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Venezia 80: le foto di Olga Kurylenko e Pablo Larraín

Venezia 80: le foto di Olga Kurylenko e Pablo Larraín

Secondo giorno di 80esima Mostra d’arte cinematografica di Venezia, ecco le foto dal red carpet di Olga Kurylenko, Vincent Lindon, Ramzy Bedia, Judith Chemla. Juan di Dios Larrain, Rocio Jadue, Chilean, Paula Luchsinger, Pablo Larraìn, Gloria Münchmeyer.

La trama di D’argent et de sang

La storia della truffa del secolo avvenuta nel 2009. Miliardi vanno in cenere nel mercato delle nuove “quote di emissione di carbonio”, inventate per combattere l’inquinamento. Un gruppo di furfanti da quattro soldi di Belleville si unisce a un trader altolocato per mettere in atto un raggiro epocale. Questo succede quando il “capitalismo da casinò” si scontra frontalmente con la politica, quando si scatenano passioni umane che vanno ben oltre la semplice cupidigia.

“Volevo mettere insieme il genere thriller con uno studio della morale, un’indagine ambientale e un viaggio spirituale. Un affresco che include varie classi sociali, dagli strati elevati ai furfanti da quattro soldi, da Wall Street ai casinò di Manila. Tra i pezzi di questo puzzle scorre un’energia affascinante. Decadenza e gioco d’azzardo sono ottimi materiali filmici, ma volevo proiettare un’ombra su di essi: un investigatore ossessivo alla ricerca della verità. La macchina da presa si muove tra la fascinazione estetica del male e l’interesse a lottare per la società. Volevo ritrarre lo stato del mondo e le sue contraddizioni, evitando la complicità voyeuristica o la semplificazione morale.

Povere Creature! al cinema dal 25 gennaio 2024

Povere Creature! al cinema dal 25 gennaio 2024

Il film di Yorgos Lanthimos Povere Creature! arriverà il 25 gennaio 2024 nelle sale italiane, distribuito da The Walt Disney Company Italia. Il film sarà presentato domani in anteprima mondiale in concorso all’80ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Dal regista Yorgos Lanthimos e dalla produttrice Emma Stone arriva l’incredibile storia e la fantastica evoluzione di Bella Baxter (Stone), una giovane donna riportata in vita dal brillante e poco ortodosso scienziato Dr. Godwin Baxter (Willem Dafoe). Sotto la protezione di Baxter, Bella è desiderosa di imparare. Affamata della mondanità che le manca, Bella fugge con Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), un abile e dissoluto avvocato, in una travolgente avventura attraverso i continenti. Libera dai pregiudizi del suo tempo, Bella è sempre più decisa nel suo proposito di difendere l’uguaglianza e l’emancipazione.

Searchlight Pictures in associazione con Film4 e TSG Entertainment, una produzione Element Pictures, presenta Povere Creature!, diretto dal candidato all’Academy Award® Yorgos Lanthimos (La favorita, The Lobster). Con una sceneggiatura scritta dal candidato all’Academy Award® Tony McNamara (La favorita), basata sul romanzo di Alasdair Gray, il film è prodotto dal candidato all’Oscar® Ed Guiney p.g.a. (La favorita, Room), Andrew Lowe p.g.a. (The Eternal Daughter, The Souvenir: Part II), Yorgos Lanthimos p.g.a. ed Emma Stone p.g.a.

La vincitrice dell’Academy Award® Emma Stone, (La favorita, La La Land), è protagonista insieme al candidato all’Academy Award® Willem Dafoe (The Lighthouse, The French Dispatch), al candidato all’Academy Award® Mark Ruffalo (Il caso Spotlight, Foxcatcher – Una storia americana), al vincitore del Golden Globe® Ramy Youssef (Ramy, Mr. Robot), Christopher Abbott (Black Bear, Possessor), il vincitore del Primetime Emmy® Award Jerrod Carmichael (The Carmichael Show), Hanna Schygulla (Ai confini del paradiso), Kathryn Hunter (Macbeth) e la candidata al Primetime Emmy® Award Margaret Qualley (C’era una volta a… Hollywood, Maid).

Il direttore della fotografia è il candidato all’Oscar® Robbie Ryan, BSC, ISC (La favorita, C’mon C’mon), gli scenografi sono James Price (Judy) e Shona Heath, con i costumi di Holly Waddington (Lady Macbeth, War Horse), e le acconciature e il trucco prostetico della candidata all’Oscar® Nadia Stacey (La favorita, Crudelia). La colonna sonora originale è composta da Jerskin Fendrix, il montatore è il candidato all’Oscar® Yorgos Mavropsaridis, ACE (La favorita, The Lobster) e la set decorator è Zsuzsa Mihalek (La talpa).

The Continental: trailer della serie basata sul franchise di John Wick

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Prime Video dopo il teaser ha rilasciato il trailer di The Continental l’annunciata serie prequel di John Wick. Il video di un minuto ha anche rivelato anche la data di uscita per lo spettacolo. La serie in tre parti inizierà a settembre 2023, anche se non sono state fissate date esatte. Il contributo introduce anche un sottotitolo che recita ” Dal mondo di John Wick “. Dai un’occhiata al teaser trailer di The Continental:

The Continental vedrà Colin Woodell nei panni del giovane Winston, l’esordiente Ayomide Adegun nei panni del giovane Charon, Mel Gibson nei panni di Cormac, Hubert Point-Du Jour nei panni di Miles, Jessica Allain nei panni di Lou, Mishel Prada nei panni di KD, Nhung Kate nei panni di Yen, Ben Robson nei panni di Frankie, Peter Greene come zio Charlie, Jeremy Bobb come Mayhew, Ray McKinnon come Jenkins, Adam Shapiro come Lemmy, Mark Musashi come Hansel, Marina Mazepa come Gretel e Katie McGrath come The Adjudicator.

Ambientato 40 anni prima degli eventi dei film, l’imminente spin-off prequel è incentrato su un giovane di nome Winston, che un giorno diventerà il personaggio interpretato da Ian McShane nei film di Wick“, si legge nella   sinossi Nel prequel ambientato sullo sfondo della New York degli anni ’70, i fan troveranno un giovane Winston nei panni di un albergatore emergente che, insieme ad altri, crea un rifugio per tipi sgradevoli“.

The Continental è stato introdotto nella prima film dei  film di John Wick  come rifugio sicuro per gli assassini ed è stato un luogo centrale nel franchise. Ogni puntata della serie di eventi dovrebbe durare 90 minuti e sarà presentata in anteprima nel corso di tre serate consecutive.

The Continental è stato annunciato per la prima volta nel 2017 dai creatori del franchise Chad Stahelski e Derek Kolstad. I produttori esecutivi sono Greg Coolidge, Kirk Ward e Shawn Simmons, che servono come showrunner, così come Albert Hughes, che dirige anche “Parte 1” e “Parte 3”, mentre Charlotte Brandstrom dirige “Parte 2”. Altri produttori esecutivi includono Basil Iwanyk ed Erica Lee della Thunder Road Pictures, Stahelski, Kolstad, David Leitch, Paul Wernick, Rhett Reese e Marshall Persinger.

Jeanne du Barry – La Favorita del Re, nuova clip dal film con Johnny Depp

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Dopo la prima clip, ecco una nuova clip del film in questi giorni al cinema Jeanne du Barry – La Favorita del Re, diretto da Maïwenn con un inedito Johnny Depp. Al cinema dal 30 Agosto distribuito da Notorious Pictures. Dopo aver aperto fuori concorso il 76° Festival di Cannes, arriva anche in Italia Jeanne du Barry – La Favorita del Re, diretto da Maïwenn (attrice e regista pluricandidata ai Premi César e vincitrice del premio della giuria al Festival di Cannes con la sua terza opera da regista, Polisse).

Un’intensa storia d’amore e di passione alla corte di Versailles che racconta la vita, l’ascesa e la caduta di Jeanne – interpretata dalla stessa Maïwenn – amante di Sua Maestà Luigi XV, che ha il volto di un inedito Johnny Depp. A completare il cast, le star Benjamin Lavernhe (The French Dispatch), Melvil Poupaud (Brother and Sister), Pierre Richard (Ti presento i tuoi), Pascal Greggory (L’ultima ora) e India Hair (La Ligne – La linea invisibile). Il film sarà distribuito nelle nostre sale da Notorious Pictures a partire dal 30 agosto.

La trama

Jeanne Vaubernier, una giovane donna della classe operaia affamata di cultura e piacere, usa la sua intelligenza e il suo fascino per salire uno dopo l’altro i gradini della scala sociale. Diventa la favorita del re Luigi XV che, ignaro del suo status di cortigiana, riacquista attraverso di lei il suo appetito per la vita. I due si innamorano perdutamente e contro ogni decoro ed etichetta, Jeanne si trasferisce a Versailles, dove il suo arrivo scandalizza la corte…

L’ordine del tempo, la recensione del film di Liliana Cavani #Venezia80

C’è un preciso momento in L’ordine del tempo, il nuovo film di Liliana Cavani presentato Fuori Concorso all’80ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, che ci dice tutto ciò che occorre sapere sul film: i protagonisti, fino a quel momento angosciati dall’ipoteticamente imminente fine del mondo, si riuniscono per danzare tutti insieme in cerchio sulle note di Dance Me to the End of Love di Leonard Cohen. Tutti, tranne la domestica peruviana, relegata sullo sfondo ad osservare quel felice gruppetto senza che a lei sia concesso di potersi scrollare di dosso, anche solo per un attimo, le proprie  preoccupazioni.

Il ritorno dietro la macchina da presa, a vent’anni dall’ultimo film, della Cavani è dunque sin dalle primissime battute un’opera che vorrebbe aspirare a proporre riflessioni sulla vita e l’esistenza, ma si concentra piuttosto sul difficilmente sopportabile punto di vista dei suoi personaggi snob. Un peccato, considerando che la base di partenza per tale lungometraggio è stato l’affascinante saggio omonimo scritto dal fisico Carlo Rovelli, dove si approfondisce la natura del tempo e della sua percezione umana. Naturalmente la Cavani, co-sceneggiatrice insieme a Paolo Costella e allo stesso Rovelli, è costretta a costruire intorno a tali concetti un racconto originale, ed è qui che iniziano i problemi. Ma andiamo con ordine.

La trama di L’ordine del tempo

Al centro della vicenda vi sono un gruppo di amici di vecchia data – tra i quali ritroviamo come interpreti Alessandro GassmannEdoardo Leo, Claudia Gerini Kseniya Rappoport – che, come ogni anno, si ritrova in una lussuosa villa privata sul mare di Sabaudia per festeggiare un compleanno. La scoperta che un enorme meteorite viaggia a gran velocità verso la terra, con forti probabilità di colpirla e portare all’estinzione la specie umana, trasforma però irrimediabilmente quel giorno di festa in uno di angoscia e paura. Da quel momento, il tempo che separa il gruppo dalla possibile fine del mondo sembrerà scorrere diversamente, veloce ed eterno, durante una notte d’estate che, apparentemente, cambierà le loro vite.

La cecità di una classe sociale

La scena precedentemente descritta conferma dunque quanto fino a quel momento si è temuto e quanto successivamente non verrà che confermato più e più volte fino allo sfinimento: i protagonisti di questo film sono personaggi che vorrebbero apparire quali variegati rappresentanti di un’umanità a tutti comprensibile, ma invece si svelano essere personalità egocentriche, sostanzialmente incapaci di gettare le proprie maschere anche nel momento in cui sarebbe opportuno farlo. Tutti i loro buoni propositi di venire a patti con passati tradimenti, amori persi, traumi mai risolti risultano tentativi mal riusciti di dimostrarsi compassionevoli.

Ma come possono esserlo quando l’unica ad avere un reale motivo nel temere la fine del mondo, la domestica peruviana, viene continuamente ignorata? Madre di un figlio che ha dovuto lasciare in Perù per venire in Italia, così da potergli inviare soldi, è lei l’unica a preoccuparsi di ciò che conta davvero: il futuro, del suo bambino come quello della vita, e la sua potenziale assenza. L’ordine del tempo diventa dunque sostanzialmente – e involontariamente – il racconto di una classe sociale incurante dei bisogni altrui, troppo occupata a rimuginare sui propri problemi, che naturalmente visti in un’ottica più ampia non si rivelano affatto così importanti.

L'ordine del tempo Edoardo Leo Ksenia Rappoport

Personaggi problematici per un film problematico

Difficile dunque empatizzare con questi personaggi così poco umani, tanto per quello che dicono quanto per quello che pensano e compiono. Personaggi che sarebbero potuti essere ottimo materiale per un film satirico sulla loro classe d’appartenenza, smascherando tutta la loro ipocrisia nel momento in cui posti a confronto con l’ipotetica fine delle loro esistenze. “Sfortunatamente” non c’è mai questo tipo di intento nei loro confronti, il che non vuol dire che la regista avrebbe fatto meglio ad inserire tale sfumatura, ma che così come sono scritti e posti in scena tali personaggi risultano facilmente odiosi.

È chiaro che l’intento era piuttosto quello di riflettere sulle dinamiche relazionali, ma nel farlo vengono utilizzati degli argomenti che nella loro banalità impediscono di andare davvero al cuore di tale tematica. È davvero tutta qui l’essenza dell’essere umano, tra una confessione di tradimento e un pedante discorso sulla tragedia greca? Forse è questo l’aspetto più spaventoso del film, molto più dell’ipotetica apocalisse che anzi non si riesce a prendere sul serio neanche per un momento. Ma pur volendo discostarsi da questo tipo di lettura, L’ordine del tempo risulta essere problematico sotto più punti di vista.

Il più evidente tra tutti è la scrittura, tra situazioni inverosimili (chi inviterebbe mai un amico lì dove c’è anche la sua ex con il nuovo compagno, tanto per dirne una) e dialoghi non solo presuntuosi ma anche eccessivamente didascalici, che già solo a sentirli pronunciare risulta evidente l’abisso tra di essi e il modo in cui si parla realmente nella vita di tutti i giorni. Certo, Alessandro Gassmann ed Edoardo Leo ce la mettono tutta per dar credibilità a tali battute, ma tra queste, scene che si potrebbero definire “vicoli ciechi” e la generale superficialità nella costruzione del racconto e della sua messa in scena, L’ordine del tempo porta piuttosto a sperare che la fine sia davvero imminente.

MCU: tutte le sostanze strane e inspiegabili presenti nel franchise

Il MCU è un mondo ricco, variegato e affascinante, pieno di supereroi tenaci, folli villain e storie maestose. Ma sappiamo bene che non è solo questo a renderlo un franchise di grande successo. Una delle capacità, e quindi dei meriti, del Marvel Cinematic Universe – che lo ha reso sin da subito irresistibile – è l’inserire all’interno delle sue narrazioni particolarità interessanti, come per esempio la presenza di alcune sostanze a noi sconosciute, ma che vengono trattate dai personaggi come se si conformassero alle normali leggi della fisica. Che inevitabilmente ci incuriosiscono.

Molto spesso si è sentito parlare, ad esempio, del vibranio. Un materiale che da come viene raccontato potrebbe davvero esistere nel mondo reale ma che poi, approfondendo un po’ meglio le sue caratteristiche, si scopre essere inspiegabile e strano. In fondo, lo stesso Stan Lee disse di aver costruito questo universo attorno a termini che semplicemente suonavano bene, non che erano supportati dalla scienza. Ma quali sono?

Vibranio

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Fra le tante sostanze presenti nel MCU, il vibranio è quello più usato dai personaggi Marvel, oltre a essere inserito all’interno di più film. Intanto, diciamo subito che il vibranio è un raro minerale metallico con proprietà di manipolazione dell’energia. Nonostante fosse una sostanza estratta su diversi pianeti, ad un certo punto tutte le miniere si sono esaurite, e il vibranio è rimasto solo sulla Terra e la Torfa. Ed è sulla prima che, in teoria, esistono cinque tipi differenti del minerale, e due di questi sono quello wakandiano e quello antartico. Se si analizza il concetto che sta alla sua base, esso può essere scientificamente valido: esistono diversi elementi rari, come il rutenio e l’osmio, che si trovano spesso nei meteoriti. Esiste anche un metallo, il tecnezio, che è più introvabile, e non è presente naturalmente sulla Terra. È plausibile, in tal caso, che una nazione come il Wakanda possa aver costruito la sua ricchezza attorno a una fornitura limitata di un metallo così raro.

Il problema però arriva quando si prendono in esame le sue proprietà. Oltre ad assorbire le onde sonore o le vibrazioni, il vibranio riesce anche a reindirizzare l’energia cinetica; alcuni metalli, realmente esistenti, hanno davvero proprietà simili di insonorizzazione e trasferimento di energia, ma i film del MCU confondono molto spesso sulle sue “specialità”. Un esempio lo abbiamo con lo scudo di Capitan America, fatto di vibranio: i proiettili sparati contro la sua armatura dovrebbero in teoria rimbalzare, ma quando l’Agente Carter cerca di dimostrarne la resistenza, lo scudo li appiattisce. Anche l’eccesso di radiazioni è un altro grosso punto interrogativo del minerale. Da quanto si apprende, il meteorite arrivato a Wakanda dentro il quale era contenuto il vibranio, ha infuso il suolo e la vegetazione, portando alla crescita dell’Erba a Foglia di Cuore. Ma è qui che arriva il problema: se il vibranio “causa” radiazioni benefiche in grado di alterare piante e minerali, come è possibile che non abbia lo stesso effetto su persone e animali che si nutrono di quelle piante? È, praticamente, impossibile, considerando che è grazie a quella specifica erba che le Pantere Nere ricevono i loro poteri.

Uru

Thor

Un’altra sostanza particolarmente nota è l’Uru, un metallo mistico che nei fumetti Marvel è presente nel mantello di Thor, Mjölnir. Nei film appartenenti al MCU, il mantello non possiede questo nome, ma la descrizione del Dio del tuono in Thor: Ragnarok, quando dice che è stato “fatto con questo metallo speciale proveniente dal cuore di una stella morente”, ci fa capire che si riferisce al Mjölnir, poiché combacia con la sua rappresentazione nei fumetti. L’Uru ha le sembianze di una pietra, ed è altamente resistente ai danni. Su di esso è anche detto che si rafforzi quando subisce un incantesimo particolare, grazie alla sua capacità di assorbire la magia come una spugna. Questo fa sì che possa imbrigliare e reindirizzare altre energie, come il fulmine che Thor incanala.

L’elemento di Tony Stark

Iron Man 2

In Iron Man 2, Tony Stark realizza un nuovo elemento per creare un altro reattore ad arco che non sia tossico come il palladio. Di questo elemento non è mai spiegato niente, seppur Stark lo abbia brevettato dandogli il nome “badassium”. L’unica cosa appresa è che questa specie di metallo ha insolite proprietà di assorbimento dell’energia, tanto che in The Avengers Iron Man riesce ad assorbire i fulmini di Thor, bloccando il potere della Gemma della Mente. Pur essendo la creazione di un elemento teoricamente semplice, nell’atto concreto richiede molta energia, tanto che il risultato ottenuto non potrà mai, se non in rari casi, essere stabile per lungo tempo. Inoltre, i nuovi elementi hanno la tendenza ad essere radioattivi, indi per cui è quasi impossibile che Stark abbia creato qualcosa di non radioattivo e più sicuro del palladio.

Particelle Pym

Ant-Man and the Wasp Quantumania 8

Altra “materia di studio” sono poi le Particelle Pym, un raro gruppo di particelle subatomiche scoperte e isolate dal Dott. Henry Pym, le quali hanno la capacità di alterare le dimensioni e la massa di oggetti o esseri viventi. È, in realtà, una sorta di violazione della legge fisica del cubo quadrato, secondo la quale tutto ciò che diventa 10 volte più grande copre una superficie 100 volte maggiore e pesa 1000 volte di più. Queste particelle, però, ne superano il problema, poiché ad un certo punto riescono a spostare la massa in eccesso nel regno quantico subatomico. Nella realtà, tale processo non sarebbe mai possibile con la fisica che conosciamo noi.

Le Gemme dell’Infinito

Gemme dell'Infinito MCU

La causa scatenante che in Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame ha portato alla morte di alcuni degli Avenger più amati sono le Gemme dell’Infinito, le quali riescono ad arrivare nelle mani del folle Thanos facendogli distruggere interi universi. Delle Gemme, però, il MCU ha una conoscenza abbastanza limitata, indi per cui dobbiamo risalire ai fumetti, secondo i quali esse sono creazioni dei Celestiali, esseri cosmici che hanno creato il MCU e diversi altri universi. Il potere delle Gemme è davvero enorme, come si è potuto vedere, ma ciò che non si sa è che può essere esercitato solo in base ai capricci dei suoi creatori. In questo modo, capiamo che Thanos, come tutti gli altri Avenger e supereroi, sono solo una profezia. Ma tornando ai film del Marvel Universe, la storia delle Gemme dell’Infinito è abbastanza insensata. Queste pietre sono più mistiche che scientifiche, ma nelle pellicole sembra che debbano per forza essere conformi alle leggi naturali della scienza, in particolare quelle dello Spazio e del Tempo. Inoltre, la distruzione delle Gemme, nonostante il loro potere, non sembra avere avuto alcun effetto sul MCU. Ma il vero punto interrogativo è un altro: le Gemme sono davvero senzienti? Sembrerebbe di no, se si considera che in Avengers: Infinity War, quella dell’Anima si attiva e rivela solo dopo il sacrificio di Gamora. Ma in fondo… chi lo sa.

Raggi gamma

Hulk

Chiunque si stia ancora chiedendo in che modo Bruce Banner sia diventato Hulk, o meglio cosa abbia scatenato la sua trasformazione, la risposta è solo una: l’esposizione ai raggi gamma. Nella nostra realtà, i raggi gamma sono la lunghezza d’onda più corta delle onde elettromagnetiche rilasciate dai materiali radioattivi , e sono anche le più letali, in quanto causano danni intensi ai tessuti e al DNA. Nel MCU questo problema non è stato proprio affrontanto, con Banner che spiega a sua cugina Jennifer Walters (She-Hulk per intenderci), che entrambi hanno “una rara combinazione di fattori genetici che ci permettono di sintetizzare le radiazioni gamma in qualcos’altro”. Pur potendo essere alcuni più resistenti alle radiazioni, nessuno può davvero alterare completamente l’energia radioattiva nel corpo.

Il siero DNA Harvest

Nick Fury Thor

Un’altra sostanza inspiegabile è inserita all’interno di Secret Invasion, nuovo show targato Marvel uscito di recente su Disney+. Parliamo del siero del DNA Harvest, introdotto per giustificare la ribellione dello Skrull Gravik, portandolo a formare un esercito intenzionato a conquistare la Terra. In questa occasione, viene rivelato che Nick Fury ha raccolto nel tempo DNA di vari eroi e villain, distillandoli in un unico siero, chiamato per l’appunto Harvest, il quale può essere usato da uno Skrull per acquisire poteri di diversi personaggi del MCU. Nonostante ciò, non è ben chiaro come funzioni il siero: pur volendo far passare l’idea che G’iah e Gravik possano accedere a un elenco di tutti gli esseri il cui DNA è finito nel liquido, non c’è modo di sapere come funzionerebbero i loro poteri. È difficile, poi, pensare che Nick Fury possa immagazzinare tutte queste informazioni genetiche in un unico siero, tra l’altro conservato a temperatura ambiente.

Fluido cerebrale

Eternals

Concludiamo il nostro viaggio nelle sostanze strane del MCU con il fluido cerebrale dei Celestiali attraverso il quale, riferendoci ai fumetti, si ottengono i superpoteri. Nel passaggio al Marvel Cinematic Universe non si sa se questa cosa valga anche per i film: come vediamo chiaramente nella trilogia de Guardiani della Galassia, il cranio di un celestiale decapitato è stato trasformato in quella che conosciamo come Knowhere, città nella quale vivono i Guardiani e sede di una prosperosa attività mineraria. Si dice che Knowhere raccolga le ossa, il tessuto cerebrale e il fluido spinale dei Celestiali morti, ma non è chiaro a cosa questi in realtà servano. Altra cosa che non ha spiegazione, e lascia fra l’altro perplessi, è il fatto che i Celestiali, considerata l’importanta nell’Universo Marvel del fluido, consentano che uno di loro venga profanato in questo modo.

And Just Like That 2: si ritorna alle origini di Sex & The City?

Un Cosmopolitan e le chiacchiere fra amiche che rendono la vita migliore. Sono sempre stati questi i due tratti caratteristici di Sex & The City. Il marchio di fabbrica che ha distinto la serie anni Novanta da altri show televisivi. Gli stessi tratti che abbiamo ritrovato in And Just Like That, in particolare nel finale della seconda stagione del revival, in cui Carrie consuma il suo cocktail baciata dal sole greco insieme a Seema, mentre una borsa Yves Saint Laurent giace sulla sabbia.

Che fosse la nostalgia della serie cult ad aver spinto Darren Star (suo creatore) a farci tuffare di nuovo nelle vite di Carrie, Miranda e Charlotte è un dato di fatto. Che continuasse a voler essere quasi sua copia carbone è, invece, qualcosa di inaspettato. Con una prima stagione avvincente, And Just Like That, a distanza di tredici anni dal secondo film, ha riaperto le porte sulla quotidianità delle tre amiche (un tempo erano quattro), per mostrarci quanto fossero cambiate ed evolute e quanto lo show volesse impegnarsi ad affrontare tematiche più idonee all’età delle protagoniste maturate. Se quindi alla prima season era stato riconosciuto il merito di essere un revival degno, la seconda ha registrato un cambio di rotta, volendo chiaramente tornare ai fasti della serie madre. Ma questa, a guardarlo oggi, funziona ancora?

Quando andrà avanti Carrie?

And Just Like That 2 Carrie

Nella prima puntata di Sex & The City, andata in onda sulla HBO nel 1998, un pubblico che stava per entrare nel nuovo millennio fa la conoscenza di Carrie Bradshaw, una giornalista vivace e romantica che ha una rubrica sul sesso. Parlare apertamente dell’argomento e mostrarlo senza filtri è in realtà ciò che ha reso poi lo show così famoso e apprezzato. Carrie, affascinata dalla moda e dalla vita frenetica di New York, ci viene presentata come una giovane donna dai grandi sogni, che – come ribadirà lei stessa nel primo film della serie – è arrivata nella Grande Mela per cercare il vero amore.

Mentre scopre e prova, quasi come fossero cibi diversi, varie tipologie di uomini, insieme alle sue amiche del cuore, Carrie capisce qual è l’uomo che vuole al suo fianco, seppur nel corso delle stagioni la persona che desidera davvero, ossia Mr. Big, non ne rispecchi esattamente le caratteristiche. È così che la donna comincia ad avere alte aspettative sugli uomini che frequenta, nella speranza di poter coronare il suo sogno, che si trasforma quasi in una missione. Al tempo stesso questo la porta a essere continuamente illusa e indecisa, piena di preoccupazioni e dubbi e spesso anche avventata. Un comportamento giustificato dalla sua età e dal suo essere, in fondo, un’eterna fanciulla a volte anche capricciosa. Nella prima stagione di And Just Like That, dopo averla vista mettere in ordine i tasselli della sua vita con i due film del 2008 e 2010, abbiamo una Carrie leggermente diversa, più adulta, consapevole di chi è diventata.

È la morte di Big, e il successivo lutto, a dimostrarcelo: lei sa di non poter più tornare indietro e riavvolgere il nastro, e l’unico modo per superare quella sua condizione è guardare verso il futuro, continuando a crescere, pur essendo rimasta di nuovo sola. La Carrie matura, che si sente finalmente bene nella sua età e in quella quotidianità un po’ ordinaria ma stabile, è però spazzata via nella seconda stagione del revival, innescata dal ritorno di fiamma con Aidan. Dopo essersi visti ad Abu Dhabi nell’ultimo film, e aver capito, in seguito al bacio con lui, che è Mr. Big l’amore della sua vita, in And Just Like That 2 Carrie sembra fare ancora una volta un passo indietro. O meglio, dieci balzi nel passato, quando nella stagione quattro crede sia Aidan il partner giusto con il quale sistemarsi in pianta stabile, vendendo addirittura il suo appartamento per costruirci insieme un futuro.

Ma sappiamo molto bene quanto Carrie si sia pentita allora della decisione, mandando a monte il matrimonio con Aidan nel giro di poco tempo a causa del suo sentirsi in gabbia. E soprattutto quanto le sia costato mettere in vendita la sua bella casetta a Manhattan. Il risultato è che, come accadde in Sex & The City, la scelta ripetuta in And Just Like That 2 la porta a rimanere esattamente dove è sempre stata: in bilico fra l’andare avanti ed essere felice e il rimanere immobile, in una relazione che non sa dove attraccherà. Un limbo che non ha mai fine. Soltanto che adesso, l’aggravante, è che deve aspettare 5 anni per per poter stare tranquilla.

Big o Aidan?

And Just Like That 2 Carrie e Aidan

Ed è in realtà proprio a far inceppare gli ingranaggi di Carrie in And Just Like That 2. Sin dalle prime immagini, il pubblico che si era legato al giovane designer di mobili, ha immaginato come potesse essere l’incontro con la donna dopo l’episodio nelle terre d’Oriente. Abbiamo conosciuto Aidan nella terza stagione e sembrava essere perfetto per lei: un uomo strutturato, fatto e finito, con le idee e gli obiettivi chiari.

Era l’amore che Carrie cercava per le strade di New York, fra i vicoli, nei bar chic, nelle feste da sballo, nelle sfilate di alta moda. Salvo poi capire che Aidan non era – ancora – quello che voleva. Non era pronta ad affrontare un matrimonio, a impegnarsi sul serio, a fare quel passo avanti che le avrebbe cambiato la vita. Un comportamento infantile, che ha sempre caratterizzato la protagonista e che nella fine del rapporto con lui ha trovato conferma. Cosa voleva davvero Carrie? Solo Big. Solo il suo John. Ed è questa la consapevolezza a cui è arrivata nel secondo film, dopo il bacio improvviso con Aidan e il ritorno a casa da suo marito. Aidan non poteva essere quello adatto, perché Carrie aveva bisogno di quell’ “amore ridicolo, scomodo, che consuma, che non può vivere senza l’altro”, come disse a Petrovsky nel finale della sesta stagione a Parigi, prima di buttarsi fra le braccia di Big e trovare il suo per sempre. Invece Aidan era, semplicemente, grigio.

Nonostante Mr. Big sia stato nel corso delle stagioni sempre indeciso, inaffidabile e a volte vigliacco, non ha mai voluto davvero cambiarla, a differenza di Aidan, e ha sempre acceso in lei quella passione che cercava, e che si conformava bene al carattere sognatore, spensierato e a volte bambinesco di Carrie. Con lui decide di sposarsi, accetta l’etichetta di moglie, trovando con lui le regole per vivere un matrimonio felice e giusto, cosa che con Aidan era stato impossibile fare (lui la mise davanti ad un ultimatum nella quarta stagione: o mi sposi o ti lascio).

In And Just Like That 2 è strano perciò sentire Carrie chiedere a Miranda se Big sia stato un errore, quando tutti sanno, lei compresa, quanto non fosse così, soprattutto perché l’uomo è stato l’unico a permetterle di essere se stessa, soprattutto di essere libera. E se John fosse ancora vivo, a Carrie questo dubbio non sarebbe mai affiorato, e un ennesimo ritorno di Aidan non le avrebbe fatto prendere una nuova casa a Gramercy Park per lui e i suoi figli, come invece avviene nella season del revival. A livello narrativo, la re-introduzione del personaggio è stata molto frettolosa, non aderisce bene alla nuova realtà di Carrie e risulta persino monotona, non apportando alcun cambiamento o miglioramento significativo né alla protagonista né al suo modo di intendere i rapporti. Non la fa crescere ancora, come si sperava di vedere. Non la fa evolvere. Quello a cui perciò si assiste è un ripetere gli errori fatti in Sex & The City, constatazione confermata dalla richiesta di lui di aspettare che il figlio Wyatt finisca la pubertà per poter stare insieme. Non ci sono soluzioni o compromessi per lui. Ci sono solo le sue decisioni prese senza un autentico confronto di coppia. Aidan non è il vero amore di Carrie. È che Carrie, ancora una volta, si sta accontentando.

Samantha, il cuore pulsante dello show

And Just Like That 2 Samantha

E ora arriviamo al cuore pulsante di Sex & The City: Samantha Jones. Il cameo di Kim Cattrall in And Just Like That 2, da quando la stessa attrice lo annunciò sui suoi canali social, è stato il momento più atteso e desiderato da tutti i sostenitori della serie. Il personaggio di Cattrall è stato Sex & The City, una ventata d’aria fresca e nuova che ha dato allo show ciò di cui aveva davvero bisogno per differenziarsi ed essere risonante: l’irriverenza. Pur essendo Carrie la protagonista, Samantha è sempre riuscita a sovrastarla e in più di un’occasione oscurarla. Era lei il personaggio sovversivo, portatrice di un pensiero femminista, per non dire che fosse proprio una trasposizione su schermo del movimento. Jones, da quando è apparsa nella prima puntata, ha dichiarato subito la sua indole.

In una serie improntata sulla libertà dell’essere donne, sull’annullare i tabù legati al sesso e le sue declinazioni, Samantha è stata capace con le sue battute ironiche, la sua franchezza e il suo savoir fair, di dare un senso all’intera narrazione e ai suoi intenti. Molto più delle sue amiche, le quali hanno sempre rappresentato varianti più deboli del femminismo. Samantha si è battuta sin da subito per l’indipendenza che merita di avere una donna, anche nel rapporto con un uomo, tanto che lei stessa più di una volta sottolinea l’importanza di dominare sotto le lenzuola. Anche quando si innamora – parliamo sempre della serie – non si lascia sopraffare dal compagno, ma anzi ad un certo punto, proprio perché crede in se stessa e non vuole soccombere, lo lascerà con queste iconiche parole: “io ti amo, ma amo più me stessa.”

Il personaggio portato in scena da Kim Cattrall è stato da stimolo per tante donne all’epoca, ed assume ancora più valore nella nostra era contemporanea, nella quale siamo continuamente tartassati dal politically correct e dal dare più valore all’apparenza piuttosto che alla sostanza, oltre ad essere in un momento storico in cui la donna fa ancora fatica (seppur di meno rispetto a prima) a trovare il suo posto nel mondo e ad affermarsi. Samantha Jones è stata fonte di ispirazione, icona, paladina del body positive, devota alla verità, anche quella più volgare, e mai spaventata nell’esprimere il suo pensiero, scomodo o meno che fosse. Mai costretta in una gabbia. Mai etichettata, a meno che non fosse lei stessa a volerlo, e spesso era per gioco.

Per tutte queste ragioni, l’avere avuto anche solo 75 secondi all’interno di And Just Like That 2, pagati fra l’altro a Cattrall un milione di dollari – ha permesso alla serie di poter, anche solo per poco, tornare ad avere quell’armonia tipica dello show, in cui l’amicizia e l’humor sono la vera colonna portante. L’entusiasmo del pubblico nel rivedere la sua beniamina è servito a dare una scossa agli ultimi episodi sottotono, e seppur Samantha non sia ufficialmente tornata sulla giostra, la sua breve presenza è stata capace di imprimersi anche là dove non ci fosse. Inoltre, ha fatto sì che il personaggio avesse una sua meritata conclusione narrativa, che poi conclusione in realtà non è stata: mostrarci che Samantha esiste ancora nell’universo di And Just Like That e che sia ancora in buoni rapporti con le sue amiche, ma in particolare con Carrie, è stato il miglior modo per omaggiarla e dare a noi spettatori la conferma che sta bene. È presente. E lo sarà sempre.

Conclusioni

And Just Like That 2 Carrie e Miranda

Sulla base di quanto detto, And Just Like That 2 sembra non trovare una propria forma come accaduto con la prima season, e perciò tenta di modellarsi seguendo la stessa traccia della serie madre. Non considerando, però, che i tempi sono cambiati e che oggi le tematiche trattate negli anni Novanta sono affrontate tutti i giorni, esplorate in lungo e in largo nella maggior parte dei prodotti audiovisivi. Per cui, ciò che dovrebbe essere essenziale, e che speriamo di trovare nella terza stagione già annunciata, è una scrittura che, pur ancorandosi all’ossatura narrativa di Sex & The City, trovi una propria strada per parlare e raccontarsi a un pubblico diverso, evoluto, tanto quanto lo sono – o dovrebbero esserlo – le sue protagoniste.

Intanto, è un bene che la stagione abbia lasciato una porta aperta su quella che potrebbe essere, eventualmente, una presa di consapevolezza definitiva di Carrie riguardo il suo futuro. Dopo aver deciso di affittare il suo appartamentino floreale alla vicina di casa, la giornalista sceglie, nelle ultime battute, di non tornare sui suoi passi nonostante il periodo di pausa con Aidan, ma prova a guardare avanti e rimanere ferma nella sua ultima decisione di aver comprato una nuova casa. Soprattutto, fronteggia la sua ennessima situazione critica davanti ad un Cosmopolitan, per ricordare al suo pubblico che tutto si può affrontare davanti a un buon cocktail.

Venezia 80: Alexandre Desplat terrà la laudatio di Wes Anderson

Venezia 80: Alexandre Desplat terrà la laudatio di Wes Anderson

Sarà il compositore francese Alexandre Desplat a tenere la laudatio di Wes Anderson alla cerimonia di consegna del premio Cartier Glory to the Filmmaker dell’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, venerdì 1 settembre nella Sala Grande del Palazzo del Cinema (Lido di Venezia) alle ore 14.30, prima della proiezione Fuori Concorso di The Wonderful Story of Henry Sugar (Usa, 40′), per il quale ha composto le musiche.

Alexandre Desplat ha scritto le colonne sonore dei film di Wes Anderson da Fantastic Mr. Fox (2009)  fino ad Asteroid City (2023). Per Grand Budapest Hotel (2014) ha vinto l’Oscar alla migliore colonna sonora nel 2015. Ha vinto il suo secondo Oscar nel 2018 per le musiche de La forma dell’acqua di Guillermo del Toro, film Leone d’oro nel 2017.

Alexandre Desplat è stato Presidente della giuria internazionale del concorso di Venezia nel 2014.

Adam Driver denuncia Netflix e Amazon per non aver soddisfatto le richieste del SAG-AFTRA

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In occasione della conferenza stampa di Ferrari al Festival del cinema di Venezia, dove il film è stato presentato in Concorso, Adam Driver ha denunciato Amazon e Netflix per essersi rifiutati di soddisfare le richieste di SAG-AFTRA protese a stipulare accordi ad interim per permettere agli attori, presenti nei loro film, di partecipare alla promozione degli stessi nel corso dello sciopero di sindacato.

Senza mezzi termini, Adam Driver chiama in causa le grandi case di produzione / streamer per puntare il dito contro la loro mancanza di volontà di trovare accordi ad interim con gli attori (Driver si fa portavoce del SAG, ovviamente), cosa che invece fanno le produzioni più piccole, come la Neon, che produce il film di Michael Mann.

“Sono molto felice di essere qui per supportare questo film, e la programmazione ridotta che avevamo per girarlo e gli sforzi di tutti gli incredibili attori che ci hanno lavorato e della troupe. Ma sono anche molto orgoglioso di essere qui per rappresentare visivamente un film che non fa parte dell’AMPTP e per promuovere la direttiva sulla leadership del SAG che è una tattica efficace ovvero, gli accordi ad internim”, ha affermato Driver.

“L’altro obiettivo è ovviamente quello di mostrare come una società di distribuzione più piccola come Neon e STX International può soddisfare le richieste di SAG – si tratta di pre-negoziazioni – ma un grande aziende come Netflix o Amazon non lo fa. E ogni volta che i rappresentanti del SAG sono andati a sostenere un film che ha rispettato i termini dell’accordo provvisorio, diventa ancora più ovvio che queste persone sono disposte a sostenere le persone con cui collaborano, e gli altri no.”

Il cast di Ferrari protagonisti sono Adam Driver nei panni di Enzo Ferrari con Penélope Cruz nei panni di Laura Ferrari. Nel cast anche Shailene Woodley, Gabriel Leone, Sarah Gadon, Jack O’Connell, Patrick Dempsey, Michelle Savoia, Erik Haugen, Andrea Dolente e Giuseppe Bonifati.

Michael Mann: “Enzo Ferrari, una storia di lutto, passione e ambizione”

In Concorso, trai grandi nomi che presenteranno i loro film a Venezia 80, c’è anche Michael Mann, regista iconico del cinema mondiale, che porta al Lido la sua versione della vita di un’altra icona dell’imprenditoria italiana: Enzo Ferrari. Interpretato da Adam Driver, il fondatore della scuderia più amata del mondo è il protagonista di un melodramma operistico, una storia che nelle sua estremità trova la via verso l’universale.

“Quando incontri una personalità così forte come quella di Enzo Ferrari, più vai a fondo, più la storia diventa universale, e ho trovato che i suoi fortissimi contrasti interni, fossero in qualche modo un rimando a com’è la vita nella realtà.” Ha detto Michael Mann, per spiegare come mai ha scelto di raccontare proprio la storia dell’imprenditore italiano.

Il film non è un biopic classico, ma si concentra su un anno particolare della vita di Ferrari, il 1957, momento molto delicato e particolare per la sua vita. Nelle parole di Mann, ecco perché si è scelto di ambientare il film in quel momento storico: “Nel 1957 molti dei conflitti che serpeggiavano nella sua vita sono entrati in rotta di collisione: la compagnia in bancarotta, aveva appena perso suo figlio Dino, il suo matrimonio con Laura stava cadendo a pezzi. Ha dovuto affrontare diversi tipi di lutto. E queste ferite hanno comunque un che di universale. Succede in tutte le nostre vite: lutto, perdita, amore, passione, ambizione. Sono sentimenti universali e sono stati compressi tutti nella vita di Enzo Ferrari, in una maniera melodrammatica, operistica quasi.”

Un lavoro da antropologo, nelle parole di Michael Mann, che il regista ha portato avanti immergendosi nello spazio circoscritto di Modena, ripercorrendo ogni giorno, nella quotidianità, le tappe dello stesso Ferrari, andando persino dallo stesso barbiere. “Il ritratto è quello di un uomo che viveva verso il futuro, a differenza di sua moglie che era giustamente imprigionata nel lutto. Enzo era costantemente proiettato verso quello che sarebbe successo, quando gli si chiedeva quale fosse l’automobile più bella che avesse mai costruito, lui rispondeva sempre ‘la prossima’. E l’opposizione trai due caratteri era un altro elemento di grande interesse.”

Ricordiamo che Ferrari ha ricevuto l’ok da SAG-AFTRA con un accordo provvisorio che permette al cast del film di promuovere la pellicola durante lo sciopero, e infatti Adam Driver e Patrick Dempsey erano presenti a Venezia. Il film è infatti prodotto da Neon e poiché si tratta di uno studio indipendente non affiliato all’AMPTP, non ha avuto problemi a ricevere deroghe da SAG-AFTRA.

La produzione ha strappato un accordo ad interim per la promozione del film, che consentirà al cast di promuovere il film durante la sua prima al Festival del cinema di Venezia, al New York Film Festival e in qualsiasi altro evento in cui il film verrà proiettato.

Pablo Larrain racconta Pinochet in El Conde: “Nessuna forma di empatia era accettabile”

Sanguigno eppure chirurgico, Pablo Larrain, come il suo cinema, riesce sempre a scuotere ed emozionare. Prova a farlo anche a Venezia 80, con il suo El Conde, presentato in Concorso, una satira sulla vita di Pinochet, reso vampiro immortale dalla sua impunità, come ha avuto modo di spiegare lo stesso regista nel corso della conferenza stampa di presentazione del film al Lido.

“Volevo trovare il miglior modo per rappresentare l’uomo Pinochet. Non era mai stato rappresentato prima al cinema o in tv, quindi il cercare l’approccio giusto ci ha condotti al genere, la combinazione tra una farsa e una satira, con elementi che derivano dalla leggenda, dalla logica e del personaggio del Conte, il Vampiro. E credo fosse l’unico modo per raccontarlo. Se non si percorre la via della satira, potrebbe essere facile scivolare verso una forma di empatia, e questo non era accettabile.” Spiega Pablo Larrian ad una platea attenta.

“Tutte le scelte sono state guidate dalla consapevolezza che Pinochet non ha mai affrontato la giustizia e questo gli ha permesso di vivere e morire in libertà, e anche molto ricco. Quella impunità lo ha reso in qualche modo eterno, per questo lo abbiamo rappresentato come un vampiro.” 

Le scelte estetiche di El Conde sono, come sempre nella filmografia del regista cileno, molto definite e in molti modi aiutano la narrazione, sostenendo la tesi che nel film porta avanti Pablo Larrain: “Il film si svolge in una grande casa isolata, all’estremità del Cile, in Patagonia. Pensavamo che il bianco e nero facilitasse la prospettiva teatrale e che potesse essere considerato più lontano e fantasioso, rispetto a dei colori realistici. Il lavoro con Edward Lachman, il nostro direttore della fotografia, è stato rilevante, non solo per l’aspetto estetico, naturalmente molto bello, ma anche perché sentivo, mentre giravamo, che avendo lui come DOP, le nostre immagini sarebbero sembrate universali. Avere uno straniero, un non cileno, che ci ha aiutato a tenere insieme la storia, probabilmente ha contribuito molto a rendere il film universale, anche se questo lo deciderà il pubblico. Ma con il suo anche il lavoro di scenografia, costumi e trucco hanno reso questo film unico.”

Il film si avvale della distribuzione di Netflix, sostegno che Pablo Larrain ha elogiato in conferenza, non dandolo per scontato: “Penso sia bellissimo che Netflix abbia supportato un film come questo, non solo un film coraggioso e insolito, ma che dà voce alla cinematografia cilena che, attraverso lo streamer, può parlare al mondo intero. Non lo avrei mai dato per scontato, soprattutto in un mondo che cambia così velocemente.”

Saltburn: il primo trailer del nuovo film di Emerald Fennell

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Saltburn: il primo trailer del nuovo film di Emerald Fennell

Amazon Studios ha diffuso il primo trailer di Saltburn, il secondo film da regista di Emerald Fennell che segue il successo di Una donna promettente, che è valso alla filmmaker un Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale. Il film è stato selezionato per aprire ufficialmente la 67° edizione del BFI London Film Festival.

Nel cast del film ci sono Jacob Elordi (Euphoria), Barry Keoghan (Gli Spiriti dell’Isola) e Rosamund Pike (Gone Girl). I dettagli della trama sono stati tenuti nascosti, con l’unico indizio che Saltburn è una “storia di ossessione”. Il personaggio di Keoghan, Oliver, incontra Felix (Elordi) in un collegio raffinato. Felix, scoprendo che la sua nuova conoscenza potrebbe non avere la situazione migliore a casa, dice: “Perché non vieni a casa da me? Vieni a Saltburn.”

Saltburn si scopre, è la tenuta della famiglia di Felix, con tanto di maggiordomo, una mamma snob e un’ingenua di alto rango che può o meno essere complementare ad Oliver quando gli dice: “Sei così… reale”.

Quella che segue è una storia di un pesce fuor d’acqua in cui Oliver intraprende un viaggio all’interno dell’eccesso. A un certo punto il personaggio di Keoghan si entusiasma: “Posso onestamente dire che questi ultimi mesi sono stati i più felici della mia vita”. Abbiamo la sensazione che la felicità, tuttavia, potrebbe non durare.

BFI London Film Festival 2023: il programma completo

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BFI London Film Festival 2023: il programma completo

Mentre Telluride e Venezia sono in pieno svolgimento, anche il BFI London Film Festival, un altro tra gli importanti festival autunnali, annuncia il suo ricchissimo programma che vedrà in apertura Saltburn, il nuovo film di Emerald Fennell (Una donna promettente). Ecco di seguito tutta la lista dei film che verranno presentati nel corso della manifestazione dal 4 al 15 ottobre 2023.

HEADLINE GALAS

· Opening Night Gala – SALTBURN (UK, dir.-scr. Emerald Fennell)

· Closing Night Gala – THE KITCHEN (UK, dir. Kibwe Tavares, Daniel Kaluuya)

· American Express Gala – ONE LIFE (UK, dir. James Hawes)

· ALL OF US STRANGERS (UK, dir.-scr. Andrew Haigh)

· THE BIKERIDERS (USA, dir. Jeff Nichols)

· THE BOOK OF CLARENCE (USA, dir.-scr. Jeymes Samuel)

· The Mayor of London’s Gala – CHICKEN RUN: DAWN OF THE NUGGET (UK, dir. Sam Fell)

· Cunard Gala – THE HOLDOVERS (USA, dir. Alexander Payne)

· THE KILLER (USA, dir. David Fincher)

· KILLERS OF THE FLOWER MOON (USA, dir. Martin Scorsese)

· MAESTRO (USA, dir. Bradley Cooper)

· MAY DECEMBER (USA, dir. Todd Haynes)

· NYAD (USA, dir. Elizabeth Chai Vasarhelyi, Jimmy Chin)

· Poor Things (UK, dir. Yorgos Lanthimos)

SPECIAL PRESENTATIONS

· THE BOY AND THE HERON (Japan, dir. Hayao Miyazaki)

. COBWEB (South Korea, dir. Kim Jee-woon)

· BFI Patron’s Special Presentation – THE END WE START FROM (UK, dir. Mahalia Belo)

· FALLEN LEAVES (Finland, dir.-scr. Aki Kaurismäki)

· FOE (Australia, dir. Garth Davis)

· Series Special Presentation – GRIME KIDS (UK, dir. Abdou Cisse)

· HIT MAN (USA, dir. Richard Linklater)

· BFI Flare Special Presentation – HOUSEKEEPING FOR BEGINNERS (North Macedonia-Poland-Croatia-Serbia-Kosovo, dir.-scr. Goran Stolevski)

· LES INDÉSIRABLES (France-Belgium, dir. Ladj Ly)

· MEMORY (Mexico-USA-Chile, dir.-scr. Michel Franco)

· OCCUPIED CITY (UK-Netherlands, dir. Steve McQueen)

· PRISCILLA (USA-Italy, dir.-scr. Sofia Coppola)

· THE ZONE OF INTEREST (USA-UK-Poland, dir.-scr. Jonathan Glazer)

LFF AWARDS

OFFICIAL COMPETITION

· BALTIMORE (Ireland-UK, dir.-scr. Christine Molloy, Joe Lawlor)

· DEAR JASSI (India, dir. Tarsem Singh Dhandwar)

· EUROPA (Austria-UK, dir.-scr. Sudabeh Mortezai)

· EVIL DOES NOT EXIST (Japan, dir.-scr. Ryusuke Hamaguchi)

· FINGERNAILS (USA, dir. Christos Nikou)

· GASOLINE RAINBOW (USA, dir.-scr. Bill Ross IV, Turner Ross)

· I AM SIRAT (Canada, A COLLABORATION BETWEEN DEEPA MEHTA AND SIRAT TANEJA)

· THE ROYAL HOTEL (Australia, dir. Kitty Green)

· SELF PORTRAIT: 47 KM 2020 (China, dir. Zhang Mengqi)

· STARVE ACRE (UK, dir.-scr. Daniel Kokotajilo)

· TOGETHER 99 (Sweden-Denmark, dir.-scr. Lukas Moodyson)

FIRST FEATURE COMPETITION

· BLACK DOG (UK, dir. George Jaques)

· EARTH MAMA (USA-UK, dir-scr. Savanah Leaf)

· HOARD (UK, dir.-scr. Luna Carmoon)

· IN CAMERA (UK, dir.-scr. Naqqash Khalid)

· MAMBAR PIERRETTE (Belgium-Cameroon, dir.-scr. Rosine Mbakam)

· PARADISE IS BURNING (Sweden-Italy-Denmark-Finland, dir. Mika Gustafson)

· PENA CORDILLERA (Chile-Brazil, dir.-scr. Felipe Carmona)

· THE QUEEN OF MY DREAMS (Canada, dir.-scr. Fawzia Mirza)

· SKY PEALS (UK, dir.-scr. Moin Hussain)

· TIGER STRIPES (Malaysia-Taiwan-Singapore-France-Germany-Netherlands-Indonesia-Qatar, dir.-scr. Amanda Nell Eu)

· TUESDAY (UK-USA, dir.-scr. Daina O. Pusić)

DOCUMENTARY COMPETITION

· BYE BYE TIBERIAS (France-Palestine-Belgium-Qatar, dir. Lina Soualem)

· CELLULOID UNDERGROUND (UK-Iran, dir. Ehsan Khoshbakht)

· CHASING CHASING AMY (USA, dir. Sav Rodgers)

· A COMMON SEQUENCE (USA-Mexico, dir. Mary Helena Clark, Mike Gibisser)

· DANCING ON THE EDGE OF THE VOLCANO (Germany-Lebanon, dir-scr. Cyril Aris)

· THE KLEZMER PROJECT (Austria-Argentina, dir-scr. Leandro Koch, Paloma Schachmann)

· QUEENDOM (France-USA, dir. Agnilia Galdanova)

· THE TASTE OF MANGO (UK-USA, dir. Chloe Abrahams)

SHORT FILM COMPETITION

· THE ARCHIVE: QUEER NIGERIANS (UK, dir. Simisolaoluwa Akande)

· AREA BOY (UK, dir. Iggy London)

· BOAT PEOPLE (Canada, dir. Thao Lam, Kjell Boersma)

· ESSEX GIRLS (UK, dir. Yero Timi-Biu)

· THE GOOSE’S EXCUSE (Egypt-UK, dir. Mahdy Abo Bahat)

· KHABUR (Germany-Iran, dir. Nafis Fathollahzadeh)

· ONSET (UK-Poland, dir. Anna Engelhardt, Mark Cinkevich)

· THE SINGER (UK, dir. Cora Bissett)

· THE WALK (UK, dir. Michael Jobling)

· WELLS OF DESPAIR (Netherlands, dir. sata taas)

LOVE

· PERFECT DAYS (Japan, dir. Wim Wenders)

. UNICORNS (UK, dirs. Sally El Hosaini, James Krishna Floyd)

. 20,000 SPECIES OF BEES (Spain, dir.-scr. Estibaliz Urresola Solaguren)

· ÀMA GLORIA (France, dir.-scr. Marie Amachoukeli)

· BANEL & ADAMA (France-Senegal-Mali, dir.-scr. Ramata-Toulaye Sy)

· BLACKBIRD BLACKBIRD BLACKBERRY (Switzerland-Germany-Georgia, dir. Elene Naveriani)

· THE ETERNAL MEMORY (Chile, dir. Maite Alberdi)

· FANCY DANCE (USA, dir. Erica Tremblay)

· GIRL (UK, dir.-scr. Adura Onashile)

· GOODBYE JULIA (Sudan-Egypt-Germany-France-Saudi Arabia-Sweden, dir.-scr. Mohamed Kordofani)

· MONSTER (Japan, dir. Hirokazu Kore-eda)

· OUR BODY (France, dir. Claire Simon)

· ROBOT DREAMS (Spain-France, dir.-scr. Pablo Berger)

· SILVER HAZE (Netherlands-UK, dir.-scr. Sacha Polak)

· SLOW (Lithuania-Spain-Sweden, dir.-scr. Marija Kavtaradze)

· TÓTEM (Mexico-Denmark-France, dir. Lila Avilés)

DEBATE

· ALLENSWORTH (USA, dir. James Benning)

· FIRE THROUGH DRY GRASS (USA, dir. Alexis Neophytides, Andres ‘Jay’ Molina)

· FOUR DAUGHTERS (France-Tunisia-Germany-Saudi Arabia, dir.-scr. Kaouther Ben Hania)

· THE GOLDMAN CASE (France, dir. Cédric Kahn)

· HIGH & LOW – JOHN GALLIANO (France-USA-UK, dir.-scr. Kevin Macdonald)

· KIDNAPPED (Italy-France-Germany, dir. Marco Bellocchio)

· THE MISSION (USA, dir. Jesse Moss, Amanda McBaine)

· ON THE ADAMANT (France-Japan, dir. Nicolas Philibert)

· THE PIGEON TUNNEL (UK, dir. Errol Morris)

· THE RYE HORN (Spain-Portugal-Belgium, dir.-scr. Jaione Camborda)

· SHOSHANA (UK-Italy, dir. Michael Winterbottom)

· WILDING (UK, dir. David Allen)

· YOUTH (SPRING) (France-Luxembourg-Netherlands, dir. Wang Bing)

LAUGH

· ASOG (Philippines-Canada, dir. Seán Devlin)

· BONUS TRACK (UK, dir. Julia Jackman)

· THE BOOK OF SOLUTIONS (France, dir.-scr. Michel Gondry)

· DAAAAAALI! (France, dir.-scr. Quentin Dupieux)

· THE HYPNOSIS (Sweden-Norway-France, dir. Ernst De Geer)

· MOLLI AND MAX IN THE FUTURE (USA, dir.-scr. Michael Lukk Litwak)

· THE NATURE OF LOVE (Canada-France, dir.-scr. Monia Chokri)

· THE PRACTICE (Argentina-Chile-Portugal, dir. Martín Rejtman)

· POOLMAN (USA, dir. Chris Pine)

· SHORTCOMINGS (USA, dir. Randall Park)

· TERRESTRIAL VERSES (Iran, dir.-scr. Ali Asgari, Alireza Khatami)

DARE

· ANIMALIA (France-Morocco-Qatar, dir.-scr. Sofia Alaoui)

· BEHIND THE MOUNTAINS (Tunisia-France-Belgium-Italy-Saudi Arabia-Qatar, dir.-scr. Mohamed Ben Attia)

· EILEEN (USA, dir. William Oldroyd)

· FOREMOST BY NIGHT (Spain-Portugal-France, dir. Víctor Iriarte)

· INSIDE THE YELLOW COCOON SHELL (Vietnam-Singapore-France-Spain, dir.-scr. Thien An Pham)

· LAST SUMMER (France, dir. Catherine Breillat)

· LITTLE GIRL BLUE (France-Belgium, dir.-scr. Mona Achache)

· MUSIC (Germany-France-Serbia, dir.-scr. Angela Schanelec)

· OMEN (Belgium-Netherlands-Democratic Republic of Congo-France-South Africa, dir.-scr. Baloji)

· THE PEASANTS (Poland-Serbia-Lithuania, dir.-scr. DK Welchman, Hugh Welchman)

· POWER ALLEY (Brazil-France-Uruguay, dir. Lillah Halla)

· A PRINCE (France, dir. Pierre Creton)

· RED ISLAND (France-Belgium-Madagascar, dir. Robin Campillo)

· SAMSARA (Spain, dir. Lois Patiño)

THRILL

· THE ANIMAL KINGDOM (France, dir. Thomas Cailley)

· THE BUCKINGHAM MURDERS (India-UK, dir. Hansal Mehta)

· COPA ’71 (UK, dir. Rachel Ramsay, James Erskine)

· CULPRITS (UK, dir-scr. J Blakeson)

· GASSED UP (UK, dir. George Amponsah)

· LOST IN THE NIGHT (Mexico-Germany-Netherlands, dir. Amat Escalante)

· LUBO (Italy-Switzerland, dir. Giorgio Diritti)

· ONLY THE RIVER FLOWS (China, dir. Shujun Wei)

· SHAME ON DRY LAND (Sweden-Malta, dir.-scr. Axel Petersén)

· STOLEN (India, dir. Karan Tejpal)

· UNMOORED (UK-Poland-Sweden, dir. Caroline Ingvarsson)

CULT

· THE BEAST (France-Canada, dir.-scr. Bertrand Bonello)

· BIRTH/REBIRTH (USA, dir. Laura Moss)

· LATE NIGHT WITH THE DEVIL (Australia, dir.-scr. Cameron Cairnes, Colin Cairnes)

· NIGHTWATCH – DEMONS ARE FOREVER (Denmark, dir.-scr. Ole Bornedal)

· RED ROOMS (Canada, dir.-scr. Pascal Plante)

· SCALA!!! (UK, dir.-scr. Jane Giles, Ali Catterall)

· STOPMOTION (UK, dir. Robert Morgan)

· VINCENT MUST DIE (France-Belgium, dir. Stéphan Castang)

JOURNEY

· ALL DIRT ROADS TASTE OF SALT (USA, dir.-scr. Raven Jackson)

· THE BRIDE (Rwanda, dir.-scr. Myriam U. Birara)

· THE DELINQUENTS (Argentina, dir.-scr. Rodrigo Moreno)

· THE ECHO (Mexico-Germany, dir.-scr. Tatiana Huezo)

· EXPATS (USA-Hong Kong, dir.-scr. Lulu Wang)

· HAAR (UK, dir.-scr. Ben Hecking)

· HOW TO HAVE SEX (UK-Greece, dir.-scr. Molly Manning Walker)

· IF ONLY I COULD HIBERNATE (Mongolia-France-Switzerland-Qatar, dir.-scr. Zoljargal Purevdash)

· INSHALLAH A BOY (Jordan-France-Saudi Arabia-Qatar-Egypt, dir. Amjad Al Rasheed)

· THE LOST BOYS (Belgium-France, dir. Zeno Graton)

· THE NEW BOY (Australia, dir.-scr. Warwick Thornton)

· RAMONA (Dominican Republic-UK, dir. Victoria Linares Villegas)

· THE SETTLERS (Chile-Argentina-France-Denmark-UK-Taiwan-Sweden-Germany, dir. Felipe Gálvez Haberle)

· SHAYDA (Australia, dir.-scr. Noora Niasari)

· THE SPECTRE OF BOKO HARAM (Cameroon-France, dir. Cyrielle Raingou)

· THE SWEET EAST (USA, dir. Sean Price Williams)

· THAT THEY MAY FACE THE RISING SUN (Ireland-UK, dir. Pat Collins)

CREATE

● ANITA (USA, dir. Alexis Bloom, Svetlana Zill)

● ANSELM (Germany, dir. Wim Wenders)

● APOLONIA, APOLONIA (Denmark- Poland-France, dir. Lea Glob)

● CLOSE YOUR EYES (Spain-Argentina dir. Víctor Erice)

● THE DAUGHTERS OF FIRE (Portugal, dir. Pedro Costa)

● CROMA KID (Dominican Republic, dir. Pablo Chea)

● GOING TO MARS: THE NIKKI GIOVANNI PROJECT (USA, dir.-scr. Michèle Stephenson, Joe Brewster)

● IN RESTLESS DREAMS: THE MUSIC OF PAUL SIMON (USA, dir. Alex Gibney)

● MENU-PLAISIRS LES TROISGROS (USA, dir. Frederick Wiseman)

● THE POT AU FEU (France, dir. -scr. Anh Hung Tran)

● RYUICHI SAKAMOTO | OPUS (Japan, dir. Neo Sora)

● SWAN SONG (Canada, dir. Chelsea McMullan)

● THEY SHOT THE PIANO PLAYER (Spain-France-Netherlands, dir. Fernando Trueba, Javier Mariscal)

● THIS IS GOING TO BE BIG (Australia, dir. Thomas Charles Hyland)

● YOU CAN CALL ME BILL (USA, dir.-scr. Alexandre O. Philippe)

EXPERIMENTA

● THE LOST ART OF THE FUTURE (Canada, dir.-scr. Theo Cuthand)

● A RADICAL DUET (UK, dir. -scr. Onyeka Igwe)

● SPEECH FOR A MELTING STATUE (Belgium-Democratic Republic of Congo, dir. Collectif Faire-part)

● WELLS OF DESPAIR (Netherlands, dir.-scr. sata taas)

● THE ARCHIVE: QUEER NIGERIANS (UK, dir. Simisolaoluwa Akande)

● EVERYTHING WORTHWHILE IS DONE WITH OTHER PEOPLE (UK, dir.-scr. Rehana Zaman)

● NIGHT FISHING WITH ANCESTORS (Australia, dir. Elizabeth Povinelli)

● MINEVISSAM (I AM WRITING) (UK, dir.-scr. Niki Kohandel)

● NOTES FROM GOG MAGOG (Indonesia, dir.-scr. Riar Rizaldi)

● CODERS (Lithuania, dir.-scr. Anastasia Sosunova)

● PLATFORM GHOSTS – TURKER, FARMER, BOT (India, dir. Aarti Sunder)

● ONSET (UK-Poland, dir. Anna Engelhardt, Mark Cinkevich)

● GUSH (USA, dir. Fox Maxy)

● PACIFIC CLUB (France-Qatar, dir.-scr. Valentin Noujaïm)

● IT CAN’T BE THAT NOTHING THAT CAN BE RETURNED (Ukraine. dir. Dana Kavelina)

● TIMEKEEPERS OF THE ANTHROPOCENE (Mexico-USA, dir. Federico Cuatlacuatl)

● TRISTXTOTL (UK, dir. Mădălina Zaharia)

● MANGOSTEEN (Thailand, dir. Tulapop Saenjaroen)

● THE GOOSE’S EXCUSE (Egypt-UK, dir. Mahdy Abo Bahat, Abdo Zin Eldin)

● ROOM IN A CROWD (Philippines, dir.-scr. John Torres)

● TEMPO (Japan, dir. Yu Araki)

● ALL THE DAYS OF MAY (Canada, dir.-scr. Miryam Charles)

● WOOD FOR THE TREES (Germany, dir. Rob Crosse)

● SUNFLOWER SIEGE ENGINE (USA, dir.-scr. Sky Hopinka)

● A THROWING FORTH (USA-China, dir. Xiao Zhang)

● LEVITATE (Italy-Spain-France, dir. Iván Argote)

● DESERT DREAMING (Sri Lanka, dir.-scr. Abdul Halik Azeez)

● KHABUR (Germany-Iran, dir. Nafis Fathollahzadeh)

SHORTS

● PU EKAW TNOD (UK, dir. Rebecca Culverhouse)

● STRANGERS (UK, dir.-scr. Rob Price)

● DORIS (Ghana-USA, dir. Edem Dotse)

● PREDATORS (UK, dir.-scr. Jack King)

● THE TEST (USA, dir.-scr. Olivia Marie Valdez)

● YUMMY MUMMY (UK, dir.-scr. Gabriela Staniszewska)

● FOREIGNERS ONLY (Bangladesh-USA, dir. Nuhash Humayun)

● THE GARDEN OF HEART (Hungary-Slovakia, dir.-scr. Olivér Hegyi)

● TORN (Denmark-Sweden, dir. Jahfar Muataz)

● SOUTH FACING (UK, dir.scr. Reneque Samuels)

● HAFEKASI (Australia, dir.-scr. Annelise Hickey)

● NOW AND THEN (UK, dir. Harris Alvi)

● RIZOO (Iran-USA, dir. Azadeh Navai)

● I AM MORE DANGEROUS DEAD (USA-Nigeria-UK, dir.-scr. Majiye Uchibeke)

● BOAT PEOPLE (Canada, dir.-scr. Thao Lam, Kjell Boersma)

● WAKING UP IN SILENCE (Ukraine-Germany, dir.-scr. Mila Zhluktenko, Daniel Asadi Faezi)

● GRAVEYARD OF HORSES (China, dir. Xiao Xuan Jiang)

● WILDMEN OF THE GREATER TORONTO AREA (Canada, dir.-scr. Solmund MacPherson)

● THE WALK (UK, dir. Michael Jobling)

● ESSEX GIRLS (UK, dir. Yero Timi-Biu)

● ALL THE LIGHTS STILL BURNING (UK, dir. Dominic Leclerc)

● THE SCOTTISH PLAY (UK, dir. James Soldan)

● FESTIVAL OF SLAPS (UK, dir. Abdou Cissé)

● ONLY YOURSELF TO BLAME (UK, dir. Noomi Yates)

● SMOKING DOLPHINS (UK, dir. Sean Lyons)

● THE SINGER (UK, dir. Cora Bissett)

● BLOOD (UK-Australia, dir.-scr. Vathana Suganya Suppiah)

● AREA BOY (UK, dir.-scr. Iggy London)

● MOTHER OF MINE (UK, dir.-scr. Jesse Lewis Reece)

● MAKING BABIES (Canada, dir.-scr. Eric K. Boulianne)

● SOUND & COLOUR (Ireland, dir. Emma Foley)

● GORKA (UK, dir.-scr. Joe Weiland)

LFF EXPANDED

· COLORED (France-Taiwan, Lead Artists – Pierre-Alain Giraud, Stéphane Foenkinos, Tania de Montaigne)

· CONSENSUS GENTIUM (UK-Australia-USA, Lead Artist – Karen Palmer)

· FLOW (Netherlands-France, Lead Artist – Adriaan Lokman)

· FORAGER (USA, Lead Artists – Winslow Porter, Elie Zananiri)

· THE FURY (USA, Lead Artist – Shirin Neshat)

· THE IMAGINARY FRIEND (Netherlands-Belgium, Lead Artist – Steye Hallema)

· LETTERS FROM DRANCY (UK-USA, Lead Artist – Darren Emerson)

· MURALS (Poland-Ukraine-USA, Lead Artists – Alex Topaller, Daniel Shapiro, Artem Ivaneko)

· THINGS FALL APART: A MUSICAL INSTALLATION IN MIXED REALITY (Germany-Israel-India, Lead Artist – CyberRäuber)

· HAUNTED HOTEL – A MELODRAMA IN AUGMENTED REALITY (Germany, Lead Artist – Guy Maddin)

· FLEETING FIGURES (Sweden-UK, Lead Artists – Åsa Cederqvist, Lundahl & Setil, Untold Garden, Pastelae, Oscar Häggström, SONG)

· GHOSTS OF SOLID AIR (UK, Lead Artist – Amy Rose)

· MY TRIP 2023 (UK, Lead Artist – Bjarne Melgaard)

· ELSEWHERE IN INDIA (India-UK-USA, Lead Artists – Murthovic, Thiruda)

FAMILY

· DANCING QUEEN (Norway, dir. Aurora Gossé)

· DEEP SEA (3D) (China, dir.-scr. Xiaopeng Tian)

· KENSUKE’S KINGDOM (UK-Luxembourg-France, dir. Kirk Hendry, Neil Boyle)

· THE SACRED CAVE (Cameroon-Burkina Faso-France, dir. Daniel Minlo)

· ANIMATED SHORTS FOR YOUNGER AUDIENCES

o POND (Switzerland, dir.-scr. Lena von Döhren, Eva Rust)

o SWING TO THE MOON (France, dir. Marie Bordessoule, Adriana Bouissie, Nadine De Boer, Elisa Drique, Chloé Lauzu, Vincent Levrero, Solenne Moreau)

o THE DAY I BECAME A BIRD (UK, dir. Andrew Ruhemann)

o THE SWINEHERD (Denmark, dir. Magnus Igland Møller, Peter Smith)

o ONCE UPON A STUDIO (USA, dir. Trent Correy, Dan Abraham)

o AHRU (Argentina, dir. Leandro Martinez)

o HOOBA (Netherlands, dir.-scr. Sem Assink)

o UPSIDE DOWN (Latvia, dir.-scr. Dace Rīdūze)

TREASURES

· THE BLACK PIRATE (USA, dir. Albert Parker)

· THE DUPES (Syria, dir.-scr. Tewfik Saleh)

· MACARIO (Mexico, dir. Roberto Gavaldón)

· PEEPING TOM (UK, dir. Michael Powell)

· PRESSURE (UK, dir.-scr. Horace Ové)

· THE STRANGER AND THE FOG (Iran, dir.-scr. Bahram Beyzaie)

Yesterday: la causa intentata dai due spettatori è stata archiviata dal giudice

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La causa riguardante il trailer fuorviante del film Yesterday è stata ufficialmente archiviata da un giudice. Yesterday è un film del 2019 su un musicista in difficoltà Jack (Himesh Patel) che un giorno si sveglia e scopre di trovarsi in una realtà alternativa in cui i Beatles non sono mai esistiti, ed è l’unica persona che ricorda le loro canzoni. Confuso sul da farsi, Jack prende una decisione difficile: canta lui stesso le canzoni del famoso quartetto, presentandole come sue, per elevare la sua carriera musicale.

Quattro anni dopo l’uscita del film, la causa intentata ai produttori del film da due fan delusi è stata archiviata: i due avevano citato in giudizio la Universal per pubblicità ingannevole, dal momento che nel trailer di Yesterday compariva Ana De Armas, poi tagliata dal film. Evidentemente i due erano andati al cinema solo per poter vedere l’attrice all’opera.

Secondo Deadline, il giudice distrettuale americano Stephen Wilson ha contestato la denuncia di “falsa dichiarazione” avanzata dai querelanti Paul Michael Rosza e Conor Wolfe contro la Universal. Wilson si p schierato con la difesa della Universal secondo cui si trattava di un “lesione autoinflitta”, scartando completamente il caso. Si legge nella dichiarazione:

“In ogni precedente rigetto, la Corte ha delineato chiaramente le insidie ​​della censura e ha consentito successive modifiche. Tuttavia, ora la Corte ritiene che ulteriori modifiche sarebbero inutili. Pertanto il licenziamento non può essere modificato. Questa è la terza volta che il querelante modifica la propria denuncia, e sarà l’ultima.”

Di questa strana causa a Yesterday si è parlato per la prima volta nel 2021. Basandosi su un trailer, che presenta un breve momento in cui De Armas cattura l’occhio adorante del protagonista Jack, Rosza e Woulfe hanno noleggiato il film su Amazon Prime Video. Dispiaciuti di scoprire che l’attrice non era nel montaggio finale di Yesterday, Rosza e Woulfe hanno deciso di intentare una causa da 5 milioni di dollari contro la Universal, sostenendo che il marketing dello studio era “falso, fuorviante e ingannevole“.

Rosza e Woulfe non si sono arresi. Come fa riferimento Wilson nella sua dichiarazione, i due hanno modificato le loro richieste anche dopo che la corte le ha respinte più volte. In uno di questi emendamenti del 2022, Woulfe ha persino tentato di denunciare “false dichiarazioni su Google” dopo aver noleggiato il film una volta successiva su Google Play. Di questo emendamento, il giudice ha affermato che “il querelante Woulfe non ha offerto alcuna spiegazione sul motivo per cui credeva che la versione di Yesterday a cui avevano avuto accesso su Google Play sarebbe stata una versione diversa del film a cui avevano avuto accesso su Amazon“.

Sembra che la causa di Rosza e Woulfe sarà finalmente messa a tacere con questo nuovo licenziamento. Per quanto stravagante possa essere la natura di questa causa, la questione solleva domande interessanti su quale sia il diritto del pubblico ad un marketing equo. Ana De Armas può essere considerata una star di prima fascia, o lo era quando è stata presentata la richiesta nel 2021, rispetto a molti altri attori del film. Pertanto, vedere De Armas anticipata in un ruolo poi tagliato successivamente può essere ingannevole per un potenziale spettatore di Yesterday, anche se con grande sgomento di Rosza e Woulfe, non abbastanza ingannevole da resistere in tribunale.

The Flash: rivelato il backstage della scena con Dark Flash

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The Flash: rivelato il backstage della scena con Dark Flash

Il costume di Dark Flash del film The Flash appare molto chiaramente in una nuova featurette per il film DCEU che mostra come il look del personaggio sia stato ottenuto grazie a una tuta practical.

Il multiverso era al centro di The Flash, per cui la trama del film è rimasta una sorpresa fino alla fine. Tanto che quello che doveva essere il grande cattivo del film secondo le indiscrezioni, ovvero il Generale Zod, alla fine si è rivelato una specie di diversivo per raccontare quello che era davvero il cattivo, ovvero lo stesso Flash che continua a tornare indietro nel tempo per modificare il corso di quella linea temporale.

Liberamente ispirato alla sua controparte dei fumetti, Dark Flash è stato un cattivo mediocre per coloro che hanno visto il film The Flash. Il design di Dark Flash era sicuramente un nuovo approccio per mettere in scena i velocisti cattivi in live-action rispetto allo show televisivo, ma non era sufficiente a nascondere alcuni dei problemi visivi con la CGI della tuta del film. Il video dal backstage mostra qualcosa in più rispetto alla realizzazione di quel costume:

The Flash, la trama e il cast del film

The Flash è uscito al cinema il 15 giugno 2023 distribuito da Warner Bros Italia. Nel film, Barry Allen usa i suoi superpoteri per viaggiare indietro nel tempo e cambiare gli eventi del passato. Ma quando il tentativo di salvare la sua famiglia altera inavvertitamente il futuro, Barry rimane intrappolato in una realtà in cui il generale Zod è tornato, minacciando distruzione, e senza alcun Supereroe a cui rivolgersi. L’unica speranza per Barry è riuscire a far uscire dalla pensione un Batman decisamente diverso per salvare un kryptoniano imprigionato… malgrado non sia più colui che sta cercando.

Fanno parte del cast di The Flash l’attore Ezra Miller nei panni del protagonista, riprendendo dunque il ruolo di Barry Allen da Justice League, ma anche l’astro nascente Sasha Calle nel ruolo di Supergirl, Michael Shannon (“Bullet Train”, “Batman v Superman: Dawn of Justice”), in quelli del Generale Zod, Ron Livingston (“Loudermilk”, “L’evocazione – The Conjuring”), Maribel Verdú (“Elite”, “Y tu mamá también – Anche tua madre”), Kiersey Clemons (“Zack Snyder’s Justice League”, “Sweetheart”), Antje Traue (“King of Ravens”, “L’uomo d’acciaio”) e Michael Keaton (Spider-Man: Homecoming”, “Batman”), che torna nel costume di Batman dopo oltre 30 anni.

L’esorcista: Il credente, in che modo il film “preserva l’integrità drammatica” del film originale

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Il regista di L’esorcista: Il credente, David Gordon Green, ha parlato del modo in cui il film si propone di preservare il tono del classico originale. Il film, che sarà presentato in anteprima nelle sale il 13 ottobre, è il sesto capitolo della serie cinematografica iniziata con L’Esorcista del 1973, basato sull’omonimo romanzo di William Peter Blatty e diretto da William Friedkin. Il film seguirà due ragazze che mostrano segni di possessione dopo essere scomparse per diversi giorni, portando uno dei loro padri (Leslie Odom Jr.) ad avvicinarsi Chris MacNeil (Ellen Burstyn), personaggio del film originale, chiedendo aiuto.

In una recente intervista con Empire (che mostrata anche una nuova immagine ufficiale), Green ha paragonato il nuovo Esorcista alla sua recente trilogia di sequel di Halloween. Sebbene abbia affermato che il genere slasher era un “luogo in cui giocare“, L’esorcista: Il credente è “più ricercato e un po’ accademico“. Ha cercato di “preservare l’integrità drammatica” del film originale senza imitare il sottogenere della possessione direttamente conseguente dal film di Friedkin.

“I film di Halloween appartengono al genere slasher. Sono un posto dove giocare e magari divertirsi un po’. Ma questo era più ricercato e un po’ accademico. La narrazione che stavamo cecrcando e le relazioni che raccontiamo erano più drammatiche. È un approccio molto diverso.

Stiamo parlando del genere horror, ma la mia ambizione principale era preservare l’integrità drammatica e non appoggiarmi a quello che è seguito per il genere come conseguenza del successo del film originale. Ma questo è impossibile: bisogna riconoscere che ci sono stati così tanti film che sono imitazioni derivate de L’Esorcista. Il concetto si è evoluto, quindi realizzare un film a combustione lenta, drammatico, provocatorio e spaventoso è diverso per il pubblico di oggi rispetto a 50 anni fa.”

L’esorcista – Il credente, tutto quello che sappiamo sul film

L’esorcista: Il credente si concentrerà sul padre di una bambina posseduta, che in cerca di aiuto entrerà in contatto con Chris MacNiel (Ellen Burstyn). La Burstyn riprenderà il suo ruolo de L’esorcista, dove era la madre di Regan (interpretata da Linda Blair), per aiutare a combattere il possesso della bambina e di una sua amica. Oltre alla Burstyn, il cast di L’esorcista – Il credente include Leslie Odom Jr. (Hamilton), Ann Dowd (The Handmaid’s Tale), Raphael Sbarge (C’era una volta) e la cantante Jennifer Nettles.

Con un cast di talento riconoscibile che dà vita al film, L’esorcista: Il credente sta prendendo forma come un degno seguito di L’esorcista. La decisione di avere tutti i film nel canone di indica inoltre che ci saranno riferimenti anche agli altri quattro titoli della serie. Il nuovo film, però, segna anche l’inizio di una nuova trilogia di sequel, similmente a quanto fatto anche con i sequel di Halloween, di  cui appunto Green è stato regista.

Resta però da vedere come questo nuovo film si affermerà presso il grande pubblico. Mentre Green si è dimostrato un talentuoso regista slasher con Halloween, i suoi sequel Halloween Kills e Halloween Ends non sono stati particolarmente apprezzati né dal pubblico né dalla critica. Tuttavia, con L’esorcista – Il credente, che crea una nuova storia all’interno dell’universo di L’esorcista, il film potrebbe svelare nuovi entusiasmanti aspetti degni di essere raccontati.

The Equalizer 3 – Senza tregua: intervista a Andrea Dodero

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The Equalizer 3 – Senza tregua: intervista a Andrea Dodero

In occasione dell’uscita in Italia di The Equalizer 3 – Senza Tregua, il 30 agosto distribuito da Eagle Pictures, abbiamo intervistato Andrea Dodero, che fa parte del nutrito cast italiano del film con protagonista Denzel Washington e diretto da Antoine Fuqua.

The Equalizer 3 – Senza tregua, la recensione

The Equalizer 3 – Senza Tregua, il nuovo thriller d’azione di Sony Pictures diretto da Antoine Fuqua con Denzel Washington. L’attore premio Oscar torna a interpretare l’ex agente governativo Robert McCall nell’ultimo capitolo della saga dell’inflessibile giustiziere. Il film, scritto da Richard Wenk (Jack Reacher – Punto di non ritorno, The Equalizer 2 – Senza perdono) e ispirato alla serie TV anni ‘80 Un giustiziere a New-York, vede tra i protagonisti anche Dakota Fanning e David Denman. The Equalizer 3 – Senza Tregua sarà solo al cinema dal 30 agosto prodotto da Sony Pictures e Eagle Pictures, distribuito da Eagle Pictures.

Da quando ha abbandonato la sua vita di assassino governativo, Robert McCall (Denzel Washington) ha lottato per rimediare alle orribili azioni compiute in passato e trova una strana consolazione nel perseguire la giustizia in favore degli oppressi. Sentendosi inaspettatamente a casa nel Sud Italia, scopre che i suoi nuovi amici sono sotto il controllo dei boss della criminalità locale. Quando gli eventi precipitano, McCall sa cosa dovrà fare: difendere i suoi amici e sfidare la mafia.

Five Nights At Freddy’s: il secondo trailer

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Five Nights At Freddy’s: il secondo trailer

Universal Pictures Italia ha diffuso il secondo trailer ufficiale dell’annunciato Five Nights At Freddy’s, il nuovo horror prodotto dalla Blumhouse e con protagonista Josh Hutcherson.

Riuscirete a sopravvivere per cinque notti? Il terrificante fenomeno dei videogiochi horror diventa un evento cinematografico da brivido: Blumhouse – la casa produttrice di M3GAN, The Black Phone e The Invisible Man – porta Five Nights at Freddy’s sul grande schermo. Il film segue una guardia giurata tormentata che inizia a lavorare al Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre trascorre la sua prima notte di lavoro, si rende conto che il turno di notte da Freddy’s non sarà così facile da superare.

Il film è interpretato da Josh Hutcherson (Ultraman, The Hunger Games franchise), Elizabeth Lail (You, Mack & Rita), Piper Rubio (Holly & Ivy, Unstable), Kat Conner Sterling (Un fantasma in casa, 9-1-1), con Mary Stuart Masterson (Blindspot, Pomodori Verdi Fritti) e Matthew Lillard (Good Girls, Scream). Five Nights at Freddy’s è diretto da Emma Tammi (The Wind, Blood Moon) ed è scritto da Scott Cawthon, Emma Tammi e Seth Cuddeback. Gli iconici personaggi animatronici del film saranno creati dal Creature Shop di Jim Henson. Five Nights at Freddy’s è prodotto da Jason Blum e Scott Cawthon. I produttori esecutivi del film sono Bea Sequeira, Russell Binder e Christopher H. Warner. Universal Pictures presenta una produzione Blumhouse, in associazione con Striker Entertainment.

Beetlejuice 2 sarà ambientato nel “più folle dei mondi possibili”

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Il direttore della fotografia di Beetlejuice 2, Haris Zambarloukos, anticipa i dettagli della storia e il tema del sequel di Tim Burton, che porterà avanti la storia della commedia horror del 1988.

Il film originale raccontava le difficoltà di una coppia recentemente deceduta con una nuova famiglia che si trasferiva nella loro vecchia casa e dei loro rapporti con un bioesorcista losco, rumoroso ed esagerato. Sia Winona Ryder che Michael Keaton sono confermati per riprendere i loro ruoli di Lydia Deetz e dello stesso bioesorcista del titolo, mentre Catherine O’Hara tornerà nei panni della matrigna di Lydia, Delia Deetz.

Tramite The Wrap, Zambarloukos ha rivelato i temi che giocano un ruolo chiave in Beetlejuice 2. Sebbene le riprese del film siano state sospese da quando la SAG-AFTRA si è unita allo sciopero della WGA, il direttore della fotografia ha affermato che il film sarà guidato dal tema della famiglia, in particolare ciò che mantiene una famiglia unita anche in un mondo imprevedibile e in continua evoluzione.

“In sostanza, ‘Beetlejuice [2]’ è la storia di una famiglia. E ora sono passati 30 anni e il film evidenzia quali sono le complessità della condizione umana mentre si cerca di tenere unita una famiglia per tutto quel tempo, ambientando la storia nel più folle dei mondi possibili. Ecco perché scelgo i progetti. Quella connessione umana per me è sempre in prima linea.”

Beetlejuice 2, tutto quello che sappiamo sul film

Beetlejuice 2 è il sequel dell’iconico film del 1988 di Tim Burton. Tale seguito vedrà Winona Ryder tornare nei panni di Lydia Deetz al fianco di Michael Keaton, interprete del bio-esorcista che dà il titolo al film, mentre Catherine O’Hara tornerà nei panni della madre di Lydia. Si darà invece il benvenuto nel franchise a Jenna Ortega, Justin Theroux, Monica Bellucci e Willem Dafoe. I dettagli della storia sono attualmente tenuti nascosti, ma alcune foto hanno già iniziato a circolare in rete spingendo ad elaborare alcune teorie. Il film ha invece una data di uscita fissata al 6 settembre 2024.

Justified: City Primeval, recensione della serie su Disney+

Justified: City Primeval, recensione della serie su Disney+

Justified: City Primeval Una delle regole non scritte eppure maggiormente veritiere dello storytelling racconta che quando hai un antagonista più interessante dell’eroe, allora qualcosa a livello narrativo non funziona come dovrebbe. E questo revival della serie di culto tratta ispirata dal personaggio creato dalla penna di Elmore Leonard lo conferma purtroppo con pienezza.

Da cosa deriva tale problema? In Justified: City Primeval principalmente dal fatto che le nuove otto puntate che vedono protagonista Raylan Givens lo hanno più o meno necessariamente dovuto adattare ai tempi, in sostanza snaturandone il senso e lo spirito. Prima di tutto l’ambientazione principale delle nuove otto puntate, ovvero le strade suburbane di Detroit, non posseggono minimamente l’appeal e la forza metaforica dei setting rurali del Justified originale: le strade sterrate, le fattorie abbandonate, le miniere in disuso erano terreno fertile per destrutturare la mitologia del western contemporaneo che scorreva nelle vene della precedente serie. Paesaggi che raccontavano la brutalità delle persone che li abitavano, che mettevano in scena l’assenza di legge e codici morali che lo “sceriffo” Givens tentava di riportare.

Le vie di periferia di Detroit, quanto anche minacciose, non possiedono quello “status” mentale ed emozionale che ti fanno pregustare il duello finale, l’attesa trepidante che saprai ti porterà a vedere l’eroe estrarre la pistola e sparare al cattivo un decimo di secondo in anticipo. A quanto pare questo tipo di narrazione “forte”, con tutte le sue indubbie contraddizioni morali e “sociali”, non incontra più il favore dell’opinione pubblica, e anche Raylan Givens si è dovuto sottomettere la lavacro lustrale dei tempi che corrono. Ed ecco allora che a prendere le redini dello show arriva Boyd Holbrook, attore dotato del carisma e della presenza scenica necessarie per rendere il “villain” Clement Mansell un criminale psicopatico e sanguinario da cui però non si può non rimanere almeno minimamente affascinanti. Un personaggio che possiede lo charme del caso, ha le battute migliori, guida lo sviluppo narrativo (comunque blando e stiracchiato) della serie mentre Givens e gli altri tutori dell’ordine gli corrono dietro fin troppo confusamente. Questo rimane a suo modo un personaggio che rende onore allo spirito e allo stile di Elmore Leonard, mentre gli altri sembrano usciti dalla sceneggiatura mai girata di un episodio di Law & Order.

Justified: City Primeval
Foto: Chuck Hodes/FX

Justified: City Primeval, la recensione

Perché allora non bocciare in maniera ancora più netta un revival edulcorato come Justify: City Primeval? La ragione principale sta nella prima parte dell’ultimo episodio, che possiede un paio di momenti di tensione drammatica e almeno una svolta narrativa sorprendenti, capaci di gettare una luce diversa su quanto visto in precedenza. A livello di caratterizzazione del ruolo di Givens, c’è un momento nella puntata finale in cui almeno per un minuto ritorna l’eroe che deve seguire il proprio codice morale anche quando si rivela la scelta maggiormente dolorosa o rischiosa. E questo lo porterà ovviamente a estrarre ancora una volta la pistola, in un climax che si rivela invece inaspettato ed estremamente interessante. Ed ecco allora che Timothy Olyphant dimostra ancora una volta di essere un attore capace di sfumature malinconiche, di una propensione all’introspezione troppo spesso non sottolineata. Peccato che l’attore e la sua figura emergano davvero soltanto a tratti nel corso delle otto puntate, davvero troppo poco per convincere.

Se non avete mai visto il Justified originale – serie che abbiamo snobbato per anni ma una volta vista tutta d’un fiato è diventata tra le nostre preferite in assoluto – forse potrete apprezzare questo revival aggiornato e corretto. In fondo, molto in fondo, magari possono essere intravisti i bagliori che hanno reso Raylan Givens un nome di culto per gli amanti del piccolo schermo. Il nostro consiglio però rimane quello di fare binge-watching di City Primeval e poi correre a cercare le stagioni dello show originale, dal momento che siamo parlando di un livello di intrattenimento e di uno spessore drammatico enormemente superiori. A partire dalla prima, iconica sequenza del pilot…

Venezia 80: arrivano Michael Mann e Adam Driver per Ferrari

Venezia 80: arrivano Michael Mann e Adam Driver per Ferrari

Oggi arrivano al lido l’acclamato regista Michael Mann e il protagonista Adam Driver per Ferrari, il film in concorso all’80esima Mostra d’Arte cinematografica di Venezia, biopic sull’italiano Enzo Ferrari che ha il volto dell’attore americano Adam DriverFanno parte del cast anche Penélope CruzShailene WoodleyPatrick Dempsey, Jack O’Connell, Sarah Gadon e da Gabriel Leone.

La trama del film

È l’estate del 1957. Dietro lo spettacolo della Formula 1, l’ex pilota Enzo Ferrari è in crisi. Il fallimento incombe sull’azienda che lui e sua moglie Laura hanno costruito da zero dieci anni prima. Il loro matrimonio si incrina con la perdita del loro unico figlio Dino. Ferrari lotta per riconoscerne un altro, avuto con Lina Lardi. Nel frattempo la passione dei suoi piloti per la vittoria li spinge al limite quando si lanciano nella pericolosa corsa che attraversa tutta l’Italia: la Mille Miglia.

Il commento del regista “Molto tempo prima di girare Ferrari, ho avuto l’opportunità di camminare nelle stanze della casa di Enzo, vedere i suoi diari, conoscere le sue abitudini, meravigliarmi della carta da parati nella camera da letto in cui Laura ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, fare delle domande al loro medico, incontrare la nipote di Lina, capire il suo modo di fare e la sua modernità, sedermi sulla poltrona da barbiere di Enzo, camminare sui marciapiedi del suo quartiere e abitarci, esplorare le luccicanti parti meccaniche di un motore Lampredi V12 e le sculture dei modelli da corsa degli anni Cinquanta e, cosa più importante, interagire con il figlio di Enzo, Piero, da cui ho imparato e assorbito così tanto. Ho cercato di far rivivere le passioni e il fascino di Enzo, la sua arguzia pungente, la devastante perdita del figlio, le sfuriate teatrali, il bisogno di un rifugio emotivo, la tragedia, la monumentale scommessa su una singola gara e la lotta per la sopravvivenza: tutti elementi che sono entrati in collisione in quattro mesi del 1957.

Venezia 80: Luc Besson in concorso con il suo “Dogman”

Venezia 80: Luc Besson in concorso con il suo “Dogman”

Luc Besson approda al lido per presentare in concorso all’80esima Mostra d’Arte cinematografica di Venezia, il suo “Dogman“, straordinaria storia di un bambino, segnato dalla vita, che troverà la salvezza attraverso l’amore dei suoi cani.

Luc Besson ha commentato: “L’ispirazione per questo film è scaturita, in parte, da un articolo che ho letto su una famiglia francese che ha rinchiuso il proprio figlio in una gabbia quando aveva cinque anni. Questa storia mi ha fatto interrogare sull’impatto che un’esperienza del genere può avere su una persona a livello psicologico. Come riesce una persona a sopravvivere e a gestire la propria sofferenza? Con Dogman ho voluto esplorare questa tematica”.

“La sofferenza è uno stato che accomuna tutti noi e il solo antidoto per contrastarla è l’amore. La società non ti aiuterà, ma l’amore può aiutare a guarire. È l’amore della comunità di cani che Dogman ha fondato a fungere da guaritore e da catalizzatore. Dogman non sarebbe il film che è senza Caleb Landry Jones. Questo complesso personaggio aveva bisogno di qualcuno che potesse incarnarne le sfide, la tristezza, il desiderio, la forza, la complessità.”

“Le persone guardano i film per cogliere una sorta di verità dalla storia, anche se sanno che si tratta di finzione. Volevo essere il più onesto possibile nella realizzazione del film. Voglio che proviate dei sentimenti nei confronti del protagonista, di ciò che fa, delle azioni che compie come reazione alla sofferenza che ha patito. Vorrete fare il tifo per lui. Spero che il pubblico possa elaborare nella propria mente ciò che Dogman ha subito, il dolore che è davvero difficile da ingoiare. Ha sofferto più di quanto la maggior parte delle persone potrà mai soffrire, eppure possiede ancora una dignità.”

Venezia 80: Leone d’Oro a Liliana Cavani

Venezia 80: Leone d’Oro a Liliana Cavani

Charlotte Rampling ha tenuto la laudatio di Liliana Cavani per il Leone d’Oro alla carriera consegnatole durante la cerimonia di apertura dell’80esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Charlotte Rampling è stata l’indimenticabile protagonista de Il portiere di notte (1974) di Liliana Cavani, al fianco di Dirk BogardeIl portiere di notte ha ottenuto due candidature ai Nastri d’Argento. Charlotte Rampling, candidata all’Oscar nel 2016 per 45 anni di Andrew Haigh, ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile alla Mostra di Venezia nel 2017 per il film Hannah di Andrea Pallaoro. Di seguito le foto:

Sono stati attribuiti alla regista Liliana Cavani e all’attore Tony Leung Chiu-wai i Leoni d’Oro alla carriera della 80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (30 agosto – 9 settembre 2023). La decisione è stata presa dal Cda della Biennale, che ha fatto propria la proposta del Direttore della Mostra, Alberto Barbera. Sono molto felice e grata alla Biennale di Venezia per questa sorpresa bellissima”, ha dichiarato, nell’accettare la proposta, Liliana Cavani, che ha partecipato alla Mostra di Venezia già nel 1965 con Philippe Pétain: Processo a Vichy, Leone di San Marco per il documentario, e poi più volte con Francesco d’Assisi (1966), Galileo (1968), I cannibali (1969), tra gli altri, fino a Il gioco di Ripley (2002) e Clarisse (2012).

Venezia 80: le foto del red carpet d’apertura!

Venezia 80: le foto del red carpet d’apertura!

Si è tenuto con la premiere del film d’apertura, Comandante (recensione) il red carpet della cerimonia d’apertura dell’80esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Oltre alla giuria presieduta da Damien Chazelle, sul red hanno sfilato molti ospiti tra cui il protagonista del film Pierfrancesco Favino, Charlotte Rampling e molti altri.

Comandante, diretto da Edoardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino, è il nuovo film d’apertura, in prima mondiale in Concorso, dell’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, diretta da Alberto Barbera (30 agosto – 9 settembre 2023).

Comandante è stato presentato in anteprima mondiale nella Sala Grande del Palazzo del Cinema (Lido di Venezia), nella serata di apertura dell’80. Mostra Internazionale d’Arte CinematograficaComandante sarà distribuito da 01 Distribution. “Nel quadro di un film d’epoca, risultato di un importante investimento produttivo del cinema italiano, l’opera di Edoardo De Angelis risuona di non ambigui echi contemporanei –  dichiara il Direttore Alberto Barbera – Il racconto dell’autentica vicenda del Comandante Salvatore Todaro che salvò la vita ai marinai sopravvissuti all’affondamento del mercantile nemico – mettendo a repentaglio la sicurezza del proprio sommergibile e dei suoi uomini – risulta come un forte richiamo all’esigenza di anteporre i valori dell’etica e della solidarietà umana alla logica brutale dei protocolli militari. Ringrazio l’autore, i produttori Nicola Giuliano e Pierpaolo Verga, e Paolo del Brocco di Rai Cinema per aver accettato il nostro invito a inaugurare l’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia”.

“Aprire l’80. edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è per noi un grande onore per il quale ringraziamo il direttore Barbera –  dichiara Edoardo De Angelis – Comandante è un film che parla di forza e Salvatore Todaro ne incarna la sua forma sublime: combattere il nemico senza dimenticare mai la sua natura di essere umano. Pronto a sconfiggerlo ma anche a prestargli soccorso per salvarne la vita come prescritto dalla legge del mare. Perché così si è sempre fatto e sempre si farà”.

Comandante, diretto da Edoardo De Angelis, è scritto da Sandro Veronesi e Edoardo De Angelis. Il film è una produzione Indigo Film e O’Groove con Rai CinemaTramp LTDV-GrooveWise Pictures, in associazione con Beside Productions, in collaborazione con la Marina Militare Italiana e Cinecittà.

Comandante, la recensione del film con Pierfrancesco Favino #Venezia80

Ci sono leggi che non si possono violare, anche a costo di andare contro quelle emanate dalla propria patria. La legge del mare prevede che ogni naufrago ha diritto ad essere salvato e per ogni vita che si salva, si salva l’umanità intera. Questi sono i principi morali che hanno guidato Salvatore Todaro nelle sue azioni in mare, oltre naturalmente alla difesa della sua Italia. Con Comandante, il nuovo film di Edoardo De Angelis che apre la l’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, si va a proporre proprio il suo più famoso salvataggio in mare, che ne ha fatto un eroe da ricordare, specialmente al giorno d’oggi.

Comandante, la vera storia di Salvatore Todaro

Il film ci porta all’inizio della Seconda guerra mondiale, a fare la conoscenza di Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte Todaro, insieme al suo equipaggio, affronta un mercantile armato che viaggia a luci spente e lo fa affondare a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto però a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini.

Comandante

Chi salva una vita salva il mondo

Come si può intuire da questa breve sinossi, con Comandante ci si trova di fronte al film più ambizioso, sia per racconto che per impegno produttivo, del regista Edoardo De Angelis, affermatosi con Indivisibili e Il vizio della speranza. Due titoli molto diversi da questo suo nuovo lungometraggio, con il quale condividono però l’esplorazione del concetto di umanità e l’importanza di difenderla ad ogni costo. Un tema che la storia di Salvatore Todaro permette di esplorare in modo quantomai esplicito ed efficace, attraverso la sua ferma convinzione che vi siano leggi del mare che sovrastano quelle della propria patria. De Angelis sceglie dunque non tanto di realizzare un biopic del comandante Todaro, bensì di raccontare un preciso episodio della sua vita con cui esprimere tale concetto.

Pur aderendo al suo genere di riferimento, i cosiddetti “submarine films”, Comandante non è dunque un film di guerra propriamente inteso, ma piuttosto un’opera intimista e riflessiva, dove ogni immagine, ogni scena, mira a riproporre il concetto che salvare una vita equivale a salvare il mondo. Ciò diventa ancor più forte a partire dalla seconda metà del film, quando si costruisce la dinamica tra Todaro e il suo equipaggio e i naufragi belgi. È da lì che emerge tutto ciò che a De Angelis preme raccontare e che trova naturalmente un forte eco ai giorni nostri con le tante tragedie che avvengono nel mar Mediterraneo. Un accostamento a partire dal quale è stato costruito l’intero film e che dona a Comandante un ovvio valore politico.

Comandante recensione

De Angelis non ricerca dunque la claustrofobia o la tensione che caratterizza questo genere di film, dove normalmente si tende ad esaltare tutta la natura angusta di quella che può facilmente diventare una bara d’acciaio nel profondo dei mari. In sostanza, non si esalta la spettacolarità di tale mezzo, per quanto la ricostruzione proposta del sottomarino sia particolarmente accurata, ma anzi lo si mostra mentre è sulla superficie dell’acqua, pronto ad essere fonte di aiuto. Ciò non significa che Comandante non sia un film che non punta alla spettacolarità, poiché De Angelis continua a dimostrarsi un abile confezionatore di immagini tanto belle esteticamente quanto capaci di avere un impatto emotivo.

Talvolta però proprio su questo tipo di aspetti il regista sembra dilungarsi troppo, ritardando gli aspetti migliori e più interessanti del racconto. Tutta la parte iniziale del film è un esempio di ciò, dove si presenta sì il protagonista, ma attraverso una serie di scene che, a causa di stranezze nel montaggio, risultano confusionarie. Sempre in questa prima parte del film, inoltre, si ritrova una pluralità di punti di vista che, pur permettendo di dar vita ad immagini particolarmente evocative, svia – anche solo per poco – dallo sguardo di Todaro, dietro al quale De Angelis avrebbe fatto meglio a rimanere dall’inizio alla fine. Non è dunque esente da difetti l’incipit del film, migliorando però fortunatamente nel momento in cui era necessario che lo facesse, prima di perdere l’attenzione dello spettatore.

A impedire che questa si perda vi è però naturalmente anche l’interpretazione di Pierfrancesco Favino, che sfoggiando un convincente accento veneto si pone nei panni militari di un uomo non privo di contraddizioni ma proprio per questo affascinante. Un uomo che sempre più sviluppa un forte senso di appartenenza non solo al proprio paese ma alla specie umana, tanto da decidere di “abbattere il ferro, ma salvare l’uomo”. Un’altra grande interpretazione per Favino, dunque, accanto al quale spiccano diversi giovani volti della recitazione italiana (e non solo). Spicca però il braccio destro di Todaro, interpretato da un Massimiliano Rossi in stato di grazia.

L’Italia e gli italiani di Comandante

Di certo, soppesando queste iniziali debolezze di scrittura e di montaggio con quanto segue poi, Comandante si afferma come un film particolarmente godibile, capace di affermarsi sia come un prodotto tutt’altro che comune nella nostra cinematografia, sia come un film che sa fare del proprio racconto lo strumento tramite il quale sollevare spunti di riflessione sull’altruismo e l’identità italiana. De Angelis pone nel suo sottomarino soldati provenienti da ogni parte d’Italia, dal Veneto alla Sicilia passando per la Toscana e la Campania. Ecco allora che all’interno di quelle pareti di ferro si ripropone in piccolo un Paese e le sue sfumature, tra tradizioni culinarie e fede religiosa. Anche in questa ricerca si ritrova uno degli aspetti più affascinanti del film, in un periodo in cui l’identità nazionale viene continuamente ad essere sotto attacco.

Bugiardo seriale, la recensione del remake francese

Bugiardo seriale, la recensione del remake francese

A soli tre anni dal Menteur di Émile Gaudreault (Mambo italiano) è Olivier Baroux a scegliere di raccontarci la propria versione di quella storia nel suo remake Bugiardo seriale che Altre Storie con Minerva Pictures distribuiscono nei cinema italiani dal 31 agosto. Una commedia nata con l’intenzione di dare risalto a un meccanismo classico del genere, che il regista dei quattro film della serie Les Tuche conosce bene, e di “analizzare” l’utilizzo delle bugie, “uno degli espedienti comici più utilizzati nel cinema, quasi mai al centro di una sceneggiatura vera e propria”, per “capirne non solo gli effetti ma anche i fattori che la scatenano”. Una missione nella quale ha voluto come attori Tarek Boudali (Il truffacuori, Alibi.com, Sposami, stupido!), Artus, Pauline Clément de la Comédie-Française e il resto del cast, comlpletato da Catherine Hosmalin, Karim Belkhadra, Louise Coldefy, Bertrand Usclat, Philippe Vieux, Guy Lecluyse, Florence Muller.

La parabola del Bugiardo seriale Jérôme

Il protagonista è Jérôme, bugiardo compulsivo e ormai smascherato, che famiglia e amici hanno imparato a conoscere. Disperati, dopo aver a lungo sopportato le sue bugie, le hanno provate tutte per fargli cambiare atteggiamento e abitudini, invano… visto che Jérôme continua a mentire. Sempre. Almeno fino al giorno in cui una maledizione lo colpisce e tutte le sue bugie prendono vita diventando reali. Una possibilità inimmaginabile che nessuno – lui per primo – avrebbe mai pensato potesse trasformarsi in un vero e proprio incubo.

La maledizione di una storia incredibile

Se la possibilità che le bugie inventate diventino reali equivale a un incubo, allora, perché si mente? Per “fuggire, evitare di ferire, sentirsi meglio” suggerisce il regista, che ha cercato di esplorare la maggioranza delle opzioni a sua disposizione, senza però riuscito a realizzarne un catalogo soddisfacente. Niente di male, ovviamente, almeno in questo caso, visto che sin dalla scelta dichiarata – e citata anche sullo schermo – di affidarsi al modello recente del Menteur del quale questo Bugiardo seriale è il remake, l’obiettivo era semplicemente quello di regalare “una commedia leggera sulla menzogna” al grande pubblico, alle famiglie, con la quale divertirsi.

Missione compiuta, verrebbe da dire, a patto di avere una particolare passione per certo cinema francese, i suoi ritmi e le sue dinamiche, e di non esagerare con le aspettative. Ché la surreale parabola di “Mr. Balla” – apparizioni di balene a Nizza, sedute psicanalitiche tra i formaggi e trasformazione dei malcapitati protagonisti della sua “esplorazione di altre vie per raccontare la verità” (dal fratello al vicino di casa) comprese – sembra essere la dimostrazione pratica dell’antico adagio che ci ammonisce dallo stare attenti a quel che desideriamo, pena la sua realizzazione, e poco altro…

Quando la realtà è deludente

Uno dei suggerimenti più interessanti e intriganti – chissà se voluti – che si possono trovare tra le righe della lunga caccia al tesoro che dà senso al film, dopo un inizio nel quale vengono messe le premesse della successiva catena “virtuosa” di accadimenti e relazioni. Nella quale fanno capolino la spinta irrefrenabile a superare la superficialità quotidiana, l’altrettanto noto refrain su quanto la libertà possa rendere liberi e la conferma della forza della parola e sulla sua capacità creatrice.

Come detto, il risultato finale è simpatico, con personaggi gradevoli, anche se molte scene restano un po’ povere, a livello di burletta. La debolezza principale è proprio narrativa, con sottintesi ed elementi dati per scontati che non colmano ellissi esagerate e fanno apparire incoerente lo sviluppo successivo. Che la sostanziale semplicità e il generale didascalismo non aiutano, come lo sfruttamento miope di alcuni personaggi, segno definitivo di una mancanza di omogeneità e di una costruzione decisamente superficiale.

Telluride Film Festival 2023: svelato il programma

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Telluride Film Festival 2023: svelato il programma

Il Telluride Film Festival, una parte fondamentale del circuito dei festival autunnali che lancia la stagione dei premi e forse alcuni dei principali contendenti all’Oscar, ha annunciato l’ampio programma di film per la sua cinquantesima edizione, in concomitanza con l’inizio della 80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

Il festival prende il via proprio questo giovedì e si conclude il 4 presentando le anteprime mondiali di The Holdovers di Alexander Payne (Focus Features), Saltburn di Emerald Fennell (Amazon) e il film di fiction dei registi di Free Solo, Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin, Nyad (Netflix).

The Show

ALL OF US STRANGERS (d. Andrew Haigh, U.K., 2023)
AMERICAN SYMPHONY (d. Matthew Heineman, U.S., 2023)
ANATOMY OF A FALL (d. Justine Triet, France, 2023)
ANSELM (d. Wim Wenders, Germany, 2023)
BALTIMORE (d. Joe Lawlor, Christine Molloy Ireland-U.K., 2023)
BEYOND UTOPIA (d. Madeleine Gavin, U.S., 2023)
THE BIKERIDERS (d. Jeff Nichols, U.S., 2023)
CASSANDRO (d. Roger Ross Williams, U.S., 2023)
DADDIO (d. Christy Hall, U.S., 2023)
EL CONDE (d. Pablo Larraín, Chile, 2023)
FALLEN LEAVES (d. Aki Kaurismäki, Finland, 2023)
THE FALLING STAR (d. Dominique Abel, Fiona Gordon, France-Belgium, 2023)
FINALLY DAWN (d. Saverio Costanzo, Italy, 2023)
FINGERNAILS (d. Christos Nikou, U.S., 2023)
FOOD, INC. 2 (d. Robert Kenner, Melissa Robledo, U.S., 2023)
HIGH & LOW-JOHN GALLIANO (d. Kevin Macdonald, U.K., 2023)
THE HOLDOVERS (d. Alexander Payne, U.S., 2023)
HOLLYWOODGATE (d. Ibrahim Nash’at, U.S.-Germany, 2023)
JANET PLANET (d. Annie Baker, U.S., 2023)
LA CHIMERA (d. Alice Rohrwacher, Italy-France-Switzerland, 2023)
THE MISSION (d. Amanda McBaine, Jesse Moss, U.S., 2023)
THE MONK AND THE GUN (d. Pawo Choyning Dorji, Bhutan, 2023)
NYAD (d. Elizabeth Chai Vasarhelyi, Jimmy Chin, U.S., 2023)
OCCUPIED CITY (d. Steve McQueen, Netherlands-U.K.-U.S., 2023)
ORLANDO, MY POLITICAL BIOGRAPHY (d. Paul B. Preciado, France, 2023)
PERFECT DAYS (d. Wim Wenders, Japan, 2023)
THE PIGEON TUNNEL (d. Errol Morris, U.K., 2023)
POOR THINGS (d. Yorgos Lanthimos, U.S.-Ireland-U.K., 2023)
THE PROMISED LAND (d. Nikolaj Arcel, Denmark-Germany-Sweden, 2023)
THE ROYAL HOTEL (d. Kitty Green, Australia, 2023)
RUSTIN (d. George C. Wolfe, U.S., 2023)
SALTBURN (d. Emerald Fennell, U.S., 2023)
THE TEACHER’S LOUNGE (d. Ilker Çatak, Germany, 2023)
TEHACHAPI (d. JR, France, 2023)
THANK YOU VERY MUCH (d. Alex Braverman, U.S., 2023)
TUESDAY (d. Daina O. Pusić, U.S.-U.K., 2023)
WILDCAT (d. Ethan Hawke, U.S., 2023)
THE ZONE OF INTEREST (d. Jonathan Glazer, U.S.-U.K.-Poland, 2023)

Documentary Shorts

IF DREAMS WERE LIGHTNING (d. Ramin Bahrani, U.S., 2023)
INCIDENT (d. Bill Morrison, U.S., 2023)
THE LAST REPAIR SHOP (d. Ben Proudfoot, Kris Bowers, U.S., 2023)
THE LAST SONG FROM KABUL (d. Kevin Macdonald, Afghanistan-Qatar-Portugal-Germany, 2023)

Guest Director Program

JUVENILE COURT (d. Frederick Wiseman, U.S., 1973) Selected and presented by Rachel Kushner
ALL THAT JAZZ (d. Bob Fosse, U.S., 1979) Selected and presented by Ethan Hawke
JONAH WHO WILL BE 25 IN THE YEAR 2000 (d. Alain Tanner, France-Switzerland, 1976) Selected and presented by Alfonso Cuarón
THE LONG GOOD FRIDAY (d. John Mackenzie, U.K., 1980) Selected and presented by Adam Curtis
ZÉRO DE CONDUITE (d. Jean Vigo, France, 1933) Selected and presented by Steve McQueen
THE MUSIC ROOM (d. Satyajit Ray, India, 1958) Selected and presented by Mira Nair

Special Medallion (Winner: The Film Foundation)

Screenings: Idrissa Ouédraogo’s YAM DAABO (Burkina Faso, 1986), Bahram Beyzaie’s DOWNPOUR (Iran, 1972), and two shorts by Agnès Varda: BLACK PANTHERS (France-U.S., 1970) and UNCLE YANCO (France-U.S., 1968) which will be shown alongside THE GLEANERS AND I (France, 2000) as part of a celebration of the late filmmaker. Additional film restorations playing throughout the festival: THE UNKNOWN (d. Tod Browning, U.S., 1927); MY GRANDMOTHER (d. Kote Mikaberidze, Soviet Union, 1929) with Finnish music ensemble Cleaning Women performing a live score; Abel Gance’s LA ROUE (France, 1923) shown in four chapters; and two films remembering TFF 21 Special Medallion recipient Ninón Sevilla: VÍCTIMAS DEL PECADO (d. Emilio Fernández, Mexico, 1951) and LLÉVAME EN TUS BRAZOS (d. Julio Bracho, Mexico, 1954).

Special Screenings and Festivities

Pedro Almodóvar’s short film STRANGE WAY OF LIFE (Spain, 2023); Ross White and Tom Berkeley’s short THE GOLDEN WEST (Ireland-U.K., 2023); a live performance by Jon Batiste following Thursday’s screening of AMERICAN SYMPHONY; Tina Satter’s REALITY (U.S., 2023); Agnès Varda’s art installation, Patatutopia; and festival poster signing by Luke Dorman.

Backlot

AKA MR. CHOW (d. Nick Hooker, U.S., 2023)
ALL THAT IS SACRED (d. Scott Ballew, U.S., 2023) with TARPON (d. Guy de la Valdene, Christian Odasso, U.S., 1973)
ANGEL APPLICANT (d. Ken Meyer, U.S., 2023)
CAROL DODA TOPLESS AT THE CONDOR (d. Marlo McKenzie, Jonathan Parker, U.S., 2023)
CINEMA HAS BEEN MY TRUE LOVE: THE WORK AND TIMES OF LYNDA MYLES (d. Mark Cousins, U.K., 2023)
KIM’S VIDEO (d. David Redmon, Ashley Sabin, U.S.-U.K.-Italy, 2023)
LITTLE GIRL BLUE (d. Mona Achache, France, 2023)
MUSICA! (d. Rob Epstein, Jeffrey Friedman, U.S., 2023)
NOTES FROM SHEEPLAND (d. Cara Holmes, Ireland, 2023)
ROOM 999 (d. Lubna Playoust, France, 2023)
ZINZINDURRUNKARRATZ (d. Oskar Alegría, Spain, 2023)

Liliana Cavani, Leone d’Oro a Venezia 80: “In ogni film ci ho messo interamente quello che ero in quel momento”

Presenta Venezia 80 Fuori Concorso il suo ultimo film, L’ordine del tempo, Liliana Cavani è il primo Leone d’Oro di questa edizione 2023 della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

“La mia prima volta a Venezia? Fu nel 1961, vinsi un premio con un documentario sul processo di Vichy, ma ero in vacanza e non venni a ritirare il premio. Tutto qui.” Racconta Cavani in conferenza stampa. Quando le viene chiesto qual è sia stato il momento peggiore della sua carriera, la regista risponde: “Il mio ricordo peggiore sono sicuramente alcuni dei materiali che ho visto nel corso della mia vita, quelli dell’apertura dei lager. Quando penso a quelle cose che ho visto, credo che i negazionisti andrebbero legati su una sedia e costretti a vedere quelle immagini.”

E il momento più bello…? “Beh, oggi è una giornata molto bella – dice, indicando la sala delle conferenze e gli attori e produttori del suo ultimi film – Perché c’è anche il mio produttore che si è lasciato convincere a fare il mio film, è una cosa bella, ed è bello che i produttori a volte osino nel fare cose che non si erano mai fatte prima. Mi sono trovata molto bene a lavorare con questo gruppo di attori con cui ho trovato una grande sintonia. Questo è un film di recitazione, e la sintonia ha permesso di avere un’atmosfera curiosa e divertita.”

La regista viene premiata nella giornata di inaugurazione della 80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia che si svolge al Lido dal 30 agosto al 9 settembre 2023.

Due fratelli: recensione del film di Léonor Serraille

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Due fratelli: recensione del film di Léonor Serraille

Dopo il passaggio lo scorso anno in concorso a Cannes 2022 finalmente arriva nelle nostre sale Due fratelli. Questo film di Léonor Serraille è il suo secondo lungometraggio dopo il debutto nel 2017 con Montparnasse – Femminile singolare. La regista e sceneggiatrice francese ha preso spunto per raccontare questa storia d’immigrazione, la vita stessa del suo compagno. In Due fratelli, in originale Un petit frere, è una pellicola strutturata in tre capitolo, uno per ciascuno dei protagonisti, che alla fine si uniscono perfettamente in un unico racconto tra le gioie e dolori di una mamma e il suo amore incondizionato per i suoi due figli.

La madre di Due fratelli

Rose, interpretata dall’attrice francese Annabelle Lengronne, è una giovane madre che alla fine degli anni Ottanta, in compagnia dei suoi bambini, il maggiore Jean e il minore Ernest, lascia la Costa d’Avorio per Parigi. Qui nella grande capitale europea, ospitata all’inizio da una coppia di parenti che vivono nella banlieue, la periferia parigina, inizia a lavorare come cameriera pulendo le camere di un hotel e cerca di crescere al meglio i suoi due figli. Questo primo capitolo intitolato proprio con il nome “Rose”, non mostra solo una mamma ma ragazza single che non rinuncia mai alla sua indipendenza anche se in qualche modo è alla ricerca costante dell’uomo giusto. Durante un giornata qualunque al lavoro Rose conosce Thierry e decide, di punto in bianco, di lasciare Parigi e inseguire l’uomo, di cui si è innamorata, trasferendosi con Jean e Ernest a Rouen, una cittadina portuale a Nord della Francia nella regione della Normandia.

I fratelli Jean ed Ernest

Qui finisce la parte di film con più presenza di Rose e inizia quella incentrata sul fratello maggiore Jean. Il giovane ragazzo crescendo si ritrova a fare da genitore al piccolo Ernest, perché la madre torna a Rouen, solo nei fine settimana e di riposo dal lavoro. Il secondo capitolo è anche un modo per mostrare l’angoscia adolescenziale e la sensibilità di Jean che cerca di gestire tutto da solo senza smettere di studiare o uscire con la sua ragazza. Il fratello maggiore si trasforma da promettente studente di prima classe con il sogno di diventare un pilota in un adolescente spericolato e confuso. Il terzo e finale capitolo di Due fratelli mostra Ernest in due fasi della sua crescita la preadolescenza e quella da giovane adulto come professore che insegna filosofia in un liceo parigino. Questa pellicola si conclude con un incontro toccante tra Ernest e sua madre Rose in una caffetteria dove lei però accusa il figlio minore d’essere diventato troppo “bianco”. 

Un petit frère. Léonor Séraille.

Un dramma francese dove non c’è solo l’immigrazione

La regista affronta per tutta la durata del film il difficile tema dell’immigrazione e lo fa in modo sensibile e non cadendo mai nei cliché. La questione razziale è sempre di sfondo ma non è il tema centrale, Léonor Serraille mostra invece due decenni di una famiglia ivoriana che ha scelto la Francia come un nuovo inizio e la possibilità per i due fratelli di aver un futuro migliore grazie allo studio. L’unica scena in cui si sbatte sul grande schermo il razzismo sistematico è solo un caso isolato verso il finale in cui Ernest adulto viene fermato, senza una logica, da due poliziotti in divisa che gli chiedono i documenti.

In Due fratelli si pone invece l’accento non sull’aspetto sociale ma sul vissuto individuale di ciascuno dei protagonisti. La regista sceglie una narrazione dinamica, che racconta le diverse fasi della storia, prima con la madre poi con il fratello più grande e poi il più piccolo, quello che più si è anche integrato nella società. La parte con per protagonista Rose sono forse quelli più complessi e più intensi, merito della sua interprete Annabelle Lengronne, magnetica nello sguardo e nella sua totale libertà di scegliersi lei l’uomo da frequentare o con cui divertirsi per il suo personale piacere. 

L’intensità del film diminuisce quando l’attenzione si sposta suoi capitoli intitolati “Jean” ed “Ernest”. Il risultato è un lavoro solvente, onesto, dallo sguardo sincero e non paternalistico, cinematograficamente molto buono, con particolari novità e possedendo un ottima fotografia firmata da Hélène Louvart. Per concludere le scene più belle visivamente sono quelle estive in cui si vedono entrambi i due fratelli, in capitoli diversi, in mezza la natura e in compagnia dei i loro amici e amiche. Una delle poche critiche che si può fare alla regista è proprio rinunciare alla presenza di Rose sempre più di sfondo e senza concludere il suo ciclo di narrazione.  

Bargain – Trattativa Mortale: trailer della nuova serie in arrivo su Paramount+

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Paramount+ ha presentato oggi il trailer ufficiale di Bargain – Trattativa Mortale, nuova serie thriller distopica sudcoreana. Tutti i sei episodi della serie saranno trasmessi in anteprima mondiale giovedì 5 ottobre su Paramount+ in Italia oltre che negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada, Australia, America Latina, Brasile, Francia, Germania, Svizzera e Austria.

Nella serie Bargain – Trattativa Mortale, gli uomini vengono attirati in un hotel isolato con la scusa di un incontro sessuale, per poi essere coinvolti in un traffico di organi che vengono venduti all’asta al miglior offerente. Dopo un terremoto catastrofico, le vittime, i trafficanti e gli acquirenti rimangono intrappolati nell’edificio in rovina. Tagliati fuori dal mondo esterno, devono lottare per sopravvivere ad ogni costo.

Bargain – Trattativa Mortale ha come protagonisti gli attori Jin Sun-kyu (Extreme Job), Jun Jong-seo (Money Heist: Korea) e Chang Ryul (My Name) ed è un adattamento dell’omonimo cortometraggio pluripremiato del regista Lee Chung-hyun, uscito nel 2015. Il regista e scrittore Jeon Woo-sung, che faceva parte del team di produzione del cortometraggio originale, ha ripreso la storia e l’ha sviluppata in una serie in sei parti. La serie è co-scritta da Choi Byeong-yun e Kwak Jae-min e prodotta dallo showrunner e creatore Byun Seungmin e da Bang Jin Ho.

Bargain – Trattativa Mortale è stata sviluppata da Paramount+ e TVING attraverso una partnership tra Paramount e il colosso coreano dell’intrattenimento CJ ENM. In Corea, Paramount+ si presenta all’interno di TVING, una piattaforma di streaming controllata da CJ ENM e attualmente operativa in Corea. L’accordo consente inoltre la diffusione di contenuti coreani nelle attività di streaming di Paramount all’estero. Bargain – Trattativa Mortale è concessa in licenza da Paramount Global Content Distribution al di fuori di Corea, Giappone e Taiwan.

La serie è stata premiata con il Critics’ Choice Award al Seriencamp Festival di Colonia a giugno e ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura a Canneseries all’inizio di quest’anno. Bargain – Trattativa Mortale è inoltre stata selezionata ufficialmente per il Toronto International Film Festival del 2023, dove sarà presentata in anteprima per il Nord America il 9 settembre.

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