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Laura Linney in Tartarughe Ninja 2

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Laura Linney in Tartarughe Ninja 2

Laura Linney andrà ad arricchire il cast di Tartarughe Ninja 2 che si sta girando a New York. Nel sequel, diretto da Dave Green, torneranno Megan Fox (April), Will  Arnett (Vern Fenwick), ma ci saranno anche delle novità, rappresentate da Stephen Amell (Casey Jones) e Tyler Perry (Baxter Stockman).

Per Laura Linney, tre volte candidata all’Oscar e apprezzata come interprete drammatica e protagonista di film maggiormente orientati a un pubblico adulto, si apre una nuova fase della sua carriera che la farà conoscere alle giovani generazioni e a una platea più trasversale. Il suo ruolo in Tartarughe Ninja 2 resta però top secret.

Tartarughe Ninja – Fuori dall’ombra, il film

La Platinum Dunes di Michael BayBrad Fuller e Andrew Form tornerà a produrre il sequel Tartarughe Ninja – Fuori dall’ombra che avrà uno script realizzato ancora dagli sceneggiatori Josh AppelbaumAndré Nemec. Megan Fox riprende il suo ruolo di April O’Neil insieme a William Fichtner come Eric Sacks. Nel cast anche Stephen Amell  eLaura Linney. Il film originale aveva tra i protagonisti anche Will Arnett, Alan Ritchson, Jeremy Howard, Pete Ploszek, Noel Fisher, Danny Woodburn, Johnny Knoxville e Tony Shalhoub. Ha incassato più di 477 milioni dollari al box office in tutto il mondo. Bebop e Rocksteady faranno il loro debutto al cinema in questo nuovo adattamento e con loro ci sarà anche di Krang nei panni dell’antagonista.

Nel film Michelangelo, Donatello, Leonardo, Raffaello tornano al cinema per combattere il più cattivo dei cattivi, al fianco di April O’Neil, Vern Fenwick e di un nuovo arrivato: il vigilante mascherato da gocatore di hockey Casey Jones. Dopo la sua fuga il supercriminale Shredder unisce le proprie forze allo scienziato pazzo Baxter Stockman e ai due sciocchi scagnozzi, Bebop e Rocksteady, per scatenare un piano diabolico alla conquista del mondo. Quando le tartarughe si preparano ad affrontare Shredder e il suo nuovo team, si trovano di fronte ad un male ancora più grande ma con simili intenzioni: il famigerato Krang. Tartarughe Ninja – Fuori dall’ombra è previsto in uscita il 7 luglio 2016.

Fonte: Comicbookmovie

Laura Linney doppia al cinema

Non vediamo l’ora di vedere due attori come Bill Murray e Laura Linney insieme sul grande schermo. Soprattutto perché è da tanto tempo che l’attrice, vincitrice di 3 Emmy Awards

Laura Dern: 10 cose che non sai sull’attrice

Laura Dern: 10 cose che non sai sull’attrice

Attrice di indubbio fascino e talento, Laura Dern ha nell’arco delle sua carriera partecipato ad alcuni tra i più importanti film degli ultimi anni, mettendo d’accordo critica e pubblico sulle sue grandi capacità attoriali. L’attrice è infatti considerata tra le più brave e degne di nota della sua generazione, e a conferma di ciò vi sono i numerosi premi che le sono stati riconosciuti durante gli anni.

Ecco 10 cose che non sai di Laura Dern.

Laura Dern carriera

1 I film. La carriera cinematografica dell’attrice ha inizio nel 1908, quando prende parte al lungometraggio A donne con gli amici. Tra i titoli più celebri della sua carriera si annoverano poi Dietro la maschera (1985), Velluto blu (1986), Cuore selvaggio (1990), Rosa scompiglio e i suoi amanti (1991),  Jurassic Park (1993), Un mondo perfetto (1993), Il dottor T e le donne (2000), Inland Empire (2006), The Master (2012), Wild (2014), The Founder (2016), Star Wars – Gli ultimi Jedi (2017), Storia di un matrimonio (2019) e Piccole donne (2019).

2 Le serie TV. Particolarmente ricca è anche la carriera televisiva dell’attrice, che negli anni ha preso parte a progetti come Recount (2008), Enlightened (2011-2013), Drunk History (2014), The Mindy Project (2015), The Last Man on Earth (2017), Twin Peak (2017), e Big Little Lies (2017-2019), dove interpreta il ruolo di Renata Klein accanto alle attrici Reese Witherspoon, Nicole Kidman, Shailene Woodley e Meryl Streep.

Laura Dern famiglia

3 È figlia d’arte. L’attrice è la figlia dell’attore Bruce Dern, celebre per i suoi ruoli in Il grande Gatsby (1975), Tornando a casa (1979), Nebraska (2014) e The Hateful Eight (2015), e dell’attrice Diane Ladd, celebre invece per i suoi ruoli in Alice non abita più qui (1974), Cuore selvaggio (1990) e Rosa scompiglio e i suoi amanti (1991).

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Laura Dern vita sentimentale

 4 È stata sposata. Dopo cinque anni di fidanzamento, il 23 dicembre del 2005 l’attrice ha sposato il famoso musicista Ben Harper, da cui ha poi divorziato nel 2013. I due anno avuto due figli. Dal 2016 l’attrice ha invece annunciato la sua relazione con il rapper Common. In precedenza l’attrice ha avuto importanti relazioni sentimentali con gli attori Kyle MacLachlan, Jeff Goldblum, e Billy Bob Thornton.

Laura Dern premi e nomination

5 È stata nominata all’Oscar. Per il suo ruolo nel film Rosa scompiglio e i suoi amanti la Dern viene nominata come miglior attrice ai Premi Oscar del 1992. Nel 2015 viene invece nominata come miglior attrice non protagonista per il film Wild. L’attrice ha poi vinto nel 2017 un Emmy Award come miglior attrice non protagonista per la miniserie Big Little Lies.

Laura Dern attivismo

6 Sostiene numerose cause. L’attrice è molto attiva nel campo della beneficenza, e sostiene attivamente associazioni come Healthy Child Healthy World e The Children’s Healt Environmental Coalition, che mirano ad accrescere la consapevolezza sulle sostanze tossiche che possono colpire la salute dei bambini.

Laura Dern Steven Spielberg

7 Spielberg le diede un prezioso consiglio. Nel 1993 l’attrice lavorò con il celebre regista al film Jurassic Park. Prima di girare un primo piano del volto della Dern, Spielberg le diede un prezioso consiglio: “Le persone ti diranno cosa dovresti fare al tuo viso tra qualche anno. Non modificarlo mai. Il tuo volto è perfetto, è femminile, è pieno di emozioni.”  Ovviamente l’attrice seguì il consiglio, e il suo particolare volto le ha sempre portato fortuna.

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Laura Dern Big Little Lies

8 Si è preparata a lungo per la parte. Laura Dern è nota per la grande preparazione che dedica ad ogni nuovo ruolo. Per interpretare Renata Klein in Big Little Lies, l’attrice ha intervistato a lungo numerose donne che lavorano nel settore della tecnologia, traendo da loro suggerimenti su come ci si comporta una donna che lavora in un settore prevalentemente maschile. Grazie al suo studio della parte l’attrice ottenne poi numerosi riconoscimenti.

Laura Dern Diane Ladd

9 Hanno lavorato insieme più volte. L’attrice ha condiviso la scena per ben cinque volte con la sua reale madre, e sempre ricoprendo ruoli che avevano un rapporto di parentela madre-figlia. I film in questione sono Rosa scompiglio e i suoi amanti, Cuore selvaggio, La storia di Ruth, Daddy and Them e McKlusky metà uomo e metà odio.

Laura Dern età e altezza

10 Laura Dern è nata a Los Angeles, negli Stati Uniti, il 10 febbraio 1967. L’altezza complessiva dell’attrice è di 178 centimetri.

Fonti: IMDb

Laura Dern, Glen Powell e Anthony Mackie per John Lee Hancock

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Laura Dern, Glen Powell e Anthony Mackie per John Lee Hancock

Laura Dern, Glen Powell, Anthony Mackie hanno firmato per recitare in “Monsanto”, l’ultimo film dello sceneggiatore e regista John Lee Hancock (“The Blind Side”,Saving Mr. Banks”).

Il film segue la storia vera del giovane e inesperto avvocato Brent Wisner (Powell), che nel 2019 ha sposato una causa apparentemente insormontabile contro il colosso chimico statunitense Monsanto per conto di Dewayne “Lee” Johnson (Mackie) che ha utilizzato i migliori strumenti dell’azienda, il noto prodotto Roundup, un pesticida di grande successo finanziario, come parte del suo lavoro di giardiniere del liceo. Laura Dern interpreta la dottoressa Melinda Rogers, la principale tossicologa della Monsanto Company, che testimonia con certezza che Roundup è sicuro durante lo storico studio sul cancro.

“Sono stato attratto da questa vera storia contemporanea di Davide contro Golia perché l’ho trovata drammatica, commovente, piuttosto divertente e di fondamentale importanza nel mondo di oggi”, ha affermato Hancock. “Le mie ambizioni sono realizzare un legal drama intelligente, ponderato e commerciale che porti il pubblico in un viaggio umano”.

La sceneggiatura del film è stata sviluppata in collaborazione con la Zurich Avenue di Karl Spoerri e scritta da Michael Wisner, Alexandra Duparc, Ned Benson e Hancock. Il progetto è prodotto da Moritz Borman, Eric Kopeloff, Philip Schulz-Deyle e Jon Levin insieme a Adam McKay e Kevin Messick di HyperObject Industries.

“Al giorno d’oggi le storie di “piccoli ragazzi” che affrontano enormi istituzioni sembrano poche e rare. Sia nella vita reale che sul grande schermo. Quindi, quando una storia avvincente e stimolante come questa arriva sulle nostre scrivanie, ci entusiasmiamo. Perché? Perché le persone amano e hanno bisogno di questi film. Lo hanno sempre fatto e lo faranno sempre”, ha detto McKay, citando “Erin Brockovich”, “Silkwood”,La vita è meravigliosa”, “Spotlight”,12 Angry Men”, “Moneyball” e “Norma Rae” come primi esempi. “Penso legittimamente di poter elencare 200 film amati e di grande successo su persone reali che si oppongono a difficoltà schiaccianti con solo l’equità e la verità dalla loro parte. Quindi, facciamo il numero 201”.

Laura Dern moglie di Michael Keaton in The Founder

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Laura Dern moglie di Michael Keaton in The Founder

Secondo The Hollywood Reporter, Laura Dern (Wild, Jurassic Park) è in trattative per entrare, assieme a Michael Keaton (Birdman), nel cast di The Founder, film diretto da John Lee Hancock (The Blindside).

The Founder racconterà la storia di Ray Kroc, venditore che si mise in società con i fratelli Richard e Maurice per lanciare quella che sarebbe presto diventata la catena internazionale di fast food più famosa del pianeta: la McDonald. Hancock svilupperà una sceneggiatura realizzata da Robert Siegel (Big Fan, The Wrestler); il film sarà prodotto dalla FilmNation assieme alla The Combine di Don Handfield e Jeremy Renner.

Laura Dern interpreterà la trascurata prima moglie di Ray, Ethel, dalla quale l’uomo divorziò nel 1961. Prima di morire, nel 1984, Kroc si sposò altre due volte.
L’attrice è al momento impegnata con le riprese di un film drammatico (ancora senza titolo) per la regia di Kelly Reichardt (Meek’s Cutoff, Wendy and Lucy) con Kristin Stewart e Michelle Williams. Presto sarà nelle sale americane con 99 Homes, film presentato alla scorsa edizione del Festival del cinema di Venezia, con Andrew Garfield e Michael Shannon.

L’uscita di The Founder è prevista per il novembre 2016.

Fonte: Comingsoon.net

Laura Dern di nuovo con Noah Baumbach per il suo prossimo film Netflix

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Laura Dern, Billy Crudup e Riley Keough si uniranno a George Clooney e Adam Sandler in un nuovo film senza titolo di Netflix diretto da Noah Baumbach. Baumbach ha anche scritto la sceneggiatura insieme a Emily Mortimer e produrrà con Amy Pascal e David Heyman.

Ricordiamo che nell’ambito del suo accordo esclusivo con Netflix, Baumbach ha già realizzato The Meyerowitz Stories, in cui ha recitato anche Sandler, nonché il film candidato agli Oscar Storia di un matrimonio, con Adam Driver e Scarlett Johansson per il quale proprio Laura Dern ha vinto la sua statuetta.

Successivamente, sempre per Netflix, Baumbach ha realizzato White Noise, adattato dal romanzo di Don DeLillo e interpretato da Drive e Greta Gerwig. Ad oggi, questo è dunque l’ultimo lungometraggio realizzato come regista da Baumbach, che sempre però dunque pronto a tornare alla regia di un nuovo lungometraggio di cui però, ad oggi, oltre ai due attori protagonisti, non sono state fornite altre informazioni. Netflix non ha infatti rilasciato commenti a riguardo per ora, ma Scott Stuber, capo della società, aveva precedentemente descritto il prossimo film di Baumbach come una “divertente ed emozionante storia di adulti che arrivano all’età adulta“.

Laura Dern commenta la differenza di età con Sam Neill in Jurassic Park: “All’epoca sembrava appropriata”

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Laura Dern e Sam Neill sono stati i volti del film di successo di Steven Spielberg del 1993 Jurassic Park rispettivamente nei panni della paleobotanica Ellie Sattler e del paleontologo Alan Grant (insieme allo Ian Malcolm di Jeff Goldblum).

I due personaggi si innamorano durante il film nonostante la differenza di età di 20 anni che esisteva tra Dern e Niell durante la realizzazione del film. Dern aveva 23 anni quando sono iniziate le riprese e 26 quando il film è uscito nel 1993. Niell, d’altra parte, aveva 43 anni durante le riprese. Nessuno dei due attori era troppo preoccupato per la loro differenza di età e la storia d’amore dei loro personaggi.

“Ho 20 anni più di Laura!” Sam Neill ha recentemente detto al Sunday Times. “Che all’epoca era una differenza di età del tutto appropriata per un uomo e una donna protagonisti. [Che il divario di età fosse inappropriato] non mi è mai venuto in mente fino a quando non ho aperto una rivista e c’era un articolo intitolato “Old Geezers and Gals”. Persone come Harrison Ford e Sean Connery recitavano con persone molto più giovani. Ed eccomi lì, sulla lista. Ho pensato: ‘Andiamo. Non può essere vero.'”

“Beh, è ​​stato del tutto appropriato innamorarsi di Sam Neill”, ha aggiunto Dern riguardo al divario di età. “Ed è stato solo ora, quando siamo tornati in un momento di consapevolezza culturale sul patriarcato, che ho pensato, ‘Wow! Non abbiamo la stessa età?’”

Durante la realizzazione di Jurassic World – Il dominio, Laura Dern era meno concentrata sulla sua età e più concentrata nel garantire che il suo personaggio, Ellie Sattler, portasse avanti la rappresentazione femminile sul grande schermo. Dern cita Ellie nella stessa categoria di Ripley di Sigourney Weaver del franchise Alien come personaggi cinematografici che hanno cambiato il punto di vista di Hollywood sulle eroine d’azione femminili.

“È davvero commovente”, ha detto Dern. “Molte donne nel campo della tecnologia e della scienza indicano una somiglianza tra l’eroismo di Ellie e le donne nel loro campo”.

Sia Dern che Neill riprenderanno i loro personaggi nel prossimo episodio della Universal Jurassic World – Il dominio, in uscita nelle sale italiane il 2 giugno.

Jurassic World – Il dominio, il film

In Jurassic World – Il dominio vedrà sia Chris Pratt che Bryce Dallas Howard tornare nei loro ruoli. Insieme a loro, ritroveremo anche Justice Smith, Daniella Pineda, Jake Johnson e Omar SyLaura Dern e Sam Neill riprenderanno rispettivamente i ruoli che avevano in Jurassic Park, rispettivamente la Dr. Ellie Sattler e il Dr. Alan Grant. I personaggi sono stati visti per l’ultima volta nel Jurassic Park 3 del 2001. Un altro eroe originale, Ian Malcolm, interpretato da Jeff Goldblum, ha firmato per tornare in Jurassic World 3. Goldblum è stato visto l’ultima volta in Jurassic World: Il Regno Distrutto.

Il Dominio si svolge quattro anni dopo la distruzione di Isla Nublar. I dinosauri ora vivono e cacciano insieme agli umani in tutto il mondo. Questo equilibrio fragile rimodellerà il futuro e determinerà, una volta per tutte, se gli esseri umani rimarranno i predatori dominanti su un pianeta che ora condividono con le creature più temibili della storia.

Jurassic World – Il dominio arriverà in sala il 2 giugno 2022.

Laura Citarella e Chui Mui Tan protagoniste di Miu Miu Women’s Tales 2024

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Chui Mui Tan, la regista e protagonista di Barbarian Invasion, prima donna protagonista del cinema malese, e Laura Citarella, l’acclamata autrice e produttrice argentina, protagonista alla Mostra del 2022 con Trenque Lauquen e che i Cahiers du Cinéma segnalano come la più potente voce femminile del nuovo cinema argentino, sono le registe 2024 del progetto “Miu Miu Women’s Tales”. I loro film brevi saranno presentati alle Giornate degli Autori sabato 31 agosto alla Sala Perla del Palazzo del Casinò.

Il progetto Miu Miu Women’s Tales nasce nel 2012 ed è un illuminato esempio di collaborazione artistica tra due realtà diverse che condividono il fine comune della valorizzazione del talento e della creatività al femminile. Ogni anno Miu Miu, come Creative Partner delle Giornate degli Autori, affida e sponsorizza a due registe la realizzazione di un cortometraggio in cui raccontare il mondo delle donne; i corti vengono proiettati durante la Mostra, alla presenza delle registe e del cast.

Miu Miu Women’s Tales 2024

La proiezione è seguita nei due giorni successivi da quattro conversazioni, ospitate nello Spazio della Regione del Veneto all’Hotel Excelsior, in cui ospiti internazionali del mondo dello spettacolo dialogano con il pubblico sul proprio mestiere da un punto di vista femminile. Tra le 90 protagoniste degli scorsi anni: Liliana Cavani, Mira Nair, Alice Rohrwacher, Kate Mara, Sia, Hailee Steinfeld, Agnes Varda, Dakota Fanning, Juno Temple, Kate Bosworth, Zosia Mamet, Chloë Sevigny, Tessa Thompson, Brigitte Lacombe, Vanessa Kirby, Nathalie Emmanuel, Carla Simón, Maggie Gyllenhaal.

I due film di quest’anno, parte di una collezione ormai diventata un simbolo di eccellenza artistica, sono:

  • #27 I AM THE BEAUTY OF YOUR BEAUTY, I AM THE FEAR OF YOUR FEAR di Chui Mui Tan

Malesia, Italia, 2024, 21’

Con Jo Kukathas, Sdanny Lee, Zhiny Ooi, Jean Seizure

Produzione: HiProduction, Da Huang Pictures

Gita lascia il suo lavoro in Cina e si trasferisce in Malesia. Voleva prendersi una pausa per ripensare la sua vita. Grazie all’amicizia e ai combattimenti, finalmente si lascia andare liberando la sua forza interiore.

  • #28 EL AFFAIRE MIU MIU di Laura Citarella

Argentina, 2024, anteprima mondiale

Con Elisa Carricajo, Verónica Llinás, Juliana Muras, Laura Paredes, Ezequiel Pierri, Cecilia Rainero, Rafael

Spregelburd, Guillermina Villa Simon

Produzione: HiProduction, El Pampero Cine

In El affaire Miu Miu si raccontano una storia, una donna e un mistero. Una fusione tra un personaggio, un abito e un luogo.

Laura Chiatti: 10 cose che non sai sull’attrice

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Laura Chiatti: 10 cose che non sai sull’attrice

Laura Chiatti è una di quelle attrici che ha contribuito a fare la storia del cinema italiano recente grazie alle sue interpretazioni. Versatile e brillante, l’attrice è anche un’ottima cantante e doppiatrice, tanto da essere subito riconosciuta dal pubblico che la segue con affetto da molti anni.

Ecco dieci cose da sapere su Laura Chiatti.

Laura Chiatti: i suoi film

1. Ha recitato in celebri film. La carriera cinematografica dell’attrice inizia nel 1998, quando debutta sul grande schermo in Laura non c’è, per poi proseguire con Vacanze sulla neve (1999), Pazzo d’amore (1999), Via del Corso (2000), Passo a due (2005) e Mai + come prima (2005). In seguito, appare in L’amico di famiglia (2006), A casa nostra (2006), Ho voglia di te (2007), Il mattino ha l’oro in bocca (2008), Iago (2009), Il caso dell’infedele Klara (2009), Gli amici del bar Margherita (2009), Baarìa (2009), Io, loro e Lara (2009), Somewhere (2010) e Manuale d’amore 3 (2011). Tra i suoi ultimi film, vi sono Romanzo di una strage (2012), Il peggior Natale della mia vita (2012), Il volto di un’altra (2013), Pane e burlesque (2014), Io che amo solo te (2015), Il professor Cenerentolo (2015), La cena di Natale (2016), Un’avventura (2019), Gli infedeli (2020), Addio al nubilato (2021) e Ero in guerra ma non lo sapevo (2022).

2. È apparsa in molte serie tv. Oltre che la sua carriera al cinema, l’attrice ha recitato in molti progetti televisivi. Infatti, ha debuttato sul piccolo schermo in Un posto al sole nel 2000, per poi proseguire apparendo in Compagni di scuola (2001), Carabinieri (2002), Incantesimo 7 (2004), Don Matteo 4 (2004) e Diritto di difesa (2004). In seguito, è apparsa in Braccialetti rossi (2014-2015) e 1993 (2017). Inoltre, ha preso parte anche ai film tv Angelo il custode (2001), Padri (2002), Arrivano i Rossi (2003), Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu (2007) e Il sogno del maratoneta (2012). Di recente ha invece recitato nella miniserie Più forti del destino (2022).

3. È anche doppiatrice. Nel corso della sua carriera, l’attrice ha sperimentato altri mestieri attinenti alla sua professione. Infatti, ha vestito i panni della doppiatrice, partecipando al doppiaggio e al canto di film come Rapunzel – L’intreccio della torre (2010), Gladiatori di Roma (2012), Pets – Vita da animali (2016) e Pets 2 – Vita da animali (2019).

laura chiatti

Laura Chiatti è su Instagram

4. Ha un profilo molto seguito. L’attrice possiede un account personale su Instagram che è seguito da 1,1 milioni di persone. Sul suo profilo sono molti gli scatti e gli autoscatti che la ritraggono tra momenti lavorativi e di svago, ma sono molte anche quelle dedicate alla sua famiglia. Seguendola si può dunque rimanere aggiornati su tutte le sue attività dentro e fuori dal set.

Laura Chiatti, il marito Marco Bocci e i figli

5. È sposata da qualche anno. L’attrice si è sposata per la prima volta il 5 luglio del 2014 con l’attore e collega Marco Bocci. I due si erano conosciuti l’anno prima e hanno ufficializzato il fidanzamento nel gennaio del 2014.

6. È madre di due figli. Dall’unione con il marito Marco Bocci, l’attrice è poi diventata madre di due figli: nel 2015 è nato il primo figlio, Enea, mentre nel 2016 è nato il secondo figlio della coppia, Pablo.

7. Ha avuto dei fidanzati famosi. Prima di trovare la stabilità sentimentale con il suo attuale marito, l’attrice ha frequentato alcuni uomini famosi. Infatti, nel 2006 ha avuto una breve relazione con Silvio Muccino, mentre poco dopo ha iniziato una storia con Francesco Arca, lasciandosi nel 2009 e rimanendo in ottimi rapporti. In seguito, ha frequentato il cestista Davide Lamma dal 2010 al 2013.

laura chiatti

Laura Chiatti in La cena di Natale

8. Ha recitato di nuovo con un suo collega. Grazie a questo film, l’attrice ha potuto recitare nuovamente con il collega Riccardo Scamarcio, con il quale aveva condiviso il set qualche anno prima per il film Ho voglia di te e nel film precedente a questo, Io che amo solo te.

Laura Chiatti in Ho voglia di te

9. Ha contribuito alla moda dei lucchetti. Grazie anche alla sua interpretazione in questo film, insieme a Riccardo Scamarcio ha contribuito a lanciare la moda di agganciare i lucchetti a Ponte Milvio, a Roma, come gesto d’amore.

Laura Chiatti: età e altezza

10. Laura Chiatti è nata il 15 luglio del 1982 a Castiglione del Lago, a Perugia. La sua altezza complessiva corrisponde a 166 centimetri.

Fonte: IMDb

Laura Antonelli: 10 cose che non sai sull’attrice

Laura Antonelli: 10 cose che non sai sull’attrice

Celebre attrice italiana degli anni Settanta e Ottanta, Laura Antonelli raggiunse grande notorietà grazie alla sua versatilità come interprete. Si trovò infatti a percorrere generi diversi della cinematografia nazionale, passando dalla commedia erotica al dramma e fino al film d’autore. Con la sua femminilità, la Antonelli è diventata una vera e propria icona, capace di far sognare intere generazioni di spettatori. Ancora oggi, inoltre, viene ricordata come uno dei nomi di maggior rilievo del genere che l’ha resa celebre.

Ecco 10 cose che non sai di Laura Antonelli.

Parte delle cose che non sai sull’attrice

Laura Antonelli marito

Laura Antonelli: i suoi film e la televisione

10. Ha recitato in celebri lungometraggi. L’attrice intraprende la propria carriera cinematografica recitando nel film Il magnifico cornuto (1964), e in seguito prende parte a titoli come Le sedicenni (1965), La rivoluzione sessuale (1968), Le malizie di Venere (1969), Il merlo maschio (1971), e Trappola per un lupo (1972). Il film che la consacra è però Malizia (1973), cult del cinema erotico di quegli anni. Successivamente, prende parte ad altre  note pellicole come Sessomatto (1973), Mio Dio, come sono caduta in basso! (1974), Divina creatura (1975), con Michele Placido, L’innocente (1976), Letti selvaggi (1979), Passione d’amore (1981), di Ettore Scola, Casta e pura (1981), Viuuulentemente mia (1982), Sesso e volentieri (1982), con Gloria Guida, La gabbia (1985), Grandi magazzini (1986), con Lino Banfi, Roba da ricchi (1987), con Paolo Villaggio, L’avaro (1990) e Malizia 2mila (1991).

9. Ha preso parte ad alcuni prodotti per la TV. Nel 1988 la Antonelli compie il suo debutto in un’opera televisiva, prendendo parte alla miniserie Gli indifferenti, composta di due episodi e basata sull’omonimo romanzo di Alberto Moravia, con la colonna sonora curata dal premio Oscar Ennio Morricone. L’anno seguente ricopre invece il ruolo di Carmen Milkovic nella miniserie Disperatamente Giulia, composta da sei episodi e tratta dall’omonimo romanzo di Sveva Casati Modignani. Grazie a tali titoli, l’attrice consolida la propria popolarità anche sul piccolo schermo, confermandosi un’attrice particolarmente amata.

8. Ha ottenuto importanti riconoscimenti. La Antonelli non vantava soltanto un favore di pubblico, ma anzi diversi furono i riconoscimenti che la critica e l’industria le tributarono nel corso degli anni. L’attrice arrivò infatti a vincere due Globo d’oro come miglior attrice rivelazione per Malizia, nel 1974, e come miglior attrice per Mio Dio, come sono caduta in basso!, nel 1975. Sempre per il suo ruolo in Malizia le venne poi assegnato anche il Nastro d’argento come miglior attrice. Nel 1981 ha invece vinto il David di Donatello alla miglior attrice per il film Passione d’amore.

Laura Antonelli: il marito e il figlio

7. Si sposò molto giovane. L’attrice è stata negli anni molto riservata circa la propria vita privata, evitando di condividere con la stampa dettagli a riguardo. Si sa però che si sposò molto giovane, all’età di 24 anni con Enrico Piacentini, di professione antiquario. Il loro matrimonio, tuttavia, fu di breve durata e senza figli. Celebre è poi l’intensa storia d’amore che ha legato la Antonelli al celebre attore francese Jean-Paul Belmondo, conosciuto sul set del film Gli sposi dell’anno secondo, e durata dal 1972 al 1980, ovvero negli anni di maggior successo per l’attrice.

6. Ha adottato un figlio. Se della vita sentimentale dell’attrice non si sa molto, ancora meno sono le notizie riguardanti il figlio da lei adottato. Questi sembra chiamarsi Germano, ma di lui non è dato sapere molto altro. Sembra che negli ultimi anni abbia vissuto un turbolento rapporto con la madre adottiva, tuttavia mai realmente chiarito. Nonostante le diverse relazioni amorose, infine, la Antonelli non ha mai avuto un figlio che fosse nato proprio da lei.

Parte delle cose che non sai sull’attrice

Laura Antonelli biografia

Laura Antonelli: la sua biografia

5. Fu esule durante la Seconda Guerra Mondiale. Nata a Pola, città istriana all’epoca italiana, l’attrice si ritrovò ad essere una profuga, insieme alla sua famiglia, durante l’esodo istriano, conseguenza della sconfitta italiana durante la Seconda Guerra Mondiale. Insieme ai parenti, la Antonelli si trasferì così a Napoli, dove, dopo aver frequentato le scuole superiori si diplomò presso l’Istituto superiore di educazione fisica. Sarà proprio questa materia che la futura attrice si ritroverà ad insegnare a Roma, prima di dar vita alla propria carriera nel mondo dello spettacolo.

4. Ottenne successo grazie a Malizia. Dopo neanche un decennio di ruoli più o meno di rilievo, l’attrice venne scelta dal regista Salvatore Samperi per essere la protagonista dell’erotico Malizia. Il film si rivelò un successo straordinario, con un incasso di oltre 6 miliardi di lire, e permise alla Antonelli di diventare una vera e propria icona. Il suo cachet passò da 4 a 100 milioni di lire, facendo di lei una delle celebrità più pagate dell’epoca. Lei, tuttavia, affermò di non aver mai compreso del tutto il motivo per cui piacesse tanto, ritrovando in sé tanti difetti.

3. Ebbe problemi con la giustizia. Sfortunatamente, la carriera dell’interprete si interruppe nel momento in cui, nel 1991, venne ingiustamente accusata di spaccio di stupefacenti, essendone stati ritrovati nella sua villa. Ci vollero 9 anni perché l’attrice venisse assolta dalla Corte d’appello, che la riconobbe consumatrice ma non rivenditrice. Una modifica nella legge a riguardo, infatti, non prevedeva più il consumo come un reato. Ciò, tuttavia, finì con il segnare irrimediabilmente la carriera dell’attrice.

Laura Antonelli e la sua conversione

2. Si era riavvicinata alla fede religiosa. Negli ultimi anni della sua vita l’attrice visse profondi crisi personali, che la portarono ad allontanarsi del tutto dal mondo dello spettacolo. Ad aiutarla significativamente in tale periodo fu il suo riavvicinamento alla fede e alla pratica religiosa. La frequentazione di luoghi sacri, così, le permise di ritrovare un certo equilibrio, che le permise di vivere in una discreta tranquillità gli ultimi anni della sua vita.

Laura Antonelli: la morte e i funerali

1. Laura Antonelli nacque a Pola, il 28 novembre del 1941, ed è deceduta a Ladispoli, il 22 giugno del 2015. L’attrice morì per un infarto nella sua abitazione, all’età di 73 anni. I funerali si tennero pochi giorni dopo, nella chiesa di Santa Maria del Rosario, dalla Antonelli molto frequentata. All’evento erano presenti centinaia di persone, tra cui i numerosi amici e colleghi conosciuti nel corso della sua carriera.

Fonte: IMDb

Launchpad: trailer della seconda stagione in arrivo su Disney+

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Launchpad: trailer della seconda stagione in arrivo su Disney+

Disney+ ha diffuso il trailer della seconda stagione di Launchpad, una collezione di sei cortometraggi di registi provenienti da background sotto rappresentati le cui voci uniche portano nuove prospettive alla narrazione. Disney+ ha inoltre rilasciato un’immagine di ciascuno di questi emozionanti cortometraggi.

La seconda stagione di Launchpad, targata Disney, è una collezione di cortometraggi live-action di una nuova generazione di registi. Questa stagione vede la presenza di sei sceneggiatori, cinque registi e una sceneggiatrice-regista provenienti da background sottorappresentati, ai quali è stata data l’opportunità di condividere le proprie prospettive e visioni creative. Portando avanti l’obiettivo della prima stagione di Launchpad, targata Disney, che era quello di diversificare i tipi di storie che vengono raccontate dando accesso a coloro che storicamente non l’hanno avuto, questa seconda stagione è orgogliosa di presentare sei nuovi cortometraggi per Disney+ basati sul tema della “connessione”.

Phillip Domfeh, Sr. Manager and Producer of Disney Launchpad, ha dichiarato: “I registi della seconda stagione di Disney Launchpad hanno portato la loro narrazione a nuovi livelli, sviluppando sei storie fantasiose e stimolanti per Disney+”. Mahin Ibrahim, Director, RISE Creative Talent Pathways and Executive Producer, ha aggiunto: “Non vediamo l’ora di dare a questi sceneggiatori, registi, produttori, cast e troupe di incredibile talento l’opportunità di mostrare la loro passione creativa e la loro eccellenza nel proprio mestiere”.

Panavision ha nuovamente fornito le telecamere e gli obiettivi per i sei cortometraggi originali, mentre Light Iron, la divisione di post-produzione di Panavision, ha fornito i servizi di produzione giornaliera, color correction e rifinitura per tutta la seconda stagione. “Panavision e Light Iron sono orgogliosi di sostenere gli incredibili registi di talento della seconda stagione del programma Launchpad”, ha affermato Kim Snyder, Panavision President and CEO. “Ci sta a cuore dare potere agli storyteller delle comunità sottorappresentate, fornendo loro l’accesso agli strumenti e alle competenze che possono supportare le loro visioni creative durante la produzione e la post-produzione”. La seconda stagione di Launchpad, targata Disney, debutterà il 29 settembre in esclusiva su Disney+.

Lauda Vs Hunt: la preview di Rush di Ron Howard

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Ecco una preview di Rush, film diretto da Ron Howard sulla rivalità sportiva nel mondo della Formula 1 tra Niki Lauda (Daniel Brühl) e James Hunt (Chris Hemsworth).  Come è successo per le prime foto dal set e per tutte le successive, a diffondere il video è stato Howard stesso tramite il suo account Twitter.

Ecco il video:

Nel cast di Rush insieme a Chris Hemsworth e Daniel Brühl anche Alexandra Maria Lara, Christian McKay, James Michael Rankin, Jensen Freeman, Natalie Dormer e, nel ruolo della moglie di Hunt, Olivia Wilde.

Ecco la trama del film: Il racconto di una delle più celebri rivalità sportive della storia, quella tra i piloti di Formula 1 James Hunt e Niki Lauda. Nato da un ambiente privelgiato, carismatico e affascinante, Hunt non poteva essere più diverso dal metodico e riservato Lauda: la loro rivalità nacque fin dai tempi della Formual 3 e continuò per anni, fermata nemmeno dal terribile incidente che vide protagonista Lauda nel 1976 al Nürburgring. Il film nasce da un soggetto di Peter Morgan, autore anche della sceneggiatura, ed è prodotto da Ron Howard stesso con la sua Imagine Brian Grazer, insieme a Brian Oliver della Cross Creek e Tim Bevan e Eric Fellner della Working Title.

Latin Lover: recensione del film con Francesco Scianna

Latin Lover: recensione del film con Francesco Scianna

A quattro anni di distanza da Quando la notte, Cristina Comencini compie un ulteriore passo avanti nella sua carriera e regala al pubblico italiano un film sì sulle donne, ma anche su quell’irresistibile fascino che da sempre appartiene al mondo del cinema. In Latin Lover si racconta la storia delle quattro figlie, avute da mogli diverse in altrettante parti del mondo, del grande attore italiano Saverio Crispo (nato dalla mente della stessa Comencini e di Giulia Calenda). In occasione del decennale della morte di Crispo, le figlie, insieme anche alle due vedove, si radunano nella grande casa del paesino pugliese dove l’attore è nato. Tra conferenze stampa, proiezioni e rivelazioni notturne, le donne del “grande divo” si affronteranno l’un l’altra in un crescendo di emozioni e situazioni tragicomiche…

Cristina Comencini dipinge un grande ritratto femminile a più voci, e racconta non solo “le donne” di un grande attore di cinema (che nel film ha il volto di Francesco Scianna), ma soprattutto l’influenza che quel grande divo, così amato e così desiderato, ha avuto nella vita di ognuna di quelle donne. Servendosi di un registro armonicamente prima comico, dopo drammatico, e poi di nuovo comico, la regista mescola consapevolmente due epoche diverse: quella più lontana, relativa agli anni ’50 e ’60, grazie alla quale il film diventa una vera e propria metafora sul cinema, sulle sue meraviglie ma anche sui suoi segreti; e quella odierna, inerente alla ricerca di una nuova identità femminile, così ben incarnata da queste figure straordinarie che vogliono soltanto riscoprire la gioia di essere se stesse e godere della libertà da una figura imponente che, prima di essere un divo, era soprattutto un padre.

Il lavoro più incredibile viene dunque fatto da un cast femminile grandissimo che include, oltre all’intramontabile Virna Lisi (qui alla sua ultima fatica) e alla musa di Almodóvar Marisa Paredes, nei rispettivi ruoli delle ex mogli di Saverio, anche Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Candela Peña, Pihla Viitala e Nadeah Miranda. È a loro che Latin Lover appartiene: alla loro spontaneità, alla loro isteria, alla loro passione, alla loro bellezza, alle loro crisi esistenziali. Tutte donne solo in apparenza diverse, unite nel profondo dal bisogno di liberarsi di uno sguardo maschile che le sovrasta e le schiaccia, per poter essere ancora felici al di là del dolore.

Tra momenti scrupolosamente architettati e altri lasciati all’improvvisazione, Latin Lover dimostra di conoscere la strada e di essere capace di arrivare a destinazione. Anche se un attimo prima è un nevrotico, acceso e divertente sguardo sull’universo femminile, e un secondo dopo un tributo nostalgico ad un mondo, quello del cinema, fatto di luci e di ombre, che continuerà ad esercitare il suo fascino in eterno.

Latin Lover: dietro le quinte del film di Cristina Comencini

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Latin Lover: dietro le quinte del film di Cristina Comencini

Latin LoverDietro le quinte del film Latin Lover di Cristina Comencini, unacommedia corale che segna l’ultima apparizione cinematografica di Virna Lisi al fianco di un cast internazionale composto da:  Marisa Paredes, Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Candela Peña, Pihla Viitala, Nadeah Miranda, Cecilia Zingaro, Francesco Scianna, LLuis Homar, Neri Marcorè,  Claudio Gioè, Toni Bertorelli e Jordi Molla.
Il film, prodotto da Lumière & CO. con Rai Cinema, arriverà in sala il 19 marzo distribuito da 01 Distribution.

SINOSSI
Saverio Crispo, il grande attore del cinema italiano, un genio, come lo definisce il critico Picci, è morto dieci anni fa. Le sue quattro figlie, avute da mogli diverse in altrettante parti del mondo, si radunano nella grande casa del paesino pugliese dove l’attore è nato. La figlia italiana con il compagno di cui è fidanzata clandestina. La figlia francese, con il più piccolo dei tre figli avuti da tre padri diversi. La figlia spagnola, l’unica sposata, con un marito impenitente traditore. E l’ultima figlia svedese che il padre non l’ha quasi mai visto. Arrivano anche le due vedove, la prima moglie italiana che se lo è ripreso e curato in vecchiaia, e l’attrice spagnola che lo ha sposato ai tempi dei western all’italiana. Nessuna delle figlie ha conosciuto veramente il grande padre che ognuna ha mitizzato e amato nelle epoche diverse della sua trionfale carriera. Nel mezzo dei festeggiamenti, quando ancora è attesa la quinta figlia, l’americana riconosciuta con la prova del Dna, irrompe invece Pedro del Rio, lo stunt che pare conoscere l’attore meglio di chiunque altro. Tra conferenze stampa, proiezioni, rivelazioni notturne di segreti, le donne del grande divo rivaleggiano, si affrontano, in un crescendo di emozioni e situazioni tragicomiche.

Latin Lover: conferenza stampa del film con Francesco Scianna

Latin Lover: conferenza stampa del film con Francesco Scianna

È stato presentato questa mattina alla stampa italiana Latin Lover, la nuova commedia di Cristina Comencini (Va’ dove ti porta il cuore, La bestia nel cuore) con protagonisti Virna Lisi, Marisa Paredes, Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Francesco Scianna e Neri Marcorè.

Sull’idea alla base del film, Cristina Comencini, tornata al cinema dopo ben quattro anni dall’ultimo Quando la notte, ha raccontato: “Per tutte noi la figura paterna è un vero e proprio mito. In questo film si parla di un figura maschile che era sì un divo, ma anche e soprattutto un padre. Siamo tutte innamorate di nostro padre e lo percepiamo sempre come una figura sfuggente, che non si conosce mai veramente. Soprattutto, è una figura che col tempo mitizziamo. Nella vita cerchiamo sempre di liberarci dal peso che questa figura ha nella nostra esistenza, è così accade in questo film. In questo film le protagoniste ricercano la libertà individuale. Vogliono liberarsi dalla figura del loro padre. Il fatto che questa figura appartenesse al mondo del cinema ha reso poi tutto ancora più divertente e allo stesso tempo folle. Perché anche il cinema stesso è un po’ così”.

A proposito del cinema degli anni ’50 e ’60, la regista ha aggiunto: “Il cinema di quelli anni era davvero mitico. E mitici erano gli attori, nel senso di veri e propri divi. Era anche un cinema pieno di diversità. Un attore poteva recitare in un western e subito dopo essere il protagonista di un film più impegnato. Gli attori, in generale, non avevano paura di rischiare. Al di là del “divismo” di un’epoca, quello che ho voluto raccontare in questo film è l’importanza di essere se stessi, di imparare ad esserlo, e l’importanza di riconnettersi con la propria vita”.

Sull’importanza della femminilità all’interno di Latin Lover, la Comencini ha dichiarato: “Credo che al centro di questa storia vi sia la subalternità femminile. Si tratta di una subalternità affettuosa e passionale rispetto all’uomo. Queste donne sono sì libere, ma lo sono fino a un certo punto, perché hanno questo legame così forte con quest’attore che è anche però il loro ex marito o padre. E solo quando scoprono che quest’uomo, al di là dell’attore, era una persona fragile con tantissime problematiche, solo allora si liberano veramente. Scoprono di essere capaci di poter vivere la loro vita e di sentirsi libere al di là del dolore”.

Interviene Francesco Scianna, che ha così parlato del personaggio da lui interpretato nel film, Saverio Crispo: “Quello che Cristina mi ha fatto è stato un regalo. È raro per un attore avere la possibilità di interpretare vari ruoli all’interno di un solo film. Capita in teatro, ma al cinema è più raro. Qui sono un attore che interpreta un attore. È stato molto divertente, anche perché Cristiana, durante le riprese, mi ha spinto molto al gioco. Ed è forse questo che gli attori dell’epoca facevano: giocavano. Al di là del divismo, però, quello che mi interessava cogliere di questo personaggio era la sua umanità. È un latin lover, è vero, ma è solo un modo di essere, uno status. Dietro tutto questo si nascondeva soltanto un grandissimo bisogno di amore. E Saverio è un uomo che ha sempre cercato di dare amore, nonostante tutto. Perché credo che un grande attore, sia all’epoca ma anche oggi, sia sempre fuori dai binari, e combatta ogni giorno per mettere d’accordo la sua follia con tutto quello che lo circonda”.

Cristina Comencini ha poi parlato della realizzazione del film: “All’inizio volevo ambientarlo nella campagna romana. Poi la Puglia mi sembrava più adatta. È una regione che ha dato tantissimo al nostro cinema. Volevo un paese che fosse realmente tale, che trasmettesse il senso profondo di “Italia”. Paola Comencini (la scenografia del film, ndr.) ha fatto un lavoro straordinario. Quando abbiamo poi girato a Cinecittà, con i tecnici che avevano realizzato i film dell’epoca e che non vedevano l’ora di ritornare a girarli per questo nuovo film, è stato incredibile. Credo che questo sia uno degli aspetti più interessanti del film: mettere in scena la magia del cinema e al tempo stesso guarda alla piccolezza dell’essere umano. La verità, però, è che non ho mai pensato ad un dramma. Amo la commedia e nonostante in fase iniziale di scrittura i toni erano più quelli di una tragedia, alla fine io e Giulia Calenda (la co-sceneggiatrice del film, ndr.) abbiamo optato per la commedia. Il film, però, ha due anime: sfiora soltanto la tragedia, ma è molto divertente e al tempo stesso commuove. E la cosa che più di tutte mi interessa quando realizzo un film è mantenere lo stesso registro dall’inizio alla fine”.

In ricordo di Virna Lisi, scomparsa il 18 dicembre 2014, di cui Latin Lover rappresenta l’ultima fatica, la Comencini ha detto: “Virna manca tanto. Era un’amica. Abbiamo lavorato diverse volte insieme. Nessuno si era accorto che stava male. Neanche lei lo sapeva. Ci ha lasciato all’improvviso. Abbiamo lavorato benissimo insieme anche questa volta. Una delle scene più belle secondo me è quando la vediamo ubriaca, perché lì viene fuori tutto il retaggio di una donna che il cinema l’ha vissuto ma lo ha anche fatto. È così che voglio ricordarla: con le sue risate”.

 Latin Lover uscirà al cinema il 19 marzo distribuito in oltre 300 copie da 01Distribution.

Latin Lover: clip del film di Cristina Comencini

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Latin Lover: clip del film di Cristina Comencini

Guarda una clip del film Latin Lover di Cristina Comencini, una commedia corale che segna l’ultima apparizione cinematografica di Virna Lisi al fianco di un cast internazionale composto da:  Marisa Paredes, Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi, Candela Peña, Pihla Viitala, Nadeah Miranda, Cecilia Zingaro, Francesco Scianna, LLuis Homar, Neri Marcorè,  Claudio Gioè, Toni Bertorelli e Jordi Molla.

Il film, prodotto da Lumière & CO. con Rai Cinema, arriverà in sala il 19 marzo distribuito da 01 Distribution.

Latin Lover

Laterale Film Festival, presentata la selezione ufficiale: 19 opere per reinventare il mondo

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Pronto a tagliare il traguardo della sua VIII edizione, Laterale Film Festival si conferma come uno degli appuntamenti più interessanti del panorama festivaliero italiano e non solo. Un evento culturale, promosso dall’Associazione Culturale Laterale, che ha riscritto la storia cinematografica calabrese e che ogni anno offre al pubblico l’opportunità di scoprire una produzione audiovisiva vivace e coraggiosa, spesso trascurata.

In programma nei giorni 29, 30 e 31 agosto negli spazi del Cinema San Nicola di Cosenza, la rassegna prosegue con passione la sua attività di diffusione di cortometraggi d’autore. Tre giorni dedicati a proiezioni, incontri e approfondimenti, durante i quali le dinamiche del mercato e della competizione lasciano spazio a un confronto sincero e alla condivisione di idee.

“Perché non serve a niente, davvero, che tu ti tieni gli occhi spalancati” è lo slogan, ispirato a un testo di Edoardo Sanguineti, che identifica l’edizione 2024: un invito a socchiudere le palpebre per immaginare nuove possibilità, inedite configurazioni del mondo. Un’esortazione a ricercare le visioni che si celano dall’altra parte degli occhi.

Sono 19 le opere che compongono la Selezione Laterale 2024, 19 sguardi originali provenienti da Austria, Brasile, Canada, Corea, Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Portogallo, Singapore, Stati Uniti. Impreziosiscono il cartellone i film brevi Trailer of the film that will never exist: “Phony Wars” di Jean-Luc Godard (presentato al festival di Cannes del 2023), This is how a child becomes a poet di Céline Sciamma, The Tomb of Kafka di Jean-Claude Rousseau e Shrine di Robert Todd.

I curatori della manifestazione svolgono il loro compito nella convinzione che il cinema d’artista sia ancora in grado di sviluppare sensibilità e pensiero critico. Le forme della sperimentazione sono la linfa vitale del panorama creativo contemporaneo e il cinema deve essere l’invenzione di un nuovo linguaggio, non solo la ripetizione di vecchi schemi. I film laterali sono espressione di un processo umano, non condizionato dalla produzione industriale, e stimolano attivamente gli spettatori coinvolgendoli in modo autentico.

Il Laterale Film Festival si rivela, dunque, un’occasione imperdibile per chiunque desideri interrogarsi sulla natura e il significato delle immagini in movimento.

Late Night with the Devil: i registi ammettono di aver “sperimentato con l’intelligenza artificiale”.

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L’uso dell’intelligenza artificiale nel cinema e nella televisione è diventato un argomento scottante negli ultimi tempi e tutti i registi o gli studios che decidono di utilizzare questa tecnologia rischiano di subire un forte contraccolpo da parte di coloro che ritengono che non abbia posto nel settore e che stia rubando il lavoro agli artisti veri e propri. Recentemente è emerso che il nuovo film horror Late Night With the Devil include arte generata dall’intelligenza artificiale e i registi Cameron e Colin Cairnes hanno risposto rilasciando una dichiarazione (via Variety).

In collaborazione con il nostro straordinario team di grafica e design di produzione, che ha lavorato instancabilmente per dare a questo film l’estetica anni ’70 che avevamo sempre immaginato, abbiamo sperimentato l’IA per tre immagini fisse che abbiamo modificato ulteriormente e che alla fine sono apparse come brevissimi intermezzi nel film. Ci sentiamo incredibilmente fortunati ad aver avuto un cast, una troupe e un team di produzione così talentuosi e appassionati che hanno fatto di tutto per dare vita a questo film. Non vediamo l’ora che tutti lo vedano di persona questo fine settimana“.

Mentre molti sono rimasti favorevoli al film indipendente Late Night With the Devil, altri invitano a boicottare Late Night With the Devil e ritengono che il fatto di dare il via libera anche a casi apparentemente minori di utilizzo dell’intelligenza artificiale sia un terreno scivoloso.

La star David Dastmalchian è stata interpellata sulla controversia dell’IA durante una recente intervista e, pur rimanendo al fianco dei registi, riconosce che la conversazione sull’IA è “importante da fare“.

Late Night With the Devil ha ottenuto recensioni entusiastiche da parte della critica e attualmente si trova al 97% su Rotten Tomatoes. Questo sicuramente attirerà il pubblico in sala, ma sarà interessante vedere se la controversia sull’IA avrà un impatto sulla vendita dei biglietti.

L’attore di Suicide Squad interpreta Jack Delroy, conduttore di un fittizio varietà e talk show notturno degli anni ’70 intitolato Night Owls with Jack Delroy.

Il film sostiene di essere derivato da un nastro master riscoperto di un episodio della sesta stagione dello show, trasmesso ad Halloween del 1977. Durante questa trasmissione televisiva in diretta, si scatena il caos quando Delroy intervista una parapsicologa (Laura Gordon) e il soggetto del suo recente libro, una giovane adolescente (Ingrid Torelli) che è stata l’unica sopravvissuta al suicidio di massa di una chiesa satanica“.

Late Night with the Devil, recensione del film con David Dastmalchian

Dopo una serie di horror a bassissimo budget che hanno permesso loro di attirare l’attenzione degli spettatori maggiormente affezionati al genere, i fratelli Cameron e Colin Cairnes approdano a una produzione di dimensioni leggermente superiori grazie a Late Night with The Devil, lungometraggio che vede protagonista assoluto quel David Dastmalchian che sta diventando un volto sempre più iconico  del cinema dell’orrore contemporaneo.

Late Night with The Devil, la trama

Interamente ambientato nel 1977 durante la produzione di una puntata di noto un talk show televisivo, Late Night With the Devil è incentrato sull’anchorman in crisi Jack Delroy (Dastmalchian), il quale per risollevare la sua carriera in declino e scongiurare l’ipotesi di una chiusura dello show organizza una puntata speciale a Halloween, dedicata all’occulto e i suoi pericoli. Tra gli ospiti figura anche una giovane in cura da una psichiatra perché potenzialmente posseduta da un’entità sconosciuta. Una serata già carica di tensioni e drammi personali inizia a diventare ancor più sinistra quando strani fenomeni cominciano a minare la riuscita del programma…

Conoscere le regole di un genere, prima di tutto quelle che riguardano il ritmo della narrazione, può fare davvero la differenza tra un prodotto riuscito e uno sbagliato. Soprattutto quando non si punta magari sull’originalità quanto invece sull’efficacia di uno spettacolo che punta proprio su un pubblico che conosce, accetta e apprezza quelle regole stesse. I fratelli Cairnes riescono a rendere Late Night With the Devil uno degli horror più riusciti e stuzzicanti degli ultimi mesi proprio lavorando sulle basi, a cominciare da quelle di una sceneggiatura – da loro stessi scritta – che per almeno tre quarti di film sa costruire una tensione crescente palpabile e potente, lavorando sulla presentazione dei piccoli dettagli “sbagliati”, distorti, che mettono lo spettatore in una crescente e costante condizione di disagio.

Una estetica da tubo catodico

L’idea di mettere in scena la vicenda attraverso un mix di found-footage e di estetica prettamente da tubo catodico vecchio stile si rivela poi la cornice perfetta per ovviare alle limitazioni di un budget contenuto. Ecco allora che i possibili punti deboli del film a livello di trucchi ed effetti speciali diventano al contrario elementi coerenti dell’ambientazione e del periodo storico, a cominciare dal make-up della ragazza indemoniata: una scena di svelamento che se magari estrapolata dal contesto può apparire dozzinale, mentre risulta seriamente terrificante quando inserita all’interno di un live-show del 1977.

Late Night with the Devil sembra conoscere perfettamente le proprie dimensioni – soprattutto produttive, e non poteva essere altrimenti – ma guarda ad esse come possibilità di “esplorare” cosa può essere raccontato, magri anche soltanto accennato dietro la superficie dell’immagine. Ecco allora che il lungometraggio, in particolar modo negli ultimi venti minuti convulsi ed ipnotici, diventa quasi una riflessione impazzita sulla comunicazione di massa, sull’ambiguità del mezzo mediatico, sulla necessità di testare la veridicità non soltanto dei fatti ma anche di chi lavora con e su quei fatti. In alcuni brevi momenti è tornato alla memoria il discorso metaforico sui media portato avanti da David Cronenberg e il suo Videodrome, tanto per cercare un referente ‘alto’ a cui avvicinare questo horror.  Il finale di Late Night with the Devil potrebbe essere percepito addirittura come troppo “coraggioso” ed oscuro, e magari lo è. Di sicuro dissipa tutta la notevole tensione costruita in precedenza, ma non rovina di certo l’efficacia di un prodotto a tratti davvero esemplare quanto a lucidità di esposizione dentro i canoni del genere di appartenenza.

L’ora di David Dastmalchian

Ultimo, doveroso tributo va poi dato alla prova di David Dastmalchian, il quale costruisce scena dopo scena un protagonista umano, umanissimo in principio che pian piano si lascia sedurre dall’idea di un ritrovato successo, perdendo di vista quello che sta realmente succedendo nel suo show. Da figura in chiaroscuro, quasi dolorosa, il suo Jack Delroy diventa il vero carnefice/vittima di Late Night with the Devil, grazie principalmente alla verosimiglianza con cui l’attore lo sviluppa. Finalmente un ruolo da protagonista che questo caratterista raffinato sfrutta al meglio. Da applausi convinti, come quelli che tutto sommato merita il film intero.

Last Words, la recensione del film italiano di Jonathan Nossiter

Last Words, la recensione del film italiano di Jonathan Nossiter

Avrebbe dovuto partecipare al Festival di Cannes del 2020, quando l’edizione fu annullata a causa della pandemia Covid, tra i vari film inseriti in una selezione ufficiale virtuale e non competitiva, ma da allora il Last Words di Jonathan Nossiter (Sunday, Mondovino) ha continuato a viaggiare nel circuito: da Deauville a Sitges, a partire da Il Cinema Ritrovato, promosso dalla Cineteca di Bologna, che dal 15 giugno lo distribuisce nei nostri cinema. Dando finalmente la possibilità al pubblico italiano di vedere una favola profetica dal cast importante, visto che intorno al sorprendente Kalipha Touray – diciannovenne esordiente scoperto dal regista nel campo dei rifugiati di Palermo – vediamo ruotare Nick Nolte, Charlotte Rampling, Stellan Skarsgaard e Alba Rohrwacher.

Il cinema e la fine dell’Umanità

Solo alcuni tra gli abitanti del Pianeta ricordati dal protagonista – e ultimo sopravvissuto – nel suo racconto. Che dal 2086 ci riporta indietro a due anni prima, su una Terra abbandonata nella quale non ci sono più elettricità o macchinari e i pochi sopravvissuti al disastroso declino dell’Umanità e alle grandi alluvioni si aggirano guidati da una misteriosa “Chiamata“. Che da Londra a Parigi, dove viveva con la sorella in una stanza tappezzata di film, spinge Kal (Touray) verso Bologna, in cerca della Cineteca. Qui trova Shakespeare, un vecchio dallo sguardo selvaggio che vive nei sotterranei del palazzo ormai abbandonato e che lo introduce a un mondo fatto di immagini e ricordi. Quelli stessi che i due inizieranno a ricreare una volta arrivati in Grecia in quella che sembra essere una comunità di uomini e donne destinata all’estinzione.

La profezia di Jonathan Nossiter

Come nel libro Mis últimas palabras di Santiago H. Amigorena, la causa dell’apocalisse sembra esser stata un virus, della tosse, come ci dice Nossiter, che ci racconta di un mondo bagnato da un mare rosso nel quale agli sono concessi solo cibo in polvere e un litro d’acqua a settimana. Una favola ecologica con la quale il regista di Washington cerca di trasmettere amore e solidarietà anche nella catastrofe, ambientale prima di tutto, tema a lui molto caro, vista l’esperienza accumulata nel suo orto-laboratorio in Italia, dove coltiva centinaia di varietà di vegetali frutto della ricerca di semi ancestrali, tramandati da generazioni.

Dove lo ha bloccato la pandemia, a Bolsena, alla fine della lavorazione, dopo che durante le riprese la stessa Rampling aveva convinto Nolte a non tornare oltreoceano nonostante l’incendio della sua villa di Malibu. Una conferma della forte comunione di intenti che ha unito tutto il cast e dell’amore per il nostro Paese, dove è stato girato il film – tra il Parco Archeologico di Paestum e Bologna – e che vediamo citato a più riprese (come nel murales dedicato a Lucio Dalla o gli spezzoni di Risate di gioia con Totò e Anna Magnani).

Tra memorie del passato, in fuga dal futuro

Cinema, libri, musica e pittura sono le armi con le quali il regista sceglie di combattere, e alle quali si affidano i momenti più edificanti in questa lunga apologia dell’ingegno umano e della capacità creativa, anche della Natura. Una cronaca di una morte annunciata, stando a quanto ci viene spiegato nel prologo, che mentre non consente speranza allo spettatore, lo lascia con un monito, e un suggerimento. Che il regista esplicita: “il pianeta è lì, a mezzo millimetro dal crollo totale, che può succedere dal un giorno all’altro. Ho voluto mettere il pubblico davanti a un futuro possibile, per spingerlo a pensare a tutte le ragioni per lottare e non ritrovarsi a quel punto”.

Un messaggio che sarebbe bello credere qualcuno potesse cogliere, o almeno estrapolare ed evidenziare in una narrazione troppo prolissa e involuta, che alterna momenti di regressione belluina e di violenza, ma che poi insiste sulla capacità espressiva della triade di vecchie glorie Nolte, Rampling & Skarsgaard affidandosi ai loro virtuosismi più che privilegiare equilibrio e coerenza. Anche perché nemmeno la rappresentazione idilliaca di una comune tanto elevata etica e spiritualmente riesce a spazzare via la disperazione, anzi la acuisce.

Analogamente, il coinvolgimento intellettuale resta piuttosto fine a se stesso in questa distopia d’autore nella quale il cinema è insieme mezzo e fine, nella quale la vita resta sullo schermo, bidimensionale. Almeno fino alla definitiva consapevolezza dell’inutilità di una tanto magra consolazione e della solo apparente centralità del racconto per la sopravvivenza della specie. Tutti elementi che fanno di questo Last Words un film utopico fuori tempo massimo, al quale abbandonarsi, nel quale fuggire, ma lontano dal mondo al quale vorrebbe parlare, forse non solo stilisticamente.

I film citati in Last Words di Jonathan Nossiter

  • Tarzan l’uomo scimmia di W.S Van Dyke (1932)
  • Bestia di Aleksander Hertz (1917)
  • Andrej Rublëv di Andrej Tarkovskij (1966)
  • La palla nº 13 (Sherlock Jr.) di Buster Keaton (1924)
  • Metropolis di Fritz Lang (1927)
  • I dimenticati (Sullivan’s Travels) di Preston Sturges (1941)
  • Tampopo di Jûzô Itami (1985)
  • Risate di gioia di Mario Monicelli (1960)
  • An Interview with Dennis Potter di Melvyn Bragg (Channel 4, 1994)
  • L’innaffiatore innaffiato di Louis Lumière (1895)
  • Un chien andalou – Un cane andaluso di Luis Buñuel (1929)
  • Candy Says di Beth Gibbons (2003)
  • L’uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov (1929)
  • Monty Python – Il senso della vita di Terry Jones, Terry Gilliam (1983)
  • Le Squelette Joyeux di Auguste and Louis Lumière (1898)
  • Citty Citty Bang Bang di Ken Hughes (1968)
  • Speedy Gonzales, Peppino Di Capri (1962)

Last Witch Hunter: nuova clip con Vin Diesel e Rose Leslie

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Ecco nuove clip da The Last Witch Hunter – L’ultimo cacciatore di streghe, film con protagonista Vin Diesel. Nelle clip possiamo vedere anche Rose Leslie (Downton Abbey, Il Trono di Spade).

A seguire invece due nuovi tv spot:

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The Last Witch Hunter è diretto da Breck Eisner e vede nel cast principale Vin Diesel, Rose Leslie, Elijah Wood e Michael Caine. Il film parla di un cacciatore di streghe immortale che combatte con una potente strega per fermare una potente congrega di New York che sta per orchestrare una piaga contro l’umanità.

Last Vegas: recensione del film con Micheal Douglas

Last Vegas è un film diretto da Jon Turteltaub che uscirà nelle sale italiane a partire dal prossimo 23 di gennaio. Un cast “reale” che affianca sul medesimo set sei statuette e nove nomination agli Oscar, quattro fuoriclasse che per la prima volta lavorano uno al fianco dell’altro: Micheal Douglas, Morgan Freeman, Kevin Kline e Robert De Niro. Il regista e la produzione di questa commedia dolce-amara hanno indubbiamente puntato sulla risonanza di un cast unico per attirare spettatori al botteghino e, c’è da scommetterci, la mossa sarà probabilmente vincente. Last Vegas L’ultimo week-end racconta la storia di un’amicizia, una lunga amicizia che sopravvive all’inesorabile scorrere del tempo e soprattutto alle varie vicissitudini di una vita. La forza dell’amicizia, più forte dell’amore per una donna o della rabbia per antiche delusioni, è il tema centrale e che sorregge l’intera sceneggiatura.

I quattro pezzi da 90 sembrano parecchio divertiti ad improvvisare una sorta di competizione reciproca e nel ritrovarsi gli uni accanto agli altri dopo intere carriere vissute parallelamente.

Azzardando un audace parere, ci sentiamo di indicare nel vecchio e bravissimo Freeman il più in forma ed ispirato dei quattro: nei panni di Archie, un anziano vedovo con problemi di cuore marcato a vista da un figlio iper-protettivo, Freeman alterna impennate di classe cristallina a sequenze deliziose come la scena del ballo nella festa finale, una vera chicca. Simpatico e istrionico come sempre Kevin Kline, nella parte di Sam, spinto dalla moglie stessa al tradimento per ritrovare il sorriso perduto, meno coinvolto ed entusiasmante Bob De Niro, cui personaggio richiede un contegno maggiore. Una giuria sensibile premierebbe probabilmente il quasi settantenne Micheal Douglas, ottimo come sempre ma dal volto ancora scavato dalla recente malattia, fortunatamente vinta; un film che celebra il suo graditissimo ritorno alle scene e che riconsegna al cinema uno dei suoi interpreti più amati.

Last Vegas L'ultimo week-end recensione 2

Last Vegas L’ultimo week-end, al di là del cast stellare, non si può propriamente considerare una versione senior di Una notte da leoni, anche se alcune assonanze sono innegabili. Il film di Turteltaub cerca di proporre qualcosa di più, qualcosa di livello superiore dove ironia e sequenze al limite del grottesco e del comico si alternano sullo sfondo di una storia più profonda e complessa in cui si intreccia la paura di una vecchiaia solitaria o monotona, ad un mai sopito desiderio di godersi ancora la vita…nonostante  i capelli grigi.

Last Vegas: anche Robert De Niro alla festa di Michael Douglas?

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A poche ore dalla notizia dell’ingresso di Michael Douglas nella commedia Last Vegas, arriva la piacevole voce del reclutamento quasi ufficiale di Robert De Niro per il nuovo prodotto della CBS. Last Vegas racconterà

Last Vegas: anche Mary Steenburgen nel cast

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E’ Mary Steenburgen la prima attrice a entrate nel cast di Last Vegas: la commedia diretta da Jon Turtletaub, vedrà protagonisti quattro autentici pezzi da 90: Robert De Niro, Micheal Douglas, Morgan Freeman e Kevin Kline, nel ruolo di quattro attempati amici che si riuniscono nella ‘capitale del vizio’ per l’addio al celibato di uno di loro.

Steenburgen interpreterà Diana, la cantante di un night club che nel corso del film sviluppa una particolare sintonia col personaggio del prossimo sposo, interpretato da Douglas, suscitandoanche l’attenzione di De Niro. L’attrice originaria dell’Arkansas ha vinto un Oscar come non protagonista nel 1980, per Melvin ed Howard (uscito in Italia come Una volta ho incontrato un miliardario), vanta partecipazioni a film come Ritorno al Futuro III e, molto più recentemente, The Help, oltre ad aver avuto una parte nella più recente stagione della serie 30 Rock.

Fonte: ComingSoon.Net

Last Vegas Trailer italiano ufficiale

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Last Vegas Trailer italiano ufficiale

Last Vegas trailerGuarda il Trailer italiano di Last Vegas, la nuova commedia che mette insieme i 4 premi Oscar Robert De Niro, Michael Douglas, Morgan Freeman e Kevin Kline per un addio al celibato esilarante.

Last Vegas clip e interviste ai protagonisti

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Last Vegas clip e interviste ai protagonisti

Last Vegas trailerEcco una serie di clip e video dal set tratti da Last Vegas, film diretto da Jon Turteltaub e che ha per protagonisti quello che potremmo definire senza problemi un “poker d’assi”: Robert De Niro, Michael Douglas, Morgan Freeman e Kevin Kline.

Clip in italiano:

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Clip originale (sub ita):

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Video dal set (sub ita):

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Di seguito invece troverete i video con le interviste al cast:

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Saluto del regista Jon Turteltaub:

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LEGGI LA NOSTRA RECENSIONE DI LAST VEGAS

Ecco la trama del film:

I quattro amici Billy (il premio Oscar® Michael Douglas), Paddy (il premio Oscar® Robert De Niro), Archie (il premio Oscar® Morgan Freeman) e Sam (il premio Oscar® Kevin Kline) si conoscono da sempre.  In occasione dell’addio al celibato di Billy, lo scapolo incallito del gruppo, decidono di partire per Las Vegas con il proposito di rivivere i loro giorni di gloria dimenticandosi della loro vera età. Billy finalmente si è deciso a sposare la sua compagna (ovviamente molto più giovane di lui). Ben presto però i quattro si renderanno conto che la Città del Peccato è molto cambiata da come la ricordavano.. e la loro amicizia sarà messa a dura prova.

Last Shift: recensione del film di Anthony DiBlasi

Last Shift: recensione del film di Anthony DiBlasi

Last Shift è il film del 2014 diretto da Anthony DiBlasi con Juliana Harkavy, Joshua Mikel, J. LaRose.

La trama di Last Shift

Jessica Loren è un giovane agente di polizia alla quale viene assegnato, come primo incarico, di vigilare per un’intera nottata in una stazione di polizia in procinto di essere chiusa l’indomani mattina, la stessa stazione nella quale alcuni anni prima suo padre era stato brutalmente massacrato assieme ad altri colleghi durante la rivolta di un gruppo di detenuti affiliati ad un’oscura setta satanica. La ronda notturna inizia senza particolari problemi ma ben presto cominciano ad accadere alcuni strani avvenimenti, tra cui un misterioso vagabondo che si presenta alla porta della centrale e inquietanti apparizioni che fanno capire alla giovane Jessica di non essere del tutto sola, come se qualcuno o qualcosa la stesse aspettando per dare il via ad un terribile e irreale gioco al massacro.

L’analisi di Last Shift

A una prima confusa e distratta visione Last Shift potrebbe sembrare niente di più di un grottesco remake in chiave ortorifico-soprannaturale del capolavoro di John Carpenter Distretto 13 – Le brigate della morte, poiché le suggestioni narrative paiono coincidere più che evidentemente: un protagonista isolato nel mezzo nel nulla il quale può contare solo sulla propria forza di volontà; una minaccia incombente (qui di matrice dichiaratamente fantasmatica) che vuole scardinare un precario equilibrio; un’atmosfera da trincea in assedio degna di uno dei migliori war movies di sempre.

Ebbene, espletate le più che necessarie chiarificazione riguardo l’indubbio debito metacinematografico della pellicola di Anthony DiBlasi dal masterpiece carpenteriano va oltremodo appuntato che, da qui in avanti, il racconto procede sulle proprie solide e ben piantate quattro zampe, delineando una narrazione tesa e ben congeniata nella quale si mescolano numerose suggestioni provenienti da ben altri pozzi di genere, tra le quali vanno segnalate le reminiscenze esoterico-sataniche di Sinister (2013) (tra cui spicca la ripresa del dispositivo filmico come portale di accesso del mondo demoniaco) così come le più nobili strizzate d’occhio alle inquietanti apparizioni di Il sesto senso (1999).

La grande venerazione di DiBlasi per l’universo mostruoso e cabalistico di Clive Baker, ottimamente dimostrato in quel piccolo gioiellino di Dread (2012) e con esiti molto meno felici nel pessimo Cassadaga (2011), si fonde qui con l’imprinting di un ghost movie che unisce alle canoniche apparizioni ectoplasmatiche in salsa psicopatica (il tòpos dell’impossibilità di distinguere fra sogno e realtà in stile Gotika) la formula basica dello slasher che prevede la concentrazione degli eventi in un unico luogo claustrofobico dove avviene la mattanza, in una forma perversa e postmoderna del celebre kammerspiel tedesco infarcito di gore all’ennesima potenza.

Qui in realtà molti di questi dettami classici vengono disattesi, iniziando dall’ambientazione in interni della stazione di polizia, perennemente abbagliata da una fredda e asettica luce al neon che fa risaltare il bianco perlato delle pareti, così come la presenza di una un’unica protagonista che si trova a dover gestire da sola l’intera schiera di oscure presenze scaturite da un passato tutt’altro che remoto e pronte a ghermirla nei suoi incubi più che nella vita reale (come a dire, meno Jason e più Freddy Kruger).

Ma è proprio questo uso anticonvenzionale dei canoni figurativi del cinema di tensione che accresce ulteriormente la natura inquietante della narrazione, in particolare se si tiene a mente la nutrita schiera di riferimenti nonsense e piccoli dettagli, spesso insignificanti ma indubbiamente disturbanti, che vengono disseminati progressivamente nel coso della vicenda e che delineano per tutti gli ottantasette minuti del girato un’atmosfera malsana che cresce come nebbia e si deposita su ogni inquadratura, ritardando sapientemente l’escalation di terrore finale e preferendo puntare su una lenta e inesorabile discesa nell’incubo.

Un lercio senzatetto dall’aspetto tutt’altro che rassicurante si presenta alla porta della centrale senza dire una parola, urinando sul pavimento per poi esplodere in un’improvvisa ondata di aggressività subito sedata dalla sconcertata Jessica. Una serie di telefonate di richiesta di soccorso giungono alla centrale malgrado la linea sia già stata deviata e tutte riportano la voce allarmata di una ragazza che afferma di essere stata rapita.

Strane e criptiche scritte appaiono sui muri accompagnate da televisori (un classico ormai!) che mandano in onda stralci di interrogatori ai sadici membri di una setta di adorazione del demonio. Voci e sussurri riempiono ogni angolo non toccato dall’abbacinante bagliore delle lampade artificiali, rendendo il tutto più strano di quanto non sia. Tutti ingredienti miscelati con sapiente perizia e pazienza, sorretti da una serie di suggestioni che rinunciano alla presenza massiccia di computer graphic (almeno per i primi tre quarti di film) per lasciare al potere del silenzio il valore evocativo.

Interessante risulta il modo con cui la discreta sceneggiatura di Scott Poiley decide di trattare la componente demoniaca ed esoterica della vicenda, partendo dall’idea di evocare l’orami triste tradizione, per lo più tutta americana, delle sette di adorazione del maligno che affondano le loro radici negli anni ’60 all’interno di celebri confraternite “di sangue” sul modello dell’iconica Manson Family, in questo caso infarcite con un patrimonio figurativo che si estende dal demone Pazuzu de L’Esorcista (1973) fino alla già citata influenza ancestrale di Sinister, reggendo bene la prova della credibilità almeno fino a quando non viene il delicato momento di mostrare ciò che fino ad ora era stato solo suggerito.

Se da una parte risultano molto riuscite e felici alcune trovate visive che possono essere rintracciate in The Gallows (2015), dall’altra la messa in scena delle apparizioni demoniche e della lotta fra Bene e Male finisce forse per cadere troppo nel ridicolo, eccezion fatta per l’ottimo finale che non si risparmia una dose di inventiva e di sorpresa davvero lodevole.

Juliana Harkavy, reduce dalle ottime comparsate televisive in Graceland e The Walking Dead, potendo inoltre contare su una discreta carriera cinematografica alle spalle, regge praticamente da sola l’intero coso della pellicola, dimostrandosi più che dignitosa e capace nel dare corpo ai turbamenti e alle terribili vicissitudini affrontate da una coraggiosa poliziotta che si trova a vivere un inaspettato battesimo del fuoco in puro stile luciferino, dovendo affrontare tutta da sola le leggi di un mondo sovrannaturale che non accettano né prigionieri né sconti di pena. Le è la start e la final girl, lei è la scream queen su cui o spettatore riversa le sue ansie e speranze. Lei è l’unica con cui potersi identificare in qualche modo. In alternativa ci sono pur sempre demoni e fantasmi!

Last Shift appare a conti fatti come un dignitoso e interessante prodotto di genere, sicuramente molto più serio, intelligente e curato di numerose produzioni ad alto budget di questi ultimi tempi, un prodotto che, seppur dovendosi confrontare con problemi fisiologici non indifferenti, finisce tutto sommato per risultare più che discreto e gradevole anche ai palati più raffinati e cultori dell’horror puro. Una pellicola che sa bene i propri limiti e ne fa una virtù soprattutto nel momento in cui si è chiamati a delineare l’orrore e l’angoscia attraverso il suggerito piuttosto che il detto, così come l’hitchockiana memoria ci ha insegnato a suo tempo.

Last Night in Soho: Edgar Wright annuncia la nuova data di uscita

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A causa della pandemia di Covid-19, anche il nuovo film di Edgar Wright, Last Night in Soho, è stato posticipato. L’ultima fatica del regista della “Trilogia del Cornetto” e di Baby Driver sarebbe dovuta arrivare nelle sale americane il prossimo 8 ottobre, ma adesso il film, come rivelato dallo stesso Wright via Twitter, è stato posticipato al 23 aprile 2021.

Last Night in Soho sarà un thriller psicologico dalle venature horror ambientato a Londra. Il cast del film annovera Anya Taylor-Joy (vista di recente in Emma e che vedremo prossimamente in The New Mutants), Thomasin McKenzie (apprezzata nei film Senza Lasciare Traccia e JoJo Rabbit) e Matt Smith (Undicesimo Dottore nella serie Doctor Who e Filippo di Edimburgo nelle prime due stagioni di The Crown). 

Ispirato a Repulsion di Roman Polanski e a A Venezia… un dicembre rosso shocking di Nicolas Roeg, Last Night in Soho racconterà la storia di una giovane donna che verrà misteriosamente trasportata negli anni ’60, avendo così la possibilità di conoscere il suo idolo. Al momento questi sono gli unici dettagli sulla trama disponibili.

Annunciata la nuova data di uscita di Last Night in Soho, il nuovo film di Edgar Wright

A proposito di Last Night in Soho, Edgar Wright aveva dichiarato: “Mi sono reso conto che non avevo mai raccontato una storia nel centro di Londra, in particolare a Soho, un quartiere dove ho trascorso tantissimo tempo negli ultimi venticinque anniCon Hot Fuzz e Shaun Of The Dead ho parlato di luoghi in cui siete vissuti, mentre questo parlerà della Londra in cui sono esistito.”

Last Night in Soho non è l’unico progetto cinematografico che Edgar Wright ha in cantiere: come confermato lo scorso anno, il regista sarà impegnato anche con la realizzazione di un documentario sulla rock band Sparks, di cui ha già raccolto del materiale e filmato il concerto al O2 Forum Kentish Town di Londra nel 2018.

Last Night In Soho: anche Matt Smith nel cast di Edgar Wright

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Last Night In Soho: anche Matt Smith nel cast di Edgar Wright

Si arricchisce ancora il cast di Last Night In Soho, il nuovo film di Edgar Wright che segue il grande successo di Baby Driver, l’ultimo film visto al cinema del regista della Trilogia del Cornetto.

L’ex Doctor Who Matt Smith si unisce al cast del film, insieme alla giovane Thomasin McKenzie. I due si uniscono ad Anya Taylor-Joy che sarà la protagonista di quello che il regista britannico ha definito un thriller che si ispira alle atmosfere di A Venezia… un dicembre rosso shocking (Don’t Look Now) di Nicolas RoegRepulsione di Roman Polanski.

Sul progetto Wright ha dichiarato:

Mi sono reso conto che non avevo mai raccontato una storia nel centro di Londra, in particolare a Soho, un quartiere dove ho trascorso tantissimo tempo negli ultimi venticinque anniCon Hot Fuzz e Shaun Of The Dead ho parlato di luoghi in cui siete vissuti, mentre questo parlerà della Londra in cui sono esistito.”

Last Night In Soho non sarà l’unico obiettivo professionale del regista per il 2019: come confermato nelle ultime settimane, tonerà presto in sala di montaggio per dare forma al documentario sulla rock band Sparks, di cui ha già raccolto del materiale e filmato il concerto al O2 Forum Kentish Town di Londra lo scorso Maggio.

Last night in Soho, recensione del film di Edgar Wright

Last night in Soho, recensione del film di Edgar Wright

Noi esseri umani non possiamo vederci. Vediamo gli altri, li giudichiamo, ma per sapere come siamo, come stiamo con un certo colore di abiti, quanto siamo alti, che faccia abbiamo dopo una serata per locali, abbiamo bisogno di una superficie riflettente. Ma dietro quella stessa superficie – porta diretta sul nostro essere esteriore – si possono nascondere anche portali magici di universi interiori. Attraverso gli specchi ci guardiamo in tutte le nostre sfaccettature, ma sulla scia della potenza suggestiva del nostro inconscio, attraverso un oggetto così banale e ordinario, possiamo scrutare anche altro: mondi perduti, interiorizzati, e rispediti su superfici riverbanti, ponti diretti con universi scomparsi.

Anche lo schermo cinematografico è una superficie riflettente. Locus delle proiezioni degli spettatori-sognatori, lo schermo si fa tela bianca su cui dipingere e riempire con la forza dei propri desideri.

Lo sa bene Edgar Wright, sognatore e spettatore bulimico nutritosi per anni di sostanza filmica attraverso la quale crescere e formarsi sia professionalmente che affettivamente. Un apprendimento assimilato e restituito per mezzo di uno stile dinamico e riconoscibile, che una volta riflettuto su nuovi specchi, esplode per rinascere come una fenice araba.

È uno scontro continuo tra sguardi e superfici riflettenti, Last Night in Soho. Specchi e schermi, reduplicazioni di spazi interiori e universi sognati, si uniscono in una miccia primordiale, reminiscenza espressionista (che genera con una forza iconoclasta una nuova fase dell’opera di Edgar Wright. Una nuova fase tutta da scoprire, con la stessa curiosità di chi si approccia con fare indagatorio dinnanzi allo specchio.

Last night in Soho, la trama

Eloise “Ellie” Turner (Thomasin McKenzie) si trasferisce a Londra con il sogno di diventare una fashion designer. Limpatto con la grande città non è semplice per una ragazza che viene dalla Cornovaglia. Lo studentato in cui vive si rivela inoltre un ambiente non adatto alla propria indole, già ampiamente colpita da un lutto che continua a tormentarla. Decide quindi di affittare una stanza a casa di unanziana signora. Una notte, comincia a sognare la Londra degli anni Sessanta e una giovane bella e piena di talento, Sandie (Anya Taylor-Joy), che cerca di sfondare nello spettacolo. Il sogno si reitera con meraviglia, fino a quando il passato non diventa un incubo che rischia di invadere il presente.

last night in sohoIl passato riflesso nel futuro

Per ricostruire e non rottamare bisogna avere una relazione passionale con il passato. Edgar Wright lo sa bene, ha basato tutta la sua filmografia su tale assunto. Nel corso della sua carriera ha saputo prendere tutto ciò che ha visto per ribaltarlo, interiorizzarlo e farlo proprio, creando patchwork cinematografici intessuti di omaggio con il proprio passato da spettatore cinematografico. Ma adesso il regista compie un ulteriore passo avanti nella sua carriera registica. Partendo da questa stessa dichiarazioni d’intenti, ne applica i principi alla sua filmografia per creare qualcosa di nuovo. Stilisticamente Last Night in Soho è un figlio ribelle che stacca completamente i legami con i propri fratelli maggiori. Tracce del regista che fu (e rimane) si ritrovano nella sua Ellie, figlia degli anni Duemila con una mente forgiata dall’onda nostalgica di una Swinging London che l’ha segnata, influenzandone il proprio estro artistico.

Se già Baby Driver si presentava come un ibrido, spartiacque tra un discorso autoriale ben definito e riconoscibile, con Last Night in Soho Wright si discosta completamente dalla sua visione precedente per creare qualcosa di nuovo. Deostruisce il proprio mondo, uscendo dalla sua comfort zone per rinascere di nuovo. Spogliandosi di quellaspetto parodico con cui omaggiare, ribaltandoli, i film che lo hanno segnato, cresciuto, modellato, e che tanto caratterizza la propria visione dell’opera, Wright ricerca adesso la pura citazione e su quella costruire un discorso maturo, serio, di angoscia e attesa. Un gioco all’omaggio che in Last Night in Soho non preclude l’apprezzamento completo del film anche per coloro che non riescono a cogliere ogni riferimento cinefilo, permettendo loro di entrare nei meandri di una mente rotta, a pezzi, come uno specchio frantumato. 

Mind the Gap in Soho

Per un’opera incentrata sui gap mentali, passaggi tra passato e presente, allucinazioni, ghost story che incontrano l’horror più puro, non c’è spazio per un umorismo dilagante, inquadrature strette, zoom, o movimenti di macchina improvvisi. Tutto è disteso, allungato, come un braccio pronto a sferrare una coltellata mortale, così da insinuare nello spettatore quel giusto senso di angoscia e suspense tale da scaraventarlo in una ragnatela di misteri, dubbi, paure. 

Sfruttando la potenza riflettente di specchi, lame e vetrine, Wright si infila tra le crepe di una giovane mente alimentata da sogni di un passato mai incontrato, se non su poster, fotografie e vinile, enfatizzando ogni distorsione e setacciando ogni metro fino a scavare le propaggini incancrenite di incontri soprannaturali, macchiati di vendetta e rivendicazione personale. La Londra degli anni Sessanta è una coperta di Linus entro la quale avvolgersi per distanziarsi dal mondo che la circonda. Toccare con le dita la superficie di uno specchio è un campanello per entrare nelluniverso agognato, desiderato. Eloise si traveste da Alice attraverso lo specchio, per nascondersi nel mondo della propria fantasia per scappare dalla propria realtà.

L’essenza duale e dicotomica di spettri del passato che collimano in sogni del presente si riscontra visivamente nella scelta della fotografia ombrosa e in una resa cromatica accesa fatta di colori sgargianti, luminosi, accesi come gli abiti che riveste il corpo di una Ana Taylor-Joy evanescente e luciferina. Le inquadrature sembrano invece accarezzare un incanto feroce di una stilista di abiti che finisce per ricucire le violenze del passato tra i meandri onirici del presente. Come il rosso che insegue il blu nel neon rotto che illumina la stanza di Eloise a Soho (interessante che a essere illuminata sia proprio la sillaba “BI”, associazione linguistica a un concetto di doppio, lo stesso alla base del film), così quello che nasce come un sogno, un passaggio segreto tra le vie di una Londra anni Sessanta così tanto agognata, passerà il testimone alle sfumature dell’incubo. Dormire, sognare, colpire, e rinascere, un Uroboros onirico tinto di thriller che Wright costruisce con attenzione, tra immagini sovrimpresse e moltiplicate, immergendo e coinvolgere in maniera immersiva il proprio spettatore, rendendolo partecipe in prima persona delle cadute all’inferno della sua Ellie. Elettrizzanti le scene dei balli, momenti privilegiati di uno scarto incosciente tra desiderio di sicurezza e reale inquietante che sfugge ed eccede i confini dell’inquadratura e del montaggio, reduplicandosi e moltiplicandosi in visioni caleidoscopiche allucinanti e allucinogene. 

Last night in Soho, un gioco di doppi

Sfruttando appieno il contrasto generante tra una colonna visiva giocata su violenza e allucinazione, e quella musicale composta dA brani eleganti e romantici da pop anni ’60, Edgar Wright si immerge nelle ossessioni scavando sotto la profondità epidermica della normalità. La sua Ellie è una ragazza giovane, piena di sogni, apparentemente normale, che vive rinchiusa nella sua ammirazione per gli anni Sessanta ritrovandosene poi prigioniera. E siccome tutti nutriamo una passione viscerale, ecco che il regista insinua nello spettatore il timore che dietro anche la nostra situazione di persone ordinarie si possa nascondere qualcosa di terribile e orrorifico. Si viene a creare dunque un ulteriore contrasto, reiterato in quello estetico di uno sguardo angelico che nasconde un’indole mefistofelica incarnato dal viso di Anya Taylor-Joy, il quale si oppone a sua volte all’innocenza di una Thomasin Mackenzie capace di reggere benissimo il peso del ruolo della protagonista, giocando tra innocenza, fragilità e coraggio.

È un gioco di duplicazioni Last Night in Soho, di sguardi riverberati su specchi, lame taglienti, che fanno da ponti tra desideri indicibili, e incubi spettrali. Come Lo studente di Praga, lo specchio fa da perfetta congiunzione tra le due anime imprigionandole in tempi e spazi a se stanti, mentre tutto attorno è una danza del terrore da ballare sulle note di brani anni Sessanta tra i locali di Soho.