Ecco una nuova immagine ufficiale
da Fast
and Furious 6, in cui possiamo vedere la coppia
protagonista dei film: Vin Diesel e
Michelle Rodriguez. Nel cast di questa sesta
avventura a colpi di acceleratore ci saranno anche Paul
Walker, Luke Evans, Jordana Brewster, Tyrese Gibson e
Joe Taslim.
Ecco l’immagine:
Fast and Furious 6, il film
Da quando Dom (Diesel) e Brian
(Walker) hanno compiuto la rapina a Rio sgominando l’impero di un
boss malavitoso, lasciando la loro squadra con 100 milioni di
dollari, sono spariti nel nulla. Col tempo però, il non poter
tornare a casa e la latitanza finiranno per render loro la vita
impossibile.Intanto Hobbs (Johnson) segue il caso di
un’organizzazione di violenti piloti mercenari in 12 paesi, il cui
capo è affiancato da uno spietato braccio destro, che si rivela
essere la donna amata da Dom, che credeva morta: Letty (Rodriguez).
L’unico modo per fermare questa pericolosa organizzazione, è quello
di sfidarli e batterli sulla strada: così Hobbs propone a Dom di
rimettere insieme la sua squadra speciale di Londra. In compenso,
verranno assolti da tutti i loro crimini e potranno tornare a casa
dalle loro famiglie.
La Disney sta
sistemando le cose per il prossimo anno e così comincia anche a
stabilire le date di uscita dei suoi progetti più attesi.Su tutti
spicca il quinto capitolo delle
A tutti gli appassionati delle
avventure di Altair, Ezio e del nuovo arrivato Connor la notizia
piacerà senz’altro. Stiamo parlando del famosissimo gioco della
Ubisoft, Assassin’s
Creed e della sua trasposizione
cinematografica.
La scorsa estate l’attore Michael Fassbender si è
associato al progetto come protagonista e produttore. Adesso la
Ubisoft, in partnership con la New Regency e la 20th Century Fox,
ha stabilito delle scadene per portare avanti il progetto. Entro
l’estate 2013 si dovrebbe quindi avere un nome per la regia e una
sceneggiatura. A questo scopo è stato assunto Michael Lesslie, che
avrà sulle spalle tantissime aspettative, non solo da parte della
produzione ma soprattutto da parte dei fan, che non tollererebbero
uno scempio di un tale gioiello di home entertainment.
La storia ruote intorno a Desmond (Fassbender) che scopre di
essere il discendente degli Assassini quando viene rapito da una
società segreta che a sua volta discende dai Cavalieri Templari.
Fonte: WP
Ancora una volta gli
americani saccheggiano la letteratura tradizionale classica della
vecchia Europa e portano avanti progetti cinematografici di
pericolosa realizzazione.
Bradley Cooper potrebbe essere il
protagonista dello spy thriller della Warner Bros, Dark
Invasion, basato su un romanzo di Howard Blum che
parla dell’infiltrazione
Uscirà nelle sale italiane il
prossimo 17 gennaio questo primo lavoro alla regia della
sceneggiatrice Lorene Scafaria (Nick
&Nora, Tutto accadde in una
notte). Cercasi amore per la fine del
mondo è una simpatica commedia “apocalittica”, forse
unica nel suo genere, in quanto affronta l’ormai ricorrente tema
della fine del mondo non incentrando la storia sulla spettacolarità
o la drammaticità dell’evento, quanto sulle probabili e
ipotizzabili reazioni della gente più comune.
Cercasi amore per la fine del mondo, la trama
La radio annuncia che l’ultimo
tentativo per fermare un asteroide largo 110 chilometri e in
procinto di schiantarsi sulla Terra è fallito, la fine del mondo è
ormai certa, ventuno giorni all’impatto imminente. Appena saputa la
notizia il tranquillo e ordinario agente assicurativo Dodge
(Steve Carrell) viene lasciato dalla moglie e
inerte assiste alla follia collettiva che impazza per le strade
della città. Come se nulla fosse continua a vivere la sua solita
noiosa vita sino a quando, una sera, incontrerà la persona che lo
desterà dal suo torpore. Lei è Penny (Keira
Knightley) giovane ed eccentrica vicina di casa con
cui non si era mai parlato e che sogna di raggiungere la famiglia
in Inghilterra per trascorrere con i suoi genitori le ultime ore
prima della fine.
Quando la ragazza gli consegna una
lettera di Olivia, primo e unico amore di Dodge, recapitata a lei
per sbaglio mesi prima, i due stringono un patto: se mi accompagni
con l’auto da Olivia, giura Dodge, io ti porterò da chi ti potrà
condurre in aereo dai tuoi cari. Inizierà così un assurdo viaggio
attraverso il paese impazzito nell’attesa del fatale evento durante
il quale i due protagonisti avranno modo di conoscersi meglio
facendo un bilancio della loro vita ormai giunta ai giorni
finali.
Cosa faremmo negli ultimi 21 giorni
della nostra vita se fossimo certi della fine? Come reagiremmo ad
una notizia del genere? Alla regista non interessa mostrarci le
solite sequenze di Cape Canaveral o proporci i soliti eroi pronti
al sacrificio per salvare l’umanità intera, nel suo film il
protagonista è l’uomo comune, il cittadino qualunque che di fronte
alla morte ormai prossima perde tutti i pudori e le inibizioni ,
lascia libero sfogo alla sua follia oppure non fa nulla e continua
a vivere come sempre proprio come Dodge, lo stralunato protagonista
della storia.
Steve Carrell
interpreta con efficacia un personaggio schivo e volutamente spento
il quale si rende conto troppo tardi di non aver vissuto la vita
che avrebbe voluto cercando sempre la strada più semplice e sicura
a scapito della felicità vera. Ad aprirgli gli occhi sarà Penny,
vivace ed estroversa ragazza amante dei vecchi vinili interpretata
da una brava Keira Knightley la quale si strugge al
pensiero di aver dedicato troppi anni della sua vita a uomini che
quel tempo non meritavano trascurando al contrario gli affetti più
importanti.
Cercasi amore per la
fine del mondo è una commedia simpatica e a tratti
divertente dove non sempre la sceneggiatura, e i dialoghi in
particolare, propongono un’ ironia valida e convincente. La
narrazione alla lunga appare eccessivamente improbabile ed
intricata, mostrandosi in alcuni punti scontata e poco credibile,
ma al di là di questo, il film ha una sua profondità e concede
momenti di riflessione e intimità che non faticheranno a commuovere
gli spettatori più sensibili.
I due protagonisti sono validi e
stimolati dai recenti riconoscimenti anche se i loro personaggi non
potrebbero essere più diversi e lontani, quasi agli antipodi. Che
nella realtà avrebbero trovato la stessa affinità che nasce nel
film appare davvero poco probabile, ma fortunatamente la realtà non
sempre supera la fantasia.
La storia del nuovo film di Kathryn
Bigelow è alquanto travagliata: è uscito in poche sale tre
settimane fa, negli Stati Uniti, sommerso dalle polemiche perchè
forse rivelava o forse ipotizzava troppo sul reale ritrovamento e
uccisione di Osama Bin Laden, il ricercato numero uno
dall’intelligence statunitense, scovato in un bunker in Pakistan
nel Maggio 2011. Zero dark thirty, quindi per
le prime tre settimane è stato quindi un film da vedere dopo
essersi ben organizzati e aver prenotato i biglietti, il che ne ha
giustificato la totale assenza dalle classifiche fino a questa
settimana. Mossa di marketing o no, o magari un aiuto dato dalle
diverse nomination agli Oscar, il film con Jessica Chastain ingenua
ma dura agente dei servizi speciali guadagna il primo posto nella
classifica dei film più visti, spodestando alcuni film presenti da
altrettante settimane. Il film incassa 24 milioni di dollari
portando il suo totale a 29.5. In effetti le nuove uscite
hanno cambiato l’aspetto del box office nordamericano, in seconda
posizione infatti ritroviamo Ghost
movie, l’ennesima parodia firmata fratelli Wayans,
iniziata anni fa con Scary movie. Il film ha
incassato quasi 19 milioni di dollari. Il terzo posto se lo
conquista un’altra nuova uscita: Gangster
squad che lancia il regista Ruben Fleischer da i film
indipendenti ai film di genere con un cast da far girare la testa:
Sean Penn, Ryan Gosling,Emma Stone, Josh Brolin, per dire i più
importanti. Il film è ovviamente un gangster movie ambientato negli
anni ’40. Al quarto posto resiste un altro film di genere: il
western spaghetti di Quentin Tarantino premiato con il Golden Globe
per la migliore sceneggiatura, che incassa 11 milioni di dollari
portando il suo totale a 125.
La quinta posizione se la conquista
un altro protagonista dell’appena trascorsa notte dei premi della
stampa straniera: Les Miserables, per il
quale Hugh Jackman e Anne Hathaway hanno vinto il Golden Globe per
la loro interpretazione. Il film ha incassato 10 milioni di dollari
questa settimana, che portano il suo totale a 119. Il sesto posto
lo occupa invece The hobbit, impegnato in una
lenta discesa dopo 5 settimane di classifica e 278 milioni di
dollari incassati, di cui 9 registrati questa settimana.
Segue Lincoln, che ha ricevuto un Golden
Globe per l’interpretazione di Daniel Day Lewis nei panni del
presidente, che incassa 6 milioni di dollari questa settimana
portando il suo totale a 153.
Scende in ottava posizione la
commedia Parental guidance, che incassa
6 milioni di dollari, arrivando ad un totale di quasi 61,
mentre in nona posizione cade a capofitto Texas chainsaw
massacre 3D, che ha resistito in vetta una sola settimana. Il
film ha incassato 5 milioni di dollari che portano il suo totale a
quasi 31. Chiude la classifica un altro dei multi candidati ai
Golden Globes, la commedia Silver linings
playbook, che incassa 5 milioni di dollari per un totale
di 41.
La prossima settimana usciranno: il
thriller Mama, con Jessica Chastain
e The last stand il ritorno ufficiale di
Arnold Schwarzenneger sul grande schermo dopo le piccole parti nei
due Expendables con al fianco Johnny
Knoxville.
Ben Affleck torna a
cimentarsi contemporaneamente dietro e davanti la macchina da presa
in questo nuovo emozionante thriller basato su fatti realmente
accaduti. Argo
Guarda tutte le foto dai Golden Globe 2013, su red
carpet d’apertura e nel photocall finale dei premiati. Alla
cerimonia hanno preso parte star del calibro di Hugh
Jackman, Anne
Hathaway,
Jodie Foster in
procinto di scrivere la parola ‘fine’ alla carriera sul grande
schermo? Cosi sembrerebbe, a giudicare da alcune sibilline
dichiarazioni rilasciate in occasione della cerimonia di consegna
dei Golden Globe, nel corso della quale ha
ricevuto il premio alla Carriera (intitolato alla memoria
di Cecil B. De Mille).
L’attrice (Oscar per Il
silenzio degli Innocenti), notoriamente poco propensa
a parlare di sé e della sua vita privata in pubblico,
nell’occasione ha fatto uno strappo alla regola, dilungandosi
sulla sua vita personale, anche parlando apertamente della propria
omosessualità.
A conclusione del suo intervento,
Jodie Foster ha ringraziato Cindy
Bernard, sua compagna per 20 anni ed ha infine alluso al
suo ritiro dalle scene: “Tutto questo – ha detto – sembra la fine
di un’era e l’inizio di qualcos’altro: spaventoso ed eccitante. E
adesso? Potrei non salire mai più su questo palco, su qualsiasi
palco se è per questo”. Va comunque sottolineato come dietro le
quinte l’attrice abbia apparentemente corretto la rotta, affermando
che non potrebbe mai smettere di recitare.
Ci sono saghe che finiscono dopo
una decina di anni, perché i loro protagonisti sono cresciuti
troppo per essere ancora maghetti ingenui o perché gli attori
vogliono slegarsi in modo più o meno definitivo dal ruolo che li ha
fatti conoscere al grande pubblico. Poi ci sono i classici, che
invecchiano o si rinnovano insieme al suo protagonista o che
semplicemente, sono una sicurezza nella loro immutabilità.
Capostipite di ogni saga è
inevitabilmente quella di 007, giunta quest’anno al ventitreesimo
episodio, è una di quelle serie che ha saputo sfidare i tempi,
creare tendenze, imporre attori come sex symbol indiscutibili, e
anche rimettersi in discussione, autocitandosi, sgretolando
l’identità del suo stesso protagonista come accade in
Skyfall. Inamovibile nella sua struttura è invece
la serie di Resident evil, che nel suo piccolo va
avanti dal 2002, mentre ha appena inserito nuova linfa nella sua
struttura già di per sé intrigante sebbene molto simile a quella
dei film di James
Bond, la saga relativa a Bourne e agli altri agenti speciali
della Cia. E’ uscito questa estate infatti Bourne
legacy, appunto, un’eredità del Jason Bourne/Matt
Damon passata nelle sapienti mani di Jeremy
Renner.
Quindi si arriva a chi invece
l’azione la fa almeno dagli anni novanta, anzi, qualche cosa prima:
è del 1988 infatti, il primo episodio di Die Hard,
franchise che sta per uscire nelle prossime settimane nelle sale
nordamericane e che apparve nelle nostre sale come Trappola
di cristallo. Protagonista: Bruce Willis, fino a
quel momento conosciuto per alcune serie tv, che si impone nel
ruolo pistola e canotta di John McClane, poliziotto di poche parole
e molti fatti in grado di salvare da solo un intero grattacielo,
curarsi ferite da taglio, ma dalla parlantina alquanto
limitata.
I successivi episodi in Italia
riconquistano il titolo originale, il secondo infatti si intitola
58 minuti per morire: Die harder, parafrasando in
qualche modo il titolo originale, per poi essere finalmente eletto
come “titolo da serie” nel terzo, il più importante quanto meno per
il cast: Die hard: duri a morire in cui John
McClane salva New York messa a ferro e fuoco dallo psicotico
terrorista Jeremy Irons. Così come accade per
molte altre serie, nate in sordina per poi essere elette classico,
aumentano i cameo o le presenze importanti; nel terzo episodio c’è
anche Samuel L.Jackson, mentre nel quarto,
Die hard: vivere o morire, fa la sua comparsa
Justin Long, attore amato da molto cinema d’autore di genere, come
in From hell di Sam Raimi, mentre
già nel secondo appariva Franco Nero, attore
italiano di genere, utilizzato soprattutto nei cosiddetti
“poliziotteschi” e negli spaghetti western tanto cari anche a
Quentin Tarantino.
In questo ultimo episodio John
MacClane, come accade a molti eroi d’azione anni novanta e ottanta,
trova il suo erede nel figlio Jai Courtney, con il quale John si
unisce per una battaglia che sa molto di altri tempi: i due infatti
devono impedire che alcuni malavitosi russi smercino armi
nucleari.
A dirigere troviamo John Moore,
specializzato nell’azione avendo nel suo portfolio altre pellicole
come Behind enemy lines e Max Payne
spy story ispirata all’omonimo videogioco.
La Twentieth Century
Fox ha confermato che il nuovo capitolo della serie di
Die Hard avrà il rating ‘R’ (che prevede
l’obbligo di accompagnamento da parte di un maggiorenne per i
minori di 17 anni).
La restrizione soddisferà
sicuramente Bruce Willis, il quale ebbe molto da
ridire sul fatto che il precedente film della serie avesse ottenuto
solo il rating PG 13, nei fatti venendo giudicato poco più di un
film ‘per famiglie’: Live Free or Die
Hard è stato in effetti l’unico episodio ad aver
ottenuto un rating così basso in una serie in cui la forte dose di
violenza ha sempre comportato restrizioni abbastanza rigorose.
A Good Day To Die
Hard uscirà il prossimo 14 febbraio, diretto da
John Moore su una sceneggiatura di Skip
Woods (X-Men Origins:
Wolverine). La vicenda vedrà John McClane, in
trasferta in Russia, imbattersi nel figlio (Jai
Courtney), diventato un agente della CIA, che sta cercando
di scongiurare un attacco terroristico contro gli Stati Uniti.
Dopo qualche ora di sonno eccoci
qui a commentare i premi che questa notte sono stati dispensati ai
commensali illustri per la 70esima edizione dei Golden
Globe 2013.
Un nome risuona con vigore:
Ben
Affleck. Questo ragazzone di Boston che ha cominciato
la sua carriera con un Oscar (condiviso con l’amico e collega
Matt Damon) e che poi è stato un po’ dimenticato
per una serie di scelte sbagliate come attore; dopo diversi anni,
Ben ha rovato il coraggio e la maturità per seguire la sua vera
vocazione, la regia. Ed ora sta cominciando a raccogliere i frutti
del suo lavoro, in mezzo a candidati concorrenti di tuto rispetto,
tra cui (mio Dio!) Steven Spielberg, vrso il quale
Affleck non dimentica di guardare mentre accetta il suo premio. Da
parte sua orgoglio e grande rispetto che i grandi registi candidati
con lui. Ma il trionfo di Ben è perfetto solo quando al suo
Argo
viene assegnato anche il premio per il miglior film drammatico. Con
lui ad accettare il premio un gongolante George
Clooney che dimostra di avere talento anche come
produttore, oltre che come regista e attore.
E proprio di attori andiamo a
parlare adesso, con le sei categorie che li vedono coinvolti.
Cominciamo subito dalle signore, e che signore! Tre donne splendide
e magnifiche attrici si sono divise i premi: Anne
Hathaway ha vinto per la migliore non protagonista ed è
probabile che farà doppiettà con l’Oscar; le altre due premiate,
Jennifer Lawrence per la migliore performance
comica e Jessica Chastain per la migliore
performance drammatica, sono invece le principali contendenti per
l’Academy Award, e sarà decisamente una bella lotta! Pronostici un
po’ sballati invece per gli attori che hanno visto trionfare come
miglior non protagonista Christoph Waltz, al posto
di quel Tommy Lee Jones tanto osannato (a
ragione!) dalla critica. Anche per quanto rigurada il migliore
attore, i vicnitori nelle due categorie principali Daniel
Day Lewis e Hugh Jackman, rispettivamente
miglior attore drammatico e miglior attore in musical o commedia,
sono i due maggiori contendenti all’Oscar per il miglior
protagonista. Un po’ d’amaro in bocca resta a Bradley
Cooper, che vedendo la partner trionfare per
Il Lato Positivo, pensava forse di
bissare il successo dei Critics Choice Awards. Non preoccuparti
Bradley, stai crescendo come attore, arriverà anche il tuo
momento!
Come tutti si aspettavano,
Les Misérables ha vinto il premio per il
migliro musical o commedia, e come contestare un tale trionfo?
Escluso che il successo del film si ripeta agli Oscar, se non per
il premio alla Hathaway, ma è bello pensare che in questo caso ha
vinto tutto ciò che poteva e doveva.
Grande sorpresa invece la vittoria
per Quentin Tarantino alla migliore sceneggiatura,
una sorpresa che ha colto per primo il diretto interessato: “E’
una grande sorpresa e io amo essere sorpreso!”. Che anche gli
Academy Awards riservino finalmente un premio per quello che è
considerato all’unanimità un genio pop?
Desta invece non poco disapputo la
vittoria di Ribelle – The Brave per il
miglior film d’animazione, dal momento che pur senza negarne il
valore, c’erano diversi film che potevano fare la differenza, come
il delizioso Frankenweenie di Tim
Burton, o il colorato Ralph
Spaccatutto. Infondo siamo tutti contenti per Merida
&Co, ma cosa accadrà agli Oscar quando contro di lei ci sarà
anche il geniale esercito di zombie di
Paranorman?
Adele ha portato a
casa il premio per la migliore canzone Skyfall, e qui niente da
dire, mentre Vita di Pi di Ang
Lee ha vinto un contentino con il premio alla miglior
colonna sonora, dopotutto un film così amato doveva pur portare a
casa qualcosa!
Michael Haneke ha
vinto per il miglior film straniero,
Amour, e siamo quasi sicuri che porterà a
casa anche l’Oscar, dal momento che la sua nomination anche alla
migliore regia è il chiaro segno di quanto il film sia stato amato
negli USA.
Per quanto riguarga la tv
Girls e Homeland hanno trionfato per le categorie
comedy e drama, mentre Game Change ha portato a casa i
premi legati al miglior film tv o mini serie. Menzione d’onore alla
grande Maggie Smith che per Downton Abbey
vince il premio per la miglior attrice non protagonista in una
serie, mini serie o film tv.
Un ultimo commento è da dedicare
alle presentatrici della serata Tina Fey e
Amy Poehler, caustiche e divertenti hanno “sparato
a zero” sulla folla di star, raccogliendo tanti applausi.
Dei premi quest che tutto sommato
mettono d’accordo tutti, anche se ci si aspettava qualcosa di più
per Steven Spielberg che con
Lincoln ha fatto davvero un lavoro
straordinario. Ad ogni modo la stampa estera ha detto la sua, per
cui ora non ci resta che aspettare e vedere come proseguirà questa
season awards appena entrata nel vivo.
Al momento si tratta di una
semplice congettura, tuttavia sembrerebbe che qualcosa di nuovo
stia cominciando a bollire in pentola riguardo il Cavaliere
Oscuro: a quanto pare infatti, negli ultimi giorni vi è
stata una valanga di registrazioni di nuovi domini che includono
sia l’utilizzo delle parole Batman e, soprattutto Arkham
Asylum (la clinica psichiatrica nella quale vengono
rinchiusi tanti dei nemici del giustiziere).
La notizia di queste registrazioni
‘anomale’ ha dato il via alla classica ridda di voci, tra le quali
ovviamente quella che ipotizza un rilancio di Batman sul grande
schermo; ipotesi suffragata dal fatto i nuovi domini sono stati
registrati attraverso MarkMonitor, società che in
passato è stata spesso usata dalla Warner
Bros per registrare i siti ufficiali dei propri film,
anche se la stessa compagnia ha lavorato anche per altri studios,
come recentemente avvenuto per la Paramount in
occasione di Star Trek Into Darkness.
Altre voci avevano suggerito che il
prossimo film di Batman avrebbe potuto prendere le mosse proprio
dalla serie di videogiochi battezzata Arkham Ayslum, ma a questo
punto vi è anche la possibilità che i siti in questione siano
correlati proprio a un nuovo capitolo della serie di videogame.
Via libera al quinto episodio della
‘saga’ di Step Up: la
Summit Entertainment è già in corso di
negoziati con John Swetnam per stendere la
sceneggiatura: l’idea sarebbe di riunire personaggi e attori
provenienti dai film precedenti.
La serie è nata nel 2006: il primo
film aveva come protagonisti Channing Tatum e
Jenna Dewan; nel 2008 il primo sequel,
Step Up 2: The Streets, in cui lo stesso
Tatum appariva in un breve cameo; del 2010 è
Step Up 3D, seguito
l’estate scorsa da Step Up
Revolution. Se il progetto del quinto film decollerà
definitivamente, l’uscita potrebbe essere programmata per il
2014.
Trai prossimi progetti di Swetnam,
ci sono Evidence e Black
Sky.
Si è conclusa da poco la cerimonia
di premiazione dei Golden Globe, i premi assegnati a cinema e tv
dalla stampa estera. Ecco a seguire l’elenco completo dei
vincitori
Ecco qui a seguire la diretta
streaming della cerimonia di premiazione dei Golden Globe, edizione
2013. Quest’anno il premio della critica straniera è arrivato alla
sua 70esima
Arriverà con alle spalle un grande
trionfo in terra natia, e tutti gli amanti del grande cinema qui in
Italia lo aspettano trepidanti. È Lincoln, di
Steven Spielberg, che dopo essere
stato applaudito a scena aperta negli USA nei mesi passati, arriva
da noi il prossimo 24 gennaio. L’amatissimo regista americano
ritorna a splendere in tutto il suo talento registico dimostrando
che il grande autore riesce a mettersi al servizio della storia
senza per forza insistere per farne parte.
Lincoln racconta
dei quattro mesi che hanno portato il Congresso degli Stati Uniti a
votare in maniera favorevole il XIII Emendamento, quello che
aboliva per sempre la schiavitù in territorio americano, e si
conclude con la tragica morte dell’amatissimo Presidente.
Steven Spielberg ci racconta “l’altro” Lincoln,
quello che è disposto anche a giocare sporco per raggiungere il suo
proposito, nel momento in cui ha il potere per cambiare in nome del
bene il corso della Storia. Un taglio coraggioso che si sposa bene
con il punto di vista adottato dal regista, ovvero quello dei
salotti, degli interni e delle aule, dove i rapporti politici e
umani si intrecciano e “fanno” la Storia della modernità, così come
la conosciamo.
Spielberg realizza un vero e
proprio trattato sulla politica, senza anteporre schieramenti ma
sostenendo la validità della stessa come attività sociale alla base
di uno Stato libero. La regia di conseguenza quasi sparisce, lascia
andare le infinite possibilità spettacolari che il periodo storico
raccontato (la Guerra di Secessione Americana) lasciava aperte, e
preferisce spostarsi negli interni in cui la luce naturale che
entra quasi con violenza dalle finestre, lotta contro l’ombra che
si annida negli angoli delle camere. In
Lincoln è la luce stessa a raccontare e
commentare, come mirabilmente riesce a fare grazie al supporto di
uno Janusz Kaminski in stato di grazia.
Ad una regia misurata e impeccabile
si accompagna una prova collettiva del cast di straordinaria
potenza comunicativa, a partire dal protagonista nei panni
dell’altissimo e un po’ curvo Presidente Lincoln, Daniel Day-Lewis, passando per una
Sally Field (Signora Lincoln) appassionata eppure
sferzante, fino ad un incredibile Tommy Lee Jones, solido, granitico eppure
incommensurabilmente dolce nel momento in cui con grande candore
mostra le sue ragioni più personali e profonde. Pur presentandosi
in maniera così intimamente sontuosa, Lincoln è un film di lenta
carburazione, cominciando un po’ a fatica e proiettando solo in un
secondo momento lo spettatore in una corsa contro il tempo, in una
caccia all’ultimo voto, all’ultimo SI.
Ad accompagnare le immagini con la
musica, ancora una volta, Spielberg ha chiamato il Maestro
John Williams, che per una volta mette da parte i
suoi potenti ottoni e le sue note concitate per dare voce a
tonalità delicate e spesso addirittura malinconiche, discrete, che
riescono a raccontare più di tante parole, insieme ai volti, alle
rughe dei protagonisti. Lincoln è un film di una grande potenza
emotiva, che in pochi momenti indulge nell’enfasi tanto cara al
regista americano, ma che si colloca tra le migliori prove
registiche di Spielberg. Daniel Day-Lewis è senza
dubbio il miglior Lincoln cinematografico mai visto fino ad ora, e
Lincoln è il miglior film mai realizzato sul 16°
Presidente degli Stati Uniti d’America.
Il film Pulp fiction
fu girato nel 1994 dal regista americano Quentin Tarantino, utilizzando l’espediente delle storie
intrecciate. Nel prologo, i due giovani Zucchino e Coniglietta
stanno seduti presso un coffee-bar di Los Angeles, tranquillamente,
finché decidono d’alzarsi in piedi per rapinarlo, con le loro
pistole. Ma Tarantino interrompe la scena. Vedremo i due gangsters
Jules e Vincent, che uccideranno tre giovanotti, colpevoli d’aver
rubato una valigetta al loro capo, Marcellus Wallace.
In seguito, parte il primo episodio
del film. Il gangster Marcellus Wallace corrompe un suo pugile,
Butch, perché lui perda volontariamente un importante incontro.
Questi combatte ormai a fine carriera. Vincent è nei paraggi, e
scambia perfino qualche battuta col pugile Butch. Il gangster però
esce, andando a comprare un po’ di eroina, dal suo amico Lance,
perché ne ha bisogno per “far divertire” Mia Wallace, l’avvenente
moglie del capo. Vincent deve accompagnarla ad una gara di ballo.
Mia Wallace assumerà l’eroina, ma disgraziatamente andrà in
overdose. Vincent porta la donna da Lance, facendole un’iniezione
d’adrenalina, che le salverà la vita. Nel secondo episodio, il
pugile Butch contravviene all’ordine di Marcellus Wallace, vincendo
il suo ultimo incontro. Raggiunta la fidanzata Fabienne, per
scappare dai gangsters, apprende che lei frettolosamente non s’è
ricordata di mettere in valigia un orologio d’oro, un ricordo
familiare, passato dal bisnonno al padre di Butch, vero
portafortuna contro le guerre. Pericolosamente, il pugile decide di
tornare a casa, per recuperarlo. Là Butch ucciderà Vincent, venuto
a cercarlo. In seguito, il pugile incontra casualmente Marcellus
Wallace.
I due lottano a pugni, finendo però
imprigionati dai sadici stupratori Maynard e Zed. Liberatosi, Butch
ucciderà i carcerieri, salvando così Wallace, il quale in segno di
riconoscenza lo lascerà scappare. Nel terzo episodio, si torna alla
scena in cui Jules e Vincent devono uccidere i giovanotti (che
hanno rubato una valigetta del loro capo). In realtà, uno di questi
è risparmiato, ma caricatolo in macchina, Vincent accidentalmente
gli spara, uccidendolo. Temendo che la polizia possa fermarli, per
il sangue sui finestrini, i due gangsters raggiungono la casa di
Jimmie, un amico di Jules. Là compare il cinico Mr. Wolf, spedito
da Marcellus Wallace come risolutore di problemi. L’autovettura
viene accuratamente pulita. Jules e Vincent cambiano i loro abiti,
intrisi di sangue. I due gangsters raggiungeranno un coffee-bar. E’
lo stesso in cui Zucchino e Coniglietta tenteranno una rapina
improvvisata. Mentre i clienti devono consegnare i loro portafogli,
Jules riesce a trattenere la preziosa valigetta di Marcellus
Wallace. Egli disarma Zucchino, e lo invita ad abbandonare la vita
criminale. I due rapinatori usciranno mestamente dal coffee-bar,
coi soldi nei portafogli (ivi compresi quelli di Jules).
Possiamo citare la filosofia
estetica di Roland Barthes. Per lui, il mondo del
gangster si manifesta tramite il caratteristico sangue freddodello
sparo. Solitamente un incensurato riflette intorno al problema
della morte, laddove questa ad esempio riguardi i suoi familiari, o
(più astrattamente) se lui professa una fede religiosa. Ma il
gangsterno. Egli ritiene che la morte sia unicamente lo schiocco
del suo proiettile. Ove debba uccidere, il criminale moderno si
limita a compiere un servizio professionale, senza gli idealismi.
Egli non cerca neppure l’enfasi del duello personale, ancora
presente nell’epopea del western (spesso in via
idealistica). Il killer contemporaneo vuole soltanto sparare, nel
modo più efficace e rapido. Nei film western, ad esempio, accade
che la ripresa del duello finale s’allunghi nel tempo, acquisendo
una valenza narrativa. Così, il regista indugia ad inquadrare
l’espressione dei contendenti. Nel gangster-movie, invece, di
frequente avviene che la vittima cada a terra proprio nel momento
in cui il killer gli ha pronunciato la sua condanna del
“Muori!”. L’uccisione letteralmente è il colpo da fuoco.
Nel film di Tarantino, il termine
pulp (dal titolo) significa lurido. Il proiettile del
gangster serve a risolvere un problema il più rapidamente
possibile. Esteticamente, è qualcosa da percepire con grande
cinismo. Sempre lo sporco (il lurido) s’accompagna alla
trascuratezza. Lo lasciamo con troppa rapidità. Nel film di
Tarantino, i criminali maneggiano le armi come se esse servissero a
sporcare le loro vittime. La risoluzione del problema (ad esempio:
il furto della valigetta, il tradimento del pugile, la rapina al
coffee-bar, l’overdose di Mia, l’occultamento del cadavere in
macchina ecc…) alla fine non lo ripulisce mai. Tutto il cinismo
iniziale del killer sarà contraddetto. Sparare pare fin troppo
facile, e l’uccisione avviene immediatamente. Invero, si percepirà
che il “problema” non sia stato interamente risolto. Il cinismo del
killer solo si sporcherebbe.
Il film Pulp Fiction
conosce il sadismo, ad esempio nella cantina del cattivo poliziotto
Zed. Visivamente, lo splatter ci pare più trattenuto.
Massimamente, esso appartiene alla scena in cui Vincent deve
salvare Mia, facendole un’iniezione d’adrenalina. Per il resto,
solo dalle parole di Mr. Wolfs’apprenderà che la macchina dei
criminali va ripulita (coi sedili sporchi di tessuto cerebrale).
Può sembrare che la conclusione sporcata del mero proiettile si
percepisca più astrattamente. Nella casa dei giovanotti traditori,
uno di loro rischia d’ammazzare Jules e Vincent, sorprendendoli dal
bagno. Ma i due si salvano, miracolosamente. Il giovanotto del
bagno dunque ha sporcato il suo caricatore, senza prendere la
giusta mira. L’episodio cambia profondamente Jules, che annuncia di
voler abbandonare la vita criminale. Un risveglio personale che
nasce dall’astrazione d’uno splatter (quando la scarica dei
molti proiettili incredibilmente manco scalfisce il corpo). Jules è
solito recitare un verso falsamente biblico, prima d’uccidere
qualcuno. Là, si racconta a grandi linee che gli uomini malvagi
minacciano di continuo quelli buoni (o timorati). La vendetta dei
secondi sui primi sarebbe giusta. Se gli uomini conoscono pur
sempre la malvagità, allora bisognerebbe adoperarla a vantaggio dei
buoni. E’ così che Jules interpreta la sua criminale. Egli vuole
redimere le vittime, uccidendole, convinto che loro prima abbiano
peccato. E’ una visione chiaramente sporcata della misericordiae
della provvidenzareligiosa. In fondo ogni criminale ripulisce
qualcosa (lo sportello d’una banca, la cassaforte in casa, la
valigetta coi diamanti ecc…) solo contro il suo legittimo
proprietario.
Alla fine del film, Jules sceglie
d’abbandonare la vita criminale, convertito dal miracolo del
caricatore inesploso su di lui. E’ significativo che lui reciti a
Zucchino il verso “falsamente” biblico mentre lo tiene idealmente
per mano. Pure il giovane rapinatore dovrà seguire il
suggerimento di lasciare il crimine. E’ il momento in cui Jules
tradisce l’autentico risveglio spirituale (attraverso il miracolo
della sopravvivenza), razionalizzato dal cinismo sporcante per cui
lui altro non faceva che la parte del malvagio. Dunque, nel film
Pulp Fiction pare che il momento topico della
sparatoria solo a prima vista si risolva freddamente. Forse, Mr.
Wolf è davvero un risolutore di problemi (come recita la sua
autopresentazione). Però, ricordiamoci che lui non ha bisogno di
girare con la pistola. Consideriamo esteticamente lo pseudo-triello
messicano al coffee-bar. Là, Coniglietta punta la pistola contro
Jules, Jules punta la pistola contro Zucchino, Vincent punta la
pistola contro Coniglietta. E’ così che la tensione della
sparatoria rischia più apertamente di degenerare, allo sporco di se
stessa. Conosciamo bene il triello messicano nel film di Leone
Il buono, il brutto, il cattivo. Là, il regista
scelse di aumentare la suspense, rallentando l’avvio degli spari,
con le lunghe inquadrature sui volti.
Nel suo film Le iene,
Tarantino usa il triello messicanoal massimo grado della
pericolosità. Là, da un primo sparo subito seguono gli altri due, e
così moriranno tutti. Nel film Pulp Fiction, lo
pseudo-triellosi risolve apparentemente in modo positivo. Nessuno
si fa ammazzare. Resta però il cinismo sporcante della redenzione
in Jules, che contagerà anche Zucchino. La suspense(già cara agli
spaghetti-western del film Il buono, il brutto, il
cattivo) un po’ alla volta si fa annullare. Non la
percepiamo tanto fra le pistole, bensì nel contenuto misterioso
della valigetta (che Tarantino eviterà di svelarci). Jules, capendo
che Zucchino e la fidanzata sono quasi dei dilettanti, in quanto a
rapinare, ironizza apertamente contro di loro. Alla fine, la
suspense della sparatoria si fa annullare. Simbolicamente, ciò
accade tramite lo sporco nel portafoglio di Jules, riconoscibile
dalla scritta “Brutto figlio di…”. Il gangster baratterà i
suoi soldi col piccolo ladro, in cambio della valigetta
(assolutamente da consegnare a Marcellus Wallace). Il portafoglio
contribuisce a sporcare la suspense per il triello messicano.
La regia di Tarantino si diverte a
giocare contro la possibilità che noi vediamo qualcuno o qualcosa.
Lo sparo di Vincent contro il giovanotto superstite sporcherà di
sangue tutta l’automobile. Non vediamo la testa spappolata della
vittima, ma essa determina l’obnubilamento dei due criminali, i
quali dovranno cambiare il loro percorso, temendo d’incontrare la
polizia. Spesso, Tarantino ci mostra il volto soltanto dalla nuca.
Egli ama nascondere completamente il contenuto di qualcosa (dal
bagagliaio, dalla valigetta, dalla porta chiusa ecc). La regia si
diverte a sporcare la nostra visione. All’inizio del film, succede
che Jules e Vincent abbiano un faccia a faccia su argomenti quasi
filosofici. Tarantino li inquadra dentro un corridoio, sia in primo
piano sia verso il punto di fuga. Il secondo caso serve
esteticamente a mettere una patina percettiva sul primo, per così
dire. Il gangster Jules, prima d’uccidere uno dei giovanotti, viene
inquadrato distendendo il braccio minaccioso (con la pistola) verso
di noi. E’ un modo per sporcare virtualmente lo schermo
cinematografico, come passandoci sopra con la bomboletta spray.
Quando Mia va drammaticamente in overdose, la sua testa dapprima
barcolla e poi cade a terra, di profilo, occupando l’intera
inquadratura. Pare che il busto della donna sia stato spazzolato.
La testa a terra di Mia diventerà un grosso grumo di polvere
(materialmente: di droga), ostruendo lo scorrimento normale
dell’immagine filmica.
Questa notte, tra circa
7 ore, comincerà la 70esima edizione della cerimonia di premiazione
dei Golden Globe 2013. I premi sono assegnati da una giuria di
circa novanta
Voci: Debi Derryberry (Jimmy Neutron), Rob Paulsen
(Carl Wheezer), Patrick Stewart (Re Goobot), Martin Short
(Ooblar)
Trama: Ambientato
nell’immaginaria Retroville, cittadina del futuro ma dal sapore
anni sessanta, Jimmy Neutron racconta la
storia di un bambino geniale ma come spesso accade incompreso dai
suoi coetanei e dalla stessa famiglia, che pur volendogli bene e
incoraggiando il suo genio vorrebbe che vivesse la vita di un
bambino normale e che non fosse preso in giro ed emarginato dai
compagni: gli unici amici di Jimmy all’inizio della storia sono
Carl, ragazzino ipocondriaco goffo e grassottello e un uno
cagnolino robot costruito dallo stesso Jimmy di nome Goddard.
Voci: Joaquin
Phoenix (Kenai), Jeremy Suarez (Koda), Jason Raize (Denahi), Dave
Thomas (Rocco), Rick Moranis (Fiocco), Joan Copeland (Tanana),
Michael Clarke Duncan (Tug).
Trama: Immerso
negli splendidi paesaggi del Nord America, il film racconta la
storia di Kenai, giovane impaziente di diventare adulto e di
prendere il posto che gli spetta nella tribù a cui appartiene
proprio come i due fratelli: deluso dal fatto di aver ricevuto come
totem guida dalla saggia del villaggio il poco interessante “orso
dell’amore”, Kenai si lascia prendere dalla rabbia e
dall’incoscienza finendo per perdere il fratello maggiore Sitka e
per uccidere il suo stesso animale guida, suscitando il disappunto
degli spiriti.
In America, se
abbastanza persone firmano una petizione, questa, di qualunque cosa
si tratti, può essere mandata alla Casa Bianca e il governo degli
US ha il dovere
Come ci ha ben insegnato fino ad
ora, JJ Abrams è un regista e produttore
molto riservato quando si tratta del proprio lavoro, dal momento
che pare ritenga che anche il più piccolo dettaglio sul film possa
rovinarne la visione da parte dei fan. Il regista infatti non ha
ancora confermato la natura del personaggio interpretato da
Benedict Cumberbatch in Star Trek Into
Darkness, ma ha però rivelato che la Paramount
Pictures sta mettendo in programma un terzo capitolo di Star
Trek.
“Sono certo che lo Studio
amerebbe un terzo episodio, ma spetta al pubblico decidere se ne ha
bisogno o meno – ha detto Abrams – Ci sono cose di cui
abbiamo parlato, ma non c’è nessuna storia o sceneggiatura. Solo
un’idea”. Il primo Star Trek diretto
da Abrams, uscito nel 2009, costò 250 milioni e ne incassò 385.
Questo secondo sarà un film molto più grande e così sarà più
difficile per Abrams raggiungere quelle vette di incassi. Siamo
però sicuri che il regista di Mission Impossible
III farà un grande lavoro.
Ecco una bella curiosità che viene
direttamente dal blog Super Punch (via Badtaste). Si tratta di tre mappe, disegnate
dal grafico Andrew DeGraff, che riassumono
Ecco il terzo spot tv per
Die Hard – Un buongiorno per morire, che vede ancora
una votla John McClane sfidare la morte a furia di corse a
perdifiato, salti acrobatici, invulnerabilità alle pallottole e
tanto altro ancora.
Questa volta al suo fianco suo
figlio, anche lui arruolato tra le file della CIA. Bruce
Willis torna più in forma che mai! Ecco il terzo spot del
film, che avrà un rating R, ovvero vietato ai minori non
accompagnati.