L’assedio è il
film del 1998 diretto da
Bernardo Bertolucci e con protagonisti nel
cast David
Thewlis, Thandie Newton e
Claudio Santamaria.
Trama del
film L’assedio: Kinsky è un pianista
inglese che vive e lavora in un appartamento al centro di Roma.
La sua colf è Shandurai, ragazza
africana fuggita dalla dittatura, studentessa di medicina, il cui
marito è prigioniero politico in Africa. Kinsky non tarda ad
innamorarsi della ragazza, che però non ricambia.
Pian piano la casa del pianista si
svuota di tutti gli oggetti di valore, compreso il pianoforte.
Quando Shandurai scopre che l’uomo ha venduto tutto per ottenere la
liberazione di suo marito, comprende la forza dei sentimenti di
Kinsky, ne resta colpita e si accorge che anche in lei qualcosa è
cambiato. Cosa farà di lì a poco, all’arrivo del marito a Roma?
Analisi: Dopo Io ballo da
sola Bernardo Bertolucci, indiscusso maestro
del nostro cinema, si cimenta con questo lavoro inizialmente
destinato alla televisione, poi distribuito nelle sale, accettando
la sfida di un medium diverso senza sacrificare il suo stile. Si
tratta del Bertolucci che prediligere storie quotidiane, ambientate
in spazi ristretti in cui il mondo sembra ridursi all’essenziale.
Un Bertolucci lontano dalla potenza evocativa e dai fasti de
L’ultimo imperatore.
Tuttavia, in questa dimensione
maggiormente intimista si possono sentire con più forza le corde
dell’animo umano risuonare. È questo uno di quei casi in cui
bisogna porsi all’ascolto oltre che della musica – cui il regista
si affida moltissimo, con una scelta drastica e poco televisiva –
dei più piccoli sussulti, scrutare gli sguardi e le espressioni, i
gesti dei protagonisti, parchi di parole.
Al posto dei dialoghi, coinvolgenti
partiture di Mozart, Grieg, Bach, Beethoven, Chopin suonate da
Kinsky (David Thewlis, perfetto pysique du
role d’artista, gentleman inglese, con fascino ammiccante ma
discreto), ma c’è anche la musica africana e John Coltrane.
Bertolucci conduce con sapienza attraverso eloquenti inquadrature
dai particolari spesso rivelatori, come lo è il montaggio, che
mostrano una Shandurai (una brava Thandie Newton)
sempre più in sintonia con Kinsky e la sua musica. L’essenza del
film è l’incontro tra due mondi lontanissimi, che si trovano a
vivere a stretto contatto.
Non solo un incontro di
culture – l’africana e l’europea, un’occasione per parlare di
immigrazione, dittature, regimi – ma un incontro tra due
personalità opposte. Impossibile sulla carta, ma quella distanza
può essere facilmente annullata. Metafora ne è, oltre alla musica,
lo spazio del film: i due appartamenti – il piano alto dove
vive Kinsky e il seminterrato in cui è ospite Shandurai – collegati
da una scala a chiocciola, spesso percorsa da entrambi fino a
trovarsi al piano superiore (la stessa dicotomia tra alto e basso
si ritroverà in
Io e te, pellicola dall’ambientazione quasi
claustrofobica, anch’essa scandaglia due individualità opposte a
confronto). I concetti di amore e sacrificio, poi, vanno di pari
passo: l’amore di Kinsky per Shandurai è rispettoso, il suo
britannico contegno fa da contraltare al sacrificio estremo,la
vendita dei beni, la rinuncia allo strumento della propria arte in
nome di un sentimento sconvolgente.
Fuori da quelle mura in Vicolo del
Bottino, e solo in subordine, Piazza di Spagna, la metropolitana,
l’università dove la ragazza studia medicina, il suo compagno di
studi Agostino (Claudio Santamaria). Una Roma che
impara a diventare multietnica. Ma anche l’Africa lasciata lontano,
alle cui responsabilità Shandurai sarà richiamata.
Il soggetto del film
L’assedio è tratto da un racconto di James
Lasdun.