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The Family Plan 2: trailer dell’action comedy con Mark Wahlberg e Michelle Monaghan

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Apple Original Films ha svelato la trama ufficiale di The Family Plan 2, sequel dell’action comedy del 2023 che vede protagonisti Mark Wahlberg e Michelle Monaghan nei panni dei coniugi Morgan. Questa volta, la famiglia più imprevedibile d’America è pronta a partire per una vacanza… che finirà come sempre in tutt’altro modo.

Una vacanza perfetta (quasi) rovinata dal passato

In The Family Plan 2, Dan Morgan (Mark Wahlberg) organizza un viaggio perfetto all’estero per sua moglie Jessica (Michelle Monaghan) e i loro figli. Ma la vacanza da sogno si trasforma presto in un incubo rocambolesco quando una misteriosa figura del passato (interpretata da Kit Harington) riemerge con una questione in sospeso.

Da quel momento, la famiglia Morgan si ritrova coinvolta in una caccia al gatto e al topo su scala internazionale, tra rapine in banca, scherzi natalizi e inseguimenti mozzafiato attraverso le più iconiche città europee. Tra litigi, imprevisti e momenti di affetto, Dan e Jessica riscopriranno quanto sia difficile — e meraviglioso — tenere unita la famiglia quando il mondo intero sembra volerti separare.

Il team creativo e la produzione

Il film è diretto e prodotto da Simon Cellan Jones (The Family Plan, See), su sceneggiatura di David Coggeshall, che figura anche come produttore esecutivo. La produzione è firmata da Skydance Media e Apple Original Films, con David Ellison, Dana Goldberg e Don Granger come produttori insieme a Mark Wahlberg e Stephen Levinson per Municipal Pictures, e John G. Scotti.

Il cast di The Family Plan 2

Accanto a Mark Wahlberg e Michelle Monaghan, nel cast troviamo Zoe Colletti, Van Crosby, Kit Harington, Peter Lindsey, Theodore Lindsey e Reda Elazouar.

Un nuovo capitolo per la saga Apple Original

Con The Family Plan 2, Apple e Skydance Media puntano a consolidare il successo del primo film, che aveva conquistato il pubblico con il suo mix di azione, comicità e buoni sentimenti. Il sequel promette di alzare la posta con nuove ambientazioni internazionali, ritmo cinematografico più ampio e un cast di prim’ordine guidato da Wahlberg in una delle sue interpretazioni più brillanti e familiari.

La mummia: la spiegazione del finale del film

La mummia, uscito nel 1999 e diretto da Stephen Sommers, si inserisce nella lunga tradizione dei “mostri della Universal”, rileggendo in chiave moderna uno dei grandi classici dell’horror degli anni ’30. Tuttavia, anziché limitarsi a un semplice remake, il film abbraccia un approccio più spettacolare e avventuroso, trasformando la figura iconica della mummia in un catalizzatore per un’avventura piena di azione, effetti speciali e ironia. Il risultato è un prodotto ibrido che mescola horror, fantasy e commedia, contribuendo a ridefinire lo stile dei blockbuster d’inizio anni Duemila.

La concezione del film affonda le radici nel desiderio di rendere nuovamente accessibili al grande pubblico le creature del cinema classico, ma con un linguaggio più dinamico e divertente. Il tono leggero, unito a una regia votata al ritmo e allo spettacolo, ha reso La mummia un successo inatteso, capace di conquistare spettatori di diverse generazioni grazie al perfetto equilibrio tra tensione e intrattenimento. Nonostante la presenza di elementi horror, il film preferisce puntare sull’avventura esotica in stile saga di Indiana Jones, offrendo un’esperienza adrenalinica più che realmente spaventosa.

Un ruolo fondamentale nel trionfo della pellicola è stato quello di Brendan Fraser, che con il personaggio di Rick O’Connell ha trovato il ruolo della consacrazione. Fino ad allora conosciuto soprattutto per commedie leggere, l’attore si è imposto come eroe action carismatico e autoironico, conquistando il pubblico con una fisicità da protagonista ma un’umanità da antieroe riluttante. La mummia ha segnato l’inizio di una carriera internazionale e ha reso Fraser una delle icone d’avventura di fine millennio. Nel resto dell’articolo analizzeremo il finale del film, spiegandone il significato e rivelando anche quale fosse l’epilogo originale previsto in fase di produzione.

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La trama di La mummia

La storia ha inizio nel 1719 a.C. a Tebe, in Egitto. Il sacerdote Imhotep, custode dei morti viene sepolto vivo e maledetto a sofferenze eterne per aver ucciso l’imperatore Seti insieme alla sua amante Anck-su-Namun. Il racconto si sposta poi al 1923, al Cairo, dove l’avventuriero Rick O’Connell, la bibliotecaria ed egittologa Evelyn e suo fratello Jonathan sono alla ricerca del favoloso tesoro di Imhotep. I tre, convinti che sia stato seppellito insieme al sacerdote, si recano a Hamunaptra, la Città dei Morti. Durante le loro ricerche, il gruppo libererà però la mummia di Imhotep, che da tremila anni bramava di tornare tra i vivi per compiere la sua vendetta.

La spiegazione del finale

Nel terzo atto de La mummia la missione per fermare Imhotep si trasforma in una corsa contro il tempo. Dopo la cattura di Evelyn da parte del sacerdote maledetto, Rick, Jonathan e Ardeth decidono di tornare a Hamunaptra per salvarla prima che venga sacrificata nel rituale volto a riportare in vita Anck-su-namun. Grazie all’aiuto del capitano Havelock riescono a raggiungere la Città dei Morti dall’alto, ma Imhotep scatena una tempesta di sabbia che fa precipitare l’aereo nel deserto. Sopravvissuti allo schianto, Rick e Jonathan si inoltrano tra le rovine ormai infestate da servitori resuscitati, mentre Ardeth resta a combatterli per guadagnare tempo.

All’interno della camera rituale, Rick libera Evelyn mentre Jonathan, grazie al Libro di Amon-Ra, prende il controllo delle creature non morte, ribaltando la situazione. Mentre Anck-su-namun viene richiamata alla vita ma ancora incompleta nel suo corpo rigenerato, Evelyn riesce a leggere l’incantesimo che rende Imhotep mortale. Privato dei suoi poteri divini, il sacerdote non è più invincibile e Rick lo affronta con determinazione, riuscendo a trafiggerlo con una lama. Imhotep crolla lentamente nella vasca sacrificale, tornando alla sua forma mummificata e promettendo vendetta prima di essere inghiottito dalle acque.

La mummia cast
Brendan Fraser, Rachel Weisz e Arnold Vosloo in La mummia. © 1999 – Universal Pictures – All Rights Reserved

Tuttavia, la minaccia non è ancora conclusa: Beni, impegnato a saccheggiare i tesori nascosti, attiva accidentalmente un meccanismo che innesca il crollo dell’intera città. I protagonisti fuggono all’ultimo istante, mentre il ladro rimane intrappolato e viene divorato dagli scarabei. Una volta all’esterno, Rick, Evelyn e Jonathan ritrovano Ardeth vivo e si allontanano nel deserto, ignari di aver portato con sé parte dell’oro rubato da Beni. Il finale di La mummia rappresenta dunque la perfetta sintesi dei temi avventurosi e romantici che permeano l’intero film.

La resurrezione di Imhotep, concepita come un atto d’amore disperato e proibito, viene contrapposta alla relazione nascente tra Rick ed Evelyn, costruita invece sulla fiducia e sul sacrificio reciproco. Se Imhotep è disposto a distruggere il mondo pur di riottenere Anck-su-namun, Rick rischia la vita non per possesso, ma per proteggere la persona che ama. In questo modo il film rimette in equilibrio l’antica tragedia con un epilogo luminoso, ribadendo che l’amore autentico nasce non dall’ossessione ma dal rispetto. Anche la sconfitta di Imhotep assume un valore simbolico: privato dell’immortalità, egli diventa fragile come qualsiasi essere umano

Si dimostra così che nessun potere è davvero eterno di fronte al coraggio e alla solidarietà. Il crollo di Hamunaptra non è solo la distruzione fisica di un luogo maledetto, ma la chiusura definitiva di un ciclo di vendetta e profanazione iniziato millenni prima. Rick ed Evelyn si allontanano dal deserto non solo come sopravvissuti, ma come eroi trasformati dall’esperienza. Così, il finale del film non è semplicemente la sconfitta di un mostro, bensì la celebrazione della rinascita attraverso l’avventura, dell’amore che vince sulla morte e del mito che continua a vivere nel racconto.

Brendan Fraser La mummia

Il finale originale del film

La scena della morte di Imhotep nel film è tuttavia stata modificata in modo significativo rispetto a come era stata originariamente concepita. Nel commento audio del DVD de La mummia, il montatore Bob Duscay menziona che, dopo essere stato pugnalato dal giovane protagonista Rick O’Connell, Imhotep “doveva semplicemente entrare nella palude e dire ‘La morte è solo l’inizio’” nella sua scena di morte. Tuttavia, quando si era in fase di post-produzione, è stato deciso che “doveva succedere qualcosa di più”, come dice Sommers, con Duscay che descrive il finale come simile a “un tizio che salta in una vasca idromassaggio davvero sporca”.

Ciò ha portato all’aggiunta di alcuni nuovi effetti CGI alla discesa di Imhotep nella palude. Con la linea temporale della serie che ha inizio nell’antico Egitto, il film è ricco sia di elementi soprannaturali che di scene di morte davvero terrificanti. Essendo Imhotep il principale artefice di entrambi questi aspetti, è giusto che la sua scena finale li coinvolga. Con Imhotep che ritorna al suo stato originale di mummia soggetta a migliaia di anni di decomposizione, La mummia termina anche con un promemoria che, nonostante tutte le sue trame avventurose, è comunque un film horror.

Concludendosi con la minaccia di Imhotep “La morte è solo l’inizio”, la fine sporca a cui è condannato fa risuonare quelle parole come una minaccia con una rabbia maggiore rispetto alla precedente morte di Imhotep. L’interpretazione di Imhotep da parte di Arnold Vosloo in La mummia è quella di un cattivo indimenticabile. Con Vosloo nei panni di una mummia con il potere di conquistare il mondo, la scena della morte di Imhotep doveva essere memorabile quanto la sua resurrezione. Grazie ai miglioramenti apportati in post-produzione con la CGI alla sua scena finale in La mummia, Imhotep è riuscito a lasciare il film, come direbbe lo stesso Jonathan, con una nota alta.

LEGGI ANCHE: La mummia: dal cast alle location, tutte le curiosità sul film

Il discorso del re: la storia vera dietro il film

Il discorso del re (qui la recensione) è un film storico e biografico del 2010 diretto da Tom Hooper, che si inserisce nel filone dei drammi incentrati su figure reali e grandi momenti istituzionali. Raccontando con tono intimo e umano la vicenda del futuro re Giorgio VI e della sua lotta contro la balbuzie, il film unisce l’eleganza formale del period drama britannico a un approccio emotivo moderno, capace di far percepire allo spettatore lo sforzo personale dietro la rigidità delle etichette regali. Il tono è sobrio ma coinvolgente, privo di spettacolarizzazioni, e punta tutto sul potere delle parole — o meglio, sull’incapacità di pronunciarle.

Per il regista Tom Hooper, reduce dal successo televisivo con Elizabeth I e John Adams, il film rappresenta la definitiva consacrazione sul grande schermo, segnando il suo passaggio da autore di miniserie storiche ad acclamato cineasta internazionale. Ma è soprattutto un tassello fondamentale nella carriera di Colin Firth, che con l’interpretazione tormentata e profondamente misurata di re Giorgio VI ottiene un riconoscimento mondiale dopo anni di ruoli romantici e brillanti. Accanto a lui, Geoffrey Rush e Helena Bonham Carter completano un cast d’eccellenza, contribuendo a un perfetto equilibrio tra dramma, ironia e delicatezza.

Accolto trionfalmente dalla critica e dal pubblico, Il discorso del re ha ottenuto ben dodici nomination agli Oscar e ne ha vinti quattro: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista e Miglior Sceneggiatura Originale. Al di là dei premi, la sua forza risiede nell’universalità del suo messaggio: non è solo la storia di un sovrano, ma quella di un uomo costretto a superare le proprie fragilità per assumersi una responsabilità pubblica nel momento più difficile, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Nel resto dell’articolo approfondiremo la vera storia dietro il film, per comprendere quanto di reale ci sia nel percorso di Giorgio VI e nel suo leggendario discorso alla nazione.

Colin Firth ed Helena Bonham Carter in Il discorso del re

La trama e il cast di Il discorso del re

Il film è dunque ispirato alla storia vera del futuro re d’Inghilterra Giorgio VI, che, affetto da una severa balbuzie, cerca di risolvere il problema con uno specialista. Nonostante i numerosi percorsi terapeutici intentati dal principe Albert (Colin Firth), duca di York, secondo figlio di re Giorgio V, i risultati sono scoraggianti e il principe suscita forte imbarazzo durante le occasioni ufficiali. Fortunatamente, il suo ruolo istituzionale è limitato, essendo figlio cadetto: Albert decide quindi di rinunciare a tenere in futuro discorsi in pubblico.

Sua moglie, la duchessa Elizabeth (Helena Bonham Carter) riesce però a convincerlo a rivolgersi a Lionel Logue (Geoffrey Rush), d’origine australiana e terapeuta dei problemi di linguaggio. Il principe è riluttante, credendo di trovarsi di fronte all’ennesimo fallimento, ma I metodi non convenzionali di Logue non sono percepiti in maniera positiva da Albert. Tuttavia, seduta dopo seduta, tra i due si crea un legame indissolubile che ridarà letteralmente voce al futuro sovrano e lo aiuterà a scrivere la storia.

La storia vera dietro il film

Quando il principe Albert Frederick Arthur George, duca di York, salì al trono con il nome di Giorgio VI nel dicembre 1936, non era destinato a diventare re. Il trono spettava a suo fratello maggiore, Edoardo VIII, che tuttavia abdicò dopo meno di un anno per sposare Wallis Simpson, donna americana divorziata e priva del consenso della Chiesa anglicana. L’improvvisa ascesa di Giorgio VI rappresentò uno shock per lui stesso e per l’intero Paese: uomo timido, poco incline alle manifestazioni pubbliche e convinto di non possedere il carisma richiesto, si trovò improvvisamente a dover incarnare l’autorità e la stabilità della monarchia britannica in uno dei momenti più delicati della storia europea.

Il nuovo re portava con sé una problematica personale che rischiava di compromettere la sua capacità di rappresentanza: una marcata balbuzie. Il disturbo lo accompagnava fin dall’infanzia ed era stato aggravato da un’educazione rigida e da pressioni costanti legate all’etichetta reale. Negli anni precedenti alla sua ascesa era già stato costretto a tenere diversi discorsi pubblici, molti dei quali conclusi con grande disagio e frustrazione. In un’epoca in cui la radio stava trasformando la monarchia in un’istituzione sempre più “vocale”, la voce del sovrano diventava un simbolo nazionale e non poteva permettersi esitazioni.

Colin Firth e Geoffrey Rush in Il discorso del re

Fu in questo contesto che Giorgio VI iniziò un percorso terapeutico con Lionel Logue, logopedista australiano con metodi considerati poco ortodossi per l’epoca. Logue, privo di titoli medici formali ma esperto di recitazione e dizione, impostò la terapia su un rapporto umano prima ancora che tecnico. Non si limitò a esercizi respiratori e articolatori — pur fondamentali — ma lavorò sul rilassamento emotivo, sull’autostima e sulla fiducia reciproca. Il trattamento prevedeva letture ad alta voce accompagnate da ritmo musicale, pause cadenzate e tecniche di controllo del diaframma. Con il tempo, il re migliorò sensibilmente, pur non eliminando del tutto il disturbo.

La prova definitiva arrivò il 3 settembre 1939, quando il Regno Unito dichiarò guerra alla Germania nazista dopo l’invasione della Polonia. In un discorso radiofonico trasmesso alla nazione e all’intero Commonwealth, Giorgio VI annunciò l’entrata in guerra con voce tesa ma controllata. Il discorso durò circa nove minuti e rimase scolpito nella memoria collettiva come un momento di straordinaria dignità. Il suo tono sobrio e privo di enfasi retorica venne interpretato come segno di sincerità e coraggio. Più che un proclama bellicoso, fu un messaggio di solidarietà verso un popolo chiamato a resistere nei tempi più bui.

Quanto alla fedeltà storica, Il discorso del re segue con buona accuratezza gli eventi principali della vicenda, pur introducendo alcune semplificazioni narrative. Il rapporto tra re e logopedista è reso più informale e confidenziale di quanto non fosse nella realtà, e alcuni episodi sono condensati o spostati temporalmente per esigenze drammatiche. Tuttavia, l’essenza della storia — la lotta personale di un sovrano contro i propri limiti, l’importanza del linguaggio come strumento di coesione nazionale e il ruolo cruciale di Lionel Logue — rimane fedele alle fonti storiche. Il film non solo racconta una vicenda autentica, ma contribuisce a far comprendere quanto il coraggio possa manifestarsi anche nella fragile esitazione di una voce che sceglie comunque di parlare.

Beatles di Sam Mendes: James Norton sarà il manager Brian Epstein

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L’attore inglese James Norton interpreterà Brian Epstein, l’influente manager dei Beatles, nel prossimo film biografico musicale in quattro parti diretto da Sam Mendes.

Norton, 40 anni, è apparso di recente in un altro film biografico musicale, “Bob Marley: One Love”, uscito lo scorso anno, nel ruolo del produttore discografico Chris Blackwell. Tra i suoi altri crediti figurano la miniserie di Netflix “House of Guinness” e la terza stagione di “House of the Dragon” per HBO.

James Norton reciterà in “The Beatles — A Four-Film Cinematic Event“, come è stato soprannominato l’insolito progetto, al fianco di Paul Mescal nel ruolo di Paul McCartney, Harrison Dickinson in quello di John Lennon e Barry Keoghan in quello di Ringo Starr, e Joseph Quinn in quello di George Harrison.

Epstein, una leggenda tra i fan dei Beatles e spesso considerato il quinto membro della band, incontrò i Fab Four nel 1961 e contribuì a trasformarli in un fenomeno globale. Rimase con il gruppo fino alla sua morte, avvenuta nel 1967 per overdose all’età di 32 anni. (La storia epica di Epstein è stata immortalata nel film biografico del 2024 “Midas Man”).

Mendes sta realizzando quattro film separati, uno dal punto di vista di ciascun membro dei Beatles. Tutti e quattro i capitoli debutteranno sul grande schermo nell’aprile del 2028. Si prevede che i film si intrecceranno per raccontare l’improbabile viaggio della band da Liverpool al centro della cultura globale, che portò allo scioglimento nel 1970. Data l’influenza di Epstein, è probabile che appaia in ciascuno dei film. Non è chiaro in che modo altre figure chiave dell’universo dei Beatles saranno coinvolte nel quartetto cinematografico.

Come annunciato in precedenza, Saoirse Ronan interpreterà Linda McCartney, la star di “Shogun” Anna Sawai interpreterà Yoko Ono, la rivelazione di “The White Lotus” Aimee Lou Wood interpreterà la moglie di Harrison, Pattie Boyd, e McKenna-Bruce interpreterà la prima moglie di Starr, Maureen Starkey.

Greenland: la spiegazione del finale del film

I film catastrofici sono diventati una rarità tra le recenti produzioni hollywoodiane. Sono finiti i tempi in cui ogni anno uscivano almeno un paio di film catastrofici epici. Ecco perché Greenland (qui la recensione) di Ric Roman Waugh è speciale. Il regista e il protagonista Gerard Butler (anche coproduttore) hanno già lavorato insieme in Attacco al potere 3, il terzo capitolo della serie  uscito nel 2019. Questa loro nuova collaborazione ruota attorno a John Garrity (Butler), sua moglie Allison (Morena Baccarin) e il loro figlio Nathan (Roger Dale Floyd) mentre cercano di raggiungere un rifugio sotterraneo in Groenlandia prima che un detrito di una cometa interstellare di dimensioni tali da causare l’estinzione colpisca la Terra.

La trama di Greenland

Il film inizia con il ritorno di John a casa dopo quello che deve essere stato un periodo piuttosto lungo. Lui e Allison hanno dovuto affrontare gravi problemi coniugali e, come scopriremo in seguito, John ha tradito sua moglie. Ora stanno cercando di lasciarsi tutto alle spalle. Anche se Allison lo nega quando John glielo chiede a bruciapelo, uno dei motivi per cui ha permesso a John di tornare deve essere perché Nathan sente la mancanza di suo padre. Mentre i Garrity affrontano i loro problemi interni, una cometa interstellare, chiamata Clarke dagli scienziati, entra nel sistema solare.

Il giorno in cui dovrebbe passare vicino alla Terra, la coppia ha organizzato un incontro con gli amici del loro ricco quartiere. Si scopre che Clarke è in realtà un enorme ammasso di detriti in movimento. A causa della gravità del Sole, numerosi frammenti di detriti cambiano la loro traiettoria verso la Terra. Sebbene la maggior parte di essi sia innocua, poiché brucia prima ancora di raggiungere il suolo, alcuni potrebbero potenzialmente distruggere delle città. Poco prima che il disastro si abbatta sulla Terra, John riceve un messaggio preregistrato sul suo telefono (un messaggio simile appare anche sulla TV di famiglia), che gli comunica che lui e la sua famiglia sono stati selezionati per l’evacuazione.

Il messaggio li istruisce anche a recarsi dalla loro casa di Atlanta, in Georgia, alla base aerea di Robins, dove degli aerei li attendono insieme ad altre persone nella loro stessa situazione. Senza avere idea di dove questi aerei li porteranno, i Garrity si rendono conto che è comunque la loro opzione migliore. Tuttavia, quando arrivano lì, John viene separato dalla sua famiglia dopo essere tornato alla loro auto per recuperare le medicine per il diabete di Nathan, e a Nathan non è permesso salire sull’aereo a causa della sua condizione. Attraverso un biglietto lasciato sul parabrezza della loro auto, Allison dice a John che lei e Nathan stanno andando a casa di suo padre.

Durante il viaggio, John viene a sapere che gli aerei avrebbero dovuto portarli in Groenlandia, dove un bunker sotterraneo sarebbe stato utilizzato come rifugio quando il detrito più grande, più grande della meteora che ha causato l’estinzione dei dinosauri, avrebbe colpito l’Europa occidentale. Viene anche a sapere che ci saranno voli dell’ultimo minuto per il bunker in partenza dal Canada. Dopo essersi finalmente riuniti, John e Allison decidono di fare un ultimo tentativo per prendere uno degli aerei e raggiungere la Groenlandia.

Greenland Gerard Butler Morena Baccarin

Il finale di Greenland

John è inizialmente perplesso, come tutti i suoi vicini, sul motivo per cui lui e la sua famiglia sono stati selezionati per il trasferimento. Come viene rivelato in seguito, è stato per il suo lavoro di ingegnere strutturale. Egli costruisce grattacieli e il governo avrà sicuramente bisogno di persone come lui nel mondo post-apocalittico. Questo privilegio è stato concesso a una parte molto selezionata della popolazione totale. Sono stati scelti medici, ingegneri e persone appartenenti ad altre professioni che possono contribuire attivamente alla costruzione della società in futuro.

Sapendo di non poter salvare tutti, il governo si è concentrato solo sulla sicurezza di coloro che, a loro volta, garantiranno la sopravvivenza dell’umanità. Le famiglie del 99% delle forze armate non sono state selezionate per l’evacuazione. Com’era prevedibile, la legge e l’ordine sono stati rapidamente sostituiti dall’anarchia e dal caos. La gente ha cominciato a cedere alla disperazione, ma fortunatamente per la famiglia Garrity, ci sono ancora persone al mondo che si aggrappano alla loro integrità e compassione.

Mentre si recano a casa del padre di Allison, sia lei che John incontrano separatamente il meglio e il peggio che l’umanità ha da offrire. Uno dei saccheggiatori aiuta Allison e Nathan a uscire da una farmacia dopo che lì sono iniziate le sparatorie. D’altra parte, una coppia (David Denman e Hope Davis), che inizialmente sembra gentile e offre alla madre e al figlio un passaggio in auto, ruba il braccialetto di Allison, che la identifica come una delle persone selezionate, la butta fuori dall’auto e se ne va con Nathan. Più tardi lei lo ritrova con l’aiuto di alcuni militari.

Un medico le dà abbastanza insulina e altri farmaci per Nathan da bastargli per un po’. Nessuna di queste persone è obbligata a essere lì. Eppure, si sono offerte volontarie per servire e agire con empatia e comprensione mentre l’umanità affronta il suo crepuscolo. Il privilegio concesso ai Garrity grazie all’istruzione e ai successi di John viene bruscamente revocato nel momento in cui si scopre che Nathan ha il diabete. Così, come la maggior parte delle persone sulla terra, sono lasciati a interrogarsi sul loro destino.

Sperando disperatamente che ciò che ha sentito sui voli in Canada sia vero, John corre contro il tempo mentre guida verso l’aeroporto. Fortunatamente, l’aereo è lì. La famiglia convince uno dei piloti a lasciarli salire a bordo. Quando finalmente arrivano in Groenlandia, un’onda d’urto causata dall’impatto di uno dei frammenti fa schiantare l’aereo, uccidendo i piloti. I Garrity e gli altri passeggeri riescono a raggiungere il bunker proprio prima della collisione.

Greenland sequel

Un uomo di famiglia

Mentre la famiglia aspetta l’impatto, Nathan chiede in lacrime ai suoi genitori perché non sta avendo i flashback che dovrebbe avere prima della sua morte. È qualcosa che aveva già menzionato in precedenza, poiché lo aveva sentito dire da uno dei suoi amici. Suo padre lo consola dicendogli che lui e Allison lo amano dal profondo del cuore e che la cosa più importante in questo momento è che sono tutti insieme. John sa che c’è sempre la possibilità che non riescano ad arrivare al bunker in tempo e, anche se ci riuscissero, potrebbe non resistere all’impatto.

Tutto ciò che voleva era stare con sua moglie e suo figlio quando si fosse verificato il grande disastro. In questo tipo di film c’è sempre un archetipo dello scienziato, che fornisce spiegazioni e spesso funge da eroe principale. “Greenland” è privo di tutto ciò. Si concentra esclusivamente sui Garrity e sul loro viaggio verso il bunker. John Garrity non è un personaggio eccessivamente eroico. Non informa mai i suoi vicini di Greenland nonostante abbia fatto una promessa e rifiuta correttamente e pragmaticamente di portare con sé una delle loro figlie, sapendo in quel momento che dovranno lasciarla all’aeroporto.

Tuttavia, considerando come vanno a finire le cose, quella ragazza avrebbe potuto sopravvivere se lui avesse accettato di portarla con sé. Più tardi, salva un passeggero da un’auto in fiamme. Dato che l’intero pianeta è destinato a essere presto avvolto dalle fiamme, questo atto di coraggio casuale sembra in qualche modo futile. John non è il classico protagonista dei film catastrofici che salva tutta l’umanità. Ma è senza dubbio un uomo che farebbe di tutto per proteggere la sua famiglia.

Greenland finale

Una nuova alba

L’impatto avviene e le pareti del bunker riescono in qualche modo a resistere alle ondate di distruzione che seguono l’esplosione. Quando Garrity e gli altri escono dal bunker, sono passati nove mesi e la cenere e le radiazioni si sono ritirate. Il mondo è completamente in rovina. L’entità della distruzione è dimostrata dalle immagini di città in rovina come Sydney, Città del Messico e Parigi. Una vista orbitale del pianeta mostra l’enorme cratere dove è caduto il più grande frammento di Clarke.

Ci sono anche numerosi crateri più piccoli che punteggiano l’intero pianeta. Mentre i sopravvissuti osservano il nuovo paesaggio, trovano speranza nel vedere un paio di uccelli che volano. Nonostante la distruzione assoluta della civiltà umana, la vita in generale ha trovato un modo per continuare ad esistere. Il bunker della Groenlandia riceve notizie da Helsinki, Nuova Delhi, Beirut, Kathmandu, Mosca e San Paolo, apprendendo che anche in quei luoghi sono sopravvissute alcune sacche di popolazione.

Ciò che verrà dopo è un compito monumentale per John e la sua generazione di sopravvissuti. Devono ricostruire le fondamenta della civiltà e assicurarsi che siano abbastanza solide da sostenere il peso di ciò che le generazioni future costruiranno su di esse. L’umanità probabilmente non tornerà al suo stato precedente per almeno mille anni, il che potrebbe essere potenzialmente una cosa positiva. La ricostruzione non deve necessariamente avere gli stessi difetti di quella originale. Ci possono essere meno inquinamento, guerre e dipendenza eccessiva dai combustibili fossili. Dopo essere stati sull’orlo dell’estinzione, le persone potrebbero finalmente imparare a coesistere tra loro.

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Casa in Fiamme: al via le riprese del nuovo film di Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana

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Sono partite le riprese del film LA CASA IN FIAMME, per la regia di Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana (Metti la nonna in Freezer, Bentornato Presidente, The Bad Guy).

I protagonisti del film, scritto da Renato Sannio e Giuseppe G. Stasi, sono Margherita Buy, Fabrizio Bentivoglio, Barbara Chichiarelli, Antonio Bannò, Anita Caprioli, Arianna Di Claudio e con Francesco Di Leva. Prodotto da Sonia Rovai con Claudio Falconi per Wildside, società del gruppo Fremantle, da Ariens Damsi per Eliofilm, e da Massimiliano Orfei, Luisa Borella e Davide Novelli per PiperFilm, che lo distribuirà al cinema in Italia. PiperPlay ne curerà le vendite internazionali.

Le riprese si svolgeranno per circa sei settimane tra la Calabria, in collaborazione con Fondazione Calabria Film Commission, e Roma.

Amadeus: il trailer della serie evento Sky Original

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Genio, rivalità, vendetta: svelato il teaser trailer della nuova serie Sky Original AMADEUS, con Will Sharpe (Too MuchThe White Lotus) nei panni del prodigio musicale Wolfgang “Amadeus” Mozart, Paul Bettany (WandaVisionA Very British Scandal) in quelli dell’invidioso compositore di corte Antonio Salieri, e Gabrielle Creevey (In My SkinThe Pact) nel ruolo di Constanze Weber, moglie di Mozart. La serie sarà da dicembre in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

Basata sull’acclamata opera teatrale di Peter Shaffer, audacemente adattata da Joe Barton (Black DovesGiri/HajiProgetto Lazarus), questa spettacolare rivisitazione in cinque episodi esplora l’ascesa fulminea e la leggendaria caduta di uno dei compositori più iconici del XVIII secolo: il virtuoso, la rockstar, Wolfgang “Amadeus” Mozart.

Quando il venticinquenne Amadeus arriva nella vivace Vienna del Settecento, non più un bambino prodigio e desideroso di libertà creativa, il suo destino si intreccia con due figure fondamentali: la sua futura moglie Constanze Weber, di incrollabile fedeltà, e il devotissimo compositore di corte Antonio Salieri. Mentre il genio di Amadeus continua a sbocciare nonostante i suoi demoni interiori, una reputazione controversa e lo scetticismo della conservatrice corte viennese, Salieri è sempre più tormentato da quello che percepisce come un dono divino.

Amadeus diventa una minaccia a tutto ciò che egli considera sacro: il suo talento, la sua reputazione e persino la sua fede in Dio. Salieri giura di distruggerlo. Quella che nasce come una rivalità professionale si trasforma in un’ossessione profondamente personale, destinata a durare trent’anni, e a culminare in una confessione di omicidio e in un disperato tentativo di legare per sempre il proprio nome all’eredità di Mozart.

Accanto a Will Sharpe, Paul Bettany e Gabrielle Creevey, un cast stellare: Rory Kinnear (The DiplomatSkyfall) nel ruolo dell’Imperatore Giuseppe, Lucy Cohu (Becoming Jane) è Cecilia Weber, Jonathan Aris (The Sixth Commandment) interpreta Leopold Mozart, Ényì Okoronkwo (Renegade NellProgetto Lazarus) è Da Ponte, Jessica Alexander (La sirenetta) è Katerina, Hugh Sachs (Bridgerton) interpreta Von Strack, Paul Bazely (Such Brave Girls) è Von Swieten, Rupert Vansittart (Il Trono di Spade) è Rosenberg, Anastasia Martin (In From The Cold) interpreta Aloysia Weber, Nancy Farino (Masters of the Air) è Josepha Weber, Olivia-Mai Barrett (Invasion) è Sophie Weber e Viola Prettejohn (The Crown) veste i panni della Principessa Elisabetta, mentre Jyuddah Jaymes (Erano ragazzi in barcaHijack – Sette ore in alta quota) interpreta Franz Süssmayr.

Cortesia Sky

AMADEUS è prodotta da Two Cities Television (parte di STV Studios) in collaborazione con Sky Studios. Megan Spanjian è produttrice esecutiva per Sky Studios. Michael Jackson (Patrick Melrose) e Stephen Wright (Blue Lights) sono produttori esecutivi per Two Cities Television. Il produttore esecutivo della serie è John Griffin. Julian Farino (Giri/Haji – Dovere/Vergogna) e Alice Seabright (ChloeSex Education) sono i registi. Barton, Sharpe, Bettany e Farino figurano come produttori esecutivi. Seabright è anche Co-Executive Producer. NBCUniversal Global TV Distribution si occupa delle vendite internazionali della serie per conto di Sky Studios.

AMADEUS | Da dicembre in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW

IT: Welcome to Derry, il red band trailer della serie prequel

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Disponibile il red band trailer, con scene esplicite vietate ai minori, di IT: Welcome to Derry, l’attesissima serie targata HBO e Sky Exclusive prodotta da Warner Bros. Television e ispirata a IT, il celebre romanzo del 1986 di Stephen King, maestro indiscusso dell’horror contemporaneo. In otto episodi, la serie debutterà il 27 ottobre in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

E in occasione del debutto della serie prequel, giovedì 23 e venerdì 24 ottobre alle 21:00 su Sky Cinema Suspense (e disponibili on demand e in streaming) andranno IT e IT: CAPITOLO DUE, tratti dal celebre racconto di Stephen King, diretti da Andy Muschietti e distribuiti da Warner Bros. Pictures. Due grandissimi successi che hanno conquistato pubblico e critica con una storia indimenticabile di paura, amicizia e coraggio: nel primo capitolo un gruppo di ragazzini si allea per sconfiggere Pennywise, il clown colpevole delle sparizioni di bambini, mentre IT: CAPITOLO DUE, con James McAvoy e Jessica Chastain, è il sequel ambientato 27 anni dopo.

IT: WELCOME TO DERRY è stata sviluppata per la televisione dai registi Andy Muschietti e Barbara Muschietti (“IT“, “IT – Capitolo Due“, “The Flash”) e Jason Fuchs (“IT – Capitolo Due”, “Wonder Woman”, “Argylle”). Andy Muschietti dirige diversi episodi della serie.

Ambientato nell’universo di “IT” di Stephen King, IT: WELCOME TO DERRY è basato sul romanzo “IT” di King ed espande la visione stabilita dal regista Andy Muschietti nei lungometraggi “IT” e “IT – Capitolo Due”. Del cast della serie fanno parte Taylour Paige, Jovan Adepo, Chris Chalk, James Remar, Stephen Rider, Madeleine Stowe, Rudy Mancuso, Bill Skarsgård.

La serie, prodotta da HBO e Warner Bros. Television, è stata sviluppata per la televisione da Andy Muschietti, Barbara Muschietti e Jason Fuchs. Andy Muschietti e Barbara Muschietti (qui con la loro casa di produzione Double Dream), Jason Fuchs, Brad Caleb Kane, David Coatsworth, Bill Skarsgård, Shelley Meals, Roy Lee e Dan Lin sono i produttori esecutivi. Fuchs, che ha anche scritto la sceneggiatura del primo episodio, e Kane sono gli showrunner del progetto.

IT: WELCOME TO DERRY | Dal 27 ottobre in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW

IT e IT: CAPITOLO DUE | Giovedì 23 e venerdì 24 ottobre alle 21:00 su Sky Cinema Suspense 

Conclave: quanto è realistico il finale del film?

Conclave di Edward Berger ha attirato l’attenzione per la sua conclusione scioccante e un vero esperto del settore è stato interpellato per capire quanto ci sia di realistico all’interno del film e di quel finale. Il thriller politico, basato sul romanzo del 2016 di Robert Harris, segue il Collegio dei Cardinali mentre si riunisce per eleggere un nuovo papa dopo la morte improvvisa del precedente. Il cast di Conclave, con Ralph Fiennes protagonista nel ruolo del cardinale Thomas Lawrence, si muove in un labirinto di intrighi politici, conflitti spirituali e dilemmi morali all’interno del Vaticano. Il film culmina nell’elezione dell’arcivescovo Vincent Benitez (Carlos Diehz) con una rivelazione fragorosa: Benitez è nato intersessuale.

In un’intervista con GQDavid Gibson, direttore del Center on Religion and Culture presso la Fordham University, ha affrontato il finale a sorpresa del film. Gibson ha discusso la fattibilità di un papa intersessuale e le implicazioni più ampie del finale del film, toccando la posizione in evoluzione della Chiesa su genere e sessualità. Gibson ha osservato:

Sì, una persona intersessuale potrebbe essere eletta papa, proprio come ci sono stati senza dubbio uomini gay eletti papa. Non è chiaro cosa significherebbe, però, e penso che questa sia la vera debolezza del film. Robert Harris, a quanto pare, voleva fare una dichiarazione sul genere e sulla Chiesa cattolica, il che va bene. Ma è più un cubo di Rubik che una dichiarazione.

Il nuovo papa si identifica come maschio o femmina? Avere caratteristiche di entrambi i sessi significa che non può essere ordinato o diventare papa? Un’elezione del genere sarebbe invalida? Queste diventano discussioni da angeli che ballano su una capocchia di spillo che distraggono dalle questioni più importanti.

Ero a Roma con un gruppo di studenti della Fordham a ottobre per l’incontro del sinodo. In quel periodo, Papa Francesco incontrò un gruppo di cattolici trans e intersessuali. Fu un incontro molto forte. L’affermazione del papa di loro come creati da Dio con dignità intrinseca fu straordinariamente commovente. Una di loro, Nicole Santamaria, una donna intersessuale di El Salvador, scrisse della sua esperienza e per me è una testimonianza più potente del finale a sorpresa del Conclave.

Cosa significa la risposta dell’esperto del papa alla fine del Conclave

Conclave

Come il Conclave riflette le sfide del mondo reale nella Chiesa

I commenti di Gibson evidenziano le dinamiche in evoluzione tra fede, genere e dottrina istituzionale mentre la Chiesa sceglie un nuovo papa nel Conclave. Attualmente, la Chiesa non riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la sua dottrina religiosa condanna le relazioni al di fuori dell’eterosessualità. Tuttavia, sotto la guida di Papa Francesco, sono stati fatti progressi graduali. Nel dicembre 2023, ha emanato un decreto ufficiale secondo cui i sacerdoti potevano benedire le coppie dello stesso sesso. Il Papa ha anche comunicato con persone queer della Chiesa, come ha notato Gibson, affermandole come creazione di Dio mentre ascoltava le loro toccanti testimonianze che gettavano luce sull’intersezione tra fede e identità emarginate.

Il colpo di scena del film ha portato l’attenzione sulla continua decostruzione e ricostruzione della Chiesa nel suo riconoscimento della diversità di genere e sessuale come un fatto umano. Mentre Conclave cerca di esplorare la tensione tra ideali conservatori e progressisti all’interno del conclave papale, Gibson solleva una domanda sul fatto che questa tensione continuerà a esistere.

Leggi la nostra recensione di Conclave

Conclave spiegato: come viene scelto un nuovo papa

Il film Conclave descrive il processo di elezione di un nuovo papa e arricchisce la sua trama drammatica, interpretata in modo eccellente, con una grande attenzione al processo reale. Ralph Fiennes è il protagonista del cast di Conclave nel ruolo del cardinale Thomas Lawrence, decano del Collegio cardinalizio, che guida il processo di elezione di un nuovo papa. Durante il conclave, vari cardinali come Bellini (Stanley Tucci), Tremblay (John Lithgow), Tedesco (Sergio Castellitto), Adeyemi (Msamati) e Benitez (Carlos Diehz) competono per il papato, e vengono alla luce vari segreti minacciosi su ciascuno di loro.

Nel viaggio emozionante verso il Conclave, con il suo finale a sorpresa, il cardinale Lawrence naviga tra le opinioni disparate dei vari candidati. Tedesco è un tradizionalista severo, Bellini è un liberale progressista e Adeyemi è economicamente liberale ma socialmente conservatore. Questo mette Lawrence in un conflitto di interessi, poiché anche lui potrebbe essere un potenziale candidato, e la sua riluttanza a considerarsi tale potrebbe renderlo l’uomo perfetto per il lavoro.

Ma Lawrence infrange alcune regole nel corso del film, ed è affascinante leggere come si svolgerebbe il vero conclave papale e quali sono le differenze rispetto al film.

Come viene scelto un nuovo papa nella vita reale

I cardinali vengono convocati da tutto il mondo per partecipare al conclave

Con la morte di Papa Francesco e l’elezione di un nuovo papa all’orizzonte, l’interesse per Conclave e il processo che descrive è aumentato notevolmente. Da oltre un millennio, i leader della Chiesa cattolica romana si riuniscono nella Città del Vaticano per elezioni esclusive, note come conclavi papali. Ancora oggi, il conclave papale si tiene nella storica Cappella Sistina, come avviene dal 1878, quando fu eletto Leone XIII.

Il defunto Papa Francesco, nominato nel 2013, è stato eletto attraverso questo processo all’età di 76 anni. Il voto per il nuovo papa è un processo altamente riservato che si svolge a porte chiuse nella Cappella Sistina, che viene ispezionata alla ricerca di microfoni e telecamere prima dell’inizio della procedura.

Durante il sequestro, ai cardinali non è permesso parlare del processo elettorale in corso con nessuno all’esterno, pena la scomunica. A ogni cardinale viene consegnata una scheda elettorale con la scritta “Eligo in Summun Pontificem”, una frase latina che significa “Io eligo come sommo pontefice”. Un dettaglio importante è che ai cardinali non è consentito scrivere il proprio nome. I cardinali, in ordine di anzianità, si recano poi uno alla volta all’altare per depositare le loro schede in un calice, prima che i risultati vengano conteggiati e letti ad alta voce ai presenti.

Se viene eletto un nuovo papa, dal tetto del Vaticano uscirà un fumo bianco, rivelando al mondo che è stata presa una decisione.

Un cardinale deve ottenere la maggioranza dei due terzi dei voti per diventare il nuovo papa. Se viene eletto un nuovo papa, dal tetto del Vaticano uscirà un fumo bianco, rivelando al mondo che è stata presa una decisione. Tuttavia, se non viene presa alcuna decisione, le schede elettorali verranno bruciate con l’aggiunta di una sostanza chimica che rende il fumo nero. In questo caso, il conclave riprende, con altre due o quattro votazioni al giorno. Se, al quinto giorno, non è stata presa una decisione, i cardinali faranno una pausa per pregare e discutere prima di continuare.

Il conclave papale più lungo della storia si è svolto dal 29 novembre 1268 al 1271, durando 34 mesi. Alla fine, è stato eletto Papa Gregorio X.

Chi vota per il nuovo papa

Il Collegio dei Cardinali vota il nuovo papa

Quando arriva il momento di tenere un conclave papale, tutti i cardinali del mondo di età inferiore agli 80 anni devono recarsi a Roma per partecipare al processo. In generale, si prevede che si presentino circa 120 partecipanti, il che rende la maggioranza dei due terzi pari a circa 80. All’elezione di Papa Francesco nel 2013 hanno partecipato 115 cardinali. Sono presenti anche due maestri di cerimonia, tra i pochi non cardinali ammessi nella cappella durante il processo elettorale. Ad alcuni cardinali vengono anche assegnati ruoli speciali all’interno dell’elezione.

Per quanto riguarda il prossimo conclave per il successore di Papa Francesco, ci sono 135 cardinali che rientrano nel limite di età per poter votare per il papato. Tuttavia, il numero totale dei partecipanti al conclave può variare, e non è probabile che tutti i cardinali aventi diritto si rechino a Roma per partecipare, anche se sarà una grande maggioranza.

Il decano del Collegio cardinalizio è una carica istituita nel XII secolo, con la responsabilità di presiedere il Collegio cardinalizio. Ciò include la convocazione dei cardinali per il conclave e la supervisione del processo. Il decano ha solitamente un vice, nel caso in cui il decano stesso venga eletto papa, in modo che qualcuno sia pronto ad assumere le responsabilità del decano per completare il processo. Nella storia ci sono stati nove casi in cui il decano è stato eletto nuovo papa.

Oltre al decano, nove cardinali vengono scelti a caso per ricoprire vari ruoli nel processo elettorale. Tre sono selezionati come giudici votanti, chiamati “scrutatori”, tre sono selezionati per raccogliere i voti dei cardinali che sono costretti a rimanere nei loro alloggi a causa di malattia e tre sono selezionati per ricontrollare il lavoro degli scrutatori. I non cardinali, compresi i maestri di cerimonia, non possono essere presenti nella cappella mentre i cardinali scrivono le loro schede elettorali.

Solo i cardinali possono diventare papa?

Tecnicamente, qualsiasi uomo cattolico battezzato può essere eletto papa

Dal 1379, ogni papa della Chiesa cattolica romana è stato membro del Collegio dei Cardinali. Tuttavia, non esiste alcuna regola che stabilisca che essi siano gli unici ammessi all’elezione. Tecnicamente, qualsiasi uomo cattolico battezzato può essere eletto, ma un non cardinale non viene eletto dal tempo di papa Urbano VI, che era un arcivescovo. Sebbene sia possibile che venga eletto un non cardinale, è tipico che i cardinali scelgano tra loro, seguendo un processo simile a quello descritto nel film.

Cosa c’è di vero nel film Conclave sul processo di elezione del papa

Conclave coglie gli elementi importanti

Le recensioni di Conclave hanno sottolineato l’attenzione ai dettagli del film in termini di ambientazione e scenografia, ma anche la rappresentazione del conclave papale è piuttosto accurata. Il film è particolarmente accurato per quanto riguarda i rituali di lunga data che fanno parte del processo, che inizia con la morte del papa. La scena iniziale mostra Lawrence e gli altri cardinali che distruggono l’anello del papa dopo aver pregato sul suo corpo, un processo che segna la fine del suo regno.

Anche il processo di voto è descritto in modo accurato, con il film che mostra in dettaglio come vengono espressi i voti secondo le tradizioni storiche. Ciò include la combustione dei voti e il fumo utilizzato per comunicare con i fedeli all’esterno e in tutto il mondo se è stato nominato un nuovo papa. A questo proposito, l’isolamento dei cardinali è una parte importante dei temi del film, e Conclave è accurato nel descrivere quanto questo sia importante per il processo, anche se il film permette più interferenze esterne rispetto alla realtà.

Cosa sbaglia Conclave sul processo di elezione del papa

I dettagli sulla tempistica e sull’isolamento sono errati

Per quanto Conclave sia stato acclamato per la sua rappresentazione autentica del processo, alcuni aspetti sono errati. Ci sono alcune differenze nei dettagli del processo reale che sono state tralasciate nel film, come l’assenza del vice-decano e delle cariche nominate, come quella di “scrutatore”. Alcuni aspetti, come gli incontri di Lawrence con monsignor Raymond O’Malley, probabilmente non sarebbero possibili nella vita reale, poiché nemmeno il decano sarebbe autorizzato a parlare con qualcuno del mondo esterno durante il sequestro.

L’uso di O’Malley per ottenere informazioni dall’esterno aumenta la drammaticità di Conclave e giova al film, ma le regole che Lawrence infrange superano i limiti della finzione. Il ruolo di Isabella Rossellini nei panni di suor Agnes ha probabilmente più autonomia di quanto ne avrebbe nella vita reale, sostenendo i temi femministi del film. Lawrence viene mostrato mentre vota per se stesso verso la fine di Conclave, e si sottintende che altri cardinali abbiano fatto lo stesso durante tutto il film, cosa che tecnicamente non sarebbe consentita.

Conclave mostra il raduno dei cardinali per l’elezione, ma in realtà ci sarebbero settimane tra la morte del papa e l’elezione del nuovo papa.

Anche la cronologia del film è affrettata rispetto a ciò che accadrebbe nella vita reale. Conclave mostra il raduno dei cardinali per l’elezione, ma in realtà ci sarebbero settimane tra la morte del papa e l’elezione del nuovo papa. Con la recente morte di Papa Francesco, ci sarà un periodo di lutto di nove giorni e il funerale si terrà il 26 aprile 2025. Solo al termine del periodo di lutto avrà inizio il processo del conclave.

Tuttavia, uno degli errori più evidenti del film riguarda il personaggio del cardinale Benitez, il cardinale che alla fine viene nominato nuovo papa.

David Gibson, direttore del Centro per la religione e la cultura della Fordham University, ha commentato il personaggio e, pur ammettendo che il colpo di scena con l’elezione di Benitez fosse possibile, ha sottolineato che Conclave presenta un’evidente inesattezza riguardo al cardinale segreto:

Esiste una vera e propria usanza secondo la quale un papa può nominare un cardinale “in pectore”, che in latino significa “nel suo cuore” o “nel suo petto”. Il nome è solitamente noto solo al papa, perché il vescovo andrebbe incontro a persecuzioni se la sua identità fosse resa nota. Questo non viene mai spiegato nel film, sicuramente per ragioni di tempo. Un problema tecnico è che, non appena un papa muore, se non ha rivelato questo nome, quel cardinale segreto non sarebbe un cardinale e non potrebbe partecipare al conclave nemmeno con un permesso, come fa il cardinale Benitez.

Sebbene la rivelazione di Benitez che si presenta al conclave senza che nessuno sappia della sua esistenza sia un momento drammatico, il fatto che ciò lo avrebbe reso ineleggibile per partecipare al conclave, figuriamoci per essere nominato papa, è un errore sostanziale di Conclave.

Conclave è basato su una storia vera?

Il funzionamento interno del Vaticano, il centro storico e intrigante del cattolicesimo, attira immediatamente lo spettatore nella narrazione di Conclave. Il Conclave racconta l’elezione del nuovo papa, un processo complesso, pieno di segretezza e di rituali sacri. Con grande attenzione ai dettagli e un’eccellente fotografia, il film si addentra nelle antiche tradizioni che circondano la selezione di un nuovo papa, offrendo un’intensa esplorazione della fede, dell’ambizione e degli intrighi ai più alti livelli della Chiesa cattolica.

Tuttavia, il suo richiamo al realismo può risultare un po’ confuso. Conclave offre una narrazione potente e moderatamente veritiera e cattura il pubblico, con colpi di scena che colpiscono più volte. Caratterizzato da un fantastico accumulo e da una resa ancora maggiore, il colpo di scena finale diConclave è particolarmente scioccante. Tuttavia, dopo aver visto l’intricato finale di Conclave, è probabile che molti spettatori rimangano con una domanda scottante in mente: “Conclave è basato su una storia vera?”.

Conclave non è basato su una storia vera

Conclave si ispira alle tradizioni reali e alla grandezza delle elezioni papali, ma la trama e i personaggi sono frutto dell’immaginazione. Il team dietro Conclave ha un talento impeccabile nel mescolare elementi reali e intrighi di fantasia. Il film presenta l’elezione di un nuovo papa dopo la morte del precedente, spingendo i cardinali in un processo drammatico e pieno di suspense che mette a nudo politiche interne, motivazioni nascoste e dilemmi morali.

Il film non pretende di raccontare un’elezione papale storica. Al contrario, i creatori intrecciano pezzi della reale procedura di elezione con i personaggi originali, infondendo la storia con scenari fittizi progettati per aumentare la tensione. Per esempio, mentre un vero Conclave prevede protocolli rigorosi e un’aria di riverenza, la storia di Robert Harris si addentra in lotte di potere tra cardinali, cospirazioni e ambizioni personali: tutti elementi che rendono la narrazione avvincente, anche se non riflettono la vera natura di ogni Conclave.

Conclave è tratto da un libro di Robert Harris

Conclave è un adattamento dell’omonimo romanzo di Robert Harris del 2016 . Harris è acclamato per la sua capacità di creare thriller basati su eventi e ambientazioni reali e, in Conclave, porta le sue abilità ai rituali della Chiesa cattolica. Harris si è ispirato alle elezioni papali reali e alle usanze uniche del Vaticano, ma ha creato una storia di fantasia per esplorare le dimensioni etiche e personali delle persone coinvolte. Ha fatto ricerche sulla storia del papato e consultato fonti per descrivere accuratamente gli aspetti fisici e procedurali del Conclave, ma la storia rimane interamente un’opera di fantasia.

Le recensioni lodano Conclave dramma sconvolgente che coinvolge il film e il romanzo esplorando le affascinanti dinamiche tra i cardinali. L’idea è che ognuno di questi uomini influenti, tutti contendenti al ruolo religioso più potente del mondo, nutra ambizioni e mancanze proprie. Questo ritratto, anche se romanzato, serve come lente coinvolgente attraverso cui esaminare la natura umana in un ambiente in cui segretezza, rituali e moralità si intersecano per un’elezione non troppo diversa dalle elezioni dei giorni nostri.

Come il Conclave si confronta con il Conclave nella realtà

Sebbene il Conclave includa alcuni rituali e processi che sono accurati rispetto alle tradizioni del Vaticano, ci sono differenze notevoli quando si tratta della rappresentazione dei cardinali e dell’elezione stessa. Nella vita reale, il Conclave è un evento altamente strutturato, condotto con profondo rispetto e gravità. I cardinali si riuniscono nella Cappella Sistina, dove si impegnano in turni di preghiera, riflessione e votazione, cercando la guida divina nella scelta del nuovo Papa. Il processo è meticolosamente organizzato per evitare interferenze esterne e mantenere la riservatezza, con votazioni effettuate su schede cartacee che vengono bruciate dopo ogni turno.

Conclave si prende delle libertà con questa ambientazione aggiungendo strati di suspense e rivalità tra cardinali, in contrasto con la natura più spirituale della selezione del Papa nella vita reale.

Conclave si prende delle libertà con questo processo aggiungendo strati di suspense e rivalità intercardinali, in contrasto con la natura più spirituale della selezione del Papa nella vita reale. La narrazione di Harris in Conclave amplifica i conflitti interni e le agende personali, alludendo a dinamiche di potere e alleanze segrete all’interno del processo di elezione. Sebbene questi elementi accrescano il dramma, si discostano dalla solennità e dall’unità che spesso si vedono nei Conclavi reali.

Inoltre, i cardinali rappresentati nel film hanno storie e motivazioni complesse, che mettono in evidenza i temi del potere, della paura e del perdono e che, pur essendo avvincenti, possono esagerare l’intensità di tali dinamiche nella realtà. Sebbene Conclave faccia un ottimo lavoro per dare l’impressione di essere un’opera di non-fiction, è basato su un libro e alcuni dei suoi ritratti sono eccessivamente drammatizzati. In quanto tale, Conclave non è basato su una storia vera.

Il vero nome di Scar e il significato nel Re Leone spiegato

Mufasa non è l’unico personaggio la cui storia viene approfondita in Mufasa: Il re leone , poiché il film prequel spiega anche il vero nome di Scar e il significato che si cela dietro di esso. In tutta la saga de Il re leone, Scar è sempre stato dipinto come il grande cattivo, che uccide Mufasa, tradisce Simba, rovescia il regno delle Terre del Branco e viene poi gettato giù dalla Roccia del Re. È interessante notare che Mufasa: Il re leone offre una visione molto più comprensiva di Scar, cercando finalmente di spiegare perché Scar è così nell’originale Il re leone e nel suo remake del 2019.

Mufasa: Il re leone è l’attesissimo prequel del remake del 2019 Il re leone, con il film che segue Rafiki mentre racconta la storia delle origini di Mufasa alla figlia di Simba, Kiara.

La storia racconta l’infanzia di Mufasa fino a quando diventa re delle Terre del Branco, esplorando come Mufasa abbia perso i suoi genitori, sia stato adottato dalla famiglia di Scar e poi abbia salvato le Terre del Branco da un branco malvagio di leoni stranieri. Mentre Mufasa è al centro della maggior parte delle grandi rivelazioni del prequel, anche Scar ha molto spazio sullo schermo, spiegando le sue origini e come ha ottenuto la sua cicatrice.

Il vero nome di Scar è Taka: cosa significa

Ha due significati diversi

Sebbene Taka sia stato citato come il vero nome di Scar per un po’ di tempo, Mufasa: Il re leone lo conferma finalmente, dato che Taka è il nome con cui il personaggio viene chiamato per la maggior parte del film. Tuttavia, il nome Taka ha lo stesso significato del suo soprannome Scar, poiché, come molti altri personaggi de Il re leone, il nome ha un significato in swahili. In swahili, la parola “takataka” significa “spazzatura”, e spesso si dice che al leone malvagio sia stato dato un nome crudele quando era bambino.

Tuttavia, Taka ha anche un altro significato in swahili. La parola “kutaka” può anche essere tradotta in inglese come “to want” (volere), dando al vero nome di Scar un doppio significato. In tutto Il re leone, il tratto caratteriale distintivo di Scar è l’invidia. Scar desidera così tanto il trono che questo lo spinge a uccidere Mufasa e ad addossare la colpa a Simba. Il numero musicale “Be Prepared” di Scar è persino caratterizzato da una combinazione di colori verdi, che sottolinea ulteriormente la gelosia provata da Scar. I semi di questa invidia sono disseminati in tutto Mufasa: Il re leone, mettendo in risalto il nome Taka del personaggio.

Il nome di Scar è apparso per la prima volta in uno spin-off de Il re leone nel 1994

Mufasa Il Re Leone film

Il prequel lo conferma come canonico

Mufasa: Il re leone non è la prima volta che a Scar viene dato il nome Taka, poiché è apparso per la prima volta in uno spin-off de Il re leone del 1994. Il re leone: sei nuove avventure era una raccolta di sei racconti brevi pubblicata più o meno nello stesso periodo del film originale Il re leone, con il primo racconto, “Una storia di due fratelli”, che approfondiva l’infanzia di Scar e Mufasa. È qui che è stato rivelato per la prima volta che il vero nome di Scar era in realtà Taka, nome che è rimasto fino al 2024 con Mufasa: Il re leone.

“A Tale of Two Brothers” presenta una sorprendente quantità di somiglianze con Mufasa: Il re leone, sebbene ci siano anche alcune grandi differenze. Entrambe le storie vedono Rafiki raccontare la storia dell’infanzia di Mufasa a uno dei figli di Simba. Tuttavia, nel film prequel si tratta di Kiara, mentre nel racconto breve è un cucciolo di nome Kopa.

La storia vede anche Rafiki fare amicizia con il giovane Mufasa, così come il giovane Taka che decide di tradire Mufasa per gelosia.

Come Scar ottiene il suo nome in Mufasa e come questo cambia Il re leone

La cicatrice di Scar deriva da un sacrificio

Taka ottiene la sua iconica cicatrice solo alla fine di Mufasa: Il re leone, quando salta davanti a Mufasa e viene graffiato all’occhio da Kiros. Dopo aver sconfitto i leoni bianchi, Zazu dice a Mufasa di bandire Taka dalle Terre del Branco. Tuttavia, Mufasa decide di non farlo, e Taka dice che dovrebbe chiamarlo Scar come punizione. Mufasa accetta, promettendo che non pronuncerà mai più il vero nome di Scar.

Mufasa apparentemente ha mantenuto questa promessa, dato che continua a chiamare Taka Scar anche nel momento in cui si svolge la storia de Il re leone. Anche altri personaggi, come Sarabi e Simba, conoscono Taka come Scar, il che significa che Mufasa non è l’unico personaggio a conoscere questo soprannome umiliante. Sebbene sia stato Taka a inventare il nome, è possibile che abbia finito per detestarlo, il che spiegherebbe perché diventa così malvagio tra Mufasa: Il re leone e Il re leone.

Mufasa: Il re leone, la spiegazione del finale: cosa è successo prima e dopo Il re leone

In Mufasa: Il re leone Mufasa è devastato dal tradimento di Taka e dalla sua decisione di collaborare con Kiros, ma durante il combattimento tra Mufasa e Kiros, Taka cambia idea e si mette davanti a Mufasa per proteggerlo dal colpo di Kiro, riportando la cicatrice che lo contraddistingue nel film d’animazione Il re leone. Tuttavia, Mufasa non riesce a perdonarlo completamente ed entrambi i fratelli concordano che Taka sarà d’ora in poi conosciuto come Scar. Mufasa si ricongiunge con sua madre, Afia, che gli dice che ha sempre saputo che si sarebbero rivisti, e Mufasa diventa re. Nel presente, Kiara incontra il suo fratellino e inizia a raccontargli una storia.

Milele e l’origine delle Terre del Branco spiegate

Prima di essere conosciute come le Terre del Branco, erano semplicemente Milele

Mufasa aveva solo sentito parlare di Milele dai suoi genitori, che raccontavano di un regno dove si poteva vivere in pace e dove l’acqua e l’erba erano abbondanti. Era molto diverso dal luogo in cui viveva la famiglia, dove non pioveva da diversi mesi. Milele era considerato un mito perché sembrava troppo bello per essere vero. Era la dimora eterna di vari leoni (e significa “per sempre” in swahili), anche se chi non c’era mai stato ci credeva davvero. Era un sogno, una speranza per un futuro migliore che sembrava irraggiungibile.

Milele si rivelò essere le Terre del Branco, come stabilito nel Re Leone del 1994. L’arrivo di Mufasa cambiò le cose, poiché Milele non sembrava avere un re prima di sconfiggere Kiros e il suo branco. La sua ascesa a re di Milele cambiò il nome. Non era più un mito e, dato che Mufasa era ora il suo sovrano, l’uso del nome Pride Lands al posto di Milele aveva senso, poiché si applicava al nuovo branco di Mufasa e al nuovo futuro che era stato stabilito.

Come Mufasa è diventato il Re Leone

Mufasa Il Re Leone Milele

Il viaggio di Mufasa ha comportato molte perdite e tradimenti

Mufasa non proveniva da una famiglia reale ed era stato cresciuto per essere il protettore di Taka, poiché era in linea per diventare re. Pertanto, l’arrivo di Mufasa a Milele fu un sollievo per lui; era un’occasione per essere un tutt’uno con gli altri animali e vivere in pace. All’inizio è riluttante a diventare re perché non si considera superiore a nessuno degli animali di Milele. Mufasa credeva che insieme fossero più forti. Ma è stato il loro incoraggiamento e quello di Rafiki a cambiare definitivamente l’opinione di Mufasa.

È stato Mufasa a riunire tutti gli abitanti di Milele, che altrimenti avrebbero potuto lasciare che la paura li impedisse di combattere contro gli Estranei. È stato sotto la guida di Mufasa che si sono uniti, e questo è bastato per volerlo come loro re. Mufasa non si è mai considerato regale: voleva semplicemente un posto da chiamare casa e una famiglia che lo amasse. Ma è stato il coraggio del leone di fronte al pericolo che lo ha elevato a una posizione di leadership. Anche se avrebbe potuto essere felice senza ricoprire un ruolo di comando, Mufasa ha accettato la responsabilità perché Milele era ormai la sua casa.

L’origine e la storia di Scar spiegate

Taka scelse di cambiare il suo nome in Scar

Mufasa: Il re leone ipotizza che Scar non fosse il fratello biologico di Mufasa, come indica Il re leone, né che abbia assunto il nome di Scar fino a quando non è diventato un giovane adulto. Scar era Taka molto prima degli eventi del film d’animazione originale. Suo padre, Obasi, era il re del suo branco e il piano era che Taka seguisse le sue orme. Questo era il caso, almeno fino a quando Mufasa e i leoni bianchi non apparvero e cambiarono la traiettoria della vita di Taka.

Mufasa era stato preparato per diventare il protettore di Taka. Ma alla fine Taka non ricevette gli insegnamenti giusti da suo padre, che valorizzava l’inganno più della lealtà e della verità. L’amore di Taka per Mufasa si è lentamente eroso mentre guardava il leone randagio dimostrare il proprio valore più e più volte, mentre il ruolo di Taka diventava sempre meno importante. Stava persino diventando motivo di imbarazzo per suo padre, che credeva che essere re fosse qualcosa di dovuto e non guadagnato, e per sua madre, che adorava sinceramente Mufasa. La storia delle origini di Mufasa‘s Scar ha mostrato come l’amore potesse trasformarsi in odio e amarezza, tanto da spingere Taka a voltare le spalle a suo fratello.

Taka è diventato Scar a causa dell’umiliazione subita davanti agli animali di Milele per il suo tradimento nei confronti del nuovo re. Ma il cambio di nome non riguarda solo il tradimento. Il fratello che Mufasa conosceva non c’era più. Non riusciva a chiamare Scar Taka perché le sue azioni andavano contro il leone che conosceva un tempo. Inoltre, Taka sembra comprendere il peso delle decisioni che ha preso per amarezza, risentimento e gelosia. Cambiare il suo nome in Scar indica che è disposto ad assumersi la responsabilità di ciò che ha fatto, soprattutto sapendo che Mufasa potrebbe non perdonarlo mai.

Cosa succede a Simba e Nala dopo Il re leone

Mufasa Il Re Leone film

A differenza de Il re leone del 2019, Simba e Nala hanno ruoli molto piccoli nel prequel-sequel della Disney. Dopo gli eventi de Il re leone, Simba e Nala crescono Kiara e continuano a governare felicemente sulle Terre del Branco. Sembrano vivere una vita soddisfacente insieme, allargando la loro famiglia e vivendo in pace a Pride Rock. Dopo Il re leone, Simba e Nala sono impegnati ad accogliere i loro figli nel mondo: prima Kiara e, poco dopo, il loro figlio neonato. Tutto sommato, la coppia reale di leoni sta bene, soprattutto dopo aver affrontato tante tragedie e perdite.

Kiara e suo fratello sono il futuro de Il re leone

Con l’attenzione che si sposta da Simba e Nala in Mufasa: Il re leone, Kiara e suo fratello vengono presentati come il futuro del franchise Il re leone: Kiara come futura regina delle Terre del Branco e suo fratello come suo protettore. In questo modo, Kiara e suo fratello potrebbero rispecchiare la traiettoria originale di Mufasa e Scar prima che Mufasa diventasse re. La storia di Simba è finita e lui, come Mufasa prima di lui, sarà probabilmente più una guida e un insegnante per i suoi figli mentre crescono.

Il fratello di Kiara non ha un nome alla fine di Mufasa: Il re leone, e non è chiaro se prenderà il nome di suo nonno o se lo studio opterà per chiamarlo Kion, come il figlio di Simba e Nala nella serie animata La guardia del leone.

Ora che Kiara sta imparando la vera storia di suo nonno e la sta trasmettendo a suo fratello, la futura regina potrà portare avanti l’eredità della sua famiglia. Mufasa: Il re leone parla dell’eredità e di come viene costruita. Kiara e suo fratello, che rappresentano il futuro del franchise e delle Terre del Branco, sono in linea con questo tema. Simba ha vissuto la sua avventura e ora Kiara e suo fratello si preparano per la loro. Ascoltare la storia di Mufasa da Rafiki conferisce a Kiara, in particolare, la capacità di portare i suoi antenati nel cuore mentre affronta il suo futuro.

Come Mufasa prepara il terreno per un sequel de Il re leone

C’è ancora molto da raccontare se la Disney decidesse di continuare

Mufasa ha introdotto Kiara e le ha dato grande risalto, suggerendo che la sua storia sarà al centro di un sequel de Il re leone. Anche con la nascita di suo fratello, è Kiara che si fa avanti per raccontargli la storia di Mufasa, mostrando un cambiamento cruciale rispetto a Simba come volto del futuro della saga. Al contrario, un sequel de Il re leone potrebbe concentrarsi sulla storia di Scar nel periodo precedente agli eventi del film originale. Anche se Mufasa gli ha permesso di rimanere a Milele, non è chiaro se abbia immediatamente stretto amicizia con le iene o se abbia intrapreso un altro viaggio separato prima de Il re leone.

Il finale di Mufasa lascia spazio a ulteriori sviluppi su Scar. Potrebbe raccontare la storia di come è riuscito a guadagnarsi la lealtà dei leoni outsider presenti in Il re leone II – Il regno di Simba.

Un film incentrato su Scar sarebbe interessante in quanto spiegherebbe ulteriormente la sua decisione di uccidere il proprio fratello in Il re leone. La storia delle origini di Scar è stata raccontata in Mufasa, ma era comunque incentrata principalmente sul personaggio titolare. Il finale di Mufasa lascia spazio a ulteriori sviluppi su Scar. Potrebbe raccontare la storia di come è riuscito a guadagnarsi la fedeltà dei leoni outsider presenti in Il re leone II: Il regno di Simba. Ciò collegherebbe la storia di Scar a quella di Kiara, che incrocia il cammino del suddetto branco nel sequel animato, preparando il terreno per le avventure di Kiara.

Il vero significato del finale di Mufasa: Il re leone

Il finale di Mufasa invita all’unità e all’amore in un contesto di divisione e disprezzo. Attraverso la storia di Kiros e l’ascesa al trono di Mufasa, il finale del film suggerisce che una posizione di leadership dovrebbe essere guadagnata e non conquistata con la violenza. E anche se il rapporto tra Mufasa e Taka si è deteriorato alla fine del film, Mufasa ribadisce i legami creati attraverso le famiglie ritrovate, sia che si tratti di Mufasa e Rafiki o di Mufasa ed Eshe. Con Rafiki che tramanda la storia delle origini di Mufasa a Kiara, Mufasa: Il re leone mostra come il passato possa influenzare il presente e trasmettere lezioni fondamentali.

Mufasa: Il re leone introduce un nuovo gruppo di leoni bianchi malvagi. Questi “Outsiders”, come vengono chiamati nel prequel Disney, rappresentano una seria minaccia per i vari branchi di leoni della valle. È a causa loro che Mufasa e Taka devono intraprendere il loro viaggio, ed è con questi leoni bianchi Outsiders che ha luogo lo scontro finale di Mufasa: Il re leone. Sono sicuramente dei cattivi intriganti, ma i leoni bianchi non sono un’invenzione della Disney. Questo nuovo film Il re leone si è ispirato a gruppi reali di leoni mutati che sono stati trovati in Sudafrica per generazioni.

Mufasa: Il re leone del 2024 è al tempo stesso sequel e prequel, poiché vede Rafiki raccontare a Kiara, la figlia di Simba e Nala, la storia di come Mufasa è diventato re. Una rivelazione significativa all’inizio del film è che Mufasa non era nato con sangue reale. Era un leone normale che era stato separato dai suoi genitori e alla fine era stato accettato da un nuovo branco. Tuttavia, la famiglia adottiva di Mufasa era tormentata da un gruppo di Outsider che cercavano di eliminare i re leoni della valle fino a quando il loro capo, Kiros, non fosse rimasto l’unico in vita.

Gli Outsider nel Re Leone spiegati

Chi sono gli Outsider?

Gli Outsider di Mufasa: Il Re Leone sono un branco di leoni completamente bianchi. Sono più grandi dei leoni tipici del Re Leone e molto più crudeli. Rafiki alla fine spiega che questi leoni bianchi non sono nati tutti in questo unico branco. Sono invece nati da leoni fulvi tipici e sono stati cacciati a causa delle loro differenze, ovvero il loro pelo bianco. Nel corso degli anni, questi leoni rifiutati si sono uniti per formare un unico branco guidato dal re Kiros. Rafiki ha spiegato che l’essere stati rifiutati e non amati dai loro branchi originali ha causato una terribile rabbia in questi leoni bianchi, portandoli a desiderare vendetta.

Il branco di leoni bianchi di Kiros è diventato una leggenda tra gli altri branchi della Valle dei Re. Il padre di Taka, Obasi, non li aveva mai visti prima, ma temeva molto gli “Outsiders” che potevano insinuarsi e distruggere un branco. Per questo motivo, Obasi temeva Mufasa. Tuttavia, il padre di Taka alla fine ha scoperto chi erano i veri Outsiders quando hanno attaccato e sterminato il suo branco in Mufasa: Il re leone.

Perché gli Estranei stavano dando la caccia a Mufasa e Taka

Mentre Mufasa e la sua madre adottiva, Eshe, erano a caccia, furono attaccati da due maschi Estranei. Mufasa ne uccise uno, mentre l’altro rimase ferito e tornò al suo branco per riferire a Kiros. Alla fine si scopre che il leone ucciso da Mufasa era il figlio di Kiros e l’erede del suo branco. Per vendicarsi, Kiros guidò un attacco contro il branco di Obasi. Tuttavia, prima che apparissero i leoni bianchi, Obasi mandò via Mufasa e Taka. Poiché Mufasa era il responsabile della morte del figlio di Kiros e Taka era l’erede di Obasi, i leoni Outsider inseguirono entrambi i leoni fino a Milele.

I leoni bianchi esistono davvero?

I leoni bianchi esistono davvero

I leoni bianchi sono una mutazione naturale

Mufasa: Il re leone ha naturalmente preso alcune libertà creative con le dinamiche dei branchi di leoni, ma la Disney non ha inventato completamente i leoni bianchi. Secondo il Global White Lion Protection Trust, questi animali sono originari della regione della biosfera Kruger-to-Canyons in Sudafrica. Il primo avvistamento registrato di leoni bianchi in questa zona risale al 1938, ma le testimonianze orali indicano che vivono e si riproducono lì da diversi secoli. Nel corso degli anni, i leoni bianchi sono stati pesantemente presi di mira dai cacciatori, quindi il loro numero è diminuito, anche se gli sforzi degli attivisti hanno portato a un aumento della loro popolazione.

Come in Mufasa: Il re leone, i leoni bianchi nascono tra la popolazione generale di leoni fulvi. Non sono affetti da albinismo. Il colore unico dei leoni bianchi è invece il risultato di una specifica mutazione genetica, le cui caratteristiche sono state identificate solo nel 2013. Per un certo periodo si è creduto che i leoni bianchi si fossero estinti, ma nel 2006 hanno ricominciato ad apparire nella regione della biosfera Kruger-to-Canyon, dimostrando ulteriormente che il gene responsabile di questi leoni continua ad essere naturalmente presente nei leoni di questo specifico luogo del globo.

In che modo i leoni bianchi sono diversi dai leoni normali

I leoni bianchi sono diversi solo nell’aspetto

In Mufasa: Il re leone, i leoni bianchi sono più grandi e più potenti dei normali leoni fulvi. Tuttavia, nella vita reale non è così. A parte il loro colore, i leoni bianchi condividono pochissime differenze rispetto alla popolazione generale. I leoni bianchi possono variare da un colore più biondo a un bianco quasi puro, e il loro colore generale è chiamato “leucismo”. A differenza degli animali albini, i leoni bianchi non sono soggetti ad altre difficoltà genetiche. La loro vista è normale e, a parte essere un bersaglio più significativo tra i cacciatori di trofei umani, i leoni bianchi non hanno svantaggi di sopravvivenza.

In passato si credeva che i leoni bianchi non potessero sopravvivere in natura a causa degli svantaggi nella caccia. Si pensava che il loro pelo rendesse difficile il camuffamento. Tuttavia, uno studio condotto dal Global White Lion Protection Trust nell’arco di 10 anni ha scoperto che i leoni bianchi sono cacciatori efficaci quanto i loro simili fulvi nelle aree di libero vagabondaggio. Non ci sono inoltre prove nel mondo reale che i leoni bianchi subiscano alcuna forma di ostracismo da parte dei branchi di leoni fulvi, come invece accade in Mufasa: Il re leone. Inoltre, non esistono branchi di leoni completamente bianchi in Africa.

I leoni bianchi nel mondo oggi

I leoni bianchi sono ora presenti in tutto il mondo

Oggi i leoni bianchi sono ancora osservati e cacciati in natura, dove sono considerati a basso rischio dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione. Questo status è contestato dal Global White Lion Protection Trust, che cerca di proteggere questi esseri dal colore unico. Nel tentativo di garantire la sopravvivenza dei leoni bianchi, è stato istituito un programma di allevamento presso la riserva di caccia privata Inkwenkwezi, dove non possono essere cacciati.

Inoltre, ci sono leoni bianchi in cattività in vari zoo. Lo zoo di Toronto ha ricevuto tre leoni bianchi nel 2012 e, grazie a loro, nel 2015 sono nati altri quattro leoni bianchi nello zoo. Siegfried & Roy possedevano due leoni bianchi allo zoo di Cincinnati fino alla morte dell’ultimo nel 2022. Oltre a molti altri in Nord e Sud America, i leoni bianchi sono tenuti in cattività in quasi tutti i continenti. Quindi, anche se non esistono più nella Terra del Branco di Simba dopo Mufasa: Il Re Leone, i leoni bianchi continuano a prosperare in tutto il mondo.

Swamp Thing: James Gunn incerto sul futuro del film

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Il regista James Mangold ha affrontato molti generi nel corso degli anni. Dai film biografici come Le Mans ’66 – La grande sfida e A Complete Unknown, ai blockbuster d’azione come Logan e Indiana Jones e il Quadrante del Destino,  ha dimostrato di possedere una vasta gamma di competenze. Di recente, oltre a un film di Star Wars che esplora le origini degli Jedi ambientato 25.000 anni nel passato, la DC Studios ha ingaggiato Mangold per dirigere Swamp Thing.

Il personaggio è stato protagonista di una serie TV di breve durata, ma questo segnerebbe il ritorno sul grande schermo di un personaggio – dopo il tentativo del 1982 – che ben si adatta alla seconda parte della lista “Dei e Mostri” di James Gunn. Come Waller e The Authority, Swamp Thing sembra però non andare da nessuna parte. Recentemente è stato rivelato che Mangold ha firmato un accordo globale con la Paramount Pictures per sviluppare, dirigere e produrre progetti cinematografici.

Anche se presumibilmente rimane legato ai suoi progetti non Paramount, è difficile immaginare che questi siano una priorità dopo aver firmato un nuovo accordo così redditizio. Rolling Stone ha dunque recentemente parlato con il co-CEO della DC Studios James Gunn e gli ha chiesto se la partnership di Mangold con la Paramount significhi che Swamp Thing è “morto”.

No, no, non è così. No”, ha detto il regista di Superman prima che gli venisse chiesto se fosse ancora fiducioso che il film potesse diventare realtà. “Sì, voglio dire, sì, assolutamente. Assolutamente. Sì. Abbiamo parlato con lui. È ancora interessato. Quindi vedremo. Alcune cose richiedono molto tempo. Vedremo cosa succederà“. Swamp Thing potrebbe non essere morto, ma non sembra probabile che venga realizzato a breve, considerati i tanti impegni di Mangold.

La Llorona – Le lacrime del male: promettenti novità sul sequel

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I fan della serie The Conjuring stanno per ricevere una fantastica notizia, subito dopo il sorprendente successo al botteghino di Il rito finale. Sebbene non sia considerato un capitolo dell’acclamato universo, La Llorona – Le lacrime del male (qui la recensione) è finalmente pronto a tornare con un sequel che è stato accantonato diverse volte in passato, almeno una volta durante la pre-produzione. L’entusiasmante progetto, intitolato The Revenge of La Llorona, ha ora svelato il cast insieme al pluripremiato regista responsabile, mentre la produzione è in corso a New York.

Il 9 ottobre 2025 è infatti stato confermato che The Revenge of La Llorona avrà come protagonisti Jay Hernandez, il beniamino di Magnum P.I., e Monica Raymund di Chicago Fire. A loro si aggiunge Raymond Cruz, che ha recitato in La Llorona – Le lacrime del male nel ruolo di un “curandero”. Altri nomi annunciati sono quelli delle stelle nascenti Edy Ganem (9-1-1), Martín Fajardo (Griselda), Acston Luca Porto (Dora and the Search for Sol Dorado) e Avie Porto (Bob Hearts Abishola). La produzione del sequel è iniziata il 6 ottobre 2025, con le riprese principali che si svolgono a Buffalo, New York.

A dirigere The Revenge of La Llorona è nientemeno che il regista canadese Santiago Menghini, noto per il suo pluripremiato cortometraggio Milk, che ha debuttato nel 2021 con il film horror No One Gets Out Alive. Inoltre, Sean Tretta, che ha lavorato con James Wan al film Creature From the Black Lagoon della Universal, ha scritto la sceneggiatura del film. Nel frattempo, Wan torna come produttore del prequel del 2019 insieme a Emile Gladstone e Gary Dauberman.

Di cosa parla The Revenge of La Llorona?

Con The Revenge of La Llorona ora in produzione, le cose sembrano andare bene per il film horror dopo che il suo ultimo rinvio è avvenuto all’inizio del 2024, forse a causa di problemi di budget. In questo attesissimo sequel, lo spirito vendicativo La Llorona ritorna, costringendo una famiglia divisa ad affrontare il proprio passato e ad allearsi con il nonno curandero, da cui si erano allontanati, per combattere antichi mali, prima che la Donna Piangente si appropri dei loro figli per sempre.

LEGGI ANCHE: La Llorona – Le lacrime del male: 5 curiosità e la leggenda messicana

Wonder Man: rivelati sinossi, sceneggiatori e registi della serie Marvel

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Il New York Comic Con dello scorso fine settimana è stato una fonte di notizie molto più ricca rispetto al San Diego Comic-Con di luglio, in particolare per i fan della Marvel Television. Dopo aver pubblicato sabato il primo trailer di Wonder Man, i Marvel Studios hanno condiviso la prima sinossi della serie, insieme all’elenco completo degli sceneggiatori e dei registi. Abbiamo anche una lista del cast in cui mancano almeno un paio di nomi degni di nota.

Secondo un comunicato stampa, Wonder Man avrà come protagonisti Yahya Abdul-Mateen II, Ben Kingsley, Arian Moayed, X Mayo, Zlatko Burić, Olivia Thirlby e Byron Bowers. Non viene menzionato Demetrius Grosse, che sappiamo essere stato scritturato per interpretare il fratello di Simon Williams, Eric (alias The Grim Reaper). Assente anche Joe Pantoliano, star di Daredevil e The Last of Us.

Durante un panel di reunion di Matrix tenutosi domenica a New York, ha detto ai fan: “Sarò nella nuova serie Wonder Man. Yahya! E Sir Ben Kingsley. Solo per sentirlo pronunciare il mio nome, ‘Joe Pantoliano’”. Perché nessuno dei due attori è stato menzionato? Questo resta da vedere. Intanto ecco la sinossi della serie:

Simon Williams, aspirante attore di Hollywood, sta lottando per far decollare la sua carriera. Durante un incontro casuale con Trevor Slattery, un attore i cui ruoli più importanti potrebbero essere ormai alle spalle, Simon viene a sapere che il leggendario regista Von Kovak sta girando il remake del film sui supereroi “Wonder Man”. Questi due attori agli antipodi della loro carriera perseguono con tenacia ruoli che potrebbero cambiare la loro vita in questo film, mentre il pubblico può dare uno sguardo dietro le quinte dell’industria dell’intrattenimento“.

È stato poi rivelato che Wonder Man è scritto da Andrew Guest (Ep101, Ep102, Ep108); Paul Welsh & Madeline Walter (Ep 103); Zeke Nicholson (Ep104); Anayat Fakhraie (Ep105); Roja Gashtili & Julia Lerman e Andrew Guest (Ep106); Kira Talise e Andrew Guest (Ep107). I registi della serie includono invece Destin Daniel Cretton (Ep101, Ep102); James Ponsoldt (Ep103, Ep104); Tiffany Johnson (Ep105, Ep106) e Stella Meghie (Ep107, Ep108).

La serie Wonder Man

Cretton, attualmente impegnato nella regia di “Spider-Man: Brand New Day, ha co-creato la serie con Andrew Guest (“Occhio di Falco”, “Brooklyn Nine-Nine”, “Community”), che ne è stato anche lo showrunner. La serie, dopo diversi rinvii, arriverà su Disney+ dal 27 gennaio. Creato da Stan Lee, Jack Kirby e Don Heck nel 1964, nei fumetti Marvel, Wonder Man è l’alias di Simon Williams, figlio del ricco industriale Sanford Williams.

Dopo che la Williams Innovations si trova ad affrontare difficoltà finanziarie a causa della concorrenza con le Stark Industries, Simon finisce per accettare un’offerta dal Barone Zemo che gli conferisce superpoteri ionici. Dopo oltre un decennio come antagonista degli Avengers, Simon volta pagina e diventa un membro di lunga data della squadra. Più avanti nella sua carriera, Simon si appassiona alla recitazione e si trasferisce a Los Angeles, dove lavora come stuntman e ottiene ruoli minori in film di successo.

Oscar Isaac rivela se apparirà come Moon Knight in Avengers: Secret Wars

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All’inizio di quest’anno, il boss della Marvel Television Brad Winderbaum ha rivelato che Moon Knight, interpretato da Oscar Isaac, tornerà, anche se non con una seconda stagione della serie TV omonima. Il lato positivo è che questo significa che sono in corso progetti per Marc Spector, Steven Grant e Jake Lockley, ma la Marvel Studios non ha ancora rivelato di cosa si tratti.

La serie ha debuttato su Disney+ nel 2022 e, sebbene fosse un po’ grezza, ha fatto discutere i fan e ha visto una performance stellare (anzi, delle performance) da parte del protagonista Oscar Isaac. Purtroppo, da allora non abbiamo più visto il personaggio. La serie si è conclusa con Marc Spector e Steven Grant apparentemente liberati dall’influenza di Khonshu, solo per scoprire che una terza personalità, l’ultraviolento Jake Lockley, continuava a eseguire segretamente gli ordini del Dio della Luna.

Il personaggio avrebbe dovuto avere un ruolo chiave in Avengers: The Kang Dynasty, ma con Rama-Tut messo da parte e l’attenzione spostata sul Dottor Destino interpretato da Robert Downey Jr., non sorprende più di tanto che Moon Knight sia stato lasciato da parte. Alla premiere parigina del film Frankenstein di Netflix, ad Isaac è stato ora chiesto da un fan se apparirà in Avengers: Secret Wars e l’attore ha risposto: “È un segreto, lo sai… ma no”.

Sebbene Isaac ovviamente non avesse intenzione di confermare con disinvoltura il suo ritorno nei panni di Moon Knight, siamo propensi a credergli sulla parola, poiché inserire il vigilante in uno dei prossimi film degli Avengers non avrebbe molto senso. “Ho pensato che ci fosse un’opportunità interessante con Midnight Sons”, aveva detto in precedenza Isaac parlando del suo futuro nell’MCU. “Ci sono personaggi così interessanti lì dentro, e ora che abbiamo gettato le basi per capire chi sono Marc, Steven e Jake, potrebbe essere un’opportunità interessante vederlo come parte di una squadra e vedere quale sarebbe la dinamica”.

Quindi penso che sarebbe emozionante, penso che per me, spero vivamente che ci sia spazio per esplorare questa possibilità”, ha concluso l’attore. Mignight Sons sembra la prossima destinazione più ovvia per Moon Knight, ed è lì che presumibilmente vedremmo personaggi come lui, Ironheart e Ghost Rider unirsi per combattere contro il Mephisto, interpretato da Sacha Baron Cohen. Al momento, tuttavia, non ci sono conferme ufficiali su questo progetto, per cui il destino di Moon Knight resta incerto.

KPop Demon Hunters – Aggiornamento sul film live-action: il regista torna sui suoi precedenti commenti

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Da quando KPop Demon Hunters ha debuttato su Netflix e ha conquistato il mondo, ci sono state molte speculazioni su come proseguirà il franchise, ricco di potenziale. Mentre alcune fonti rivelano che Netflix e Sony sono in trattative per un sequel di KPop Demon Hunters, circolano anche voci su un potenziale adattamento live-action, data la popolarità di questo trend a Hollywood.

La creatrice e co-regista di KPop Demon Hunters, Maggie Kang, aveva precedentemente commentato la possibilità di un adattamento live-action, mostrandosi almeno incuriosita dall’idea. Nel giugno 2025 Kang aveva dichiarato a Forbes: “Mi è piaciuto molto [How To Train Your Dragon]. Ero seduta in sala e pensavo: chissà se qualcuno vorrebbe vedere un KPop Demon Hunters live-action. Come sarebbe?

Tuttavia, sembra che da allora abbia cambiato idea, concordando ora con alcuni dei potenziali problemi discussi riguardo a un live-action di KPop Demon Hunters. In un’intervista alla BBC, Kang ha dichiarato: “È davvero difficile immaginare questi personaggi in un mondo live-action. Sembrerebbe troppo realistico. Quindi per me non funzionerebbe affatto.” Il co-regista di Kang, Chris Appelhans, ha aggiunto:

Una delle cose fantastiche dell’animazione è che puoi creare personaggi con caratteristiche incredibili. Rumi può essere un comico buffo e un attimo dopo cantare, eseguire un calcio rotante all’indietro e poi cadere in caduta libera nel cielo.

Il bello dell’animazione è quanto puoi spingere e elevare ciò che è possibile. Ricordo che hanno adattato molti anime diversi e spesso il risultato è un po’ artificioso.

KPop Demon Hunters segue un trio di superstar del K-pop che di notte fanno i cacciatori di demoni. Sono ritratti come personaggi buffi e con cui è facile identificarsi, spesso ricorrendo a tecniche di animazione esagerate per trasmettere la loro stupidità. Tuttavia, la loro amicizia e la loro missione sono messe a repentaglio dal fatto che la cantante principale, Rumi (Arden Cho), tiene segreto il proprio retaggio demoniaco.

Oltre ad alcune delle migliori scene comiche del film, che risaltano al meglio nell’animazione, il mezzo è uno strumento per elevare i temi della connessione attraverso la musica e il modo in cui funzionano i poteri vocali dei cantanti. Le loro esibizioni e la passione dei loro fan alimentano l’Honmoon, una barriera magica che protegge il mondo dai demoni e che è un elemento visivo sorprendente in tutto il film.

Nel live action, questo elemento, così come i demoni, richiederebbe probabilmente una certa quantità di CGI, con risultati che potrebbero essere molto pacchiani. L’animazione permette al mondo di KPop Demon Hunters e alle sequenze d’azione guidate dalla musica di essere più fantastiche, cosa difficile da immaginare nel live action, anche se la Disney ha ripetutamente cercato di farlo funzionare con molti personaggi in CGI.

Kang sottolinea anche un altro aspetto importante: “Sarebbe troppo realistico.” Questo sottolinea che parte del fascino di KPop Demon Hunters è il suo tono stravagante, che accompagna una storia seria e coinvolgente, mantenendo un attento equilibrio nei temi. Tuttavia, rendere qualcosa di più serio rifacendolo in live action, tradizionalmente considerato il mezzo più prestigioso, non funziona per ogni opera d’arte.

I remake live-action continuano a proliferare a Hollywood perché sono provati successi al botteghino, attirando in massa i fan delle proprietà più amate. Un live-action di KPop Demon Hunters probabilmente otterrebbe questi risultati. Tuttavia, Kang e Appelhans hanno scelto di continuare a lavorare con il mezzo che ritengono più adatto alla storia.

Stephen King recensisce con grande entusiasmo The Running Man

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Il famoso autore horror Stephen King ha rivelato la sua recensione del remake di The Running Man prima dell’uscita del film il mese prossimo, lo stesso giorno in cui è stato presentato il nuovo trailer. Su X, King ha infatti condiviso le sue opinioni sul film, adattamento cinematografico del suo romanzo omonimo pubblicato nel 1982. King ha dichiarato: “L’ho visto ed è fantastico. È il DIE HARD dei nostri tempi. Un’avventura emozionante che mette d’accordo tutti”.

Il paragone di King con il film d’azione Die Hard, con Bruce Willis, potrebbe avere molte connotazioni, tra cui quanto quel film sia diventato un punto di riferimento per gli appassionati di azione. Un altro commento degno di nota di King è il “bipartisan thrill ride” (un’avventura emozionante che mette d’accordo tutti), che può essere interpretato in molti modi, ma che di solito è incentrato sul superamento delle divisioni politiche. Forse l’interpretazione di Wright di The Running Man potrebbe avere un significato molto più profondo per gli spettatori al momento dell’uscita.

Quello che c’è da sapere su The Running Man

The Running Man vede Glen Powell nei panni di Ben Richards, che partecipa a una competizione in cui deve sopravvivere mentre viene braccato da killer professionisti, il tutto per salvare la figlia malata. Richards viene inseguito per 30 giorni e deve sopravvivere contro ogni previsione per vincere. Il film uscirà il 13 novembre in Italia.

Edgar Wright dirige questo adattamento. Wright è famoso soprattutto per Baby Driver e L’alba dei morti dementi, film ricchi di azione e memorabili. Accanto a Powell, c’è un cast stellare che include Josh Brolin, William H. Macy, Michael Cera, Lee Pace ed Emilia Jones.

Questo è l’ultimo adattamento di King in uscita quest’anno e si spera che sia uno dei migliori. Essendo un fan di The Running Man di King, Wright voleva assicurarsi di essere fedele alla fonte e includere ciò che l’adattamento originale non aveva. Wright ha dato a King l’approvazione finale della sceneggiatura e lo scrittore è stato molto soddisfatto del risultato. L’autore ha dichiarato: “Ero molto curioso di sapere come avresti affrontato il finale e penso che tu abbia fatto un ottimo lavoro”.

Taylor Swift annuncia una nuova versione del film The Eras Tour in arrivo su Disney+

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Taylor Swift ha annunciato ufficialmente una nuova versione del suo film, The Eras Tour, che sarà trasmesso in streaming su Disney+ a partire dal 12 dicembre.

Swift ha dato la notizia durante la sua apparizione al programma Good Morning America il 13 ottobre. La cantante 35enne ha rivelato che offrirà ai fan l’accesso al dietro le quinte del tour Eras, che non avrebbero potuto vedere nel suo primo film-concerto del tour mondiale.

In un post sui suoi social media, Swift ha condiviso il trailer ufficiale, che mostra ciò che i fan possono aspettarsi dalla prossima uscita e ha dichiarato: “Era la fine di un’era, e lo sapevamo”. Ha poi aggiunto:

Volevamo ricordare ogni momento che ha portato al culmine del capitolo più importante e intenso della nostra vita, quindi abbiamo permesso ai registi di immortalare questo tour e tutte le storie che lo hanno intessuto man mano che volgeva al termine. E di filmare l’intero spettacolo finale.

The Eras Tour. Taylor Swift | The Eras Tour | The End of an Era, una docuserie-evento composta da 6 episodi che racconta, da dietro le quinte, lo sviluppo, l’impatto e i meccanismi interni alla base del fenomeno The Eras Tour, e Taylor Swift | The Eras Tour | The Final Show, il film concerto integrale che presenta per la prima volta “THE TORTURED POETS DEPARTMENT”, saranno disponibili in streaming dal 12 dicembre solo su Disney+.

Taylor Swift: The Eras Tour: The Final Show arriverà su Disney+ a dicembre con le riprese della sua ultima esibizione a Vancouver l’8 dicembre 2023. Il tour biennale ha incassato 2 miliardi di dollari in tutto il mondo e Swift si è esibita per oltre 10 milioni di fan in 149 spettacoli in cinque continenti. La cantante ha anche dato impulso alle comunità locali, tra cui un aumento di 300 milioni di dollari all’economia di Londra, grazie alle otto esibizioni di Swift al Wembley Stadium.

L’annuncio segue il suo ultimo film, Taylor Swift: The Official Release Party of a Showgirl, che ha superato i principali film di Hollywood al momento della sua uscita. Il film ha incassato oltre 50 milioni di dollari durante la sua limitata distribuzione nelle sale. The Official Release Party of a Showgirl presentava filmati dietro le quinte e video musicali per accompagnare il suo nuovo album, The Life of a Showgirl.

The Eras Tour: The Final Show uscirà insieme a una docu-serie in sei parti che mostra il suo periodo durante l’Eras Tour, che sarà disponibile in streaming anche su Disney+ a partire dal 12 dicembre.

Il primo film di Swift, Taylor Swift: The Eras Tour, ha battuto diversi record quando è uscito nel 2023. In particolare, è diventato il film-concerto di maggior incasso di tutti i tempi con oltre 261 milioni di dollari. Il nuovo film includerà anche la creazione del suo album The Tortured Poets Department, che non era ancora uscito al momento dell’uscita del primo film, ma era in fase di realizzazione mentre lei era in tour.

The Eras Tour: The Final Show è diretto da Glenn Weiss e prodotto dalla società di produzione dell’artista, la Taylor Swift Productions.

Al Pacino interpreterà nuovamente un boss mafioso in un thriller scritto da Luc Besson

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Al Pacino, ricordato per sempre per la sua interpretazione intimidatoria e complessa in Il padrino, interpreterà il ruolo di un altro boss della malavita in un nuovo intrigante thriller d’azione. Al suo fianco reciteranno Kiefer Sutherland ed Ever Anderson, quest’ultima diventata famosa grazie al ruolo della giovane Natasha Romanoff nel film Black Widow della MCU.

Oggi (13 ottobre), Variety ha annunciato che Pacino reciterà nel thriller Father Joe, ambientato nella Manhattan degli anni ’90, scritto e prodotto da Luc Besson (Leon: The Professional). Sutherland interpreterà un uomo di fede che combatte i criminali della città, scontrandosi con il personaggio del boss mafioso interpretato da Pacino. Nel frattempo, una giovane donna (Anderson) sotto la supervisione di Joe viene coinvolta nella mischia.

Barthélémy Grossmann (Arthur: Malediction) dirigerà Father Joe, le cui riprese inizieranno questo mese. Questo fa prevedere che Father Joe uscirà alla fine del prossimo anno, se si vuole competere nella stagione dei premi 2027. Sutherland è anche produttore, insieme alle società LB Production ed EuropaCorp. Sutherland ha dichiarato:

Sono un fan di Luc Besson sin dai tempi di Subway. Come regista e sceneggiatore, ha una capacità unica di intrecciare dramma e azione senza sacrificare nessuno dei due. Sono davvero entusiasta di questa opportunità di lavorare con lui come sceneggiatore di Father Joe e con il regista Barthélémy Grossmann. Non vedo l’ora di iniziare.

Se Father Joe sarà accolto favorevolmente dalla critica, potrebbe lanciare la diciassettenne Anderson, già una stella nascente di grande rilievo, verso nuovi livelli di fama. Dopo la sua breve ma incisiva interpretazione in Black Widow, Anderson ha ottenuto un altro ruolo di alto profilo come uno dei personaggi principali nel film Disney del 2023 Peter Pan & Wendy. Anderson appare anche in Resident Evil: The Final Chapter e Bionic Buzz.

Pacino che interpreta un altro ruolo nel genere poliziesco sarà sempre benvenuto, avendo consolidato la sua eredità in questo campo con Il padrino, Scarface, Heat, The Irishman e altri. Tuttavia, questo nuovo film sembra che si concentrerà maggiormente sul suo rivale; Kiefer Sutherland è stato il protagonista della serie d’azione 24, ma appare anche in film riflessivi come Melancholia.

Il commento di Sutherland sulla “capacità di intrecciare dramma e azione” di Besson offre forse qualche indizio su come sarà Father Joe, senza dubbio emozionante con scene di combattimento avvincenti, ma anche radicato nei suoi personaggi. In particolare, la battaglia tra Pacino e Sutherland potrebbe essere centrale, dato che si scontrano a livello morale e sostengono visioni del mondo molto diverse.

Tuttavia, probabilmente sarà ancora Anderson a emergere come il cuore di questo film in uscita, se il modo in cui il conflitto influisce su un giovane coinvolto diventerà il tema centrale. Con una leggenda come Al Pacino a bordo, la produzione spera probabilmente almeno in qualche riconoscimento ai premi del prossimo anno, che otterrà se questo sarà davvero un thriller poliziesco originale con un messaggio chiaro.

Channing Tatum è ancora stupito dalla popolarità del suo meme virale su Jump Street

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Channing Tatum ha recitato in film acclamati dalla critica e successi al botteghino, ma una delle cose per cui è più ricordato è una citazione tratta da 22 Jump Street che è diventata un meme virale, ma che secondo l’attore non sembrava particolarmente memorabile quando è stata girata inizialmente.

Il meme in questione è quando Jenko, interpretato da Tatum, mentre lavora sotto copertura, viene interrogato dai criminali su cui stanno indagando. Lui risponde, con una voce strana: Mi chiamo Jeff.” Quel momento comico, ormai iconico, è tornato alla ribalta perché nel nuovo film di Tatum, Roofman, l’attore interpreta un personaggio che si chiama proprio Jeff.

L’attore ha parlato di questa coincidenza in un’intervista con Ash Crossan di ScreenRant in occasione dell’uscita di Roofman, anche se ammette di “non averci nemmeno pensato” inizialmente. Riconosce che probabilmente dovrebbe, perché lo sente dire abbastanza spesso, anche se di solito in un luogo insolito: gli aeroporti.

Lo sento ogni volta che passo i controlli della TSA. Qualcuno della TSA, direi oltre il 95% delle volte, dice “Mi chiamo Jeff”.

Tatum aggiunge che “è incredibile cosa diventa pop culture”, perché ha detto che la battuta “non era nemmeno così divertente quel giorno”. Ma la battuta è parte di ciò che rende la serie Jump Street un classico della commedia recente.

Questo ha portato molti a riflettere sul destino di Jump Street. Tatum e Jonah Hill hanno recitato in 22 Jump Street nel 2014 e, sebbene ci siano state voci su un altro film, nulla è stato confermato. Tatum non crede che ci sarà mai un nuovo capitolo a causa del potenziale budget. Tuttavia, questo dà a Tatum la possibilità di recitare in nuovi progetti, come Roofman.

Basato su una storia vera, Roofman vede Tatum nei panni di Jeffrey Manchester, che, dopo essere finito in prigione per aver rapinato una serie di McDonald’s irrompendo dai tetti durante la notte, fugge e si nasconde in un Toys “R” Us per mesi. Mentre è nascosto, assume una nuova identità e inizia una relazione con una dipendente, rischiando la sua libertà per avere la possibilità di un legame reale.

La donna della cabina numero 10: finale e cosa è successo alla vittima spiegato in dettaglio da Keira Knightley e dal regista

La donna della cabina numero 10 porta la ricerca della verità di Laura “Lo” Blacklock (Keira Knightley) a un finale sorprendentemente felice, dopo la rivelazione del colpo di scena su cui ruota la trama. Basato sull’omonimo romanzo di Ruth Ware, il nuovo thriller di Netflix segue Lo, una pluripremiata giornalista del Guardian, che accetta quello che crede sarà un incarico facile: seguire un’iniziativa di beneficenza su uno yacht di lusso.

Il miliardario Richard Blummer (Guy Pearce) sta organizzando l’evento per raccogliere fondi per la ricerca sul cancro, a causa della diagnosi di sua moglie Anne (Lisa Loven Kongsli). Lo incontra brevemente Anne, che le rivela di voler donare tutti i suoi beni dopo la sua morte. Quella notte, Lo vede la donna nella cabina accanto alla sua essere gettata in mare, ma nessuno le crede quando tutti i passeggeri vengono ritrovati.

Non è una storia con un narratore inaffidabile”, afferma la regista Simone Stone in un’intervista con Netflix. “Il pubblico non mette mai in dubbio che questa persona abbia visto ciò che ha visto. Si è completamente d’accordo con lei e lo si accetta come un fatto. È la sua lotta contro una cospirazione.

Chi era la donna nella cabina 10 e chi l’ha uccisa, spiegato

Quando Laura torna da Anne il giorno dopo, lei la liquida e ci sono alcune incongruenze nel suo comportamento. Attraverso una pericolosa indagine, Lo scopre che la donna gettata in mare era proprio Anne. Carrie (Gitte Witt), che Lo ha incontrato brevemente prima dell’omicidio, è una sosia assunta da Richard per sostituire sua moglie dopo averla uccisa, per riprendere il controllo della fortuna.

Ho pensato che la conversazione sul presupposto patriarcale di poter semplicemente sostituire le donne, come se fossero sacrificabili, di poterle eliminare e andare avanti, fosse il fulcro del film”, dice Stone. Mentre Carrie inizialmente cerca di convincere Lo a smettere di cercare risposte, Lo la costringe a riconsiderare la questione quando le fa notare che Carrie non sarà mai al sicuro da Blummer, poiché il suo piano dipende dal suo silenzio.

L’ex fidanzato di Laura, Ben (David Ajala), un fotografo che sta seguendo la crociera, viene tragicamente ucciso mentre la aiuta a fuggire per tornare a terra e partecipare al gala, in modo che lei possa smascherare Blummer. Quando Carrie conferma la storia, Lo riesce a impedire a Blummer di fuggire con l’aiuto di Sigrid (Amanda Collin), il capo della sicurezza della crociera. La fortuna di Anne viene donata secondo i suoi desideri.

Lo torna al The Guardian e scrive una versione della storia con un tono ottimista, sottolineando che Anne e coloro che hanno aiutato Lo a fuggire hanno fatto del bene. Lo e Carrie sembrano rimanere amiche. “Una volta che Lo capisce che sta succedendo qualcosa, non accetta un no come risposta”, dice Knightley (anche a Netflix). “Lei va avanti e va avanti e va avanti”.

La donna della cabina numero 10 parla in parte di Lo, una giornalista che sta iniziando a disilludersi del suo lavoro, ma che viene ricordata del bene che c’è nelle persone. È traumatizzata perché (prima degli eventi del film) una donna che aveva accettato di parlare con lei come testimone del traffico di esseri umani è stata uccisa per impedirlo. Lo si ritrova quindi a lottare per la sua vita per scoprire la verità.

La donna della cabina numero 10 ha debuttato con un punteggio deludente su Rotten Tomatoes, ma è comunque diventato un successo mondiale su Netflix. La donna della cabina numero 10 offre un approccio unico al genere giallo, con immagini eleganti e una performance ovviamente eccellente della Knightley, e la sua conclusione illustra la chiara visione che la produzione aveva dei temi della storia.

Melissa McBride di The Walking Dead spiega il bacio di Carol a Daryl Dixon

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L’ultimo episodio di The Walking Dead: Daryl Dixon ha visto un bacio con Carol Peletier, e la star Melissa McBride ha rivelato cosa ha significato quel momento per il suo personaggio. Dopo aver recitato in The Walking Dead per 11 stagioni, McBride si è unita a Daryl Dixon come personaggio fisso della serie a partire dalla seconda stagione. Tuttavia, le trame romantiche che coinvolgono Carol sono state poche e sporadiche.

McBride ha parlato con Entertainment Weekly del bacio di Carol con Antonio durante la stagione 3 di The Walking Dead, episodio 6, “Contrabando”, e ha ammesso che era “da un po’” che il suo personaggio non aveva scene romantiche nella serie.

Dato che Carol non aveva idea se avrebbe mai rivisto Antonio, e con la posta in gioco così alta (come far uscire di nascosto suo figlio Roberto), il bacio è sembrato un passo naturale per entrambi, che l’attrice ha definito “dolce”.

Tuttavia, il bacio porterà Carol a mettere in discussione tutto. Potrebbe iniziare a chiedersi se Antonio l’abbia baciata solo perché era in uno stato di disperazione mentre cercava di salvare suo figlio. “Farà qualsiasi cosa per salvare suo figlio? È parte di questo?” si è chiesta McBride.

Nonostante Carol potesse dubitare delle sue decisioni, McBride ha amato i piccoli momenti che circondavano il legame tra Carol e Antonio. Carol è entrata nel suo “spazio nel villaggio” e ha avuto la possibilità di sperimentare le cose dal suo punto di vista e ciò che lo rende felice.

Sono anche solo le piccole cose, come le foto appese al muro, che le hanno rivelato molto su chi è veramente Antonio: è un “mistero” e un “uomo interessante”, e McBride ha apprezzato il fatto che Carol abbia incontrato una persona del genere.

I fan potrebbero avere reazioni forti al bacio tra Carol e Antonio, sia positive che negative, ma McBride spera che gli spettatori tifino affinché questi due personaggi vivano esperienze che li rendano felici, anche se rare. Secondo lei, nonostante stiano cercando di sopravvivere all’apocalisse zombie, Carol e Antonio meritano di “evolversi” come personaggi e di “vivere la vita”. Leggi i suoi commenti qui sotto:

È passato un po’ di tempo. Lui è solo grato, e poi c’è un’ondata di emozioni. Lei deve andare, deve portare Roberto fuori da lì, e si chiede cosa fare con questo. La posta in gioco è altissima, e lo rivedrà mai più? È anche molto dolce.

Cosa significa questo bacio? Lei potrebbe chiedersi cosa significhi quel bacio. È di un uomo che vuole disperatamente salvare suo figlio, e questo ha qualcosa a che fare con questo? Lei sta andando a prenderlo per portarlo in salvo, e lui farà di tutto per salvare suo figlio? Fa parte di questo?

Sai cosa mi piace? Mi piace che lei sia nel suo spazio in questo villaggio che è, per la maggior parte, quasi indenne da ciò che sta accadendo nel mondo. Lei è nel suo spazio, quindi sta vivendo la sua esperienza, e si può capire molto di una persona dalle sue cose. Le foto e i poster sul muro, le macchine fotografiche, le bobine di pellicola, la TV. Probabilmente è la prima volta dopo molto tempo che lei viene informata così tanto su qualcuno vedendolo nel suo ambiente. Lui è una tale curiosità per lei, un mistero e semplicemente un uomo interessante. Mi piace questo aspetto che ho modo di incontrare.

Stiamo raccontando una storia, e questi personaggi evolvono e vivono delle esperienze. E spero che sia quello che vogliono per loro. Comunque vada a finire, che finisca ora o più avanti, vogliamo che vivano la vita, l’amore e ogni genere di esperienza, sia insieme che separatamente.

Quando è uscito il primo Walking Dead, Carol era in una situazione vulnerabile perché aveva una relazione violenta che è finita quando i vaganti hanno attaccato il suo compagno. Più tardi, sua figlia Sophia si è trasformata in un vagante; questa grande rivelazione per gli spettatori, quando è uscita dal fienile, è stata una delle scene più iconiche dell’intera serie.

Da allora, la situazione sentimentale di Carol non è cambiata molto, anche se ha avuto una relazione con Tobin e si è sposata con Ezekiel.

L’arrivo di Antonio durante la terza stagione di The Walking Dead: Daryl Dixon è avvenuto in un momento in cui lui e Carol potevano aver bisogno l’uno dell’altra più che mai. Come ha detto McBride, Antonio è in uno stato di disperazione per suo figlio, ma il legame tra lui e Carol sembra ancora genuino.

Solo il tempo dirà se finiranno per continuare questa storia d’amore in The Walking Dead: Daryl Dixon; se così fosse, sarebbe un momento meritato per questi due personaggi.

Squali: il film italiano a metà tra The Social Network e Wall Street

Al cinema dal 16 ottobre, Squali di Daniele Barbiero vede protagonisti Lorenzo Zurzolo e James Franco in una storia che, sebbene ricordi molte altre avventure cinematografiche, trova nei motivi di suo maggiore interesse proprio la sua commistione di riferimenti, che lasciano pensare che il film di Barbiero possa essere un’esperienza cinematografica gratificante e divertente. 

In Squali, Max è un ragazzo di diciannove anni proveniente da un piccolo paese veneto, si ritrova a vivere l’estate che segue la maturità, quel periodo di libertà tanto atteso ma anche segnato dalla necessità di prendere decisioni importanti per il futuro. Insieme ai suoi amici, Filippo e Anna, ha pianificato un viaggio in Spagna per celebrare la fine della scuola, ma tutto cambia quando riceve una proposta inaspettata: Robert Price, un imprenditore nel campo delle startup, è interessato a sviluppare l’app che ha creato per aiutare i suoi coetanei a scegliere la facoltà universitaria.

Lorenzo Zurzolo in Squali (2025)
© Cortesia di Eagle Pictures

Senza rendersene conto si trova su un treno verso la Capitale, dove dovrà confrontarsi con un mondo competitivo e un’opportunità che potrebbe cambiare il suo destino. Mentre gli amici si godono un’estate spensierata, Max è costretto a fare i conti con le proprie paure, con l’incertezza di non sapere quale strada intraprendere, e con il desiderio di non rimanere
immobile in un mondo che sembra muoversi troppo velocemente. In un viaggio che lo porterà a capire cosa vuole veramente dalla vita, si troverà a dover scegliere quale strada intraprendere, quale sarà il suo futuro?

Daniele Barbiero ha realizzato una storia che si muove a metà tra The Social Network e Wall Street, tra l’emozione giovanile di vedere realizzata, prodotta e resa reale e produttiva un’intuizione arrivata esclusivamente dalla propria mente e quell’impatto duro e spesso sgradevole che i giovani di belle speranze hanno con un mondo affascinante e scintillante che però spesso nasconde oscurità e, sotto sotto, una fregatura, a meno che non siamo disposti a vendere l’anima e imparare a navigare quelle acque torbide.

James Franco come novello Gordon Gekko e Lorenzo Zurzolo come aspirante Mark Zuckerberg ci aspettano in sala dal 16 ottobre 2025, grazie a Eagle Pictures.

Boots – Stagione 2: il futuro affrontato dalla star Miles Heizer

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Miles Heizer, che interpreta Cameron Cope in Boots, ha parlato del futuro della serie di successo e delle possibili trame che potrebbero essere sviluppate in futuro. Boots ha debuttato su Netflix con recensioni estremamente positive e un punteggio del 92% su Rotten Tomatoes.

La serie, basata sul libro di memorie The Pink Marine di Greg Cope White, racconta la storia di un giovane gay che si arruola nell’esercito in un periodo in cui era illegale per la comunità LGBTQ+ farlo.

Sebbene Boots non sia ancora stato rinnovato, Heizer è ottimista. Durante un’intervista con Variety, l’attore ha riconosciuto che ci sono ancora molte storie da raccontare, tra cui altre “esperienze diverse” di Greg e l’attuazione e l’abrogazione della politica Don’t Ask, Don’t Tell. Heizer ha ammesso che continuerebbe a girare Boots per 10 stagioni se Netflix desse il via libera. Ecco i suoi commenti:

Ci sono molte storie da raccontare, dalle diverse esperienze di Greg nei Marines al Don’t Ask, Don’t Tell fino alla sua abrogazione. Lo farei per 10 stagioni se ci lasciassero.

Le politiche relative alle persone LGBTQ+ che prestano servizio nell’esercito degli Stati Uniti sono cambiate enormemente nel corso degli anni, a seconda di chi è al potere. Bill Clinton ha promulgato il Don’t Ask, Don’t Tell a metà degli anni ’90.

Considerando che la politica consentiva alle persone LGBTQ+ di prestare servizio militare senza rivelare il proprio orientamento sessuale, il DADT avrebbe dovuto fungere da compromesso tra liberali e conservatori, anche se Clinton ha poi ammesso che si è trattato di un grave errore. Il Don’t Ask, Don’t Tell è stato poi abrogato nel 2011 sotto la presidenza di Barack Obama.

Durante il secondo mandato presidenziale di Donald Trump, la comunità transgender è attualmente bandita dal servizio militare dopo che Joe Biden ha revocato la politica anti-trans del primo mandato di Trump.

Questa storia reale del Don’t Ask, Don’t Tell e di politiche anti-LGBTQ+ simili significa che ci sono molte storie che potrebbero fungere da spina dorsale per le future stagioni di Bones, come ha indicato Heizer.

L’attore ha riconosciuto che lui e il resto del Boots cast della prima stagione, che include Max Parker, Vera Farmiga, Cedrick Cooper e Ana Ayora, non si sono resi conto durante le riprese di quanto lo show sarebbe stato “rilevante”, nonostante fosse ambientato negli anni ’90, cosa che lui ha definito “sconvolgente”:

Quando abbiamo iniziato le riprese [nel 2023], non credo che avessimo intenzione di trasmettere un messaggio così rilevante per l’attualità. Ma poi, naturalmente, mentre lo stavamo realizzando, tutte queste cose hanno cominciato ad accadere. È molto interessante che “Boots” metta in luce ciò che sta realmente accadendo ora, anche se la serie è ambientata nel 1990. È sconvolgente.

L’Iraq invase il Kuwait nel 1990, un momento storico menzionato nel finale della prima stagione di Boots dopo che le nuove reclute avevano completato l’addestramento; l’episodio si concludeva con Cameron e Ray McAffey, interpretato da Liam Oh, che si preparavano ad affrontare un futuro incerto. Siamo quattro anni prima del Don’t Ask, Don’t Tell, quindi ci sono ancora altre trame che possono essere esplorate fino ad allora.

In un’epoca in cui servizi di streaming come Netflix non esitano a cancellare le serie, non c’è alcuna garanzia che Boots finirà per essere una serie di lunga durata. Un modo per aggirare questo ostacolo è quello di fare un salto in avanti nel tempo, in modo che Boots possa incentrare una stagione su Don’t Ask, Don’t Tell il prima possibile.

Se Boots verrà rinnovato, non c’è dubbio che i produttori, gli sceneggiatori e il cast continueranno a presentare storie avvincenti, importanti e rilevanti che devono essere raccontate.

Apple entra in una nuova era con il silenzioso rebranding del servizio di streaming

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Apple ha silenziosamente rinominato il suo servizio di streaming mentre lo streamer entra in una nuova era. Apple TV+ è stato lanciato nel 2019 in un momento in cui diverse società multimediali stavano creando i propri streamer e cercavano di diventare il nuovo Netflix. Disney+ ha debuttato 11 giorni dopo. HBO Max della Warner Bros. e Peacock della NBCUniversal hanno seguito l’esempio nel 2020.

Lo streamer ha annunciato oggi che eliminerà il “+” dal suo nome e d’ora in poi si chiamerà semplicemente Apple TV. In una dichiarazione, Apple ha citato questa mossa come rappresentativa della sua “nuova identità vivace”, in vista del futuro dell’azienda.

Questo annuncio è arrivato lo stesso giorno in cui è stata annunciata la data di uscita del 12 dicembre per il debutto di F1: The Movie sul servizio di streaming, dopo il successo nelle sale cinematografiche. Leggi qui sotto la dichiarazione completa di Apple sul cambiamento:

Apple TV+ è ora semplicemente Apple TV, con una nuova identità vivace. In vista del suo debutto globale in streaming su Apple TV, il film continua ad essere disponibile per l’acquisto sulle piattaforme digitali partecipanti, tra cui l’app Apple TV, Amazon Prime Video, Fandango at Home e altre.

Sebbene Apple TV non abbia quasi tanti contenuti quanto altri servizi di streaming come Netflix e Disney+, è uno streamer che privilegia la qualità alla quantità.

The Morning Show, Severance, Ted Lasso, The Studio, CODA e molti altri hanno vinto importanti premi a Hollywood, con Severance e The Studio che hanno appena vinto diversi riconoscimenti agli Emmy Awards a settembre. CODA ha vinto il premio come miglior film agli Academy Awards nel 2022.

Nonostante questi riconoscimenti, il cambio di nome di Apple TV arriva in un momento di incertezza nell’era dello streaming. Gli aumenti di prezzo per tutti i principali servizi di streaming come Apple vengono attuati a destra e a manca, il che causa sempre grande frustrazione tra gli abbonati che temono che guardare la TV al giorno d’oggi stia diventando costoso quanto avere un abbonamento via cavo tradizionale.

Ad aumentare l’incertezza è il fatto che alcuni servizi di streaming si stanno fondendo o chiudendo, tra cui Hulu che è stato incorporato in Disney+. Warner Bros. ha tentato di fondere HBO Max e Discovery+, anche se quest’ultimo esiste ancora come servizio a sé stante.

A proposito, HBO Max ha subito diversi cambi di nome, prima abbandonando “HBO” e chiamandosi Max, poi ripristinando il nome riconoscibile.

Con la fusione delle principali società di media, il futuro dei loro servizi di streaming è incerto. Ci sono notizie secondo cui Paramount vorrebbe acquistare Warner Bros. Discovery. Se ciò dovesse avvenire, i dirigenti dovrebbero decidere se fondere HBO Max e Paramount+ in un unico servizio di streaming o mantenerli separati.

Apple non sta subendo una fusione, quindi si trova in una situazione diversa rispetto ad alcuni dei suoi concorrenti. Tuttavia, eliminare il “+” dal nome del suo servizio di streaming potrebbe creare una nuova confusione. Dopotutto, Apple ha già un dispositivo di streaming, simile a Roku e Fire Stick di Amazon, chiamato Apple TV.

In futuro, ogni volta che Apple menzionerà Apple TV nei comunicati stampa e negli annunci, alcuni consumatori potrebbero confondersi sul fatto che si riferiscano al dispositivo multimediale o al servizio di streaming.

Il simbolo più è diventato sinonimo di streamer, tra cui Disney+, Paramount+ e Discovery+. Hulu aveva una versione del suo streamer chiamata Hulu Plus per differenziarla dalla versione gratuita, anche se in seguito è stata rinominata semplicemente Hulu quando è diventata un servizio solo a pagamento.

È un nuovo giorno per Apple. Con un nome più semplice, si spera che Apple TV possa continuare a produrre contenuti di qualità e aggiudicarsi molti altri premi negli anni a venire.

M. Night Shyamalan torna in TV con una nuova serie basata su un giocattolo iconico

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M. Night Shyamalan torna in televisione per dirigere una nuova serie. Il due volte candidato all’Oscar è noto per i suoi film singolari, tra cui Il sesto senso, Signs e Old. Ma in una carriera che dura da decenni, Shyamalan ha anche fatto incursioni nel piccolo schermo. Ha diretto per la prima volta il debutto della serie fantascientifica della Fox Wayward Pines, che ha ottenuto ascolti record per la sua prima puntata.

Il contributo di Shyamalan alla televisione è aumentato con la serie horror Apple TV Servant, recentemente conclusasi, di cui è stato produttore esecutivo e ha diretto cinque episodi. La serie era incentrata su una coppia che aveva perso il figlio e sugli strani colpi di scena che la storia ha preso nel corso di quattro stagioni. Ora, però, Shyamalan si prepara ad avere il suo più grande coinvolgimento in una serie televisiva.

Mattel ha rivelato che Shyamalan dirigerà, co-creerà e co-dirigerà una serie live-action basata sull’iconico franchise Magic 8 Ball. Sviluppato da Mattel Studios, il progetto è descritto come un dramma soprannaturale di alto livello incentrato sui personaggi, che unisce intensità psicologica e intrigo culturale. Brad Falchuk, due volte vincitore di un Emmy, che in precedenza ha co-creato Glee e American Horror Story, sarà sceneggiatore, co-creatore e co-showrunner insieme a Shyamalan.

Il regista di Split e The Visit ha condiviso la notizia dell’annuncio su Instagram, pubblicando una foto della sceneggiatura dell’episodio pilota. Si sottolinea che Shyamalan dirigerà, mentre Falchuk scriverà l’episodio. Date un’occhiata al post qui sotto:

 

La collaborazione tra Shyamalan e Falchuk è interessante, soprattutto se si considera il materiale di partenza. Il Magic 8 Ball, un giocattolo nero a forma di sfera inventato da Albert C. Carter e Abe Bookman, fornisce risposte casuali alle domande quando viene agitato. Ne vengono venduti un milione di esemplari all’anno. I due potrebbero divertirsi molto con questa premessa, dato che sia American Horror Story che Glee possiedono un senso dell’umorismo a volte crudo che potrebbe adattarsi alla casualità apparente delle risposte.

Questa aggiunta alla filmografia di M. Night Shyamalan arriva mentre Mattel sta cercando di aumentare la sua presenza nel cinema e in televisione dopo il successo da 1,4 miliardi di dollari di Barbie di Greta Gerwig. L’azienda ha in programma un adattamento di alto profilo di Masters of the Universe nel 2026, con Nicholas Galitzine e Camila Mendes, insieme ad altri progetti in varie fasi di sviluppo.

Mattel sta progettando adattamenti di Barney, Hot Wheels e Polly Pocket, tra gli altri.

C’è ancora molta strada da fare per la serie Magic 8 Ball in termini di rivelazione del cast e dei dettagli concreti della trama, per non parlare della sua potenziale piattaforma di streaming. Ma per i fan del lavoro del regista, sarà interessante vedere come sarà una serie completa di M. Night Shyamalan dopo che lui stesso ha anticipato la possibilità con Wayward Pines.

Predator: Badlands rompe ufficialmente una tradizione del franchise dopo 38 anni

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Predator: Badlands rompe una tradizione della serie che durava da quasi quarant’anni. In uscita nelle sale il 7 novembre, il sesto capitolo della serie di fantascienza d’azione del regista Dan Trachtenberg segue il viaggio di Thia (Elle Fanning) e Dex (Dimitrius Schuster-Koloamatangi) mentre combattono altre creature alla ricerca del nemico finale.

Regal, AMC, IMAX e altre catene di cinema hanno classificato il film con un rating PG-13, il che renderebbe Badlands il primo capitolo della famosa serie violenta a non avere un rating R. L’unica eccezione fino ad ora è Alien vs. Predator, un crossover tra le serie Alien e Predator.

Badlands presenterà un crossover con Alien introducendo un personaggio chiave nella tradizione della saga, ma il film è pubblicizzato come un film di Predator. Da quando è stata resa nota la classificazione, i fan hanno espresso sentimenti contrastanti riguardo alla classificazione più adatta alle famiglie. Alcuni temevano che il nuovo film, in parte frutto del successo di Prey, non sarebbe stato all’altezza dei suoi predecessori.

Secondo la Motion Picture Association, i film PG-13 consentono l’uso singolo di una delle parole più crude di origine sessuale e le descrizioni di violenza, se non realistiche, estreme o persistenti, mentre i film classificati R presentano scene cruente, nudità in contesti sessuali e linguaggio esplicito.

Il cambiamento di classificazione consentirebbe al nuovo film Predator di attirare un pubblico più ampio. Tuttavia, dato che il franchise ha costruito la sua reputazione sulla rappresentazione di violenza grafica e sangue, in particolare con l’originale del 1987 che si avvicinava molto al genere slasher, la classificazione indica una nuova direzione per il franchise.

Il trailer ufficiale di Predator: Badlands ha offerto ai fan un primo assaggio della dinamica tra Thia e Dex mentre intraprendono un viaggio attraverso un pianeta pericoloso. Anche se il trailer non mostra uccisioni in stile slasher, anticipa la chimica tra i personaggi principali e le azioni emozionanti. Recentemente, Trachtenberg ha anche confermato che il nuovo film condividerà almeno una caratteristica con il grande successo Prey.

In un’intervista con ScreenRant, il regista ha rivelato che Badlands inizierà con “un evento molto traumatico che spingerà Dex in un’avventura, catapultando il pubblico in una “situazione emotivamente e fisicamente molto intensa insieme a lui”. Ha inoltre sottolineato che, in sostanza, il nuovo Predator racconta la storia di due emarginati che formano un’alleanza improbabile.

Sebbene il seguito più logico alla premiere streaming da record e all’accoglienza positiva di Prey sarebbe un sequel, il produttore Ben Rosenblatt ha spiegato che ciò che ha reso Badlands una priorità è il fatto che offre “qualcosa di inaspettato” e che l’intenzione di Trachtenberg con questo film era quella di fare “un grande passo che nessuno ha ancora fatto. Essendo il primo film principale della serie a rompere la tradizione di lunga data, è in linea con la visione del regista.

Andrew Garfield commenta la possibilità di tornare a essere Spider-Man

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Andrew Garfield ha passato mesi a sostenere che non sarebbe tornato nei panni di Peter Parker in Spider-Man: No Way Home… e poi sappiamo come è andata. Mentre l’attore cercava di preservare la sorpresa per i fan, molti ora dubitano spesso di ciò che dice nelle interviste.

GQ ha recentemente parlato con l’attore britannico del suo nuovo film, After the Hunt – Dopo la Caccia. Andrew Garfield ha negato di essere pronto a tornare nei panni della sua variante di Peter Parker in Avengers: Doomsday, e gli è stato poi chiesto delle voci secondo cui The Amazing Spider-Man 3 sarebbe in lavorazione. “Non succederà e non credo che succederà mai, ma è carino da parte tua volerlo”, ha risposto Garfield, mettendo fine alle speculazioni una volta per tutte.

Dal 2021, i fan hanno fatto una campagna instancabile affinché Sony realizzasse #MakeTASM3, dopo il suo ritorno nei panni di “Peter #3”. Purtroppo, sembrano dimenticare che il film avrebbe dovuto ruotare attorno a una formula in grado di resuscitare i morti, con una sottotrama apparentemente dedicata alla testa decapitata di Norman Osborn.

Avremmo anche assistito a un film sui Sinistri Sei con Spidey come parte del team, e se questo terzo capitolo fosse stato realizzato sotto la supervisione della Sony Pictures piuttosto che dei Marvel Studios, probabilmente non sarebbe stato all’altezza delle aspettative. Dopotutto, Avi Arad non è più bravo a raccontare storie oggi di quanto non lo fosse allora. Considerando tutto ciò, The Amazing Spider-Man 3 probabilmente non sarebbe ciò che i fan sperano.

Nel luglio 2023, Garfield disse: “La storia non finisce mai. Che la giriamo o no, c’è una storia che si svolge in un universo da qualche parte, c’è un potenziale infinito con questo personaggio e altre iterazioni. Quindi sì, è sicuramente là fuori a fare qualcosa.”

The Amazing Spider-Man 3 potrebbe essere escluso, ma si prevede che Garfield e Tobey Maguire indosseranno di nuovo i costumi prima della fine della Saga del Multiverso. Potrebbe accadere in Spider-Man: Brand New Day, ma è più probabile che accada in Avengers: Secret Wars.

Più di recente, a Andrew Garfield è stato chiesto se ci fossero state discussioni su un possibile ritorno in Marvel. “Sì, certo, la tua supposizione non è infondata”, ha risposto con un sorriso. “Se fossi al tuo posto, immagino di dire ‘Sì, probabilmente ha avuto qualche conversazione’, anche, sì.”

Spinto a fornire ulteriori dettagli, Garfield decise di schivare abilmente la domanda. “Capisco anche quella domanda. Capisco anche che nella tua posizione ti starai chiedendo, visto il successo, che diresti: ‘Beh, ne stanno parlando’. Immagino come tu possa immaginare che sia vero.”

“Questo sembra un po’ illegale, una sorta di insider trading in un certo senso”, rispose quando l’intervistato gli chiese se avrebbe dovuto scommettere su Garfield che tornava a vestire i panni di Spider-Man. “Qualunque cosa dica, potrei essere ritenuto responsabile per questo, e mi rifiuto di commentare.”