Aaron Eckhart
vestirà i panni del Presidente degli Stati Uniti nel thriller
Olympus has fallen, film di Antoine Fuqua, realizzato da Nu Image /
Millennium Films. La produzione di Olympus has fallen,
scritto da Creighton Rothenberger e Katrin Benedikt, dovrebbe
iniziare nel mese di settembre, anche se pare che sia in
corso una procedura per accelerare i tempi, così da poter
concorrere con White House Down della Sony Pictures, film che
tratta un’analoga tematica. Eckhart, recentemente apparso sul
grande schermo con The Rum Diary, sarà di nuovo nelle sale il 23
Febbraio 2013 con I, Frankenstein.
Arriva il comunicato ufficiale
della DreamWorks Pictures sull’acquisizione da
parte dello Studio dei diritti di produzione di Need For
Speed, famoso videogioco di corse che potrebbe segnare
l’inizio di una nuova saga. Ecco il comunicato:
DREAMWORKS STUDIOS ACQUISISCE DA EA
I DIRITTI DI NEED FOR SPEED, GEORGE GATINS HA SCRITTO L’ADATTAMENTO
DELLA SERIE DI VIDEOGAME LOS ANGELES, California – 22 Giugno 2012
Oggi è stato annunciato, congiuntamente da Stacey Snider CEO e
Co-Presidente di Dreamworks e da Frank Gibeau Presidente EA degli
Studios, l’acquisizione da parte di DreamWorks Studios dei diritti
cinematografici della celebre serie Need for Speed, ceduti da
EA.
I fratelli George e John Gatins
hanno sviluppato la storia originale e George ne ha scritto la
sceneggiatura. Essa è basata sulla serie di Need for Speed, ma non
su di un gioco specifico. La produzione sarà a cura di EA con John
Gatins e Mark Sourian. A ScottWaugh (Act of Valor) è stato dato
l’incarico di dirigere e il progetto subirà un trattamento
preferenziale in Dreamworks con l’inizio della produzione previsto
per i primi mesi dell’anno prossimo, e l’uscita prevista invece nel
2014.
L’adattamento del film sarà
frenetico e adrenalinico, radicato nella tradizione della cultura
dei film automobilistici degli anni ’70, ma allo stesso tempo
estremamente fedele allo spirito del videogame. Con Need for Speed,
le macchine sono grandiose, le corse sono intense e la storia è
carica di colpi di scena.
“Sono emozionato all’idea di poter
tornare nelle file della creatività con John e George Gatins e i
miei partner di EA e di poter dar vita ad un copione coinvolgente
basato su videogame epico che sembra essere fatto apposta per farci
un film” ha affermato Steven Spielberg, presidente di Dreamworks.
“Questo è davvero un grande progetto per Dreamworks e siamo
veramente grati a Frank Gibeau, Pat O’Brien, Kevin Maher, John e
George per averci scelto per larealizzazione”.
“George, John e EA ci hanno
proposto una storia irresistibile che crediamo si trasformerà
presto in una fantastica e divertente serie cinematografica” ha
affermato Stacey Snider, CEO e Co-Presidente di DreamWorks. “Con un
così grande seguito in tutto il mondo, siamo davvero esaltati di
poter fare un film che renda giustizia alla popolare serie di
videogiochi”.
“Siamo entusiasti di essere in affari con il nostri amici Steven
Spielberg, Stacey Snider e tutto il team DreamWorks,” ha affermato
Frank Gibeau, Presidente delle Label EA. “Sono il partner perfetto
per portare Need for Speed sul grande schermo, dando così vita al
film d’azione che ci siamo sempre immaginati”.
“E’ fantastico lavorare con un team
che condivide non solo il nostro amore per le auto, ma anche la
passione per la realizzazione esperienze di intrattenimento ad alto
tasso di adrenalina. Questa collaborazione sarà decisamente
valorizzata con il team di Dreamworks, e rappresenta un traguardo
eccezionale per la serie di Need for Speed” ha affermato Patrick
Soderlund, Vice Presidente Esecutivo della Label Games di EA.
“Lavorare con John e George per sviluppare il copione è davvero
stata un’esperienza incredibile” ha poi aggiunto Pat O’Brien, Vice
Presidente di EA Entertainment.
Need For
Speed è stato il primo videogame di corse
automobilistiche nel panorama delle aziende di videogiochi e la
serie di EA che ha venduto di più. Dall’uscita del primo titolo, la
serie ha venduto più di 140 milioni di unità in tutto il mondo, con
un ricavo di circa 4 miliardi di dollari, rendendola una delle
serie più grandi nella storia dei videogames.
Need For
Speed funge anche da riunione sia per George che per
John Gatings con la Dreamworks. George era produttore esecutivo del
film “Lei è troppo per me” del 2010 e John ha collaborato con
DreamWorks scrivendo e dirigendo il film “La strada per la
vittoria” del 2005. Egli ha anche scritto il copione di “Real
Steel” e ha anche lavorato sulla stesura del sequel. Recentemente
ha anche scritto la sceneggiatura di “Flight” in uscita nel
2012
e prodotto da Paramount. EA, John e George Gatins sono
rappresentati da UTA, che ha negoziato l’affare.
Come già noto, il terzo e ultimo
capitolo di Batman targato Nolan, chiuderà la trilogia e anche
l’esperienza di tutto il cast del film. Christian Bale a questo
proposito, recentemente intervistato ha rilasciato divertente
battuta sulla sua esperienza!
” Indossando la tutta di Batman ho
provato tutti i tipi di disagio, il caldo, il sudore e il mal di
testa. Ma quando si sta seduti a guardare il film, alla fine della
giornata si finisce per dire ‘‘Questa roba è fo********te figa!’
‘ Quindi, lo farò.” Mi mancherà “
Arrivano nuovi scatti dal set di
Knight of Cups, nuovo atteso film di
Terrence Malick. Le foto ritraggono Christian Bale
e Wes Bentley mentre recitano. Questa volta è finito nel mirino
delle foto anche Terrence Malick, che di rado si riesce ad
immortalarlo sul set.ì Vi ricordiamo che il film parla di un
uomo alla ricercìa dell’amore e della verità. Nel cast anche Cate
Blanchett e Natalie Portman.
Casey Affleck dirigerà un biopic
sul giocatore di Baseball Josh Hamilton. Il film, che verrà
sceneggiato dallo stesso regista, racconterà la vita di un
personaggio molto noto e amato negli Stati Uniti, dal suo esordio
all’età di 18 anni alla discesa nel tunnel della droga fino al
ritorno in campo nel 2005.
Il produttore Basil Iwanyk ha
così commentato il progetto, che verrà coprodotto dallo stesso
Hamilton insieme alla moglie: “Penso davvero che la storia di
questo ragazzo sia una delle più ispiratrici che abbia mai letto.
Sembra fatta apposta per un film: ha la qualità mitica di The
Natural, la visione della fede di The Blind Side – e la fede è un
elemento fondamentale nella nostra storia, e il romanticismo di
Walk the Line. Casey ha colto in pieno questi elementi nella sua
visione del film. È un’odissea straordinaria che lo porta dal fondo
della dipendenza dalla droga, l’allontanamento dalla famiglia, la
sospensione della carriera, a una spettacolare rinascita della sua
vita, la fede, il matrimonio e la carriera nella major
league.”
Colin Firth e Cate
Blanchett saranno i protagonisti di Skinny And Cat, nuova pellicola
romantica che sarà diretta da Barbra Streisand.
Il film, scritto da Linda Yellen, è
stato descritto come un’epica storia d’amore e racconterà la
relazione fra lo scrittore Erskine Caldwell e la giornalista
Margaret Bourke White, che fu sua collaboratrice per la stesura di
tre libri e sua moglie per diversi anni.
Dopo ben 16 anni di assenza, Skinny
and Cat segnerà quindi il ritorno di Barbra Streisand
dietro la macchina da presa(l’ultima volta era stata per la
commedia “l’amore ha due facce” del 1996).
Diversamente da quanto annunciato
nelle scorse settimane, Andy Lau non sarà in Iron Man 3. L’attore
avrebbe infatti rifiutato la parte( un ruolo chiave all’interno
della pellicola) per motivi personali: “Secondo i media Cinesi
Lau ha rifiutato la parte a causa della nascita del suo primo
figlio con la moglie Carol Chu il 9 maggio. L’Oriental Morning Post
di Shanghai sostiene che i produttori hanno contattato Lau, ma
questi ha rifiutato. Ora i favoriti per la parte sono gli attori
cinesi Chen Daoming e Wu Xiubo. Uno dei produttori del film, il CEO
della DMG Entertainment Group Dan Mintz, avrebbe rivelato alla
stampa che uno dei personaggi cinesi del film verrà interpretato da
un attore sopra i 40 anni e con una buona capacità di linguaggio in
inglese.”
Sul personaggio che Lau avrebbe
dovuto interpretare, il produttore ha dichiarato: “L’uomo
rappresenta il settore tecnologico della Cina, e utilizzerà gli
eroi in armatura prodotti in Cina per aiutare Iron Man per
sconfiggere “il Mandarino”, visto come un terrorista sia dai cinesi
che dagli americani.”
Questo pomeriggio, al St. Regis
Hotel di Roma, si è tenuta la conferenza stampa dell’attesissimo
film The Amazing
Spider-Man, che ha visto la partecipazione del regista
Marc Webb, degli attori Andrew Garfield, Emma Stone e Rhys Ifans e
dei produttori Matt Tolmach ed Avi Arad. Di seguito vi riportiamo
il transcript integrale della conferenza stampa. Ecco tutte le foto
per ingrandirle cliccate sopra.
Questo pomeriggio,
al St. Regis Hotel di Roma, si è tenuta la conferenza stampa
dell’attesissimo film The Amazing Spider-Man, che ha visto
la partecipazione del regista Marc Webb, degli attori Andrew
Garfield, Emma Stone e Rhys Ifan s e dei produttori Matt Tolmach ed
Avi Arad. Di seguito vi riportiamo il transcript integrale della
conferenza stampa.
Marc Webb, qual è stato il
tuo approccio al personaggio di Spider-Man per realizzare il
film?
Marc Webb: Io
credo che Spider-Man sia un personaggio iconico e leggendario. Se
consideriamo la sua storica tradizione nel mondo dei fumetti, la
sua posizione è diversa rispetto a Harry Potter. Spider-Man ormai è
in giro da cinquant’anni e offre tantissime storie da raccontare.
La nostra è una storia diversa che ha attirato subito il mio
interesse, per esempio spiega cosa è successo ai genitori di Peter
Parker. Ho cercato di adottare un tono più naturalistico, ed è
stato importante capire il personaggio in maniera realistica,
partendo dalla perdita dei suoi genitori: questo mi ha consentito
di esplorare temi nuovi e inediti.
Per The Amazing Spider-Man ti sei ispirato in
particolare al fumetto Ultimate Spider-Man? Quali sono
state le tue fonti?
Marc Webb: Credo
che esista un aspetto iconico della figura di Spider-Man che deve
essere rispettato, ma bisogna anche costruire dei nuovi aspetti
della storia da offrire al pubblico. Ultimate Spider-Man
ha costituito una grande ispirazione per diverse dinamiche: abbiamo
parlato molto con Andrew Garfield del fumetto. Il film è stato
complesso, volevamo realizzare un’opera indipendente. Per Gwen
Stacy abbiamo preso diversi elementi della versione originale del
personaggio. Insomma, il nostro film non è un adattamento
filologico della serie Ultimate Spider-Man.
Avete avvertito la pressione di
rispettare i vostri personaggi? Qual è il vostro rapporto con i
fan?
Emma Stone:
Ovviamente da parte nostra c’è una grandissima responsabilità nei
confronti dei fan di Spider-Man, ed è qualcosa su cui ho riflettuto
fin dall’inizio. Da bambina avevo letto i fumetti di Spider-Man ma
non conoscevo Gwen Stacy, ho cominciato a scoprirla davvero grazie
al film. The help mi ha permesso di imparare come svolgere
il miglior lavoro possibile per dar vita ai miei personaggi. Non
potevo soddisfare tutti i fan di Gwen, ma potevo solo fornire la
mia personale versione del personaggio.
Andrew Garfield:
Io credo che i fan di Spider-Man siano il pubblico più importante.
Se riuscissimo a soddisfare innanzitutto loro avremmo già ottenuto
un bel risultato, perché questo farebbe sì che il personaggio viva
davvero. Ho sentito una fortissima pressione in questo costume, ma
era una pressione fantastica. È stato positivo che fossi un fan di
Spider-Man, perché provo una profonda empatia per i fan di
Spider-Man.
Come avete sviluppato il
tema del senso di responsabilità di Spider-Man?
Marc Webb: Mi
piace l’idea del personaggio che si evolve lentamente, comprendendo
pian piano i vari aspetti di se stesso. Ci sono varie parti della
storia che permettono a Peter di imparare varie lezioni, e in
alcuni casi si tratta di eventi importanti. Mi piace l’idea di
lasciare al personaggio lo spazio per crescere nei prossimi
film.
Rhys, come hai
costruito il personaggio di Lizard? Sei d’accordo che misceli
aspetti dei villain di Batman e di
Shakespeare?
Rhys Ifans:
Innanzitutto, Bat chi? Sia Mark che io volevamo presentare il
dottor Connors non come un semplice scienziato pazzo: all’inizio
infatti è una persona con un’etica, che vuole portare benefici
all’umanità e conosceva molto bene la famiglia di Peter Parker. C’è
una sorta di magia dietro la scrivania dello scienziato, come nel
caso del dottor Jekyll e mister Hyde. Abbiamo voluto mostrare cosa
accade dietro questa scrivania: abbiamo di fronte un uomo che
guadagna il braccio ma perde la testa. C’è un topos shakespeariano
in cui il villain si rivolge direttamente al pubblico, spiegando
cosa prova e come agirà; questo elemento nel film è trasferito alla
macchina da presa, e voi siete il pubblico. Il villain può
così avere momenti di soliloquio per chiarire le sue scelte
morali.
Marc Webb: È stato
divertente seguire il percorso del personaggio, abbiamo compiuto
una profonda introspezione su di lui. Connors non è solo un
cattivo, ma è un personaggio in cui la parte malvagia emerge pian
piano, mentre lui in realtà tenta di portare dei benefici
all’umanità. È stato interessante esplorare la sua pazzia.
Marc, come hai gestito
l’intreccio fra cinema e fumetto e come ti sei confrontato con la
versione di Sam Raimi?
Marc Webb: Credo che Sam Raimi
abbia fatto un bellissimo lavoro nel rimanere fedele alla versione
originale di Stan Lee. C’è un linguaggio cinematografico nei
fumetti, simile agli storyboard, e Sam ha fatto un ottimo lavoro,
ma noi volevamo utilizzare un linguaggio diverso. Ci siamo ispirati
ad alcune immagini dei fumetti per il linguaggio visivo, ma non
ritengo possibile replicare in tutto i fumetti. Quello che ci vuole
è trovare attori coscienti e spontanei, impegnati a fornire un
ritratto realistico dei personaggi, e questo è il tono che abbiamo
scelto. I fumetti invece tendono ad avere un altro approccio, sono
dimostrativi da un punto di vista visivo, mentre noi volevamo avere
più sfumature e abbiamo puntato soprattutto sulle interpretazioni
degli attori.
Una domanda per i
produttori: quanto è stato impegnativo un film come The Amazing
Spider-Man?
Avi Arad: Siamo un
team molto unito e l’impegno verso Spider-Man dura da dodici anni,
coinvolgendo persone che hanno amore e rispetto per il fumetto. Ci
ha fatto molto piacere avere un cast innamorato dal personaggio:
abbiamo delle foto di Andrew con il costume di Spider-Man a tre
anni di età, e anche Emma si è immersa nel suo personaggio. Se
metti insieme tutti questi ingredienti, la lavorazione diventa
facile.
Matt Tolmach: La
scelta del 3D ha cambiato la natura della regia e della
lavorazione: all’inizio è stato difficile perché il 3D è una
tecnologia innovativa, ma è stato anche un processo affascinante.
Il 3D è una nuova forma di narrazione, un modo per avvicinare il
pubblico ai personaggi
L’eroismo di Peter Parker
sta anche nella sua capacità di rinunciare a qualcosa, come l’amore
di Gwen, per il bene della comunità. Cosa ne pensi? E cosa pensa il
cast degli esperimenti genetici?
Andrew
Garfield: Non avevo capito il mio amore per Spider-Man
fino a quando non ho iniziato le riprese, è un leader, e spiega
cosa vuol dire avere 16 anni. È stato importante capire che aveva
un impulso eroico prima ancora dei suoi poteri, e questo è un
elemento chiave del personaggio. La sua forza interiore non
corrisponde a quella esteriore: questo mi ha ispirato moltissimo
quando ero un ragazzino emaciato, in realtà sono ancora un
ragazzino emaciato. Peter Parker mette da parte i propri bisogni
per gli altri, ha una grande empatia per le vittime, derivante
anche dalla sua esperienza personale relativa alla perdita dei
propri genitori. In questo modo diventa il protettore di un’intera
comunità, e questo destino è parte della sua storia. Il suo senso
dell’umorismo gli è necessario per superare gli eventi tragici, lui
mette da parte anche la propria vita privata. Per quanto riguarda
gli esperimenti genetici, se è possibile fare le cose in modo umano
per aiutare gli altri, senza far male agli animali, allora non ci
vedo niente di male.
Rhys Ifans: Il
dottor Connors ed il suo alter-ego Lizard hanno un profondo legame
emotivo con Peter Parker e a lui come al pubblico danno un
avvertimento: gli sviluppi della scienza a volte sono così rapidi
che spesso non ci danno il tempo di comprenderne gli effetti in
termini morali. Spesso ci sono elementi che fanno sì che questi
sviluppi siano piegati a interessi di parte. È una forma di
presunzione quella del dottor Connors quando diventa Lizard.
Emma Stone: La
ricerca sulle cellule staminali produce risultati positivi, ma ci
sono anche aspetti politici coinvolti in questo tema, e non avendo
le idee ben chiare la mia opinione non dovrebbe essere resa
pubblica (ride).
È stata dura preparasti
fisicamente per questo ruolo e ci sono stati migliori di
altri?
Andrew Garfield:
Avevo tre anni la prima volta che mi sono mascherato da Spider-Man,
era un momento fantastico. Mettermi la tuta per questo film è stato
molto diverso, avvertivo un’enorme pressione, tanti soldi che
giravano, e volevo assicurarmi di fare la cosa migliore per il
personaggio. Per me era importante recuperare la stessa emozione
anche su un grande set, e per fortuna ho potuto sentirmi libero di
sperimentare e divertirmi come quando ero bambino, perché questo fa
parte del personaggio. L’ho preso molto seriamente, era una cosa
importante e ce l’ho messa tutta. Ci sono stati anche momenti di
leggerezza e di gioia, un cast incredibile, e sono stato orgoglioso
di trovarmi con questi attori fantastici, soprattutto Sally Field,
un’equipe strepitosa.
E quale rapporto avevi con
il fumetto di Spider-Man da piccolo?
Rhys Ifans: Non
ero uno dei più grandi fan dei fumetti, ma quando mi hanno dato il
ruolo ho avuto un ricordo chiarissimo del mio incontro con
Spider-Man da bambino, a sette anni: mi hanno dato un fumetto che
sul retro aveva una maschera di Spider-Man di carta da tagliare e
colorare che potevi indossare. Penso di aver indossato quella
maschera prima ancora che nascesse Andrew, peccato che é durata
poco…
Nella scena in cui sei
rincorsa da Lizard, il tuo volto esprime veramente terrore, anche
se in realtà non c’era il personaggio di Lizard, creato con la CGI.
in quella specifica scena ed in generale quando reciti, da dove
prende le emozioni?
Emma Stone: Ero
nello stanzino terrorizzata da Lizard, che doveva dirmi qualcosa
del tipo “Sento l’odore della tua pelle”, allora ho chiesto a Rhys
di ripetere qualcosa e ha detto delle cose agghiaccianti, ha fatto
una cosa sorprendente; è stato anche divertentissimo, tutti
ricordano quel giorno sul set. Credo che la cosa fondamentale sia
lavorare con attori che ti sostengono e ti aiutano, sono un’enorme
fonte di ispirazione. Con dei partner sul set riesci a tirare fuori
il meglio di te, proprio come succede nella vita. Ci sono attori
invece che sono come delle isole lontae, non riesci a
raggiungerli.
Rhys, sul set eri quello
con più esperienza. Non ti sei sentito come una sorta di guida per
i due attori più giovani?
Rhys Ifans: Non mi
sono sentito come un faro, sono sempre stato colpito dalle
performance di questi due giovani attori incredibili. È stato
fantastico lavorare con loro, erano sempre molto impegnati dal
punto di vista fisico ed emotivo.
Come mai avete dato molta
importanza alla vicenda dei genitori di Peter Parker?
Marc Webb: Quando
ho pensato all’abbandono dei genitori, mi sono reso conto che
questo lo avrebbe spinto a non fidarsi del mondo; da qui viene
fuori il suo sarcasmo, è un meccanismo di difesa. Questa è stata la
base da cui sono partito. È la storia di un ragazzino alla ricerca
del proprio padre, ma che alla fine trova se stesso: questi
elementi sulla sua identità sono stati molto interessanti. La
perdita dei genitori gli lascia un grande vuoto, così come il
dottor Connors avverte un grande vuoto per l’assenza del suo
braccio.
Andrew Garfield:
Peter Parker è un orfano, essere abbandonato è la maggior
ingiustizia che possa capitare ad un essere umano, specialmente un
bambino. Lo stress post-traumatico accompagna il mio personaggio, e
soprattutto nel periodo dell’adolescenza è una cosa difficile da
gestire. La perdita dello zio, i problemi legati al primo amore, la
lotta con Lizard sono esperienze molto impegnative, ma il fatto di
essere un orfano dà a Peter la forza per affrontare tutto questo.
Spider-Man è un eroe fallace che però tutti noi amiamo
moltissimo.
In che modo il personaggio
di Spider-Man è entrato a far parte della società
americana?
Marc Webb: Stan Lee ha creato
qualcosa di trascendentale con questo personaggio. In lui c’è una
componente utopica: Spider-Man è il guardiano, l’amico del
quartiere, ha un costume colorato, e i bambini avvertono un legame
quasi primordiale nei suoi confronti. Non so perché sia così, ma
Stan Lee ha toccato delle corde universali. Spider-Man è l’unico
supereroe il cui costume copre tutto il corpo e non lascia vedere
il colore della pelle; chinque potrebbe immedesimarsi in Spider-Man
e quindi a maggior ragione c’è un’universalità in questo
personaggio, come dimostrano anche le attestazioni di affetto da
tutti i paesi del mondo.
Le riprese di Hunger Games: La
ragazza di fuoco, secondo capitolo della saga tratta dai libri di
Suzanne Collins, partiranno alla fine dell’estate: adesso è tempo
di casting . In merito, riportiamo la notizia secondo cui in lizza
per il ruolo di Johanna Mason ci sarebbero l’Alice di Tim Burton
Mia Wasikowska e l’attrice e modella greco-svedese (naturalizzata
francese!) Zoe Aggeliki, che nel 2013 vedremo nel sequel di Percy
Jackson e gli dei dell’Olimpo. Chi sceglierà il regista Francis
Lawrence? La più esperta Wasikowska o la giovanissima Aggeliki? Il
personaggio di Johanna Mason proviene dal settimo distretto e ci sa
fare con l’ascia.
La trama del film:
Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª
edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo”
Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e
abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei
distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss
percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca
ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il
Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The
Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti
della nazione di Panem.
E’ morto a 84 anni l’attore
inglese Anthony Bate, oltre 100 interpretazioni tra grande e
piccolo schermo. La sua fama è soprattutto legata al
personaggio
Il regista della saga
Men in Black, Barry Sonnenfeld, dirigerà l’adattamento
cinematografico del fumetto The Metal Men, edito dalla DC Comics
negli anni ’60. Questa la storia
Con Transformers 4, nelle sale USA
il 29 giugno 2014, il regista Michael Bay saluterà il franchise,
che tuttavia proseguirà con un’altra guida (ve ne avevamo parlato
qui). Sentito dal LA Times, il
regista di Pearl Harbor ha parlato un po’ del quarto Transformers
la cui sceneggiatura, affidata a Ehren Kruger, è ancora in
elaborazione. Ecco le parole di Bay:
Non è un reboot. Non è la
parola giusta. Non voglio parlare di reboot perché a quel punto le
persone potrebbero pensare che stiamo per realizzare un nuovo
Spider-Man, ricominciando tutto da capo. Ma non è così. Stiamo
prendendo la storia che conoscete – quella sviluppata con i primi
tre film – e la stiamo portando in una nuova direzione. Lasciando i
tre primi film come asse portante. Contano ancora… ma ci stiamo
muovendo verso qualcosa di differente[…] Proprio quello che bisogna
fare, no?Desidero allontanarmi un po’ dal nostro pianeta,
ma non voglio che il film diventi troppo fantascientifico. Ho
ancora voglia di rimanere con i piedi per terra.
Michael Bay ha anche dato un occhio
al portafoglio, spiegando che il budget è di 165 milioni, oltre
trenta milioni più “povero” rispetto a quello di Transformers
3.
Dopo una prolungata gestazione, a
partire dal prossimo 27 giugno, arriva finalmente nelle sale
italiane La cosa, il tanto atteso prequel dell’omonimo film di
Carpenter (a sua volta remake de La “Cosa” da un altro mondo) di
Howard Hawks) e uscito negli Usa nell’Ottobre del 2011.
A giudicare dalle ultime
interpretazioni, sembra proprio che la carriera dell’attore
britannico Dominic Cooper, stia vivendo un momento
favorevole.
Attualmente è sui nostri schermi
con il film di Simon Curtis, Marylin, al fianco di una splendida
Michelle Williams che interpreta la diva di tutti
i tempi: Marylin Monroe; e di Eddie Redmayne, il
Colin Clark che con le sue memorie ha fornito un ritratto complesso
e sofferente della giovane artista. Cooper veste qui i panni
del fotografo e assistente Milton H Green, cui l’attrice aveva un
tempo spezzato il cuore; e, se pur in un ruolo marginale, si
dimostra assolutamente maturo ed efficace nel contribuire, con il
suo personaggio, alle atmosfere intime e malinconiche che
percorrono l’intero film.
La prova successiva
lo chiama a far parte del cast di La
leggenda del cacciatore di vampiri, diretto dal
russo Timur Bekmambetov e prodotto da Tim Burton.
Il film, in Italia a partire dal 20 luglio e basato sull’omonimo
romanzo di Seth Grahame Smith (sceneggiatore di Dark
Shadows e autore di Orgoglio e
Pregiudizio e Zombie), mette in scena un Abraham
Lincoln che si improvvisa cacciatore di vampiri per vendicare
l’assassinio della madre, ad opera di un succhia-sangue.
Il cinema e il teatro di
Dominic Cooper
Nato a Greenwich, Londra, il 2
giugno del 1978, Dominic Cooper si è formato alla Thomas Tallis
School di Akidbrooke; e successivamente ha conseguito la laurea
presso la rinomata London Academy of Music and Dramatic
Art.
Debutta a teatro nella piece
“Mother Clap’s Molly Home”, diretta da Mark Ravenhill. Lo
spettacolo, adattamento del libro omonimo di Rictor Norton, ha i
toni della black comedy, e ruota attorno al tema della diversità
sessuale.
Dopo una serie di partecipazioni
televisive, tra cui ricordiamo quella nel The Gentleman
Thief di Justin Hardy, approda al cinema nel 2001 con una
piccola parte in La vera storia di Jack lo
squartatore, diretto da Allen e Albert Hughes, e con
protagonista Johnny Depp.
Senza mai abbandonare
il teatro -per il momento la sua vera fonte di soddisfazione- nel
2006 ottiene la parte di uno dei protagonisti di The
History Boys, tratto dall’omonima commedia di Alan
Bennett, e trasposta al cinema da Nicholas Hytner. L’opera,
vincitrice di sei Tony Award, è più che familiare al giovane
attore, che l’ha già rappresentata in radio, e sul palcoscenico,
guadagnandosi un Drama Desk Award. Si tratta della storia di
un gruppo di otto studenti (Cooper interpreta Dakin), aspiranti
alle Università di Oxford e Cambridge; e delle loro bizzarre
avventure per superare la prova d’ammissione.
Nello stesso anno recita al fianco
di James Mc Avoy e Rebecca Hall in Il quiz dell’amore
(regia di Tom Vaughan), sempre ambientato in campo universitario, e
dedicato a un promettente studente di letteratura alle prese con un
prestigioso quiz televisivo, University Challenge, che
finisce per mettere in crisi la buona condotta e la moralità del
concorrente.
Il 2008 è un anno particolarmente
prolifero per l’attore britannico, che lo vede impegnato in ben 3
set differenti, dimostrandosi, così, sempre più reattivo e
convincente nell’interpretare ruoli molto diversi tra loro. A
cominciare da quello in Prison Escape, di Rupert Wyatt.
Qui è James Lacey, prigioniero appena arrivato che, presto vittima
di un insostenibile squallore e degrado, progetta e mette in atto
la fuga, insieme al compagno Frank (Brian Cox). Il film, presentato
al Sundance Film Festival, è stato accolto favorevolmente dalla
critica e dal pubblico.
Segue la partecipazione al musical
Mamma Mia!, diretto da Phillida Lloyd, e
basato sulle musiche del gruppo svedese ABBA. Ad attenderlo è
ruolo di Sky, futuro sposo della bella Sophie, l’Amanda
Seyfried che diventerà sua fidanzata nella vita reale.
Infine, recita al fianco di
Keira Knigthley e Ralph Fiennes in La
Duchessa, film storico dedicato a Georgiana
Cavendish, Duchessa del Devonshire, e ispirato alla biografia
scritta da Amanda Foreman. Cooper è Charles Gray, politico
britannico e seduttore, con cui Giorgiana ebbe una figlia
illegittima.
Nel periodo successivo
seguono diversi impegni importanti. In particolare ricordiamo la
prova affrontata con intensità e delicatezza in An
Education, diretto da Lone Sherfig e sceneggiato dal frizzante
Nick Hornby. Il film, candidato a tre premi oscar ( miglior film,
miglior sceneggiatura non originale, e miglior attrice), narra
della giovane Jenny Miller (una splendida Carey Mulligan),
brillante studentessa e aspirante giornalista, destabilizzata però
dall’amore profondo e totalizzante verso un uomo più grande di lei:
il trentenne e affascinante David interpretato da Cooper.
Ma forse la vera sfida che lo
lancia alla ribalta è quella accolta con The Devil’s
Double di Lee Tamahori, in cui l’attore si cala nei panni del
figlio maggiore di Saddam, lo psicotico e sadico Uday,
interpretando al tempo stesso, l’uomo ingaggiato per fargli
da sosia, Latif Yahia.
Come lui stesso ha ammesso in
un’intervista rilasciata alla redazione di Filmit, le difficoltà
non sono state poche nell’affrontare una parte così scomoda e
complessa: “Ho dovuto fidarmi del regista perché per
impersonare Uday, dovevo spingermi fino in fondo e poi toccava a
lui dare forma alla mia performance con il montaggio”. A
posteriori possiamo dire che ne è valsa la pena, considerato che è
la sua prova a risollevare un film per il resto piuttosto
mediocre.
Deadline, ha
diffuso oggi la notizia che la Warner Bros ha
bloccato il progetto The Thin Man, remake del
classico del 34′ L’uomo Ombra. La pellicola doveva essere diretta
da da Rob Marshall e
interpretato da Johnny Depp,
Impossibile non paragonare Andrew Garfield a Tobey Maguire, Sam Raimi a
Marc Webb, impossibile guardare al villain Dottor
Connors/Lizard e non pensare a Norman Osborn/Goblin. Impossibile
non fare un confronto, eppure è necessario lo sforzo. The
Amazing Spider-man arriverà al cinema il prossimo 4
luglio, data simbolica e evocativa negli States, quasi a
sottolineare che Spiderman, il super eroe con i super problemi,
oltre ad essere un personaggi molto amato, è anche un simbolo
dell’americanità.
Il reboot racconta le origini
dell’uomo ragno in maniera alternativa, senza ricalcare la storia
scelta da Raimi e bisogna dire che nei momenti in cui i nodi
narrativi sembrano ricalcare quelli dello Spiderman del 2002, il
film diventa davvero banale. Molti sono i momenti in cui ci
ricordiamo di altri film e altri riferimenti, magari involontari,
come al
Batman Begins di Christopher Nolan, o addirittura all’ultimo
Mission Impossible (il Protocollo Fantasma) e
di questo purtroppo possiamo solo chiedere conto al regista
Webb, che pur dimostrandosi un bravo tecnico,
soprattutto nelle scene d’azione, manca di quella personalità che
Raimi possiede in abbondanza.
I protagonisti, Andrew Garfield e Emma Stone, che pure potrebbero rientrare
esteticamente nei canoni dei personaggi, risultano però goffi e
impacciati, soprattutto nelle scene in cui recitano insieme,
regalandoci i loro momenti migliori nell’assolo.
Vero punto a sfavore di
questo film però è la sceneggiatura che non riesce a tratteggiare
con convinzione i personaggi, lasciandoli in balia degli eventi,
compromettendo forse tutto l’esito del film. A differenza dei
giovani attori, spicca per bravura e personalità Rhys Ifans, splendido villain e folle Lizard
che imperversa per la città nel panico.
The Amazing Spider-Man, il
reboot con Andrew Garfield
Tutte queste sono carenze che non
si possono sottovalutare, tuttavia il film presenta degli effetti
visivi e delle scene d’azione davvero ben congeniate che riescono a
farci entrare nella tela del ragno. I momenti migliori del film
sono infatti quelli totalmente originali, senza alcun riferimento
ad altri immaginari visivi e senza alcuna eco dei film di
Raimi; in quei frangenti il film si rivela essere
un godibile passatempo, corredato da un 3D di buona fattura, che
sceglie un registra misto tra il comico e il drammatico, catturando
l’attenzione e l’emozione dello spettatore con pochissime scene ben
congeniate.
Ovviamente The Amazing
Spider-Man era un film del quale non si sentiva necessità,
essendo un reboot così vicino all’originale, tuttavia può essere
una rilettura interessante che, una volta messa in carburazione,
potrà far meglio per i sequel (non ufficiali ma facilmente
intuibili) a venire.
Partono le riprese de “la ragazza
di fuoco” sequel del fortunatissimo “Hunger Games”, le riprese
inizieranno probabilmente ad agosto e a breve dovrebbero essere
annunciati i casting per trovare importanti personaggi come Finnick
Odair, Johanna Mason e Plutarch Heavensbee. La pellicola,
diretta da Francis Lawrence arriverà nel nostro paese in
contemporanea con gli Stati Uniti il 22 novembre 2013,
confermati Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson e
Liam Hemsworth, ma anche Elizabeth Banks,
Paula Malcomson, Stanley Tucci, Woody Harrelson, Lenny Kravitz e
Donald Sutherland.
La trama del film:
Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª
edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo”
Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e
abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei
distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss
percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca
ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il
Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The
Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti
della nazione di Panem.
Dopo Donald Sutherland, il premio
Oscar Geoffrey Rush e Jim Sturgess, arriva in Friuli Naomi Watts.
L’attrice sara’ a Trieste il prossimo 12 e 13 luglio per le riprese
di ”Caught in flight”, film biografico che racconta gli ultimi anni
e la morte a Parigi della Principessa Diana, nei cui panni si cala,
appunto, la Watts.A Trieste saranno ambientate le sequenze relative
all’arrivo di Lady D. al Hotel Ritz di Parigi, ultima tappa di
Diana e Dodi Al Fayed prima del tragico incidente che tolse loro la
vita nelle vie della capitale francese il 31 agosto del 1997.
Nathalie Rapti Gomez sarà Rosaline, la
rivale di giulietta nel nuovo film di Carlo Carlei, Romeo and
Juliet, che per la prima volta cinematograficamente darà spazio
anche al personaggio di Rosaline, il primo amore di Romeo.
Saranno Luca Argentero,
Laura Chiatti e – per la prima volta in veste di doppiatrice –
Belen Rodriguez le voci di Timo, Lucilla e Diana, protagonisti di
GLADIATORI DI ROMA, il nuovo film di animazione in 3D diretto da
Iginio Straffi.
Arriva l’intervista ai realizzatori di
Rock of Ages. Al cinema dal 20 giugno con Tom Cruise nel ruolo
della rock star Stacee Jaxx. Fra gli altri intervistati Catherine
Zeta-Jones, Paul Giamatti, Alec Baldwin e Mary J. Blige.
Guillermo del Toro è impegnatissimo
con la realizzazione di Pacific
Rim, la sua nuova fatica incentrata su un epico
scontro tra robot e mostri giganti. Nel cast, Charlie
Hunnam, Charlie Day, Rinko Kikuchi, Max Martini, Willem Dafoe,
Robert Kazinsky, Clifton Collins Jr., Diego Klattenhoff e Ron
Perlman. Il regista, entusiasta della sua creatura, ne ha
parlato con la rivista Total Film. Vi presentiamo un interessante
passaggio in cui del Toro parla delle battaglie:
Abbiamo una scena ambientata a
Tokyo, girata qui a Toronto. Abbiamo avuto diverse scene a Hong
Kong e qualcuna in Australia, mostrate attraverso la televisione.
Potremo vedere brevemente i kaiju anche nei pressi di San
Francisco. L’intero Pacific Rim è permeato da un senso di pericolo
[…] Abbiamo girato battaglie dappertutto! Due o tre avranno luogo
in posti dove non si sono mai scontrati kaiju e robot. Dal fondo
dell’oceano fino all’atmosfera terrestre. C’è anche una battaglia
nel bel mezzo di una tempesta marina! Ogni battaglia abbiamo
cercato di crearla in modo diverso. Una è percepita interamente dal
punto di vista di una singola persona, non ci siamo mai staccati da
questa prospettiva.
Pacific
Rim uscirà negli USA il 12 luglio. Al Comic-Con 2012
(12-15luglio) verranno probabilmente presentati un sacco di
materiali in anteprima. Qui trovate la
sinossi ufficiale del film.
Ricordate le parole dell’insegnante
di danza Lydia Grant, della scuola d’arte di Fame – Saranno
famosi? L’efficace discorsetto con cui toglieva dalla
testa dei nuovi allievi ogni idea di successo facile e veloce? “Voi
fate sogni ambiziosi: successo, fama. Ma queste cose costano, ed è
proprio qui che cominciate a pagare, col sudore”. Adrien
Brody di cui parliamo ha realizzato quei sogni senza
sottrarsi alla fatica necessaria, anzi, facendone il suo punto di
forza e proprio partendo dalla scuola che ispirò la nota serie
televisiva americana.
È il più giovane attore
statunitense ad aver ottenuto l’Oscar ed anche l’unico ad essersi
accaparrato un César.
Adrien Brody: dalla scuola
che ispirò Saranno famosi agli onori dell’Academy
Meticoloso e preciso, ama
immedesimarsi il più possibile nei personaggi che interpreta, anche
a costo di dure prove e pesanti trasformazioni. Basti ricordare che
per l’interpretazione che gli è valsa l’Oscar – quella di Wladyslaw
Szpilman ne Il pianista di Roman
Polanski – ha perso 13 chili, ha imparato a suonare Chopin
al piano, ha venduto la casa e la macchina e lasciato la
fidanzata.
Tutto ciò proprio per provare a
sperimentare su di sé, almeno in parte e per quanto possibile,
privazioni e sofferenze che lo avvicinassero a questo pianista
ebreo polacco della Varsavia della Seconda Guerra Mondiale. Ma per
fare al meglio il suo mestiere è anche diventato un ventriloquo, si
è rotto il naso tre volte girando scene d’azione, e così
via.
Per la sua duttilità
espressiva, per l’abilità nell’immedesimazione – nella quale, ha
affermato, i costumi di scena possono coadiuvarlo fortemente – per
la sua versatilità, per la profondità e intensità interpretativa
che lo contraddistinguono, sono stati scomodati paragoni
importanti. Lo stesso Tony Kaye – regista del più recente lavoro
che lo vede protagonista, Detachment – Il distacco – lo ha definito a
pieno titolo un esponente della cosiddetta “scuola di New York”,
quella per intenderci di De Niro, Pacino e Hoffman. Lui apprezza il
paragone e ne è lusingato, ma allo stesso tempo afferma che
preferirebbe essere considerato il primo sé stesso, piuttosto che
il nuovo Al Pacino. Grande carattere e consapevolezza di sé e
delle proprie capacità, dunque, da parte di questo attore (e ora
anche produttore) newyorkese con evidentissime origini europee.
Adrien Brody nasce
il 14 aprile 1973 a New York, nel quartiere popolare del Queens
dalla fotografa e giornalista Sylvia Plachy – figlia di un
aristocratico ungherese cattolico e di una ceca ebrea – e da Elliot
Brody, un professore di storia di origine ebraica polacca. Fin da
bambino ama mettersi in mostra con piccoli spettacoli di magia alle
feste di compleanno, facendosi chiamare “The Amazing Adrien”.
Le sue prime apparizioni televisive risalgono a quando aveva appena
dodici anni. I genitori lo incoraggiano da subito a perseguire la
strada della recitazione. Frequenta, come detto in apertura, la
LaGuardia High School of Music & Art and Performing
Arts di New York, poi l’università statale a New York.
Dopo gli esordi in tv del 1988 (la
sit-com Annie McGuire e il film Home at
Last), riesce a ritagliarsi uno spazio in New York
Stories, lavoro collettivo che vede alla direzione tre
grandi del cinema Usa come Francis Ford Coppola, Woody Allen e
Martin Scorsese, prendendo parte all’episodio diretto da Coppola,
La vita senza Zoe. Nel 1991 si trasferisce a Los
Angeles, dove due anni e un grave incidente motociclistico dopo,
ottiene una piccola parte nel film di Steven Soderbergh
Piccolo grande Aaron. Seguono partecipazioni ad
alcune pellicole indipendenti, come Bullet di
Julien Temple (1996).
Ma la prima grande
occasione del giovane Brody arriva quando Terrence Malick gli
propone il ruolo da protagonista ne La sottile linea
rossa (1998). Caso e regista vogliono che, pur
essendo stato inizialmente pensato come il protagonista del film
(interpreta il caporale Fife), le scene che lo riguardano subiscano
tagli pesantissimi. Tuttavia, il nostro non si perde d’animo: si
gode l’esperienza, condividendo il set con attori come Sean Penn,
Nick Nolte e George Clooney in quello che non è solamente un film
di guerra, incentrato su un plotone dei marines in prima linea in
Oceania nel 1942 – e secondo molti uno dei migliori del genere – ma
anche un film corale che riflettendo sulla guerra, lo fa anche
sulla natura umana a un livello più ampio. Inoltre, i pur pochi
momenti di presenza di Brody nella pellicola fanno notare il suo
straordinario talento non solo al pubblico, ma, cosa assai più
importante, ai registi che contano. È evidente che quel ragazzo dal
fisico asciutto e slanciato, dai lineamenti particolari e con
lo sguardo triste è nato per recitare. Così, su consiglio di
Malick, manda il suo provino a Spike Lee, che non esita a
sceglierlo per S. O. S. Summer Of Sam – Panico a New
York (1999). Brody offre qui un’altra ottima
interpretazione nei panni di un musicista punk nel Bronx del ’77.
Questo gli spalanca definitivamente le porte di Hollywood. Nello
stesso anno è infatti contattato da Barry Levinson, che lo vuole
per la sua pellicola Liberty Heights, in cui
affronta temi legati al razzismo. Mentre nel 2000 torna al cinema
indipendente ed è Ken Loach a dirigerlo in un dramma non privo di
momenti divertenti sul tema delle rivendicazioni sociali, dei
diritti del lavoro, dell’immigrazione, in pieno stile Loach:
Bread and Roses.
Nel 2002 interpreta un ventriloquo
in Dummy di Greg Pritikin. Per immedesimarsi nel
ruolo impara davvero a fare il ventriloquo (e il burattinaio), per
poter recitare lui stesso le scene del film che richiedono
quest’abilità, dal vivo sul set, senza bisogno del doppiaggio.
A questo punto della carriera,
Adrien Brody è pronto per la sua grande occasione – “il ruolo
di una vita”, dirà ritirando l’Oscar – che puntualmente si
presenta: è la parte del protagonista Wladyslaw Szpilman ne
Il Pianista di Roman Polanski.
L’attore interpreta con grande
intensità la travagliata e dolorosa vicenda umana di questo giovane
pianista ebreo miracolosamente sopravvissuto all’orrore
dell’Olocausto nel ghetto di Varsavia. All’efficacia
dell’interpretazione concorrono tutte le doti di Brody, non ultima,
lo si diceva in apertura, la meticolosità nel preparare il
personaggio. A questo proposito ha affermato: “Il livello di
disagio che ho provato è stato significativo per me, anche se
minimo in termini assoluti. Ma quest’esperienza ha ampliato la mia
consapevolezza rispetto a un livello di sofferenza che esiste in
questo mondo ed è terribile. Penso sia importante per i giovani
conoscerlo per diventare esseri umani migliori. Se non avessi fatto
quest’esperienza sarei diverso adesso. Può avermi ferito in un
certo senso, ma mi ha introdotto nell’età adulta e mi ha dato modo
di apprezzare ed essere grato per ogni momento in cui sono libero
da quel tipo di sofferenza.” Il risultato di questo lavoro
d’immedesimazione è una performance di grande efficacia ed impatto
emotivo. Il film ottiene un enorme successo di pubblico e vale al
suo protagonista la prima nomination all’Oscar come miglior attore,
subito trasformata nella sua prima statuetta e accompagnata da
svariati altri riconoscimenti. Brody ha solo 29 anni, è il più
giovane attore ad aver ricevuto il premio e può dire di aver avuto
la meglio su un quartetto di colleghi non facili da battere:
Michael Caine, Jack Nicholson, Daniel Day-Lewis e Nicolas Cage.
Insomma, è già ai vertici della fama mondiale. Durante la cerimonia
di consegna delle statuette all’Academy appare visibilmente
emozionato, ma riesce ugualmente a stupire la platea, alternando
toni brillanti – “Arriva un momento nella vita in cui tutto
sembra acquisire un senso. Questo non è uno di quei momenti” –
a toni più seri. Non mancano i ringraziamenti di rito, mentre i
colleghi in platea gli tributano ben due standing ovation: una al
suo arrivo, l’altra a fine discorso quando dimostra ancora il suo
carattere deciso, fermando l’orchestra (intervenuta assurdamente a
discorso non ancora concluso), per ricordare il dramma del
conflitto iracheno in corso: il premio, dice, “mi riempie di
grande gioia, ma sono anche pieno di tristezza stanotte, perché sto
accettando un riconoscimento in un momento così strano. La mia
esperienza nel fare questo film mi rende molto consapevole
della tristezza e della disumanizzazione delle persone in tempo di
guerra, delle ripercussioni della guerra.”
E riferendosi più esplicitamente al
conflitto in corso, ne auspica una “pacifica e rapida
risoluzione”. Oscar anche alla sapiente regia di Roman
Polanski, che riesce a tirar fuori dal cilindro della sua
esperienza personale di vita, oltre che dalla biografia di
Szpilman, qualcosa di ancora originale e potente sul tema
dell’Olocausto. Palma d’Oro a Cannes per il miglior film e David di
Donatello come miglior pellicola straniera.
Adrien entra così a pieno titolo
nello star system hollywoodiano e lo vediamo nei primi anni 2000
prendere parte a pellicole come i thriller The
Village (2004)di M. Night Shyamalan, in cui veste i panni
del giovane disabile mentale Noah Percy, e The
Jacket (2005) di John Maybury, in cui è il veterano di
guerra Jack Stark e recita accanto a Keira Knightley, o il remake
di King Kong (2005) di Peter Jackson. Nel 2007 è
invece nella strampalata e riuscita commedia Il treno per
il Darjeeling di Wes Anderson e interpreta il torero
Manuel Rodíguez Sánchez in Manolete di Menno
Meyjes, accanto a Penélope Cruz. Non poteva che essere lui a
interpretare questo ruolo, vista l’incredibile somiglianza con il
famoso toreador. Brody ricorda che durante le riprese del film in
Spagna, la gente lo apostrofava per strada come Manolete, e di
essersi sentito investito di una grande responsabilità
nell’interpretare colui che, comunque la si pensi sulla corrida, è
stato un’icona della cultura spagnola. Qui l’attore si mostra
ancora una volta abile nel rendere i contrasti di una personalità
come quella del grande torero: da un lato profondamente timido e
introverso – al contrario di Brody, che dice di sé: “sono
socievole, mi trovo molto a mio agio con la gente” –
dall’altro, al centro dell’attenzione e alle prese con la propria
immagine pubblica, con una fama che andava oltre i confini della
stessa Spagna. A questo proposito dice: ““So come ci si
sente a diventare famosi, a raggiungere rapidamente la popolarità.
Le aspettative che arrivano assieme a questo, la presunzione che la
gente sappia chi sono, o che tutto sia perfetto, che la mia vota
sia grandiosa”. Parlando di questo ruolo, l’attore americano
ribadisce l’importanza che rivestono i costumi di scena nel suo
lavoro: “Se i costumi sono quelli giusti, sono molto utili per
me nella trasformazione, psicologicamente. Quando sono in costume
di scena sono una persona diversa”.
A proposito di immagine e, perché
no, anche di guardaroba in senso lato, in questi anni il nostro
attore si toglie anche una serie di “sfizi”: partecipa a diverse
campagne pubblicitarie, tra cui quelle di alcune note bibite, ma
anche di certi noti marchi di moda, come accade per lo stilista
italiano Ermenegildo Zegna, confermando la sua passione per la
moda, l’amore per lo stile, per l’eleganza. Inaugura così una
fortunata “carriera parallela” da testimonial che lo porterà, nel
2012, addirittura ad esordire come modello per la collezione
invernale di Prada. Inoltre, da amante della musica – che si
diletta a comporre nel tempo libero – non rifiuta certo l’invito di
una delle più belle e brave cantautrici del rock anni ’90 made in
Usa, Tori Amos, che gli offre una partecipazione al video di A
Sorta Fairytale.
Tornando al cinema, nel 2009 e nel
2010 lavora con Dario Argento che lo dirige in
Giallo, accanto a Emmanuelle Seigner e Elsa
Pataky, sua ex compagna. Il film però si rivela un pasticcio, non
solo perché non è dei più riusciti, ma anche per le burrascose
vicende che lo accompagnano. Alla fine uscirà solo in dvd, con
Brody che ricorre alla Corte Federale della California per
bloccarne l’uscita negli Usa e denuncia i produttori. Meno
travaglio per il thriller di Vincenzo Natali
Splice, del 2010. Nello stesso anno il poliedrico
Adrien non si fa sfuggire Predators di Nimrod
Antal, mentre è scontato il suo sì a Woody Allen, che lo vuole nel
ruolo di Salvador Dalì per Midnight in Paris
(2011).
Infine, il 2012 è l’anno di
Detachment – Il distacco per la regia di Tony
Kaye. Forse uno dei ruoli in cui è stato più facile immedesimarsi
per l’attore del Queens quello dell’insegnante in una scuola
americana con ragazzi problematici, considerato che suo padre è
stato un insegnante di storia. Lo conferma lo stesso regista, che
parla di come sia stato facile lavorare con Brody: “Io non ho
dovuto fare niente. Lui era un insegnante, fin dal primo
momento”. Parlando del suo personaggio alla presentazione del
film al Tribeca Film Festival 2011 l’attore ha affermato: “E’
un uomo che ha avuto molti problemi nella vita difficili da
affrontare, ma nel profondo, il suo desiderio è davvero
quello di aiutare questi studenti. Vuole incoraggiarli a diventare
individui, che si pongano domande su sé stessi e sul mondo che li
circonda. Mio padre era un insegnante polacco. Ho frequentato la
scuola pubblica a New York. Quindi interpretare un insegnante è
stato molto importante per me. Mi ha fatto riconoscere il
contributo di mio padre.” Al centro del film, dice, “un
gruppo di persone interiormente lacerate (fractured ndr)
che cercano di cavarsela”. In particolare, per
l’insegnante da lui interpretato, il problema è proprio riuscire a
trovare quel distacco dalle proprie ferite interiori di cui si
parla nel titolo: “Il problema è che devi muoverti al di sopra
di queste cose e aiutare a non creare generazioni future di persone
“fratturate”. Devi essere lì, presente per loro”. La
pellicola, nelle sale italiane dal 22 giugno, è prodotta da Paper
Street Films, Appian Way e Kingsgate Films e vede lo stesso Brody
al suo esordio come produttore.