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Superman: la Hall of Justice nel nuovo spot tv

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Superman: la Hall of Justice nel nuovo spot tv

L’uscita di Superman nei cinema è ormai alle porte e il film sta decisamente intensificando gli sforzi promozionali, tanto che oggi arriva anche la prima occhiata alla Hall of Justice. Quando le riprese si sono spostate da Cleveland e Cincinnati nel febbraio 2024, erano già iniziate le speculazioni sulla possibile inclusione del quartier generale della Justice League.

Diamo un primo sguardo a come apparirà la Hall of Justice in Superman, grazie a uno spot/promozione Toyota. “Vedi la Hall of Justice e ti accorgi che non è ancora finita”, ha detto James Gunn in una precedente intervista. “È di proprietà di Maxwell Lord, e lui è il proprietario della Justice Gang.”

Il quartier generale della DCU è ancora in costruzione, il che spiega il suo aspetto semplice per ora, come afferma Gunn. Ha anche precedentemente confermato che la Justice League non si è ancora formata, nonostante Superman sia attivo da tre anni.

Il cast di Superman

Superman è il primo film dei DC Studios scritto e diretto da James Gunn, con David Corenswet nei panni di Superman/Clark Kent.

Nel cast anche Rachel Brosnahan, Nicholas Hoult, Edi Gathegi, Anthony Carrigan, Nathan Fillion, Isabela Merced, Skyler Gisondo, Sara Sampaio, María Gabriela de Faría, Wendell Pierce, Alan Tudyk, Pruitt Taylor Vince e Neva Howell. Il film sarà al cinema dal 9 luglio distribuito da Warner Bros. Pictures.

Superman”, il primo film dei DC Studios in arrivo sul grande schermo, è pronto a volare nei cinema di tutto il mondo quest’estate, distribuito da Warner Bros. Pictures. Con il suo stile inconfondibile, James Gunn trasporta il supereroe originale nel nuovo universo DC reinventato, con una miscela unica di racconto epico, azione, ironia e sentimenti, consegnandoci un Superman guidato dalla compassione e da una profonda fiducia nella bontà del genere umano.

Produttori esecutivi di “Superman” sono Nikolas Korda, Chantal Nong Vo e Lars Winther. Dietro la macchina da presa, Gunn si è avvalso del lavoro di suoi collaboratori fidati, tra cui il direttore della fotografia Henry Braham, la scenografa Beth Mickle, la costumista Judianna Makovsky e il compositore John Murphy, oltre al compositore David Fleming (“The Last of Us”), ai montatori William Hoy (“The Batman”) e Craig Alpert (“Deadpool 2”, “Blue Beetle”).

F1 – Il film: il regista svela il finale alternativo del film

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F1 – Il film: il regista svela il finale alternativo del film

Il regista di F1 – Il film (qui la recensione) Joseph Kosinski ha rivelato che a un certo punto era stato girato un finale alternativo per la gara finale del film, che vedeva un vincitore completamente diverso. Nel finale che possiamo oggi vedere al cinema, il veterano Sonny apre la strada al suo compagno di squadra per portarlo al primo posto e vincere la gara, ma un incidente permette poi proprio a Sonny di correre verso la vittoria. In un’intervista con GQ, il regista Joseph Kosinski ha ora però rivelato che nel finale alternativo è invece Joshua a vincere la gara.

In realtà abbiamo girato anche un finale in cui Damson vince… Dove sale sul podio e solleva il trofeo”, dice il regista Kosinski, prima di interrogarsi. “L’abbiamo girato con le telecamere? Mi sembra che l’abbiamo girato solo per confondere le idee. Probabilmente i fan avrebbero comunque indovinato che Sonny avrebbe vinto la gara finale: è praticamente la regola di qualsiasi film sportivo soddisfacente e adatto al grande schermo che l’eroe superi le difficoltà e ne esca vittorioso… Ma chi se ne importa?

“I film riguardano più il viaggio che la destinazione. È lì che sta il divertimento. Voglio dire, chiunque può indovinare il finale di un film”, ha concluso Kosinski. Anche se non è mai stato effettivamente girato, è importante notare che Kosinski e il suo team sono arrivati al punto di inscenare il finale, il che significa che c’è stata almeno una certa valutazione di quello che doveva essere il risultato finale, invece di cercare semplicemente di ingannare gli spettatori. Tuttavia, sulla base dei commenti di Kosinski, sembra che la vittoria di Sonny Hayes fosse già stata decisa sin da subito.

F1 – Il film è la storia della redenzione di Sonny Hayes

La storia di Sonny Hayes in F1 – Il film è una storia di redenzione. La sua carriera, un tempo promettente, è stata interrotta da un incidente devastante, basato su un incidente realmente accaduto, e negli ultimi trent’anni ha inseguito il brivido delle corse ad alta velocità, anche se lontano dai riflettori che un tempo lo illuminavano. La vittoria di Sonny nella gara finale, sebbene prevedibile come esito scontato di qualsiasi dramma sportivo, rappresenta per Sonny una conquista catartica. Grazie alla fortuna e alle circostanze, è riuscito a tornare in Formula Uno, considerata la competizione automobilistica di più alto livello.

La sua vittoria offre un finale necessario all’arco narrativo del suo personaggio. Il finale alternativo lo avrebbe probabilmente visto sacrificarsi (metaforicamente) nella gara finale affinché il suo giovane compagno di squadra, la cui carriera è appena agli inizi, potesse ottenere la vittoria e intraprendere il percorso che Sonny non è mai riuscito a completare. Sarebbe stata una svolta ammirevole per il suo personaggio e avrebbe avuto perfettamente senso dal punto di vista narrativo, dato che il tempo di Sonny era finito e il momento apparteneva a Joshua.

Tuttavia, il colpo di scena finale nella gara che permette a Sonny di vincere fornisce una misura di definitività che il suo personaggio sembra aver inseguito sin da quando era giovane. Anche se Sonny ha vinto molte altre gare nella sua carriera di pilota, la vittoria in un Gran Premio di Formula Uno è stata il punto esclamativo che ha riscattato il suo infortunio di tanto tempo fa che aveva posto fine alla sua carriera.

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Adria Arjona, per James Gunn sarebbe “una grande Wonder Woman”

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Adria Arjona, per James Gunn sarebbe “una grande Wonder Woman”

James Gunn ha risposto alle voci secondo cui starebbe valutando la possibilità di affidare ad Adria Arjona il ruolo di Wonder Woman nell’Universo DC. In una nuova intervista, al co-capo dei DC Studios è stato infatti chiesto del suo seguire Arjona sui social media, cosa che ha spinto i fan a chiedersi se le avrebbe offerto il ruolo della supereroina. “Seguo Adria su Instagram, ma tutti sono usciti fuori dicendo: ‘L’ha appena seguita, significa che è Wonder Woman’”, ha detto Gunn in un’intervista a Extra.

Sarebbe una grande Wonder Woman, comunque”. Gunn ha poi continuato: “Era in un film che ho fatto sette anni fa. Siamo amici e ci conosciamo da allora. L’ho seguita allora, non ho iniziato a seguirla solo ora”. Per il momento, dunque, Gunn non si sbilancia. Sappiamo che un nuovo film su Wonder Woman è attualmente in fase di sviluppo, dunque quando la sceneggiatura sarà completa potrà iniziare il processo di casting e scopriremo se Adria Arjona otterrà davvero il ruolo.

Adria Arjona è la preferita dei fan per interpretare Wonder Woman

Il film in cui Arjona ha recitato è stato The Belko Experiment del 2016, diretto da Greg McLean e scritto da James Gunn, che lo ha anche prodotto insieme al partner dei DC Studios Peter Safran. Per quanto riguarda l’attrice, in un’intervista rilasciata all’inizio di quest’anno, alla Arjona è stato chiesto del fatto che è la favorita dai fan per il ruolo diWonder Woman. “Amo James Gunn”, ha detto l’attrice in quell’occasione. “Mi ha dato il mio primo film in assoluto, che era tipo il mio primo film in studio, quindi gli devo molto”.

Quando le è poi stato chiesto se il follow di Gunn sui social media significasse qualcosa, Arjona ha risposto: “Non lo so” e ha incrociato le dita. C’è dunque ancora molto mistero sull’attrice che otterrà il ruolo di Wonder Woman nel progetto ora confermato. Un ruolo che verrà ereditato da Gal Gadot, che l’ha interpretato per la prima volta il ruolo in Batman v Superman: Dawn of Justice del 2016, riprendendolo poi in Wonder Woman del 2017, Justice League del 2017, Wonder Woman 1984 del 2020 e con un cameo in Shazam! La furia degli Dei e The Flash del 2023.

Hot Summer Nights: la spiegazione del finale del film

Hot Summer Nights: la spiegazione del finale del film

Hot Summer Nights è un film del 2017 diretto da Elijah Bynum, che si inserisce all’interno del filone coming of age con una forte impronta neo-noir e crime drama. Ambientato durante un’afosa estate del 1991 a Cape Cod, Massachusetts, il film mescola romanticismo adolescenziale, droga, criminalità e una costante tensione emotiva che cresce fino a un epilogo drammatico. Attraverso un’estetica visiva marcata, una colonna sonora rétro e una regia stilizzata, il film propone dunque un racconto di formazione distorto, sensuale e pericoloso, in cui l’innocenza svanisce sotto il sole cocente e tra i fumi della marijuana.

Hot Summer Nights si inserisce così nel solco di film di formazione ambientati in contesti estivi densi di tensione, desiderio e pericolo, come Come un tuono, Chiamami col tuo nome (con lo stesso Chalamet) o A Bigger Splash. Tutti questi titoli condividono una narrazione che intreccia crescita personale, eros e violenza latente, spesso sullo sfondo di paesaggi assolati e isolati. Come già detto, il film di Elijah Bynum si distingue poi per il suo mix tra crime e romanticismo malinconico, avvicinandosi anche al tono cupo e nostalgico di American Honey o Thirteen, raccontando una giovinezza bruciata troppo in fretta, in un’estate destinata a non finire mai davvero.

Il film ha ricevuto reazioni contrastanti per il suo stile volutamente eccessivo e per la trama che alterna momenti di pura adrenalina a pause più introspettive. Tuttavia, è proprio il suo finale ambiguo e malinconico ad aver colpito e spiazzato molti spettatori. Nel prosieguo dell’articolo ci soffermeremo proprio su questo: analizzeremo cosa accade nel terzo atto e cosa suggerisce il destino dei personaggi principali, cercando di fornire una spiegazione chiara e approfondita del significato ultimo del film.

Maika Monroe e Timothée Chalamet in Hot Summer Nights
Maika Monroe e Timothée Chalamet in Hot Summer Nights

La trama di Hot Summer Nights

Il film è ambientato nel 1991 e racconta la storia di Daniel (Timothée Chalamet), un adolescente impacciato, riservato e solitario, la cui vita cambierà radicalmente nel corso di una calda estate. La madre di Daniel, in seguito alla morte del padre, decide di mandare il figlio a trascorrere l’estate a casa di una zia sull’isola di Cape Cod, sperando che possa trovare un po’ di serenità. Il giovane fa però fatica ad integrarsi, vivendo giornate anonime e senza direzione, fino a che non si imbatte nel ribelle della zona, Hunter Strawberry (Alex Roe). Daniel accetta di coprirlo nascondendo per lui delle bustine di marijuana mentre il delinquente è braccato da un poliziotto locale.

Entra così nelle grazie di Hunter e diventa suo socio nello spaccio di droga. Complice l’adrenalina del rischio e la sete di affermazione, Daniel comincia così a ottenere una nuova consapevolezza di se stesso, cambiando progressivamente atteggiamento e modo di vivere, arrivando anche a innamorarsi dell’enigmatica sorella del suo collega, McKayla (Maika Monroe). Ma il brio di infrangere le regole e l’ambizione crescente di Daniel porteranno presto a conseguenze drammatiche, irreversibili e fuori dal suo controllo.

La spiegazione del finale

Così, nel terzo e drammatico atto di Hot Summer Nights, l’arresto del sogno malavitoso dei protagonisti avviene con ritmo incalzante. Daniel e Hunter incontrano Dex (Emory Cohen) per un affare di cocaina, un passo che supera i limiti del loro traffico di marijuana. L’attività clandestina precipita quando però Dex scopre che i due vendono la droga senza passare per lui. Ordina così a Hunter l’omicidio di Daniel. Con un ultimo atto di lealtà, Huner avverte però l’amico di scappare e non tornare mai più. Ma l’inevitabile accade: Dex, indignato da questo ennesimo tradimento, intercetta Hunter e lo uccide brutalmente.

Alex Roe, Emory Cohen e Timothée Chalamet in Hot Summer Nights
Alex Roe, Emory Cohen e Timothée Chalamet in Hot Summer Nights

Il tutto avviene durante l’arrivo dell’uragano Bob, che diventa metafora distruttiva del caos imminente. In piena tempesta, Daniel si precipita da McKayla, ma trova la sua casa vuota e distrutta. Scopre così il corpo di Hunter, orribilmente ucciso, e la giovane, sconvolta, salta su un autobus, congedandosi per sempre da Cape Cod insieme a Daniel. Il narratore, un ragazzino testimone, chiude la storia sussurrando che nessuno dei due è mai più stato visto, forse diretti verso una nuova vita altrove.

Questo drammatico finale ribalta l’illusione di libertà che aveva animato Daniel e Hunter: la tempesta, simbolo potente della stagione e delle loro vite, devasta non solo la costa, ma anche i loro sogni. Hunter, l’esemplare selvaggio e ribelle, muore per aiutare Daniel, il timido outsider. Questo atto di sacrificio rappresenta il culmine della lealtà maschile e della loro profonda amicizia, ma soprattutto scuote Daniel, segnando un passaggio catartico verso l’età adulta .

McKayla, specchio emotivo del racconto, esce invece dalla tragedia con forza rinnovata. La morte del fratello la spinge verso un cambiamento radicale, ribadendo un’interpretazione femminista del film: le donne non sono semplici figure sullo sfondo; diventano artefici del proprio destino. Il finale aperto – con Daniel e McKayla in fuga, mai visti di nuovo – rimanda invece al desiderio di liberazione, ma anche all’incertezza radicale che caratterizza le scelte estreme. La storia diventa così un’indagine sulla responsabilità personale e sulla violenza implicita del crescere sotto pressione, in una stagione breve ma devastante.

Asher: la spiegazione del finale del film

Asher: la spiegazione del finale del film

Asher, film del 2018 diretto da Michael Caton-Jones, segna un interessante ritorno del regista britannico a un cinema più essenziale, quasi da camera, dopo un percorso variegato che lo ha visto affrontare generi e registri differenti, da Rob Roy a The Jackal. Lontano dai fasti hollywoodiani dei suoi lavori più noti, Caton-Jones costruisce con questo film un noir crepuscolare, asciutto, intimo, che si muove tra i codici del thriller e del dramma psicologico. Il film racconta la storia di un sicario ormai in là con gli anni che si trova, inaspettatamente, a desiderare un riscatto esistenziale proprio mentre il suo mondo inizia a sgretolarsi.

A dare volto e corpo al protagonista troviamo un intenso Ron Perlman, che interpreta Asher con un equilibrio calibrato di durezza e vulnerabilità. Accanto a lui, Famke Janssen regala una prova delicata nel ruolo di Sophie, una donna che entra inaspettatamente nella vita del killer, offrendo una possibilità di redenzione. Il cast si completa con attori solidi come Richard Dreyfuss, Peter Facinelli e Jacqueline Bisset. La sceneggiatura, firmata da Jay Zaretsky, privilegia i silenzi e i gesti rispetto ai dialoghi esplicativi, costruendo così una narrazione che punta all’atmosfera più che alla tensione tradizionale.

Il film si inserisce nel solco di un cinema neo-noir esistenziale, vicino per temi e stile a titoli come A Beautiful Day (You Were Never Really Here) di Lynne Ramsay o The American con George Clooney. Come in quei film, anche in Asher la figura del killer diventa una metafora per riflettere sull’identità, il tempo che passa e la possibilità di cambiare. Ma mentre questi elementi si intrecciano alla trama con sobrietà, il film si avvia verso un finale che pone interrogativi profondi e inaspettati. Proprio il finale sarà oggetto di analisi e spiegazione nei paragrafi successivi dell’articolo.

Ron Perlman in Asher
Ron Perlman in Asher

La trama di Asher

Protagonista del film è un ex agente del Mossad, Asher (Ron Perlman), che ha passato tutta la sua vita a svolgere incarichi da sicario per il boss Avi (Richard Dreyfuss). Stanco di dover uccidere per mantenersi, privo ormai di illusioni su un possibile futuro migliore e con il corpo che inizia a cedere, Asher accetta gli ultimi tre lavori da Avi prima di ritirarsi del tutto da quella vita. Ma a causa di un improvviso svenimento un colpo va storto ed è però così che il killer incontra la bellissima insegnante di danza Sophie (Famke Janssen).

I due si conoscono per caso e Asher, sebbene non possa condividere nulla del suo passato violento e solitario, è deciso per la prima volta nella sua vita a non voltare le spalle a qualcosa di buono e puro come l’amore. Quando però le cose vanno male durante un colpo insieme al suo apprendista Uziel (Peter Facinelli), Asher si ritrova con un bersaglio sulla testa, che minaccerà di portargli via tutto ciò che ha appena scoperto di voler proteggere.  Costretto a fare i conti con le sue scelte, dovrà affrontare una resa dei conti definitiva.

La spiegazione del finale

Nel terzo atto di Asher, la tensione accumulata nel corso del film giunge a un punto di rottura. Dopo una lunga carriera come sicario per conto di un’organizzazione criminale, Asher capisce che il suo tempo è finito. La scelta di disobbedire agli ordini, legata al crescente desiderio di una vita diversa accanto a Sophie, lo rende però un bersaglio. Quando l’organizzazione decide di eliminarlo, Asher si ritrova in una spirale di violenza che culmina in un confronto diretto con il suo ex mentore e amico Avi. In un combattimento finale, carico di silenzi e colpi lenti ma definitivi, Asher riesce ad avere la meglio, ma il prezzo è altissimo.

Ron Perlman e Famke Janssen in Asher
Ron Perlman e Famke Janssen in Asher

La sua sopravvivenza resta incerta, il suo corpo ferito e la sua mente logorata. Nel finale vero e proprio, Asher torna da Sophie. Il loro ultimo incontro è segnato da un silenzio intenso e da uno sguardo che dice più di qualsiasi parola. Non c’è lieto fine esplicito, né una chiusura rassicurante: il film si conclude con una cena in casa di Sophie, dove Asher si presenta vestito con abiti civili, come se volesse affermare un’identità nuova. Ma la scena è ambigua: non è chiaro se ciò che vediamo sia reale o solo una proiezione del desiderio del protagonista. La macchina da presa indugia su dettagli quotidiani, quasi a voler suggerire che, per un attimo, anche un uomo come Asher può immaginare un’esistenza normale.

Tematicamente, il finale di Asher rappresenta la tensione irrisolta tra redenzione e condanna. Il protagonista è consapevole che il suo passato non può essere cancellato, ma tenta comunque un atto finale di trasformazione. Il suo ritorno da Sophie non è solo il desiderio di un amore possibile, ma anche la ricerca di un’identità che vada oltre quella del killer. Il fatto che il film scelga di non mostrare apertamente la sua sorte definitiva riflette l’idea che il cambiamento non è mai garantito: può essere tentato, forse sognato, ma raramente raggiunto.

In questo senso, Asher si avvicina a un certo cinema noir esistenziale in cui il protagonista non trova una vera via d’uscita, ma solo un’illusione di salvezza. Il finale è volutamente sospeso, malinconico, segnato da una quiete che non sa se essere pace o resa. Non è tanto la morte o la sopravvivenza di Asher a contare, quanto l’intensità dell’ultimo gesto: un uomo che ha vissuto nell’ombra prova, per un breve momento, a camminare nella luce.

Interceptor – Il guerriero della strada: la spiegazione del finale del film

Interceptor – Il guerriero della strada rappresenta un capitolo fondamentale nella saga post-apocalittica diretta da George Miller, posizionandosi come sequel diretto del primo Mad Max – Interceptor (1979). A differenza dell’esordio, che presentava un mondo ancora in bilico tra ordine e caos, il secondo film ci immerge in un’Australia ormai completamente collassata, dominata dalla legge del più forte e da bande di predoni motorizzati. Questo salto temporale e narrativo contribuisce a ridefinire il tono della saga, rendendola un punto di riferimento per l’estetica e l’immaginario del cinema post-apocalittico.

Il film introduce diversi elementi destinati a diventare iconici all’interno del franchise: l’immaginario visivo fatto di deserti sterminati, costumi punk, veicoli corazzati e inseguimenti mozzafiato. Ma Interceptor – Il guerriero della strada segna anche un’evoluzione nel personaggio di Max, interpretato da Mel Gibson, che da ex poliziotto devastato dalla perdita della famiglia diventa un solitario disilluso, apparentemente senza più alcuna motivazione se non la sopravvivenza. Il film bilancia perfettamente l’azione adrenalinica con momenti di introspezione, offrendo un racconto secco ed essenziale che ha ispirato numerose produzioni successive, da Waterworld a The Book of Eli.

Accolto con entusiasmo da critica e pubblico, Interceptor – Il guerriero della strada consolidò la fama internazionale di Miller e trasformò Mad Max in un’icona globale. Il film fu lodato per il suo ritmo serrato, la regia inventiva e la capacità di costruire un mondo credibile e originale con risorse limitate. Parte del suo successo risiede anche in un finale potente e sorprendente, che rilegge il ruolo dell’eroe solitario e della comunità in un contesto di distruzione e rinascita. Nel resto dell’articolo analizzeremo proprio questo finale, fornendo una spiegazione approfondita del suo significato simbolico e narrativo.

Interceptor - Il guerriero della strada Mel Gibson

La trama di Interceptor – Il guerriero della strada

A seguito di una terza guerra mondiale, il mondo vive ora una serie di regressioni. Numerose sono le risorse ormai prossime all’estinzione, con la conseguenza che interi popoli si ritrovano a vivere in uno stato brado. A complicare la situazione, vi la totale scomparsa della legge e dell’ordine, con il naturale proliferare della criminalità e della violenza. In questo contesto, l’ex agente di polizia Max Rockatansky vaga a bordo della sua V8 Interceptor alla ricerca di cibo e carburante. Nel corso dei suoi viaggi, egli finisce con l’imbattersi nella Tribù del Nord, capeggiata da Pappagallo.

Da loro, Max viene a conoscenza dei continui soprusi che sono costretti a subire da una banda criminale. Questa è guidata dal sanguinario Lord Humungus, un uomo muscolo dal viso sfigurato, che copre dunque con una maschera da hockey. Proprio mentre Max si trova lì, la Tribù riceve un ultimatum dal gruppo di banditi. Se lasceranno loro l’impianto di carburante, potranno lasciare indenni quella che è ora rinominata la Valle della Morte. A quel punto, Max si offrirà di proteggerli ma il compito si rivelerà molto più pericoloso del previsto.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Interceptor – Il guerriero della strada, Max accetta di aiutare la comunità di sopravvissuti che custodisce una preziosa riserva di carburante, insidiata dalla violenta gang di Humungus. Dopo un primo tentativo fallito di fuga, Max propone un piano rischioso: distrarre i predoni lanciandosi in una corsa disperata alla guida di un’autocisterna, mentre gli altri membri della comunità fuggono attraverso un percorso secondario. Ne nasce un lungo e spettacolare inseguimento nel deserto, dove Max affronta un assalto brutale e adrenalinico, contrastando gli aggressori con ogni mezzo. Durante l’attacco finale, Wez, il feroce braccio destro di Humungus, riesce ad aggrapparsi alla cisterna, ma viene ucciso nello scontro. Anche Humungus trova la morte schiantandosi frontalmente contro il veicolo guidato da Max.

Interceptor - Il guerriero della strada sequel

 

Dopo la carneficina, Max esce gravemente ferito dal relitto dell’autocisterna. È in quel momento che il film svela il suo colpo di scena: il camion che Max ha rischiato la vita per proteggere non trasportava carburante, ma sabbia. Il vero carburante era stato caricato sui veicoli con cui gli altri membri della comunità si erano messi in salvo, all’insaputa dei predoni e degli spettatori. Il narratore, che si rivela essere il giovane “Ragazzo Selvaggio” ormai adulto, racconta che Max non si unì mai alla loro nuova colonia, ma divenne una leggenda, il guerriero solitario che li aveva aiutati a iniziare una nuova vita.

Il finale di Interceptor – Il guerriero della strada rafforza uno dei temi centrali della saga: l’eroismo involontario e la redenzione di un uomo che non cerca gloria né riconoscenza. Max rimane un outsider, segnato dal trauma, ma la sua scelta di rischiare tutto per aiutare gli altri rappresenta una rinascita morale. In un mondo dove l’umanità sembra perduta, la solidarietà e il sacrificio assumono un valore rivoluzionario. Il colpo di scena finale non è solo narrativo, ma etico: Max diventa l’esempio di un eroe che agisce nonostante la sfiducia, spinto da un istinto di giustizia che nemmeno l’apocalisse ha cancellato.

Inoltre, il film chiude con una nota ambigua e malinconica, ma al tempo stesso aperta. Max sopravvive, ma non si unisce alla nuova civiltà: la sua missione è finita, e la sua solitudine continua. Questo epilogo anticipa perfettamente Mad Max oltre la sfera del tuono, il terzo capitolo della saga, dove Max sarà nuovamente coinvolto – suo malgrado – nei destini di una nuova comunità, confermando il suo ruolo di figura messianica e tragica, condannata a vagare nel deserto ma incapace di voltare le spalle a chi ha bisogno di aiuto.

Al via la 14ª edizione di Ciné – Giornate di Cinema

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Al via la 14ª edizione di Ciné – Giornate di Cinema

Al via la 14ª edizione di Ciné – Giornate di Cinema, manifestazione promossa da ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali) in collaborazione con ANEC (Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici), con la partecipazione di ACEC (Associazione Cattolica Esercenti Cinema), sostenuta dal MiC, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Emilia-Romagna Film Commission e dal Comune di Riccione, prodotta e organizzata da Cineventi.

Dopo aver inaugurato gli appuntamenti riccionesi per il pubblico con il palinsesto di Ciné in Città, martedì 1 luglio entra nel vivo la convention business che proseguirà fino al 4 luglio all’interno del Palazzo dei Congressi.

Ad aprire i lavori di Ciné (ore 14.45, Sala Polissena) sarà il consueto appuntamento con il convegno a cura di Box Office, incentrato quest’anno su Produzione italiana e nuovi linguaggi narrativi. Il convegno, moderato da Paolo Sinopoli (Responsabile Box Office), sarà l’occasione per riflettere sull’evoluzione del cinema nazionale, tra modelli produttivi emergenti e forme espressive in trasformazione, con interventi di: Isabel Aguilar (Sceneggiatrice), Paolo Del Brocco (Amministratore Delegato di Rai Cinema), Marta Donzelli (Produttrice di Vivo Film), Giampaolo Letta (Vicepresidente e Amministratore Delegato di Medusa Film), Annamaria Morelli (Ceo di The Apartment), Massimo Proietti (Ceo di Vision Distribution e Deputy Managing Director di Universal Pictures International Italy).

La Sala Concordia aprirà le porte alle ore 16.45 con la Cerimonia di inaugurazione della 14 edizione alla presenza di Alessandro Usai (Presidente ANICA), Luigi Lonigro (Presidente Unione Editori e Distributori Cinematografici ANICA), Benedetto Habib (Presidente Unione Produttori ANICA), Mario Lorini (Presidente ANEC), Fabio Abagnato (Direttore Emilia-Romagna Film Commission), Daniela Angelini (Sindaca Comune di Riccione).

Le convention, momento centrale della manifestazione, prenderanno il via alle ore 17.30 con Universal Pictures, seguita da I Wonder Pictures (ore 18.45), che presenteranno i loro listini per la prossima stagione.

Tantissimi saranno i registi e i protagonisti che durante la manifestazione si daranno appuntamento a Riccione per mostrare e raccontare ciò che arriverà in sala nei prossimi mesi. Accanto ai nomi già annunciati, tra cui Diego Abatantuono, Geppi Cucciari, Andrea Di Stefano, Pierfrancesco Favino, Paolo Virzì, Valerio Mastandrea, Michele Riondino, Massimiliano Bruno e Edoardo Leo, nuovi ospiti si aggiungono alla manifestazione. Saranno infatti presenti all’interno della convention di Notorious Pictures Monica Guerritore per AnnaDiego Abatantuono, Max Angioni e il regista Volfango De Biasi per Esprimi un desiderio, mentre per PiperFilm arriveranno Lillo PetroloNaska e Maurizio Lastrico per Tutta colpa del rock di Andrea Jublin, Claudio Amendola per Fuori la verità di Davide Minnella e Edoardo Leo per Per te di Alessandro Aronadio.

Spazio anche alle anteprime con La famiglia Leroy di Florent Bernard (ore 20.00, Cinepalace, proiezione aperta anche al pubblico), commedia francese con protagonista Charlotte Gainsbourg, al cinema a settembre con Wanted Cinema, e Warfare – Tempo di guerra (ore 22.00, Cinepalace, proiezione riservata a esercenti e stampa, con prenotazione), film A24 di Alex Garland e Ray Mendoza, esperienza immersiva nella sconvolgente realtà dei conflitti moderni, in uscita ad agosto con I Wonder Pictures.

La serata proseguirà con Ciné in città, il programma di appuntamenti gratuiti per il pubblico che trasformerà Riccione in una sala cinematografica a cielo aperto. Protagonista della serata sarà Anna Foglietta, attrice e Presidente della Onlus Every Child Is My Child, che presenterà  il suo nuovo progetto video È come sembra, realizzato nell’ambito del laboratorio artistico promosso dalla Fondazione Una Nessuna Centomila e prodotto da AssoConcerti, sul tema della violenza di genere. Il talk sarà moderato da Piera Detassis (giornalista e Presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello), cui seguirà la proiezione di Questi fantasmi!, adattamento dell’omonima commedia di Eduardo De Filippo interpretato da Anna Foglietta e Massimiliano Gallo per la regia di Alessandro Gassmann.

Martedì 1 luglio prende il via anche Ciné Camp – Il camp di cinema per gli under 18, la sezione di cinema di Ciné dedicata a ragazzi e ragazze dai 10 ai 17 anni, in collaborazione con Giffoni Film Festival, con film, laboratori e incontri con le star. I giovani appassionati avranno la possibilità di partecipare ai laboratori di Set cinematografico (a cura di Almost Famous Produzione), di Improvvisazione scenica (a cura di Giffoni Film Festival) e di Animazione (a cura di Movimenti Productions), oltre che di rivedere sul grande schermo un classico dell’animazione come Lilli e il Vagabondo di Hamilton Luske, Clyde Geronimi e Wilfred Jackson (ore 19.30, Arena).

Il diavolo veste Prada 2: confermato il cast originale. Anche Kenneth Branagh a bordo

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La produzione dell’attesissimo Il diavolo veste Prada 2 della 20th Century Studios è in pieno svolgimento, e i quattro attori principali Meryl Streep, Anne Hathaway, Emily Blunt e Stanley Tucci sono stati ufficialmente annunciati dalla Disney, ma c’è un’aggiunta: il premio Oscar Kenneth Branagh che interpreterà il marito di Miranda Priestly, la regina di ghiaccio della Streep e direttrice della rivista di moda.

Un tempismo perfetto per la 20th Century Studios per quanto riguarda l’uscita definitiva di questo film, dato che l’industria della moda si trova ora in un’epoca in cui la caporedattrice di Vogue Anna Wintour si è appena dimessa dopo 37 anni (si vocifera che l’autrice originale del bestseller del New York Times, Lauren Weisberger, si sia ispirata a Wintour, di cui era l’assistente personale).

Downton Abbey: Il Gran Finale, nuovo trailer esteso del film!

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Downton Abbey: Il Gran Finale, nuovo trailer esteso del film!

Focus Features ha pubblicato un nuovo trailer ufficiale ed esteso di Downton Abbey: Il Grand Finale, il terzo e ultimo film della serie cinematografica basata sulla serie televisiva in costume della PBS creata da Julian Fellowes. Il film uscirà nelle sale il 12 settembre.

La trama e il cast di Downton Abbey: Il Gran Finale

Questo nuovo capitolo segue la famiglia Crawley e il suo personale all’inizio degli anni ’30. Quando Mary si ritrova al centro di uno scandalo pubblico e la famiglia deve affrontare difficoltà finanziarie, l’intera famiglia deve fare i conti con la minaccia del disonore sociale. I Crawley devono accettare il cambiamento mentre il personale si prepara a un nuovo capitolo con la prossima generazione che guiderà Downton Abbey verso il futuro.

Simon Curtis torna alla regia dell’ultimo capitolo dopo aver diretto Una Nuova Era. Fellowes ha scritto tutti e tre i film.

Il cast familiare torna anche per Downton Abbey: Il Grand Finale, che include Michelle Dockery, Hugh Bonneville, Laura Carmichael, Jim Carter, Raquel Cassidy, Brendan Coyle, Michelle Dockery, Kevin Doyle, Michael Fox, Joanne Froggatt, Paul Giamatti, Harry Hadden-Paton, Robert James-Collier, Allen Leech, Phyllis Logan, Elizabeth McGovern, Sophie McShera, Lesley Nicol, Dominic West, Penelope Wilton, Joely Richardson, Paul Copley e Douglas Reith.

Nel cast del franchise compaiono anche Joely Richardson, Alessandro Nivola, Simon Russell Beale e Arty Froushan. I produttori sono Gareth Neame, Fellowes e Liz Trubridge. Nigel Marchant è il produttore esecutivo.

L’ultima missione: Project Hail Mary, trailer e poster del nuovo film di Phil Lord e Christopher Miller

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Le prime immagini di L’ultima missione: Project Hail Mary, il nuovo film Sony Pictures diretto dai premi Oscar® Phil Lord e Christopher Miller (Spider-Man – Un nuovo universo) con i candidati al  premio Oscar® Ryan Gosling (Barbie, La La Land) e Sandra Hüller (Anatomia di una caduta, La zona d’interesse).

Il film è basato sul romanzo “Project Hail Mary” di Andy Weir, autore di “The Martian”. Nel cast anche Lionel Boyce (The Bear), Ken Leung (A.I. – Intelligenza artificiale), Milana Vayntrub (A cena con il lupo – Werewolves Within). L’ultima missione: Project Hail Mary sarà nelle sale italiane da marzo 2026 distribuito da Eagle Pictures.

La trama di L’ultima missione: Project Hail Mary

L’insegnante di scienze Ryland Grace (Ryan Gosling) si sveglia su un’astronave lontano da casa anni luce e senza alcun ricordo di chi sia o di come sia arrivato lì. Con il riaffiorare della sua memoria, torna alla luce lo scopo della sua missione: risolvere l’enigma della misteriosa sostanza che sta causando il collasso del Sole. Dovrà fare affidamento sia sulle sue conoscenze scientifiche che sulle sue capacità di pensare fuori dagli schemi per salvare dall’estinzione la vita sulla Terra… ma un’inaspettata amicizia gli farà capire che non è solo in questa impresa.

Il dio dell’amore: concluse le riprese del film di Francesco Lagi

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Si sono appena concluse, dopo sette settimane a Roma, le riprese di Il Dio dell’amore la nuova commedia sull’amore contemporaneo raccontato attraverso gli occhi “storici”, curiosi e indagatori di un padrino d’eccezione, il grande letterato, maestro di seduzione, poeta esperto d’amore: Ovidio, interpretato da Francesco Colella. Nel cast Benedetta Cimatti, Francesco Colella, Corrado Fortuna, Vinicio Marchioni, Isabella Ragonese, Vanessa Scalera.

Il Dio dell’Amore è un viaggio, o un’esplorazione, nelle relazioni amorose. Una storia sui destini sentimentali di alcune persone, sui loro modi di amarsi, di sfiorarsi, di entrare in contatto uno con l’altro. È un racconto corale dal tono ironico, sorridente ma anche amaro, che disegna una umanità impelagata nel caos dei sentimenti che da sempre ci agitano e ci meravigliano. I personaggi sono tutti collegati da relazioni amorose e, se visti tutti insieme, tutti parte di un fitto disegno, una tessitura dove ognuno è un nodo, un inizio e una fine. Il loro destino è in mano al Dio dell’Amore, una creatura capricciosa e imprevedibile, a volte benevolo e mite e a volte invece agguerrito e battagliero. A condurci in questo viaggio è il poeta Ovidio, l’eterno cantore dell’amore che, al di là di ogni sentimentalismo e di ogni morale, torna dalla Roma Imperiale direttamente nella nostra contemporaneità per raccontarci questa storia.

Il dio dell’amore – foto di Emanuela Scarpa

Il film, scritto da Enrico Audenino e Francesco Lagi, è diretto da Francesco Lagi ed è una produzione Cattleya – parte di ITV Studios – BartlebyFilm e Vision Distribution in collaborazione con SKY. Girato interamente a Roma vede tra gli altri interpreti Anna Bellato, Enrico Borello, Chiara Ferrara e Elia Nuzzolo. Il film uscirà al cinema prossimamente distribuito da Vision Distribution.

Squid Game – Stagione 3: la verità sul perché In-ho è diventato il Front Man

Dopo aver alimentato il mistero nel corso della serie, la terza stagione di Squid Game (leggi qui la recensione della Stagione 3) rivela finalmente il vero motivo per cui In-ho è diventato il Front Man, e la verità mette in luce la dolorosa realtà del trauma. Uno dei nuovi personaggi più interessanti della seconda stagione (qui la recensione), In-ho, l’uomo dietro la maschera del Front Man, si unisce ai giochi insieme a Gi-hun per la seconda volta. Prima di questo, il pubblico aveva saputo di lui attraverso Jun-ho, suo fratello, che lo aveva cercato per anni dopo che In-ho era partito per partecipare ai giochi.

Nonostante In-ho appaia in tutta la seconda stagione (qui la spiegazione del finale di stagione) di Squid Game, la serie non fa nulla per rispondere alla domanda più urgente sul personaggio: come è diventato il Front Man. Fortunatamente, il pubblico scopre la verità su ciò che ha portato l’ex campione a diventarlo grazie ai flashback della terza stagione.

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I flashback di In-ho nella terza stagione di Squid Game rivelano come ha vinto i giochi

Dopo la seconda e la terza stagione di Squid Game, In-ho è forse il personaggio più interessante e moralmente complesso della serie. Sebbene si comporti in modo calcolato e freddo, nella seconda stagione sembra anche avere un codice morale e un briciolo di umanità. Ciò è particolarmente evidente quando si tratta di proteggere Jun-hee. Ciò solleva la domanda su come abbia vinto il 28° Squid Game. L’empatia renderebbe senza dubbio la vittoria in Squid Game incredibilmente difficile. Fortunatamente, la vittoria di In-ho ha molto più senso dopo aver visto il flashback nella terza stagione.

Il suo forte codice morale e la sua umanità sembrano essere stati solo una recita. Invece di vincere il premio in denaro in modo onesto, In-ho ha vinto senza giocare la partita finale. Invece, In-ho ha scelto la via codarda e ha barato. Nel flashback dell’episodio 5 della terza stagione di Squid Game, Oh Il-nam gli parla mentre indossa la maschera VIP. Offre a In-ho un coltello per tagliare la gola a tutti i suoi concorrenti, in modo che possa vincere i miliardi di won senza dover giocare l’ultima partita. In-ho accetta questa proposta, il primo passo verso la sua trasformazione in Front Man.

Squid Game In-ho

In-ho ha dovuto rinunciare alla sua umanità per vincere i giochi prima del round finale

L’accordo di In-ho di uccidere gli altri giocatori con il coltello erode la sua ultima goccia di compassione. Si potrebbe sostenere, tuttavia, che fosse disperato di prendersi cura di sua moglie, una scelta radicata nell’amore. Tuttavia, il colpo di grazia alla sua umanità è il coltello che lui stesso conficca nel petto dei suoi concorrenti. Il suggerimento era semplicemente quello di tagliare la gola ai concorrenti, ma In-ho fa un passo in più. Quando uccide un giocatore, la telecamera fa una panoramica per mostrare che i corpi dei concorrenti sono brutalmente pugnalati e squarciati.

Sembra essere in uno stato di frenesia, vista la velocità con cui pugnalata l’altro giocatore e il suo linguaggio del corpo. Sebbene non sia spiegato esplicitamente perché abbia fatto di tutto invece di limitarsi a tagliare loro la gola, possiamo dedurre dal contesto che il trauma dei giochi lo ha fatto scattare. Questo rende ancora più interessanti i parallelismi e le differenze tra In-ho e Gi-hun, perché entrambi avevano motivazioni relativamente simili e hanno vissuto esperienze relativamente analoghe durante i giochi, ma con esiti diversi.

Gi-hun e In-ho avevano entrambi una persona cara con spese mediche che non potevano coprire. Entrambi sono arrivati fino alla fine, vedendo morire le persone intorno a loro. Tuttavia, In-ho ha ceduto al sistema che lo ha traumatizzato, perdendo la sua umanità e diventando l’incarnazione della frase “le persone ferite feriscono gli altri”. Nel frattempo, Gi-hun ha mantenuto la sua umanità, anche se ha avuto momenti più bui nella terza stagione di Squid Game. Ha messo a rischio la sua vita per combattere contro i giochi, dimostrando che non tutti coloro che subiscono traumi orribili fanno subire agli altri la stessa cosa.

In-ho uccide spietatamente gli altri concorrenti e dimostra a Il-nam di essere speciale

Sebbene il pubblico veda come In-ho vince il suo round di Squid Game, non viene mostrato mentre assume il comando del Front Man. Viene spontaneo chiedersi perché Il-nam abbia scelto In-ho come nuovo Front Man invece di scegliere un vincitore di un altro anno. La risposta potrebbe trovarsi nella spietatezza con cui In-ho uccide gli altri giocatori. Il fatto che la stessa proposta venga offerta sia nella 28ª che nella 27ª edizione di Squid Game suggerisce che ai concorrenti più promettenti venga fatta esattamente la stessa offerta prima della partita finale.

Squid Game Front Man

In-ho probabilmente non è il primo a dire di sì all’idea di uccidere gli altri giocatori con un coltello per poter avere tutti i soldi. Tuttavia, quando si tratta di uccidere, va ben oltre, dimostrando involontariamente a Il-nam che sarebbe un membro prezioso del team. Considerando il modo estremo in cui ha ucciso i suoi concorrenti, non avrebbe alcuna remora a dare l’ordine alle guardie rosa di sparare ai concorrenti con mitragliatrici.

Il-nam ha fatto a In-ho ciò che In-ho ha cercato di fare a Gi-hun nella terza stagione di Squid Game

Come spiegato, Gi-hun è riuscito a mantenere la sua umanità durante le stagioni 2 e 3 di Squid Game, ma non è stato facile. La sua scelta di uccidere Dae-ho potrebbe essere stata pratica, dato che doveva passare al gioco successivo, ma è stato anche un atto di vendetta molto personale. Ciò ha prefigurato la possibilità che Gi-hun superasse il punto di non ritorno per quanto riguarda la sua umanità.

Poi, alla fine della terza stagione di Squid Game, In-ho fa a Gi-hun la stessa offerta che lui stesso ha ricevuto. Vedendo come si è comportato con Dae-ho, In-ho potrebbe aver sperato che i giochi avessero annientato la sua umanità. Come spettatori, viene da chiedersi se sarebbe passato all’oscurità. In-ho sperava che Gi-hun prendesse la stessa decisione, rendendolo insensibile alla vita umana.

Fortunatamente, quando ne ha più bisogno, Gi-hun vede Sae-byeok. Lei gli disse di non uccidere Sang-woo a sangue freddo nella stagione 1 di Squid Game perché non è quello che lui è come persona. Questo ricordo o allucinazione (non è chiaro quale dei due) gli ricorda chi era prima che i giochi lo indurissero. È la sveglia di cui ha bisogno. Se avesse ucciso i suoi avversari, avrebbe potuto trasformarsi in qualcuno in grado di assumere il ruolo di Front Man negli anni futuri. L’ultimo gesto di Sae-byeok nella storia, molto tempo dopo la sua morte, è dunque quello di salvare Gi-hun.

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Daredevil: Rinascita, Vincent D’Onofrio risponde alle accuse sull’indebolimento di Kingpin

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Daredevil: Rinascita (qui la recensione) era stata originariamente concepita come un nuovo inizio per l’Uomo senza paura. Come nel caso della DCU, la serie avrebbe dovuto mantenere alcuni degli attori della serie Netflix Daredevil, ma ignorare in gran parte ciò che era accaduto in precedenza. Poi, però, è avvenuta una revisione creativa. La serie Disney+ è diventata essenzialmente la quarta stagione, riportando in scena personaggi che in precedenza sarebbero stati accantonati, tra cui Karen Page e Foggy Nelson.

Nella nuova stagione, inoltre, Wilson Fisk diventa sindaco e prende il controllo della città. Nel finale, schiaccia poi la testa del commissario della polizia di New York a mani nude, probabilmente la scena più cruenta mai vista nell’MCU. Nonostante ciò, un fan ha recentemente scritto su X all’interprete di Fisk, Vincent D’Onofrio, affermando che la Disney ha “indebolito” la sua versione del Kingpin del crimine. Come ci si poteva aspettare, l’attore non è d’accordo.

Devo dire che non sono d’accordo con tutto ciò che dici. Ad essere sincero, le mie interpretazioni sono state definite in molti modi, ma mai indebolite”, ha affermato D’Onofrio. “Tuttavia, non recito la parte solo per te, e tu non guardi la TV solo per me. Quindi siamo pari, e accetto la tua critica. Non importa la mancanza di sportività, correttezza e legittimità”.

Il fan in questione ha continuato a insistere sulla questione, spingendo la star di Daredevil: Rinascita a rispondere: “Sono io a controllare la performance del mio personaggio. Lei è un po’ inesperto quando si tratta di realizzare uno show. I dettagli, la sceneggiatura, le tecnologie e la struttura e l’architettura complessiva nella definizione della trama e nell’esecuzione delle performance”.

Continua a dire che il problema è la sceneggiatura. Forse non le piace. A molti invece piace. Non possiamo accontentare tutti, ma possiamo accontentare milioni di persone, e loro lo hanno detto. I nostri fan sono molto rumorosi“. “Mettiamo che io fossi al tuo posto e odiassi la rappresentazione di Kingpin tanto quanto te”, ha continuato D’Onofrio. “Ne starei alla larga. Sosterrei la narrazione che amo invece di criticare gli sceneggiatori e la performance di qualcuno”, ha concluso l’attore.

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La trama e il cast di Daredevil: Rinascita

In Daredevil: Rinascita della Marvel Television, Matt Murdock (Charlie Cox), un avvocato cieco con capacità straordinarie, lotta per ottenere giustizia nel suo vivace studio legale, mentre l’ex boss mafioso Wilson Fisk (Vincent D’Onofrio) persegue le sue iniziative politiche a New York. Quando le loro identità passate iniziano a emergere, entrambi gli uomini si ritrovano inevitabilmente su una rotta di collisione. Entrambi torneranno nella Stagione 2.

La serie vede la partecipazione anche di Margarita Levieva, Deborah Ann Woll, Elden Henson, Zabryna Guevara, Nikki James, Genneya Walton, Arty Froushan, Clark Johnson, Michael Gandolfini, con Ayelet Zurer e Jon Bernthal. Dario Scardapane è lo showrunner.

La prima stagione è disponibile su Disney+.

James Gunn rivela se anche il Batman del DCU avrà i mutandoni

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James Gunn rivela se anche il Batman del DCU avrà i mutandoni

In una recente intervista, la costumista di Superman Judianna Makovsky ha rivelato che la decisione di far indossare all’Uomo d’Acciaio interpretato da David Corenswet gli iconici slip rossi è stata presa all’ultimo minuto e che lo stesso James Gunn era molto indeciso a riguardo. “C’erano molte persone che non volevano gli slip e molte altre che invece li volevano. James era molto indeciso. E devo dire che mi sono rifiutata di arrendermi”, ha dichiarato Makovsky.

Alla fine, si è deciso di optare per il look classico, ma questo significa che Superman ha creato un precedente? I fan devono aspettarsi che anche Batman, Lanterna Verde, Martian Manhunter e altri eroi DC seguano la scelta adoperata per l’Ultimo Figlio di Krypton? “Non abbiamo ancora deciso. Le mutande vanno bene. Vedremo cosa succederà”, ha detto Gunn a Comicbook. Ha poi aggiunto: “Penso che sia meno probabile che alcuni degli altri personaggi indossino i pantaloncini”.

A riguardo, concentrandosi su Batman, ha dichiarato: “Sono più parte del costume di Superman che di quello di Batman, anche se nei fumetti Batman li ha indossati spesso”. Sembra poi che nel film Superman ci sarà un motivo specifico che spiega perché Superman indossa i mutandoni rossi sopra il costume, ma la discussione ha preso un’altra piega per evitare spoiler.

Come noto, il primo sguardo al costume di David Corenswet è stato rivelato nel maggio 2024 e ci sono state molte discussioni su questi dettagli, incentrate sulla decisione di includere i pantaloncini. A più di un anno di distanza, l’opinione pubblica è notevolmente cambiata e molti fan ora vedono il costume in modo più positivo. Per quanto riguarda Batman, però, sembra che possiamo aspettarci un costume senza questo particolare dettaglio.

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Tutto quello che sappiamo su The Brave and the Bold

Parlando l’anno scorso dei piani dei DC Studios per The Brave and the Bold, James Gunn ha detto: “Questa è l’introduzione del Batman del DCU. È la storia di Damian Wayne, il vero figlio di Batman, di cui non conoscevamo l’esistenza per i primi otto-dieci anni della sua vita. È stato cresciuto come un piccolo assassino e assassina. È un piccolo figlio di puttana. È il mio Robin preferito“. “È basato sulla run di Grant Morrison, che è una delle mie run preferite di Batman, e la stiamo mettendo insieme proprio in questi giorni“.

Il co-CEO dei DC Studios, Peter Safran, ha aggiunto: “Ovviamente si tratta di un lungometraggio che vedrà la presenza di altri membri della ‘Bat-famiglia’ allargata, proprio perché riteniamo che siano stati lasciati fuori dalle storie di Batman al cinema per troppo tempo“. Il film sarà scritto e diretto da Andy Muschietti. Alla sceneggiatura, oltre a Muschietti, dovrebbe esserci anche Rodo Sayagues, noto per aver firmato le sceneggiature di La casa, Man in the DarkAlien: Romulus.

Squid Game: un deludente aggiornamento sul presunto spin-off americano

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Sebbene non ci siano ancora dichiarazioni ufficiali sullo spin-off, il finale della terza stagione di Squid Game (leggi qui la recensione della Stagione 3) vede il Front Man imbattersi in una reclutatrice nel centro di Los Angeles, interpretata dalla star hollywoodiana Cate Blanchett, che sta giocando a ddakji con un uomo, il che sembra suggerire la possibilità di uno spin-off. Nonostante questa premessa, secondo Variety, Netflix non ha attualmente intenzione di annunciare ufficialmente uno spin-off. Tuttavia, dato il successo della serie e la partecipazione di un cameo di alto profilo, l’azienda sembra evidentemente voler lasciare le porte aperte per il futuro dell’IP.

Questo aggiornamento getta però ulteriore incertezza sul futuro di Squid Game dopo la terza stagione. Secondo alcune indiscrezioni, lo spin-off occidentale sarebbe in fase di sviluppo dal 2023. Tuttavia, il capo di Netflix ha già smentito l’idea, insistendo sul fatto che si trattava solo di una voce. Hwang ha già dichiarato che non intende tornare alla serie dopo la terza e ultima stagione. Ha anche affermato di non essere stato ufficialmente informato di uno spin-off. Sebbene Squid Game abbia immediatamente conquistato la vetta della classifica di Netflix dopo l’arrivo della terza stagione, la nuova stagione ha ulteriormente diviso il pubblico e la critica.

La terza stagione di Squid Game riporta infatti un punteggio dell’83% da parte dei critici e del 52% da parte del pubblico su Rotten Tomatoes. Sebbene la maggior parte abbia avuto un’ottima esperienza di visione, alcuni hanno criticato il finale e la maggiore attenzione della serie ai personaggi secondari. Al momento, dunque, il cameo della Blanchett potrebbe anche semplicemente lasciar intendere che l’esperienza di Squid Game si svolge anche in altre parti del mondo, ma che non necessariamente vedremo racconti su di esse. Non resta dunque che attendere notizie ufficiali da parte di Netflix.

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La trama di Squid Game – stagione 3

Nella terza e ultima stagione di Squid Game, ritroviamo Gi-hun (Lee Jung-jae) dopo che ha perso il suo miglior amico nel gioco ed è stato portato alla completa disperazione dal Front Man (Lee Byung-hun), che ha nascosto la sua vera identità per infiltrarsi nel gioco. Gi-hun non demorde nel suo obiettivo di porre fine ai giochi, mentre il Front Man prosegue con la sua prossima mossa e le scelte dei giocatori sopravvissuti causano gravi conseguenze a ogni round. Il mondo attende con ansia di vedere l’incredibile finale scritto e diretto da Hwang Dong-hyuk, che ha promesso di portare la storia alla sua meritata conclusione. Ci sarà un barlume di speranza per l’umanità sullo sfondo della realtà più crudele?

Il regista Hwang Dong-hyuk, che ha fatto la storia alla 74a edizione dei Primetime Emmy diventando il primo asiatico a vincere il premio come Miglior regia di una serie drammatica, è ancora una volta al timone della serie come regista, sceneggiatore e produttore. Nel cast della terza stagione troviamo Lee Jung-jae, Lee Byung-hun, Yim Si-wan, Kang Ha-neul, Wi Ha-jun, Park Gyu-young, Park Sung-hoon, Yang Dong-geun, Kang Ae-sim, Jo Yu-ri, Chae Kuk-hee, Lee David, Roh Jae-won, e Jun Suk-ho, con la partecipazione speciale di Park Hee-soon.

Star Wars: Gli ultimi Jedi, Mark Hamill rivela la tragica storia concepita per Luke Skywalker

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In Star Wars: Gli ultimi Jedi (qui la recensione), Luke Skywalker si allontana dagli eventi galattici e si rifugia sul remoto pianeta Ahch-To, oppresso da un profondo senso di fallimento, rimorso e disillusione nei confronti dell’eredità Jedi e dei propri fallimenti. Il suo ritiro è in gran parte determinato da un momento cruciale di debolezza, la sua reazione istintiva all’oscurità che percepiva crescere in suo nipote, Ben Solo.

Sebbene non abbia mai agito sull’impulso di colpire Ben, il solo pensiero è stato sufficiente a distruggere il loro legame e a far precipitare Ben nella sua identità di Kylo Ren. Per Luke, questo incidente ha cristallizzato una convinzione più profonda: che l’Ordine Jedi non fosse una soluzione, ma parte di un ciclo ripetitivo di arroganza e collasso.

Piuttosto che tentare di ricostruire quello che considerava un sistema fallimentare, Luke ha scelto di allontanarsi completamente, cercando la solitudine nel luogo del primo Tempio Jedi, non per proteggere la sua eredità, ma per assicurarsi che i Jedi finissero con lui. Il regista Rian Johnson ha voluto che questa trama mostrasse che anche gli eroi leggendari sono vulnerabili al dubbio e alla disperazione, e che il fallimento può plasmare una persona tanto quanto il trionfo.

Nonostante questa ambizione tematica, la scelta creativa si è rivelata polarizzante. Molti fan di lunga data hanno ritenuto che questa rappresentazione fosse in contrasto con il carattere di Luke. Si aspettavano che affrontasse le avversità con speranza, non con l’isolamento, che cercasse di salvare Ben piuttosto che abbandonare la galassia al suo destino.

Mark Hamill rivela il retroscena inizialmente ideato per Luke Skywalker

Mark Hamill, che ha dato vita a Luke, ha espresso le stesse riserve, dichiarandosi in più occasioni deluso da come il personaggio è stato sviluppato. Durante la produzione, ha dunque concepito un’interpretazione personale alternativa dell’evoluzione del personaggio per conciliare la sceneggiatura con la sua visione di chi fosse diventato Luke. Durante la sua apparizione al podcast Bullseye with Jess Hord, Hamill ha però elogiato Johnson e ha ammesso che avrebbe preferito tacere le sue riserve sul motivo dell’isolamento di Luke.

Tuttavia, ha rivelato di aver detto a Rian che, secondo lui, ciò che era successo a Ben e al resto dei suoi allievi avrebbe spinto Luke a raddoppiare i suoi sforzi per ripristinare l’Ordine Jedi. “Rian, ho visto interi pianeti essere spazzati via. Semmai, Luke raddoppia la sua determinazione e rafforza la sua risolutezza di fronte alle avversità”.

Ha poi aggiunto: “Ho pensato: cosa potrebbe spingere qualcuno a rinunciare alla devozione a quella che è fondamentalmente un’entità religiosa… a rinunciare a essere un Jedi? Beh, l’amore di una donna. Quindi lui si innamora di una donna. Rinuncia a essere un Jedi. Hanno un figlio insieme. A un certo punto il bambino, ancora piccolo, prende una spada laser incustodita, preme il pulsante e muore all’istante… La moglie è così piena di dolore che si suicida“.

Un retroscena decisamente tragico, che avrebbe sì potuto spingere Luke ad allontanarsi dal proprio ruolo di Jedi per vivere in solitudine il proprio dolore. Un risvolto però probabilmente fin troppo drammatico, che avrebbe necessitato di più tempo per essere esplorato in tutte le sue conseguenze. Motivo per cui Hamill sembra aver compreso che forse quanto proposto da Johnson non è interamente da rimuovere dalla memoria.

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Charlize Theron rivela il suo ruolo in Odissea

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Charlize Theron rivela il suo ruolo in Odissea

Come ormai noto, l’attrice premio Oscar Charlize Theron fa parte del cast di Odissea, il nuovo film di Christopher Nolan. Mentre i ruoli di alcuni membri del cast sono ad oggi stati confermati (Matt Damon sarà Odisseo, Tom Holland sarà Telemaco), il personaggio che Theron interpreterà nel film è fino ad ora rimasto un mistero. Proprio l’attrice, però, ha spezzato questo segreto rivelando il suo ruolo.

In un’intervista sul red carpet con Variety, la Theron ha infatti confermato che interpreterà la dea della stregoneria, Circe. Circe è una delle principali “antagoniste” dell’Odissea, una potente maga che intrappola l’eroe protagonista e i suoi uomini sulla sua isola e trasforma parte dell’equipaggio in animali. Sebbene non ci sia stato alcun annuncio ufficiale da parte di Nolan o della Universal, la risposta di Theron nell’intervista conferma che interpreterà effettivamente Circe.

Quale ruolo avrà la Circe di Charlize Theron in Odissea?

Circe, nella narrazione, ostacola dunque Odisseo nel suo viaggio di ritorno a casa per più di un anno. Oltre a trasformare metà dei suoi uomini in animali con vino e formaggio drogati, seduce l’eroe e, nella mitologia ampliata, dà alla luce un figlio con lui di nome Telegono. Dopo aver soggiornato sull’isola di Circe per un anno, Odisseo e i suoi uomini (che sono stati trasformati nuovamente in esseri umani) partono e vengono consigliati/aiutati da Circe per il resto del loro viaggio.

È dunque un personaggio complesso nel contesto dell’Odissea di Omero, e lo è ancora di più dato che suo figlio avuto da Ulisse finisce per uccidere accidentalmente suo padre. Il fatto che un’attrice del calibro della Theron sia stata scelta per interpretare Circe potrebbe fornire alcuni indizi su ciò che includerà la trama di Odissea di Nolan. Il poema epico originale comprende 24 “libri” in totale e per adattare accuratamente l’intera opera sarebbe necessaria una serie TV di più stagioni, non un singolo film (anche se della durata di tre ore).

Sembra che la sosta di Odisseo ad Eea (l’isola di Circe) sarà un arco narrativo importante nel film, che non potrà includere tutte le deviazioni del viaggio ventennale di Ulisse verso casa. Circe potrebbe quindi finire per essere la cosa più vicina a una vera e propria nemica all’interno del film, dato il suo coinvolgimento continuo nel viaggio di Ulisse, anche se questo non è esattamente il suo ruolo nel poema originale per cui è lecito aspettarsi ulteriori sfumature di questo personaggio.

F1 – Il film: la scena post-credits anticipa un sequel? Ecco la risposta del regista!

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Il regista Joseph Kosinski ha parlato del finale adrenalinico di F1 – Il film (qui la recensione) e ha fatto luce sulla scena post-credits. Il film d’azione sportivo con Brad Pitt e Damson Idris ha già battuto diversi record al botteghino, e le ottime recensioni e i punteggi del pubblico dovrebbero garantirgli un buon successo nelle prossime settimane nelle sale. Con momenti drammatici ispirati a incidenti reali di Formula 1, personaggi simpatici e gare mozzafiato, F1 – Il film intrattiene fino al suo emozionante finale. Tuttavia, c’è un’interessante scena post-credits che ha lasciato il pubblico a chiedersi se sia in programma un sequel.

In un’intervista con GQ, Kosinski ha dunque parlato della scena finale ambientata nel deserto, in cui Sonny corre nella Baja 1000, una gara fuoristrada annuale che si tiene in Messico. GQ osserva che la scena era in realtà pensata per l’inizio del film, prima che Ruben Cervantes (Javier Bardem) proponesse a Sonny di entrare a far parte del team APX. Riguardo a se questa scena può anticipare un sequel, Kosinski ha detto:

Questo sta al pubblico deciderlo. Penso che abbiamo lasciato un finale davvero aperto per Sonny, per Kate [interpretata da Kerry Condon] e per Joshua. Quindi sì, penso che ci sia sicuramente altro da raccontare sul team APXGP e su dove andrà Sonny Hayes da qui in poi. Ma non è una decisione che spetta a me”.

Il produttore (e famoso pilota di F1) Lewis Hamilton e il CEO della Mercedes Toto Wolff hanno deciso di inserire questa gara fuoristrada solo al termine del film poiché non c’era “nulla di traducibile” tra questo stile di corsa e quello della Formula 1. Invece della Baja 1000, all’inizio del film Sonny viene dunque mostrato mentre partecipa alla Rolex 24 a Daytona, la famosa gara di endurance. Il suo passaggio ad un diverso ramo dell’automobilismo potrebbe dunque effettivamente lasciare aperta la porta ad un sequel.

Possiamo aspettarci un sequel di F1 – Il film?

Il film, come noto, vede Pitt nei panni dell’ex pilota di Formula 1 Sonny Hayes, la cui carriera è stata interrotta da un grave infortunio più di 30 anni prima degli eventi di F1 – Il film. Su richiesta del suo ex compagno di squadra (Bardem), aiuta un talentuoso esordiente (Idris) e il resto del team APX Grand Prix, ultimo in classifica, a trovare il loro posto nel mondo ad alto rischio della Formula 1. Sebbene Sonny sembri aver chiuso con la Formula Uno per il momento, il fatto che Kosinski abbia incluso una scena in cui lui continua a correre in qualche modo indica che la storia di Sonny non è finita.

In realtà, questo dipinge essenzialmente l’intera esperienza nella Formula 1 come poco più che un’altra tappa nel percorso nomade di Sonny come pilota a contratto. È del tutto possibile che Sonny torni nel team APX in un sequel, ma come tecnico o team principal. Con la sua relazione con Kate McKenna, interpretata da Kerry Condon, lasciata in sospeso, ha comunque una motivazione per tornare in futuro.

Sonny ha anche chiarito perfettamente a Ruben che preferirebbe morire piuttosto che non poter guidare. Nonostante il suo ritiro forzato dal team APX, c’è sicuramente una possibilità che torni come pilota di riserva o anche come pilota a contratto per un altro team interessato al suo talento al volante. Stando a quanto dichiarato da Kosinski, però, tutto dipenderà dai risultati del film al box office e dal grado di apprezzamento del pubblico.

Fast & Furious 11: Vin Diesel svela la data d’uscita e anticipa il ritorno di Brian O’Conner

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Vin Diesel ha sorpreso il pubblico sabato al FuelFest nella California meridionale, annunciando che l’ultimo film della serie Fast & Furious uscirà nelle sale nell’aprile 2027. Diesel, che ha recitato in tutti i film della serie tranne uno dal 2001, ha rivelato altre novità durante il suo intervento sul palco, confermando che Fast & Furious 11 sarà ambientato a Los Angeles e che vedrà il ritorno del personaggio di Dominic Toretto, interpretato da Diesel, insieme a Brian O’Conner, interpretato da Paul Walker.

Walker, come noto, ha recitato con Diesel in cinque film della saga prima di morire tragicamente in un incidente stradale nel novembre 2013 all’età di 40 anni. Le scene rimaste in sospeso per Fast & Furious 7 sono dunque state girate con l’aiuto dei fratelli di Walker e con la sovrapposizione del volto dell’attore sui loro corpi. È probabile che, per far comparire in scena Brian O’Conner per quello che potrebbe essere semplicemente un cameo conclusivo che riunisce i due amici, verrà utilizzata la stessa tecnica.

Diesel aveva già utilizzato i suoi canali social per sollecitare la Universal Pictures a fissare la data di uscita di Fast & Furious 11, il seguito di Fast X del 2023 che ha incassato oltre 700 milioni di dollari al botteghino mondiale. Il sequel è stato annunciato come l’ultimo film della serie, ma bisognerà dunque attendere ancora due anni prima di poterlo vedere. Non resta dunque che attenderer maggiori novità a riguardo, sapendo però che il ritorno di O’Conner in scena potrebbe dar vita ad un finale di saga particolarmente emozionante.

Dove eravamo rimasti con Fast X?

Alla conclusione di Fast X, siamo rimasti con un cliffhanger quando Dante di Jason Momoa sembrava andarsene con il sopravvento su Dominic Toretto di Vin Diesel, dopo aver tentato di raggiungere il figlio di Dom, Brian, tramite l’aiuto del voltagabbana Aimes ( Alan Ritchson). Il fratello di Dom, Jakob (John Cena), si sacrifica per salvare Brian e portarlo in salvo. Dom e Brian si gettano in acqua, ovviamente, da una diga e sopravvivono a malapena. Nel frattempo, Letty (Michelle Rodriguez) si ritrova in una prigione artica insieme a Cipher di Charlize Theron, prima che Gisele di Gal Gadot, presumibilmente morta dopo gli eventi di Fast and Furious 6, arrivi in ​​un sottomarino per aiutare.

Una scena a metà titoli rivela che anche Dwayne Johnson tornerà nel franchise per il finale. Dopo essere stato etichettato come criminale, Hobbs è stato al lavoro per rintracciare i suoi obiettivi e scoprire una delle reti di sorveglianza di Dante. Dante promette che anche Hobbs sarà un obiettivo, creando una potenziale faida che potrebbe estendersi anche a un altro film spin-off in cui Dwayne Johnson sarà il protagonista, una volta che la sua attuale storia in WWE sarà terminata.

The Bear – Stagione 4: recensione della serie con Jeremy Allen White

Contrariamente a quanto ha detto una parte consistente della critica, la terza stagione di The Bear aveva molti aspetti positivi. Tra tutti, la “stasi” degli episodi, ovvero l’impossibilità di sviluppare un arco narrativo preciso. Carmy prima di tutto, ma in fondo anche Sydney e Richie, continuano a rimanere impantanati nei propri problemi personali, e questo restituiva il sapore della vita vera, dove dalle proprie gabbie psicologiche si esce con molta fatica e tempo impiegato, o addirittura proprio non se ne esce.

La sfida di The Bear Stagione 4

Il problema è che la finzione, quando realizzata con lucidità come nel caso di The Bear, può avvicinarsi alla realtà, ma non restituirla. A un certo punto bisogna necessariamente che storie e personaggi percorrano un processo di evoluzione (o involuzione) che generi una narrazione, ed era quindi questa la sfida della quarta stagione. Per le prime sei puntate, ciò non succede, e questo si rivela un periodo di tempo troppo lungo perché la serie non perda una certa efficacia, continuando a offrire psicologie e situazioni che sono sempre le stesse, messe in scena con cura ma non in maniera diversa da quanto già visto in precedenza. Certamente ci sono in questi episodi momenti commoventi, come ad esempio il toccante finale della terza puntata, ma nel complesso si ha la sensazione che il blocco non abbia molto da raccontare, o almeno nulla di particolarmente interessante.

Poi arriva la settima puntata da un’ora abbondante, specchio del tanto celebrato sesto episodio della Season 2. Ma la nuova, gigantesca riunione familiare di The Bear Stagione 4 al contrario possiede una finezza di racconto, una gentilezza nel tocco che sa andare in profondità. E infatti si rivela il momento in cui alcune delle figure fondamentali dello show iniziano veramente a fare i conti con i propri scheletri nell’armadio. Non ci sono colpi di scena radicali, e questo rende lo spettacolo ancor più reale e toccante. Davvero un gran momento di televisione seriale, esplicitato dalla scena che vede protagonista Jeremy Allen White e un altro attore che ritorna in un cammeo prezioso (no spoiler).

Se The Bear Stagione 4 fosse finita in quel momento, la considerazione complessiva sull’intera stagione sarebbe stata molto migliore. Invece il creator e regista Christopher Stoter doveva arrivare a dieci episodi. Dopo averne regalati un altro paio di buon effetto e tenuta narrativa accettabile, sceglie di chiudere il tutto con una sorta di kammerspiel che vede protagonisti i personaggi principali, i quali vengono quasi costretti dall’unità di luogo a confrontarsi, ad aprirsi in maniera anche drammatica. Se sulla carte questa poteva essere un’idea vincente, la sua realizzazione ottiene purtroppo l’effetto contrario. L’ultimo episodio di The Bear Stagione 4 risulta infatti forzato, eccessivamente “urlato” (quando invece la quasi totale assenza di momenti “over the top” si era rivelata una scelta intelligente), e una certa retorica fa capolino sia nei dialoghi che nell’arco narrativo che viene proposto per chiudere i conti. Un finale piuttosto artefatto, non in linea con la coerenza interna apprezzabile o meno dei precedenti episodi, ma comunque tangibile.

La stagione più ondivaga

Della stagioni di The Bear realizzate fino a oggi, quest’ultima è decisamente quella maggiormente ondivaga, spesso potente ma anche talvolta imprecisa. L’ipotesi è che Storer stia iniziando leggermente ad allungare il filo della narrazione affidandosi un po’ troppo alla tensione drammatica insita nei personaggi, o nelle atmosfere spesso intime del set principale, ovvero la cucina del ristorante. Una eventuale Stagione 5 – ancora non confermata – potrebbe portare novità sostanziali, le quali pur lasciando incerti i fan dello show potrebbero al contrario rappresentare un toccasana per la sua continuazione. Staremo a vedere. Intanto Carmy, Sydney Richie e gli altri “orsi” continuano a farci soffrire come la buona televisione sa fare…

Squid Game – Stagione 3, la spiegazione del finale della serie cult

Squid Game conclude finalmente la sua corsa con la terza stagione, non solo risolvendo tutti i punti fondamentali, ma anche con un cameo intrigante nei momenti finali. L’ultima puntata della serie coreana di successo Netflix inizia con il ritorno di Gi-hun nella sala comune dei giochi e il ricongiungimento con i sopravvissuti. Tuttavia, dopo aver perso il suo amico Jung-bae e ritenendosi responsabile della morte di molti innocenti, Gi-hun si sente distrutto e senza speranza. Il suo lato oscuro emerge quando uccide Dae-ho durante il primo gioco della terza stagione di Squid Game, sperando che dare la colpa a qualcun altro lo faccia sentire un po’ meglio.

L’uccisione di Dae-ho rende Gi-hun ancora più disilluso ed emotivamente vuoto, ma alla fine riesce a liberarsi dalla spirale discendente quando sia Geum-ja che Jun-hee gli affidano la responsabilità di prendersi cura del neonato di Jun-hee. Determinato a garantire la sopravvivenza del bambino, Gi-hun entra nell’arena del gioco finale, dove tutto, dalla sua moralità alla sua capacità di sopravvivere, viene messo alla prova.

In più di un senso, Gi-hun alla fine esce vittorioso, ma paga un prezzo molto alto per trovare la pace e la redenzione.

Perché Gi-hun si sacrifica per far vincere il bambino nel finale della terza stagione di Squid Game

Gi-hun capisce il suo vero scopo

La seconda stagione di Squid Game presentava una scena confusa ma apparentemente significativa in cui la sciamana diceva a Gi-hun che era arrivato così lontano solo perché aveva uno scopo da compiere. Guardava persino Jun-hee mentre parlava dello scopo di Gi-hun, suggerendo che la fine della sua storia avrebbe avuto qualcosa a che fare con lei. Per la maggior parte della serie, la sciamana Seon-nyeo sembrava solo delirante. Tuttavia, la sua previsione sulla profezia che Gi-hun doveva compiere si è avverata quando Gi-hun ha salvato il bambino di Jun-hee mettendo a rischio la propria vita.

All’inizio della terza stagione, Gi-hun era sul punto di diventare spietato come il Front Man. Ha persino sfiorato l’immoralità quando ha ucciso Dae-ho durante il gioco a nascondino. Tuttavia, a differenza del Front Man, Gi-hun ha conservato ciò che restava della sua umanità non scatenando una carneficina contro gli altri giocatori sopravvissuti quando il Front Man gli ha dato l’opportunità di farlo. Se avesse accettato l’offerta del Front Man e ucciso i suoi avversari nel sonno, non sarebbe stato diverso da Myeong-gi, disposto a uccidere suo figlio per vincere.

È stato proprio il suo senso di umanità a dare a Gi-hun la forza di sacrificarsi per il bambino.

È stato proprio il suo senso di umanità a dare a Gi-hun la forza di sacrificarsi per il bambino. Verso la fine, Gi-hun sembra anche rendersi conto che non potrà mai vivere in pace con se stesso dopo tutto quello che ha fatto e vissuto. Il bambino, tuttavia, potrebbe finalmente rompere il ciclo di violenza perpetuato dai giochi e crescere in un mondo molto migliore di quello in cui ha vissuto Gi-hun. Squid Game – stagione 3 ha un finale simile a quello della stagione 1 per diversi motivi, dato che, come Sang-woo, Gi-hun si rende conto del prezzo delle sue azioni e permette a qualcun altro di vincere il premio.

Il cameo di Cate Blanchett nel finale della terza stagione di Squid Game spiegato

Il cameo di Cate Blanchett nella terza stagione di Squid Game

L’attrice hollywoodiana potrebbe sostituire Gong Yoo

Prima che inizino i titoli di coda della terza stagione di Squid Game, una sequenza mostra Cate Blanchett vestita come l’iconico venditore interpretato da Gong Yoo. Interpreta il gioco di reclutamento di Squid Game, Ddakji, con un uomo e lo schiaffeggia ogni volta che non riesce a capovolgere le buste nel gioco. Questa scena sembra suggerire che il rumored spin-off americano di Netflix di Squid Game sia già in lavorazione. Solo il tempo dirà se Cate Blanchett avrà un ruolo nella prossima serie, ma la scena finale potrebbe significare che lei è la nuova venditrice.LO SAPEVATE CHE: Il creatore di Squid Game, Hwang Dong-hyuk, ha anche un’idea per uno spin-off che si svolgerebbe tra la prima e la seconda stagione e descriverebbe “cosa facevano i reclutatori, il capitano Park (Oh Dal-su), gli ufficiali o gli uomini mascherati in quel periodo”.

Considerando che Gong Yoo è stato uno degli attori più famosi del cast di Squid Game, avrebbe senso che il remake americano avesse un’attrice famosa come Cate Blanchett nel ruolo della Venditrice. Il futuro del franchise di Squid Game rimarrà incerto fino a quando Netflix non farà annunci ufficiali su ciò che ci aspetta. Tuttavia, anche se i remake di serie acclamate dalla critica possono spesso rivelarsi difficili, il potenziale coinvolgimento di Cate Blanchett nello spin-off rende il progetto molto interessante.

“Non siamo cavalli. Siamo esseri umani. Gli esseri umani sono…”: spiegazione delle ultime parole di Gi-hun

Gi-Hun Squid Game

Gi-hun sembra in conflitto con se stesso nei suoi ultimi istanti

Fin dai primi momenti, Squid Game ha utilizzato i cavalli come metafore efficaci per i giocatori dei giochi che danno il titolo alla serie. Nell’arco narrativo iniziale, Gi-hun investe molto in una corsa di cavalli, sperando di vincere alla grande e risolvere definitivamente i suoi problemi finanziari. Tuttavia, ben presto, diventa lui stesso un cavallo quando i VIP scommettono su di lui e sugli altri giocatori mentre compete per vincere una corsa per il loro divertimento.

Voi scommettete sui cavalli. Qui è lo stesso, ma noi scommettiamo sugli esseri umani. Voi siete i nostri cavalli”, dice il Front Man nella prima stagione, ricordando a Gi-hun come le persone come lui siano ridotte a semplici strumenti di intrattenimento dai ricchi. Come i cavalli, anche Gi-hun e gli altri giocatori si conformano e lottano per partecipare ai giochi senza considerare i loro diritti e la loro autonomia come esseri umani. Tuttavia, verso la fine della serie, Gi-hun usa le sue ultime forze per protestare contro gli organizzatori del gioco e ricordare loro che non sono cavalli, ma esseri umani.

Nella prima stagione, Gi-hun risponde con sicurezza al Front Man e gli dice: “Ascolta attentamente. Non sono un cavallo. Sono una persona. Ecco perché voglio sapere chi siete… e come potete commettere tali atrocità contro le persone.“ Purtroppo, dopo aver visto il meglio e il peggio dell’umanità durante i giochi, il personaggio si sente in conflitto su ciò che pensa degli esseri umani. Pertanto, si ferma a ”gli esseri umani sono…” invece di dire qualcosa di più o di meno.

Chi prende il premio vinto da Gi-hun nella prima stagione dalla camera d’albergo (e perché)

The Front Man Squid Game

Il Front Man lo passa a qualcuno che lo merita

Una figura misteriosa irrompe nella camera d’albergo dove Gi-hun aveva conservato tutto il denaro vinto nella prima stagione, e Woo-seok fatica a capire chi possa averlo preso. Nei momenti finali della serie, il Front Man, In-ho, si presenta a casa della figlia di Gi-hun e le dice che conosceva suo padre. La figlia sembra arrabbiata con suo padre e afferma di non voler avere nulla a che fare con lui. Tuttavia, il suo cuore si scioglie quando In-ho le rivela che suo padre è morto.

Ha lasciato tutta la ricchezza di Gi-hun a sua figlia perché ha capito che era ciò che Gi-hun avrebbe voluto.

In-ho se ne va subito dopo averle lasciato una scatola piena degli effetti personali del padre. Oltre alla tuta da ginnastica di Squid Game, la scatola contiene una piccola busta con una carta di debito, che sembra dare alla figlia accesso al premio in denaro di Gi-hun. Questo conferma che In-ho ha preso i soldi di Gi-hun e li ha messi al sicuro in una banca. Ha lasciato tutta la ricchezza di Gi-hun alla figlia perché ha capito che era quello che avrebbe voluto Gi-hun.

Perché il front man lascia il bambino a suo fratello

Si rende conto che Jun-ho darà al bambino una vita migliore di quella che lui potrà mai dargli

Come suggeriscono le storie di Jun-ho e In-ho, In-ho ha sempre tenuto molto al suo fratellastro minore, Jun-ho, e gli ha persino donato uno dei suoi reni. Tuttavia, si è allontanato da lui dopo che le difficoltà finanziarie e l’impossibilità di curare la moglie malata lo hanno costretto a partecipare alla 28ª edizione di Squid Game. La terza stagione di Squid Game rivela anche che, per vincere i giochi, In-ho ha sgozzato tutti i suoi concorrenti mentre dormivano.

Nell’arco finale di Squid Game, In-ho si rende conto che non tutti gli esseri umani sono egoisti e freddi come i giochi gli hanno fatto credere. Capisce che, anche se le circostanze lo hanno fatto perdere il senso della moralità, c’è ancora del buono in persone come suo fratello e Gi-hun. Il sacrificio di Gi-hun lo aiuta a capire che gli esseri umani meritano una seconda possibilità e non possono essere trattati come pedine in un sistema creato dall’élite corrotta. Pertanto, decide di allontanare la bambina dal suo mondo distorto, lasciandola a casa di suo fratello.

Squid Game non approfondisce troppo la vita del Front Man dopo i giochi, ma lui sembra preoccupato quando vede il personaggio interpretato da Cate Blanchett reclutare nuovi giocatori per una sede negli Stati Uniti.

Rendendosi conto che suo fratello è un brav’uomo, gli lascia persino il premio in denaro della bambina. Squid Game non approfondisce troppo la vita del Front Man dopo i giochi, ma lui sembra preoccupato quando vede il personaggio interpretato da Cate Blanchett reclutare nuovi giocatori per una sede negli Stati Uniti. Questo suggerisce che, dopo aver visto il sacrificio di Gi-hun, In-ho ha capito che i giochi non dovrebbero esistere.

No-eul riuscirà a riunirsi con sua figlia in Cina?

Il futuro di No-eul rimane incerto

Quando No-eul esamina i registri delle guardie nella sede dei giochi, trova alcuni documenti su se stessa. I suoi documenti rivelano che sua figlia è morta. Dopo aver appreso il destino di sua figlia, No-eul si sente distrutta, ma il sacrificio di Gi-hun la incoraggia a vivere e a tornare nel mondo esterno. Con sua grande sorpresa, il suo investigatore privato le rivela di aver trovato qualcuno in Cina che sembra corrispondere alla descrizione di sua figlia.

Con una nuova speranza, No-eul si reca in Cina, credendo di poter finalmente riunirsi con sua figlia. La serie lascia la sua storia un po’ in sospeso, non rivelando se lei riesca a rivedere sua figlia. Tuttavia, come spettatori, è difficile non sperare che tutto finisca bene per il personaggio di Park Gyu-young in Squid Game.

Perché Jun-ho non spara a suo fratello In-ho

Ricorda come suo fratello lo ha risparmiato

Jun-ho arriva al luogo dei giochi proprio prima che In-ho stia per andarsene con il bambino. Questo offre a Jun-ho l’occasione perfetta per fermare suo fratello uccidendolo. Tuttavia, sceglie comunque di risparmiarlo perché suo fratello ha fatto lo stesso nella prima stagione. Nonostante sia diventato freddo dopo aver partecipato ai giochi e averli infine organizzati come Front Man, In-ho sembra non aver mai perso il suo affetto complicato ma profondo per il suo fratellastro. Anche Jun-ho se ne rende conto, ed è per questo che fatica a premere il grilletto nel finale della terza stagione di Squid Game.

Quali personaggi principali di Squid Game sono ancora vivi dopo la fine della terza stagione

Solo due giocatori sopravvivono

Tra i giocatori, il bambino (giocatore 222) sopravvive perché Gi-hun garantisce la sua incolumità sacrificando la propria vita. Anche Kyung-seok (giocatore 246) finisce per sopravvivere perché No-eul lo protegge. Lei gli spara intenzionalmente in una zona non vitale e finge di stare al gioco delle altre guardie che trafficano in esseri umani. Tuttavia, non appena lo portano dal medico per asportargli gli organi, lei uccide le guardie e chiede al medico di curare la ferita del giocatore 246.

Poi ricatta l’ufficiale per ottenere una barca per lei e il Giocatore 246. Anche se il Giocatore 246 rischia di essere ucciso durante il viaggio di ritorno, Jun-ho e i suoi uomini lo salvano all’ultimo momento. No-eul lo fa perché in precedenza ha incontrato sua figlia nel mondo esterno e ha persino scoperto che sta combattendo contro il cancro. Rendendosi conto che Kyung-seok era ai giochi solo per ottenere i soldi per le cure di sua figlia, lei prova empatia per lui e decide di intraprendere una missione per riunirlo con sua figlia. In questo modo, spera di redimersi per aver lasciato suo figlio in Corea del Nord.

Il vero significato dell’intera storia di Squid Game spiegato

La serie presenta una metafora inquietante per molte questioni del mondo reale

Per molto tempo è stato difficile non vedere il Front Man come il cattivo principale della serie. Tuttavia, l’arco narrativo finale di Squid Game mostra come anche In-ho fosse un tempo un giocatore disperato, determinato a creare una vita migliore per sé stesso e la sua famiglia. Vedeva i giochi come una fonte di salvezza piuttosto che di crudeltà, ma la sua disperazione si è presto trasformata in distacco. Alla fine, ha perso se stesso nel sistema generale, evidenziando quanto sia facile cadere preda degli schemi dei potenti quando viene offerta una parvenza di controllo in cambio della propria moralità e coscienza.CorrelatiSpiegata la durata scioccante della terza stagione di Squid GameLa terza stagione di Squid Game è la più breve della serie, con solo sei episodi, uno in meno della già breve seconda stagione, ma c’è una buona ragione per questo.

Mentre le vicende di In-ho e di molti altri personaggi sono un monito su come la caduta morale di una persona raramente sia improvvisa e spesso sia guidata dal semplice desiderio di sopravvivere, la storia di Gi-hun e il suo sacrificio finale mostrano come un singolo giocatore possa portare ondate di cambiamento e sfidare le fondamenta di un sistema basato sullo sfruttamento.

Squid Game può anche essere visto come un gioco sull’illusione del libero arbitrio che spesso esiste nei sistemi capitalistici. Come i giocatori, gli individui sono portati a credere di essere liberi di plasmare il proprio destino e vincere un grande premio in denaro, ma sono ostacolati dalle disuguaglianze e dalle divisioni di classe.

Squid Game – Stagione 3: la spiegazione del cameo della Stagione 1 – Perché Gi-hun vede quella persona?

Un personaggio significativo della prima stagione fa un cameo nella terza stagione di Squid Game, influenzando notevolmente la storia di Gi-hun. Dopo tre stagioni, il thriller horror distopico di successo di Netflix è giunto al termine, concludendo la serie TV coreana e preparando il terreno per lo spin-off americano Squid Game. La terza stagione di Squid Game, che purtroppo è la più controversa tra i fan e la critica, riprende da dove la storia si era interrotta. Gi-hun è costretto a tornare ai giochi e viene ammanettato nel tempo libero per impedire ulteriori tentativi di ribellione.

Poiché Gi-hun è stato il personaggio principale di Squid Game fin dall’inizio, sembrava scontato che sarebbe arrivato alla finale, anche se alla fine fosse morto. Tuttavia, il suo percorso per arrivarci è stato sicuramente interessante.

Uno dei momenti più significativi lo vede faccia a faccia con un personaggio della prima stagione di Squid Game, che gli offre un consiglio molto utile.

Jung Ho-yeon riprende il ruolo di Sae-byeok nella terza stagione di Squid Game

Sae-byeok appare nella terza stagione di Squid Game, episodio 5, “Circle Triangle Square”

Durante tutta la prima stagione di Squid Game, Jung Ho-yeon interpreta il personaggio stanco ma adorabile di Kang Sae-byeok, alias Giocatore 067. Grazie alla sua astuzia e alla sua grinta, riesce ad arrivare fino alla finale a tre, prima di soccombere a una ferita causata dai vetri frantumati del ponte. Dopo la morte di Sae-byeok nella prima stagione di Squid Game, Jung Ho-yeon non era prevista per il ritorno. Tuttavia, il regista Hwang Dong-hyeok ha accennato alla possibilità di un suo ritorno ai SAG Awards 2022 (tramite RFA), dicendo: “Molti personaggi sono morti nella prima stagione, ma stiamo cercando di riportarli in vita nella seconda. Forse Sae-byeok ha una sorella gemella”.

Il suo personaggio rimane morto, ma appare come un ricordo o una visione a Gi-hun nel momento in cui ne ha più bisogno.

La possibilità che Jung Ho-yeon apparisse è diventata ancora più remota quando non ha avuto alcun ruolo di rilievo nella seconda stagione. Tuttavia, hanno trovato un modo per riportarla in vita, dato che l’attrice ha ripreso il ruolo di Sae-byeok nella terza stagione di Squid Game. Fortunatamente, non hanno fatto un colpo di scena alla Oh Il-nam rendendola una dei VIP o riportandola in vita. Sarebbe stato imperdonabile, considerando che è uno dei personaggi più amati di Squid Game. Invece, il suo personaggio rimane morto, apparendo solo come un ricordo o una visione a Gi-hun nel momento in cui ne aveva più bisogno.

Perché Gi-hun vede davvero Sae-byeok prima della partita finale

Gi-Hun aveva bisogno di un promemoria di chi è

Gi-hun la vede prima della partita finale, dopo aver avuto l’opportunità di uccidere gli altri concorrenti. Non è chiaro se stia ricordando la loro interazione passata o se creda che lei sia davvero nella stanza con lui. In ogni caso, l’apparizione di Sae-byeok è probabilmente indotta dallo stress, dai sentimenti contrastanti e dalla mancanza di sonno. Nel momento in cui sta per uccidere il giocatore 100, lei gli dice la stessa cosa che gli aveva detto prima della partita finale nella prima stagione di Squid Game: “Non farlo. Tu non sei così”.

Questa frase lo ha riportato all’umanità a cui aveva cercato di aggrapparsi dopo la ribellione fallita. La terza stagione di Squid Game ha portato Gi-hun in un luogo oscuro, ma Sae-byeok lo ha riportato alla luce. Da quel momento in poi, sembra che stia cercando di rimanere l’uomo che Sae-byeok credeva che fosse. Forse non riuscirà a sfuggire al trauma e alla rabbia causati dalla partecipazione ai giochi, ma può aggrapparsi a quel piccolo barlume di chi era prima.

La scena di Sae-byeok nella terza stagione di Squid Game chiude il cerchio

Sae-byeok gli ha dato il consiglio di cui aveva bisogno in una situazione quasi identica

Oltre a regalare ai fan un cameo felice, la breve scena di Sae-byeok nella terza stagione di Squid Game ha contribuito a chiudere il cerchio della narrazione. Gi-hun aveva la possibilità di porre fine ai giochi nella prima stagione uccidendo Cho Sang-woo mentre il suo amico dormiva prima della partita finale. Lui e Sae-byeok avrebbero potuto potenzialmente uscirne vivi. Tuttavia, ciò avrebbe richiesto che lui tradisse uno dei suoi valori fondamentali, trasformandolo in qualcuno che non è. Sae-byeok lo capiva.

Alla fine, Gi-hun si ritrova praticamente nella stessa posizione alla fine della terza stagione di Squid Game. Aveva i mezzi e l’opportunità di tagliare la gola a tutti gli altri membri per salvare se stesso e il bambino.

Tuttavia, le sue azioni lo avrebbero spinto oltre il limite, perché avrebbe dovuto diventare un assassino a sangue freddo. È giusto che Sae-byeok gli ricordi ancora una volta chi è nella stagione finale di Squid Game.

Squid Game – Stagione 3: il finale controverso e il vincitore spiegati dal creatore

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Squid Game è giunto al termine e il creatore ha affrontato il controverso colpo di scena e il vincitore. Dopo la fallita ribellione nella seconda stagione, Gi-hun (Lee Jung-jae) crolla nella seconda metà dei giochi, ma alla fine si assume la responsabilità di prendersi cura del bambino di Jun-hee (Jo Yu-ri) fino al finale della serie. Questo porta con sé il colpo di scena di Squid Game, quando il bambino prende il posto di Jun-hee come giocatore 222.

Invece di mostrare Gi-hun vincitore di un’altra serie di giochi, Sky Squid Games ha lasciato a Gi-hun la scelta di vincere i giochi o di dare invece un’opportunità al bambino. Avendo partecipato per protestare contro la brutalità dei giochi stessi, ha finito per sacrificarsi per dimostrare che il Front Man (Lee Byung-hun) aveva torto. Il figlio di Jun-hee è diventato il vincitore ufficiale, guadagnando 4,56 miliardi di won.

In un’intervista con The Hollywood Reporter, il creatore Hwang Dong-hyuk ha espresso che il bambino rappresentava “la coscienza umana, ed è proprio per questo che ha scelto di concludere la storia con la morte di Gi-hun. Pur mettendo in mostra gli aspetti più oscuri dell’esperienza umana, Hwang sperava di mettere in luce anche le sue qualità migliori. Di seguito la sua citazione dettagliata:

Dato che si trattava del finale, ho pensato che alzare la posta in gioco e correre un rischio maggiore, in vero stile Squid Game, fosse la scelta giusta. In questo modo, volevo mostrare in modo ancora più accurato il fondo dell’umanità e anche far luce su una speranza ancora più luminosa. Credo che attraverso il bambino, Gi-hun sia in grado di mostrare questi temi in modo più dettagliato.

Credo che tutti noi siamo in grado di vivere in questo mondo grazie agli sforzi e alle lotte che la generazione precedente ha affrontato per darci un mondo migliore. E il motivo per cui dobbiamo cercare di correggere il corso del mondo è perché vogliamo dare un mondo migliore alla generazione futura. Quindi, nella nostra storia, il bambino non rappresenta solo la coscienza umana, ma anche la generazione futura per la quale dobbiamo sistemare le cose.

Cosa significa questo per il finale di Squid Game

I giochi non sono finiti

Gi-hun è tornato ai giochi per trovare un modo per porvi fine per sempre, ma non è riuscito a ribellarsi adeguatamente contro il Front Man. Al contrario, è stato costretto a giocare l’intero gioco, con la possibilità di vincere alla sua seconda apparizione consecutiva. Sfortunatamente per Gi-hun, la presenza del bambino significava che avrebbe dovuto sacrificare la sua umanità solo per vincere.

Con le voci costanti su un Squid Game ambientato negli Stati Uniti, non dovrebbe sorprendere che Gi-hun abbia fallito la sua missione.

Se fosse stato meglio preparato per il suo ritorno, Gi-hun avrebbe potuto trovare un modo per fermare i giochi. La sua intera missione era quella di fermare l’orrore, ma invece non è riuscito a salvare la vita dei molti candidati che sarebbero stati inevitabilmente eliminati. Fortunatamente, è riuscito a salvare un bambino e potenzialmente a dimostrare che l’umanità può essere buona.

CorrelatiSquid Game Stagione 3: spiegazione del finale: chi vince il gioco finale?Il finale della terza stagione di Squid Game non solo risolve tutti i nodi con una nota agrodolce, ma presenta anche uno strano cameo che allude al futuro del franchise.

Anche se Myung-gi (Yim Si-wan) era disposto a uccidere sua figlia, Gi-hun non avrebbe mai ucciso un bambino, e le sue azioni potrebbero cambiare le aspettative dei futuri giocatori. È la prova che l’umanità non è sempre terribile e che le persone continueranno a lottare per proteggere la generazione successiva. In una forte dichiarazione a Netflix, Hwang ha espresso questo concetto in modo approfondito:

Credo che abbiamo anche la responsabilità e il dovere di fare tutto ciò che è in nostro potere per lasciare un mondo migliore alle generazioni future. Il fatto che il bambino sia uscito vincitore era in linea con il significato di Squid Game.

Purtroppo, anche se Gi-Hun si è mosso per proteggere il bambino, gli altri esseri umani non sono altrettanto umani. Con le continue voci su una versione statunitense di Squid Game, non dovrebbe sorprendere che Gi-hun non abbia avuto completamente successo nella sua missione. Ci deve essere un seguito, che inevitabilmente continuerà ad attingere a ciò che ha interessato gli spettatori in primo luogo: i giochi.

Palazzina Laf: la storia vera dietro il film di Michele Riondino

Palazzina Laf: la storia vera dietro il film di Michele Riondino

Palazzina Laf, film d’esordio alla regia per Michele Riondino, è uno dei titoli italiani più sorprendenti e intensi degli ultimi anni. Presentato in anteprima nella sezione Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, il film ha conquistato critica e pubblico grazie alla sua capacità di raccontare una storia profondamente radicata nella realtà sociale del nostro Paese. Ambientato a Taranto negli anni ’90, il film affronta temi complessi e universali come il lavoro, l’alienazione, la manipolazione psicologica e la violenza sistemica all’interno del mondo operaio, con particolare riferimento al colosso industriale dell’Ilva.

Oltre a curarne la regia, Riondino interpreta il protagonista Caterino, un uomo semplice e fedele all’azienda che lentamente si ritrova intrappolato in un meccanismo di repressione e isolamento. Accanto a lui, un cast di grande forza espressiva, in cui spiccano nomi come Elio Germano, Vanessa Scalera, Gianni D’Addario e Domenico Fortunato. Il film ha poi ottenuto riconoscimenti importanti, tra cui tre David di Donatello, rispettivamente, per il Miglior attore protagonista (a Riondino), al Miglior attore non protagonista (a Germano) e alla Migliore canzone originale (La mia terra, scritta e interpretata da Diodato).

Il titolo stesso, Palazzina Laf, fa riferimento a un luogo realmente esistente, un edificio utilizzato per isolare e punire i lavoratori “scomodi”. Questo dettaglio ha spinto molti spettatori a chiedersi se la vicenda raccontata sia ispirata a fatti realmente accaduti. Nei prossimi paragrafi, esploreremo proprio questa dimensione, cercando di rispondere alla domanda: Palazzina Laf è tratto da una storia vera? Analizzeremo le fonti, i riferimenti reali e il contesto storico da cui il film prende spunto.

Palazzina Laf film 2023
Michele Riondino in Palazzina Laf

La trama di Palazzina Laf

1997. Caterino, uomo semplice e rude è uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva di Taranto. Vive in una masseria caduta in disgrazia per la troppa vicinanza al siderurgico e nella sua indolenza condivide con la sua giovanissima fidanzata il sogno di trasferirsi in città. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli.

Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni. Questi lavoratori non hanno altra attività se non quella di passare il tempo ingannandolo giocando a carte, pregando o allenarsi come fossero in palestra. Caterino scoprirà sulla propria pelle che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento. E che da quell’inferno per lui non c’è via di uscita.

La storia vera dietro il film

La forza emotiva e politica di Palazzina Laf deriva in larga parte dalla sua ispirazione a fatti realmente accaduti. Il film prende infatti spunto da un episodio oscuro ma documentato della storia recente dell’Ilva di Taranto, uno degli stabilimenti siderurgici più grandi e controversi d’Europa. Negli anni ’90, all’interno dell’imponente struttura industriale, esisteva davvero una palazzina – la cosiddetta Palazzina Laf, dal nome di un reparto – dove venivano trasferiti i lavoratori considerati “problematici”, ovvero coloro che si opponevano a certi meccanismi aziendali, denunciavano irregolarità o semplicemente venivano ritenuti scomodi dalla dirigenza.

Michele Riondino in Palazzina Laf
Michele Riondino in Palazzina Laf

Questi lavoratori venivano assegnati a mansioni inutili o ripetitive, oppure lasciati senza compiti precisi, in uno stato di isolamento e inattività forzata, con l’evidente intento di logorarne la stabilità psicologica e costringerli alle dimissioni. Si trattava di una forma di mobbing istituzionalizzato, un abuso di potere sistemico che ha segnato profondamente la comunità operaia tarantina. Michele Riondino, originario proprio di Taranto, ha raccontato di aver scoperto questa vicenda da ragazzo e di essere rimasto colpito dalla sofferenza silenziosa di tante persone, spesso lasciate sole anche dalle istituzioni e dall’opinione pubblica.

Il regista ha quindi costruito il film sulla base di testimonianze dirette, documenti e interviste a ex operai dell’Ilva, rielaborando i fatti con uno sguardo drammaturgico ma senza tradirne l’essenza. Palazzina Laf non è un biopic né una cronaca esatta, ma un’opera di finzione ispirata a eventi reali e supportata da un’attenta ricostruzione del contesto sociale e lavorativo dell’epoca. La figura di Caterino, interpretata dallo stesso Riondino, è un personaggio simbolico che incarna la condizione di molti, un uomo ingenuo ma leale che si ritrova lentamente stritolato da un meccanismo che non comprende fino in fondo.

Attraverso la vicenda di Caterino, il film denuncia così una realtà fatta di soprusi, silenzi e violenze psicologiche, mostrando come anche un ambiente di lavoro possa trasformarsi in un luogo di reclusione. L’intento degli autori non è però solo quello di raccontare un caso specifico, ma di portare alla luce un sistema più ampio di emarginazione e punizione sociale, ponendo lo spettatore davanti a domande urgenti sulla dignità umana, la responsabilità collettiva e la memoria storica.

Warrior: la storia vera dietro il film con Tom Hardy

Warrior: la storia vera dietro il film con Tom Hardy

Diretto nel 2011 da Gavin O’Connor, Warrior si colloca perfettamente all’interno della filmografia del regista, per il modo in cui fonde azione e dramma con un’intensa componente emotiva. Già noto per Miracle (2004), basato sulla vera storia della squadra di hockey statunitense, e per Pride and Glory (2008), O’Connor ha spesso raccontato storie di uomini in conflitto – con il mondo, con la famiglia, con se stessi. Con questo film, firma una delle sue opere più riuscite, capace di coniugare l’energia di un film sportivo con la profondità di un dramma familiare. A sostenere il tutto, un cast potente guidato da Tom Hardy, Joel Edgerton e Nick Nolte, quest’ultimo poi candidato all’Oscar per il suo ruolo.

Il film racconta la storia di due fratelli separati da anni – Tommy e Brendan – che si ritrovano a gareggiare nello stesso torneo di arti marziali miste, lo “Sparta”, ognuno per motivi personali e profondamente diversi. Intorno a loro, la figura del padre alcolizzato in cerca di redenzione e una serie di dinamiche familiari spezzate, cariche di dolore e rabbia repressa. Ma Warrior non è soltanto una storia di lotta fisica: è un racconto di riconciliazione, perdono e sacrificio, costruito con una sensibilità che lo eleva al di sopra del tipico film sportivo.

Temi come la seconda possibilità, la redenzione e il peso delle scelte personali sono centrali nell’evoluzione dei personaggi. Il contesto sportivo dell’MMA diventa così la metafora perfetta per affrontare i conflitti interiori dei protagonisti. Proprio per la sua intensità e il suo realismo emotivo, molti spettatori si chiedono: Warrior è tratto da una storia vera? Nei prossimi paragrafi risponderemo a questa domanda, analizzando le fonti d’ispirazione del film e il suo legame con eventi reali.

Warrior cast

Warrior è basato su una storia vera?

La risposta è che no, Warrior non è basato su una storia vera. La sceneggiatura – scritta da Gavin O’Connor, Anthony Tambakis e Cliff Dorfman – è interamente inventata e concepita originariamente per il film. Secondo il co-sceneggiatore e regista O’Connor, il film è però nato da “qualcosa” della sua vita personale. “Credo che l’idea o la comprensione del perdono fosse qualcosa che stavo davvero cercando di afferrare, e quando dico questo non intendo solo le parole ma il vero perdono nel cuore”, ha dichiarato a GQ.

Oltre al tema del perdono, lo sfondo delle arti marziali miste deriva anche dalla vita personale di O’Connor. “Credo che contemporaneamente l’idea di esplorare le arti marziali miste come sfondo di un film mi allettasse perché sono un fan di questo sport, lo seguo da un po’ e non l’ho mai visto al cinema”, ha aggiunto. La storia di due fratelli allontanati si è poi aggiunta all’idea che O’Connor stava sviluppando. Per il regista, l’idea proponeva anche la questione di come “guarire e perdonare”, che ha influenzato i conflitti tra Tommy, Brendan e il loro padre.

La sfida successiva per O’Connor è stata quella di concepire il torneo e il conflitto di due fratelli che si battono in una gara a chi vince di più, il fulcro del dramma sportivo. “[…] ho preso spunto dai tornei Pride e K1 in Giappone, dove si svolgono i tornei Grand Prix. Ma questi ragazzi [Tommy e Brendan] sono in rotta di collisione tra loro, e poi quando devono entrare nella gabbia per il campionato mondiale dei pesi medi, per chi fai il tifo? E questa per me è stata una sfida interessante come regista, perché non ricordo di aver mai visto una cosa del genere prima d’ora, in cui ti viene chiesto di scegliere“, ha dichiarato a GQ.

Warrior cast

Anche se il film è di fantasia, si possono fare dei paralleli tra i personaggi e le figure reali. La vita dell’ex campione dei pesi medi UFC Rich “Ace” Franklin, che era un insegnante di scuola superiore, assomiglia alla vita di Brendan come insegnante. Secondo quanto riportato, la vita del sergente dei Marines degli Stati Uniti Ewan G.P. Pennington ha invece parzialmente ispirato il passato di Tommy nel corpo dei Marines. Frank Grillo, che interpreta Frank Campana, si sarebbe ispirato all’allenatore di MMA Greg Jackson per concepire la sua performance.

L’“imbattibile” Koba nel film assomiglia invece a Fedor Emelianenko, un artista russo dei pesi massimi di arti marziali miste. Il personaggio del commentatore Bryan Callen ricorda il commentatore dell’UFC Joe Rogan. Sebbene la narrazione di Warrior sia effettivamente fittizia, nel film compaiono inoltre numerosi combattenti di MMA e personaggi degli sport da combattimento realmente esistiti, come Kurt Angle, Nate Marquardt, Anthony Johnson, Roan Carneiro, Yves Edwards, Amir Perets e Dan Caldwell. L’aggiunta di combattenti reali aumenta l’autenticità del film e lo avvicina quindi alla realtà.

L’incubo di Maggie: la spiegazione del finale del film

L’incubo di Maggie: la spiegazione del finale del film

L’incubo di Maggie (il cui titolo originale è Dangerous Snow Day) è un thriller psicologico per la televisione che rientra pienamente nella tradizione dei Lifetime movies, quei film costruiti attorno a tensioni familiari, minacce latenti e conflitti psicologici intensi, spesso con protagoniste femminili al centro di situazioni drammatiche e pericolose. Diretto da , il film è un esempio classico di domestic thriller, dove la casa – simbolo di sicurezza e protezione – si trasforma nel teatro di un incubo ad occhi aperti. L’atmosfera claustrofobica, alimentata da un’ambientazione invernale e isolata, amplifica il senso di vulnerabilità e sospetto che accompagna la protagonista.

Come in molte storie di questo genere, le apparenze sono ingannevoli e i pericoli più minacciosi arrivano dall’interno delle mura domestiche o dalle persone considerate più vicine. Per questo motivo si può accostare L’incubo di Maggie a titoli simili come Lo stalker della stanza accanto Inganno dal passato. Il film della Underwood, però, utilizza in maniera efficace la dinamica della paranoia e della manipolazione, affrontando temi come la fiducia, l’identità e la protezione della propria famiglia da minacce invisibili ma pervasive.

Nel corso dell’articolo, verrà fornita una dettagliata spiegazione del finale del film, utile a chiarire gli snodi narrativi del terzo atto e a mettere in luce i sottotesti tematici. L’epilogo, come spesso accade in questo tipo di thriller, non si limita a risolvere i conflitti della trama, ma offre anche una riflessione sul percorso della protagonista e sul significato più ampio delle sue scelte. Per chi ha visto il film o è curioso di scoprirne i retroscena, l’analisi del finale rappresenta una chiave di lettura utile per comprendere le implicazioni psicologiche e narrative dell’intera storia.

Nicolette Langley in L'incubo di Maggie
Nicolette Langley in L’incubo di Maggie

La trama di L’incubo di Maggie

Giovane e brillante studentessa, Maggie (Nicolette Langley) viene assunta come tata da una ricca famiglia apparentemente perfetta. Quando inizia a lavorare per Kristen (Kate Watson) e Frederick Cargill (Matthew Pohlkamp), Maggie è entusiasta della possibilità di costruirsi una nuova vita. Tuttavia, l’atmosfera elegante e ben curata della casa comincia presto a mostrare delle crepe. Maggie si accorge infatti che qualcosa non va: strane tensioni tra i coniugi, comportamenti ambigui e la sparizione misteriosa di una tata precedente gettano un’ombra sinistra sulla sua nuova occupazione.

Con il passare dei giorni e l’arrivo di una tempesta di neve che isola la casa dal mondo esterno, Maggie inizia a sentirsi sempre più minacciata. Mentre cerca di scoprire cosa si nasconde dietro il sorriso glaciale di Kristen, diventa chiaro che la famiglia Cargill cela un segreto pericoloso. La situazione precipita quando Frederick viene arrestato e Kristen si mostra per ciò che è veramente: una donna disturbata, gelosa e assetata di controllo. In un crescendo di tensione, Maggie sarà costretta a lottare per la propria sopravvivenza.

La spiegazione del finale

Nel finale, il mistero si svela durante una violenta nevicata che isola la casa dei Cargill: Maggie, la tata, è rimasta a badare ai bambini mentre Kristen, la moglie, è andata a trovare la madre. Proprio quella notte Hannah, l’amica di Maggie, viene investita e gravemente ferita, segno che qualcuno vuol zittire le testimoni. Il marito Frederick viene arrestato come sospetto, ma Maggie è convinta che la verità sia un’altra e inizia. Scatenato, Frederick la accusa del suo arresto e la minaccia in casa. Ma quando pare sia arrivata la svolta, emerge la vera nemica: Kristen.

Harlow Bleu e Kate Watson in L'incubo di Maggie
Harlow Bleu e Kate Watson in L’incubo di Maggie

Dopo aver neutralizzato il marito con una pala, la moglie si rivela come la vera assassina della precedente tata, comprese la scomparsa di Ashley Coleman. Kristen lega entrambi, infligge violenza psicologica e li accusa di tradimento e gelosia, confessando i suoi crimini. In una lotta disperata, Maggie riesce a difendersi, riuscendo a resistere fino all’arrivo delle forze dell’ordine, che arrestano Kristen e Frederick. Il film si chiude così con Maggie in stato di shock mentre la polizia porta via i coniugi in manette. Maggie, insieme allo sceriffo Holden, adottano i loro figli e danno vita alla loro propria famiglia.

Il colpo di scena di L’incubo di Maggie mostra dunque come l’oscurità spesso si nasconda dietro le maschere della quotidianità: Kristen, personaggio fino alla fine percepito come vittima, si rivela invece l’autentica minaccia domestica. Questo tema, caro ai domestic thriller, ribalta le aspettative dello spettatore, invitandolo a riflettere su quanto possa essere sottile il confine tra affetto e perversione all’interno della famiglia. Maggie, da vittima isolata e sfruttata, si trasforma però in sopravvissuta.

Il suo atto finale di difendersi da Kristen rappresenta una liberazione interiore: spezza la dinamica tossica instaurata da una figura di potere materno e padrone. La neve e il freddo, simboli iniziali di quiete e pulizia, diventano così metafore di tensione e sangue, accompagnando il percorso verso la verità e la rinascita della protagonista. Questo epilogo risuona anche sul piano simbolico: l’arresto dei coniugi libera Maggie da una gabbia psicologica, ma il prezzo è l’esperienza traumatica di aver scoperto che il male vero si annida dove meno te lo aspetti.

Spider-Man: Brand New Day, il moodboard anticipa toni oscuri e la presenza di un Avenger

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Il direttore della fotografia di Spider-Man: Brand New Day, Brett Pawlak, ha condiviso sul suo account Pinterest alcune immagini molto interessanti, che molti fan interpretano come la conferma che il Bruce Banner/Hulk di Mark Ruffalo apparirà nel film. Le immagini (che si possono vedere qui, qui e qui) che si pensa facciano parte di un mood board per il film, sono un misto di fotogrammi dei precedenti film di Spider-Man con Peter Parker (Tom Holland) e MJ (Zendaya), e di fumetti che mostrano il Wall-Crawler sia in squadra che in lotta con Hulk.

Un recente rumor ha affermato che il Golia Verde sarà il cattivo del film, il che presumibilmente significherebbe che Hulk Intelligente, o Professor Hulk se preferite, tornerà alla sua forma selvaggia e si imbarcherà in una delle sue tipiche furie. Ciò sarebbe in linea con le precedenti indiscrezioni relative ai piani della Marvel per il personaggio e potrebbe gettare le basi per un futuro evento ispirato alla World War Hulk.

Al momento il coinvolgimento di Hulk o di Ruffalo in Spider-Man: Brand New Day non è stato ancora confermato ufficialmente, ma con l’ormai prossimo inizio della produzione si attendono notizie ufficiali. A parte la presenza di Hulk in queste immagini, si nota in ogni caso un’atmosfera piuttosto cupa, segno che il film – alla luce degli eventi verificatisi nel finale di Spider-Man: No Way Home – potrebbe prendere una simile direzione. Anche in questo caso, tuttavia, non resta che attendere conferme ufficiali.

Quello che sappiamo su Spider-Man: Brand New Day

Ad oggi, una sinossi generica del film è emersa all’inizio di quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.

Dopo gli eventi di Doomsday, Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile alleato per proteggere coloro che ama.

L’improbabile alleato potrebbe dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal recentemente annunciato come parte del film – in una situazione già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi contro la vera minaccia di turno.

Di certo c’è che Spider-Man: Brand New Day condivide il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry Osborn.

Spider-Man: Brand New Day è stato recentemente posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026. Destin Daniel Cretton, regista di Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli, dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik Sommers. Tom Holland guida un cast che include anche Zendaya, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas e Jon Bernthal. Michael Mando è stato confermato mentre per ora sono solo rumors il coinvolgimento di Steven YeunCharlie Cox e di Mark Ruffalo.

Spider-Man: Brand New Day uscirà nelle sale il 31 luglio 2026.

Project Hail Mary: primo poster del nuovo film di fantascienza con Ryan Gosling

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È stato svelato il primo poster dell’avventura spaziale di Ryan Gosling, Project Hail Mary. Diretto da Phil Lord e Christopher Miller (21 Jump Street, The LEGO Movie), il film è tratto dall’omonimo romanzo di Andy Weir e uscirà nelle sale nel marzo 2026.

Gosling interpreta Ryland Grace, un insegnante di scienze che si risveglia su un’astronave senza alcun ricordo di come sia arrivato lì. Tuttavia, ben presto si rende conto di essere stato incaricato di risolvere un mistero che minaccia la Terra: cosa sta causando la morte del sole? Project Hail Mary vede anche la partecipazione di Sandra Hüller, Lionel Boyce, Ken Leung e Milana Vayntrub.

Amazon MGM Studios ha dato il via alla promozione di Project Hail Mary pubblicando il primo poster, che mostra un astronauta (probabilmente Gosling) che sfreccia su uno sfondo spaziale colorato mentre viene trascinato da una nave. Il poster è accompagnato dalla notizia che il primo trailer sarà rivelato lunedì 30 giugno. Guarda il poster qui sotto:

Project Hail Mary

Cosa significa questo per Project Hail Mary

Project Hail Mary è previsto per il 20 marzo 2026, quindi il poster e il trailer arrivano a poco meno di un anno dalla sua uscita. Nel caso del poster, non è molto sorprendente, dato che gli studi cinematografici generalmente pubblicano i poster base mesi prima dell’uscita.

Il debutto del trailer, tuttavia, è degno di nota. Negli ultimi anni, gli studi cinematografici hanno tenuto segrete le prime immagini fino a poco prima dell’uscita; ad esempio, il primo trailer di Jurassic World – La Rinascita, che uscirà il 2 luglio, è stato pubblicato a febbraio, solo cinque mesi prima dell’uscita. La Disney non ha ancora rivelato il trailer di Avatar: Fuoco e Cenere, in uscita quest’anno.

La decisione di Amazon MGM di iniziare a promuovere Project Hail Mary con quasi nove mesi di anticipo suggerisce che ha molta fiducia nel progetto e crede che possa riscuotere successo. Con quasi un anno di tempo per suscitare interesse, Amazon MGM può rendere Project Hail Mary uno dei film più chiacchierati del 2026.

Avatar: Fuoco e cenere, una foto rivela un incontro teso tra Quaritch e Spider

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Una nuova immagine di Avatar: Fuoco e cenere anticipa un incontro carico di tensione tra Quaritch (Stephen Lang) e Spider (Jack Champion). Quaritch, antagonista principale del film Avatar di James Cameron, è morto alla fine del primo film. Ha lasciato un figlio, Spider, che è stato poi cresciuto da Jake Sully e Neytiri su Pandora.

In Avatar: La via dell’acqua, Quaritch è tornato in vita sotto forma di Avatar e ha nuovamente minacciato la pace delle loro vite, causando la morte del figlio maggiore di Jake e Neytiri, Neteyam.

Ora, Empire ha rivelato una nuova immagine, che anticipa un incontro teso tra Quaritch e suo figlio biologico. Nell’immagine, Quaritch sembra cercare di parlare con Spider, ma Spider lo tiene per un braccio mentre si allontana da lui. Parlando con la rivista, Lang ha rivelato che il loro prossimo incontro non porterà a una risoluzione e ha avvertito che “il tradimento” è dietro l’angolo. Leggi il suo commento qui sotto:

“Si ricongiungono per necessità. Il loro legame non è esclusivo. Ci sono momenti in cui tutti si uniscono a un certo livello. Ma quando i nemici cooperano, puoi stare certo che il tradimento è dietro l’angolo“.

”Spider confonde Quaritch. Ma Quaritch vuole chiarezza. C’è qualcosa in Spider che Quaritch ama davvero, una parola che non associamo a lui. Penso che il rispetto e l’ammirazione crescano davvero, così come l’animosità e la manipolazione. Il rapporto si approfondirà, nel bene o nel male”.

Cosa significa questo per Avatar: Fuoco e cenere

Quaritch e Spider si affronteranno

Nel sequel, Spider si ricongiunge con il padre biologico resuscitato, ma la caccia senza tregua di Quaritch a Jake e alla sua famiglia lo mette in una posizione complicata. Alla fine di Avatar: La via dell’acqua, nonostante tutto ciò che Quaritch ha fatto, Spider salva suo padre dall’annegamento. Tuttavia, la nuova immagine suggerisce che la riunione imminente non avrà toni felici.

CorrelatiI cattivi Na’vi di Avatar 3 sembrano ancora più terrificanti dopo il nuovo teaser sul ritorno di QuaritchAvatar: Fire and Ash vedrà il debutto di una nuova tribù Na’vi spietata, destinata a diventare ancora più pericolosa grazie all’alleanza con Quaritch.

Nella stessa intervista, Lang ha fatto luce su come il suo personaggio potrebbe sentirsi nei confronti di Spider dopo la lunga separazione. Ha rivelato che il colonnello potrebbe essere confuso su chi sia diventato Spider. Sebbene l’amore paterno e l’ammirazione siano presenti, ha anche avvertito che l’approfondimento del loro legame potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio.

Silo: la quarta stagione ottiene un aggiornamento molto promettente sulle riprese prima dell’uscita della terza stagione

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La terza stagione di Silo non è ancora stata pubblicata su Apple TV+, ma ci sono già aggiornamenti sulla quarta stagione della serie. Un mese dopo la prima della seconda stagione di Silo sulla piattaforma di streaming, Apple ha annunciato che la serie fantascientifica di successo è stata rinnovata per la terza e la quarta stagione. Tuttavia, la quarta stagione di Silo sarà l’ultima della serie, concludendo la storia distopica basata sui romanzi di Hugh Howey. Questo potrebbe sorprendere alcuni, considerando il grande successo ottenuto dalla serie, soprattutto se si considera la performance della protagonista Rebecca Ferguson nel cast di Silo. Il finale della seconda stagione di

Silo ha aperto le porte al futuro della serie Apple TV+, con un flashback che anticipa il disastroso evento che ha costretto le comunità a vivere sottoterra in rifugi sotterranei. Il finale è andato in onda nel gennaio 2025, ma a quel punto la terza stagione di Silo era già in fase di riprese, prima di concludersi nel maggio 2025. Sembra inoltre che il cast e la troupe non stiano perdendo tempo con l’ultima stagione della serie. Durante un’intervista con ScreenRant, il direttore della fotografia della seconda stagione di Silo, Baz Irvine, ha confermato che il team è “in procinto di iniziare” le riprese. Ecco cosa ha detto Irvine sul lavoro alla seconda stagione e sul futuro della serie:

No, no, la terza è appena finita. Ma, cosa interessante, ho incontrato il regista, Michael Dinner, con cui ho lavorato alla seconda stagione… ha deciso di rimanere e di fare la terza e la quarta stagione, [e] stanno per iniziare la quarta.

Quindi no, non sono tornato alla terza stagione. La seconda stagione è stata incredibilmente lunga, perché ero il direttore della fotografia principale, quindi sono arrivato con 12 settimane di anticipo per preparare tutto. Ho anche dovuto fare i conti con il COVID, lo sciopero degli attori [e] lo sciopero degli sceneggiatori. E alla fine quello che avrebbe dovuto essere un impegno di circa nove mesi, che era già molto lungo, è diventato di 15 mesi.

Inoltre, gran parte del tempo è stato trascorso in set sotterranei, impazzendo un po’ per la mancanza di luce solare. Credo di aver avuto lo scorbuto, o una di quelle malattie di una volta. Penso che quando fai un lavoro del genere, devi chiederti se sei la persona giusta per portare avanti il progetto la volta successiva. E penso che Silo sia un ottimo esempio di serie in cui probabilmente è davvero utile avere un nuovo punto di vista e un nuovo direttore della fotografia, proprio per segnare la differenza e la variazione necessarie da una stagione all’altra per far progredire una serie. Questa era la mia logica, e inoltre volevo fare altre esperienze.

Cosa significa l’aggiornamento sulla produzione della quarta stagione di Silo per la serie

Silo

L’ultima stagione della serie fantascientifica arriverà prima del previsto

Questa volta, sembra che Silo tornerà in produzione per la quarta stagione prima ancora che la terza stagione abbia una data di uscita su Apple TV+. Detto questo, sulla base delle tempistiche di produzione precedenti, è ragionevole pensare che Silo potrebbe puntare a un debutto all’inizio del 2026. Ciò allineerebbe la serie al periodo di post-produzione della seconda stagione, considerando che le riprese della terza stagione sono terminate a maggio. Passare direttamente alla quarta stagione potrebbe anche significare, realisticamente, che l’ultima stagione di Silo potrebbe andare in onda nella prima metà del 2027.CorrelatiTemo che Silo di Apple TV+ non riesca a coprire tutti e 3 i libri di Hugh Howey in quattro stagioniSilo di Apple TV+ ha avuto un successo incredibile finora, ma temo che non riesca a coprire tutti e 3 i libri di Hugh Howey nelle 4 stagioni previste.9

Sebbene Silo abbia debuttato su Apple TV+ nel 2023, i suoi unici ritardi sostanziali sono stati causati da situazioni al di fuori del controllo del team creativo. Come ha menzionato Irvine, la stagione 2 di Silo ha dovuto affrontare il COVID, oltre ai ritardi nella produzione causati dagli scioperi dei lavoratori di Hollywood nel 2023. A meno di ritardi imprevisti nella produzione, la serie di Graham Yost sembra essere sulla buona strada con il capitolo finale di Silo.