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The Dictator: Sasha Baron Cohen non sarà bandito dagli Oscar

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Sembrava certo che Sasha Baron Cohen, visto recentemente nei panni del poliziotto cattivo in Hugo Cabret,  fosse stato ufficialmente bandito dalla notte degli Oscar: la diffida da parte dell’Academy  era  arrivata quando l’attore, conosciuto per le sue performances comiche trasgressive in Borat e Bruno, aveva annunciato di volersi presentare alla cerimonia vestito come il Generale Aladeen, protagonista del suo nuovo irriverente film the Dictator.

La prospettiva di dover “ospitare” il personaggio, un dittatore dell’immaginaria repubblica islamica di Wadiya che lotta per evitare che la democrazia arrivi nel suo paese e lo rovini per sempre, sembrava davvero troppo per una cerimonia fortemente tradizionale come quella della notte delle stelle.

Alla fine, pare però che Cohen avrà dopo tutto la possibilità di presentarsi alla Cerimonia alle sue condizioni: così lasciano intendere le dichiarazioni di Brian Grazer, che si è detto entusiasta e impaziente di vederlo sul red carpet nei panni del suo personaggio. Polemica rientrata, quindi.

Dal canto suo, il generale Aladeen non aveva esitato a rispondere all’offesa arrecatagli con una replica esemplare:

 

 

The Dictator: ecco il trailer esteso

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Dopo l’annunciata e inaspettatamente tranquilla comparsata del Dittatore Sacha Baron Cohen sul red carpet degli Academy Awards lo scorso 26 febbraio

The Devil’s Candy recensione del film di Sean Byrne

The Devil’s Candy recensione del film di Sean Byrne

Esce venerdì 8 settembre The Devil’s Candy, un nuovo film prodotto dalla Midnight Factory. Questa piccola casa di distribuzione, nata da una cellula della Koch Media Italia, è relativamente nuova nel settore, ma vanta il merito di avere come obiettivo primario quello di portare in Italia film poco conosciuti, pellicole indipendenti e classici del passato rimasterizzati… il tutto, rigorosamente di genere horror.

Grazie alla Midnight Factory abbiamo potuto godere anche in Italia di ottime opere come Babadook, It Follows, The Invitation, Somnia e molti altri. Questo autunno ci porta sui grandi schermi The Devil’s Candy, nuovo film di Sean Byrne, qui alla sua seconda opera dopo il discreto The Loved Ones (2009).

La storia gira attorno ad una famigliola americana piuttosto sui generis. Mamma, papà e figlioletta sono infatti fan sfegatati della musica heavy metal, genere di per sé poco rilassante. Sulle note vibranti di Killing Inside dei Cavalera Conspiracy si recano a comprare la loro nuova casa. Che manco a dirlo risulta avere qualcosa che non va, e li farà imbattere in strani avvenimenti provocati dall’inquietante ex inquilino della magione (Pruitt Taylor Vince).

Il suono ha una parte molto importante. La pellicola si apre con accordi sconnessi ma assordanti di una Gibson Flying V (la chitarra più amata dai musicisti “dannati”: da Jimi Hendrix ad Eddie Van Halen, passando per Keith Richards), che per altro riveste un ruolo simbolico piuttosto interessante. Lo strumento, nella sua variante rosso fuoco, è spesso accostato al crocifisso capovolto, lungo tutta la durata del film.

Sembra che la trama sia stata in parte ispirata alla leggenda secondo cui il musicista Robert Johnson avesse fatto un patto col diavolo per diventare il miglior chitarrista vivente.

Contrariamente a quanto vuole a tutti i costi dimostrare, The Davil’s Candy non è un film particolarmente innovativo. Classico horror su una casa stregata, risulta essere piuttosto un Amityville in salsa metal. Non brilla per colpi di scena o per trovate narrative, ma nella sua prosaicità è comunque un prodotto dignitoso.

È apprezzabile lo sforzo di questo piccolo film indipendente, per esempio nell’uso di un linguaggio visivo simbolico: un protagonista dannato con le fattezze del Messia; l’uso frequente del colore rosso come riferimento alla tentazione e al peccato; la pittura come mezzo attraverso cui parla la nostra anima.

Ma la sensazione che l’uso di una colonna sonora così particolare sia solo uno specchietto per le allodole (per attirare quella particolare fetta di fan), è forte e persistente.

Per chi ama questo genere di musica, o per chi ama la musica e basta, si veda la commedia Tenacius D e il Destino del Rock.

The Devil On Trial – Processo al diavolo: recensione del docufilm Netflix

«Eravamo di fronte a uno scontro tra il bene e il male… e quest’ultimo aveva scelto il Connecticut». È con questa frase cupa e gelida che si apre The Devil on Trial – Processo al diavolo, il nuovo docufilm horror di Netflix, disponibile dal 17 ottobre 2023, che riporta alla luce uno dei casi più inquietanti e controversi di omicidio e possessione demoniaca degli Stati Uniti.

Scritto e diretto dal quattro volte candidato ai BAFTA Chris Holt, il documentario di circa 85 minuti ripropone – tra ricostruzioni cinematografiche, testimonianze dirette, registrazioni ed immagini d’archivio – l’orribile ed agghiacciante fatto di cronaca che solo pochi anni fa ha ispirato il terzo capitolo del celebre franchise di The Conjuring Universe.

La storia vera della famiglia Glatzel e Arne Johnson

Il piccolo David Glatzel conduceva una vita normale e tranquilla insieme ai suoi due fratelli, Carl e Alan, sua sorella Debbie e ai suoi genitori. I Glatzel erano una famiglia americana come tante altre… finché qualcosa di spaventoso ed indicibile bussò alla loro porta.

Il 2 luglio del 1980, Debbie trovò casa a Newton, dove si trasferì con il suo fidanzato Arne Johnson. I tre fratelli e i genitori si offrirono, dunque, di aiutare la giovane coppia con il trasloco. Ed è proprio in questa casa che, dopo poche ore, il piccolo David sentì per la prima volta una strana presenza: iniziò così quel terrificante incubo che travolse e consumò le vite della famiglia Glatzel. Da quel momento, l’undicenne David non fu più lo stesso: grida, visioni terrificanti, insulti, voci oscure e notti insonni. Esausti e turbati, i Glatzel decisero dunque di affidarsi a degli specialisti del paranormale, i celebri demonologi Ed e Lorraine Warren.

Era il 2 settembre 1980 quando la Chiesa Cattolica autorizzò a praticare un esorcismo sul piccolo David. Ma anche quest’ultimo tentativo non si rivelò la soluzione ai mali che affliggevano questa famiglia: durante il rito, infatti, Arne – straziato nel vedere il bambino soggiogato dal demone – chiese a quest’ultimo di lasciare il giovane e prendere sé al suo posto. Nei giorni che seguirono l’esorcismo, i Glatzel parvero ritornare alla vita spensierata di prima. Una pace che durò solo qualche mese, fino a quando Arne – la tragica sera del 16 febbraio 1981 – uccise a coltellate il suo padrone di casa, Alan Bono.

Il caso “DEVIL MADE ME DO IT”

Con ben quattro coltellate, Arne Cheyenne Johnson uccise Alan Bono davanti agli occhi increduli delle sorelle Johnson e di Debbie. Nonostante questo, tutti affermarono che Arne era innocente e che quella sera era stato posseduto dal maligno, unico colpevole dell’omicidio. Il processo di Johnson divenne fin da subito un fatto mediatico di grande eco e tutt’oggi è ricordato come il caso “Devil made me do it” (cioè, “il diavolo me l’ha fatto fare”), primo e unico caso di omicidio volontario negli Stati Uniti in cui la difesa si avvalse della possessione demoniaca come causa del reato, professando l’innocenza dell’imputato. La giuria però non credette a questa storia e il 24 novembre del 1981 il diciannovenne Arne Johnson fu condannato a vent’anni di carcere.

THE DEVIL ON TRIAL: Possessione demoniaca o rabbia omicida e cospirazione umana?

Con The Devil on Trial, Chris Holt costruisce un cupo e inquietante castello di carte che verso l’epilogo è poi smontato, a poco a poco, con scetticismo e spettacolarizzazione. L’intento di Holt è chiaro: se nella prima parte cerca di far empatizzare lo spettatore con i protagonisti al punto da proporre la tesi di possessione demoniaca come unica verità plausibile; nella seconda parte stende allusivamente un grande velo di dubbi e perplessità. Davvero il piccolo David è stato tormentato dal demonio? È sicuro che non ci siano moventi per la rabbia omicida di Arne? E se dietro uno dei casi paranormali più celebri degli ultimi anni ci fosse una crudele cospirazione umana?

In questo ha un ruolo chiave Carl, l’unico della famiglia Glatzel che decide di indagare su una verità più personale e profonda, che si dissocia totalmente dalla versione paranormale promossa dagli adulti coinvolti a quel tempo. Carl si espone, quindi, raccontando dei retroscena familiari con i quali poco hanno a che fare demoni e possessioni: «Morti i miei genitori, ho riordinato le loro cose con mia moglie. Mia madre si appuntava tutto, era ossessivo-compulsiva. Usava pezzi di carta, calendari… scriveva ovunque. Trovammo allora questa annotazione: “Stasera tutti hanno preso la medicina ed è andato tutto bene”». Ogni sera, in casa Glatzel, la madre – rivela Carl con sguardo disilluso e deluso – metteva di nascosto un forte antistaminico nel loro cibo.

«Sperava che il Sominex la aiutasse a mantenere meglio il controllo su di noi e su mio padre. Provare sonnolenza, sentirci stanchi ci avrebbe fatto stare buoni e non le avremmo dato problemi. Ma il Sominex alla lunga può avere effetti collaterali come sbalzi d’umore, aumento di peso e… allucinazioni».

Nonostante le ricostruzioni cinematografiche a tratti un po’ troppo forzate e drammatizzate, The Devil on Trial si inserisce nel catalogo Netflix come un documentario semplice e godibile che non intende limitarsi a porre ancora una volta sotto i riflettori una storia tanto assurda quanto inquietante, ma che chiede indirettamente al pubblico di riflettere e interrogarsi su temi come il fanatismo religioso e, soprattutto, su come la mente umana sia, il più delle volte, la vera origine del male.

The Devil and Father Amorth: recensione del doc di William Friedkin

Oltre quaranta anni dopo la realizzazione del suo film più famoso, L’Esorcista (1973), William Friedkin si interroga, usando il linguaggio del documentario e del diario filmato, su quel tema che aveva affrontato in maniera istintiva e senza la preparazione culturale ed emotiva che a suo stesso avviso avrebbe richiesto: il risultato è The Devil and Father Amorth.

Per indagare sceglie di seguire una vera superstar della lotta al demonio, ovvero Padre Gabriele Amorth, esorcista del Vaticano e della Diocesi di Roma da trentacinque anni. Lo segue durante i rituali di uno dei suoi ultimi casi, una ragazza arrivata al ragguardevole traguardo del nono esorcismo.

L’Esorcista è un vero e proprio capolavoro, sia per gli amanti dell’horror che per un pubblico più evoluto, alla ricerca di contenuti, riflessioni e sguardo d’autore. Ha aperto la strada a un genere del tutto particolare, incentrato sulla possessione diabolica e sulla lotta al maligno. A detta di Friedkin, lo stesso padre Amorth si complimentò con lui, dicendogli che fosse il suo film preferito e ringraziandolo per aver contribuito a far conoscere e permettere di comprendere il suo delicato lavoro. Allo stesso tempo però lo rimproverò per aver calcato un po’ troppo la mano con effetti speciali esagerati e situazioni alquanto impressionanti.

Afferma il regista, che prima di girare il film, non aveva mai assistito a un vero esorcismo e non ne sapeva assolutamente nulla, come del resto Bill Blatty che scrisse il romanzo e la sceneggiatura. All’epoca non esisteva una documentazione adeguata, non c’erano libri e quel poco che si poteva reperire era totalmente irreale o inventato in maniera esagerata.

Dopo aver studiato e meditato per tanti anni su quel tema Friedkin decise di voler continuare a indagare con il mezzo cinematografico, ma tralasciando ogni forma di narrazione costruita o di messinscena. Così contattò un amico teologo chiedendogli se fosse stato possibile incontrare Padre Amorth. Il sacerdote non solo acconsentì, ma lo autorizzò a seguirlo e a filmare un suo esorcismo. La sola condizione fu che non ci fosse troupe e luci, in modo da non interferire e non disturbare durante il delicato rituale.

The Devil and Father Amorth, il film

The Devil and Father Amorth è la testimonianza di quell’esorcismo, celebrato in occasione del novantunesimo compleanno di Padre Amorth, poi venuto a mancare nei mesi successivi. Le riprese effettuate in quella giornata sono poi state sapientemente integrate con interviste a medici, psichiatri e religiosi, in modo da avere diversi commenti e punti di vista su quanto accaduto. Friedkin sostiene di aver vissuto e documentato un’ esperienza sconvolgente, che il film da lui realizzato è un viaggio esplorativo e la chiusura di un cerchio iniziato più di quarantacinque anni fa.

Tuttavia si avverte troppa enfasi nella narrazione di Friedkin, sempre condotta in prima persona, ponendosi davanti alla macchina da presa, anche quando per necessità si cala nel ruolo di videomaker. In molti casi racconta la sua esperienza su quegli stessi luoghi reali dove girò L’Esorcista. Quando si affida solamente alle parole per descrivere accadimenti a suo dire terribili, per cause fortuite viene a mancare il materiale video, cosa che purtroppo lascia intendere che la sua possa essere suggestione.

La cittadina di Alatri, dove vive Sabrina, la posseduta che viene sottoposta ai ripetuti esorcismi, viene descritta come una sorta di borgo sperduto chissà dove, una sorta di roccaforte del male rimasta isolata nel tempo, dove per raggiungere la chiesa è necessario inerpicarsi per un’ora e mezza. Nonostante si tratti di un documentario si avverte purtroppo una costruzione tipica di determinati meccanismi di genere, quando non si cade in veri e propri luoghi comuni.

Certo, Friedkin è comunque un narratore navigato e il film cattura, incuriosisce, ma non mostra o racconta nulla di così convincente da divenire un documento importante, né dal punto di vista antropologico o psichiatrico, né tantomeno da quello religioso. Con questo non si vuole assolutamente mettere in dubbio l’autenticità di fatti o persone, ma non si avverte dalle riprese quella forza sovrumana che il posseduto dicono abbia, non si sente una voce o un suono che le corde vocali del soggetto non sia in grado di emettere, non si ascoltano lingue incomprensibili. Si percepisce però una grande fede, si avverte la lotta eterna tra bene e male, la volontà di non alimentare e combattere senza indugio ciò che viene avvertito come malefico.

Forse l’aspetto più interessante e toccante è il dibattere tra scienza e fede, mettendo a confronto le due posizioni opposte, ma inaspettatamente aperte l’una nei confronti dell’altra. Spiazzante è la testimonianza del Vescovo di L.A., che con grande umanità confessa che non potrebbe mai celebrare un esorcismo, per la troppa paura; dice che per fare una cosa simile c’è bisogno di una fede fortissima,  di una forza di spirito non comune, che lui non sente di avere.

The Devil All the Time: Holland, Pattinson, Skarsgård, Keough e Clarke nelle prime foto

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Il film drammatico di Netflix, The Devil All the Time, è il nuovo film del regista Antonio Campos (Simon Killer, Christine) e si basa sull’omonimo romanzo dallo stesso titolo che racconta una saga familiare edito nel 2011, del romanziere Donald Ray Pollock. “È una narrazione con diverse trame ambientata tra la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio del coinvolgimento americano in Vietnam in cui le vite di un gruppo eterogeneo di personaggi si intrecciano”, afferma il regista.

Il film presenta un cast all stars, in cui figurano Bill Skarsgård, Riley Keough, Jason Clarke, Sebastian Stan, Haley Bennett, Mia Wasikowska, Eliza Scanlen, Robert Pattinson e Tom Holland, a cui è stato affidato il ruolo del tormentato protagonista, Arvin Russell.

The Devil All the Time sarà presentato in anteprima su Netflix il 16 settembre. Ecco le immagini del film diffuse in anteprima da Entertainment Weekly:

The Descendants – Intervista a Shailene Woodley

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Intervista a Shailene Woodley, protagonista del nuovo film di Alexander Payne “The Descendants”, dal 24 febbraio al cinema.

The Departed – Il bene e il male: la spiegazione del finale del film

Considerato uno dei più importanti film di Martin Scorsese dal 2000 ad oggi, The Departed – Il bene e il male si è affermato come ennesima rilettura del genere gangster movie, incentrato stavolta sulla malavita nella città di Boston. Un genere a cui, come ben sapranno i suoi fan, Scorsese si è dedicato nel corso di tutta la sua carriera con film come Mean Street, Quei bravi ragazzi, Casinò e fino al più recente The Irishman. In questo caso, però, Scorsese si è concentrato in particolare sulla dicotomia tra bene e male – riportata non a caso nel sottotitolo italiano – e sui suoi labili confini.

“Remake” americano del film di Hong Kong Infernal Affairs – che Scorsese si è però rifiutato di vedere per non esserne influenzato – il film ha ottenuto un enorme successo di critica e pubblico, divenendo non solo uno dei maggiori incassi nella carriera del regista, ma anche il titolo con cui il celebre autore ha ottenuto il suo agognato primo (e ad oggi unico) Oscar alla regia. Vincitore anche del premio al Miglior film, alla Miglior sceneggiatura non originale e al miglior Montaggio, The Departed – Il bene e il male continua ancora oggi ad essere tra i più citati film di Scorsese.

Ciò anche grazie alla presenza di un cast straordinario, composto da alcuni dei migliori attori in circolazione e che si confrontano qui in un duello di bravura continuo. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a The Departed – Il bene e il male. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

The Departed - Il bene e il male Leonardo DiCaprio Martin Sheen Mark Wahlberg
Leonardo DiCaprio, Mark Wahlberg e Martin Sheen in The Departed – Il bene e il male. Foto di © 2006 Warner Bros. Entertainment Inc.

La trama e il cast di The Departed – Il bene e il male

La storia del film si svolge a Boston, dove il dipartimento di polizia è intenzionato a porre fine all’impero del boss irlandese Frank Costello. Per riuscirvi, si decide di reclutare il giovane Billy Costigan affinché si infiltri segretamente nella banda del criminale. Allo stesso tempo, però, il figlioccio di Costello, Colin Sullivan, si è fatto strada nella polizia conquistandosi un posto all’interno dell’unità speciale anticrimine. Da qui, Sullivan ha modo di passare al boss le informazioni segrete relative ai piani contro di lui. Nel momento in cui i due infiltrati scopriranno della rispettiva esistenza, la loro diventa una corsa allo smascheramento reciproco.

Uno dei motivi di maggior popolarità del film, come anticipato, è il suo cast all star. Protagonisti sono infatti alcuni tra i più celebri attori del momento, a partire da Leonardo DiCaprio. Questi, nel ruolo di Costigan, ha descritto l’esperienza di recitare accanto a Jack Nicholson uno dei momenti più memorabili della sua carriera. Nicholson è infatti il volto di Costello. L’attore aveva inizialmente rifiutato la parte, ma si convinse infine per la possibilità di interpretare un nuovo cattivo dopo diverse commedie realizzate.

Nel ruolo di Sullivan vi è invece l’attore Matt Damon, il quale per prepararsi al ruolo decise di lavorare per un periodo di tempo con la polizia di Boston, seguendoli nelle pattuglie di routine e nelle retate anti droga. Nel film è presente inoltre l’attore Mark Wahlberg nei panni del poliziotto Dignam. L’interpretazione di tale personaggio fece guadagnare all’attore la sua prima ed unica nomination al premio Oscar come attore non protagonista. Fanno poi parte del cast anche gli attori Alec Baldwin, Vera Farmiga e Martin Sheen.

The Departed - Il bene e il male Leonardo DiCaprio Jack Nicholson
Leonardo DiCaprio, Jack Nicholson e Ray Winstone in The Departed – Il bene e il male. Foto di © 2006 Warner Bros. Entertainment Inc.

La spiegazione del finale

Il finale di The Departed – Il bene e il male è di quelli che lasciano a bocca aperta. Nel momento in cui Costigan e Sullivan cercano di scoprire le reciproche identità, Sullivan scopre che Costello è un informatore dell’FBI. Sullivan teme dunque che Costello possa rivelare i suoi loschi traffici, così organizza un’incursione con l’aiuto di Costigan per eliminare definitivamente Costello. Il piano va a buon fine e dopo una sparatoria, Sullivan trova Costello ferito e gli spara ripetutamente. Si tratta sia di un atto di protezione più che di una vendetta per il tradimento di Costello che si è rivolto all’FBI.

Dopo la morte di Costello, Costigan riceve però un nastro misterioso. Su di esso ci sono registrazioni di Costello e Sullivan, che provano che quest’ultimo è la talpa all’interno della polizia di Boston. Crea allora delle copie delle registrazioni e ne invia alcune a Sullivan stesso in una busta, per fargli sapere che il suo segreto non è più al sicuro. Tuttavia, una complicazione importante nelle vite di Costigan e Sullivan è la loro relazione con la terapista Madolyn.

All’inizio la donna ha una storia d’amore con Sullivan, che però inizia a crollare man mano che lui diventa sempre più coinvolto nella sua doppiezza in polizia. Quando inizia a innamorarsi di uno dei suoi pazienti, l’infiltrato Costigan, le cose si complicano ulteriormente: entrambi gli uomini sono acerrimi nemici ma non hanno idea delle loro rispettive identità. Quando Madolyn, che vive con Sullivan, vede la busta che Costigan ha lasciato per lui, la apre. Ascolta le registrazioni e capisce che Sullivan è un informatore della mafia.

The Departed - Il bene e il male Matt Damon
Matt Damon in The Departed – Il bene e il male. Foto di © 2006 Warner Bros. Entertainment Inc.

Sullivan la sorprende mentre ascolta le registrazioni e cerca di rassicurarla senza successo. A quel punto, Costigan lo chiama e lo informa di avere altre copie delle registrazioni e che rivelerà alla polizia la doppiezza di Sullivan a meno che quest’ultimo non lo aiuti a recuperare la sua identità civile. In sostanza, egli rivela di essere ancora bloccato sotto copertura a causa della morte di Costello e del coinvolgimento di Sullivan. I due, dunque, si incontrano per scambiare le registrazioni e i documenti per garantire il ritorno di Costigan a una vita normale, ma le cose vanno a rotoli.

Subiscono un’imboscata da un altro agente, Barrigan, che uccide Costigan e rivela a Sullivan che anche lui era una talpa che lavorava per Costello. Sullivan, però, uccide Barrigan e inventa una storia assurda su come Barrigan sia sempre stato la talpa e che Costigan lo abbia scoperto. Nomina Costigan per un premio postumo e sembra pensare che la cosa sia finita lì. Tuttavia, la sequenza finale di The Departed – Il bene e il male mostra Sullivan che torna a casa dal negozio di alimentari, solo per subire un’imboscata dal suo superiore di polizia, Dignam.

Questi, che era stato il supervisore di Costigan durante la sua operazione sotto copertura, spara a Sullivan uccidendolo e se ne va. La spiegazione più probabile è che Madolyn gli abbia dato i nastri rivelatori dopo la morte di Costigan. Dignam dunque sa che non solo Sullivan è la spia, ma è anche responsabile della morte di Costigan. La sua diventa dunque una vendetta pura e semplice, che porta a termine senza troppi complimenti.

The Departed - Il bene e il male Jack Nicholson Matt Damon
Jack Nicholson e Matt Damon in The Departed – Il bene e il male. Foto di © 2006 Warner Bros. Entertainment Inc.

L’altra possibile spiegazione è che Dignam lavori con l’FBI e sapesse del tradimento di Sullivan molto prima che le cose degenerassero. In questo caso, le motivazioni che lo spingono a uccidere Sullivan non sono tanto la vendetta quanto la copertura della conoscenza da parte dell’FBI della corruzione all’interno della polizia di South Boston. La faccenda è dunque conclusa, ma c’è un ultima inquadratura su cui tante parole si sono spese.

Il significato del ratto alla fine del film

Dopo che Sullivan muore e Dignam si allontana, la telecamera si sofferma infatti su un ratto che striscia sulla ringhiera del patio. Un “ratto” è un termine gergale che indica una persona che tradisce la fiducia e l’amicizia di un’organizzazione a cui ha prestato giuramento. In The Departed – Il bene e il male, Costigan era una spia per la mafia perché informava la polizia. Sullivan era un ratto per la polizia di South Boston e forniva informazioni vitali a Costello, che era anche un ratto per la mafia attraverso i suoi rapporti all’FBI.

Sullo sfondo dell’immagine, però, notiamo una cupola dorata. Il contrasto presente in tale immagine racchiude così il senso ultimo del film. Il marcio, incarnato dal topo, è ovunque, anche in quei luoghi che sembrano apparentemente essere immacolati, come in questo caso l’edificio dorato. Il finale del film ripropone così un’ultima volta il binomio bello/brutto, bene/male, centrali nel corso dell’intero film e perfettamente rappresentati dai due infiltrati protagonisti.

Il trailer e dove vedere il film in streaming

The Departed è disponibile su Rakuten TV, Apple TV, Infinity, Tim Vision e Prime Video. Per vederlo, in base alla piattaforma prescelta, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale, avendo così poi modo di riprodurlo in modo pratico e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 16 settembre alle 21:00 sul canale Iris.

The Deliverance – La redenzione: la storia vera dietro il film Netflix

Con un titolo di apertura che afferma che la storia è “ispirata a fatti realmente accaduti”, The Deliverance – La redenzione racconta la situazione della famiglia Jackson di Pittsburgh alle prese con una possessione demoniaca che minaccia di distruggerla dall’interno. Diretto da Lee Daniels (Precious, The Butler) da una sceneggiatura scritta insieme a Elijah Bynum (Magazine Dreams) e David Coggeshall (Orphan: First Kill) è il nuovo horror a sfondo religioso arrivato su Netflix il 30 agosto.

Si tratta di una drammatizzazione della presunta possessione della famiglia Ammons avvenuta nel 2011. Da allora, la casa in cui hanno vissuto e si sarebbero verificati tali eventi è conosciuta come la Casa del Demone dell’Indiana. È solo uno dei tanti casi di case infestate apparentemente esistenti negli Stati Uniti, come la saga di The Conjuring ha dimostrato nel corso degli anni con i suoi film. Da La casa L’evocazione – The Conjuring, da Crimson Peak ad Annabelle e fino a La casa delle bambole – Ghostland, sono tanti i titoli in cui si può ritrovare tale elemento.

In questo nuovo film, a tale elemento orrorifico si uniscono però anche tematiche come l’affido dei minori e la salute mentale, fattori che contribuiscono a generare la situazione horror vissuta dalla protagonista. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a The Deliverance – La redenzione. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla storia vera a cui si ispira. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

The Deliverance - La redenzione Andra Day
Andra Day nel ruolo di Ebony e Anthony B. Jenkins nel ruolo di Andre in The Deliverance – La redenzione. Cr. Aaron Ricketts/Netflix © 2024

La trama e il cast di The Deliverance – La redenzione

Protagonista del film è Ebony Jackson, una madre single in difficoltà alle prese con i propri demoni interiori. Per ricominciare da capo, decide di trasferirsi con la famiglia in una nuova casa. Inizialmente, tutto sembra procedere per il meglio, ma questa apparentemente tranquillità verrà brutalmente infranta quando strani fenomeni inizieranno a verificarsi nell’abitazione. Fenomeni che desteranno i sospetti dei servizi sociali e minacceranno di distruggere la famiglia di Ebony. La donna si ritrova dunque coinvolta in una lotta per salvare sé stessa e le anime dei suoi figli da quello che sembra essere un potere superiore.

Ad interpretare Ebony Jackson vi è l’attrice Andra Day, nominata all’Oscar per il film Gli Stati Uniti contro Billie Holiday. Ad interpretare i figli Andre, Shante e Nate vi sono invece Anthony B. Jenkins, Demi Singleton e Caleb McLaughlin, quest’ultimo noto per il ruolo di Lucas Sinclair nella serie Stranger Things. La pluricandidata all’Oscar Glenn Close interpreta invece Alberta Jackson, la religiosa madre di Ebony. Completano il cast Aunjanue Ellis nel ruolo del reverendo Bernice James, Mo’Nique in quello di Cynthia Henry, operatrice del dipartimento dei servizi per l’infanzia e Omar Epps in quello di Melvin.

La storia vera dietro il film

Un’inchiesta sulla presunta infestazione della famiglia Ammons, pubblicata nel 2014 dall’Indianapolis Star, descriveva come la Ammons fosse arrivata a credere che lei e i suoi figli, all’epoca di 7, 9 e 12 anni, fossero stati posseduti da demoni che risiedevano nella loro casa appena affittata in Carolina Street a Gary. Pur avendo parlato con lo Star a condizione che i suoi figli non venissero intervistati o nominati, la Ammons ha firmato delle liberatorie che hanno permesso al giornale di esaminare documenti medici, psicologici e ufficiali non aperti al pubblico e descritti come “non sempre lusinghieri”.

Ammons ha dichiarato che gli strani avvenimenti nella casa di Carolina Street sono iniziati nel dicembre 2011, quando la famiglia ha notato che, nonostante le temperature invernali, sciami di mosche nere si infiltravano nel portico schermato. “Non è normale”, ha dichiarato la madre di Ammons, Rosa Campbell, allo Star. “Le abbiamo uccise, uccise e uccise, ma continuavano a tornare”. La situazione si è aggravata nei mesi successivi: Ammons ha descritto episodi sempre più bizzarri e pericolosi, durante i quali i bambini sarebbero levitati, sarebbero stati lanciati da una parte all’altra della stanza e avrebbero parlato con voci profonde e innaturali.

The Deliverance - La redenzione Caleb McLaughlin
Caleb McGlaughlin nel ruolo di Nate e Andra Day nel ruolo di Ebony in The Deliverance – La redenzione. Cr. Aaron Ricketts/Netflix © 2024

Il Dipartimento di Polizia di Gary, il Dipartimento dei Servizi per l’Infanzia dell’Indiana (DCS) e l’ospedale locale sono stati coinvolti nel caso, con agenti, personale medico e assistenti sociali che hanno riferito di aver assistito a episodi della natura che Ammons stava perpetrando. Altri erano scettici sul fatto che l’origine del problema fosse paranormale. Nell’aprile 2012, un denunciante senza nome ha presentato un rapporto ufficiale al DCS chiedendo all’agenzia di indagare su Ammons per possibili abusi o negligenze sui bambini.

La fonte ha riferito di ritenere che Ammons soffrisse di problemi di salute mentale e che i bambini si esibissero per la madre e lei incoraggiasse questo comportamento. Poco dopo, il DCS ha preso in custodia d’emergenza i bambini senza un ordine del tribunale. L’agenzia ha poi ottenuto la custodia temporanea dei figli di Ammons. A seguito di una valutazione del figlio minore di Ammons, uno psicologo clinico ha concluso che i racconti del bambino sulla possessione erano “bizzarri, frammentari e illogici” e cambiavano ogni volta che li raccontava. “Questo sembra essere un caso sfortunato e triste di un bambino che è stato indotto in un sistema delirante perpetuato dalla madre”, ha scritto. Un’altra psicologa ha riportato risultati simili sui due figli maggiori.

Alla fine, nel giugno 2012, il reverendo Michael Maginot, sacerdote della parrocchia di Santo Stefano Martire a Merrillville, ha eseguito tre esorcismi principali sulla Ammons nella sua chiesa e ha benedetto la sua nuova casa a Indianapolis. Dopo essersi trasferita nella nuova casa e aver lavorato per raggiungere gli obiettivi del piano del DCS per la sua famiglia, Ammons ha riottenuto la custodia dei suoi figli nel novembre 2012. La casa è diventata in seguito il soggetto del documentario Demon House di Zak Bagans del 2018 ed è stata demolita nel 2016 come parte della produzione del film.

Il trailer di The Deliverance – La redenzione e come vederlo su Netflix

Come anticipato, è possibile fruire di The Deliverance – La redenzione unicamente grazie alla sua presenza nel catologo di Netflix, dove attualmente è al 1° posto della Top 10 dei film più visti sulla piattaforma in Italia. Per vederlo, basterà dunque sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità video, avendo poi anche accesso a tutti gli altri prodotti presenti nel catalogo.

The Deliverance – La redenzione, spiegazione del finale: chi sopravvive al film horror demoniaco di Netflix?

Non capita spesso di vedere un film horror soprannaturale con un cast quasi interamente nero, soprattutto se si tratta di possessione demoniaca, ma l’ultimo film di Lee Daniels, The Deliverance – La redenzione, mira a cambiare le cose. Entrato nella Top 10 dei film più visti di Netflix dopo la sua uscita il 30 agosto, The Deliverance è un’interpretazione diversa dei demoni standard che vediamo nella maggior parte dei film horror, anche se riesce comunque a soddisfare tutte le esigenze a cui siamo abituati. Dopo che la madre single Ebony Jackson (Andra Day) trasferisce la sua famiglia in una nuova casa, i suoi figli vengono presto colpiti dall’antico male che vi abita. Come in tutti i film horror infestati da demoni, come L’esorcista, Il presagio o L’evocazione – The Conjuring, l’unico modo per affrontare veramente il problema del demonio è rivolgersi a Dio stesso. Come finisce The Deliverance? Beh, il titolo stesso è un indizio inequivocabile…

Qual è il problema della casa dei Jackson?

The Deliverance - La redenzione Caleb McLaughlin
Caleb McGlaughlin nel ruolo di Nate e Andra Day nel ruolo di Ebony in The Deliverance – La redenzione. Cr. Aaron Ricketts/Netflix © 2024

Non passa molto tempo da quando la famiglia Jackson e la madre di Ebony, Alberta (Glenn Close), si trasferiscono nella loro nuova casa di Pittsburg prima che le cose diventino inquietanti. All’insaputa della madre, il figlio minore di Ebony, Andre (Anthony B. Jenkins), inizia a parlare con una presenza in casa che chiama Trey, e questa forza spirituale è tutt’altro che un amico. Ben presto, Trey si rivela più maligno di quanto non lasciasse intendere all’inizio e Andre, suo fratello maggiore, Nate ( Caleb McLaughlin di Stranger Things), e la loro sorella, Shante (Demi Singleton), iniziano a mostrare segni di abuso fisico. Questo complica le cose per Ebony che, a causa dei suoi precedenti penali e della sua storia di alcolismo, è già tenuta sotto stretta osservazione dall’agente dei servizi sociali Cynthia (Mo’Nique), la quale crede che la madre stia abusando fisicamente dei suoi figli, salvo poi assistere lei stessa alla possessione di Andre.

Mentre il demone inizia a manifestarsi in ognuno dei tre figli di Ebony, trasformandoli nei loro terrori a casa e a scuola, tutto arriva al culmine quando uccide Alberta. Sebbene Ebony avesse un rapporto complicato con la madre, questa perdita è la goccia che fa traboccare il vaso e, oltre a perdere la custodia dei figli, si rivolge alla Chiesa per chiedere aiuto. Sebbene Alberta non sia riuscita a convincere il suo ministro a fare qualcosa per l’infestazione demoniaca, Ebony si confronta con una donna di nome Bernice James (Aunjanue Ellis-Taylor), un’autoproclamata apostola che ha già avuto a che fare con questa specifica casa e questo particolare demone. I Jackson non sono i primi a essere perseguitati da questo spirito maligno, ma sono i primi a sopravvivere. Bernice racconta a Ebony la storia dei precedenti proprietari della casa e di come l’intera famiglia sia stata uccisa dal demone al suo interno, che sperava di reclamare l’anima del giovane Trey, che per primo aveva iniziato un’amicizia con lo spirito maligno. Ora, fingendosi Trey, il demone ha continuato la sua missione con Andre.

Non è chiaro da quanto tempo il demone viva nella nuova casa dei Jackson, né da quanto tempo sia presente il buco nel seminterrato (probabilmente un portale per l’inferno), ma sono chiare le sue intenzioni. Non vuole solo far impazzire la famiglia, vuole che si uccidano a vicenda, come è chiaro quando il demone usa Nate per far quasi annegare Andre nella vasca da bagno. Allo stesso modo, l’uccisione di Alberta, l’unica cristiana nata (anche se in difficoltà nel vivere la sua fede) della casa, l’ha tenuta al riparo da altri potenziali pericoli.

Come fa Ebony a scacciare il demone?

The Deliverance - La redenzione Andra Day
The Deliverance. Andra Day nel ruolo di Ebony e Anthony B. Jenkins nel ruolo di Andre in The Deliverance – La redenzione. Cr. Aaron Ricketts/Netflix © 2024

I demoni non sono esattamente i più facili da eliminare, soprattutto quando hanno fatto di una particolare abitazione la loro casa, ed Ebony Jackson lo impara a sue spese. Con l’aiuto di Bernice James, anch’essa ministro ordinato, Ebony porta Andre a casa loro per eseguire una “liberazione”. A differenza dell’esorcismo cattolico (che a volte prende questo nome), in questo caso la liberazione invoca direttamente il potere di Gesù Cristo, anziché passare attraverso un sacerdote, un santo o l’autorità della Chiesa cattolica romana. Questo tipo di liberazione deriva da ambienti più carismatici del cristianesimo che credono nell’uso moderno dei doni dello Spirito Santo di cui si parla in 1 Corinzi 12, come il parlare in lingue e la guarigione fisica. Così, Bernice ed Ebony affrontano il demone da sole, e l’operazione va bene per la metà di quanto avrebbero sperato.

Durante il conflitto, il demone passa dalla forma di Andre a quella di un’Alberta dall’aspetto demoniaco, con Glenn Close che offre un’interpretazione straordinaria, spaventosa sia per noi sul divano che per Ebony, che vede la madre defunta di nuovo viva in una forma corrotta. Ma le cose vanno in tilt quando il demone fugge e uccide Bernice, non lasciando a Ebony altra scelta che portare a termine la liberazione da sola. Nell’affrontare il demone nel seminterrato, vicino allo stesso buco da cui è strisciato fuori, Ebony – che è prima contorta e tormentata dall’angelo caduto – invoca il nome di Gesù per essere liberata, e le sue preghiere vengono presto esaudite. Lo spirito maligno, che a questo punto ha preso le sembianze di Ebony, perde il suo potere ed è costretto a tornare da dove è venuto.

Prima di morire, Bernice si premura di dire a Ebony di non avere paura. La Bibbia ci dice di “non avere paura” in 365 occasioni, una per ogni giorno dell’anno, e Bernice sottolinea questo fatto con il suo ultimo respiro. Anche se ha fallito nella sua missione, lasciando che la paura si insinuasse nel suo cuore, esorta Ebony a mettere da parte la paura di perdere i suoi figli per l’influenza del demonio, e persino la morte, e ad avere invece fede che Dio la libererà. Come dice Giacomo 4:7, solo quando ci si sottomette a Dio si può resistere efficacemente al diavolo. Alla fine, Ebony fa esattamente così e la sua famiglia viene salvata.

La liberazione della famiglia Jackson è più di quanto si possa immaginare

The Deliverance - La redenzione storia vera
Athony B Jenkins nel ruolo di Andre in The Deliverance – La redenzione. Cr. Aaron Ricketts/Netflix © 2024.

Sei mesi dopo, con l’aiuto di Cynthia, Ebony ottiene di nuovo la custodia dei suoi figli. Ma soprattutto, si dimostra una donna cambiata dopo la sua esperienza soprannaturale. Quando si è incontrata con Bernice prima della liberazione, Ebony si è confrontata con la dura realtà di dover ricevere Gesù Cristo come suo Signore e Salvatore per combattere questa battaglia spirituale. Sebbene non fosse sicura di potersi impegnare con Dio, ritenendo di essere troppo avanti con gli anni, Bernice le spiegò che non si trattava di un impegno transazionale. Consegnare la sua vita a Cristo non significava solo liberarsi del demone, ma doveva essere un vero e proprio cambiamento del cuore che avrebbe cambiato radicalmente la sua prospettiva sul mondo. Quando è costretta a eseguire la liberazione da sola, vediamo che Ebony inizia miracolosamente a parlare in lingue sconosciute, che in alcuni ambienti cristiani è considerato un segno esteriore che una persona è stata battezzata dallo Spirito Santo. Solo dopo aver ricevuto questo dono, il demone viene effettivamente scacciato e la famiglia Jackson viene liberata da questo male.

Essendosi veramente impegnata nella fede, la Ebony che vediamo alla fine del film è ben lontana dalla donna troppo aggressiva ed enfaticamente insicura che vediamo all’inizio. Non incolpa più gli altri per i suoi problemi, non picchia più i suoi figli e non impreca come un marinaio, ma ha messo da parte le sue tendenze alla rabbia e alla dipendenza in cambio dell’appagamento e del perdono che ha trovato in Cristo. Per molti versi, La liberazione non riguarda solo l’esorcismo di un demone dai figli dei Jackson, ma anche la liberazione di Ebony dalla paura alla fede e il modo in cui trasformare e migliorare se stessa è l’unico modo in cui la sua famiglia può rimanere veramente unita. Questi temi di guerra spirituale dimostrano che il soprannaturale non è l’unica battaglia (né gli angeli caduti sono gli unici demoni) che i cristiani devono affrontare. Spesso è il nemico interiore che è più difficile da sconfiggere, ed è solo battendo se stessa – da qui il motivo per cui il demone prende le sembianze di Ebony – che la nostra eroina riesce alla fine a vincere.

Quando la famiglia Jackson torna a Philadelphia, riunita dopo mesi di lontananza, Ebony è una donna cambiata. È sobria di mente e di corpo, sta migliorando le circostanze della sua vita e sta cercando di riconciliarsi con il marito che l’ha abbandonata. Sebbene a volte il film fatichi a decollare, è il finale pieno di speranza del film – che dimostra che la liberazione del titolo non riguardava solo Andre, ma anche l’anima mortale di Ebony – a far sì che il film sia all’altezza. Non sappiamo cosa succederà alla famiglia Jackson, ma sappiamo che affronteranno le sfide insieme, con una madre che ora vuole essere la donna che è chiamata a essere.

The Defenders: recensione della serie Marvel/Netflix

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The Defenders: recensione della serie Marvel/Netflix

L’enorme progetto Netflix annunciato nel 2014 ha finalmente trovato il suo compimento in The Defenders, disponibile dal 18 agosto. La serie tv co-prodotta dalla piattaforma insieme alla Marvel ha messo insieme i quattro eroi che ci sono stati presentati nel corso degli ultimi anni: Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Iron Fist.

Il progetto

Alla base del progetto c’è, ovviamente, il modello cinematografico del MCU in cui dopo aver presentato tutti i vendicatori nell’arco di un paio di anni con svariati film, arriva il film/serie collettiva che fa incontrare i personaggi e forma il super team destinato a salvare New York. In pieno stile Netflix però la serie non ha paura di sporcarsi le mani, mettendo in scena violenza e sangue, un pizzico di tensione sessuale, e dinamiche interpersonali molto più realistiche e colorite rispetto a quelle viste al cinema in tanti anni di Universo Condiviso.

Le ragioni sono semplici: il cinema con un esborso di molto superiore si prefigge di raccogliere un pubblico ampio, costituito prevalentemente di giovani e  giovanissimi spettatori. Per una questione di target invece, lo show può permettersi queste incursioni di temi Rating R che consentono anche al prodotto di avere più sostanza.

Pur avendo le carte in regola e il potenziale per mettere in piedi uno show convincente, The Defenders cade sui punti dolenti delle serie che lo hanno preceduto. Non è infatti un caso se le trame legate a Daredevil sono le migliori, mentre, in ordine decrescente di carisma, l’appeal dello show scema da Jessica Jones, passando per Luke Cage fino a Iron Fist.

La genesi

Nei fumetti Marvel, i Difensori (The Defenders) sono formati da Doctor Strange e sono composti dallo Stregone Supremo stesso, con Hulk e Namor il Sub-Mariner. Le necessità di avere alcuni dei protagonisti della squadra originale nel reparto cinema, ha spinto la Marvel a realizzare il progetto, ancora una volta vincente dal punto di vista produttivo, di quattro serie parallele (da cui è poi nata l’esigenza, per acclamazione popolare, di una serie spin off su The Punisher), che convergono adesso in questo quinto prodotto: un ibrido che tenta di mettere insieme i toni e le storie dei quattro protagonisti, che con il proprio trascorso arrivano quasi tutti preparati a questo appuntamento.

Il team

A differenza degli Avengers, la loro squadra si forma per caso. Sono quasi dei teppistelli di strada che per una fortuità casualità conoscono tutti la stessa infermiera (Rosario Dawson), che sempre per caso li mette insieme. Non c’è Nick Fury, quindi, a strutturare la squadra, e quindi non c’è nemmeno il nome ufficiale. Non sentiamo mai la parola Difensori o Defenders, ma più di una volta viene detto da Matt Murdock o da Danny Rand che è importante “difendere la città”. La battaglia per Hell’s Kitchen o per Harlem diventa quindi allargata all’intera città, da sempre, sia nei fumetti che nel cinema, location prediletta per i cattivi di tutti i tempi, punto di partenza per piani distruttivi.

The defenders Sigourney WeaverI villain

Il nemico contro cui si scontrano i nostri è, ovviamente, La Mano, affrontata già da Iron Fist e da Daredevil (con le funeste conseguenze per Elektra), che torna nel dispiegamento di tutte le sue “dita”. Se ogni singolo personaggio ha la sua aria di influenza e la sua Nemesi, Alexandra Reid, interpretata da Sigourney Weaver, è la leader del gruppo, colei che guida le operazioni e che confida nell’arma finale della Mano stessa: Black Sky. Nei fumetti Marvel il personaggio è un misterioso assassino, nello show è Elektra rediviva, risuscitata dalla Mano e da Alexandra in persona, per compiere la missione finale: conquistare il pugno di Iron Fist.

Il cast

E proprio nelle fondamenta della trama che The Defenders trova il suo punto più debole. Nonostante il vistoso impegno, a differenza di Charlie Cox, Kyrsten Ritter e Mike Colter, il ricciuto Finn Jones non ha il carisma per mettere in scena un combattente credibile e il suo ruolo centrale nel racconto ne mina la credibilità. È lo stesso tallone d’Achille che aveva anche il suo show standalone! Discorso diverso vale per gli altri attori: la Ritter riesce sempre a conquistare la scena con i suoi occhi grandi, le sue gambe lunghe e i tagliente sarcasmo, mentre Colter, forte dell’innegabile presenza scenica, si mostra efficace più come spalla o componente di un gruppo che in solitaria.

Cox è invece il veterano, il responsabile per il personaggio più strutturato, colui che ha il maggiore coinvolgimento emotivo nella storia e quello che, grazie anche a due stagioni da solista, ha il posto più largo nel cuore dei fan. A lui viene affidato il ruolo di riluttante guida, è lui l’unico a conservare una identità segreta, almeno per gli abitanti di New York, lui è colui che abbraccia il suo fato e che davvero coltiva dentro di sé una doppia personalità, così come è stata doppia la vita che ha condotto fino alla fine della sua seconda stagione. Il Diavolo di Hell’s Kitchen viene constretto a rimettersi in gioco, nonostante le paure, i timori e le promesse, ma scopre che il suo ritorno nei vicoli bui del quartiere di New York è accolto con gioia e selvaggio piacere da lui stesso.

L’unione fa la forza

La serie parte con molta calma, ricostruisce i suoi percorsi e fotografa i quattro protagonisti nella loro condizione del momento, per poi portarli pian piano insieme, tanto che soltanto alla fine del terzo episodio si trovano tutti insieme a combattere per la stessa causa, spalla a spalla. A metà serie quindi arriva la svolta, si forma il team, ritorna anche il personaggio si Stick, fondamentale per Daredevil e in questo caso per la missione intera, ma si pongono anche le basi per i grandi misteri che, considerati tali, si risolvono sempre in una nuvola di fumo. La Mano, i suoi scopi, le Dita, l’immortalità, la distruzione di NY: sono tutti elementi ricorrenti, fondativi potremmo dire, che però sono posti su basi molto fragili e confuse. E probabilmente in questo risiede il poco appeal dello show in generale.

Trai pregi di The Defenders c’è da considerare soprattutto la presenza della Weaver che conferma una presenza scenica inossidabile, solidità nella recitazione anche di fronte a script fallaci, una gravitas da diva in carriera che sembra far impallidire il resto del cast. A lei vanno aggiunti i volti noti delle quattro serie tv precedenti che però, con l’eccezione dell’infermiera Claire, la Nick Fury di turno potremmo dire, e di Colleen Wing, fungono principalmente da accessori. Sono loro i “cari” che ogni personaggio rischia di perdere se si mette contro la Mano, la componente di “debolezza” che ogni eroe buono ha agli occhi del cattivo, nel più canonico e rassicurante dei racconti.

Lo stile delle otto diverse puntate è il risultato di otto diversi punti di vista, dal momento che ogni episodio ha la sua mano di regia. Questa scelta non inficia però l’unità linguistica dello show che si rivela prevalentemente coesa, soprattutto nella rappresentazione confusa, concitata, violenta degli scontri a mani nude. Le nocche sanguinati, i calci, i pugni, il dolore (anche quelli di Luke Cage), dimostrano la fallibilità bellissima di questi eroi da piccolo schermo, la vicinanza alla fragilità umana, smascherano così il loro comune denominatore, l’elemento che li lega agli spettatori che fanno il tifo per loro, sempre incerti sull’esito degli scontri.

The Defenders, l’eroismo in streaming

Con un inizio tiepido e una seconda parte incalzante, The Defenders non risparmia momenti di puro eroismo e di grandi emozioni, rivelandosi leggermente inferiore alle sortite in solitaria di Daredevil, ma rispecchiando lo spirito del progetto e regalando momenti di godibile televisione, in streaming ovviamente.

The Deep Blue Sea: recensione del film con Rachel Weisz

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The Deep Blue Sea: recensione del film con Rachel Weisz

In The Deep Blue Sea Hester è sposata con un giudice della corte suprema e vive tutti i privilegi che la sua vita fortunata le offre nella Londra degli anni ’50. Il suo equilibrio borghese viene a spezzarsi quando incontra Freddie, ex pilota della RAF, affascinante ma profondamente segnato dalla guerra. Hester lascia il marito per farsi travolgere dalla passione che prova per Freddie, ma non tutti amano allo stesso modo e con intenti comuni, e l’effimera, nuova felicità di Hester si scontrerà presto con la dura realtà e con i turbamneti di Freddie.

L’amore è un sentimento universale, profondo e talvolta distruttivo, soprattutto quando a sovrastare il sentimento è la passione folle e cieca verso qualcuno che sappiamo non potrà mai renderci felici. Hester è un’eroina romantica, abbandona tutto per il suo folle amore, e rifiuta la salvezza quando le viene offerta dal legittimo marito, uomo degno di fiducia e rispetto ma, a quanto pare, rappresentante di quelle relazioni borghesi e ipocrite dalle quali Hester fugge. Terence Davis ci porta con quante delicatezza in questo mondo così sospeso, fatto di musica e attese, di canti popolari che rievocano la guerra non troppo lontane e di colori cupi e caldi, a sottolineare i caratteri oscuri e passionali dei protagonisti. I lunghi silenzi, i delicati movimenti di macchina e le interpretazioni misurate e delicate fanno di The Deep Blue Sea un film ricercato, elegante, forse troppo sospeso per permettere allo spettatore più svogliato di farsi seguire con attenzione.

Il volto di Hester è quello bellissimo, anche nella sofferenza, di Rachel Weisz, donna incredibilmente intensa e capace di far passare con una recitazione sempre contenuta grandi cariche emotive. Insieme a lei Simon Russell Beale e il bravissimo Tom Hiddelston. Lui è Freddie, l’amante che dimentica il compleanno, che ama molto la sua compagna ma che riesce a vivere anche saenza di lei. E proprio questa sarà la ragione del definitivo crollo di Hester, la diversa ‘quantità’ di amore che i due investono nella storia sarà alla fine determinante per il destino di entrambi.

The Deep Blue Sea è una silenziosa riflessione sulla coppia, sulla passione, sulla diversità dell’amore che ci coglie improvvisamente e che per qualcuno è fatale.

The Deep Blue Sea: prima foto con Rachael Weisz

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The Deep Blue Sea: prima foto con Rachael Weisz

Empire ha pubblicato la prima foto di The Deep Blue Sea, film tratto dall’omonima opera teatrale e diretto da Terence Davies, in cui Rachel Weisz e Tom Hiddleston interpretano due amanti nell’Inghilterra degli anni ’50… …nella foto vediamo proprio i due protagonisti in un momento di intimità.

The Decameron: recensione della commedia dark di Netflix

The Decameron: recensione della commedia dark di Netflix

Netflix invita cordialmente gli spettatori alla festa più irriverente del XIV secolo, tra giovani nobildonne dagli abiti preziosi e copricapi discutibili, affascinanti gentiluomini lussuriosi, serve ribelli e pericolosi mercenari. Diretta da Mike Uppendahl (American Horror Story), The Decameron catapulta il pubblico nel lontano 1348, quando la campagna italiana è tormentata dalla peste nera e pericolosi furfanti. In questo orribile scenario, alcuni nobili e i loro servitori sono invitati a rifugiarsi nella lussuosa e incantevole villa fiorentina del ricco e misterioso Leonardo.

Nel tentativo di sfuggire alla morte, dieci persone si ritrovano così, tra inganni e menzogne, a convivere sotto lo stesso tetto nella speranza di sopravvivere alla pestilenza e alle brutalità del mondo esterno. Tra loro ci sono la viziata e caparbia Filomena (Jessica Plummer) con la sua audace ancella Licisca (Tanya Reynolds, nota per Sex Education), la pudica e religiosa Neifile (Lou Gala) con il suo intelligente marito Panfilo (Karan Gill), il debole e fastidioso Tindaro (Douggie McMeekin) e il suo arrogante medico Dioneo (Amar Chadha-Patel). A questi si aggiungono l’egoista e manipolatrice Pampinea (Zozia Mamet) e la sua fedelissima serva Misia (Saoirse-Monica Jackson), la saggia cuoca Stratilia (Leila Farzad) e, infine, Sirisco (Tony Hale), l’attento custode della villa e fedele amministratore di Leonardo, che organizza in segreto questa curiosa vacanza.

Creata da Kathleen Jordan (autrice di Teenage Bounty Hunters) e Jenji Kohan (Orange is the New Black) e liberamente ispirata alle novelle trecentesche del Decameron di Giovanni Boccaccio, la serie è composta da otto episodi di circa un’ora ciascuno ed è disponibile dal 25 luglio su Netflix.

The Decameron Tanya Reynolds
THE DECAMERON. Tanya Reynolds è Licisca e Jessica Plummer è Filomena nell’episodio 3 di The Decameron. Cr. Giulia Parmigiani/Netflix © 2023

Con gentile (ir)riverenza e un audace Carpe diem

Alzi la mano chi, dopo aver visto il trailer, ha nutrito scetticismo e titubanza riguardo all’arrivo di questa commedia dark ispirata a uno dei grandi capolavori della letteratura italiana. Sebbene sia distante anni luce dal controverso Decameron di Pier Paolo Pasolini e dal Maraviglioso Boccaccio dei Fratelli Taviani, la nuova serie Netflix riesce a catturare lo spirito dell’opera originale, reinterpretandola in una chiave moderna e con un messaggio attuale.

The Decameron, con il suo stile attraente e melodrammatico tipico delle soap opera, si ispira ai racconti di Boccaccio per ricreare metaforicamente l’atmosfera incerta, caotica e folle che ha caratterizzato i primi due anni della pandemia di Covid. L’ambientazione nel XIV secolo, con i suoi giovani e frivoli nobili, serve tanto fedeli quanto ribelli e mercenari dal colpo di spada facile, funge da specchio delle paure e delle speranze che solo fino a pochi mesi fa soggiogavano le nostre vite. Raccontando di bevute nelle campagne toscane, sesso sfrenato, religione, trasgressione, inganno e avidità, la serie riflette dunque le tensioni sociali e personali emerse durante la pandemia, evidenziando soprattutto nei giovani quel profondo desiderio di evasione dalla realtà e di carpe diem.

Eros e lotta di classe

Ma nelle campagne fiorentine dipinte da Kathleen Jordan, follia e terrore non sono le uniche emozioni che riecheggiano nell’aria. Il dramedy boccacciano, infatti, dedica ampio spazio al tema dell’eros, analizzato ed espresso nei suoi molteplici volti: l’amore coniugale ed extraconiugale, quello omosessuale e platonico, così come quello fraterno e materno. Attraverso storie d’amore sfortunate e strappalacrime, The Decameron tenta non solo di offrire un ampio catalogo sentimentale che, sullo sfondo della peste nera, mette in luce l’eros nella sua diversità e vulnerabilità, ma anche di esplorare la complessità delle relazioni umane, dimostrando come l’amore possa essere una forza motrice fondamentale in tempi di crisi.

Tra tutte le storie, quella di Neifile e Panfilo si distingue come l’amore più sincero e romantico, pur essendo privo della stessa passione, perdizione e sensualità che caratterizza la maggior parte degli altri. Un legame, così profondo e sincero, da ricordare le tragedie shakesperiane, con un finale che evoca la stessa intensità emotiva e drammatica. Oltre al tema amoroso (caratteristico dell’opera originale), la serie affronta anche la questione della lotta di classe sociale. Ciò che nel primo episodio appare come un festino scatenato e mal organizzato evolve, nel corso della serie, in una lotta per la sopravvivenza intrecciata a una bramata rivendicazione sociale.

È così che sono messe in luce le differenze di potere, evidenti non solo tra nobili e popolani, ma anche tra uomini e donne, mostrando le tensioni e le ingiustizie che caratterizzano una società frammentata e arcaica (ma non troppo). In un contesto di emergenza come quello della peste, in cui nessuno è risparmiato per la propria dote o ricchezza, i personaggi – nobili e servitori – si ritrovano rinchiusi insieme e costretti a confrontarsi con una realtà dura e implacabile, arrivando persino a rinegoziare i propri ruoli e relazioni. Esplorando temi di potere, privilegio e resistenza, The Decameron arricchisce il dramma romantico con un potente e attuale affresco sociale, affiancato da una sottile e pungente critica.

The Decameron Netflix
THE DECAMERON. Tanya Reynolds è Licisca, Zosia Mamet è Pampinea, Jessica Plummer è Filomena, Lou Gala è Neifile e Tony Hale e Sirisco nell’episodio 4 di The Decameron. Cr. Courtesy of Netflix © 2024

Prossimamente nella Top 10 Netflix?

Con una miscela di black humor, dramma in costume e un pizzico di grezzo romanticismo, The Decameron si presenta su Netflix come un prodotto camp, goliardico e leggero, capace di bilanciare con originalità l’eredità del passato con il dinamismo del presente. Sebbene alcuni dialoghi possano risultare ripetitivi e banali, la serie di Kathleen Jordan riesce a catturare l’attenzione del pubblico, conquistato soprattutto dalla trama familiare e dal cast variegato e talentuoso, reso iconico dai meravigliosi costumi firmati dalla premiata Gabriella Pescucci.

The Decameron affronta, infine, il rischio di reinterpretare una grande opera classica, un’impresa che potrebbe suscitare dissensi tra letterati e tradizionalisti. Tuttavia, riesce a superare questa sfida con successo, sfruttando con abilità il contrasto tra l’eleganza storica e l’energia contemporanea, e offrendo un’esperienza visivamente accattivante e narrativamente coinvolgente. Tutte queste qualità rendono dunque The Decameron un’aggiunta affascinante e interessante al panorama televisivo contemporaneo.

The Decameron: prime foto della serie Netflix girata in Italia

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The Decameron: prime foto della serie Netflix girata in Italia

Netflix ha rivelato la data di uscita di The Decameron per la sua prossima serie drammatica storica. The Decameron è un dramedy storico in stile soap che cerca di esaminare i temi della divisione in classi, della lotta per il potere e della sopravvivenza in tempo di pandemia, con personaggi allo stesso tempo ridicoli e sfortunati.

Il dramma d’epoca è interpretato da Zosia Mamet, Saoirse-Monica Jackson, Tanya Reynolds, Amar Chadha-Patel, Leila Farzad, Lou Gala, Karan Gill, Tony Hale, Douggie McMeekin e Jessica Plummer. Oltre alla data di uscita, Netflix ha rilasciato anche una manciata di foto della serie in arrivo, con l’anteprima di alcuni dei protagonisti.

Siamo nella Firenze del 1348 tormentata dalla peste nera quando alcuni nobili con servitù al seguito accettano un invito a rifugiarsi nel lusso di una maestosa villa nella campagna toscana e attendere la fine della pestilenza. Ma mentre le convenzioni sociali si sgretolano, quello che è iniziato come un gioco scatenato di sesso e alcol si trasforma in una vera e propria lotta per la sopravvivenza.

The Decameron vede Jenji Kohan nel ruolo di produttrice esecutiva con la sua Tilted Productions, insieme a Blake McCormick e Tara Herrmann sempre per Tilted Productions. Kathleen Jordan è ideatrice, showrunner e produttrice esecutiva. Michael Uppendahl è regista di quattro degli otto episodi e produttore esecutivo.

Quando uscirà The Decameron?

La data di uscita di The Decameron è stata fissata per luglio 2024, quando arriverà la serie creata da Kathleen Jordan (Teenage Bounty Hunters).

Di seguito le nuove foto di Decameron: The Decameron è un dramedy storico in stile soap che cerca di esaminare i temi della divisione in classi, della lotta per il potere e della sopravvivenza in tempo di pandemia, con personaggi allo stesso tempo ridicoli e sfortunati. Siamo nella Firenze del 1348 tormentata dalla peste nera quando alcuni nobili con servitù al seguito accettano un invito a rifugiarsi nel lusso di una maestosa villa nella campagna toscana e attendere la fine della pestilenza. Ma mentre le convenzioni sociali si sgretolano, quello che è iniziato come un gioco scatenato di sesso e alcol si trasforma in una vera e propria lotta per la sopravvivenza.

Kathleen Jordan è creatrice, showrunner e produttrice esecutiva della serie. Jenji Kohan (Orange is the New Black), Blake McCormick e Tara Herrman sono anche produttori esecutivi tramite Tilted Productions. Tra i registi della serie c’è Michael Uppendahl (Fargo, American Crime Story).

The Decameron vede Jenji Kohan nel ruolo di produttrice esecutiva con la sua Tilted Productions, insieme a Blake McCormick e Tara Herrmann sempre per Tilted Productions. Kathleen Jordan è ideatrice, showrunner e produttrice esecutiva. Michael Uppendahl è regista di quattro degli otto episodi e produttore esecutivo.

The Decameron, la spiegazione del finale: Chi sopravvive alla peste in questa commedia dark?

The Decameron (la nostra recensione) di Kathleen Jordan si ispira all’omonima raccolta di racconti italiani del XIV secolo di Giovanni Boccaccio. Proprio come i tempi che cattura, The Decameron di Netflix racchiude nelle sue pieghe molto caos e incertezza nella sua stagione di otto episodi. Incentrata sulla regione italiana di Firenze, colpita dall’ira della peste nera, la dark comedy medievale si concentra su un gruppo di nobili e i loro servitori invitati nella campagna di Villa Santa, di proprietà del visconte Leonardo (Davy Eduard King), per salvarsi dalla pestilenza mortale che sta colpendo le aree più popolate. Quando gli stimati ospiti raggiungono il rifugio di campagna, si rendono conto che il loro ospite è scomparso.

Al posto di Leonardo, il suo attendente Sirisco (Tony Hale) deve gestire il palazzo e gli ospiti, che sono arrivati tutti con i loro piani egoistici. Con la morte intorno, una serie di eventi caotici si susseguono in questa commedia dark di Netflix, sollevando un interrogativo sulla sopravvivenza di tutte le persone coinvolte.

Di cosa parla The Decameron di Netflix?

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Nella Firenze del 1348, la peste bubbonica continua a consumare tutti coloro che la raggiungono. Fortunatamente, alcuni nobili e i loro servitori si salvano quando ricevono un invito dal generoso Visconte Leonardo, che ha invitato i suoi amici più stretti e la sua famiglia nel suo rifugio di campagna, chiamato Villa Santa.

L’elenco degli ospiti del The Decameron comprende la fidanzata di Leonardo, Pampinea (Zosia Mamet) e la sua fedele ancella Misia (Saoirse-Monica Jackson), la coppia di nobili Panfilo (Karan Gill) e Neifile (Lou Gala), il ricco nobile Tindaro (Douggie McMeekin) e il suo medico Dioneo (Amar Chadha-Patel), sospettosamente sexy, e la cugina di Leonardo, Filomena (Jessica Plummer) e la sua serva Licisca (Tanya Reynolds). Mentre l’intendente Sirisco e la cuoca di Leonardo (Leila Farzad) iniziano subito a far sentire gli ospiti a casa, cercano di nascondere un segreto ai loro ospiti. Quando gli ospiti arrivano a Villa Santa, Leonardo è già stato consumato dalla peste. Tuttavia, Sirisco e Stratilia non riescono a mantenere il segreto a lungo e, non appena la notizia della morte di Leonardo si diffonde, si scatena una lotta per il controllo della villa tra gli ospiti, con Pampinea, promessa sposa di Leonardo, tra i principali contendenti.

Chi è il legittimo erede di Villa Santa?

The Decameron Episode 3 tanya reynolds-amar-chadha-patel

Dopo aver costretto Misia a uccidere il cugino di Leonardo, Ruggiero (Fares Fares), Pampinea scopre un altro erede della proprietà di Leonardo, il figlio illegittimo di Leonardo con Stratilia: Jacopo (Aston Wray). Alla fine, i tentativi di Pampinea di incastrare Stratilia come strega e di darle fuoco falliscono quando Sirisco e i suoi nuovi amici (i contadini del villaggio) tornano a prendere il controllo della villa.

Nel trambusto che ne deriva, Pampinea riesce a nascondersi in cucina. Nel frattempo, l’annuncio di Panfilo della morte di Neifile cade nel vuoto. La decisione di Neifile di rimanere nella villa con il bel cugino di Leonardo, Ruggiero (Fares Fares), e i suoi amici costa la vita alla devota donna, che viene contagiata dalla pestilenza. Prima dell’episodio finale del Decameron si verificano alcuni importanti sviluppi. Misia e Filomena realizzano ed esprimono il loro amore reciproco, mentre Stratilia rifiuta la proposta di Tindaro di corteggiarla. Jacopo convince la madre Stratilia a non partire e a reclamare Villa Santa per lui come legittimo erede.

L’evento culminante del Decameron si verifica quando Panfilo scopre che un gruppo di mercenari, incontrato in precedenza da Filomena e Licisca sulla strada, si sta dirigendo verso la villa per saccheggiare la residenza di Leonardo. Nel tentativo di scoraggiare i mercenari, il gruppo di ospiti decide di consegnare la dote di Pampinea per cercare la loro sicurezza. Tuttavia, il piano fallisce quando Misia consegna furtivamente la dote a Pampinea poco prima di essere cacciata dalla villa dagli altri. Subito dopo, Licisca si rifiuta di perdonare Filomena per averle nascosto di essere in realtà la sorella di Filomena. La rabbia di Licisca si aggrava ulteriormente quando scopre, grazie a Filomena, che suo padre Eduardo (John Hannah) non era morto di pestilenza e che Filomena aveva mentito sulla sua morte per costringere Licisca a venire con lei a Villa Santa. Alla fine, Licisca conclude che perseguirà il suo percorso di libertà e decide di lasciare la villa. Ma prima che Licisca possa lasciare la tenuta, scopre che i mercenari sono arrivati al cancello.

Chi vive e chi muore nel finale del Decameron?

Trovando l’opportunità di fare un accordo con i mercenari, Pampinea offre al loro comandante, Eric (Matt Patresi), la sua dote in cambio della consegna della villa. Tuttavia, Eric tradisce Pampinea e ordina ai suoi soldati di uccidere tutti. I tentativi degli ospiti di difendere la villa sono vani e Tindaro viene pugnalato da Eric. Fortunatamente, Panfilo uccide Eric in una dimostrazione di coraggioso eroismo. Ma la morte di Eric non fa desistere i mercenari, ora guidati dal loro monaco (Daniele Natali), dal devastare la villa. Nel frattempo, Filomena affronta Misia per aver aiutato Pampinea con la dote e aver tradito gli altri, nonostante il trattamento scortese di Pampinea nei confronti di Misia. Inizialmente, sembra che Misia sia vittima del suo amore malsano per Pampinea. Ma in un colpo di scena finale, Misia intrappola Pampinea in un barile con la promessa di sicurezza e dà fuoco al barile. Con Pampinea destinata a ridursi in cenere insieme al barile, Misia se ne va con un senso di ritrovata libertà e di autonomia. Sembra che Misia si sia finalmente liberata dalle catene della sua servitù psicologica nei confronti di Pampinea.

Nei momenti finali del Decameron, i mercenari devastano la bella Villa Santa mentre gli ospiti fuggono per salvarsi dalla brutalità degli assalitori. Dando prova di grande coraggio e audacia, Panfilo e Tindaro si sacrificano per aiutare gli altri a fuggire dalla villa. Panfilo, con un po’ di sollievo, giace accanto all’amata Neifile nei suoi ultimi istanti di vita. Alla fine del Decameron, sopravvivono solo Sirisco, Filomena, Licisca, Misia, Stratilia e Jacopo, insieme a quattro abitanti del villaggio, i quali decidono di separarsi da Sirisco, con suo grande disappunto, dopo la disgrazia che ha portato nelle loro vite altrimenti felici.

Il finale del The Decameron segna una trasformazione nella vita dei sopravvissuti, che hanno tutti vissuto una vita da servi, tranne Filomena, che sa cosa si prova a essere una serva dopo essersi scambiata per un breve periodo con Licisca. Tutti i nobili hanno ceduto alle nozioni errate di avidità, onore e gerarchia sociale. Nonostante le continue sofferenze per ottenere il controllo della villa in vari momenti, solo quando i personaggi si liberano dal loro desiderio si rendono conto del vero significato e della felicità che deriva dalla vita. Per tutti i personaggi, il viaggio è stato un viaggio di autorealizzazione e di scoperta di sé e non solo di sopravvivenza. Il finale di The Decameron commenta anche la fragilità della nobiltà, che raramente sopravvivrebbe senza coloro che guarda con orgoglio dall’alto in basso. Così, nei suoi ultimi minuti, The Decameron cattura i personaggi sopravvissuti che abbracciano il dolore, la sfortuna, la compagnia e l’amore che li circonda mentre scambiano storie e risate tra loro.

The Decameron di Netflix è basato su una storia vera?

The Decameron di Netflix è basato su una storia vera?

Tenetevi stretti i vostri cuori e le vostre sacre reliquie, gente, perché la storia sta per diventare molto più calda. Dopo il successo di successi estivi come Bridgerton Stagione 3 e My Lady Jane di Prime Video, Netflix offre al pubblico la sua ultima dose di drammi d’epoca con l’uscita questa settimana di The Decameron (la nostra recensione). Creata da Kathleen Jordan e prodotta dalla creatrice di Orange is the New Black JenjiKohan, l’ultima serie dello streamer promette tutta la lussuria peccaminosa e l’umorismo anticonformista che hanno contribuito a rendere popolare il genere, con un cast di personaggi dissoluti guidati da Tony Hale e Tanya Reynolds di Sex Education.

Tuttavia, anche se l’estetica medievale e le stranezze d’altri tempi potrebbero far pensare il contrario, parte di ciò che rende la serie di Jordan così unica è il fatto che The Decameron non è, in realtà, basato su una storia vera. La serie trae molta ispirazione dal Decameron di Boccaccio che raffigura l’intera società del tempo, integrando l’ideale di vita aristocratico, basato sull’amor cortese, la magnanimità e la liberalità coi valori della mercatura: l’intelligenza, l’intraprendenza, l’astuzia.

Ambientato nella campagna italiana del 1348, The Decameron segue un gruppo di eccentrici nobili italiani che si ritirano in una villa di campagna per sfuggire alla peste bubbonica che colpisce la città di Firenze. Accompagnati dalla loro sontuosa servitù e dai loro beni, questi aristocratici si rallegrano presto della loro opulenta escursione, ingozzandosi di banchetti e pettegolezzi per evitare un periodo di pestilenza dilagante. Come mostra il trailer della serie, tuttavia, il piacere del cast aristocratico di The Decameron contrasta con la condizione dei soggetti comuni, richiamando l’attenzione sulla disuguaglianza al centro del periodo feudale della serie. Sebbene Jordan non basi la sua storia su un rigoroso resoconto storico, la serie trae ispirazione da un materiale di partenza ancora più accattivante.

The Decameron di Netflix è liberamente basato su un classico omonimo

The Decameron recensione serie
THE DECAMERON. Tony Hale è Sirisco, Karan Gill è Panfilo, Lou Gala è Neifile, Douggie McMeekin è Tindaro, Saoirse-Monica Jackson è Misia, Zosia Mamet è Pampinea, Tanya Reynolds è Licisca e Amar Chadha-Patel è Dioneo nell’episodio 3 di The Decameron. Cr. Giulia Parmigiani/Netflix © 2023

Prendendo il nome dallo stesso classico letterario che ne ispira la premessa, la nuova serie di Netflix è basata approssimativamente sul Decamerone di Giovanni Boccaccio, una raccolta di racconti pubblicata dall’abile autore fiorentino a metà del XIV secolo. Come la serie di Jordan, il libro ruota attorno a sette donne aristocratiche e tre uomini che si rifugiano in campagna per sfuggire alle strade infestate dalle malattie di Firenze; alla fine il gruppo decide di raccontarsi storie per passare il tempo e incorniciare la raccolta di Boccaccio. Nel corso di dieci giorni – lasso di tempo che dà il titolo al Decameron di Boccaccio – i nobili in fuga affrontano una varietà di temi ed evocano storie tanto romantiche quanto scandalose, con il gruppo che alla fine impara a vivere le incertezze del loro periodo orribile attraverso la narrazione.

Nel corso del tempo, la raccolta di Boccaccio è diventata un punto fermo della storia letteraria, grazie soprattutto alle circostanze uniche e alla varietà dei suoi racconti. Nel Decameron, il gruppo di nobili sceglie ogni sera un re o una regina per determinare il tema della serata, a cui solo il membro più sensazionale del gruppo, Dioneo, spesso si sottrae; in seguito, ogni membro della festa può dare il proprio tocco ai festeggiamenti narrativi della notte. Il risultato è un intreccio selvaggio di 100 cronache che spaziano da racconti cavallereschi a storie deliziosamente sconce, come la risposta piena di insinuazioni di Dioneo al tema della fortuna perduta e recuperata del personaggio Neifile. In una raccolta piena di monache corrotte, ingannatori diabolici, amori condannati e altri punti fermi della narrazione medievale, l’equilibrio tra rettitudine morale e depravazione conferisce al Decameron un tono rinfrescante, onesto ed esilarante.

The Decameron è stato originariamente ispirato da problemi del mondo reale

The Decameron Tanya Reynolds
THE DECAMERON. Tanya Reynolds è Licisca e Jessica Plummer è Filomena nell’episodio 3 di The Decameron. Cr. Giulia Parmigiani/Netflix © 2023

Al di là di come si sentono le storie nel loro complesso, tuttavia, l’onestà del contenuto narrativo di Boccaccio agisce come un intrattenimento più che ludico per i personaggi principali del Decameron. Incapaci di ignorare la dura realtà di vivere in un periodo di peste, i personaggi di Boccaccio nel Decameron introducono elementi più realistici nei loro racconti man mano che la raccolta progredisce, allontanandosi dalle alte favole di cavalieri e dal lussurioso simbolismo religioso a favore di ritratti crudi dell’ambiente sociale del gruppo. Non solo la peste nera viene citata in più storie, ma anche le storie successive sono ambientate a Firenze e in tutta la Toscana, a volte anche prendendo in giro i corrotti della legge, come un giudice locale. Poiché Boccaccio stesso fu indubbiamente esposto alle terribili conseguenze della peste sui suoi concittadini, il Decameron permette allo scrittore di catturare l’inquietudine e il terrore del suo periodo, creando al contempo una premessa simpatica per la società moderna.

Essendo una raccolta fondata su un gruppo di persone che lottano per coesistere all’ombra di un’epidemia incombente,Il Decameron di Boccaccio possiede diversi parallelismi perspicaci con il mondo di oggi. Essere costretti a trovare il modo di passare il tempo in una quarantena ristretta è un’esperienza purtroppo assimilabile per quasi tutti coloro che hanno vissuto le chiusure dei primi anni 2020, mentre la costante minaccia di un virus potenzialmente fatale è fin troppo familiare per coloro che sono ancora vulnerabili ai peggiori sintomi della COVID-19. Inoltre, la gerarchia sociale introdotta nel libro è un’altra cosa: il gruppo di persone che lottano per coesistere all’ombra di un’epidemia incombente.

The Decameron
Giulia Parmigiani/Netflix © 2024

Inoltre, la gerarchia sociale introdotta e interrogata in tutto il Decameron richiama l’attenzione su come la disuguaglianza fiorisca in tempi di crisi. Analogamente a come il racconto di Edgar Allan Poe “La maschera della morte rossa” illustra come la ricchezza possa mettere al riparo gli aristocratici dagli aspetti più brutali di una crisi comunitaria, il Decameron ritrae i nobili che si allontanano dalla condizione dei popolani, mostrando una disuguaglianza feudale che sembra aver avvicinato Kathleen Jordan al racconto di Boccaccio.

Netflix non è la prima – e nemmeno la più nota – entità a trarre ispirazione dal Decameron. Nei secoli trascorsi da quando la popolarità del libro si diffuse a partire da Firenze, i luridi racconti di Boccaccio hanno influenzato opere letterarie iconiche come i Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer e un’opera teatrale di William Shakespeare,Tutto è bene quel che finisce bene. Il Decameron ha anche ispirato alcuni poeti romantici inglesi, come John Keats, e Netflix non è nemmeno la prima volta che Boccaccio appare a Hollywood. Il regista Jeff Baena ha adattato alcune delle storie del primo giorno del gruppo nella villa del Decamerone per la sua commedia del 2017, The Little Hours, ma l’adattamento di Jordan a queste storie classiche è destinato a diventare il più ampio e moderno dell’opera di Boccaccio.

Mescolando elementi della narrazione preesistente con una maggiore attenzione ai temi sociali del Decamerone , la nuova serie di Netflix è destinata a onorare il materiale di partenza e ad ampliare la rilevanza del Decamerone . Jordan ha già abbracciato il tono eccentrico del libro dando ai personaggi della serie il nome delle loro controparti, tra cui Dioneo e Neifile e innumerevoli altri personaggi del capolavoro di Boccaccio. Inoltre, mettendo in evidenza i personaggi della servitù della storia nel trailer dello show ed esaminando il loro ruolo nel Decameron attraverso una lente più moderna, Jordan intende usare il suo formato lungo a suo vantaggio, approfondendo le complessità della disuguaglianza del 1300 con più tempo di schermo di quello che Baena aveva a disposizione. Anche l’adattamento di Mike Flanagan de La caduta della casa degli Usher ha già dimostrato come il formato di Netflix possa essere efficacemente utilizzato per la narrazione antologica all’interno di una cornice narrativa, ponendo le basi per la creazione da parte di Jordan di una propria interpretazione unica del classico di Boccaccio.

The Decameron Netflix
THE DECAMERON. Tanya Reynolds è Licisca, Zosia Mamet è Pampinea, Jessica Plummer è Filomena, Lou Gala è Neifile e Tony Hale e Sirisco nell’episodio 4 di The Decameron. Cr. Courtesy of Netflix © 2024

Senza basarsi troppo sui fatti storici o sulla vivida narrativa di Boccaccio, The Decameron di Netflix è quindi il raro pezzo di media che fonde il meglio di entrambi. Ispirata all’innovativa visione di Giovanni Boccaccio sulla vita privilegiata in un’epoca di peste, la serie di Jordan si basa su un’eredità di narrazione sfaccettata e stratificata che racchiude più generi e commenta direttamente le circostanze sociali di quella che è ormai un’epoca storica. Le tragedie e la quarantena dei personaggi di Boccaccio si riferiscono direttamente agli spettatori dei giorni nostri e, in qualità di creativa al timone dell’ultimo adattamento de Il Decamerone , Jordan si propone di dare un tocco personale a questo classico italiano, combinando le intuizioni sociali della letteratura con le buffonate di Bridgerton. Con una premessa comica e un cast esilarante, il Decameron sembra pronto a regalare al mondo una storia davvero divertente e attuale.

The Debt Collector – Il ritorno: trama, cast e curiosità sul film

Dei tanti film d’azione di serie B prodotti ogni anno – come ad esempio White Elephant o Castle Falls – ce ne sono alcuni che, riusciti ad ottenere un certo seguito e successo, hanno poi ottenuto anche il via libera ad un sequel. È il caso di The Debt Collector, film del 2018 di cui è poi stato realizzato il seguito The Debt Collector – Il ritorno nel 2020.  L’ex stuntman Jesse V. Johnson, autore di film cult  di questo genere come Triple Threat, Missione Vendetta e Savage Dog, torna dunque alla regia anche di questo sequel, riportando in scena i personaggi già comparsi nel precedente film.

Naturalmente prende qui vita un’avventura tutta nuova che spinge sull’acceleratore dell’azione e del divertimento, offrendo sequenze d’azione magnificamente coreografate e colpi di scena capacit di tenere viva l’attenzione. Con questo sequel, si rinnova inoltre la lunga collaborazione tra Johnson e l’attore Scott Adkins, giunti qui al loro ottavo film insieme. Un film che non manca di soddisfare ogni appassionato di questo genere, realizzato da maestri di questa tipologia di opere capaci di restituire molto con poco.

Grazie al suo passaggio televisivo, è ora dunque possibile recuperare questo film, sfortunatamente passato in sordina per via della pandemia da Covid-19. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori, ma anche in ciò che accadeva nel precedente lungometraggio. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

The Debt Collector - Il ritorno trama

Cosa accade in The Debt Collector

Nel film del 2018 facciamo la conoscenza di French, un artista marziale che per sbarcare il lunario accetta un lavoro come esattore della mafia. Fa di tutto per dare la caccia alle persone che devono soldi a Tommy, finché non incontra un barista che lo spinge a chiedersi se sia il caso di fare la cosa giusta. French, che ha bisogno di soldi per pagare i suoi debiti e chiede l’aiuto del suo socio, scoprirà sulla sua pelle che in questo mondo non può fidarsi di nessuno. Ben presto, si troverà dunque a dover lottare per rimanere vivo.

La trama di The Debt Collector – Il ritorno

In questo sequel ritroviamo French, l’istruttore di arti marziali, alle prese con l’ex pugile Sue. I due utilizzano la loro irruenza e la conoscenza delle arti marziali per portare a termine missioni ad alto rischio. L’obiettivo, questa volta, è un casinò di Las Vegas, la cui losca proprietaria ha un debito di diversi milioni di dollari. A complicare la situazione vi è però un boss della droga che vuole fare la pelle a French e quando i due soci si ritrovano inseguiti dai suoi scagnozzi, capiranno di dover tirare fuori tutte le loro competenze per lottare contro i nemici e salvarsi la vita.

The Debt Collector - Il ritorno cast

Il cast del film

Ad interpretare l’artista marziale French vi è nuovamente l’attore Scott Adkins, noto principalmente per aver interpretato il lottatore russo Yuri Boyka nella serie Undisputed ma visto anche in X-Men le origini: Wolverine nel ruolo dell’Arma XI e in John Wick 4 nel ruolo di Killa Harkan. Adkins è un artista marziale nella realtà e pratica discipline come il judo, taekwondo e kickboxing sin da ragazzo. Ha dunque eseguito personalmente tutte le scene di combattimento presenti nel film e in cui il suo personaggio è coinvolto, senza ricorrere dunque all’uso di controfigure.

Accanto a lui si ritrova Louis Mandylor, nuovamente nel ruolo di Sue. L’attore è noto per aver recitato anche in Rambo: Last Blood Memory. Vladimir Kulich, noto invece per il film The Equalizer – Il vendicatore, riprende qui il ruolo del boss della criminalità Tommy. Marina Sirtis è Mal Reese, mentre Ski Carr interpreta Molly X. Completano poi il cast Josef Cannon nel ruolo di Evo, Jermaine Jacox nel ruolo di Darius e Vernon Wells nel ruolo di Cyrus Skinner.

Il trailer di The Debt Collector – Il ritorno e dove vedere il film in streaming e in TV

Sfortunatamente il film non è presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive in Italia. È però presente presente nel palinsesto televisivo di venerdì 30 agosto alle ore 21:20 sul canale Rai 4. Di conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per trovare il film e far partire la visione.

The Death of Superman Lives: ecco i primi 10 minuti! [VIDEO]

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Arrivano online i primi 10 minuti del documentario sul film mai realizzato dedicato a Superman, che avrebbe visto nei panni del protagonista Nicolas Cage. Si tratta di The Death of ‘Superman Lives’: What Happened? che racconta i retroscena del film del 1997 mai realizzato da Tim Burton.

Potete vedere il video di seguito:

The Death of Superman Lives, ecco il trailer dell’atteso documentario

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The Death of Superman Lives: What Happened? è l’atteso documentario che ripercorre la storia di uno dei più ambiziosi progetti cinematografici dedicati al celebre supereroe DC. Ecco il trailer del film:

Superman Lives arrivava dopo l’insuccesso dei primi quattro film interpretati da Christopher Reeve. Il progetto era uno dei tanti che perveniva alla Warner Bros per continuare o cominciare da capo la saga dedicata a Superman. La sceneggiatura di Poirier aveva impressionato non poco la Warner Bros e fu poi corretta da Kevin Smith per attenersi ancor di più al fumetto.  L’antagonista del film avrebbe dovuto essere un ragno gigante, mentre nella storia erano presenti alcune novità, come la figura di Brainiac, che combatteva contro un orso polare ed era accompagnato da un robot di nome L-Ron, definito con entusiasmo dal produttore “una specie di R2-D2 gay”, mentre Lex Luthor era in possesso di un cane spaziale.

Per la regia, dopo la rinuncia di Robert Rodriguez, fu assunto niente meno che Tim Burton, che era già stato al lavoro per l’altro celebre eroe dei fumetti DC, Batman. Nicolas Cage avrebbe invece dovuto interpretare Superman e già erano stati approcciati anche altri grandi attori per i ruoli più importanti, come Kevin Spacey nei panni di Lex Luthor. Nel giugno 1997 il film entrò in preproduzione e le riprese furono fissate per l’inizio del 1998.

La Warner, in seguito, ritenne lo script troppo costoso e assunse Dan Gilroy per riscrivere la sceneggiatura. Il budget passò, dunque, da 190 a 100 milioni di dollari. Nonostante l’abbassamento dei costi il progetto fu bloccato, e Tim Burton abbandonò definitivamente il film per dedicarsi a Sleepy Hollow. Altri registi furono considerati per la sostituzione, ma nel 2000 anche Nicolas Cage abbandonò il progetto, per cui furono spesi inutilmente 30 milioni di dollari e che non sarebbe più riuscito a decollare.

The Death and Life of John F. Donovan: Xavier Dolan presenta il film al TiFF

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Nonostante le prime recensioni non abbiano riportato i pareri sperati, il nuovo film di Xavier DolanThe Death and Life of John F. Donovan, il primo in lingua inglese del regista canadese, è stato presentato al Toronto International Film Festival.

Di seguito, ecco il video in cui Dolan presenta il suo film, definendolo una ispirazione alla sua vita e a quando, ad appena 8 anni, scrisse una lettera da fan al suo idolo di allora, Leonardo DiCaprio.

Di seguito la trascrizione della lettera, pubblicata da @TIFF_NET.

Ancora, di seguito, grazie a Zimbio, le foto della presentazione e dell’incontro con il pubblico e la stampa di Dolan e di parte del suo cast: Emily Hampshire, Thandie Newton, Kit HaringtonSarah Gadon.

 

The Death and Life of John F. Donovan: svelato il ruolo di Bella Thorne

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Pochi mesi fa Xavier Dolan aveva annunciato di aver composto un cast del tutto eccezionale per il suo debutto in lingua inglese dal titolo The Death and Life of John F. Donovan. Protagonisti della pellicola, infatti, saranno Jessica Chastain, Natalie Portman, Nicholas Hoult, Kit Harington, Susan Sarandon, Kathy Bates, Thandie Newton e ultima Bella Thorne.

Proprio quest’ultima, in una recente intervista, ha rivelato di aver accettato la parte senza nemmeno leggere la sceneggiatura, perchè affascinata di interpretare la sorella di Jessica Chastain. Ecco le parole di Bella Thorne. “Attualmente girerò un film chiamato John F. Donovan e giuro su Dio che non ho mai letto la sceneggiatura, non l’ho neppure mai vista. Il regista è Xavier Dolan, uno dei registi più talentuosi, ed io interpreto la sorella di Jessica Chastain.”

Il film sarà una parabola sulla fama, il successo e Hollywood vista attraverso gli occhi di un attore trentenne che intraprende una corrispondenza con un ragazzino di undici anni.

Fonte: Collider

The Death and Life of John F. Donovan: Portman e Tremblay nei nuovi poster

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In esclusiva su Vanity Fair sono stati diffusi altri due character poster di The Death and Life of John F. Donovan, il debutto in lingua inglese di Xavier Dolan, che vede protagonisti Natalie Portman e Jacob Tremblay.

Alla rivista, Xavier Dolan ha raccontato che Tremblay sarà un giovane fan ossessionato da John Donovan (Kit Harington), mentre Natalie Portman interpreterà la madre del ragazzino.

Guarda le prime foto da set di The Death and Life of John F. Donovan

Nel cast del film compaiono Kit HaringtonJessica Chastain, Natalie PortmanSusan Sarandon, Kathy Bates, Ben Schnetzer, Michael Gambon, Bella Thorne, Thandie Newton, Chris Zylka, Jacob Tremblay e Emily Hampshire. Una serie di nomi davvero impressionanti per il giovane prodigio nordamericano.

La storia verte intorno alla carriera della star televisiva John F. Donovan (Harington) che in un momento di crisi allaccerà una relazione epistolare con Rupert Turner, un aspirate attore che vive in Inghilterra con sua madre. Questa corrispondenza però lede la carriera di John dopo che è stata resa pubblica. Dopo dieci anni, Rupert avrà la possibilità di incontrare il suo idolo.

The Death and Life of John F. Donovan: le foto dal set di Xavier Dolan

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Continuano le riprese dal set di The Death and Life of John F. Donovan, il primo film in lingua inglese di Xavier Dolan, che vede schierato per lui un cast di stelle di prim’ordine.

Le prime foto dal set di The Death and Life of John F. Donovan

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Nel cast del film compaiono Kit HaringtonJessica Chastain, Natalie PortmanSusan Sarandon, Kathy Bates, Ben Schnetzer, Michael Gambon, Bella Thorne, Thandie Newton, Chris Zylka, Jacob Tremblay e Emily Hampshire. Una serie di nomi davvero impressionanti per il giovane prodigio nordamericano.

La storia verte intorno alla carriera della star televisiva John F. Donovan (Harington) che in un momento di crisi allaccerà una relazione epistolare con Rupert Turner, un aspirate attore che vive in Inghilterra con sua madre. Questa corrispondenza però lede la carriera di John dopo che è stata resa pubblica. Dopo dieci anni, Rupert avrà la possibilità di incontrare il suo idolo.

The Death and Life of John F. Donovan: Jessica Chastain nel primo poster

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Via Instagram, Xavier Dolan ha diffuso il primo poster di The Death and Life of John F. Donovan, il suo debutto in lingua inglese, che vede al centro della scena Jessica Chastain.

Guarda le prime foto da set di The Death and Life of John F. Donovan

Nel cast del film compaiono Kit HaringtonJessica Chastain, Natalie PortmanSusan Sarandon, Kathy Bates, Ben Schnetzer, Michael Gambon, Bella Thorne, Thandie Newton, Chris Zylka, Jacob Tremblay e Emily Hampshire. Una serie di nomi davvero impressionanti per il giovane prodigio nordamericano.

La storia verte intorno alla carriera della star televisiva John F. Donovan (Harington) che in un momento di crisi allaccerà una relazione epistolare con Rupert Turner, un aspirate attore che vive in Inghilterra con sua madre. Questa corrispondenza però lede la carriera di John dopo che è stata resa pubblica. Dopo dieci anni, Rupert avrà la possibilità di incontrare il suo idolo.

UPDATE

La Lucky Red ha appena condiviso la versione italiana del poster del film, che da noi si intitolerà La mia vita con John F. Donovan. Eccolo di seguito:

The Death and Life of John F. Donovan: il trailer del nuovo film di Xavier Dolan

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È stato finalmente diffuso il primo trailer di The Death and Life of John F. Donovan, il nuovo film di Xavier Dolan, il primo in lingua inglese del regista canadese.

Nel cast del film compaiono Kit HaringtonNatalie PortmanSusan Sarandon, Kathy Bates, Ben Schnetzer, Michael Gambon, Bella Thorne, Thandie Newton, Chris Zylka, Jacob Tremblay e Emily Hampshire. Una serie di nomi davvero impressionanti per il giovane prodigio nordamericano.

La storia verte intorno alla carriera della star televisiva John F. Donovan (Harington) che in un momento di crisi allaccerà una relazione epistolare con Rupert Turner, un aspirate attore che vive in Inghilterra con sua madre. Questa corrispondenza però lede la carriera di John dopo che è stata resa pubblica. Dopo dieci anni, Rupert avrà la possibilità di incontrare il suo idolo.

Jessica Chastain tagliata da The Death and Life of John F. Donovan di Xavier Dolan

The Death and Life of John F. Donovan di Xavier Dolan al TIFF

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The Death and Life of John F. Donovan di Xavier Dolan al TIFF

Ha scelto Instagram, Xavier Dolan, per annunciare che il tanto chiacchierato The Death and Life of John F. Donovan, suo primo film in lingua inglese, sarà presentato in anteprima al Toronto International Film Festival 2018, il prossimo settembre.

Il film, che si sapeva non sarebbe stato a Cannes ma che si aspettava a Venezia, sarà quindi presentato in Canada, alla presenza del regista e del cast al completo (presumibilmente).

Nel cast del film compaiono Kit HaringtonNatalie PortmanSusan Sarandon, Kathy Bates, Ben Schnetzer, Michael Gambon, Bella Thorne, Thandie Newton, Chris Zylka, Jacob Tremblay e Emily Hampshire. Una serie di nomi davvero impressionanti per il giovane prodigio nordamericano.

La storia verte intorno alla carriera della star televisiva John F. Donovan (Harington) che in un momento di crisi allaccerà una relazione epistolare con Rupert Turner, un aspirate attore che vive in Inghilterra con sua madre. Questa corrispondenza però lede la carriera di John dopo che è stata resa pubblica. Dopo dieci anni, Rupert avrà la possibilità di incontrare il suo idolo.

Jessica Chastain tagliata da The Death and Life of John F. Donovan di Xavier Dolan

The Dead Don’t Hurt, recensione del film di e con Viggo Mortensen – #RoFF19

Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024 nella sezione Grand Public, The Dead Don’t Hurt (I morti non soffrono) è la seconda opera da regista di Viggo Mortensen, in cui l’attore e regista rende omaggio ai codici del western, a quel romanticismo che sopravvive e trova compimento anche negli ambienti più ostili. Senza mai allontanarsi dalle proprie inquietudini, esplora i legami tra l’archetipo dell’antieroe nomade e la donna indipendente e fedele a se stessa, consegnando agli spettatori un film nello stile dei classici e al tempo stesso profondamente personale.

The Dead Don’t Die: raccontare l’assenza

Tutto inizia alla fine, o quasi: assistiamo alla morte di Vivienne LeCoudy (Vicky Krieps, già splendida ne Il filo nascosto e Il corsetto dell’imperatrice) e, da lì, torniamo indietro, tra flashback e sequenze oniriche che raccontano l’incontro della donna con l’uomo che chiama affettuosamente per cognome, il danese Holger Olsen (Viggo Mortensen). I due si innamorano e vanno a vivere nella nella fattoria isolata di quest’ultimo, che è un falegname.

Si tratta anche di una storia molto personale per il regista stesso, in quanto dedicata alla madre: Grace Gamble Atkinson, con la quale la protagonista ha dei parallelismi: Vivienne Le Coudy sfida la società dell’epoca rompendo con le abitudini prevalenti. Rifiuta di sposarsi, vuole guadagnarsi i propri soldi per non dipendere da nessuno e sceglie come compagno un uomo che si distingue dagli altri. Si tratta, come dicevamo, di Holger Olsen, un immigrato danese che incontra a San Francisco. Non volendo rinunciare alla sua indipendenza, Vivienne accetta di viaggiare con lui per stabilirsi vicino alla tranquilla cittadina di Elk Flats, che comincia a prosperare, e dove iniziano una vita insieme.

Quando arrivano in questo luogo di frontiera senza nome, oltre al loro tranquillo amore per le case di legno e gli odori della natura, troveranno un subdolo sindaco (Danny Huston), un potente rancher (Garret Dillahunt) e il suo violento figlio (Solly McLeod). Quando il tranquillo Holger parte per combattere nella Guerra Civile, Vivienne rimane sola di fronte al pericolo: proprio l’intrattabile Weston che ha messo gli occhi su di lei. Quella che segue è una storia tanto ortodossa nei modi quanto senza tempo (e quindi moderna) nelle forme e nelle trame, che risuona nella brutalità del presente

Il western come il luogo “impreciso” dell’avventura

In quella che è la sua seconda opera da regista dopo il melodramma familiare Falling, l’attore, opta per una storia costruita dalla memoria dei suoi protagonisti e, in un certo senso, dai ricordi di ciascuno degli spettatori: in fin dei conti, il West, più che coincidere con punto cardinale o un genere cinematografico specifico, indica il luogo impreciso dell’avventura, del nuovo, di ciò che è ancora da scoprire. Non occupa un posto sulla mappa perché appare congiuntamente alla frontiera, al limite esatto dell’ignoto. Denomina ciò che ancora non ha nome: per questo è uno spazio selvaggio, e per questo appartiene a tutti.

Vicky Krieps in The Dead Don't Hurt
Vicky Krieps in The Dead Don’t Hurt – Courtesy of Marcel Zyskind

Il punto di vista di chi rimane

È interessante che Viggo Mortensen faccia un passo indietro per lasciare che il suo western si affidi al personaggio femminile, un omaggio a coloro che hanno aspettato il ritorno dell’eroe. Nel vecchio West americano, aspettare significava muoversi in modo diverso: rendere fertile una terra arida, creare legami con la comunità, crescere un figlio in solitudine e, soprattutto, non nutrire false illusioni. Forse la decisione di sceneggiatura più discutibile di The Dead Don’t Hurt – l’improvvisa partenza di Holger per combattere con gli Yankees nella Guerra Civile – è anche la più saggia: con un pudore in linea con la serenità del film, il laconico eroe si riserva un lungo momento fuori campo che offusca il suo peso drammatico per sublimare la luce femminile in un western che non si accontenta di essere neoclassico.

È infatti Vivienne a controllare la propria storia, a prendere decisioni rischiose, a cercare di gestirsi autonomamente in un mondo in cui non è del tutto comprensibile che una donna faccia certe cose. E mentre il film va avanti e indietro tra i due protagonisti, il peso emotivo della storia è su di lei: si può sapere fin dall’inizio qual è il suo destino, ma il viaggio consiste nel capire le scelte che farà prima di arrivarci.

The Dead don’t Die: recensione del film di Jim Jarmusch

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The Dead don’t Die: recensione del film di Jim Jarmusch

In apertura di Cannes 2019, presentato in Concorso, The Dead don’t Die è il nuovo film di Jim Jarmusch, che sulla carta si presentava come un instant cult. Uno zombie movie hipster, apparentemente stralunato, che piuttosto che seguire la lezione vincente di Shaun of the Dead o dei classici di Romero, traccia una propria strada, perfettamente in linea con lo stile del suo autore.

Siamo a Centerville, “un posto davvero carino”, come recita l’insegna all’ingresso della cittadina, un luogo comune di ogni piccolo centro ddella provincia americana, con una tavola calda, un motel, una stazione di benzina, una centrale di polizia, un carcere, tutti i “luoghi comuni” nel senso stretto della parola, che caratterizzano questi centri abitati. I protagonisti sono una coppia di poliziotti, Cliff e Ronnie (Bill Murray e Adam Driver); i due, di pattuglia, si accorgono che gli strumenti elettronici sono in tilt. La causa è il fracking polare che ha spostato l’asse di rotazione della Terra, una motivazione scientifica che però dà inizio all’apocalisse zombie, evento che sembra non sorprendere troppo il razionale Ronnie.

Gli zombie di The Dead don’t Die sono esattamente come la storia del cinema ce li ha raccontati prima, solo che non fanno eccessivamente paura, sono piuttosto degli stereotipi delle abitudini e dei vizi della società contemporanea, non solo dell’America Trumpiana, una società pigra, spinta dall’inerzia. E questo sembra essere il ritmo del film stesso, che procede lentamente come i nostri amici zombie, per i quali non si può non provare simpatia, soprattutto se sono interpretati da Iggy Pop. Il nodo, se così possiamo chiamarlo, del film di Jarmusch arriva proprio nella contrapposizione tra la volontà di raccontare la contemporaneità, senza farlo con la dovuta cattiveria, e la tranquillità con cui il regista traccia un ritratto con toni apparentemente svogliati ma che risultano fedeli al suo modo di comunicare con pubblico, attori e generi.

Il risultato è la dichiarazione, inequivocabile, che per Jarmusch quella che stiamo vivendo noi adesso sia già un’Apocalisse e che gli zombie siamo affettivamente noi. La metafora, inevitabile per un film sui non morti, è lapalissiana, forse meno incisiva di quanto il genere ci ha mostrato all’inizio della sua storia cinematografica con Romero. Forse c’è dell’autocompiacimento nei riferimenti meta-testuali, nelle gag che strizzano l’occhio alla cultura pop, nello giocare a carte scoperte con una scrittura che infrange non solo la comunicazione tra personaggi e pubblico, ma anche quella tra personaggio e attore che lo interpreta. Tuttavia si può comunque godere di un sorriso compiaciuto per buona parte del film.

Certo, la sostanza sembra latitare e il film si riduce proprio a questo, a un sorriso soddisfatto per aver colto l’ennesima citazione, condizione che in assoluto non rappresenta un male, ma che senza dubbio lascia una sensazione di insoddisfazione rispetto a ciò che ci si aspetta dal regista. Resta, del film, la bellezza di un cast che sebbene non è sfruttato al 100% delle possibilità, regala personaggi incredibili, tra cui spiccano quelli interpretati da Tilda Swinton e da Adam Driver.

Guarda il trailer di The Dead don’t Die

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