L’esperimento sociale di Gabriele
Salvatores, su impronta di Ridley Scott, ha prodotto uno dei film
che più mette d’accordo il Lido, tra giornalisti contenti
(finalmente) e pubblico in lacrime. Italy in a
Day di Salvatores sembra davvero aver messo d’accordo
tutti e anche il regista ne sembra felicemente consapevole: “La
commozione non è quello che cercavamo – ha infatti dichiarato
il regista di Mediterraneo – ma
questa cosa che tutti dicono ‘mi sono commosso’ mi ha fatto pensare
che probabilmente quando si tocca la realtà veramente con sincerità
e senza troppe costruzioni, le cose arrivano direttamente al cuore.
Evidentemente i temi affrontati dalle persone che ci hanno mandato
i video sono argomenti che toccano tutti, quindi credo che ognuno
si sia fatto il suo montaggio interno. Questo mi fa pensare che il
racconto della realtà oggi lo fanno meglio i mezzi moderni, dalla
tv al web e la rete. Sono imbattibili. Qual è il compito del cinema
oggi? Possiamo raccontare la realtà incollaborazione con i mezzi
moderni e il cinema dovrebbe prendersi il suo potere di rievocare
fantasmi, qualcosa che è dentro di noi e dagli una forma.”
Cosa ha fatto commuovere il
regista, guardando i filmeti che sono arrivati?
“Il film si chiude con
un’immagine di Napoli in Piazza Plebiscito con tre suonatori
ambulanti che suonano la musica di C’era una Volta in America di
Sergio Leone, e dietro la chiesa si intravedono leprime case dei
quartieri spagnoli e si vede la casa dove sono nato. Io non so come
mi sia arrivato questo video, ma non potevo non montarlo.”
Guardando al film si pensa alla
frase di Mazzacurati: Ogni persona che
incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii
gentile. Ci ha pensato?
“A Carlo
Mazzacurati devo tantissimo. Non solo eravamo amici ma,
forse non tutti lo sanno, il primo film che mi ha fatto conoscere,
Marrakech Express, era scritto anche da Carlo e
doveva dirigerlo lui ma poi per problemi con la produzione la cosa
non è andato in porto. Allora quando l’hanno proposto a me l’ho
chiamato e lui mi ha risposto ‘ potrei rompere un po’ i coglioni,
ma siccome non mi fanno fare il film, fallo tu’.”
Il regista, gentile e prodigo in
dichiarazioni e spiegazioni in merito al suo film, e in generale
sulle condizioni dell’Italia che è rappresentata in Italy in a Day,
ha anche esposto le sua idea sulla cosiddetta ‘depressione’ che sta
attanagliando sempre più il nostro paese.
“C’è chi dice che viviamo in
un’Italia depressa. Credo sia un eufemismo, il vero problema che
stiamo vivendo adesso è l’indifferenza che è una malattia
pericolosa perchè la crisi economica ha fatto nascere molte paure
che erano in parte sopite, quindi ognuno sta pensando a curareil
proprio orticello. Non è un caso che nel film, se dividiamo il
mondo in ricchi e poveri, non ci sono video di ricchi. Come se non
ci fossero in Italia.”
Nel film ci sono delle
scene di nascita, hanno forse un significato simbolico? Di una
speranza che nonostante tutto esiste?
“Si, ci abbiamo pensato molto e
abbiamo cercato di inserire gli episodi più spiritosi legati alle
nascite. Diciamo che le nascite sono una delle metafore che si
leggono nel film, l’altra è l’Etna, questo vulcano che ha deciso di
aprire un nuovo cratere proprio il 26 ottobre. E’ qualcosa che
ribolle sotto e a me fa pensare al fuoco, ad un’energia. Come il
viaggio di quel ragazzo dentro una nave container che è allucinante
e probabilemtne lo porterà a qualcosa di nuovo.”
I video che sono stati
montati sembrano non considerare del tutto la situazione di rabbia
e malcontento che si vive in Italia.
“Mi aspettavo più rabbia nei
video, invece no. Quello che si vede nel film è in proporzione
tutto ciò che ci è arrivato. Sulle posizioni politiche e sulla
presa diretta sulla realtà sociale siamo invasi da molte
trasmissioni d’inchiesta e talk show, i giornali. Forse, penso, che
nel momento in cui chiedi ad una persona di filmare la tua
giornata, gli viene naturale parlare di se stesso e non della
situazione sociale. C’è un ragazzo nel film che è incazzato,
c’erano delle domande che gli sono state fatte su cose generiche,
su lavoro, amore e futuro, e lui ‘ma quale futuro e d’amore, qua è
il lavoro che serve’. Infatti nel film ci sono tanti giovane e
tanti anziani, come se la fascia di mezzo del Paese, quella
produttiva, non avesse voglia di condividere.”
Qual è stato il riscontro
di Ridley Scott?
“E’ stato molto gentile, ci ha
augurato buona fortuna all’inizio, e ci ha scritto due righe molto
carine in cui diceva che la strada intrapresa di rimanere legati
alle storie delle persone era molto bella e molto italiana. Infatti
mi aspettavo di dover fare una specie di Blob, invece per fortuna è
diventata, per dire, una lunga seduta di psicoanalisi collettiva.
Dai video che mi sono arrivati mi è sembrato che l’italiano vuole
essere ascoltato. Sono contento di quello che è venuto fuori, mi
aspettavo altro. Alla fine devi avere una consapevolezza della
storia che stai raccontando e in questo rivendico il mio lavoro,
non potevamo mettere cose che sarebbero state inutili.”
E la presenza
dell’astronauta italiano Luca Parmitano?
“E’ una persona spiritosissima,
e sapevo che era in contatto con diversi giornali e tv. Così gli
abbiamo chiesto di mandarci qualcosa della sua giornata. Mi piaceva
l’idea di avere un italiano che gira intorno al mondo, uno che lo
attraversa in mare e una ragazza che invece sceglie di rimanere
sotto le lenzuola tutto il giorno.”