Sembra che Stephen Sommers dirigerà anche il secondo film di G.I. Joe.
Stephen Moyer in The Devil’s Knot
Stephen Lang in In The Blood?
Stephen King: i 10 peggiori adattamenti dai suoi romanzi
Stephen King è universalmente riconosciuto come il “maestro del brivido”, autore di romanzi che, oltre ad aver riscosso un incredibile successo, si sono trasformati negli anni in veri e proprio cult letterari. Molto spesso, i suoi romanzi sono stati oggetto di trasposizioni cinematografiche che – seppur non sempre fedelissime al materiale di partenza – sono state comunque molto apprezzate da critica e pubblico, basti pensare a Carrie – Lo sguardo di Satana, Shining, Stand by Me – Ricordo di un’estate, Misery non deve morire, Le ali della libertà, Il miglio verde e il più recente IT.
Altre volte, purtroppo, alcuni adattamenti delle sue opere si sono rivelati estremamente deludenti, lasciando un’impronta tutt’altro che duratura nella storia della settima arte. Ecco di seguito i 10 peggiori adattamenti cinematografici – secondo IMDb – tratti dall’opera del prolifico scrittore del Maine:
A Good Marriage
A Good Marriage è
una delle opere relativamente più recenti di
King. Appare nella sua raccolta di romanzi del 2010, “Notte
buia, niente stelle”, e racconta – come si può facilmente
intuire dal titolo – la storia di un matrimonio apparentemente
perfetto. Naturalmente, com’è nello stile dello scrittore
americano, ben presto arriva una grande svolta narrativa: la
protagonista Darcy scopre, infatti, che suo marito è ossessionato
dal sadomasochismo e che potrebbe essere un serial killer. Una base
ovviamente molto interessante per un film, con lo stesso King che
ha accettato di scriverne la sceneggiatura. Sfortunatamente, il
film si è rivelato una cocente delusione, soprattutto se paragonato
al racconto originale.
Mercy
Un altro
film relativamente recente, anche se il materiale di partenza si
rifà alla prima parte della carriera di
King. Mercy è l’adattamento del racconto “La
nonna” del 1984, incluso nella raccolta “Scheletri”,
nonostante si distacchi parecchio dalla storia originale. Il
tessuto narrativo di base viene comunque mantenuto: due ragazzi
scoprono che in realtà la loro nonna materna, presso la quale si
sono trasferiti insieme alla madre single, è in realtà una strega.
Il film è passato decisamente inosservato, tanto da essere
rilasciato soltanto in home video. Nel cast figura anche Chandler
Riggs, il celebre Carl di The Walking
Dead.
I racconti di Quicksilver
Un
adattamento – destinato al piccolo schermo – che unisce il lavoro
di due autori all’interno di un unico film. È infatti basato su
Libertà agli oppressi di Clive
Barker e Denti chiacchierini di Stephen
King. Si tratta di un film a episodi legati tramite una una
storia principale che serve come presentazione ai due segmenti
basati sulle opere citate poc’anzi e che vede Christopher Lloyd (il
celebre Doc della saga di Ritorno al futuro) nel ruolo di
un uomo che lavora ad uno spettacolo itinerante e che racconta
storie dell’orrore alla gente che incontra. Assolutamente
dimenticabile…
La creatura del cimitero
Adattamento
del 1990 che si basa sull’omonimo racconto di
Stephen King del 1970. Il film segue le disavventure di una
strana creatura invisibile omicida. Nonostante all’epoca della sua
uscita abbiamo performato abbastanza decentemente al botteghino, il
film è stato stroncato dalla critica. Voi ricordavate questo
adattamento? Probabilmente un film che sono i fan duri e puri di
King ricordano…
Il tagliaerbe
Mentre gran parte degli adattamenti delle opere di King ricevono la benedizione del maestro – e talvolta prevedono anche il suo diretto coinvolgimento -, nel caso de Il tagliaerbe le cose sono andate diversamente. Il film, infatti, trae vaga ispirazione da un racconto omonimo di King, e lo scrittore intentò una causa per essere rimosso dai crediti, visto che il tema trattato era completamente differente. Un adattamento non autorizzato, quindi, ed una mossa alquanto saggia da parte di King, dal momento che il film – nonostante il successo al botteghino – venne pesantemente stroncato dalla critica.
The Mangler – La macchina infernale
Per
qualsiasi scrittore, l’adattamento cinematografico di una propria
creatura letteraria deve rappresentare sicuramente un sogno. Per
Stephen King, invece, è solo un giorno di lavoro come un altro.
The Mangler – La macchina infernale è basato sull’omonimo
racconto contenuta nella prima raccolta dello scrittore “A
volte ritornano”, la stessa che contiene anche La
creatura del cimitero. I critici considerarono il film
altamente ridicolo, nonché un pessimo adattamento del racconto
originale. Per qualche misteriosa ragione, il film ha comunque
generato due sequel, naturalmente anche peggiori del
capostipite.
Cell
È
impressionante come un film, nonostante la presenza di attori del
calibro di Samuel L. Jackson e
John Cusack, possa rivelarsi una totale delusione.
Questo è il caso di Cell, basato sull’omonimo romanzo del
2006. Già le premesse non sono delle più entusiasmanti: un
misterioso segnale, diramato attraverso la rete dei telefoni
cellulari, penetra nelle menti di quasi tutti gli esseri umani
trasformandoli in bestie assassine. A ciò vanno unite
la terribile regia di Todd Williams e la
mediocre sceneggiatura scritta dallo stesso
King, per un risultato finale davvero
disastroso…
Trucks – Trasporto infernale
Ricordate Brivido? L’unico film che Stephen King abbia mai diretto, nonché il film che gli ha fatto giurare che non si sarebbe mai più cimentato nella regia? Ecco: nel 1997 è stato realizzato un film tv che ha adattato per il piccolo schermo quella medesima storia, ossia il racconto breve Camion contenuto nella raccolta “A volte ritornano”. I risultati sono stati, ovviamente, i medesimi raggiunti dal film scritto diretto da King nel 1986: critica e pubblico che stroncano senza mezzi termini la follia della storia e la resa dell’adattamento.
Grano rosso sangue
Nonostante sia noto come il
peggior adattamento di
Stephen King di tutti i tempi, Grano rosso sangue ha
dato vita ad un franchise composto da ben dieci film. Naturalmente,
soltanto il primo film, uscito nel 1984, è basato sul racconto
omonimo di Stephen King, contenuto nella raccolta “A volte
ritornano”. La storia del film è quella di un’entità non
fisica che costringe i bambini a uccidere tutti gli adulti nella
loro città per ottenere un buon raccolto di mais. Sebbene la
critica e lo stesso King abbiano aspramente criticato il film, nel
corso degli anni si è creata una folta schiera di appassionati
attorno alla saga…
Il dono del diavolo
Il dono del diavolo occupa il posto d’onore di questa Top 10. Nell’adattamento non si fa alcun riferimento al racconto originale di King “La scimmia”, con il quale il film ha molti punti di contatto. Si tratta, in effetti, di un trasposizione non autorizzata, che si ispira soltanto all’opera di King senza riprodurne fedelmente la storia. Il racconto originale di King risale al 1980, ma venne pubblicato soltanto nel 1985 nella raccolta “Scheletri”: erroneamente, infatti, molti hanno creduto per lungo tempo che fosse stato lo scrittore del Maine a “rubare” l’idea dal film, e non il contrario.
Fonte: ScreenRant
Stephen King: 10 film da vedere tratti dai suoi romanzi
Stephen King è uno degli autori migliori che la letteratura mondiale abbia mai potuto conoscere. Ha emozionato milioni di persone e intere generazioni con i suoi romanzi, continuando a scrivere racconti di successo uno dietro l’altro.
Di Stephen King, i libri adattati sono davvero numerosi, diventando forse l’autore più inflazionato in questo senso: basti pensare che, giusto per fare qualche esempio, tra il 2019 e il 2020 sono previsti gli adattamenti di Pet Sematary, Doctor Sleep, Revival e Sleeping Beauties (che dovrebbe diventare una serie tv). E se si pensa che dal Stephen King’s world sono in arrivo altre idee, non resta che aspettare prima i libri e poi gli adattamenti.
Ecco, allora, una lista di dieci film da vedere tratti dai romanzi di Stephen King.
Stand By Me – Ricordo di un’estate
Nel 1986, uscì nei cinema un film diventato un cult: Stand by Me – Ricordo di un’estate. Tratto dal racconto Il corpo, facente parte della raccolta Stagioni Diverse di King, il film è diretto da Rob Reiner, con Wil Wheaton, River Phoenix, Corey Feldman e Jerry O’Connell.
Il film, come il libro, è ambientato durante il periodo estivo (momento di perdita dell’innocenza e acquisizione della consapevolezza) dell’anno 1959: quattro amici dodicenni, Gordon, Chris, Teddy e Vern, decidono di andare alla ricerca del corpo di Ray Bower, un ragazzo scomparso tre giorni prima, dopo aver saputo che il fratello maggiore di Vern e un suo amico si sono imbattuti nel suo cadavere senza denunciarne il ritrovamento.
Quello che sarebbe stato il desiderio di riscattarsi e diventare degli eroi per tutti, finisce per mutare: le esperienze che compiono sul loro cammino li aiuteranno a maturare e ad approfondire la loro amicizia.
Misery non deve morire
Diretto da Rob Reiner, nel 1990 uscì nei cinema Misery non deve morire, film tratto dal romanzo Misery di Stephen King, scritto tre anni prima. In questo film, Kathy Bates, che ha regalato al mondo del cinema una delle sue migliori interpretazioni (vincendo l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista), interpreta Annie Wilkes, una donna che apparentemente sembra volenterosa di aiutare Paul Sheldon, scrittore di successo che, a causa di un incidente si frattura le gambe e viene da lei ospitato per la degenza.
In realtà, Annie è una lettrice appassionata di tutti i libri scritti da Paul che ha deciso di terminare il ciclo di racconti dedicato a Misery Chastain, facendola morire nell’ultimo romanzo. Annie, che ha un passato da serial killer, non approva il finale e tenterà di farlo cambiare all’autore: egli, invece, cercherà di scappare dalla sua carceriera.
Shining
Dell’adattamento di Shining realizzato da Stanley Kubrick si è veramente detto di tutto e oltre, diventando quasi più famoso per i suoi retroscena che per come venne narrato. Realizzato nel 1980, leggenda vuole che Kubrick cercasse un libro horror da poter adattare, per farsi apprezzare sia dal pubblico che dalla critica dopo il fallimento di Barry Lyndon.
Trovando in Shining di King l’unico romanzo in grado di potergli dare tutto quello che cercava, decise di realizzarne un film: uscito nel maggio del 1980, tra i protagonisti vi sono Jack Nicholson e Shelley Duvall.
La pellicola di Kubrick, che racconta l’evoluzione della pazzia dello scrittore Jack Torrance che decide di lavorare come guardiano invernale per l’Overlook Hotel restando in isolamento con moglie e figlio per diversi mesi tra le montagne del Colorado, venne aspramente contestata da King stesso, che lo definì freddo e distaccato, totalmente l’opposto del libro che aveva realizzato lui. In ogni caso, Shining è stato uno dei film che ha contribuito alla storia del cinema horror.
Il miglio verde
Nel 1999 venne realizzato Il miglio verde, adattamento dell’omonimo romanzo di Stephen King scritto nel 1996. Scritto, diretto e prodotto da Frank Darabont, il film ha per protagonisti Tom Hanks e Micheal Clarke Duncan.
Quello che viene narrato è il racconto che Paul Edgecomb fa alla sua amica Elaine Connelly mentre si trova in una casa di riposo: nella Louisiana di inizio anni ’30, lui lavorava come capo delle guardie che sovrintendono il braccio della morte nel penitenziario di Cold Mountain. Tra i detenuti che erano condattati alla pena capitale c’era lui, John Coffrey, un ragazzone di colore giudicato colpevole per aver uccido due gemelline di nove anni. Eppure lui è gentile con tutti, quasi ingenuo e candido e possiede anche la qualità di risucchiare il dolore dalle altrui persone.
It
Pennywise è tornato e ha deciso di spaventare ancora il mondo. Dopo la miniserie realizzata nel 1990 diretta da Tommy Lee Wallace e con Tim Curry nei panni del clown, già nel 2009 la Warner Bros volle trasportare al cinema un adattamento di uno dei romanzi più famosi di Stephen King: It.
Dopo alcuni problemi produttivi, si decise di dividere il film in due parti: It – Capitolo Uno, uscito il 19 ottobre 2017, presenta tutti i personaggi, dai giovani membri del Club dei Perdenti fino agli antagonisti e, ovviamente, a Pennywise. Il film, diretto da Andres Muschietti ha messo d’accordo pubblico e critica, riuscendo a creare il giusto hype per la seconda parte, It – Capitolo Due, in cui i membri del Club dei Perdenti sono diventati ormai adulti e si troveranno a combattere It e le loro paure in maniera definitiva. L’uscita di questo secondo capitolo è prevista per la fine del 2019.
Carrie – Lo sguardo di Satana
Carrie è stato il primo romanzo di Stephen King ad essere pubblicato, nel 1974, portandolo al successo. Da questo romanzo sono stati realizzati tre adattamenti, Carrie – Lo sguardo di Satana (1976), Carrie (2002) e Lo sguardo di Satana – Carrie (2013) e un sequel, Carrie 2 – La furia (1999).
La storia è quella di Carrie, timida ragazza che frequenta l’ultimo anno delle scuole superiori: è emarginata dalle sue compagne di classe, che la bullizzano, e ha sempre dovuto convivere con una madre fortemente devota alla religione. I continui scherni a scuola, i castighi della madre e la scoperta dei suoi poteri, non faranno altro che alimentare la rabbia di Carrie che non rimarrà contenuta troppo a lungo.
La zona morta
Tra i diversi adattamenti dei libri di King realizzati per il cinema, anche David Cronenberg ne ha realizzato uno: infatti, nel 1983 ha diretto La zona morta, tratto dall’omonimo libro dello scrittore americano.
Prodotto dalla Dino de Laurentiis Company e interpretato da Christopher Walken, Brooke Adams e Tom Skerritt, La zona morta racconta la storia di Johnny Smith, professore di lettere che finisce in coma, vittima di un incidente stradale. Dopo alcuni anni, Smith si risveglia e si accorge che, oltre a non avere più niente della vita di prima, di poter predire il tragico futuro delle persone soltanto toccandole: comprende che questo dono gli può servire per cambiare in meglio il destino delle persone.
Le ali della libertà
Nel 1994, dal racconto Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, facente parte della raccolta Stagioni diverse, è stato tratto il film Le ali della libertà. La pellicola, diretta da Frank Darabont, con Tim Robbins e Morgan Freeman tra i protagonisti, racconta la storia di Andy Dufresne, un dirigente bancario condannato all’ergastolo per l’assassinio della moglie e dell’amante nella prigione di Shawshank.
Egli è innocente, ma cerca di affrontare la condizione con calma e speranza, pur subendo diverse violenze in carcere. L’uomo riuscirà comunque a fare amicizia con Red, ergastolano di lunga detenzione che rinnova la biblioteca ed è diventato complice del direttore per i suoi affare non proprio puliti.
Secret Window
Nel 2004 è stato realizzato Secret Window, film diretto da David Koepp e tratto dal racconto Finestra segreta, giardino segreto incluso nella raccolta Quattro dopo mezzanotte, del 1990, scritta da Stephen King.
L’adattamento, che vede Johnny Depp, John Turturro e Timothy Hutton tra i protagonisti, racconta la storia di Morton “Mort” Rainey, uno scrittore di romanzi horror e thriller psicologici che entra, senza farsi sorprendere, nella stanza di un motel. Qui, scopre che sua moglie Amy è in compagnia del suo amante, Ted.
Ormai il blocco dello scrittore lo condiziona da un po’ di tempo e, dopo aver divorziato, si trasferisce in una casa nel bosco: sarà qui che avverranno la maggior parte dei problemi che nascono dall’incontro tra John Shooter e Mort.
1922
Nel 2017, è uscito sulla piattaforma digitale Netflix l’adattamento del libro di Stephen King 1922, incluso nell’antologia Notte buia, niente stelle. Il film, diretto da Zak Hilditch, racconta la storia di un agricoltore, tale Wilfred James, che, mentre si trova in una camera d’albergo, scrive in una lettera nella quale confessa di aver ucciso la moglie, grazie all’aiuto del figlio.
Quello che avviene subito dopo è un flashback che porta all’estate del 1922, in cui tra Wilfred e la moglie si consumano delle accese discussioni in merito a un terreno da lei ereditato che avrebbe voluto vendere ad una compagnia per potersi trasferire in città. Wilfred e il figlio decidono di sbarazzarsi di lei e ognuno regge il gioco all’altro quando lo sceriffo inizia ad indagare. In seguito, viene raccontato come il gesto compiuto dai due in passato, abbia scatenato una serie di conseguenze tremende e disastrose.
Stephen King rivela quale suo romanzo vorrebbe vedere adattate per il cinema
Durante una recente intervista con Netflix per promuovere Mr. Harrigan’s Phone, a Stephen King è stato chiesto quale delle sue storie vorrebbe vedere adattate in seguito. L’autore pensa che il suo romanzo horror/fantasy del 1995, Rose Madder, sarebbe “un grande film”. King ha anche preso in considerazione la possibilità del suo romanzo Joyland, che è stato opzionato dallo sceneggiatore di The Help Tate Taylor che “ha scritto una sceneggiatura fantastica”, ma non è mai stato trasformato in un film.
“Penso che nessuno abbia mai optato per Rose Madder, che pensavo sarebbe stato un grande film. Joyland è stato opzionato dal ragazzo che ha realizzato The Help. Ha fatto una sceneggiatura fantastica e ho pensato che sarebbe stato un film infernale. Il primo che ho scritto per Hard Case Crime, The Colorado Kid, si è trasformato in una serie TV chiamata Haven, ed è andata in onda per un bel po’. Gli assegni non sono mai rimbalzati, quindi è stato positivo.”
E voi quale libro o romanzo breve di Stephen King vorreste vedere adattato al cinema?
Stephen King rivela il film horror che non è riuscito a finire
Riuscite a immaginare che possa esistere un film in grado di spaventare Stephen King, il maestro del brivido che da anni continua a turbare le nostre notti grazie alle sue opere? Ebbene sì, sappiate che esiste!
A rivelarlo è stato King in persona, durante un episodio della serie antologica “History of Horror” di Eli Roth (via Dread Central). Il film in questione è nientemeno che The Blair Witch Project, il cult del 1999 realizzato attraverso la tecnica del found footage. All’epoca il film ottenne un grandissimo successo di pubblico e critica (anche grazie all’originale campagna di marketing che ne anticipò l’uscita). ha avuto anche un’enorme impatto tanto a livello culturale quanto cinematografico, con decine e decine di pellicole horror che da allora iniziarono ad impiegare la tecnica del “finto documentario” per raccontare le loro storie.
King ha rivelato di aver visto il film per la prima volta nel 1999, in ospedale, dopo essere stato investito da un minivan mentre camminava sul ciglio della strada. “La prima volta che ho visto The Blair Witch Project ero in ospedale ed ero stato sedato”, ha spiegato il celebre scrittore. “Mio figlio aveva portato una VHS e mi disse: ‘Devi guardare questo film’. A metà, però, ricordo di avergli detto: ‘Spegni la tv, è troppo spaventoso’.”
Considerato uno dei migliori film horror degli anni ’90, The Blair Witch Project ha generato diversi sequel e una serie di altre opere derivate, oltre a contribuire a spianare la strada ad altri film girati in modo simile. Il fatto che il film sia persino riuscito a spaventare King è una testimonianza dell’influenza della campagna di marketing, nonché del successo dello stile “documentaristico”.
Stephen King non è un grande fan dei supereroi, ma ha visto The Flash e dice che è “sincero, divertente e strabiliante”
Quasi a ripagare la lunghissima attesa per il film, l’entusiasmo per The Flash continua a crescere. Le ultime parole incoraggianti sul film provengono dal “Re dell’orrore” Stephen King.
Lo scrittore ha dichiarato su Twitter nelle ultime ore: “Oggi ho partecipato a una proiezione anticipata di THE FLASH. Di norma non mi interessano molto i film sui supereroi, ma questo è speciale. È sincero, divertente e strabiliante. L’ho amato.”
I got an advance screening of THE FLASH today. As a rule I don't care a lot for superhero movies, but this one is special. It's heartfelt, funny, and eye-popping. I loved it.
— Stephen King (@StephenKing) May 17, 2023
Il CEO di Warner Bros. Discovery, David Zaslav, ha dichiarato all’inizio di quest’anno che anche lui “ha amato” il film e ha detto ai giornalisti che James Gunn “lo ha definito uno dei più grandi film di supereroi mai realizzati: un capolavoro”.
The Flash: la trama e il cast del film
In The Flash i mondi si incontreranno quando Barry userà i suoi superpoteri per viaggiare indietro nel tempo e cambiare gli eventi del passato. Ma quando il tentativo di salvare la sua famiglia altera inavvertitamente il futuro, Barry rimane intrappolato in una realtà in cui il generale Zod è tornato, minacciando distruzione, e senza alcun Supereroe a cui rivolgersi. L’unica speranza per Barry è riuscire a far uscire dalla pensione un Batman decisamente diverso per salvare un kryptoniano imprigionato…. malgrado non sia più colui che sta cercando. In definitiva, per salvare il mondo in cui si trova e tornare al futuro che conosce, l’unica speranza per Barry è ‘correre per la sua vita’. Ma questo estremo sacrificio sarà sufficiente per resettare l’universo?
Fanno parte del cast di The Flash l’attore Ezra Miller nei panni del protagonista, riprendendo dunque il ruolo di Barry Allen da Justice League, ma anche l’astro nascente Sasha Calle nel ruolo di Supergirl, Michael Shannon (“Bullet Train”, “Batman v Superman: Dawn of Justice”), in quelli del Generale Zod, Ron Livingston (“Loudermilk”, “L’evocazione – The Conjuring”), Maribel Verdú (“Elite”, “Y tu mamá también – Anche tua madre”), Kiersey Clemons (“Zack Snyder’s Justice League”, “Sweetheart”), Antje Traue (“King of Ravens”, “L’uomo d’acciaio”) e Michael Keaton (“Spider-Man: Homecoming”, “Batman”), che torna nel costume di Batman dopo oltre 30 anni.
Stephen King elogia la nuova serie horror Teacup, paragonandola a From e Lost
Stephen King condivide le sue lodi per l’imminente serie horror Teacup, paragonandola a Lost e alla serie MGM+ From. Il trailer di Teacup, che debutterà tra poche settimane, ha mostrato in anteprima lo show prodotto da James Wan, che anticipa un mistero terrificante. Anche se la storia sembra iniziare con una nota di sole, non passa molto tempo prima che i sinistri colpi di scena inizino a tagliare l’esterno perfetto.
In vista del debutto di Teacup su Peacock, con i primi due episodi in uscita il 10 ottobre, King ha postato un’entusiastica approvazione della serie su X/Twitter. Il leggendario autore ha condiviso il suo sostegno a varie serie, essendo uno dei primi sostenitori di From , che da allora è diventato un successo relativamente forte. King definisce la serie “strana, inquietante, claustrofobica e spaventosa”, paragonandola al dramma giallo seminale Lost e a From.
TEACUP: If you like FROM or LOST, I think you’ll enjoy this. It’s strange, creepy, claustrophobic, and scary. Beware the Gas Mask Man. Short episodes. All killer, no filler. (Peacock–bows October 10th)
— Stephen King (@StephenKing) October 1, 2024
Cosa sapere su Teacup

La sinossi ufficiale dell’adattamento di Teacup, composto da otto episodi, non rivela molto della serie Peacock. Si parla di un gruppo di persone che devono unirsi per sopravvivere, riecheggiando le trame di Lost e From. Ma si ispira al romanzo Stringer del 1988 dell’autore Robert McCammon. Il libro segue una creatura, descritta come un male al di là di ogni comprensione. La sinossi recita: “Un gruppo eterogeneo di persone nella Georgia rurale deve unirsi di fronte a una misteriosa minaccia per sopravvivere”.
La serie è guidata dalla star Yvonne Strahovski di The Handmaid’s Tale e Scott Speedman di Grey’s Anatomy, mentre il cast comprende anche Chaske Spencer, Kathy Baker, Boris McGiver, Caleb Dolden, Emilie Bierre e Luciano Leroux. Dietro la macchina da presa, lo scrittore di Yellowstone e Chicago Fire Ian McCulloch è showrunner e produttore esecutivo insieme a James Wan, Michael Clear e Rob Hackett per Atomic Monster, oltre a Francisca X. Hu e Kevin Tancharoen per Universal’s UCP.
Stephen King elogia il remake di Salem’s Lot
Il remake ingiustamente travagliato di Salem’s Lot (Le notti di Salem) della Warner Bros rischia di finire per essere esclusi dalla lista di titoli della Major che approderanno nelle sale e potrebbe finire direttamente nel “calderone” MAX. Nonostante questo sembra che la pellicola abbia già grande fan al seguito, ovvero Stephen King.
Problemi sul lotto
Salem’s Lot (Le notti di Salem), scritto e diretto da Gary Dauberman, è stato inizialmente sviluppato per l’uscita nelle sale, ma una miriade di problemi, alcuni fuori dal suo controllo, hanno probabilmente indotto Warner Bros a programmarne un lancio direttamente in streaming sulla sua piattaforma Max.
Il film ha dovuto affrontare già diversi problemi di post-produzione che lo hanno ritardato facendogli bucare la sua uscita nel 2022. Successivamente è misteriosamente scomparso dai radar dopo aver perso la finestra di uscita nella primavera del 2023 quando Evil Dead Rise ha preso il suo posto. Attualmente Salem’s Lot (Le notti di Salem) sembra essere stato accantonato mentre la Warner Bros. cerca di capire cosa farne.
Ma il motivo principale per cui presumibilmente si sta dirigendo verso Max è lo sciopero SAG-AFTRA in corso, che ha causato una maggiore necessità di contenuti per la piattaforma streaming, quindi Salem’s Lot è diventato un titolo appetibile da spendere direttamente in streaming, ma a quanto pare non è il solo ad essere preso di mira per un debutto diretto su Max. Secondo il noto sito americano Variety, che ha ottenuto ottenuto una dichiarazione ufficiale da un portavoce della Warner Bros. al momento non c’è stata una conferma ufficiale: “Non è stata presa alcuna decisione sui futuri piani di distribuzione del film“.
Secondo il sito questo limbo nulla ha a che fare con la qualità del film e il post dello scrittore originale della storia Stephen King lo conferma. L’autore del romanzo da cui è tratto il film ha elogiato la pellicola dopo averlo visto, citando un’atmosfera da “vecchia Hollywood”.
The Warner Bros remake of SALEM’S LOT, currently shelved, is muscular and involving. It has the feel of “Old Hollywood,” when a film was given a chance to draw a breath before getting to business. When attention spans were longer, in other words.
— Stephen King (@StephenKing) November 1, 2023
Anche se un’uscita in streaming sarebbe deludente, è meglio del destino riservato ad altri progetti Warner Bros. accantonati, come Batgirl. I commenti di King sul film sono interessanti, perché Le notti di Salem ha una storia che richiede tempo per entrare nel vivo, quindi sarebbe un remake gradito.
Il remake di Salem’s Lot (Le notti di Salem) vede protagonisti Lewis Pullman, Makenzie Leigh, Bill Camp, Pilou Asbaek, Alfre Woodard e William Sadler. Racconta la storia di uno scrittore che torna nella sua città natale di Jerusalem’s Lot per scrivere una storia su una casa presumibilmente infestata e scopre che l’influenza di un vampiro corrompe la città. Il romanzo originale di Stephen King è stato pubblicato per la prima volta nel 1975 ed è stato adattato per la televisione rispettivamente nel 1979 e nel 2004.
Stephen King e il cinema: la mostra dei Mostri [FOTO]
E’ tra gli autori che maggiormente hanno ispirato il cinema. Dai suoi romanzi sono stati tratti capolavori della storia del cinema, cult generazionali e anche film da dimenticare, ma quello che accomuna tutte le storie nate dalla mente di Stephen King è il terrore, la paura di ciò che è sconosciuto e occulto, e che spesso si cela all’interno dell’uomo stesso. Ecco le foto dell’esposizione che mette in mostra i … mostri cinematografici di Stephen King: [nggallery id=478]
La mostra, organizzata da The Hero Complex King è in
California, a Los Angeles, e si intitola King for a
Day. Gli artisti esposti sono Martine Johanna, Sam
Gilbey e Zombie Yeti, ma anche altri, che
si sono ispirati alla storie del brivido di King.
Fonte: io9
Stephen Hawking: su Infinity la scienza e il cinema nella vita del grande scienziato
Stephen Hawking, fisico teorico tra i più importanti al mondo e fra gli scienziati più noti anche al mondo del cinema e della serialità televisiva, ci ha lasciato oggi all’età di 76 anni. Per celebrare la vita del luminare inglese su Infinity molti dei lavori legati alla vita del grande scienziato.
Una vera e propria forza della natura Stephen Hawking, che ha lasciato un segno non solo per i suoi risultati e meriti scientifici, anche per le sue apparizioni nel mondo della cultura pop. A favorire ciò la sua ironia e il suo innato umorismo.
Celebri sono le puntate in cui è comparso in “The Big Bang Theory” lasciando Sheldon (Jim Parsons) letteralmente senza fiato. Il fisico teorico è infatti comparso nei panni di sé stesso per incontrare il suo collega Sheldon Cooper, che considera Hawking come una vera e propria leggenda.
Nel catalogo di Infinity disponibile anche “La Teoria del tutto”, con protagonista Eddie Redmayne. Grazie a tale interpretazione nei panni dello scienziato, l’attore inglese ha vinto un Oscar come miglior attore protagonista nel 2015, anno in cui il film è stato candidato al prestigioso premio.
Uno spaccato della vita di Hawking, dalla gioventù alla vita adulta, passando per ogni fase della sua brillante carriera e della sua vita privata.
Stephen Hawking, morto a 76 anni lo scienziato della “teoria del tutto”
Si è spento, all’età di 76 anni, il professor Stephen Hawking, fisico teorico inglese, autore e direttore della ricerca presso il Center for Theoretical Cosmology presso l’Università di Cambridge. Lo ha confermato un portavoce della sua famiglia nella serata di martedì.
Hawking, specialista in cosmologia e gravità quantistica, ha introdotto il mondo a un modo completamente nuovo di pensare all’universo, in gran parte grazie alla sua pubblicazione del 1988, Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo, che ha venduto più di 10 milioni di copie e ha ispirato un documentario. Hawking è riuscito a incarnare un personaggio pubblico raro, che coniugava familiarità con il grande pubblico e eccellenza nel mondo della scienza.
Era il fisico vivente più famoso del mondo, oltre a essere anche molto decorato: era un comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico e onorato con premi come la Medaglia d’oro della Royal Astronomical Society, la Paul Dirac Medal, il Wolf Prize, il Julius Edgar Lilienfeld Prize, la Copley Medal, il Russian Fundamental Physics Prize e la Presidential Medal of Freedom.
Stephen Hawking morto a 76 anni
A questa eccellenza professionale si univa un carattere mite e ironico che gli ha permesso di avvicinarsi alla cultura pop, tanto che ha partecipato a moltissimi programmi televisivi come The Simpsons, The Big Bang Theory, Futurama e Star Trek: The Next Generation, interpretando sempre se stesso. La sua ispirazione si estese molto alla cultura popolare: David Gilmour dei Pink Floyd ha campionato Hawking per la canzone “Keep Talking” sull’album della band, Division Bell, e Philip Glass ne ha incluso una versione nella sua opera del 1992, The Voyage.
La diagnosi di Hawking, a
21 anni, di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e la storia della
sua giovinezza è stata raccontata nel film La Teoria del
Tutto del 2014 (per il quale Eddie
Redmayne ha vinto un Oscar), e ha trascorso quasi
tutta la sua vita adulta legato a una sedia a rotelle, dipendente
da un sistema vocale computerizzato per la comunicazione. Ha detto
che voleva “dimostrare che le persone non devono essere
limitate da handicap fisici purché non siano disabilitate nello
spirito” e ha mantenuto frequenti le sue apparizioni
pubbliche, a sostegno di questa tesi.
Stephen Gaghan ha riscritto One Thousand A.E. di M. Night Shyamalan
La travagliata elaborazione della sceneggiatura di One Thousand A.E. di M. Night Shyamalan sembra esser finalmente giunta alle battute finali grazie alla nuova stesura operatane da Stephen Gaghan, sceneggiatore di film come Traffic e Syriana (che Gaghan ha anche diretto).
La prima versione dello script era stata realizzata da Gary Whitta; in seguito, l’aveva riscritta Shyamalan, senza restarne soddisfatto. L’inizio delle riprese è previsto per febbraio. Nel cast, da protagonisti, Will Smith e il figlio tredicenne Jaden; interpreteranno padre e figlio che, in seguito ad un atterraggio di fortuna, si ritrovano sulla Terra mille anni dopo che il genere umano ha abbandonato il pianeta.
Fonte: Variety
Stephen Fry parla del suo Holmes
Il personaggio che Stephen Fry interpreta nel sequel di Sherlock Holmes è il fratello maggiore di Sherlock, Mycroft: “Il fratello più intelligente, ci terrei a precisare. Ma è così pigro che non è riuscito a costruirsi una reputazione pari a quella di Sherlock.”
Stephen Fry nel cast di Tomorrow
Stephen Fry (Lo Hobbit La desolazione di Smaug) si è unito ufficialmente, insieme a Paul Kayne e Joss Stone, al cast di Tomorrow, la nuova pellicola che vedrà Martin Scorsese nelle vesti di produttore, per la prima volta alle prese con una produzione completamente inglese.
Il film, che sarà diretto da Martha Pinson (che aveva già collaborato con Scorsese per The Aviator e Hugo Cabret), racconterà le difficoltà dei militari al loro ritorno dal fronte e dei loro problemi a reintegrarsi nella società. Le riprese del film sono iniziete ieri in Inghilterra. Stephen Fry riprenderà il suo ruolo del Governatore di Pontelagolungo nell’atteso Lo Hobbit La battaglia delle cinque armate, che uscirà in Italia il 17 dicembre 2014.
Stephen Frears, passaggio in India
Stephen Frears e Ben Foster presentano The Program a Roma
Dopo Philomena, dove ha diretto Judi Dench, e in attesa di vedere Florence Foster Jenkins, dove dirige Meryl Streep, Stephen Frears si è preso una parentesi sportiva con un protagonista maschio, Ben Foster, per raccontare sul grande schermo la più grande storia di sport e menzogna che il mondo abbia mai conosciuto: la vicenda di Lance Armstrong.
Frears, insieme al suo protagonista, è venuto a Roma a presentare The Program, quello che ha definito non un film sportivo ma un film su una cultura che ha in effetti creato il fenomeno Armstrong. Ma per realizzare il film c’è stato un apporto da parte del diretto interessato, il sette volte campione truffaldino del Tour de France?
Stephen Frears: “Non mi sono avvicinato a lui, perché è una persona che mente. Non so se abbia visto il film. Quello che so è che è una persona che tende a controllare, per cui sapevo che avrebbe voluto controllare anche il mio film, per questo non l’ho avvicinato”.
Diversa la risposta di Ben Foster, che ha confessato di aver tentato un approccio: “Contro i desideri di Stephen, io ho cercato di contattarlo. Per me era importante raccogliere informazioni sul ruolo e tutto poteva servirmi, ma lui non ne ha voluto sapere”.
Quando dice che per lui
era importante raccogliere materiale, Foster intende davvero una
ricerca a 360 gradi, tanto che si è addirittura sottoposto a un
“programma” di doping.
“Abbiamo avuto solo sei settimane per studiare e prepararci al film, ho imparato andare in bicicletta e non ci ero mai andato. Ho studiato l’aspetto della nutrizione, dell’allenamneto fisico e dello stile di vita, ma anche la somiglianza. Dal mio punto di vista privato, sotto stretto controllo medico, ho seguito anche un programma di doping per capire il mondo che dovevo rappresentare. Non ero mai andato in bicicletta né avevo indossato mai quelle scarpette che si attaccano ai pedali. Ho imparato tanto e quello che ho capito è che il doping funziona. Ha cambiato il mio corpo rapidamente. Il doping insieme a un programma di allenamento e alimentazione ti permette di andare oltre i tuoi limiti. E non è difficile seguire il programma, è difficile smettere. Per me c’è voluto un po’ di tempo per abituarmi a smettere, sotto strettissima assistenza medica”.
Frears ha insistito sulla natura del film, non un biopic ma un crime in cui si indaga una truffa spaventosa, che il regista ha paragonata a quella attuale di Volkswagen, un gigantesco caso di corruzione. “Una volta voi italiani li facevate i film sulla corruzione – ha poi continuato il regista – penso a Il caso Mattei, Salvatore Giuliano, Le mani sulla città, Cadaveri eccellenti”.
E l’opinione personale che Foster e Frears hanno su un personaggio così controverso?
“Armstrong per me è
stato sia molto intelligente che molto stupido. Ha sconfitto il
cancro, ha aiutato le persone a combattere la malattia. Poi c’era
l’altra cosa, era un santo è un diavolo allo stesso tempo” ha
dichiarato Frears. Mentre Ben Foster è più tenero
nel giudizio: “Dobbiamo ricordare che nell’epoca in cui Lance
correva, tutti mentivano. Tutti imbrogliavano. Magari su 18
corridori solo 1 non mentiva. Verso di lui ho dei sentimenti
complicati. In fondo ha raccolto moltissimi soldi per la ricerca
contro il cancro e penso che questo sia stato per lui un impegno
sincero. Non tutto ciò che ha fatto non era sincero. Il film fa
un’accusa alla società che ha creato personaggi come
Armstrong”.
Stephen Frears dirigerà il biopic su Freddie Mercury?
Stephen Dorff spara a zero su Black Widow: “Sono imbarazzato per Scarlett!”
Nonostante abbia preso parte al primo Blade uscito nel 1998, Stephen Dorff non sembra essere un fan dei film basati sui fumetti, in particolare né del MCU né di Black Widow.
In una recente intervista con Independent, infatti, l’attore statunitense – che nel 2019 è stato protagonista della terza stagione di True Detective – ha parlato della sua carriera e ha spiegato che mai e poi mai accetterebbe di prendere parte ad un film di supereroi, tirando in ballo proprio il cinecomic con protagonista Scarlett Johansson.
“Continuo ad andare a caccia di roba buona perché non voglio partecipare a film come Black Widow. Secondo me è spazzatura”, ha dichiarato Dorff senza troppi giri di parole. “Sembra un brutto videogioco. Provo imbarazzo per quelle persone. Provo imbarazzo per Scarlett! Sono sicuro che sia stata pagata cinque, sette milioni di dollari, ma provo comunque imbarazzo. Non voglio prendere parte a quei film, davvero. Preferisco trovare un regista alla prime armi che forse diventerà il prossimo Kubrick e recitare per lui.”
Chiaramente, questa non è la prima volta che un membro dell’industria di Hollywood si scaglia contro i film di supereroi, con i commenti di Martin Scorsese del 2019 che hanno fatto in qualche modo da apripista ad una tendenza che, di lì a poco, sarebbe diventata molto diffusa.
Sarebbe interessante capire se Dorff pensa lo stesso anche della sua esperienza con Blade e, soprattutto, se si è fatto un’idea in merito all’annunciato reboot dei Marvel Studios che avrà come protagonista Mahershala Ali, con cui ha lavorato proprio nella sopracitata terza stagione di True Detective…
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La regia di Black Widow è stata affidata a Cate Shortland, seconda donna (dopo Anna Boden di Captain Marvel) a dirigere un titolo dell’universo cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è stata riscritta nei mesi scorsi da Ned Benson (The Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme a Scarlett Johansson ci saranno anche David Harbour, Florence Pugh e Rachel Weisz. Il film arriverà nelle sale il 7 luglio e su Disney+ con Accesso Vip il 9 luglio.
In Black Widow, quando sorgerà una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni prima che diventasse un membro degli Avengers.
Stephen Dorff nel prequel di Non aprite quella porta
Stephen
Dorff in trattative per interpretare il ruolo del ranger
Hal Hartman in Leatherface, prequel di
Non aprite quella porta, affidato alla
regia dei francesi Julien Maury e
Alexandre Bustillo. L’ottavo capitolo del
franchise (l’ultimo film – Non aprite quella porta
3D di John Luessenhop – è del 2013)
vedrà un giovane e violento Jedidiah Sawyer fuggire assieme ad
altri pazienti dall’ospedale psichiatrico in cui è rinchiuso e
rapire una malcapitata infermiera. A sua volta, il gruppo sarà
seguito da uno squilibrato, un uomo di legge in cerca di
vendetta.
La sceneggiatura, che racconterà i
fatti precedenti al primo Non aprite quella
porta diretto da Tobe Hooper nel
1974, è scritta da Seth M. Sherwood e il film è
prodotto da Christa Campbell Lati Grobman e
Carl Mazzocone, già produttori del film di
Luessenhop.
Nel cast della pellicola per ora confermati Angela
Bettis (Carrie), Sam
Strike (EastEnders) e
James Bloor (Hansel &
Gretel).
Stephen Dorff, che sugli schermi italiani è comparso l’ultima volta con The Motel Life (premiato al Festival internazionale del Cinema di Roma nel 2012), ha appena finito di girare American Hero, scritto e diretto da Nick Love (The Sweeney, The Football Factory).
Fonte: Deadline
Stephen Dorff chiede scusa per i suoi commenti su Black Widow e Scarlett Johansson
All’inizio del mese, l’attore Stephen Dorff (Blade, Immortals, True Detective) aveva parlato del suo scarso interesse nei confronti dei cinecomics, sparando a zero su Black Widow e definendo il film con Scarlett Johansson una sorta di “brutto videogioco”.
“Continuo ad andare a caccia di roba buona perché non voglio partecipare a film come Black Widow. Secondo me è spazzatura”, aveva dichiarato Dorff senza troppi giri di parole. “Sembra un brutto videogioco. Provo imbarazzo per quelle persone. Provo imbarazzo per Scarlett! Sono sicuro che sia stata pagata cinque, sette milioni di dollari, ma provo comunque imbarazzo. Non voglio prendere parte a quei film, davvero. Preferisco trovare un regista alla prime armi che forse diventerà il prossimo Kubrick e recitare per lui.”
Adesso Dorff sembra essere tornato sui suoi passi, ammettendo di essersi “sentito in colpa” per quello che ha detto su Johansson durante una recente intervista con TMZ. “Adoro Scarlett. Penso che le mie parole siano state estrapolate dal contesto, ma è una grande attrice”, ha chiarito l’attore. “Ho sentito che diventerà mamma, quindi le auguro il meglio. È una vecchia amica, quindi mi sono sentito in colpa per quei commenti. Penso che mi abbiano beccato in un momento particolare, ma mi sono sentito davvero in colpa. A volte succede.”
Dorff ha però ribadito di non essere un grande fan dei film di supereroi, e di non aver ancora visto Black Widow. “Non vado a vedere quel genere di film”, ha aggiunto. “Mi è piaciuto Iron Man. Mi piace quando diventano un po’ più dark… ho adorato Joker, ad esempio. Non vedo l’ora che arrivi il nuovo Batman, il film di Matt Reeves.”
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La regia di Black Widow è stata affidata a Cate Shortland, seconda donna (dopo Anna Boden di Captain Marvel) a dirigere un titolo dell’universo cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è stata riscritta nei mesi scorsi da Ned Benson (The Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme a Scarlett Johansson ci saranno anche David Harbour, Florence Pugh e Rachel Weisz. Il film arriverà nelle sale il 7 luglio e su Disney+ con Accesso Vip il 9 luglio.
In Black Widow, quando sorgerà una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni prima che diventasse un membro degli Avengers.
Stephen Daldry: l’uomo delle nomination
Stephen Daldry è un uomo di teatro, un produttore, con una carriera relativamente breve da regista cinematografico. Ma coi suoi 4 film finora si è sempre (solo) guadagnato delle nomination all’Oscar. La ragione di questo, checché si dica delle pellicole, alcune delle quali hanno suscitato e suscitano dibattiti e talvolta aspre critiche e polemiche, va ricercata nella sua capacità di fondere le vicende private, personali dei protagonisti su cui si sofferma il suo acuto sguardo, approfondendole e facendo appassionare ad esse lo spettatore, con la dimensione pubblica, lo sfondo storico sociale di quelle storie, che finisce per essere in qualche misura protagonista e non resta mai esclusivamente uno sfondo.
È stato questo, ad esempio, uno dei punti di forza del suo esordio cinematografico: Billy Elliot, che inquadrava perfettamente la vicenda personale del piccolo Billy, in lotta per diventare un ballerino contro il volere della sua famiglia di minatori, nel contesto sociale dell’Inghilterra thatcheriana degli anni ’80. Ma in altri casi, per questo è stato anche criticato. C’è chi lo ha accusato di utilizzare la leva dei sentimenti per “ammorbidire” il giudizio storico sull’Olocausto col suo The Reader, e chi ha definito eccessivamente retorico il suo sguardo nell’ultima fatica Molto forte, incredibilmente vicino, nonché poco rispettoso nell’accostarsi a un evento tragico della nostra storia recente come l’11 settembre. Ad ogni modo, questo gentleman inglese di cinquantun anni è riuscito nella non facile impresa di conquistare l’Academy di Hollywood, che gli ha sempre riservato un posto in lizza per gli Oscar, tributandogli un indiscusso riconoscimento. Ed è anche grazie a lui se due talentuose attrici come Nicole Kidman e Kate Winslet hanno potuto stringere tra le mani l’ambita statuetta hollywoodiana.
Stephen Daldry e il teatro
Gli inizi della carriera di Stephen Daldry, inglese del Dorset, sono tutti teatrali. Dopo la laurea all’università di Sheffield, infatti, dirige spettacoli in numerosissimi teatri inglesi, fino ad approdare, nel 1992, al londinese Royal Court Theatre, che dirigerà per molti anni. Alcuni dei suoi spettacoli approdano anche a Broadway, come accade per An Inspector Calls , che tra ’93 e ’94 gli frutta il Laurence Olivier Award, il Drama Desk Award e il Tony Award come miglior regista teatrale. E poi con altri successi come Via Dolorosa, mentre il nome di Daldry comincia a risuonare in tutto il mondo. In Inghilterra è anche al Gate Theatre e al Royal National Theatre, dove ottiene grande riscontro di critica e pubblico con Machinal.
Nel 2000, dopo il cortometraggio Eight, arriva l’esordio cinematografico vero e proprio, che rivela sensibilità e acutezza del regista inglese. Billy Elliot è uno riuscitissimo esordio, che diventa anche un piccolo caso cinematografico. Ottiene il BAFTA Award come miglior film e nomination all’Oscar per la regia di Stephen Daldry, per l’attrice non protagonista (Julie Walters) e per la sceneggiatura di Lee Hall. Il film è così fortunato che Daldry deciderà di portarlo anche nei teatri sotto forma di musical. Riscuoterà ancora un grande successo, vincendo il Tony Award nel 2009 e sbarcando a Broadway. Ciò che ha fatto la fortuna di questa pellicola, che potremmo definire un piccolo capolavoro, è proprio l’abile connubio di cui abbiamo parlato in apertura.
Tanti infatti i temi che vengono affrontati grazie alla doppia prospettiva individuale e sociale: la forza della passione che porta a realizzare ciò che sembrava irrealizzabile (in questo caso la passione è quella di Billy per la danza); la libertà individuale e la possibilità di emancipazione, contro ogni determinismo sociale; il tema dell’omosessualità e del pregiudizio all’interno delle piccole comunità, anche della civilissima Inghilterra; una riflessione sulla necessità di trovare nuove strade, quando un modello sociale ed economico (come quello dell’Inghilterra fatta di industrie e miniere, prima dell’era Thatcher) entra in crisi; le contraddizioni e le difficoltà messe in luce da questa crisi. Per raccontare tutto ciò, Stephen Daldry si avvale di un’ottima sceneggiatura, di un giovane e talentuoso protagonista come Jamie Bell, di una grande attrice inglese come Julie Walters, che interpreta la maestra di danza di Billy, colei che lo incoraggerà a seguire la sua passione, ma anche di un bravissimo Gary Lewis, nel ruolo del padre. La colonna sonora a base di Clash e quant’altro sia attinente all’epoca e al tema trattato fanno il resto, permettendo a Daldry di confezionare una commedia godibilissima e che fa riflettere al tempo stesso.
Il drammatico e toccante The Hours
Due anni dopo il regista del Dorset tenta il bis con un’operazione ambiziosa: la trasposizione cinematografica di un romanzo di Michael Cunningham da cui trae il drammatico e toccante The Hours: tre donne in epoche diverse, accomunate da un libro, Mrs. Dalloway, e non solo, sono il pretesto per riflettere sulla condizione femminile, ma più in generale su ciò che accade quando l’esistenza che conduciamo non ci soddisfa più, ci sentiamo schiacciati da essa, oppressi da ruoli che interpretiamo, ma che non ci appartengono. Le tre protagoniste della pellicola si trovano quindi a fare scelte importanti, in un contesto sociale che non sembra aver subìto grandi mutamenti nel corso dei decenni. Si tratta di Nicole Kidman nei panni della scrittrice Virginia Woolf, in un’interpretazione che le vale l’Oscar, di Julianne Moore che interpreta Laura, mentre una Meryl Streep sempre in ottima forma è Clarissa. Tutte e tre le attrici ottengono l’Orso d’Oro a Berlino e l’operazione può considerarsi ottimamente riuscita. Per Daldry un’altra nomination all’Oscar come miglior regista.
Fa molto discutere, coniugando ancora una volta grandi eventi storici e “piccole” storie private il successivo The Reader, che pone al centro la vicenda di un adolescente e la sua storia d’amore con una donna vent’anni più grande di lui, ma tratta anche il tema dell’Olocausto. Nella seconda parte del film, infatti, la donna, Hanna/Kate Winslet, si scopre essere una ex SS, che deve subire un processo per la morte di trecento ebrei. Dunque una realtà complessa che ha per protagonisti personaggi altrettanto complessi, di cui Stephen Daldry indaga le molte sfaccettature e ci mostra l’evoluzione nel tempo. Hanna è allo stesso tempo donna avvinta da passione per il giovane Michael, come per i libri; ma anche aguzzina, assieme ad altre colleghe, di trecento donne ebree; e poi ancora vittima di un sistema che fa di lei il capro espiatorio (le colleghe del campo fanno in modo che ogni responsabilità cada su di lei); e donna schiacciata da sensi di colpa e debolezze. Kate Winslet le dà corpo magistralmente, meritando senza dubbio la statuetta che le viene assegnata dall’Academy, così come il Golden Globe e l’EFA. L o stesso Michael, interpretato da David Kross (e, da adulto, da Ralph Fiennes) è un personaggio con luci ed ombre: si lascia prendere dalla passione per questa donna, che sembra amare, ma allo stesso tempo è colui che può scagionarla e sceglie di non farlo. È in un certo senso un altro percorso di formazione, come era stato quello di Billy Elliot, seppur in un contesto del tutto diverso. Grande Storia e storie di singoli individui, ma siamo in ogni caso di fronte a un film e ad un regista che senza dubbio vogliono farci riflettere, come già era accaduto in passato, e restituirci una realtà che va oltre ogni rigido schematismo, tornando ad affrontare ancora una volta, con sguardo problematico, il tema dell’Olocausto. Anche stavolta arriva per Daldry la nomination all’Oscar come miglior regista, ma il nostro non acciuffa il premio.
Nel 2011 Stephen Daldry, non pago delle sfide raccolte finora, decide di cimentarsi con un altro grande evento tragico della nostra storia, l’attentato alle Torri Gemelle di New York l’11 settembre. E per farlo sceglie la chiave che ormai conosciamo. Protagonista del suo Molto forte, incredibilmente vicino, ancora tratto da un testo come i due lavori precedenti, è un ragazzino, Oskar/Thomas Horn, che si trova alle prese con quanto di più difficile e doloroso ci sia da accettare nella vita, specie se si è così giovani: la morte del proprio genitore. Infatti il padre di Oskar, interpretato da Tom Hanks, è morto proprio nelle Torri l’11 settembre. Dunque, un pezzo importante di storia, visto attraverso la lente di un percorso individuale, di un’esperienza formativa di crescita per un giovane ragazzo. Il film, presentato fuori concorso al Festival di Berlino e poi candidato agli Oscar come miglior pellicola e per la migliore interpretazione da non protagonista (Max Von Sydow), è stato tacciato da alcuni di eccessiva retorica e di solleticare un po’ troppo le corde sentimentali dello spettatore, anche potenziando il riferimento all’11 settembre rispetto al romanzo di Jonathan Safran Foer da cui la pellicola è tratta. Staremo a vedere quale sarà il giudizio del pubblico italiano, che la vedrà in sala dal prossimo 23 maggio.
Stephen Daldry: intervista al regista di Trash
E’ il regista delle grandi attrici, colui che consegna sempre alle dive del mondo del cinema ruoli che le porteranno lontano, come possono confermare Nicole Kidman e Kate Winslet, ma questa volta, Stephen Daldry sposta l’attenzione dalle storie di uomini e donne ambientate (prevalentemente) in Europa e va oltreoceano, in Brasile, per raccontarci Trash, un’avventura emozionante e divertente che vede protagonisti tre ragazzini delle favelas di Rio De Janiero. ma quanto ci è voluto a Daldry per trovare i giusti protagonisti in una realtà così caotica?
“Scegliere le location per il film è stato un processo molto lungo. Siamo stati in Brasile e nelle Filippine, perché sono i Paesi dove la scrittrice del libro da cui è tratto Trash è stata in questi posti, ma il Brasile ci è sembrata la scelta migliore. Per trovare i tre protagonisti ci abbiamo messi davvero tanto tempo e ci siamo fatti aiutare da Fernando Meirelles che ha organizzato diversi workshop di cinema e recitazione con i ragazzi del posto. Alla fine abbiamo trovato questi tre ragazzini, il che è stata una vera benedizione perché sono persone così positive, allegre e coltivano una grande speranza e un radicato senso di giustizia. Ci abbiamo messo davvero tanto a sceglierli perché volevamo essere sicuri che fossero quelli giusti.”
La location
principale del film è una grande discarica, dove lavorano i piccoli
protagonisti. Come è stata scelta proprio quella
discarica?
“Girare nelle discariche reali non sarebbe stato possibile, sarebbe stato troppo pericoloso, ci sono un sacco di rifiuti tossici e ospedalieri, così abbiamo costruito una discarica appositamente per il film, un set completo.”
I ragazzini protagonisti sono una vera forza della natura, oltre ad essere estremamente credibili nella parte. Come si sono approcciati al progetto essendo non professionisti?
“I tre ragazzi sono cresciuti in un ambiente normale, nonostante vivano spesso in condizioni difficili il senso di normalità con cui vive queste persone è davvero straordinario. Anche in condizioni complicate, che spesso si trovano ad affrontare, loro si trovano comunque a professare un senso di giustizia molto forte, sanno ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e hanno chiaro il cambiamento che vogliono per il loro Paese. Bisogna fare molta attenzione a raccontarli sul grande schermo, perché per loro, nonostante le difficoltà, la loro realtà è bellissima e quindi pur mostrando la realtà dei fatti, spesso molto violenta, non dovevo assolutamente giudicare quello che raccontavo. Il film è una favola avventurosa e alla fine parla di problemi concreti, di come questi ragazzi vorrebbero cambiare il loro Paese, e non era una cosa che era in sceneggiatura ma l’ho tenuta, perchè loro volevano parlarne.”
Avete girato il film durante un periodo di relativa instabilità a Rio. Vi siete mai sentiti in pericolo?
“No, non è stata un’esperienza rischiosa. Ho passato dei giorni magnifici, soprattutto perché ho lavorato in un modo molto diverso con la troupe completamente brasiliana. Hanno un approccio completamente diverso al lavoro. Sono molto creativi.”
Il film vede tra gli interpreti anche due attori di spicco del panorama hollywoodiano, Rooney Mara e Martin Sheen. Entrambi si sono lasciati coinvolgere anche se il loro ruolo nel film era molto piccolo.
“Sì, entrambi sono molto impegnati nel sociale e nelle attività umanitaria. Per loro è stato interessante, anche perchè si sono approcciati ad una realtà che ha richiesto semplicemente la loro presenza in scena.”
Trash racconta una realtà dura. E’ un film di impegno sociale?
“Abbiamo voluto ambientare tutto nel contesto più realistico possibile, ma si tratta comunque di una favola, di un film d’avventura per ragazzi che tocca inevitabilmente argomenti di impegno sociale.”
Stephen Colbert e l’intervista con il drago Smaug [video]
In occasione della presentazione de
Lo Hobbit la Battaglia delle Cinque
Armate il drago Smaug si è prestato ad un’intervista
con Stephen
Colbert che già in passato avevadimostrato il suo
attaccamento al franchise.
Ecco il video dell’intervista:
Stephen Colbert avrà un cameo nella trilogia de Lo Hobbit
Stephen Amell: 10 cose che non sai sull’attore
Protagonista dal fisico e dalle abilità eccezionali di Arrow, Stephen Amell è in circolazione da un bel po’. Ha recitato in The Vampire Diaries, Beautiful People, Heartland, CSI e NCIS, 90210, Hung – Ragazzo Squillo, New Girl, Private Practice, The Flash, Legends of Tomorrow, e molto altro. Cosa non sapete su di lui? Ecco dieci curiosità su Stephen Amell.
Stephen Amell in The Vampire Diaries
1. Stephen Amell ha mancato
due ruoli in The Vampire Diaries. Inizialmente, aveva
fatto l’audizione per il ruolo di Mason Lockwood, e poi per quello
di Elijah. Entrambe le volte, fu preso in considerazione, per poi
essere però scartato. Ma riuscì ad entrare nel cast del telefilm,
quando fu scelto per il ruolo del lupo mannaro Brady nella seconda
stagione.
Stephen Amell: fisico
2. Stephen Amell: il fisico e il body-shaming. Stephen Amell è famoso per il proprio fisico, per la propria forza, e per la capacità di sottoporsi costantemente ad allenamenti intensissimi per mantenere una forma smagliante, soprattutto per Arrow. Ad un certo punto, però, una fan dell’attore ha commentato una fotografia nella quale l’attore sembra avere un po’ di “pancetta”, e in modo offensivo: “Questo non è il mio Oliver Queen, lui non è così grasso. Rimettiti in forma”. Ovviamente, Stephen Amell, su Twitter, si è difeso dicendo: “Quindi, mi prendo due mesi di pausa dopo aver lavorato senza sosta dal luglio 2014 fino all’aprilo 2017… Una fotografia compare su internet… E le persone mi scrivono sulla timeline per prendere in giro la mia pancia in una foto a distanza. A chi pensate di stare scrivendo?”
3. Stephen Amell ha interpretato un prostituto. Se pensate che, in Arrow, Stephen appaia molto spesso senza maglietta, sappiate che non è niente in confronto a Hung, lo show televisivo nel quale Stephen Amell ha sfoggiato il proprio fisico parecchie volte nel corso di dieci puntate. Ovviamente, le scene di sesso facevano parte del contratto: già dal primo giorno sul set.
Stephen Amell: Instagram e Twitter
4. Stephen e i social media. Su Twitter, lo trovate come @StephenAmell, e ha 2.35 milioni di follower. Anche l’account certificato di Stephen Amell su Instagram si chiama @stephenamell. Qui, l’attore ha al momento 5.2 milioni di follower. Sul profilo, vediamo tante (tantissime) foto dell’allenamento di Stephen Amell (più o meno quotidiano, nonché tante di momenti passati con gli amici e scatti adorabili con la figlia.
Stephen Amell: Facebook e la causa LGBT
5. Stephen Amell su Facebook e il Pride. Nel 2017, Stephen Amella a Vancouver quando l’annuale Pride ebbe luogo: lui non mancò di partecipare insieme alla moglie Cassandra e postò tantissime fotografie su Facebook. Ma i commenti negativi e assurdi cominciarono ad arrivare. Lui, però, ha risposto con un post a parte, dicendo di essere sorpreso dalla quantità di messaggi negativi e di odio. E ha chiesto agli autori di andare a “stare dalla parte sbagliata della storia” da un’altra parte.
6. Stephen Amell fa tantissima beneficienza. Supporta attivamente diverse cause e diverse associaizoni, tra cui F**k Cancer. è qui che va a finire la maggior parte del ricavato della sua azienda vinicola. Non solo: Stephen a prestato la propria faccia per realizzare delle magliette, poi vendute con lo scopo di raccogliere fondi per l’organizzazione. Ha lanciato, poi, una campagna per le due associazioni Stand For Silence e Paws&Stripes. insieme ad una nuova parola: “sinceriously” (“sinceriamente”), e significa “la capacità di parlare apertamente, in materia aperta e onestamente, di qualsiasi cosa”. A detta sua: cosa c’è di maglio per far parlare le persone di una parola nuova?
Stephen Amell: Arrow
7. Stephen Amell in
Arrow: il tic di Oliver.
Amell ha dato molto al ruolo di Oliver Queen in Arrow,
soprattutto per quanto riguarda le differenze tra i due. Uno dei
modi nei quali l’attore ha sottolineato la duplicità del
personaggio, è stato attraverso un tic delle mani. È un movimento
che arriva all’improvviso, uno scatto con il quale le mani si
muovono come per allungarsi a prendere una freccia. Amell ha
confermato che questo tratto appartiene solamente ad Oliver, ed è
stato una sua idea: quando il personaggio è stressato o non a suo
agio, l’azione ha l’effetto di calmarlo, sottolineando quanto sia a
proprio agio nei panni di Arrow piuttosto che in quelli di Oliver
Queen.
8. Stephen Amell e Arrow: i supereroi sono di famiglia. Se avete visto The Flash, avrete notato che c’è un tizio che assomiglia molto a Stephen Amell: ecco, è proprio lui. E l’altro tizio che assomiglia a lui chi è? È suo cugino Robbie, che nello show interpreta Ronnie/Firestorm. A quanto pare, i due sono cresciuti insieme, erano molto vicini, e dei campioni di beer pong.
Allenamento di Stephen Amell
9. L’allenamento di Stephen Amell in Arrow è reale. L’attore si è preparato come si deve per il rule di Oliver Queen, e molte delle sequenza d’allenamento fatte da Stephen Amell sono reali (inclusa la routine di esercizio che vediamo nel primo episodio”. “È uno dei momenti più discussi del pilot”, ha raccontato Guggenheim all’Huffington Post. Stephen Amell è diventato un tale fenomeno dell’esercizio chiamato “salmon ladder”, da partecipare ad America Ninja Warrior, completando il difficilissimo percorso senza problemi.
10. A proposito di allenamento, Stephen Amell è istruttore di spinning. Stephen Amell ha un fisico incredibile, ma non solamente grazie ad Arrow. All’inizio della carriera, infatti, per guadagnarsi da vivere l’attore faceva anche l’istruttore di spinning. Ora che è famoso, riceve parecchi messaggi sui social media da parte di vecchi allievi. Ed è stato istruttore anche sullo schermo, per la serie del 2004 Queer As Folk.
Fonti: hmv, Mental Floss, UpWorthy, WhatCulture
Stephen Amell sul ring mette KO Stardust [video]
Provocato dal wrestler Stardust, Stephen Amell ha fatto irruzione sul ring del WWE Monday Night Raw e ha messo KO l’avversario.
Tutto è cominciato quando Stardust si è avvicinato a Amell, durante un incontro tra Neville e King Barrett e l’ha provocato, picchiandolo sul viso. La risposta dell’attore è stata immediata. Il wrestler aveva tempo fa minacciato la star di Arrow e Amell, via social, l’aveva sfidato a uno scontro. L’occasione è stata anche ghiotta per fare un po’ di pubblicità allaprossima stagione di Arrow, in questi giorni in lavorazione.
Stephen Amell spiega perché “non ha apprezzato” la battuta su Arrow in PEACEMAKER
Stephen Amell ha spesso parlato candidamente di come ritiene che all’Arrowverse non sia stato dato il rispetto che meritava da parte della Warner Bros. La serie di show televisivi DC della CW non è mai stata incorporata nel DCEU e alla fine ha raggiunto una fine senza cerimonie con le cancellazioni di Batwoman e Legends of Tomorrow.
Nella prima stagione di Peacemaker, il Christopher Smith di John Cena ha preso a male parole diversi supereroi DC, tra cui Freccia Verde. Confermando di non essere un fan dell’Arciere di Smeraldo, l’ex membro della Task Force X ha detto: “Quel tizio va alle convention dei brony vestito come la metà posteriore di Twilight sparkling con un buco del culo largo quattro pollici trapanato nel costume”.
Amell ha chiarito di non aver apprezzato la battuta quando l’episodio è andato in onda e ha ribadito la sua frustrazione durante una recente intervista con Chris Van Vliet.
“È stato un po’ inutile. Non l’ho apprezzato per niente”, ha esordito l’attore. “Ok, lo dico chiaro e tondo. C’è stato un tale… tra i film e Peacemaker un po’… il nostro show è stato trattato come una merda. Lo capisco, siamo sulla CW, lo capisco, è la TV”.
“Ma capisco anche il fatto che quando la gente pensa alla più recente iterazione della DC, non pensa allo Snyder Cut – pensa all’Arrowverse”, ha continuato Amell. “Siamo stati presi per il culo per anni, e anni, e anni, e questo mi è sembrato eccessivo. Non sono arrabbiato, ma ricordo di aver sentito questa frase e di aver pensato: ‘Fanculo a quei ragazzi’, sul serio”.
Cosa ha detto Stephen Amell su James Gunn ?
Nonostante queste ovvie frustrazioni, Amell ha tenuto a precisare che non ha alcun problema con Cena. James Gunn invece? “Se dovessi essere arrabbiato con qualcuno, dovrebbe essere James Gunn per aver scritto quella storia. Ma [Cena] non potrebbe essere un ragazzo più gentile. Non è una vendetta personale contro [Cena]”.
La sensazione è che la star di Arrow abbia preso la cosa un po’ troppo sul serio, soprattutto quando Aquaman è stato un altro bersaglio frequente degli insulti di Peacemaker. La differenza, ovviamente, è che Jason Momoa ha fatto un cameo nel finale, mentre Amell è stato lasciato a languire su The CW.
Potete vedere l’intervista completa ad Amell nel player sottostante.