Un racconto torrenziale e vivace,
accompagnato da un gesto da un sorriso. L’irrequietezza del grande
interprete, il calore dello showman, la bellezza di una vita
vissuta per l’arte, gli amici e la fedeltà alla propria identità:
Ian McKellen, per il grande pubblico Gandalf e
Magneto, ha letteralmente incantato il pubblico della Festa
del Cinema di Roma.
Vita privata, carriera, figli non
voluti e ruoli ricercati, in poche battute e tanta energia, ecco
l’Incontro Ravvicinato con lo straordinario e
vitale interprete.
Il coming out
“Qualunque persona gay abbia
fatto coming out, vi dirà che è la cosa migliore mai fatta. Perché
tutto migliora, si diventa più sicuri e per me, per esempio, il
lavoro è diventato migliore, sono diventato un attore più bravo a
detta di tutti. Non dovevo più fingere. Ma capisco che non è
semplice per tutti. Ho incontrato ragazzini nelle scuole che a 13 o
14 anni conoscono e parlano della propria sessualità, e hanno fatto
una cosa che io ho impiegato 40 anni per fare.”
Gli inizi
“Il passaggio al cinema è stato
difficile. Ho fatto un provino per Barbarella con Jane Fonda, da
giovane, e una volta a Cinecittà un altro provino per un bandito
siciliano. Mi vestirono di tutto punto ma dissero che ero troppo
meravigliosamente inglese per quella parte. Non ce l’ho fatta.
Soltanto quando ho lavorato con Judi Dench in un piccolo teatro ha
cominciato a pensare che recitare poteva significare anche
comunicare a un pubblico piccolo e vicino. Così mi sono preparato
per quando avrei avuto la mia grande opportunità sul grande
schermo, ed è arrivata a 60 anni. Per questo dico sempre ai giovani
attori ‘non aspettate che la vostra carriera decolli. Dovete essere
pronti a cogliere l’occasione quando arriverà.’ Bisogna pensare ad
avere una carriera, non all’essere ricco e famoso, questo non
c’entra niente con l’essere attore. Tutto avviene al momento
giusto, se avessi interpretato quel bamndito siciliano a 24 anni
forse non avreste più sentito parlare di me.”
I figli
“Fino a quando ho avuto 29
anni, per me era illegale fare sesso, era reato, figuriamoci l’idea
di avere figli o adottarli. Ma non ho mai pensato ad avere figli,
sono troppo egoista. Ma ho comunque tanti giovani fan. L’altro
giorno è venuto da me un bimbo di 5 anni, era con i genitori, e mi
ha detto ‘voglio fare una foto con Gandalf’. Non è una cosa
dolcissima? E non devo nemmeno occuparmi della sua istruzione o di
dirgli che è ora di andare a letto!”.
Eduardo De Filippo
“Eduardo De Filippo, non è
proprio italiano, vero? È napoletano. Non l’ho mai visto sul
palcoscenico, anche se la sua compagnia venne a Londra negli anni
’60. Conoscevo le sue opere e alcune le ho recitate. Una volta
venne la sua vedova a trovarmi e in lacrime mi disse che
assomigliavo moltissimo a lui quando recitavo quel ruolo. Una volta
ero a Milano, mi aveva invitato Giorgio Strehler, e lui mi aveva
organizzato una lettura di Shakespeare, dalla Tempesta, l’ultima
sua opera. Io l’ho recitata in inglese e lui in italiano. E solo
dopo De Filippo si alzò e fece lo stesso in napoletano. Quindi ho
lavorato con lui. E amo molto l’idea della creazione di opere per
un luogo specifico, una società specifica, per persone che conosci,
per chi vive vicino a te. E lui l’ha fatto con la famiglia, con gli
studenti, con una Compagnia. E questo è l’ideale. Avrei voluto far
parte di una compagnia come quella, lui è una parte importante del
mio cuore.”
Shakespeare – Riccardo III
“Mi commuove molto che il più
grande inglese che sia mai vissuto non sia un militare, un
politico, non un re o un industriale, ma un attore che ha scritto
delle opere teatrali. La sua grandezza ha molte caratteristiche, ma
essenzialmente lui conosceva la natura umana meglio di tutti gli
altri scrittori. Era affascinato da un servo e allo stesso modo da
un re. In un senso, lui è il padre di tutti noi, perché ci capiva e
ci capisce meglio di chiunque altro. Per me lui è ancora vivo e
ancora oggi le sue opere hanno un signifito contemporaneo, perché
la natura umana non è cambiata in questi 450 anni. Questo può
rassicurare, o forse no. Quindi sì, Shakespeare appartiene al
teatro e da giovanissimo mi piaceva pensare che potevo riempire i
grandi teatri, ne ero molto orgoglioso. Ma poi mi sono trovato a
interpretare il Re Lear in un teatro con appena 300 posti. Per il
fatto che Shakespeare rimane uno scrittore moderno, credo sia
giusto che venga rappresentato anche in modi moderni. La tv e il
cinema. Ed è per questo che dopo aver portato in giro per il mondo
Riccardo III, ho deciso che si poteva portare a un pubblico più
ampio con il cinema.”
Cinema, teatro e televisione –
Vicious
“Ho fatto tv in Vicious, una
sit com con Derek Jacobi, con cui
studiavo. Ero innamorato di lui, e lui di me forse, ma all’epoca
era proibito per legge amarci. E adesso è troppo tardi perché lui è
sposato. Ognuno dei media che conosciamo ha i propri meriti. In tv
per esempio raggiungi milioni di persone nello stesso momento. Nel
caso del cinema lo fai nel corso degli anni. Ma devo confessare che
sono affascinato sopra ogni cosa dal teatro dal vivo, perché è
vita. Tu sei qui, io sono qui adesso. Non è per domani o per ieri,
è per noi adesso. Il teatro dal vivo è la vita (life theatre is
life). Qualcuno mi chiede ‘perché fai le sitcom in tv?’. Perché non
cogliere l’occasione di intrattenere le persone? Ho anche
partecipato alla soap opera più lunga della storia della tv
inglese, Coronation Street. Faccio anche improvvisazione con
Ricky Gervais, e non lo trovo affatto al di sotto
di me. Anzi penso che se posso fare questo sono un vero attore. Non
ho ancora fatto musical, ma da grande vorrei farlo.”
Il legame con i personaggi
– L’allievo
“Chiunque abbia la mia età
conosce bene il nazismo e i nazisti. Quando ero ragazzino, dormivo
sotto una tavola di metallo, in attesa dei bombardamenti tedeschi.
La guerra era parte quotidiana delle nostre vite ed ero un
ragazzino durante la guerra. Ma se fossi stato un uomo? Cosa avrei
fatto in circostanza estreme? Se il governo del mio Paese sarebbe
marcito, io sarei marcito con lui? Fare l’attore vuol dire essere
in grado di fare qualunque cosa, decidere di diventare un nazista o
no, di amare, di non amare più. Tutti siamo capaci di fare
qualunque cosa, di odiarci, di uccidere. E fare l’attore ci
permette di fare le cose per finta.”
Gli X-Men come Shakespeare
“Non ho mai letto i fumetti
degli X-Men, ma Bryan Singer mi disse che si trattava di mutanti
con qualità speciali che venivano temuti e ignorati dalle persone
normali. Mi disse anche che nelle statistiche demografiche di
vendita della Marvel, i fumetti e in particolare
quelli degli X-Men erano i più venduti soprattutto per i lettori
che rappresentavano delle minoranze, come neri, gay ed ebrei. In
pratica X-Men parla di diritti civili e nella storia ci sono due
posizioni, quella conciliante del professor X e quella violenta di
Magneto. X-Men potrà anche avere una radice a fumetti, ma ha la
stessa importanza dei temi trattati da Shakespeare.”
La Compagnia – Signore degli
Anelli e Lo Hobbit
“Abbiamo fatto tanti film
insieme. Eravamo come una compagnia di giro e abbiamo girato tutta
la Nuova Zelanda (intanto si spoglia, togliendosi la giacca e la
camicia, arrivando a mostrare la spalla nuda e il tatuaggio che ha
fatto insieme agli altri membri del cast del film di Peter Jackson,
un numero 9, in caratteri elfici, come i 9 compagni della Compagnia
dell’Anello). È un posto bellissimo, le donne hanno posizioni di
potere, è stato il primo Paese a dare il voto alle donne, trai
primi a concedere la possibilità di sposarsi ai gay. E sono molto
orgoglioso del fatto che per un anno la faccia di Gandalf è stata
scelta per comparire su un francobollo. Abbiamo girato tutto il
Paese anche se molte scene erano comunque in studio.”
Essere gay a
Hollywood – Demoni e Dei
Quando fu nominato agli Oscar per
l’interpretazione di James
Whale (regista di Frankenstein) disse che non
avrebbe vinto perché era inglese e gay. “Ricordate chi vinse
quell’anno? Roberto Benigni. Non è sicuramente inglese né gay. Quel
film però fu un punto di svolta perché interpretavo il protagonista
in un film di Hollywood che ha ricevuto enormi consensi da parte
della critica. All’epoca vivevo a Hollywood. James Whale, negli
anni ’30, era il regista più pagato di Hollywood, viveva
apertamente la sua omosessualità e a nessuno importava. Quindi
quando qualcuno mi dice che la sua omosessualità va nascosta perché
potrebbe avere difficoltà al lavoro, nella vita, io rispondo
sempre, guardate la storia di Whale in Demoni e Dei e capirete come
vi sbagliate.”