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L’altra rivoluzione: recensione del film

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Attraverso un intreccio di fotografie, filmati d’epoca e paesaggi soleggiati dell’Italia del sud, Raffaele Brunetti, regista e produttore di questo documentario, insieme a Piergiorgio Curzi, ritrae una parte dell’esistenza del grande scrittore Maksim Gorkij: il suo periodo a Capri. E’ qui che passerà il suo esilio, dopo i forti disordini verificatisi in Russia contro il potere autocratico dello Zar, e sarà letteralmente incantato e rapito dalla bellezza dell’isola. Gorkij si circonderà di eminenti compatrioti anche loro in esilio. Bodganov, altro importante esponente del partito bolscevico, soggiorna a Capri. L’attività dei due suscita un turbamento nei pensieri del giovane Lenin, il quale si recherà sull’isola per un confronto diretto sia con Gorkij sia con Bogdanov, immortalato poi in una celebre fotografia durante una partita a scacchi, dalla quale il futuro leader Lenin uscirà sconfitto.

Si traccia uno scorcio di storia segnato da nettissime contraddizioni. Ambiguità, assenza di democrazia, creazione di burocrati terribili e inutili al vero sviluppo di un Paese. Tutto questo segnerà la nascita e la morte dell’Unione Sovietica. Forse un po’ troppo didascalico, ma comunque un bell’esempio di lavoro documentaristico. Preciso, esatto, non lascia nulla d’irrisolto. Un grande lavoro durato tre anni, in cui sono stati raccolti documenti dagli archivi di tutto il mondo, fotografie, e un esclusivo filmato di pochi secondi che riproduce il grande scrittore russo in una delle ville di Capri datato 1906.

Il potere dell’immagine è correlato alla forte suggestione che hanno ancora i suoi protagonisti. Questo documentario ha il merito di aver riportato alla luce una vicenda di rilevanza storica, ma anche quello di aver testimoniato lo straordinario fascino che il depositarsi del tempo concede alle immagini, concedendogli ancora vita. Brunetti afferma che questo documentario è un “risarcimento nel passato”, rievoca storie in parte dimenticate, ridando vita a personaggi straordinari che avevano abitato nelle sue stanze di ragazzo.

Beastly: recensione del film di Daniel Barnz

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Beastly: recensione del film di Daniel Barnz

Ci sono pochi luoghi in cui l’apparenza eserciti più fascino che in un liceo. Questo il pensiero di Daniel Barnz (Phoebe in Wonderland) sceneggiatore e regista di Beastly film tratto dal romanzo omonimo di Alex Flinn, ispirato al noto cartone Disney La Bella e La Bestia. Un film costruito equilibrando toni fantastici a messaggi profondi, come l’andare al di là delle apparenze.

In Beastly Kyle (Alex Pettyfer) è un diciassettenne ricco, bello, pieno di sé, cresciuto con la convinzione che non conta ciò che sei ma ciò che appari. Insegnamento datogli dal padre (Peter Krause), giornalista affermato, con poco tempo da dedicare al figlio. Ma Kyle sembra cavarsela benissimo da solo, tra la sua sicurezza e la fama che ha nel suo liceo. La sua vita sembra essere perfetta, fin quando egli non offenderà Kendra, una sua compagna di classe dark che si vocifera sia una strega. Kyle la umilierà per la sua bruttezza, facendo un errore che gli rovinerà la vita. Kendra farà su di lui un incantesimo trasformandolo in un orribile mostro. Kyle ha un anno di tempo per trovare qualcuno che lo ami, così com’è. Se non ci riuscirà rimarrà una bestia per sempre. La vita di Kyle diverrà un inferno, sempre chiuso tra le mura del suo appartamento, ma un giorno, per una serie di accadimenti, nella sua vita entrerà Lindy (Vanessa Hudgens), una compagna di classe a cui Kyle non ha mai prestato attenzione e da allora qualcosa cambierà. Un rapporto dapprima ostile che si trasformerà in una splendida storia d’amore, entro i canoni della Disney.

Beastly, il film

E’ il 2008 quando la CBS Film acquista i diritti per la produzione cinematografica del romanzo per adolescenti di Alex Flinn. Un film basato su un libro, ispirato a sua volta ad un noto pilastro del mondo dei cartoon. Una sfida non facile, ma ben riuscita grazie al regista. Dopo aver visto Phoebe in Wonderland al Sundance Film Festival nel 2008, la casa di produzione non ha avuto alcun dubbio nel fare il nome di Daniel Barnz, il quale non ha deluso alcuna aspettativa e ha saputo unire perfettamente la realtà alla fantasia, una trama per adolescenti a una sceneggiatura sofisticata. Una versione del mito de La Bella e la Bestia diversa da tutte le precedenti.

Ottima anche l’interpretazione dei giovani attori (Alex Pettyfer, Vanessa Hudgens) di soli 21 e 23 anni, della streghetta (Mary-Kate Olsen) e di tutto il cast. Sorprendente l’aspetto della bestia, per nulla copiato a quello del cartone. Un film che farà furore tra gli adolescenti e che non dispiacerà anche ai più maturi.

Steven Spielberg in Virginia per il suo Lincoln!

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Giungono ancora aggiornamenti interessanti sul nuovo film che Steven Spielberg sta preparando su Lincoln. Infatti il regista avrebbe selezionato  lo stato della Virginia come location per dirigere le riprese principali del film.

Seven, il film di David Fincher con Brad Pitt

Seven, il film di David Fincher con Brad Pitt

Seven il film del 1995 di David Fincher con protagonisti nel cast Brad Pitt, Morgan Freeman, Kevin Spacey.

Quando uscì, questo lungometraggio diretto da David Fincher fece storcere il naso a diversi addetti ai lavori, perché considerato uno dei soliti film thriller in cui vi è un killer seriale che semina indovinelli e citazioni ad ogni omicidio efferato. Ma il grande pubblico lo ha subito apprezzato, proprio per la sua trama originale, coinvolgente, mozzafiato e per un finale non forzatamente a lieto fine.

Seven tramaLa trama di Seven. I detective William Somerset e David Mills vengono messi sulle tracce di un serial killer. A mano a mano che gli omicidi si consumano, capiscono che l’assassino sta seguendo una logica inquietante e atroce: uccidere ogni persona per un tipo di peccato Capitale. Cercheranno così di anticiparne le mosse ed evitare che il diabolico disegno dello squilibrato si compia. 

Gli attori protagonisti sono Brad Pitt nei panni del giovane detective David Mills, molto istintivo e ancora poco esperto, e Morgan Freeman, nelle vesti del detective William Somerset, un saggio e anziano poliziotto a cui manca una settimana per andare in pensione. Una coppia forse stereotipata e ben assortita, ma comunque affiatata ed efficace visti gli interpreti. E poi c’è Kevin Spacey, che interpreta il maniaco assassino che semina il panico con disumani omicidi; il quale compare però solo verso la fine.

Seven, David Fincher con Brad Pitt 

Denzel Washington rifiutò la parte che andò poi a Brad Pitt. Quest’ultimo, inseguendo il killer sotto la pioggia, si procurò un brutto taglio che lo costrinse a terminare il film fasciato, o girato di lato, oppure ancora con la mano in tasca.

In una delle scene Mills e Somerset discutono del libro Of human bondage, il cui autore è per l’appunto William Somerset Maugham. Nel doppiaggio italiano questo romanzo è stato sostituito da Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij per ragioni di traduzione. La versione tradotta in italiano non avrebbe di fatti colto l’allusione alla pratica sessuale del bondage di cui Mills parla nella scena in questione.

Alfonso Freeman, figlio di Morgan, interpreta il tecnico che lavora sull’impronta digitale trovata dai detective.

SevenI quaderni di John Doe sono dei veri manoscritti preparati per il film in due mesi di lavoro per un costo di 15.000 dollari. Secondo quanto dice Somerset, inoltre, due mesi è il tempo che servirebbe alla polizia per leggerli tutti. Altra particolarità: i quaderni di John Doe sono uguali a quelli usati da Evan nel film The Butterfly Effect.

Kevin Spacey ha voluto togliere il proprio nome dai titoli iniziali per consentire una maggior suspense riguardo all’identità del killer John Doe. Per questo motivo il suo nome è il primo ad apparire nei titoli di coda che, altra particolarità, scorrono dall’alto verso il basso.

L’attore che impersona il primo cadavere in una delle prime scene è Andrew Kevin Walker, lo sceneggiatore e soggettista del film.

Per mostrare il corpo di Victor, la vittima di accidia, David Fincher non volle utilizzare un manichino o un fantoccio animato, ma un vero attore che fosse molto magro e scarno. Il ruolo andò a Michael Reid McKay, che al momento delle riprese pesava solo 36 kg.

Seven è stato degradato dai critici ma è piaciuto parecchio al pubblico, diventando un grosso successo commerciale: un budget di 30 milioni di dollari ne ha generati infatti oltre 316 di incasso mondiale lordo.

Aspettando il FantaFestival!

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Aspettando il FantaFestival!

Il 6 maggio a partire dalle 22.00, si terrà, presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma, il primo di due appuntamenti “Aspettando il Fantafestival”. In attesa di entrare nel vivo della XXXI edizione del FANTAFESTIVAL (Mostra Internazionale dei Film di Fantascienza e del Fantastico), diretta da Adriano Pintaldi e Alberto Ravaglioli, verrà presentato in anteprima allo scoccare della mezzanotte The Museum of Wonders di Domiziano Cristopharo (tra i vincitori della scorsa edizione del Fantafestival), alla presenza del cast vestito con costumi d’epoca.


A precedere la proiezione, uno spettacolo burlesque de-luxe, proiezioni in 3D, performance di body-art con corpi appesi, un uomo forzuto, una cartomante, un mangiafuoco e trapezisti, una vera e propria atmosfera fantastico-circense (la serata è organizzata in collaborazione con WB Management & Entertainment).

Dopo lo spietato House of flesh Mannequins, Domiziano Cristopharo ed Elio Mancuso (suoi soggetto e sceneggiatura) presentano la più macabra versione di Niagara, Ascensore per il Patibolo e Freaks, tutti e tre mescolati assieme. Venere “il moncone umano”, Olimpia “la zingara”, Damocle “l’ingoiaspade”, Marcel “il nano”, Pimp “l’androide”, Sansone “il forzuto” e Salomè “l’incantatrice”, all’interno del Museo delle meraviglie. Un cast d’eccezione per un film di genere che vanta, tra le altre, la presenza di Maria Rosaria Omaggio, Francesco Venditti, Giampiero Ingrassia, Maria Grazia Cucinotta ed Elda Alvigini.
Nel corso della serata, verrà presentato in anteprima assoluta anche un promo di Hyde’s Secret Nightmare, film che Domiziano Cristopharo sta terminando di girare proprio in questi giorni. Un porno horror d’autore all’italiana arricchito dalla musica di Nino Rota che rivisita in chiave horror/erotica il romanzo di Louis Stevenson “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr Hyde”.

La serata prevede un biglietto d’ingresso del costo di 7 euro. Il secondo appuntamento di “Aspettando il Fantafestival” avrà luogo, sempre al Nuovo Cinema Aquila, il 27 maggio, con la proiezione del Rocky Horror Picture Show e la messa in scena dell’omonimo spettacolo dal vivo.

La XXXI edizione del Fantafestival (realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Cinema, della Regione Lazio Assessorato alla Cultura Arte e Sport, del Comune di Roma Assessorato alle Politiche Culturali, in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale) si terrà presso L’Auditorium Conciliazione, la Casa del Cinema e il Nuovo Cinema l’Aquila dal 9 al 19 giugno.

Il primo incarico: regista e cast raccontano il film

Alla Casa del Cinema di Roma a presentare Il primo incarico, esordio registico di Giorgia Cecere, intervengono la stessa regista, i protagonisti Isabella Ragonese e Francesco Chiarello, la produttrice Donatella Botti e Paolo Del Brocco di Rai Cinema, che coproduce. Presente in sala anche Pierpaolo Pirone, sceneggiatore assieme alla Cecere e al cinese Li Xiang-Jang, e Teodora Film, distributrice assieme a Spazio Cinema.

Venezia 2011: ad Al Pacino il premio Jaeger-LeCoultre Glory

E’ stato attribuito al grande attore e regista statunitense Al Pacino il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2011 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (organizzata dalla Biennale di Venezia), realizzato in collaborazione con Jaeger-LeCoultre e dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo.

Box Office ITA del 2 maggio 2011

Box Office ITA del 2 maggio 2011

Thor guadagna la prima posizione con un ottimo risultato, seguito dalla buona tenuta di Rio e dall’altra new entry di peso del weekend, Source Code. Le altre novità, invece, non si piazzano neppure nella top10.

Dopo numerose settimane, il terzetto podista torna a essere occupato da pellicole di importazione, mentre i film italiani si rivelano in forte calo.
Così Thor conquista il primo posto al botteghino italiano, con un risultato di tutto rispetto: 3,6 milioni di euro raccolti nel weekend lungo, di cui 2,8 milioni nei tre giorni. L’esordio supera le previsioni non particolarmente ottimistiche per questo supereroe, il quale non è molto popolare in Italia.

Rio scende dunque al secondo posto mantenendo una buona tenuta: la pellicola d’animazione arriva così a quota 5,6 milioni con altri 894.000 euro.

Source Code debutta con un buon risultato, pari a 767.000 euro, piazzandosi al terzo posto. Magari nelle prossime settimane il film otterrà un buon passaparola, dopo aver conquistato la critica.

Ciò che segue è un panorma di pellicole in calo che passiamo dunque in rassegna: Faccio un salto all’Avana (638.000 euro) giunge a 2,3 milioni, mentre Habemus Papam (623.000 euro) arriva a quota 4,3 milioni.
Le posizioni successive sono occupate dalla produzione americana, con Limitless (483.000 euro), Cappuccetto Rosso Sangue (408.000 euro) e The Next Three Days (172.000 euro), che arrivano rispettivamente a 3,2 , 1,5 e 2,9 milioni totali.
A chiudere la top10, World Invasion, che alla sua seconda settimana ottiene solo 107.000 euro per 683.000 euro totali, e Scream 4, giunto a 1,2 milioni complessivi con altri 82.000 euro.

Meno delle briciole, infine, per le altre new entry: in quattordicesima, quindicesima e sedicesima posizione troviamo infatti Notizie dagli scavi (55.000 euro), I baci mai dati (45.000 euro) e Angèle e Tony (39.000 euro).

Box Office USA 2 maggio 2011

Box Office USA 2 maggio 2011

Nonostante gli oltre dieci anni passati dal primo episodio, Fast and furious continua ad avere un enorme appeal sul pubblico Americano, che infatti è accorso nelle sale all’uscita dell’ultimo episodio, Fast five decretandone il dominio incontrastato del botteghino statunitense. Il film incassa infatti ben 83 milioni di dollari. In seconda posizione scende il film di animazione Rio, ultima opera di uno dei creatori della serie dell’Era glaciale, Carlos Saldanha, che, con l’incasso di 14 milioni di dollari di questa settimana, raggiunge quota 104 milioni lordi.

A seguire il film commedia Madea’s big happy family, con un incasso settimanale di 10 milioni. La storia d’amore tra il veterinario Robert Pattinson e la stella del circo Reese  Witherspoon in Water for elephants rimane a metá classifica, aggiungendo altri 9 milioni di dollari all’incasso totale che è di 32 milioni di dollari. In quinta posizione troviamo la commedia adolescenziale Prom, che guadagna 5 milioni netti nella sua prima settimana di uscita. Un’altra nuova uscita si posiziona al sesto posto: il mash up animato Hoodwinked Too! Hood VS. Evil diretto dal regista di Casper, Mike Disa, e con la voce di Glenn Close e Hayden Panettiere donata ai personaggi principali.

Resiste in classifica, aggiungendo altri 3 milioni al suo incasso totale Soul Surfer, nel cui cast figurano Dennis Quaid e Helen Hunt accanto alla giovane AnnaSophia Robb. Resiste stoicamente, ormai da un paio di settimane in ottava posizione, il thriller Insidious, che raggiunge un incasso lordo di 48 milioni di dollari. Rimane invece in fondo alla classifica Hop, insieme a Source code di Duncan Jones, rispettivamente in nona e decima posizione.

La prossima settimana tra i film in uscita spicca Thor, nuovo adattamento da un fumetto Marvel diretto a sorpresa da Kenneth Branagh, già nelle nostre sale da una settimana, Incendies, film che era nella rosa dei candidati all’ Oscar come miglior film straniero e Hobo with a shotgun, nuova realizzazione di un film il cui trailer era in Grindhouse di Tarantino e Rodriguez, che ha appena portato nelle sale Machete. Il film ha come protagonista Rutger Hauer, vigilante caduto in disgrazia che continua però a esercitare il suo mestiere. Esce anche la storia di incroci e tradimenti con Keira Knightley e Eva Mendes, Last night, la cui anteprima è stata presentata al festival di Roma 2010. Ad attirare l’ attenzione è anche The beaver, nuova prova alla regia di Jodie Foster, che segna il ritorno dall’ altro lato della macchina da presa di Mel Gibson, ne i panni di un manager con esaurimento nervoso e Passion play, diretto da Mitch Glazer, di cui è decisamente interessante il cast: Mickey Rourke, Bill Murray e Megan Fox.

Tom Felton parla di Rise of the Planet of the Apes

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Arrivano le prime interviste degli attori di  Rise of the Planet of the Apes, un nuovo adattamente del pianeta delle scimmie. Ecco Tom Felton che parla della sua esperienza nel film a MTV.


altUn mucchio di persone, quando dici Pianeta delle Scimmie, pensano al film di Tim Burton, e credono che questo film sarà così. Non potrebbero sbagliarsi di più. Questo film è ambientato nel mondo che conosciamo tutti, piuttosto che su qualche pianeta che sembra lontano. Non è così spaventoso, ma è molto più realistico. C’è l’idea, alla base, che tutto questo potrebbe succedere davvero.

Il mio personaggio non è un bravo ragazzo. La gente non terrà certo per me in questo film. E’ un villain, anche se su un piano diverso rispetto a Draco Malfoy.

Quando lo scimpanzé Caesar diventa troppo difficile da far gestire solo a James Franco viene messo in una struttura. Brian Cox, che interpreta mio padre, è il proprietario di questo posto, e io lavoro lì con lui. Inutile dire che io dovrei occuparmi delle scimmie, ma non faccio molto bene il mio lavoro. Non sono amichevole con loro, e diciamo che finisco per provocare in Caesar quell’istinto di ribellione contro gli umani che lo porterà a guidare una vera e propria rivoluzione. Prima di questo, conosceva solamente il personaggio di James Franco. Pensava che tutti gli umani fossero amichevoli e gentili. E’ attraverso il mio personaggio e suo padre che impara quanto crudeli possono essere gli umani.

Fonte: MTV


Scontro tra Titani 2: prime foto dal set!

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Arrivano le prime foto dal set del  sequel di Scontro tra Titani diretto da Jonathan Liebesman. Dopo l’inizio  ufficialmente delle riprese di Wrath of the Titans il primo set in esterni ricostruito è quello dell’isola di Tenerife alle canarie.


Ecco le foto:

Fonte: Tumba abierta

Spaghetti Western per Quentin Tarantino!

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Spaghetti Western per Quentin Tarantino!

E’ ufficiale,  lo spaghetti western Django Unchained sarà il nuovo film di Quentin Tarantino. Secondo Deadline il regista  ha appena consegnato la bozza definitiva del suo nuovo film, alla Weinstein Company. Deadline riporta anche la notizie che il film verrà prodotto da Stacey Sher (Pulp Fiction) e Pilar Savone, e vedrà tra i protagonisti Christoph Waltz, con il quale aveva già collaborato in Bastardi senza gloria.

Alcuni siti riportano la trama del film, ma non è stata confermata: Il protagonista, Django, è uno schiavo liberato, che grazie all’aiuto di un cacciatore di taglie tedesco (Christoph Waltz) diventa a sua volta un duro cacciatore di taglie. Dopo aver aiutato Waltz ad abbattere alcuni cattivi a pagamento, viene aiutato da lui a cercare sua moglie – ancora schiava – e a liberarla da un crudele proprietario terriero. Il film parla di razzismo in maniera raramente vista in un film Hollywoodiano: è un popcorn movie basato sul concetto di violenza, ma è geniale nel modo in cui dipinge la situazione dello schiavismo nel sud degli USA. E’ la stessa cosa che ha fatto con i Nazisti in Bastardi senza Gloria. E’ violento e divertente, e ricco di monologhi alla Tarantino, torture di schiavi e violenze, al centro della sceneggiatura c’è lo splendido legame tra Django e questa sorta di Obi-Wan Waltz, funziona tutto alla maniera di Tarantino.

Su Tarantino.info, è comparsa invece  la versione ufficiale della prima pagina della sceneggiatura:

Fonte: Deadline

“Perché la Rai non ha ancora trasmesso il Caimano?”

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“Perché la Rai non ha ancora trasmesso il Caimano?”

 

Nanni Moretti chiede alla Rai di spiegare perché ha acquistato il suo «Il Caimano» ma non lo ha ancora trasmesso.


Il regista ha posto la domanda nella puntata di ieri sera di «In onda», il talk di approfondimento di La7, condotto da Luisella Costamagna e Luca Telese.

«Ho tanti difetti e non piace per niente fare la vittima -ha detto Moretti nel corso della registrazione della puntata- infatti sono tre anni che non dico nulla. Il film è costato tantissimo, 8 milioni e mezzo di euro, il 25% in più del previsto. Io co-produco solo con la Rai, ma questa è stata l’unica volta che ho preferito produrlo da solo. Dopo che il film è uscito è stato acquistato dalla Rai per un milione mezzo di euro per cinque passaggi in altrettanti anni».

«Sono già passati tre anni e un mese e ancora non è stato mai trasmesso. I miei genitori mi hanno insegnato ad assumermi la responsabilità di quello che dico e di quello che faccio delle mie scelte o delle mie non scelte. Per ora non è stato messo in onda. Qualcuno mi spieghi perchè», conclude Moretti. Nella puntata di «In onda» è stata trasmessa la scena finale di «Il caimano».

Uomini senza legge: recensione del film

Uomini senza legge: recensione del film

Dal prossimo 11 maggio uscirà nei cinema italiani l’ultimo film scritto e diretto da Rachid Bouchareb, Uomini senza legge – Hors la loi. Prodotto dalla Eagles Pictures, Uomini senza legge – Hors la loi è un film epico ed emozionante che racconta la lunga epopea della guerra di indipendenza algerina. Un film drammatico, violento ma anche dalla grande intensità emotiva che si è giustamente meritato una nomination agli ultimi Academy Awords 2011 come miglior film straniero. Uomini senza legge – Hors la loi narra le storie incrociate di tre fratelli i quali, ancora fanciulli, assistono inermi all’esproprio della terra a cui la famiglia era legata da generazioni, la terra ora  destinata a qualche nuovo colono francese.

Quando nel maggio del 1945, circa vent’anni dopo, per le vie di Setif sfilano pacifici dimostranti algerini per festeggiare la fine della guerra e reclamare maggiore indipendenza, i tre fratelli salveranno miracolosamente la vita dalla sanguinosissima repressione della polizia francese che provocherà migliaia di morti. Tra le vie cosparse di cadaveri sfileranno le colonne di prigionieri tra cui Abdelkader (Sami Bouajila) il secondo dei tre fratelli. Destinato ad anni di prigionia in un carcere parigino, il giovane idealista, avrà modo di entrare in contatto con alcuni leader del movimento indipendentista clandestino. Messaoud (Roschdy Zem), il maggiore, deciderà di   arruolarsi nell’esercito francese che prontamente lo invierà in Indocina a combattere l’insurrezione dei viet-cong. Said (Jamel Debbouze) rimarrà al fianco della madre (Chafia Boudraa) sconvolta e distrutta per la morte del marito e delle due figlie femmine trucidati nel massacro.

Uomini senza legge – Hors la loi, il film

Le vite e le strade dei tre fratelli sembrano irrimediabilmente divise ma sarà proprio Said a forzare il corso degli eventi affinché la famiglia possa riunirsi. Decide infatti di trasferirsi, insieme alla madre, direttamente a Parigi dove il fratello Abdelkader è stato incarcerato. Sistematisi in una baracca fatiscente e squallida della banlieue ai margini della capitale, Said rifiuta di unirsi agli altri emigranti come operaio in fabbrica e decide di seguire percorsi più brevi quanto meno onesti per guadagnarsi da vivere. Place Pigalle diventerà il teatro delle sue attività poco onorevoli, come il protettore di prostitute, e la madre presto capirà le sorgenti poco pulite del loro sostentamento. Dopo pochi anni la donna avrà però la soddisfazione di riavere accanto anche gli altri due figli, Messaoud tornato dalla guerra con un occhio in meno ed Abdelkader ormai completamente inserito nell’apparato clandestino del FLN, la frangia indipendentista a favore della lotta armata.

Il compito di Abdelkader è ora quello di creare cellule di collegamento operative nella capitale francese e le fabbriche dove lavorano migliaia di algerini sono ovviamente il luogo di reclutamento ideale. In questo difficile quando estenuante lavoro Abdelkader potrà contare sull’aiuto di Messaoud mentre Said non intenderà unirsi a loro preferendo dedicarsi ai suoi affari. Affari che però si legheranno immancabilmente alla causa quando il FLN contribuirà a fare di Said socio di un Cabaret a Pigalle cui metà dei proventi finirà nelle casse del Fronte. Con la metà degli anni cinquanta la guerra di indipendenza entra sempre più nel vivo, i vari movimenti clandestini rivoluzionari si scontrano più che collaborare e anche a Parigi la lotta per il predominio del territorio è senza sosta. Il FLN prende piede con sempre maggiore decisione ed Abdelkader ne diventa uno dei leader più affermati e importanti. Idealista e irreprensibilmente votato alla causa, Abdelkader abbandona gradualmente la sua umanità in nome del partito diventando una macchina incapace di provare sentimenti di pietà o commiserazione.

Il fratello Messaoud invece, suo fedele braccio destro, è costretto suo malgrado a sporcarsi le mani di sangue, sangue spesso innocente e spesso di compatrioti accusati di tradimento. La coscienza di Messoud vacilla, cede a forti momenti di sconforto e non sempre accetta o comprende la durezza e l’irremovibilità del fratello. La storia quindi prosegue in questo scenario di guerra, violenza, sentimenti contrastanti ed un legame forte, fortissimo che non abbandonerà mai i tre fratelli che proprio nell’epilogo finale ritroveranno anche il riavvicinamento di Said. Il loro amore, la loro unione di sangue sopra ogni cosa, più resistente di qualsiasi lotta o ideologia.

Con Uomini senza legge – Hors la loi Rachid Bouchareb riceve per la terza volta una nomination agli Oscar dopo le candidature del 2006 con “ Days of glory” e del 1995 con “Poussieres de vie”. Il film che, come afferma lo stesso regista, è una sorta di passo successivo del precedente “Days of Glory” ribadisce questa sorta di continuità richiamando nel cast molti attori già protagonisti di quel film tra cui, ovviamente, i tre interpreti principali. Uomini senza legge – Hors la loi è un film che lo stesso Bouchareb definisce epico, un appassionante romanzo storico che attraversa i capitoli più importanti e drammatici dell’epopea indipendentista algerina tramite le vite di tre fratelli, tanto uniti quanto diversi tra loro.

Uomini senza legge – Hors la loi, di cui Bouchareb è anche sceneggiatore insieme a Olivier Lorelle e Yannik Kergoat, da modo di conoscere pagine della storia contemporanea ancora oscure ai più e spesso appositamente celate dalla storiografia ufficiale europea. Far conoscere questi aspetti del colonialismo francese è sicuramente uno degli obbiettivi che il film si presuppone soprattutto, come afferma lo stesso regista, rivolgendosi alle generazioni più giovani spesso ignare di determinati eventi.

Ma se Uomini senza legge – Hors la loi è indubbiamente una storia raccontata dalla parte algerina è altresì doveroso ammettere come nel contesto storico descritto non si risparmino le sequenze dove si evidenzia la ferocia oltre che la fanatica irreprensibilità dei rivoluzionari del FLN. Eccellente la fotografia ed il montaggio, assolutamente da sottolineare la bravura dei tre interpreti protagonisti su cui spicca a mio avviso Roschdy Zem eccezionale nella parte di Messaoud, il combattente diviso tra il suo attaccamento alla causa e la sua coscienza di uomo onesto.

Uomini senza legge – Hors la loi di Bouchareb è intenso quanto avvincente, una sceneggiatura mai stucchevole e solo raramente retorica. Ammirevoli le ricostruzioni scenografiche e le sequenze a campo largo con un massiccio utilizzo di comparse. Particolare riferimento va alla scena relativa alle manifestazioni di Setif con successivo massacro che per monumentalità ed effetto visivo riporta quasi involontariamente alla memoria alcune sequenze della “Battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo da cui molto probabilmente Bouchereb avrà preso spunto. E’ rassicurante constatare come ancora oggi esistano registi capaci di affrontare con risultati tanto ammirevoli, progetti cinematografici così impegnativi. Film storici dalla fedele ricostruzione narrativa immuni da tentazioni di demagogia o retorica patriottarda e liberi da obblighi spettacolaristici ma comunque in grado di commuovere, far riflettere e far conoscere.

Senza arte né parte: recensione del film

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Senza arte né parte: recensione del film

Nel film Senza arte né parte il Pastificio salentino Tammaro chiude la propria fabbrica e a farne le spese sono i dipendenti. La storia segue quindi tre di questi, Enzo, Carmine e Bandula, rimasti senza lavoro, che cercano di reinventarsi dopo il crollo improvviso delle loro vite. Aurora, moglie di Enzo, viene però assunta dallo stesso Tammaro, che volendo entrare nel mercato delle opere d’arte, ha bisogno di un’interprete. Grazie ad Aurora, i tre diventeranno custodi (sottopagati) del deposito di pezzi d’arte del vecchio datore di lavoro. Senza Arte né Parte comincia da questo semplice, e potenzialmente vincente, presupposto: gli umili, operai e magazzinieri, messi a confronto con le grandi opere d’arte contemporanea, gioia e desiderio di ogni collezionista.

Il mondo umile e laborioso, artigianale, entra in contatto con ciò che di più futile ed alto conosce la nostra cultura: l’uovo di Manzoni, la famosa ‘merda d’artista’ dello stesso, il Baco da Setola di Pascali e i ‘tagli’ di Fontana. Ma cosa succede quando nelle loro mani maldestre l’uovo si rompe? I tre scopriranno così per caso l’incredibile proprietà dell’arte contemporanea: la riproducibilità. Da qui il passo è breve ed Enzo, Carmine e Bandula diventeranno una banda di falsari, ingenui ed ‘onesti’, come Totò e Peppino, senza però il loro mordente spirito farsesco.

Senza arte né parte, il film

Nel caso di Senza arte né parte di Giovanni Albanese, mai titolo fu più appropriato, perché senza arte né parte è i film stesso, la sceneggiatura e ahiloro lo diventano anche i bravi attori appiattiti dalla noia del racconto. La ricerca ostentata e forzata verso la risata contrae il racconto che non sembra mai scorrere con leggerezza, e il risultato è un film che viene percepito molto più lungo dei suoi onesti 90 minuti. Nota di colore è il gallerista senza scrupoli interpretato con il giusto tocco viscido da Ninni Bruschetta, a lui sono affidate le parole che pongono fine alle peripezie di questi falsari per caso, e lui si fa portavoce di un problema, quello della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, che nell’era di internet, della pirateria e del digitale è più che mai attuale e scottante, e per l’arte contemporanea soprattutto diventa nevralgico.

Il problema però viene lasciato lì, a mezz’aria, senza la forza di farlo diventare il vero centro della narrazione, senza il coraggio per una volta (che fosse una) di far finire ‘in tragedia’ un film italiano.

Uscite al cinema del 6 maggio 2011

Uscite al cinema del 6 maggio 2011

Fast & furious 5 – Dopo aver attaccato un bus di detenuti per permettere a Dominic Toretto di sfuggire alla prigione, Mia Toretto e l’ex agente Brian O’Conner scappano in Brasile. Qui, durante una spettacolare rapina a un treno, ritrovano Dominic e scoprono che il mandante del furto è un ricco affarista corrotto di Rio De Janeiro, Hernan Reyes, interessato a recuperare un chip nascosto nell’autoradio di una macchina rubata contenente tutte le tracce dei suoi traffici illeciti da centinaia di milioni di dollari. Dom e Brian decidono così di utilizzare le informazioni del chip per fare un ultimo colpo e derubare tutte le finanze di Reyes. Ma per farlo hanno bisogno di formare una nuova squadra.

Dopo gli inizi a tutto gas, nel suo lungo e costante tragitto, la saga di Fast and Furious sembrava destinata a sbandare. Invece, due anni fa, complice la volontà di tornare a “sporcarsi le mani” (anche come produttore) da parte di Vin Diesel, la saga ha ritrovato i suoi pezzi originali e ha saputo tornare in pista, recuperando anche il controllo di una narrazione seriale finita in testacoda.

Machete – Machete è un agente federale che si pensa sia morto in uno scontro con la banda del pericolosissimo boss Torrez. Ma non è così. Machete ha cercato rifugio in Texas dove viene coinvolto nell’attentato a un senatore xenofobo. Scoprirà di essersi infilato in un machiavellico complotto che vede lui come capro espiatorio. Ha contro il capo dei vigilantes Von, il perfido uomo di affari Booth e, ancora una volta, Torrez. Al suo fianco c’è solo Sartana Rivera, giovane e seducente ufficiale della squadra anti-immigrazione che ha compreso che non tutto è come sembra.

A partire dalla sequenza iniziale sino ad arrivare all’ultima inquadratura di un film in cui non ci sono ruoli cameo ma attori che si mettono in gioco come De Niro, Steven Seagal, Don Johnson facendo ironia su se stessi divertendosi (lo si percepisce) enormemente e divertendo il pubblico. Il pupillo di Quentin Tarantino – noto ai più per aver diretto Sin City – Robert Rodriguez firma il suo sedicesimo film. Un regista che fa sentire al pubblico tutta la sua voglia di fare cinema, senza secondi fini o sofisticate pretese.

Come l’acqua per gli elefanti – Nell’America della Grande Depressione, Jacob Jankowski è a un esame dalla laurea e da una notte d’amore con la più bella ragazza del corso di medicina veterinaria. Un tragico incidente, in cui muoiono i genitori, sconvolge la sua vita e i suoi piani di studente, conducendolo su un binario alternativo e imprevisto. Lasciata la propria casa per coprire i debiti accumulati dal padre e abbandonata l’università, Jacob sale su un treno in corsa e spera nella buona sorte che avrà il volto dolce di Marlena, stella equestre del Benzini Bros Circus e moglie dell’instabile August, impresario e domatore crudele di artisti e animali. Rivelate presto le sue evidenti doti di veterinario, Jacob viene accolto con entusiasmo da August e promosso al ruolo di addestratore dell’elefantessa Rosie, ingombrante ‘primadonna’ col vizio del whisky. Innamoratosi perdutamente della bionda Marlena, il ragazzo dovrà vedersela coi reiterati soprusi di August e trovare come un funambolo un nuovo equilibrio nell’universo circense.

Nell’America ‘depressa’ di fine anni ‘20 si svolge il melodramma circense di Francis Lawrence, ispirato dalle pagine di Sara Gruen (“Acqua per gli elefanti”) e idealmente prossimo al Trapezio e al ménage à trois di Carol Reed. Accantonati re biblici e leggende moderne (come Costantine o Io sono Leggenda), il regista americano rispolvera leoni, elefanti e bionde acrobate, sceneggiando il Circus di Britney Spears, diretta tre anni prima nell’omonima clip musicale. D’altronde ha diretto anche altre clip musicali di altri artisti pop: Justin Timberlake, Janet Jackson, Will Smith (per il film Men in Black II), Aerosmith.

Senza arte né parte – Siamo in Salento. Il Premiato Pastificio Tammaro decide di modernizzarsi. La vecchia fabbrica viene chiusa e se ne apre una nuova, completamente meccanizzata. Tutta la squadra di operai addetti allo stoccaggio manuale, tra cui Enzo, Carmine e Bandula, si ritrovano disoccupati. Enzo è sposato con Aurora che lavora saltuariamente come traduttrice, e hanno due figli piccoli. Carmine vive con la vecchia madre e con Marcellino, il fratello minore e scapestrato. Bandula è un’immigrato indiano, ormai al verde e senza più un posto dove dormire.

La situazione è drammatica. In quei giorni, la moglie di Tammaro eredita una bizzarra collezione d’arte contemporanea, che viene sistemata proprio nel vecchio pastificio. Tammaro offre a Enzo un lavoro provvisorio in nero: guardiano del magazzino dove è custodita la collezione d’arte. Enzo e i suoi amici, scoprono sbalorditi l’arte contemporanea, e soprattutto, che quegli oggetti all’apparenza strani e privi di senso, valgono così tanti euro. Ed ecco che si inventano inventori di improbabili opere di arte moderna…

Secondo film per Giovanni Albanese, dopo A.A.A.ACHILLE uscito ben dieci anni fa. Una commedia gradevole e divertente, che sdrammatizza sulla crisi economica e sui licenziamenti, e che al contempo esalta la proverbiale “arte di arrangiarsi” tipica dei meridionali. Nel cast spicca la presenza di Vincenzo Salemme nei panni di Enzo, e quella di Donatella Finocchiaro in quelli della moglie ereditiera Aurora.

Hai paura del buio – Eva è una ragazza di poco più di vent’anni che lavora in una fabbrica a Bucarest. Nel suo ultimo giorno dopo che non le è stato rinnovato il contratto, decide di mettere in vendita tutto quello che possiede e di comprare un biglietto per l’Italia. Raggiunge la stazione di Melfi e trascorre la notte vagabondando senza meta finché trova un’auto aperta dove ripararsi dal freddo. La macchina appartiene ad Anna, giovane operaia presso la fabbrica della FIAT, che decide di accoglierla nella casa in cui vive assieme ai genitori e alla nonna malata.

Nel suo percorso come autore televisivo, Massimo Coppola si è mosso in una direzione opposta rispetto ai flussi e alle formule dei format popolari. Attraverso monologhi brand new, anti-reality di finzione e documentari sui ventenni ai margini di servizi e talk show, Coppola ha sempre cercato di mostrare, all’interno di un canale giovanile e “giovanilista” come Mtv, un’alternativa al pensiero comune e alla visione a senso unico sulle nuove generazioni. Dallo sguardo maturato coi ritratti giovanili di “Avere Ventanni” e da quel bisogno di porre una frattura fra rappresentazione e identità dei giovani d’oggi, sembra nascere anche il suo ingresso nel cinema di (cosiddetta) finzione.

Dopo i due documentari Politica zero – nato sempre dall’esperienza maturata da Massimo Coppola e dai suoi fidati amici e collaboratori, Giovanni Giommi e Alberto Piccinini, con il programma “Avere Ventanni” in onda su Mtv – e Bianciardi! del 2007, Coppola arriva dunque al suo primo e autentico lungometraggio non-documentario. Capace di stesso a parlare dei giovani e dei loro problemi.

Tatanka – Dopo ”Gomorra” e’ la volta di ”Tatanka Scatenato”. Un racconto di Roberto Saviano estratto dal libro “La bellezza e l’inferno” (ed. Mondadori), portato sul grande schermo questa volta da Giuseppe Gagliardi, alla sua opera seconda dopo ”La vera leggenda di Tony Vilar” con la produzione di Margherita Film e Minerva.

La sceneggiatura, firmata dal regista insieme a Maurizio Braucci, Massimo Gaudioso, Salvatore Sansone e Stefano Sardo ha ottenuto 1.400.000 euro di contributo da parte del Ministero dei Beni Culturali, che ha riconosciuto di interesse culturale il progetto. Questo racconto di Saviano e’ incentrato sui pugili di Marcianise e sul loro rappresentante principe, il vicecampione olimpico Clemente Russo, che sara’ anche protagonista del film. Le riprese si sono svolte tra l’Italia e Berlino.

Un film sull’esaltazione dello sport come mezzo per evadere dai contesti sociali difficili in cui si vive. E magari, uno dei “salvati”, sfiora anche l’oro alle Olimpiadi.

Il primo incarico – Puglia, anni ’50. Nena è una giovane maestra, innamorata di un ragazzo dell’alta borghesia, messa sotto pressione dalle preoccupazioni della madre. Quando arriva la lettera di assunzione in una piccola scuola nel sud salentino, fa le valigie e parte a malincuore, curiosa della sua nuova esperienza ma triste per la lontananza dal suo amore. Dopo le prime difficoltà di integrazione nella piccola comunità agreste, riesce a trovare un equilibrio che verrà nuovamente messo in discussione dalla notizia dell’innamoramento del fidanzato per un’altra donna. Scegliere come protagonista di un film una professoressa degli anni Cinquanta, vuol dire prediligere il punto di vista femminile a quello maschile. Gli uomini, nel film, non fanno bella figura: sono rozzi e insensibili o vittime inconsapevoli di un sistema classista, irrigidito sul lusso di privilegi atavici. Le donne sanno far da mangiare e si occupano della casa.

Isabella Ragonese, senza trucco e senza vezzi, dimostra ancora una volta di essere un’ottima interprete versatile. Il tocco elegante della regista Giorgia Cecere, al suo primo film, rende apprezzabile una storia piccola che, per essere raccontata, ha bisogno di un narratore che sappia osservare. Un film sulle difficoltà che incontrava, e in fondo incontra ancora, una donna che vuole emanciparsi nel Sud Italia.

La misura del confine – In cima al Monte Rosa, sotto nubi prepotenti, è stata ritrovata una mummia ma nessuno ha ancora stabilito se il luogo della scoperta sia terra italiana o svizzera. Così due squadre di esperti partono alla ricerca del soggetto ma il maltempo smarrisce nelle nebbie la spedizione svizzera e spinge quella italiana a ripararsi in un rifugio accogliente. Dopo aver dichiarato che il corpo è “italiano”, i due gruppi si uniscono a festeggiare insieme e, chiacchierando di amori del passato e affetti del presente, si accorgono di avere a che fare con un misterioso delitto.
La montagna, silenziosa e ruvida, accoglie una storia intrigante che comincia come una sorta di documentaristica cronaca di una spedizione scientifica per trasformarsi poi in un raffinato giallo investigativo.

Secondo film per Andrea Papini, dopo La velocità della luce del 2008, un Noir esistenziale che indaga sulle ombre e sullo smarrimento dell’animo umano. Anche La misura del confine ha un nonsoché di misterioso ma al contempo razionale, che a molti farà venire in mente serie tv americane alla Csi Miami.

Il primo incarico: recensione del film con Isabella Ragonese

Il primo incarico: recensione del film con Isabella Ragonese

Al suo esordio dietro la macchina da presa Giorgia Cecere, già assistente alla regia di Gianni Amelio (Porte aperte, Il ladro di bambini) e sceneggiatrice per Edoardo Winspeare (Sangue vivo, Il miracolo) ha scelto di raccontare ciò che conosce meglio: la sua terra d’origine e una storia d’ispirazione familiare. Il primo incarico, infatti, è ambientato in Puglia negli anni ’50: una Puglia cittadina, ma anche e soprattutto rurale, aspetto dominante della regione almeno fino a qualche decennio fa, e ancora vivo soprattutto in certe zone.

Al centro della vicenda, una giovane maestra di modeste origini, Nena/Isabella Ragonese, che dalla cittadina del sud in cui vive, deve trasferirsi nella campagna pugliese per il suo primo incarico. Si trova così di fronte a una realtà per lei nuova: una vita semplice, una casa spoglia, una scuola con una sola aula – una stanza col soffitto crepato – e dei contadini ospitali, ma taciturni e fieri. Una vita in mezzo alla natura, con tutti i pro e i contro che questo comporta. In più, il nuovo incarico affidatole la porta a separarsi dal suo amato: un giovane di famiglia altolocata, con il quale stava costruendo il suo sogno d’amore. Il primo incarico è il racconto di una crescita, di molteplici mutamenti, che Nena attraversa, ritrovandosi, alla fine, una persona nuova.

Il primo incarico, il film

Il suo amore “da favola” non reggerà la lontananza, rivelandosi inconsistente. Mentre nella sua nuova vita troverà posto una relazione molto meno “perfetta” ma più reale. È un percorso di crescita e un viaggio interiore – un western dei sentimenti l’ha definito la stessa regista – alla ricerca di ciò che veramente si vuole. Questo è ciò che fa Nena, prima costretta dagli eventi, poi scegliendo consapevolmente per il suo futuro. All’inizio, il trasferimento, il matrimonio con un uomo che non vuole, la conseguente vita nel ruolo di moglie e casalinga, che non sente suo, sono vissute da lei come costrizioni, come una specie di incubo in cui s’è ritrovata senza volerlo e che le fa letteralmente “sbattere la testa al muro”. Le nuove condizioni e il nuovo ambiente le permettono però, col tempo, di capire meglio sé stessa e di comprendere  che lì c’è proprio ciò che vuole e di cui ha bisogno. Alla fine sarà lei a scegliere di tornarci non perché costretta, ma perché lo vuole.

Dallo scontro tra due mondi apparentemente inconciliabili, si passa, quindi, a una relazione a volte conflittuale, ma viva e non priva di momenti felici: così con i bambini cui Nena insegna, così col marito Giovanni, giovane muratore sposato sull’onda della delusione per l’abbandono del suo precedente amore e per ottemperare alle vigenti convenzioni sociali. Così con tutto quel mondo arcaico e maschilista. Un mondo che lascia però spazi di libertà inaspettati. Emblema ne è la relazione tra i due protagonisti: non un rapporto di subalternità, di costrizione, come forse ci si  sarebbe aspettati, ma davvero libero. Ciascuno infatti fa quello che vuole e il matrimonio resta per lungo tempo un sigillo formale, che ciascuno dei due ha posto non per convinzione, ma per convenienze di tipo diverso. Altrettanto libera e forte la scelta finale della protagonista.

Isabella Ragonese  –  unica attrice professionista – sa ben interpretare l’evoluzione del complesso personaggio di Nena, dalle illusioni dell’adolescenza alla pienezza della vita adulta, passando per un ampio ventaglio di emozioni: dall’ingenuità sognante dell’inizio, allo straniamento, all’autentica disperazione, alla rabbia, alla frustrazione, fino alla lenta scoperta della felicità, che può dare una vita del tutto diversa da quella che aveva immaginato. La rigidità e l’impaccio dell’esordiente Francesco Chiarello a tratti si notano, ma sono adatti a rendere l’atmosfera tesa del rapporto con Nena  e caratterizzano bene il personaggio: il tipico contadino del sud, dal carattere chiuso, rude, fiero. Ben costruiti i dialoghi, asciutti e incisivi.

Nel seguire il viaggio esistenziale di Nena riviviamo – elemento fondamentale del film –  la realtà di quegli anni e di quei luoghi (la pellicola è stata girata in vari comuni del Salento, tra cui Cisternino e Castrignano del Capo). La ricostruzione è assai convincente, accurata nei particolari e riesce davvero a trasportare indietro nel tempo e altrove nello spazio, per farci conoscere uno spaccato di storia italiana del nostro recente passato, o farcelo ricordare se, come chi scrive, condividiamo con la regista le origini e abbiamo visto o sentito raccontare quella realtà, non così lontana.

Quello che regista e sceneggiatori sono riusciti ad ottenere (accanto alla Cecere collaborano alla sceneggiatura Pierpaolo Pirone e Li Xiang-Yang), però, non è, almeno non soltanto, un affresco nostalgico – una nostalgia che potremmo dire pasoliniana per un mondo contadino (quasi) scomparso. Sono vividamente presenti, infatti, anche gli aspetti duri e aspri della vita di campagna, la semplicità si muove accanto alla rudezza, alla fissità quasi granitica di tradizioni e abitudini che paiono invariate da secoli, e asfitticamente invariabili. E lo straniamento iniziale di Nena è simile a quello dello spettatore odierno, posto di fronte a quella realtà, così diversa dall’attuale.

In Il primo incarico Molto bella la fotografia di Gianni Troilo. Grande attenzione è riservata ai colori, alle inquadrature, alla luce, in generale alla cura dell’immagine, in special modo laddove Nena è immersa nella natura. Le inquadrature hanno un gusto “pittorico” – il che dipende certo dalla sensibilità particolare del cinese Li Xiang-Yang, appunto pittore, e qui al suo esordio come sceneggiatore,  che si fonde abilmente con quella della regista.

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