ed è questo il
motivo per il quale ha combattutto in numerose guerre già prima
della Guerra dell’Anello. E, dato che diventa Re di Gondor ad
un’età giò relativamente avanzata, in tanti si sono chiesti per
quanto abbia poi regnato. A quanto pare, Aragorn ha regnato
per un totale di 120, ed ha guidato la Terra di Mezzo verso una
prosperosa Quarta Era, morendo all’età di 200 anni.
L’eredità di Aragorn viene raccolta dal figlio Eldarion, erede al
trono. In origine, doveva esserci un romanzo dedicato a
Eldarion.
Vecchie amicizie nella
compagnia
Abbiamo già visto che, prima delle
avventure de Il Signore degli Anelli, Aragorn ha
avuto l’occasione (e il tempo) per andarsene un po’ in giro. Quando
lo incontriamo ne La Compagnia dell’Anello, mentre
conduce gli hobbit a Gran Burrone, notiamo che ha qualche
conoscenza in più e, quando arriviamo finalmente a destinazione,
la maggior parte delle persone presenti al Consiglio di
Elrond conosce già il suo nome. Gandalf e Aragorn sono
amici dai tempi della caccia a Gollum e la custodia della Contea.
Inoltre, anche Legolas ha già una certa familiarità con Aragorn e
addirittura Boromir, figlio del Sovrintendente di Gondor, sa chi
sia. Nel Consiglio, Gimli sembra essere l’unico a non
conoscerlo.
Problemi con l’età di Aragorn
La trilogia de Il
Signore degli Anelli è, prima di tutto, un eccellente
adattamento cinematografico dei libri, dove le differenze
rispetto al materiale originale sono giustificate dallo sforzo di
creare un’eccellente esperienza per un pubblico nuovo. Un elemento
chiave che viene tralasciato è, però, sono le avventure di Gandalf
da quando lascia la Contea dopo il compleanno di Bilbo al suo
ritorno per mandare Frodo in missione. Nel film, sembra che
il ritorno dello stregone avvenga nell’arco di qualche giorno,
mentre nei libri passano in realtà anni, durante i quali
l’Anello rimane nascosto a Casa Baggins. E lo scarto temporale ha
creato delle incongruenze nella trilogia cinematografica
de Lo Hobbit. Dato che l’età dei personaggi
ne Il Signore degli Anelli fu mantenuta, un arco di
tempo di diversi anni viene a mancare. Quando Legolas viene mandato
in cerca di Grampasso, questi nel film ha 27 anni, mentre nei libri
ne ha solamente dieci. Il che ha portato molti a criticare la
scelta del riferimento a Il Signore degli Anelli, un
po’ fine a se stesso e che causa più incongruenze che altro.
Ha quasi avuto un ruolo ne
L’Hobbit
Quando Tolkien ha
scritto Lo Hobbit, questo raccontava la storia
abbastanza ridotta e autonoma di un hobbit che diventa un
famoso ladro e aiuta i Nani della Montagna Solitaria a ritornare
alla propria casa occupata da un drago. Era una storia di un libro
soltanto, ma dopo il successo de Il Signore degli
Anelli, la Warner Bros ha deciso di trasformarlo in un’altra
trilogia. Sfortunatamente, il risultato è stata una storia un
po’ gonfiata e piena di personaggi senza scopo, e riferimenti
non troppo sottili e fini a se stessi alla trilogia precedente. Tra
i vari cameo, come quelli di Saruman, Galadriel e
Legolas, un altro personaggio avrebbe potuto fare la propria
comparsa ne Lo Hobbit: Aragorn. I produttori chiesero a Viggo Mortensen se fosse
disponibile a riprendere il ruolo per Lo Hobbit.
Ma l’attore ha letto il libro e sembra che abbia risposto dicendo:
“Lo sapete perché Aragorn non compare nel romanzo, giusto? Sapete
che c’è uno scarto temporale di 60 anni tra i libri?”. Dopotutto,
va bene così: forse la comparsa di Aragorn sarebbe stata solo
un’altra distrazione.
Presentato nella sezione Un
Certain Regard del Festival
di Cannes 2018, A Genoux Les Gars
(Sextape) è il nuovo film di Antoine Desrosières,
con le giovani attrici Souad Arsane e Inas
Chanti. Il film tratta le tematiche della sottomissione e
dell’emancipazione femminile con grande ironia. La protagonista,
Yasmina, si ritrova coinvolta e costretta ad un perverso gioco
organizzato dal suo ragazzo, Salim, e il suo amico Majid. L’atto
sessuale a cui la ragazza è costretta viene segretamente filmato
con la minaccia di diffusione, cosa che getta Yasmina in una
spirale di vergogna e desiderio di rivalsa.
Sulla Terrasse Unifrance di Cannes
abbiamo avuto modo di incontrare il regista e le due attrici
protagoniste del film per un intervista privata con loro, per
scoprire la genesi del film e le sue caratteristiche.
– Le vicende che vediamo
accadere nel film sono, purtroppo, all’ordine del giorno.
L’ispirazione per il film nasce da eventi di questo tipo o ha un
concepimento diverso?
A.D: Abbiamo
pensato da subito ad una storia di questo tipo, ispirati sia da
eventi realmente accaduti sia da un film che abbiamo girato
precedentemente, Haramiste, dove affrontavamo sempre dei
tabù legati alle ragazze. Haramiste mostrava le
frustrazioni che i tabù possono generare, Sextape è invece
un’ulteriore passo in avanti, e arriva a mostrare come la
frustrazione conduca alla violenza. L’ispirazione per questo nuovo
film nasce da lì, dal voler mostrare cosa accade dopo.
– Una delle cose più
interessanti del film è certamente il parlare di eventi così
scomodi con un’ironia che invece li rende molto fruibili. Da dove
nasce l’idea e la volontà di inserire questo tono da
commedia?
A.D: Il punto è,
come possiamo fare un film che parli anche ai ragazzi che spesso si
macchiano di questi atti (Il termine usato dal regista è:
asshole)? Se avessimo realizzato un film drammatico,
dubito che sarebbero venuti a vederlo, ma con un film divertente,
con un titolo divertente, forse verranno. Ed è una trappola, perché
così si troveranno invece a guardare qualcosa di più profondo che
li faccia riflettere sulle loro azioni, e magari li spinga a
comportarsi meglio verso il prossimo.
– I dialoghi, scritti insieme
alle due attrici protagoniste, sono davvero brillanti. Rispecchiano
perfettamente il modo naturale di parlare dei giovani. Com’è stato
il processo di scrittura di una simile sceneggiatura?
A.D: Abbiamo
scritto secondo una prospettiva di improvvisazione sulle scene
richieste dal film. Ognuno era libero di aggiungere qualcosa per
portare maggior freschezza ai dialoghi. Abbiamo provato e scritto
le scene per diversi mesi, per poi arrivare a girare il film in
soli diciotto giorni. Credo che il lavoro sui dialoghi, dove
abbiamo inserito le tipiche frasi incoerenti o inconcludenti del
parlato quotidiano, abbiano aiutato molto ad eliminare i classici
cliché e stereotipi.
I.C: Come ha detto
Antoine, abbiamo provato davvero a lungo prima di girare. Seguivamo
tutti i suoi consigli per capire cosa desiderava ottenere e insieme
arricchivamo la sceneggiatura di suggerimenti, facendo modifiche
anche fino all’ultimo. Personalmente non ho portato molto di mio al
personaggio, ma al suo modo di parlare sì. Come avrai notato,
quello nel film è un modo di esprimersi davvero familiare.
– Nel film è possibile
riscontrare un feeling molto forte tra gli attori. Com’è stato
lavorare sul set e quali riflessioni sono scaturite tra di voi
riguardo questo particolare argomento?
I.C: In realtà il
lavoro sul set è stato davvero molto breve, e quando abbiamo
iniziato a girare il film avevamo alle spalle già diversi mesi di
prove, i quali sono stati fondamentali per conoscerci e sviluppare
i legami di cui avevamo bisogno per dare credibilità ai rapporti
tra i personaggi.
S.A: Antoine ha
fatto delle scelte di casting basandosi sulla sintonia tra gli
attori. Lui già conosceva me e Ines, e ha scelto gli altri due
ragazzi protagonisti dopo alcune sessioni di prove con noi, per
vedere se poteva realmente nascere qualcosa che potesse portare
freschezza al film.
A.D: Al momento del
casting io non cercavo solo degli attori, ma anche dei co-autori.
Ne avevo bisogno per essere certo di riuscire a portare elementi
divertenti al film. Ho selezionato dei ragazzi che dimostrassero di
avere immaginazione, che fossero in grado di improvvisare a lungo.
Una volta trovati ero certo della mia scelta, e i mesi di prove non
hanno fatto che confermare che mi ero circondato delle persone
giuste per il film.
Come annunciato poco fa, la
Paramount Pictures ha diffuso il nuovo trailer ufficiale di
Mission Impossible: Fallout, sesta adrenalinica avventura
dell’agente segreto Ethan Hunt, interpretato ancora una volta da
Tom Cruise.
Vi ricordiamo
che Mission Impossible: Fallout uscirà
nelle nostre sale il 30 agosto 2018. Nel cast
anche Rebecca Ferguson, Simon
Pegg, Henry
Cavill e Angela Basset.
A causa di un infortunio
di Tom Cruise mentre eseguiva un salto
da un edificio all’altra, il film ha subìto una pesante battuta
d’arresto durante la produzione. Sappiamo che la scena è stata
ripresa e montata addirittura nel trailer rilasciato durante la
notte del Superbowl. Qui potete dare uno sguardo al video
dell’incidente.
Il regista ha inoltre commentato il
titolo del film, dando anche qualche indizio sulla trama:
“Fallout ha più significati nel film, da quello letterale, come
la minaccia di terrorismo nucleare che pende
sulla trama, ad altri più metaforici, come
l’idea che quello che succede nel film sia il risultato delle
scelte che Ethan Hunt ha fatto nella sua vita. È il suo
passato che ritorna a cercarlo. È la “conseguenza negativa” di
tutte le sue buone intenzioni.”
Presentato ieri in anteprima al
Festival
di Cannes, Solo: A Star Wars Story
arriverà fra pochi giorni anche nelle nostre sale. Nel frattempo,
per ingannare l’attesa, la Lucasfilm ha rilasciato una nuova
featurette in cui vengono raccontate le fasi della
lavorazione dello spin-off sul giovane Han Solo.
Diretto da Ron
Howard, il cast di
Solo: A Star Wars Story comprende Alden
Ehrenreich (Ave, Cesare!, Segreti di famiglia),
Woody Harrelson (Tre manifesti a Ebbing,
Missouri, Oltre le regole- The Messenger), Emilia Clarke (Io prima di te, Game of
Thrones), Donald Glover (Spider-Man: Homecoming, Sopravvissuto
– The Martian), Thandie Newton (Gringo, Crash: Contatto
fisico), Phoebe Waller-Bridge (Fleabag,
Killing Eve) e Paul Bettany (Captain America: Civil
War, Master & Commander – Sfida ai confini del
mare). Joonas Suotamo (Star Wars – Gli
ultimi Jedi) torna a vestire i panni di Chewbecca.
Scritto da Jonathan Kasdan
& Lawrence Kasdan,
Solo: A Star Wars Story è prodotto da Kathleen
Kennedy, Allison Shearmur e Simon Emanuel. I produttori esecutivi
sono Lawrence Kasdan, Jason McGatlin, Phil Lord e
Christopher Miller.
Sali sul Millennium Falcon e
viaggia nella galassia lontana lontana in Solo: A Star Wars Story,
un’avventura completamente nuova con il farabutto più amato della
galassia. Attraverso una serie di audaci fughe nel profondo,
oscuro e pericoloso mondo criminale, Han Solo incontra il suo
potente futuro copilota, Chewbacca e anche il famoso giocatore
d’azzardo Lando Calrissian, in un viaggio che racconterà l’inizio
di uno degli eroi più improbabili della saga di Star Wars.
Arriverà nelle prossime ore il
secondo trailer ufficiale di Mission Impossible: Fallout, sesta avventura dell’agente segreto
Ethan Hunt che vedrà fra i protagonisti anche Henry
Cavill.
L’attore compare nella nuova
immagine del film, pubblicata da Empire,
e nell’anticipazione del trailer che trovate qui sotto.
Vi ricordiamo
che Mission Impossible: Fallout uscirà
nelle nostre sale il 30 agosto 2018. Nel cast
anche Rebecca Ferguson, Simon
Pegg, Henry
Cavill e Angela Basset.
A causa di un infortunio
di Tom Cruise mentre eseguiva un salto
da un edificio all’altra, il film ha subìto una pesante battuta
d’arresto durante la produzione. Sappiamo che la scena è stata
ripresa e montata addirittura nel trailer rilasciato durante la
notte del Superbowl. Qui potete dare uno sguardo al video
dell’incidente.
Il regista ha inoltre commentato il
titolo del film, dando anche qualche indizio sulla trama:
“Fallout ha più significati nel film, da quello letterale, come
la minaccia di terrorismo nucleare che pende
sulla trama, ad altri più metaforici, come
l’idea che quello che succede nel film sia il risultato delle
scelte che Ethan Hunt ha fatto nella sua vita. È il suo
passato che ritorna a cercarlo. È la “conseguenza negativa” di
tutte le sue buone intenzioni.”
Sembra proprio che una delle
maggiori fonti di ispirazione di Zack Snyder nella
creazione dell’universo cinematografico DC sia stata la costola
videoludica di Injustice, videogioco di
combattimento tra personaggi del DC
Universe sviluppato da NetherRealm Studios e pubblicato
nel 2013.
La conferma è arrivata dallo stesso
Snyder in risposta ad una domanda di un fan che gli chiedeva quanto
Injustice avesse condizionato l’arco narrativo dei
film. “Oh si“, ha scritto il regista de L’Uomo d’acciaio, Batman v Superman e
Justice League. Che ne pensate?
Justice
League è disponibile dal 21
Marzo nei formati DVD, Blu-ray,
Blu-ray 3D e in 4k Ultra HD, distribuito
da Warner Bros. Entertainment Italia.
Diretto da Zack
Snyder, il film presenta una invidiabile lineup di
SuperEroi DC: Ben Affleck nei panni di
Batman, Henry Cavill come
Superman, Gal Gadot nel ruolo
dell’irresistibile Wonder Woman, Ezra
Miller come The
Flash, Jason Momoa nei panni di
Aquaman e Ray Fisher come
Cyborg.
I Contenuti
Speciali delle edizioni Blu-ray permetteranno ai
fan di scoprire tutti i segreti della Justice League, conoscere
meglio i nuovi membri, il loro lavoro di squadra e la tecnologia
che dà loro una marcia in più. L’edizione 4k Ultra HD del fim
contiene anche il disco Blu-ray, oltre ad una scena inedita non
presente nel film al cinema.
È stato confermato dallo stesso
James
Gunn che il terzo capitolo del franchise sui
Guardiani della Galassia
seguirà la scia dei due precedenti e si intitolerà
Guardiani della Galassia Vol.3.
L’ufficializzazione è arrivata, come
di consueto, su Twitter in risposta ad una domanda di un fan:
Per quanto riguarda
Guardiani della Galassia Vol.3, sappiamo che i
Marvel Studios sono soliti iniziare la
produzione immediatamente prima di un anno dall’ uscita del
titolo precedente, e dato che James
Gunn ha confermato che la pellicola
arriverà nei cinema nel 2020, è logico pensare che la
pre-produzione sia già in corso ai Pinewood Atlanta Studios nella
contea di Fayette, in Georgia.
Al momento la lista dei titoli oltre
la Fase Tre non è stata resa nota, anche se sappiamo che c’è il
sequel di Spider-Man Homecoming in
sviluppo. Lo studios ha già annunciato altre dare di uscita senza
proferire ulteriori informazioni e la data del 1° Maggio 2020 con
ogni probabilità sarà quella assegnata al terzo capitolo dei
Guardiani. Le altre date annunciate sono il 7 agosto 2020 e
l’11 novembre 2020.
Con le riprese di Avengers: Infinity War e
Avengers 4, Chris
Hemsworth ha concluso il suo impegno contrattuale con
i Marvel Studios, proprio come il collega
Chris Evans, tuttavia nelle settimane successive
all’uscita di Thor: Ragnarok l’attore si è detto
disponibile a prolungare la sua permanenza nel MCU ad una condizione.
“Sentiamo di aver reinventato
alla grande il personaggio con l’ultimo film. Sembra nuovo e pieno
di energia. Potremmo aver avuto delle conversazioni per un altro
film ammesso che ci sia un grande script da cui attingere. Ma al
momento non c’è.”, aveva raccontato Hemsworth in
un’intervista.
Ora, secondo alcuni, il
video-messaggio pubblicato sul suo profilo Instagram lascerebbe
intendere che ci sia un futuro per l’interprete di Thor oltre
Avengers 4, ultimo film del contratto, e che la
produzione stia lavorando per dare al personaggio un seguito
all’altezza.
“Grazie
mille, a tutti coloro che continuano a supportare questi personaggi
e l’Universo Marvel“, ha scritto l’attore.
“Continueremo a lavorare per voi, se ce lo permetterete“.
Che ne pensate? Che sia un timido annuncio da parte di
Hemsworth?
Come già annunciato nelle settimane
scorse, i Marvel Studios salteranno il
rituale passaggio al Comic Con di San
Diego il prossimo Luglio, dunque non dovremmo aspettarci alcun
trailer o materiali ufficiali nei mesi precedenti.
Avengers 4 è
ancora un grande mistero. Il film sarà diretto dai Fratelli Russo
ma non sappiamo ancora da chi sarà composto il cast né di cosa
parlerà il film. Le dichiarazioni di Kevin
Feige in merito hanno reso molto chiaro il fatto che
il titolo ufficiale del film rappresenta spoiler
per Avengers Infinity War, per cui non sarà
rivelato fino all’uscita al cinema del film che conclude la Fase 3
dei Marvel Studios.
Dopo essere stato dichiarato
“persona non grata” ed essere stato espulso dal Festival
di Cannes nel 2011, Lars Von Trier torna nel
concorso 2018 con The House That Jack Built, con
protagonista Matt Dillon.
The House That Jack
Built, trailer del film di
Lars Von Trier
Il film, a oggi il più divisivo del
concorso, è stato aspramente criticato
per la violenza di alcune scene e ha aperto il dibattito, sulla
croisette, tra chi è pro e chi contro l’idea del regista.
Punta il dito contro gli Stati
Uniti, ma anche contro l’Europa Spike Lee, il
regista sessantunenne che è arrivato in concorso a Cannes
2018 con BlacKkKlansman,
il suo ultimo film con protagonisti John David
Washington e Adam Driver, entrambi al
Festival.
In conferenza stampa però è stato
un one man show, o un comizio: Lee parla come fosse a un
comizio, appellando “figlio di puttana” il presidente Trump e
aggiungendo: “Io non ho la palla di cristallo su cosa ancora
potrà accadere, ma vi assicuro che il mio cinema è un flusso in
costante allarme. Vorrei vedeste questo film come un film sulla
speranza. Ma nessuno è sordo o cieco, io sono consapevole di cosa
sta accadendo, il problema è globale, e succede dove abito. Bisogna
smuovere le persone dalle loro certezze.”
Poi aggiunge: “Non darò
risposte ma porrò domande, provocazioni e discussioni. Non possiamo
farcele scivolare addosso, tutti conosciamo intimamente la
differenza fra il giusto e lo sbagliato”. Uno Spike
Lee sul piede di guerra, che si scaglia violentemente
contro il suo Paese, ma che tira in ballo anche gli Europei e le
emergenze che affliggono il Vecchio Continente: “Non è vero che
gli Stati Uniti sono un paese fondato sulla democrazia, sono un
paese fondato sulla schiavitù e sul genocidio. Vi chiedo un favore:
non guardate a questo film come una storia che riguarda solo
l’America, è un problema globale che coinvolge tutti i paesi.
Pensate a come vengono trattati i musulmani, i migranti.”
Infine, commentando Donald
Trump e il suo operato all’indomani degli scontri di
Charlottesville la scorsa estate, Spike Lee ha
dichiarato: “C’è un tipo alla Casa Bianca, non dirò il suo
nome, che nel momento della tragedia non ha saputo dire una parola
nella giusta direzione, non ha ricordato che l’amore può battere
l’odio”.
BlacKkKlansman
di Lee si chiude sui filmati di quegli scontri, un pugno allo
stomaco dello spettatore, uno schiaffo per svegliarlo: “Quella
tragedia è avvenuta dopo che noi avevamo finito le riprese e appena
ho visto cosa era successo ho capito che doveva essere il finale
del nostro film”.
La settantunesima edizione del
Festival
di Cannes vede trai suoi protagonisti, in Un Certain
Regard, Valeria Golino, che, dopo
Miele, torna alla regia con Euforia,
in cui dirige Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea,
Jasmine Trinca, Isabella Ferrari e Valentina
Cervi.
Il tema affrontato in Euforia,
che racconta la storia di due fratelli che si ritrovano per causa
di forza maggiore, ricorda in maniera tangente quello di
Miele, che ruota intorno alla morte. Che la Golino
regista sia interessata a sviluppare questo argomento?
“Quando faccio un film poi lo
collego agli altri con il senno di poi – spiega Valeria –
Sembra anche a me. Mi fa piacere pensare che ci sia un legame.
Quando ho deciso di fare Euforia non pensavo a questo tema per
esempio. Quindi se c’è questa connessione, esiste
inconsciamente.”
Ma quindi da dove è
arrivata l’idea per il film?
“È difficile per me raccontare
qualcosa che non sia una situazione drammatica in merito ai
problemi del mondo. Se devo raccontare l’intimità mi rivolgo alle
cose che non cambiano, e la morte è la regina di queste cose (…)
Stavo cercando di lavorare al mio secondo film ma non ero mai
completamente contenta della storia e non sentivo nessuna urgenza
di raccontare qualcosa. Durante questo periodo, ho cominciato a
vivere una situazione personale, una cosa accaduta a una persona
che mi è molto cara. E da questa cosa è nata l’idea del film. Ho
trovato qui lo spunto per la storia, e da lì ci siamo messi a
lavorare con cautela, cercando di allontanarci dal privato e dal
personale.”
Protagonista del film è
Riccardo Scamarcio, che attribuisce alla
sceneggiatura la caratterizzazione così attenta dei personaggi:
“Scrittura, e sintonia sul set sono stati fondamentali. In
alcuni casi abbiamo aggiunto delle cose, ma il lavoro principale è
stato fatto in fase di scrittura. Il testo però non era così
semplice, è una sceneggiatura molto sofisticata e letteraria e
abbiamo avuto delle difficoltà. Non è un linguaggio colloquiale, è
un testo preciso e la sfida è stata quella di restituirlo
nell’interpretazione. Ogni personaggio è tratteggiato con estrema
attenzione. Ogni personaggio ha la sua frequenza, la sua chiave e
questa cosa ce l’ha regalata Valeria, che in quanto regista è il
primo spettatore del film.”
Valerio
Mastandrea, co-protagonista, aggiunge: “Io invece di
aggiungere ho tolto qualcosa, perché penso che alcuni risultati li
raggiungi anche solo con i tempi. Il mio personaggio non era
semplice. Per me, il film è la storia di un uomo che crede di avere
tutti gli strumenti per risolvere ogni cosa, e quando si trova ad
affrontare un dolore così grande cerca di comportarsi allo stesso
modo. Ma non funziona e deve spogliarsi di tutto ciò che crede di
sapere.”
Sul fatto che è stata scelta per la
sezione collaterale Un Certain Regard e non per il
concorso ufficiale, Valeria Golino è molto
sincera: “Il mio desiderio intimo era quello di essere a Cannes
in Un Certain Regard, se Fremaux ci avesse offerto il concorso
saremmo corsi comunque, ma il mio desiderio era questa sezione,
forse perché voglio stare ancora un po’ nell’ombra.”
E perché la Golino regista non ha
ritagliato un ruolo per la Golino attrice, in Euforia?
“Non ho mai pensato di essere
presente nel film anche come attrice. Avrei potuto interpretare
solo il ruolo di Isa (Isabella Ferrari, ndr), ma
io volevo lei fortemente. Siamo amiche da tanto, la inseguo da 30
anni e la fotografo ogni volta che posso, volevo che fosse
lei.”
Come annunciato ieri, ecco arrivare
online il primo trailer ufficiale di Bohemian Rhapsody, film dedicato al frontman
dei Queen Freddie Mercury (interpretato sullo
schermo da Rami Malek) e diretto
da Bryan Singer.
Nel cast di Bohemian
Rhapsody anche Gwilym Lee (Brian
May), Ben Hardy (Roger Taylor), Joe
Mazzello (John Deacon) e Gwilym Lee
(Brian May).
Vi ricordiamo che il biopic uscirà
nelle sale americane il 2 novembre 2018.
Al suo esordio in solitaria dietro
la macchina da presa, Gilles Lellouche presenta nel fuori concorso
della selezione ufficiale di Cannes 2018,
Le grand Bain, una commedia con un cast stellare
il cui titolo internazionale è Skin or Swim
(Affonda o nuota).
Un gruppo di uomini quasi tutti di
mezza età cerca di trovare un nuovo scopo nella vita nella
partecipazione a un campionato europeo amatoriale di nuovo
sincronizzato. Ognuno con le sue paure, i suoi problemi di famiglia
o lavoro e le sue insicurezze, troverà nuovo spirito in questa
avventura.
Commedia alquanto convenzionale,
Le grand Bain sfrutta il carisma del super cast di
star francesi, guidato da
Guillaume Canet, Virginie Efira e Mathieu
Amalric, e lo inserisce in un contesto assurdo, il nuovo
sincronizzato maschile. Tuttavia l’intuizione del film si esaurisce
in questo, in quanto le risate arrivano ma la scrittura sacrifica i
talenti e non presenta particolare spirito.
Una commedia per il
grande pubblico che si riveste di qualche cliché di troppo nel
tratteggiare gli uomini in crisi di mezza età e che alla fine resta
un piacevole passatempo senza troppe pretese. Dalle crisi di
coppia, alla depressione post licenziamento, sono molti i momenti
di difficoltà che affrontano i nostri aspiranti nuotatori, e dopo
qualche difficoltà iniziale, ognuno trova conforto nella disgrazia
dell’altro, trasformando lo spogliatoio della piscina in un luogo
di confronto e di conforto.
Peccato perché il potenziale comico
del cast era notevole e le poche scene davvero ispirate sono
esilaranti e trascinanti, probabilmente affidate al talento
recitativo dei protagonisti.
Hirokazu Kore-eda
racconta la famiglia, il legame naturale, quello di sangue e quello
istintivo, la differenza che passa tra il nascere famiglia e
diventarlo. Il suo nuovo film, in concorso a Cannes
2018, Shoplifters, si colloca alla
perfezione nella sua poetica, senza aggiungere nessun elemento di
novità nel suo approccio ma affrontando lo stesso argomento con una
rinnovata ferocia e impotenza.
Il titolo internazionale è
traducibile con “taccheggiatori”, e questo fanno Osamu e suo
figlio, arrotondando così il piccolissimo introito familiare.
Tornando a casa da una “seduta” al supermercato, i due trovano una
bimba di 5 anni, apparentemente abbandonata, decidono di portarla a
casa con loro. Quella che doveva essere una sola notte, si ripete
perché la coppia capisce che la bambina veniva maltrattata e
decidete di proteggerla tenendola con sé. Con loro vivono anche
l’anziana nonna e la sorella di Hatsue.
Le dinamiche familiari appaiono
tradizionali, anche se in alcuni dialoghi, in certi dettagli
dell’intimità, si intuisce qualcosa che tradizionale non è.
Scopriamo solo dopo un po’ che la famiglia in questione è tale per
scelta. Tutti i membri della stessa non hanno legami di sangue, si
sono scelti, trovati per caso, e vivono insieme facendosi l’un
l’altro scudo, contro la città e la sua fredda indifferenza.
Kore-eda intavola
così un discorso che mette al centro la scelta di amare e non la
condizione per cui si è “obbligati” a farlo dalla nascita e dalle
circostanze. Il tono del film è leggero, allegro, con un ritratto
di vita domestica quotidiana che alterna i giochi dei bambini, al
lavoro da prostituta della sorella minore, ai taccheggi nei piccoli
negozi, alla passione tra Osamu e Hatsue. Vita quotidiana di anime
sole che si sostengono con l’affetto reciproco.
A questo aspetto, per certi versi
idilliaco, si contrappone un’ultima parte del film che mette a nudo
la crudeltà distaccata della legalità. La famiglia protagonista è
un nucleo illegale, i bambini non possono andare a scuola perché
non sono figli naturali della coppia genitoriale, la nonna, che si
spegne nella notte, non può avere un funerale dignitoso. E quando
un incidente metterà la famiglia di fronte alla necessità di uscire
allo scoperto, l’idillio finirà.
L’amore viscerale,
istintivo, si scontra con la burocrazia, la legalità. In questo,
Kore-eda si rivela estremamente feroce nel
rappresentare la durezza con cui la burocrazia e la legge sono
disposti a rimandare una bambina a vivere con i genitori naturali,
genitori che la terrorizzano e la picchiano, piuttosto che
lasciarla con in un contesto che invece aveva regalato soltanto
affetto e cura alla piccola.
La disperazione di Hatsue,
condannata per rapimento e forse per omicidio, è l’emblema di
questo scontro, nel finale del film, l’eterna e sempre attualissima
contrapposizione tra il significato di essere madri (e padri), la
differenza tra l’essere e lo scegliersi, consapevolmente,
volontariamente, d’istinto. Di fronte però all’istinto di amore e
conservazione, le regole, la legalità sono più forti. E di fronte a
questa ferocia, lo spettatore rimane con gli occhi pieni di
malinconia, di tristezza, a guardare, sullo schermo, la bambina di
nuovo abbandonata a una famiglia che non la ama.
Mentre si prepara ad iniziare la
produzione di Guardiani della Galassia
Vol.3, James
Gunn ha rivelato su Twitter quale film l’ha ispirato
per una poetica sequenza del primo capitolo del franchise che
vedeva protagonista Groot, una bambina e un
fiore.
“Queste è la fonte d’ispirazione
per la scena di Groot che offre alla bambina un fiore in Guardiani
della Galassia Vol.1: i film di James Whale sono magici e spero che
i bambini continuino a guardarli ancora.“
Il regista ha allegato un frame di
Frankenstein, pellicola del 1931 diretta appunto
da James Whale, in cui il mostro porge ad una
bambina un fiore senza ucciderla (proprio come accade a Groot).
Per quanto riguarda Guardiani della
Galassia Vol.2, sappiamo che i Marvel Studios sono soliti iniziare la
produzione immediatamente prima di un anno dall’ uscita del
titolo precedente, e dato che James
Gunn ha confermato che la pellicola
arriverà nei cinema nel 2020, è logico pensare che la
pre-produzione sia già in corso ai Pinewood Atlanta Studios nella
contea di Fayette, in Georgia.
Al momento la lista dei titoli oltre
la Fase Tre non è stata resa nota, anche se sappiamo che c’è il
sequel di Spider-Man Homecoming in
sviluppo. Lo studios ha già annunciato altre dare di uscita senza
proferire ulteriori informazioni e la data del 1° Maggio 2020 con
ogni probabilità sarà quella assegnata al terzo capitolo dei
Guardiani. Le altre date annunciate sono il 7 agosto 2020 e
l’11 novembre 2020.
È arrivato, a Cannes
2018, il giorno di Spike Lee che porta
sulla croisette, in competizione BlacKkKlansman,
con Adam Driver che catalizza l’attenzione degli
obbiettivi. L’attore, star mondiale grazie a Star
Wars, ha presentato la pellicola insieme al vero
protagonista del film, John David Washington
e il resto del cast.
A Cannes 2018 sarà
il giorno di Spike Lee e del suo nuovo
film, BlacKkKlansman,
che vede nel cast John David
Washington, Adam
Driver, Topher
Grace, Corey
Hawkins, Laura
Harrier, Ryan
Eggold, Jaspar Pääkkönen e Ashlie Atkinson.
Nel frattempo la Universal ha
diffuso in rete il primo trailer ufficiale insieme alla sinossi,
che trovate di seguito:
Cannes 2018:
Spike Lee in concorso
con BlacKkKlansman
Sono i primi anni ’70, un
periodo di grandi sconvolgimenti sociali mentre negli Stati Uniti
infuria la lotta per i diritti civili. Ron Stallworth (John David
Washington) è il primo detective afroamericano del dipartimento di
polizia di Colorado Springs, ma il suo arrivo è accolto con
scetticismo ed ostilità dai membri di tutte le sezioni del
dipartimento. Imperterrito, Stallworth decide di farsi un nome e di
fare la differenza nella sua comunità. Si imbarca quindi in una
missione molto pericolosa: infiltrarsi nel Ku Klux Klan ed esporne
i crimini.
Fingendosi un estremista
razzista, Stallworth contatta il gruppo e presto penetra
all’interno della sua cerchia più ristretta. Coltiva anche una
relazione con il Gran Maestro del Klan, David Duke (Topher Grace),
che elogia l’impegno di Ron ai fini del progresso dell’America
Bianca. Man mano che l’indagine sotto copertura procede, diventando
sempre più complessa, il collega di Stallworth, Flip Zimmerman
(Adam Driver), partecipa insieme a Ron agli incontri privati con
membri del gruppo razzista, vendendo così a conoscenza dei dettagli
di un complotto mortale. Stallworth e Zimmerman fanno squadra e
uniscono gli sforzi per riuscire a distruggere l’organizzazione il
cui vero obiettivo è modificare la propria retorica violenta per
ottenere il consenso della massa.
Dopo mesi di polemiche,
scherzi e parodie del web, Henry Cavill è tornato a parlare della
questione “baffi” (quelli rimossi dal volto di Superman), dei
lunghi reshoot di Justice league e dei commenti
negativi sul film dopo l’arrivo nelle sale lo scorso Novembre.
“Tutta
la situazione creatasi intorno ai reshoot mi ha leggermente
sorpreso. Quando abbiamo deciso di rimuovere digitalmente i baffi
dal mio volto non mi aspettavo certo una reazione del genere, così
come non mi aspettavo che i reshoot fossero così lunghi. Ecco
perché si sono creati dei problemi con un altro film che stavo
girando all’epoca, Mission Impossible 6“.
Sui commenti
negativi al film che hanno caratterizzato le settimane successive
dall’uscita nelle sale, Cavill ha commentato elegantemente che
“Ci sono molte ragioni per le quali il pubblico ha risposto nel
modo in cui ha risposto. Sono tutte lezioni che ci serviranno per
ciò che verrà dopo e che faremo in futuro“.
Justice
League è disponibile dal 21
Marzo nei formati DVD, Blu-ray,
Blu-ray 3D e in 4k Ultra HD, distribuito
da Warner Bros. Entertainment Italia.
Diretto da Zack
Snyder, il film presenta una invidiabile lineup di
SuperEroi DC: Ben Affleck nei panni di
Batman, Henry Cavill come
Superman, Gal Gadot nel ruolo
dell’irresistibile Wonder Woman, Ezra
Miller come The
Flash, Jason Momoa nei panni di
Aquaman e Ray Fisher come
Cyborg.
I Contenuti
Speciali delle edizioni Blu-ray permetteranno ai
fan di scoprire tutti i segreti della Justice League, conoscere
meglio i nuovi membri, il loro lavoro di squadra e la tecnologia
che dà loro una marcia in più. L’edizione 4k Ultra HD del fim
contiene anche il disco Blu-ray, oltre ad una scena inedita non
presente nel film al cinema.
Nell’infinito e prolifico universo
Marvel, tra
X-Men e Infinity
War, trova il suo posto, seppur sgomitando, Deadpool, un personaggio che del supereroe ha
probabilmente solo il costume, nascondendo i suoi sentimenti tra
battute al vetriolo e un ego smisurato. Ma di un supereroe, anzi
antieroe così ce ne era bisogno: ce ne era bisogno nel 2016 e ce
n’è bisogno oggi, dove un carattere come il suo mina a
sdrammatizzare tutti gli altri film che hanno sbaragliato la
concorrenza al botteghino negli ultimi mesi. Dopo il successo di
pubblico e critica del primo capitolo, il Wade Wilson di Ryan Reynolds torna al cinema il 15 maggio con
“Deadpool 2”.
Il “mercenario chiaccherone”
Wade Wilson (Ryan
Reynolds) è rimasto sfigurato in seguito a gli
esperimenti svolti dal medico inglese Francis Freeman, che hanno
risvegliato in lui il gene mutante, donandogli il potere di
rigenerarsi e facendolo così guarire dal tumore da cui era affetto.
Ma il suo orribile aspetto è la cosa che più lo sconvolge, convinto
di non poter tornare dalla sua fidanzata Vanessa (Morena
Beccarin) finché Francis non lo farà tornare al suo
aspetto originale.
Ma l’inglese non può guarirlo e in
uno scontro finale, Deadpool decide di non voler essere un “eroe” e
uccide Francis. Vanessa lo perdona per essere sparito e lo accetta
anche con il volto deturpato ed è così ci ritroviamo all’inizio di
questo sequel. Deadpool ha ampliato i suoi confini, continuando a
fare il mercenario in giro per il mondo ma tornando poi sempre a
casa dalla sua Vanessa. A seguito di una tragedia, viene
coinvolto da Colosso (Andre Tricoteux) e Testata
Mutante Negasonica (Brianna
Hildebrand) nell’aiutare un giovane mutante ribelle
(Julian Dennison) che ha problemi ha controllare i
suoi poteri e che viene minacciato da Cable (Josh
Brolin), un soldato mutante stile Terminator che
arriva dal futuro. Per proteggere il ragazzo, Deadpool si trova
costretto a formare una squadra chiamata X-Force, di cui farà parte
anche la famosa Domino (Zazie
Beetz) oltre a personaggi nuovi o già noti a gli
appassionati di fumetti.
L’arrivo di Cable
ci era stato preannunciato già nelle scene finali del primo film,
dove un Deadpool in accappatoio chiedeva al pubblico chi sarebbe
stato l’attore che lo avrebbe interpretato (Keira
Knightley magari?): la scelta è caduta su non altri che
Josh Brolin, già al cinema recentemente sotto le sembianze di
Thanos in Avengers: Infinity War. Una
scelta forse che confonde un po’, lasciando ampio spazio a battute
da parte di Deadpool ma un ruolo perfetto per Brolin, che tiene
benissimo testa all’antieroe irriverente interpretato da Ryan
Reynolds, che ormai si è cucito addosso alla sua personalità il
personaggio. Nel cast ritroviamo anche il barista Weasel di
T.J. Miller, Blind Al interpretata da
Leslie Uggams, Karan Soni con il
suo Dupinder, ma anche Terry Crews, Bill Skarsgard
e Lewis Tan tra gli altri.
A causa di “divergenze creative”
con Reynolds, che figura in questo sequel anche tra gli
sceneggiatori (insieme a Rhett Reese e Paul Wernick) oltre che
produttori, c’è stato un passaggio di regia da Tim
Miller a David Leitch. Il regista di
Jonh Wick e Atomica Bionda non fa
notare più di tanto il cambio di direzione, riuscendo a mantenere
tutti gli elementi che hanno reso un successo il primo film, dal
ritmo serrato e le scene di azione, all’infrangere la quarta parete
con grandissima ironia.
Rispetto ad altri sequel dei
cine-comics, la difficoltà di Deadpool 2 stava nel
riuscire a mantenere alto il livello di comicità e possiamo
ammettere che sono riusciti nell’impresa, per lo meno in lingua
originale. Raccomandiamo di mantenere gli occhi e le orecchie ben
aperte, perché la valanga di citazioni visive o che escono dalla
bocca del protagonista sono talmente tante che certe volte vi
ritroverete a pensare stupiti “Ma ho visto bene?” o
“Ma ha davvero detto quello?”.
Già nei vari trailer usciti in
questi mesi si può capire che il mercenario non ha peli sulla
lingua nemmeno questa volta, sparando a zero su ruoli passati di
Brolin, il mood dark degli eroi della concorrente DC ma c’è anche
ancora posto per la sua ossessione per Wolverine e per dei titoli
di testa davvero spettacolari, accompagnati dalla colonna sonora
cantata da Celine Dion (che crede di averli fatti
per Spiderman!).Tanti morti, tante decisioni sbagliate e tanto
black humor caratteristico di Deadpool, ma anche
spazio per buoni sentimenti e qualche valore familiare del tutto
inaspettato, che rendono questo sequel davvero godibile.
Alcune di queste mostrano nel
dettaglio le sequenze con i membri dell’Ordine Nero mentre cercano
di recuperare sulla Terra le gemme dell’infinito nelle mani di
Visione e Doctor Strange. Insieme a loro anche Iron Man,
Spider-Man, Scarlet Witch, Vedova Nera, Falcon e Steve Rogers.
Vi ricordiamo
che Avengers: Infinity War, diretto
da Anthony e Joe Russo e prodotto
da Kevin Feige. Louis D’Esposito, Victoria Alonso,
Michael Grillo e Stan Lee, è arrivato nelle nostre sale
lo scorso 25 aprile.
La sinossi: Un viaggio
cinematografico senza precedenti, lungo dieci anni, per sviluppare
l’intero Marvel Cinematic Universe,
Avengers: Infinity War di Marvel Studios porta sullo schermo
il definitivo, letale scontro di tutti i tempi. Gli Avengers e i
loro alleati supereroi devono essere disposti a sacrificare tutto
nel tentativo di sconfiggere il potente Thanos prima che il suo
attacco improvviso di devastazione e rovina metta fine
all’universo.
Si è spenta a 69 anni nella sua casa
di Livingston Margot Tidder, indimenticabile
Lois Lane nei quattro film originali di
Superman al fianco di Christopher
Reeve.
Nel frattempo sul profilo twitter
ufficiale della DC Comics arrivano parole di
cordoglio per la scomparsa dell’attrice con questo messaggio:
“Grazie per essere stata la Lois Lane con cui tanti di noi sono
cresciuti“.
Nata il 17
ottobre 1948 in Canada, la Kidder ha iniziato la sua carriera in
film e serie televisive locali prima di recitare con Gene
Wilder in Quackser Fortune Has a Cousin in the
Bronx. Più tardi è apparsa in Sisters, The Great
Waldo Pepper con Robert Redford e in The
Amityville Horror.
Dal 1978 al 1987 ha vestito i
panni di Lois Lane, giornalista del Daily Planet e
interesse amoroso di Clark Kent in tutti e quattro i film di
Superman, mentre di recente l’abbiamo vista in ruoli minori nelle
serie Smallville, Brothers & Sisters e The L
Word.
Tom Cruise svetta
in cima agli altri protagonisti nel nuovo poster internazionale di
Mission Impossible: Fallout, sesto titolo del franchise
sull’agente segreto Ethan Hunt.
Vi ricordiamo
che Mission Impossible: Fallout uscirà
nelle nostre sale il 30 agosto 2018. Nel cast
anche Rebecca Ferguson, Simon
Pegg, Henry
Cavill e Angela Basset.
A causa di un infortunio
di Tom Cruise mentre eseguiva un salto
da un edificio all’altra, il film ha subìto una pesante battuta
d’arresto durante la produzione. Sappiamo che la scena è stata
ripresa e montata addirittura nel trailer rilasciato durante la
notte del Superbowl. Qui potete dare uno
sguardo al video dell’incidente.
Il regista ha inoltre commentato il
titolo del film, dando anche qualche indizio sulla trama:
“Fallout ha più significati nel film, da quello letterale, come
la minaccia di terrorismo nucleare che pende
sulla trama, ad altri più metaforici, come
l’idea che quello che succede nel film sia il risultato delle
scelte che Ethan Hunt ha fatto nella sua vita. È il suo
passato che ritorna a cercarlo. È la “conseguenza negativa” di
tutte le sue buone intenzioni.”
Nella nuova clip tratta da
Deadpool 2 Wade Wilson ironizza sull’infelice
“battuta di Martha” pronunciata in Batman v Superman che è stata
oggetto di critiche e ironia da parte del web dopo l’uscita del
film.
Ovviamente il mercenario
chiacchierone non poteva esimersi dal citare, a modo suo, quel
particolare momento del cinecomic DC inserendo il riferimento in un
dialogo con la fidanzata Vanessa.
Diretto da David
Leitch, Deadpool
2 arriverà nelle nostre sale il 15
maggio. Nel cast Ryan Reynolds nei
pani del Mercenario Chiacchierone della Marvel. Zazie
Beetz in quelli di Domino e Josh
Brolin in quelli di Cable.
Dopo essere sopravvissuto a un
quasi fatale attacco di mucche, uno chef sfigurato che lavora in
una cafetteria (Wade Wilson) lotta con il suo sogno di diventare il
barista più sexy di Mayberry mentre impara a scendere a patti con
il fatto che ha perso il senso del gusto.
Cercando di riconquistare la sua
spezia per la vita, così come un condensatore di flusso, Wade deve
combattere i ninja, la yakuza e un branco di cani sessualmente
aggressivi, mentre viaggia in giro per il mondo per scoprire
l’importanza della famiglia, dell’amicizia e del sapore. Un nuovo
gusto per l’avventura e per ottenere l’ambito titolo di tazza di
caffè del World’s Best Lover.
Intervistato sul red
carpet di Deadpool 2, il produttore del franchise
sugli X-Men Simon Kinberg ha svelato qualche
aggiornamento su Gambit, rassicurando i fan
sull’inizio delle riprese:
“Abbiamo
una sceneggiatura che amiamo e che Channing [Tatum] ama. Abbiamo
incontrato diversi registi nelle ultime due settimane e speriamo di
sceglierne uno prima possibile, così da iniziare le riprese già
alla fine dell’estate.“
Nonostante le varie tegole piombate
sul progetto (l’addio del regista, vari rimandi all’inizio delle
riprese) sembrerebbe tutto pronto a ripartire
per Gambit, il cinecomic
con Channing Tatum la cui uscita è
prevista nel 2019.
A confermare che il film è ancora
vivo è stato proprio il produttore Simon
Kinberg che di recente ha dichiarato:
“Non abbiamo ancora avuto alcuna
discussione sull’acquisizione da parte della Disney dei
diritti cinematografici della Fox per le proprietà Marvel, perché ritengo che
legalmente io non sia autorizzato a parlarne fino a quando non sarà
terminato. Posso dire che, per ora, stiamo semplicemente andando
avanti con i nostri progetti, la X-Force e Gambit. La speranza è di
continuare fino a quando non ci verrà detto il contrario.“
Presentato ieri fuori concorso a
Cannes 2018, il nuovo film di Lars Von
Trier sta già facendo discutere per quanto accaduto ieri
sera durante la proiezione per la stampa a cui sono seguiti i primi
commenti generalmente negativi su Twitter.
Da alcuni liquidato con un sonoro
“Disgustoso“, The House That Jack
Built segna il ritorno del regista sulla croisette sette
anni dopo i commenti antisemiti che esternò durante la conferenza
stampa di Melancholia e che lo
etichettarono come “persona non grata” al Festival. Tuttavia questo
atteso ricongiungimento fra l’autore danese e la kermesse non
sembra iniziare con il piede giusto.
Il reporter di
Variety Ramin Setoodeh ha affermato che quasi
un centinaio di giornalisti ha abbandonato la sala dove si stava
proiettando il film, mentre sui social sono piovute una dopo
l’altra le prime reazioni. Ve ne riportiamo qualcuna qui sotto:
I’ve never seen anything like this at a film
festival. More than 100 people have walked out of Lars von Trier’s
‘The House That Jack Built,’ which depicts the mutilation of women
and children. “It’s disgusting,” one woman said on her way out.
#Cannes2018pic.twitter.com/GsBGCoyHEG
Lars Von Trier’s The House That Jack Built
is an ordeal of gruesomeness and tiresomeness, quite as
exasperating as I feared, but leading to what I have to admit is a
spectacular horror finale. Review later
#Cannes2018
#Cannes71
#Cannes
La storia di Von Trier, ambientata
in America negli anni ’70, segue il protagonista Jack attraverso i
cinque omicidi che determinano la sua nascita e il suo percorso di
crescita come serial killer. Jack sta cercando di creare
l’opera d’arte definitiva: una raccolta di tutti i suoi omicidi in
una casa che costruisce. Lungo la strada però Jack deve
combattere contro la propria personalità ed evitare di
attirare l’attenzione della polizia nel suo processo di
creazione.
Oltre a Uma
Thurman e Matt Dillon, nel cast
ci sono Riley Keough, Siobhan Fallon Hogan e Sofie
Gråbøl. In precedenza Von Trier ha annunciato
che The House That Jack Built sarà la
sua opera più violenta, e sia la sinossi che le nuove immagini
suggeriscono che non sta affatto mentendo.