Dopo le ben note riflessioni in
merito all’universo dei cinecomic, Martin Scorsese rilascia nuove
dichiarazioni che potrebbero ancora una volta fare il giro del
mondo. Il celebre regista, infatti, ha pubblicato un lungo saggio
dal titolo “Il Maestro”, dedicato a Federico
Fellini, sulle pagine di
Harper’s Magazine.
Nel saggio, l’autore di capolavori
immortali come Taxi Driver, Toro scatenato e Quei
bravi ragazzi, riflette sull’odierna situazione dell’industria
dello spettacolo, soffermandosi in particolare sull’evoluzione e
sul predominio dello streaming, che lo stesso accusa senza mezzi
termini: per Scorsese, infatti, i servizi di streaming sono
colpevoli di aver ridotto il cinema a mero
“contenuto”.
È proprio su questo concetto che il
regista si sofferma con particolare attenzione: “Non più di 15
anni fa, la parola ‘contenuto’ veniva impiegata quando le persone
discutevano di cinema a un livello ‘serio’. Questo termine veniva
confrontato e al tempo stesso misurato con quello di ‘forma’. Poi,
in maniera sempre più graduale, è stato utilizzato da coloro che
hanno rilevato le media company, persone che non hanno mai saputo
nulla di questa forma d’arte e che nemmeno di sono preoccupate di
documentarsi.”
Martin Scorsese tra streaming, “contenuto” e algoritmi
Scorsese, pur riconoscendo che i
servizi di streaming hanno consentito la distribuzione delle sue
ultime fatiche (The
Irishman, prodotto da Netflix, e l’atteso
Killers of the Flower Moon, prodotto da Apple),
sostiene che oggi “l’arte del cinema viene svalutata” e
che la parola “contenuto” sia diventata “un termine commerciale
per tutte le immagini in movimento”, indipendentemente dal
fatto che si parli di un film di David Lean, di uno spot del Super
Bowl, di un cinecomic o di un episodio di una serie tv.
Il regista spiega: “È un
termine collegato non più all’esperienza della sala, quello di
‘contenuto’, ma alla visione domestica, sulle piattaforme di
streaming, che hanno superato l’esperienza cinematografica, così
come Amazon ha spodestato i negozi fisici. Da un lato, questo è
stato positivo per i registi, me compreso. Dall’altra parte, ha
creato una situazione in cui tutto viene presentato allo spettatore
in condizioni di parità, che suona come una cosa democratica, ma in
realtà non lo è. Se un’ulteriore visione è “suggerita” da algoritmi
basati su ciò che hai già visto, e i suggerimenti si basano solo
sull’argomento o sul genere, allora cosa fa tutto questo per l’arte
del cinema?”
La parola fine a questa sterile e
spesso mal interpretata polemica scaturita da un commento di
Martin Scorsese sui film Marvel (descritti come parchi a
tema e quanto di più lontano dal concetto di cinema), la mette
proprio il regista in una lunga, sentita e malinconica lettera
pubblicata sul New York Times, in cui l’autore di The
Irishman passa in rassegna ogni sfumatura di
quella “infame” dichiarazione.
“Quando ero in Inghilterra all’inizio di ottobre, ho
rilasciato un’intervista ad Empire. Mi è stata posta una domanda
sui film Marvel. Ho risposto. Ho detto che ho provato a guardarne
alcuni e che non fanno per me, che mi sembrano più vicini a dei
parchi a tema che a dei film per come li ho conosciuti e amati
nella mia vita. E che, alla fine, non penso che siano cinema
[…]
[…]
Alcune persone sembrano aver preso l’ultima parte della mia
risposta come un’offesa o come la prova del mio odio per la Marvel.
Se qualcuno è intenzionato a caratterizzare le mie parole in quella
luce, non c’è niente che io possa fare per
ostacolarlo.So che
se fossi più giovane e che se avessi raggiunto la maturità in un
altro momento, sarei probabilmente entusiasta per questi film e
forse avrei persino voluto crearne uno io stesso. Ma sono
cresciuto in un altro periodo e ho sviluppato una concezione dei
film – di quello che erano e di quello che avrebbero potuto essere
– che è più lontana dall’Universo Marvel di quanto noi sulla Terra
lo siamo da Alpha Centauri“.
“Per me, per i cineasti che ho imparato ad amare e
rispettare, e per gli amici che hanno iniziato a girare film nello
stesso periodo in cui l’ho fatto io, il cinema era rivelazione –
estetica, emotiva e spirituale. Riguardava i personaggi – la
complessità delle persone e la loro natura contraddittoria e
talvolta paradossale, il modo in cui possono farsi del male, amarsi
l’un l’altro e improvvisamente ritrovarsi faccia a faccia con se
stessi.Si trattava di affrontare
l’imprevisto sullo schermo e nella vita che il cinema drammatizzava
e interpretava, allargando il senso di ciò che era possibile
nell’arte.E quella era la chiave
per noi: era una forma d’arte.”
Scorsese ha poi continuato scrivendo che “Sessanta o
settanta anni dopo, stiamo ancora guardando questi film e ci
meravigliamo di fronte a loro. Ma sono i brividi e gli shock che
ancora ci ammaliano? Io non credo. I set di Intrigo internazionale
sono sorprendenti, ma non sarebbero altro che una successione di
dinamiche ed eleganti composizioni e tagli, senza le emozioni
dolorose al centro della storia o l’assoluta perdita del
personaggio di Cary Grant.
Alcuni sostengono che i film di Hitchcock avevano una
somiglianza tra di loro, e forse è vero – lo stesso Hitchcock ha
riflettuto a tal proposito. Ma la somiglianza che troviamo tra i
film dei franchise di oggi è tutta un’altra cosa. Molti
degli elementi che definiscono il cinema come io conosco sono
presenti nei film della Marvel. Ciò che non c’è è la rivelazione,
il mistero o il genuino pericolo emotivo. Niente è a rischio. I
film sono realizzati per soddisfare una serie specifica di esigenze
e sono progettati come variazioni di un numero finito di
temi.“
“Sono sequel nel nome, ma sono remake nello spirito. E ogni
cosa in essi non potrebbe essere fatta diversamente. Questa è la
natura dei franchise cinematografici moderni: prodotti di ricerche
di mercato, testati appositamente per il pubblico, verificati,
modificati, rivisti e rimodificati fino a quando non sono pronti
per il consumo.Un altro modo di dirlo,
sarebbe che si tratta di tutto ciò che i film di Paul Thomas
Anderson, di Claire Denis, di Spike Lee, di Ari Aster, di Kathryn
Bigelow o Wes Anderson non sono. Quando guardo un film di uno di
quei registi, so che vedrò qualcosa di assolutamente nuovo che mi
porterà a fare esperienze inaspettate e forse persino inimitabili.
La mia concezione di ciò che è possibile raccontare attraverso
storie con immagini in movimento e suoni, verrà
ampliata.”
“Quindi, potreste chiedervi, qual è il mio problema?
Perché non lasciare semplicemente che i film sui supereroi e altri
franchise facciano il loro lavoro? Il motivo è semplice. In
molti luoghi di questo Paese e in tutto il mondo, i franchise sono
ora la vostra scelta principale se volete vedere qualcosa sul
grande schermo. È un momento pericoloso per la cinematografia e
oggi abbiamo meno cinema indipendente che mai. L’equazione
è stata capovolta e lo streaming è diventato il metodo di fruizione
principale. Tuttavia, non conosco un singolo regista che non
vorrebbe creare un film per il grande schermo, da proiettare
davanti al pubblico nei cinema.
“Io
ne faccio parte. E sto parlando da persona che ha appena realizzato
un film per Netflix. Questo, e solo questo, ci ha permesso di
realizzare The Irishman nel modo in cui volevamo farlo, e per
questo sarò sempre grato. Vorrei che il film venisse proiettato nei
cinema per un periodo di tempo più lungo? Certo che lo vorrei. Ma
non importa con chi realizzi il tuo film, il fatto è che gli
schermi nella maggior parte dei multiplex sono affollati da
franchise.E se state per dire che
è semplicemente una questione di domanda e offerta, e di dare alle
persone ciò che vogliono, sono in disaccordo. Se alle persone viene
dato solo un genere di cose, e viene venduto all’infinito solo
quello, ovviamente ne vorranno di più.”
La
riflessione passa poi al lato industriale della questione, che poi
è il vero nocciolo del discorso del regista: “Negli ultimi 20
anni, come tutti sappiamo, l’industria del cinema è cambiata su
ogni fronte. Ma il cambiamento più inquietante è avvenuto di
soppiatto e nella notte: la graduale, ma costante eliminazione del
rischio. Molti film oggi sono prodotti perfetti e fabbricati per un
consumo immediato. Molti di loro sono ben realizzati da team
composti da persone di talento. Tuttavia, mancano di qualcosa che è
essenziale per il cinema: la visione unificante di un singolo
artista. Perché, ovviamente, il singolo artista è il fattore più
rischioso di tutti.
“Non sto certamente insinuando che i film dovrebbero
essere una forma d’arte sovvenzionata o che lo siano mai stati.
Quando il sistema degli Studios di Hollywood era ancora vivo e
vegeto, la tensione tra gli artisti e le persone che gestivano il
business era costante ed intensa, ma era una tensione produttiva
che ci ha dato alcuni dei più grandi film mai realizzati. Nelle
parole di Bob Dylan, i migliori erano “eroici e
visionari. Oggi, questa
tensione è scomparsa, e in molti nel settore hanno un’assoluta
indifferenza verso il concetto di arte e un atteggiamento nei
confronti della storia del cinema che è allo stesso tempo
sprezzante e proprietario – una combinazione letale. La situazione,
purtroppo, è che ora abbiamo due campi separati: c’è
l’intrattenimento audiovisivo e c’è il cinema. Di tanto in tanto si
sovrappongono, ma sta diventando sempre più raro. E temo che il
dominio finanziario dell’uno venga utilizzato per emarginare e
persino sminuire l’esistenza dell’altro.”
Ha fatto molto discutere, alcuni
giorni fa, l’affermazione di
Martin Scorsese secondo il quale i cinecomic
Marvel non sono cinema, ma dei
“parchi a tema”. Le reazioni dei
colleghi, coinvolti in queste produzioni, sono state numerose e
non si sono fatte attendere, ma in occasione della presentazione di
The Irishman a Londra, il regista newyorkese è
tornato sull’argomento, spiegando la sua posizione.
Scorsese non ha rivisto la sua
dichiarazione ma ha approfondito quello che aveva accennato il
precedenza, spiegando che i film Marvel sono
effettivamente come un parco a tema e che i cinema stessi sono
diventati dei parchi di divertimento. Questo non è un male in
assoluto, secondo il regista, ma è qualcosa di differente dal
cinema. Inoltre, Martin Scorsese ha parlato di invasione dei
cinecomic, ovvero che le sale sono piene di questo genere di film,
e solo questo. Invece “i gestori delle sale dovrebbero
ribellarsi, e promuovere la possibilità di proiettare i film
narrativi, che possono essere anche riprese di tre ore. Un film
narrativo non deve essere per forza una storia convenzionale con
inizio, svolgimento e fine.”
In questo modo, il regista ha
spiegato che non è contrario al genere cinecomic in sé ma che è
spaventato dall’appiattimento dell’offerta nelle sale, cosa che
effettivamente si sta verificando da qualche tempo, soprattutto
perché in questo modo si mettono da parte le forme di narrazione
alternative.
Dopo l’esordio al New York
Film Festival, The Irishman è stato
presentato a Londra e adesso arriverà anche alla Festa del
Cinema di Roma, al via il prossimo 17 ottobre, prima di
sbarcare ufficialmente su Netflix.
Martin Scorsese sarà presto sul grande schermo
ma davanti alla macchina da presa. Il grande regista, che riceverà
l’Orso d’Oro onorario al Festival di Berlino, interpreterà un
anziano saggio che influenza Dante Alighieri mentre scrive “La
Divina Commedia” nel prossimo giallo di Julian
Schnabel, Hand of Dante.
Scorsese ha fatto dei cameo in molti
dei suoi film e occasionalmente abbia recitato in film di altri
registi, ha interpretato Vincent van Gogh in un
segmento del film di Akira Kurosawa del 1990
“Dreams” e ha anche doppiato il pesce palla strozzino in “Shark
Tale”. – questo ruolo probabilmente sarà tra i più carnosi. “È
straordinario nel film“, dice Schnabel a Variety, definendo la
parte di Scorsese “un ruolo brillante e importante” e aggiungendo:
“Non puoi distogliere lo sguardo da lui“.
Hand of Dante
presenta un cast stellare che comprende Oscar Isaac,
Gal
Gadot, Jason Momoa, Gerard Butler e Al
Pacino. È basato sull’omonimo libro di Nick
Tosches, che ruota attorno a un manoscritto de “La Divina
Commedia” di Dante Alighieri che si trova nella
Biblioteca Vaticana. L’opera passa da un prete a un boss della
mafia di New York City, dove viene portata da Tosches dopo che gli
è stato chiesto di verificarne l’autenticità. Quindi, come Dante,
Tosches intraprende il suo viaggio. Ma la narrazione di
Hand of Dante percorre anche il periodo tra il XIV
e il XXI secolo, con alcuni personaggi che hanno vite parallele in
epoche diverse.
Martin
Scorsese con il suo Killers
of the Flower Moon è trai protagonisti della stagione
dei premi 2024 che culminerà con la notte degli Oscar il prossimo
10 marzo. Anche in questo film, nel finale, il regista si è
ritagliato un breve e commovente cameo.
Prendete uno dei più grandi
registi della storia del cinema, Martin Scorsese, e due attori,
Robert De Niro e Joe Pesci, che insieme a lui hanno creato
capolavori come Toro scatenato, Quei bravi ragazzi e Casino.
Aggiungete altri due premi Oscar come Al Pacino, alla sua prima
collaborazione con Scorsese, e lo sceneggiatore Steven Zaillan
(Schindler’s List, Gangs of New York e L’arte di vincere). Avrete
alcuni degli ingredienti che hanno fatto di THE IRISHMAN il titolo
più ambìto del Marché di Cannes, scatenando le richieste dei
distributori di tutto il mondo.
Non poteva essere altrimenti,
per un progetto da 100 milioni di dollari che già si annuncia come
un nuovo capolavoro del “gangster movie”: per Scorsese, un nuovo
affresco sulla criminalità americana, tratto dal romanzo
L’Irlandese: Ho ucciso Jimmy Hoffa di Charles Brandt. “Avere il
privilegio di distribuire un film del più grande regista del cinema
contemporaneo – dichiara Andrea Occhipinti – è per Lucky Red motivo
di orgoglio, il riconoscimento di un lavoro quasi trentennale sugli
autori, portato avanti con serietà e dedizione. Siamo emozionati e
felici”.
Nel cast di The
IrishmanRobert De
Niro,Joe Pesci, Al Pacino,
Ray Romano,Harvey Keitel, Anna
Paquin e Jack Huston.
Il leggendario regista Martin Scorsese ha ammesso di non sapere quali
siano i supereroi dell’Universo Cinematografico Marvel… e, a quanto pare, non gli
interessa saperlo! Le recenti dichiarazioni di Scorsese (“I film di supereroi
non sono cinema”) hanno fatto il giro del mondo e
scatenato le ieri di tantissimi fan della Casa delle Idee. C’è
anche però chi ha saputo ironizzare sulla questione, come la stessa figlia del
regista, Francesca, che ha ben pensato di incartare i regali di
Natale indirizzati al suo illustre papà con della carta a tema
Marvel!
Certo, per alcuni, pensare che
Martin Scorsese non sappia neanche chi siano i
supereroi Marvel può essere semplicemente assurdo, dal momento che
Avengers:
Endgame è diventato il più grande incasso nella
storia del cinema, con il marketing del film che ha invaso
praticamente ogni tipo di media. Ma anche prima del successo di
Endgame, la Marvel ha dominato il box office mondiale per
oltre un decennio. Il primo film del MCU, Iron
Man, uscito nel 2008, ha sancito l’inizio di una
nuova era per i film di supereroi e ha contribuito a rilanciare la
carriera di Robert Downey Jr.; dall’uscita del
film, i personaggi e le storie del MCU sono diventati sempre più
interconnessi, fino al culmine di un arco narrativo lungo ben 11
anni, la chiusura di un cerchio rappresentata appunto da
Endgame.
Ospite di una delle celebri
roundtable di THR organizzata in
occasione dell’award season, Martin
Scorsese ha risposto candidamente alle critiche che gli
sono state mosse per i suoi commenti in merito ai film di
supereroi. Quando il moderatore della tavola rotonda ha
sottolineato che il regista avesse espressamente criticato i film
della Marvel, lo stesso Scorsese ha replicato: “Ho detto film
di supereroi, non ho mai detto film della Marvel. Neanche conosco i
supereroi della Marvel. Mi ricordo che la Marvel realizzava
fumetti”.
Tornando invece sulle sue
dichiarazioni secondo le quali i film di supereroi non sarebbero
cinema ma soltanto dei grandi parchi giochi, il regista ha
preferito anche una volta spiegarsi meglio: “Ricordo che quando
venne costruita Disneyland, una delle aspirazioni degli studio era
quella di diventare importante nella cultura americana proprio come
Disneyland. Il primo studio a fare una cosa del genere è stata la
Universal con i suoi tour, con i suoi blockbuster in cima alle
attrazioni. Il senso dei parchi a tema è sempre stato questo. Non è
una cosa cattiva. Tutti si divertono nei parchi giochi. Soltanto
che adesso in un parco divertimenti ci sono anche i film.”
Martin Scorsese è al lavoro su un film
biografico musicale sui Grateful Dead, con
Jonah Hill che reciterà nei panni dell’iconico
frontman della rock band Jerry Garcia. Il progetto
riunisce Scorsese e Hill per la prima volta da The Wolf of Wall Street del 2013. Oltre alla
regia, Scorsese sarà produttore insieme all’attore.
Non è chiaro quale periodo della
storia della band sarà raccontato dal film ancora senza titolo. I
Grateful Dead si sono formati nella Bay Area nel
1965 e sono diventati uno dei simboli chiave della controcultura
dopo aver pubblicato l’album di debutto nel 1967. Insieme a Garcia,
i membri fondatori includono Bob Weir, Ron McKernan, Phil
Lesh e Bill Kreutzmann.
Scott Alexander e Larry
Karaszewski, che hanno lavorato a The People v. O.J. Simpson e Ed
Wood, sono stati scelti per scrivere la sceneggiatura.
Martin Scorsese è stato coinvolto in diversi documentari musicali
di alto profilo, dal lavoro al documentario di Michael
Wadleigh del 1970 Woodstock alla regia
The Last Waltz del 1978, George Harrison:
Living in the Material World del 2011 e Rolling
Thunder Revue: A Bob Dylan Story.
Al momento non è noto quando il
film entrerà in produzione, ma Scorsese è già esperto nella storia
della band. Nel 2017, è stato produttore esecutivo di una serie di
documentari in sei parti sui Grateful Dead intitolata Long
Strange Trip. Nell’annuncio di quel progetto, Scorsese ha
definito i Grateful Dead “più di una semplice band“. Ha
affermato: “Erano il loro pianeta, popolato da milioni di fan
devoti“.
Dopo due decenni di trattative e problemi legali, Martin
Scorsese riuscirà a realizzare il suo
Silence, film ambientato nel 17esimo
secolo che segue le vicende di un gruppo di missionari inviati in
Giappone per indagare sulle torture inflitte ai cristiani
dall’Imperatore. Dopo aver terminato le riprese di The
Wolf of Wall Street, il regista ha infatti cominciato
il lavoro su quest’altro progeto, trovando subito un protagonista.
Si tratta di Andrew Garfield, in questi giorni a
lavoro sul set di The Amazing Spiedr-Man 2. Il ruolo di Garfield
sarà quello di padre Rodrigues, un padre gesuita. Nel film sarà
ricostruito un periodo storico in cui i cristiani erano costretti,
nelle terre asiatiche, a praticare clandestinamente il loro culto.
Nel cast anche Ken Watanabe e
IsseiOgat. Così Martin
Scorsese ha risposto alle domande sulla natura religiosa
del suo progetto: “si tratta di un soggetto religioso, ma il
mistero che intendo raccontare è il conflitto di Rodrigues con se
stesso e l’essenza del cristianesimo – che è qualcosa in cui credo
fermamente – è senza tempo e ha a che fare con chi siamo come
esseri umani“.Fonte: bestmovie
Quando la passione per
il fumetto supera gli ostacoli, nascono progetti unici. In questo
modo prende vita l’albo speciale di Martin Mystère
disponibile durante la manifestazione “Nera
D’Inchiostro”, a Narni dal 29 al 31 Maggio 2015.
Fabrizio Mazzotta (Direttore del doppiaggio e
fumettista) scrive, con l’approvazione di Alfredo Castelli, “La
Mummia Eterna”; racconto che vede incrociarsi la storia della
mummia di Eroli alle caratteristiche che fanno, del personaggio di
casa Bonelli, ciò che oggi rappresenta. Ai disegni una squadra di
tutto rispetto composta da Mauro Laurenti (Zagor,
Dampyr) e i disegnatori della BUGS Comics:
Valerio Giangiordano, Cristiano
Crescenzi e Alessio Maruccia. Assieme,
questi straordinari autori, hanno dato vita al prodotto che potrete
trovare solo ed esclusivamente a Nera D’Inchiostro e che verrà
distribuito gratuitamente ai visitatori. Vi aspettiamo! Per
ulteriori informazioni:
Trai film più attesi del Concorso di
Venezia 79 c’è sicuramente The Banshees of Inisherin, che uscirà in
Italia con il titolo: Gli Spiriti dell’Isola. Scritto e diretto da
Martin McDonagh, che torna al Lido dopo cinque
anni, il film vede il regista e sceneggiatore lavorare di nuovo con
Brendan Gleeson e
Colin Farrell, che aveva già diretto nel 2008 in
In Bruges – La coscienza dell’assassino.
E McDonagh non ci gira molto
intorno, dichiarando che il principale motivo che lo ha spinto a
fare questo film è stato che “volevo di nuovo questi due
ragazzi insieme, visto quanto ci eravamo divertiti in In Bruges. Da
sempre volevamo fare di nuovo qualcosa insieme. Colin e Brendan
sono stati il seme dell’idea.” E sulla location, invece,
l’isola di Inisherin, McDonagh ha detto: “Lavorare in quel
posto è stato maestoso, da bimbo ci andavo sempre, è il posto dove
è cresciuto mio padre.”
Sembra davvero che il sentimento sia
condiviso, dal momento che sia Gleeson che Farrell hanno espresso
parole di stima e affetto reciproci. “Ho sempre sperato di
lavorare di nuovo con loro. Con quel film abbiamo avuto un periodo
così felice che speravamo di rifarlo insieme.” ha detto
Gleeson. Mentre Farrell, che ha collaborato con McDonagh più
spesso, ha dichiarato: “Non riesco a immaginare di riuscire a
essere capace di trasmettere qualcosa che scrive Martin perché è
uno scrittore così straordinario e sono sempre così profondamente
commosso emotivamente e psicologicamente dai mondi che crea e dai
personaggi che disegna”, e ha poi aggiunto sulla sua co-star:
“Mi mancava Brendan, erano 14 anni che non ci lavoravo e
tornare a viverlo sul set è stato bello, come se non ci fossimo mai
lasciati.”
Il film si distingue, oltre che per
l’ottimo script, da sempre garanzia di Martin
McDonagh, anche per una grande sinergia trai due attori
protagonisti, che mettono in scena un’amicizia maschile davvero
insolita. Gleeson, in particolare, commenta: “Sono felice
di vedere l’amicizia maschile come qualcosa di prezioso nel momento
in cui il riadattamento delle relazioni di tutti con tutti è in
fase di riconsiderazione. Il valore dell’amicizia maschile rispetto
a un bromance per me è molto profondo e pertinente in questo
momento.”
Ma anche la conversazione e la
comunicazione tra le persone è un punto cardine della storia di Gli
Spiriti dell’Isola, tanto che Colin Farrell spiega:
“Conversazione, condivisione di pensieri e sentimenti
reciproci. È un mondo così veloce che è facile affrettare i giudizi
sull’altro, siamo così veloci ora a giudicare che è facilissimo
cancellare le relazioni, anche con la cancel culture e tutte queste
cose. Ma riuscire a parlare davvero, conversare e scambiare idee in
un modo che sia tanto aperto al cambiamento della tua opinione
quanto all’essere condiviso è una cosa meravigliosa. Non credo che
è un modo di fare che morirà mai anche se è stato un po’
soppiantato dalla tecnologia.”
Gli Spiriti dell’Isola
sarà distribuito da Disney nelle nostre sale a partire dal
2 febbraio 2023.
Martin McDonagh ha
scelto il suo prossimo film, che lo vedrà di nuovo dirigere la
coppia formata da
Colin Farrell e Brendan Gleeson. I due attori erano
già stati protagonisti del bellissimo In
Bruges. Il nuovo film si intitola The
Banshees of Inisheer.
Il film è ambientato su una remota
isola irlandese e i due attori interpreteranno due amici che si
ritrovano in una situazione di stallo quando uno dei due interrompe
bruscamente la loro relazione con conseguenze allarmanti per
entrambi. Le riprese si svolgeranno quest’estate.
Lo scrittore-regista ha collaborato
con entrambi gli attori, oltre a Ralph Fiennes, nella commedia nera del 2008,
In Bruges, in cui Farrell ha interpretato
un sicario che viene portato nella pittoresca città del Belgio per
distrarsi e divertirsi, prima di essere fatto fuori da un collega
(Gleeson). Si scopre però che il sicario progetta di suicidarsi a
causa di un colpo mal riuscito – un bambino è stato ucciso – e
quando il suo amico ferma il suo tentativo di suicidio e si rifiuta
di scacciarlo, entrambi gli assassini vengono presi di mira dal
loro capo (Fiennes). Il film ha segnato un grande debutto alla
regia per McDonagh.
Apprezzato attore comico,
Martin Lawrence si è negli anni costruito una
carriera partecipando a film di grande impatto, svelando buone doti
attoriali in generi sempre diversi e talvolta opposti alla
commedia. Nell’ultimo periodo la sua carriera sembrava essere stata
oscurata, ma l’attore si è fatto trovare pronto nel momento in cui
un vecchio e celebre ruolo del passato ha richiesto nuovamente la
sua presenza. Lawrence è così prossimo ad una nuova incursione
cinematografica, che potrà far riscoprire le sue abilità.
Ecco 10 cose che non sai su
Martin Lawrence.
Martin Lawrence: i suoi film
1. Ha recitato in celebri
lungometraggi. L’attore ha esordito al cinema con il film
Fa’ la cosa giusta (1989), per poi recitare nei film
House Party (1990), House Party 2 (1991), Il
principe delle donne (1992) e Bad Boys (1995), dove
recita accanto all’attore Will
Smith e ottiene una buona popolarità. Negli anni
seguenti recita in La linea sottile tra odio e amore
(1996), Life (1999), Da ladro a poliziotto
(1999), Big Mama (2000) e Bad Boys II
(2003). Tra gli ultimi film interpretati dall’attore si
annoverano FBI: Operazione tata (2006), Svalvolati on
the road (2007), In viaggio per il college (2008),
Il funerale è servito (2010) e Big Mama – Tale padre,
tale figlio (2011). Nel 2019 l’attore torna a recitare al
cinema nei film The Beach Bum (2019) e Bad Boys for
Life (2020), nuovo capitolo della trilogia comedy-action.
2. Ha recitato anche in
televisione. L’attore intraprende la propria carriera
recitando in televisione nella serie What’s Happening Now!
(1987-1988). Successivamente recita nei film per la TV A Little
Bit Strange (1989), Hammer, Slammer, & Slade (1990) e
Private Times (1991). Ottiene poi grande popolarità
recitando da protagonista nella serie Martin (1992-1997).
Lawrence torna poi a recitare in televisione nel 2014 nella serie
Partners.
3. Si è affermato come
produttore. Nel corso degli anni l’attore ha svolto anche
il ruolo di produttore, in particolare per progetti in cui era
coinvolto anche come interprete. Tra questi si annoverano i film
La linea sottile tra odio e amore, e Big Mama, FBI:
Operazione tata, come anche le serie TV Martin, 1st
Amendement Stand Up e Partners.
Martin Lawrence è su Instagram
4. Ha un account
personale. L’attore è presente sul social network
Instagram con un proprio profilo, seguito da 6,3 milioni di
persone. All’interno di questo Lawrence è solito condividere
fotografie scattate in momenti di svago, in compagnia di amici o
colleghi. Non mancano inoltre immagini promozionali dei suoi
progetti da interprete, o foto tratte dagli eventi mondani a cui
l’attore prende parte.
Martin Lawrence: l’incidente avuto
dall’attore
5. Ha avuto problemi di
salute. Mentre si preparava per le riprese del film
Big Mama, l’attore decise di fare una corsa per mantenersi
in movimento. Sfortunatamente però, Lawrence scelse una calda
giornata estiva, che lo gettò in uno stato di disidratazione tale
da perdere i sensi e rimanere in coma per tre giorni. A salvarlo fu
l’intervento tempestivo dei medici.
Martin Lawrence in Bad Boys
6. Ha improvvisato molte
scene. Il regista Michael Bay si era
dichiarato scontento della sceneggiatura del film, chiedendo perciò
ai due attori protagonisti di improvvisare buona parte delle scene.
Il successo del film venne così dalla grande chimica di coppia
sfoggiata a riguardo tra Lawrence e Smith.
7. Non credeva si sarebbe
realizzato un terzo film. Nel 2017 l’annunciato terzo
capitolo della serie fu privato, da parte della casa di produzione,
di una data ufficiale di rilascio. Questa notizia portò Lawrence a
convincersi che il film non si sarebbe mai realizzato, anche per
via dei numerosi altri impegni dell’attore Will
Smith. Tuttavia, infine, il film ottenne una nuova data di
distribuzione, e fu ufficialmente confermato dai due
interpreti.
Martin Lawrence in Big Mama
8. Il suo vestito è stato
ripensato in seguito al suo incidente. Dopo aver superato
l’incidente che lo gettò in alcuni giorni di coma, dovuto ad un
eccessivo colpo di calore, si pensò di riadattare il pesante
costume che l’attore avrebbe dovuto indossare in Big Mama.
Questo fu infatti reso più leggero e traspirante, così da evitare a
Lawrence eventuali nuovi problemi di salute.
Martin Lawrence: il suo 2019
9. È pronto a tornare al
cinema. Nel 2019 l’attore ha annunciato il suo ritorno sul
grande schermo con il film Bad Boys for life, che lo vede
riunirsi accanto a Will Smith, riprendendo il
ruolo del detective Marcus Burnett.
Martin Lawrence età e altezza
10. Martin Lawrence è nato a
Francoforte sul Meno, in Germania, il 16 aprile 1965.
L’attore è alto complessivamente 171 centimetri.
Martin Freeman è
stato il primo attore a vincere il Romics D’Oro
nell’ambito del Romics 2018 e di seguito ecco la
nostra intervista con l’interprete che vedremo in sala, dal 19
aprile, in Ghost Stories, distribuito da
Adler Entertainment.
[brid video=”383732″ player=”15690″ title=”Martin Freeman ci
parla di Infinity War e del futuro di Everett K. Ross”]
Martin Freeman: intervista dal
Romics 2018
Martin Freeman è
stato trai protagonisti di Black Panther, al
cinema lo scorso febbraio, film che rientra nel Marvel Cinematic Universe e che ha
registrato record di incassi in tutto il mondo.
L’attore tornerà in futuro nei
panni di Everett Ross nel MCU, ma lo vedremo anche
in Cargo, film post-apocalittico in cui interpreta
un padre che farà di tutto per tenere in vita suo figlio, e in
Ode to Joy, al fianco di Morena
Baccarin.
Martin Freeman è uno degli
attori inglesi più famosi degli ultimi anni, soprattutto grazie a
Sherlock e Lo Hobbit, che
l’hanno reso uno dei “principi nerd” degli ultimi anni (parole
sue). Sapete tutto su John Watson, su Bilbo, su Fargo. Avete seguito la sua carriera degli
ultimi anni, siete fan di lui e di
Benedict Cumberbatch, attendete con ansia i suoi
prossimi ruoli.
Ma c’è qualcosa che non sapete
su Martin Freeman? Ecco dieci curiosità su di lui:
Martin Freeman: i film
1. Martin Freeman: gli inizi e
la carriera. Martin è nato in Inghilterra l’8 settembre 1971,
ed è cresciuto a Londra. Dopo aver frequentato la Central School of
Speech and Drama, ha preso parte a diverse produzioni del National
Theatre di Londra, e ha cominciato a lavorare in televisione sin
dalla fine degli anni Novanta. È all’inizio degli anni Duemila che
la sua carriera, però, subisce un’impennata, quando comincia a
recitare in diversi episodi di parecchie serie TV, tra cui World
of Pub, Helen West, Charles II: The power and the
Passion e The Office, amatissima serie comica britannica
che lo rende piuttosto famoso. Nel frattempo, comincia a recitare
al cinema, in film come Ali G (2002), Love Actually – L’more davvero (2003).
2. Martin Freeman: i film e le
serie TV. Martin Freeman lavora senza sosta: dopo The
Office, recita ne L’alba dei morti dementi (2004), nella
serie Hardware, in Guida galattica per autostoppisti
(2005), nella serie Ti presento i Robinson (2005), in
Complicità e sospetti (2006), Dedication (2007),
Hot Fuzz (2007), Nightwatching (2007), nella
miniserie Boys Meets Girl (2009), Nativity! (2009),
(S)ex List (2011), e come doppiatore per Pirati! Briganti
da strapazzo (2012). Nel 2010 comincia a recitare in
Sherlock, il 2012 è l’anno de Lo Hobbit – Un viaggio
inaspettato (seguito da La desolazione di
Smaug e La battaglia delle
cinque armate rispettivamente nel 2013 e nel 2014), e nel
2014 arriva Fargo. Oramai uno degli attori più famosi al
mondo, recita in diversi film tra cui Animals (2012),
Svengali (2013), La fine del mondo (2013), Whiskey
Tango Foxtrot (2016), Captain America: Civil
War (2016). Negli ultimi due anni, Martin Freeman recita in
film come Carnage: Swallowing the Past (2017), Cargo
(2017), e Black Panther (2018), Ghost
Stories(2018). Nel 2019 ha interpretato
Thomas in The Operative – Sotto copertura,
Charlie in Ode to Joy. Nel 2019 è stato
protagonista della miniserieA Confession nei panni del Det. Supt.
Stephen Fulcher. Dal 2020 – in corso è il protagonista della serie
tv Breeders nei
panni di Paul. Nel 2022 riprenderà il ruolo di Everett K. Ross in
Black Panther
2.
Martin Freeman in
Fargo
3. Martin Freeman per
Fargo non ha fatto nemmeno un provino. Martin Freeman,
in Fargo, esibisce un perfetto accento del Minnesota. E, a
quanto pare, i produttori della serie non hanno fatto fare un
provino all’attore, nemmeno per verificare fosse in grado di fare
un accento americano convincente. “Non ho fatto il provino per
Fargo, mi è stata fatta direttamente un’offerta” ha
raccontato, “Ma le cose sarebbero potute andare molto, molto male.
(…) Fortunatamente, non sono male con gli accenti”.
4. Martin Freeman ha imparato a
guidare per Fargo. Sarà stato scelto sulla fiducia, ma
Martin Freeman per Fargo ha dovuto imparare qualcosa: a
guidare. Avete presente, nella puntata I mastini di
Baskerville di Sherlock, quando Sherlock e Watson
guidano in campagna? Inizialmente, doveva essere John a guidare per
l’amico, ma i piani furono cambiato perché Martin Freeman non
sapeva guidare. Per Fargo, però, ha imparato.
Martin Freeman: Lo
Hobbit
5. Martin Freeman e Lo
Hobbit: per poco non ha rinunciato al ruolo di Bilbo. Oltre
al ruolo di John Watson in Sherlock, quello di Bilbo ne
Lo Hobbit è sicuramente uno dei più importanti della sua
carriera. E pensare che per poco non ci ha rinunciato a causa di
una sovrapposizione con le riprese di Sherlock.
Fortunatamente, Peter Jackson ci teneva così tanto ad averlo nel
film che riuscì a spostare alcune date in modo tale da permettere
la sua presenza sul set. Secondo il regista, infatti, Freeman è
“nato per quel ruolo”.
Martin Freeman:
Sherlock
6. Martin Freeman e
Sherlock: odia i baffi di Watson. Per la maggior parte
della serie, il John Watson di Martin Freeman non ha i baffi. E per
fortuna, perché Martin stesso non ne è esattamente un fan. Durante
le riprese di La casa vuota, infatti, l’attore trovò i baffi
finti che dovette indossare fastidiosi e poco lusinghieri. Quando
gli fu chiesto di indossarli, Martin scherzò dicendo “Ma io sono un
sex symbol!”
7. Martin Freeman e
Sherlock: quanto durerà? Quando il Financial
Times ha fatto domande a Martin Freeman su Sherlock, la
sua risposta ha turbato non pochi. L’attore ha infatti dichiarato:
“Tutto quello che posso dire… è che mi piace che le cose abbiano
una fine… Sono sempre felice di fermarmi prima che le persone ti
dicano di fermarti, o i Beatles starebbero ancora suonando. Sono
molto, molto felice che abbiano detto ‘Ok, così è abbastanza’”.
Benedict Cumberbatch e Martin
Freeman
8. Benedict Cumberbatch e Martin
Freeman: ostilità per colpa di Sherlock. Martin Freeman
ha parlato di Sherlock più di una volta, dicendo che oramai,
per lui “non è più divertente”. A rovinare la sua esperienza sembra
siano state le aspettative dei fan, e ora sente la cosa più come un
dovere verso di loro, che come un piacere. “Sono molto grato per il
loro supporto, ma è tutto qui” ha detto. Benedict Cumberbatch ha
commentato la cosa, dicendo: “È abbastanza patetico (…) Per colpa
delle aspettative? Non sono d’accordo su questo.” A quanto pare, i
due non sono mai stati particolarmente amici, ma sembra che le
recenti ostilità tra i due siano tra i motivi per cui la quinta
stagione non è ancora diventata realtà.
Martin Freeman e Amanda
Abbington
9. Martin Freeman e Amanda
Abbington si sono lasciati prima di recitare insieme in
Sherlock. Nella serie, la coppia John/Mary comincia ad
avere dei problemi dopo la nascita del figlio. Nello stesso
periodo, i due, sposati da sedici anni, hanno annunciato la loro
separazione. Riguardo alla rottura tra Martin Freeman e Amanda
Abbington, avvenuta nel 2016, l’attrice ha raccontato: “Martin e io
restiamo migliori amici e ci vogliamo bene, la cosa è stata
completamente amichevole (…) È triste, perché pensi che starai con
quella persona per sempre, ma o si fa così o ci si lascia, ed
entrambi siamo giunti alla decisione che lasciarsi era la cosa
migliore per noi. Siamo stati molto fortunati a rompere le cose in
modo così netto, soprattutto per i bambini”. A quanto pare, tra le
cause della rottura, ci sono il successo e gli impegni di John, che
l’hanno tenuto lontano da casa: “Non puoi stare lontano dalle
persone per troppo tempo, perché cominci a funzionare per conto
tuo, e ti abitui ad essere separato dalla persona con la quale
dovresti stare”, ha raccontato la Abbington.
10. Martin Freeman non va
d’accordo con la tecnologia. “Odio il fatto che buona parte
delle nostre vite sia computerizzata, piuttosto che meccanizzata.
Da una parte, ci viene costantemente detto di riciclare e
risparmiare, e dall’altra ci viene detto che dobbiamo comprare il
gadget uscito tre settimane dopo l’ultimo gadget che hai comprato.
È davvero assurdo”.
Sembrano passati secoli da quanto
Sherlock, la serie di culto della BBC, ha fatto il suo
debutto sul primo canale britannico lanciando le carriere dei suoi
protagonisti e proiettandole nel mondo del cinema: spesso del tutto
identificato con le vertiginose deduzioni dell’affascinante
detective interpretato da Benedict Cumberbatch, il successo
della formula creata da Steven Moffat e Mark
Gatiss non sarebbe però stato lo stesso senza la presenza
di Martin Freeman, impeccabile John Watson e adesso
pronto a tornare nei cinema di tutto il mondo il 12 dicembre con
Lo Hobbit – la Desolazione di Smaug, secondo
capitolo del nuovo franchise tolkieniano curato e diretto da
Peter Jackson.
Martin John Christopher Freeman
nasce ad Aldershot (Hampshire) l’8 settembre 1971, ultimo di 5
figli: dopo la separazione dei genitori avvenuta quando aveva
appena 5 anni Martin va a vivere con il padre, ma la morte
improvvisa di quest’ultimo pochi anni dopo getta un’ulteriore ombra
sull’infanzia del bambino, già fragile e asmatico; come
prevedibile, questa perdita segnerà Freeman per il resto della vita
e condizionerà forse anche il rapporto con una credo religioso che
rimarrà per lui, cresciuto in una famiglia di cattolici osservanti
e mandato in scuole salesiane fino agli anni dell’università,
un’incancellabile certezza.
Scoperta la recitazione nel
contesto scolastico, a 17 anni Martin decide di dedicarsi
seriamente alla recitazione, iscrivendosi dopo le superiori alla
prestigiosa London’s Central School of Speech and Drama; iniziata
una lunga gavetta che lo vede collezionare numerose piccole parti
sul piccolo schermo, nel 2001 interpreta il ruolo più negativo
della sua carriera, ma anche il più importante sul piano personale:
sul set del film tv di Channel 4 Men Only, dove il suo
personaggio è parte di una gang che violenta un’infermiera, si
innamora ricambiato della collega Amanda Abbington
(Being Human, Mrs Selfridge), sua attuale compagna e madre
dei suoi due figli.
La svolta professionale arriva
nello stesso anno con The Office, acclamata sitcom in forma
di mockumentary scritta da Ricky Gervais e Stephen
Merchant e ambientata nella fittizia impresa cartaria “Wernham
Hogg”: confermata per due stagioni, la serie è un grande successo
di pubblico e critica e grazie al ruolo del simpatico responsabile
vendite Tim Cantenbury Martin diventa un volto conosciuto e
familiare per tutto il pubblico UK.
Nel 2003, ottiene una parte di
rilievo sul grande schermo in Love Actually,
deliziosa commedia natalizia firmata dal Maestro Richard
Curtis dove “sveste” i panni di John, controfigura per le scene
di sesso di un film che cerca teneramente di conquistare l’amore
della collega Judy; nel 2004, entra invece per la prima volta a far
parte della famiglia di Simon Pegg ed Edgar Wright
con il primo film della Trilogia del Cornetto L’alba dei Morti
Dementi: tornerà anche nel secondo episodio della serie
Hott Fuzz (2007) e in The World’s End
(2013), terzo irriverente capitolo che gli concederà
finalmente maggiore spazio nell’economia della storia.
Nel 2005 è al fianco di Zooey
Deshanel (500 Giorni Insieme) per interpretare
Arthur Dent, imbranato terrestre sorpreso dalla fine del mondo in
vestaglia, nella trasposizione cinematografica della
GuidaGalattica per
Autostoppisti di Douglas Adams; il film ha una
bassissima distribuzione ma resta comunque un cult per chiunque
abbia conosciuto e amato l’opera di Adams, a cui la pellicola è
stata alla fine dedicata: seguono il Mockumentary
Confetti, commedia che chiama 3 coppie a competere
per conquistare il titolo di matrimonio più originale dell’anno e
Complicità e Sospetti, raffinato dramma diretto da
Anthony Minghella con Jude
Law e Juliette Binoche.
Dopo diversi piccoli ruoli, Freeman
è voluto dal regista Peter Greenaway come protagonista
assoluto del suo Nighwatching, affresco estenuante
ed estremo dedicato a Rembrandt e al mistero che circonda il suo
famoso quadro “La Ronda di Notte”: l’attore non si lascia
intimidire dalle numerose scene di nudo né dal rigido impianto
teatrale della messa in scena, dipingendo con la sua performance un
ritratto d’artista complesso, rabbioso e appassionato.
Nel 2009, oltre alla pellicola
natalizia Nativity e alla commedia nera Wild
Target con Emily Blunt e BillNighy,
Martin ottiene però il ruolo della vita, la grande occasione dopo
la quale niente sarà mai più come prima: dopo una lunga e
infruttuosa ricerca, Moffat e Gatiss trovano in lui il John Watson
ideale per la loro rilettura contemporanea delle avventure del
Detective nato dalla penna di Arthur Conan Doyle, ad oggi benedetta
da un successo inarrestabile.
La chimica con lo Sherlock Holmes
di Benedict Cumberbatch è palpabile e alle prese con un personaggio
introverso e composto Freeman mette tutto sé stesso in una prova
trattenuta e commovente che conquista all’istante, regalandogli
anche la vittoria ai BAFTA 2011 come miglior attore non
protagonista; per la seconda serie, riceverà una nuova candidatura
al premio (vinto poi dal Moriarty di Andrew Scott) e ai
Primetime Emmy Awards.
Colpito dalla sua interpretazione
in Sherlock, Peter Jackson capisce che Martin è l’unico
Bilbo possibile per la sua nuova trasposizione cinematografica
tratta da Lo Hobbit di J. R. R. Tolkien: nonostante la
prestigiosa offerta, Freeman è sul punto di rifiutare il ruolo a
causa del conflitto di scheduling con le riprese della seconda
serie di Sherlock, ma con la consapevolezza di non poter affidare
il ruolo a nessun altro Jackson è persino disposto a riorganizzare
il suo piano di lavoro, in modo da consentire a Martin di volare in
Nuova Zelanda una volta concluso il suo impegno con la serie.
La
fiducia del regista è ben riposta: con Un Viaggio
Inaspettato, primo capitolo di una saga che si svilupperà
in una trilogia attingendo a piene mani dalla vasta mitologia sulla
Terra di Mezzo, Martin dimostra di essere uno Hobbit assolutamente
perfetto, fedele alla pagina scritta e pronto ad assecondare con la
giusta sensibilità la lunga corsa della storia; sul set del secondo
film La Desolazione di Smaug ritrova virtualmente ( i due non hanno
mai recitato fisicamente nella stessa stanza) Cumberbatch, chiamato
a prestare voce e movenze in motion capture al temibile Drago
dentro la Montagna.
Nonostante il grandissimo successo
del film e la notorietà conseguita, l’avventura in Nuova Zelanda
non è però tutta rose e fiori: lasciati Amanda e i bambini in
Inghilterra, il peso della distanza si fa sentire e Martin si
impegna per il futuro a non abbracciare progetti che lo tengano
troppo a lungo lontano dai suoi cari.
L’attesissima terza serie di
Sherlock, che debutterà sulla BBC l’1 gennaio 2014 ed
esplorerà gli effetti del ritorno dalla morte di Holmes sul fedele
Watson, rappresenterà al contrario una piccola riunione di
famiglia: non nuova alle collaborazioni sul set col compagno,
Amanda Abbington vestirà infatti i panni della moglie di John, Mary
Morstan.
Anche se impegnato con la Trilogia,
Freeman non si adagia sugli allori e inizia presto a guardare al
futuro: dopo aver prestato la voce al film d’animazione della
Aardman Pirati! Briganti da strapazzo (2012) e aver
assistito alla fine del mondo in The World’s End
(2013), l’attore tornerà sul piccolo schermo sfoggiando un accento
del Minnesota grazie a Fargo, serie tv della Fox
prodotta da Joel ed Ethan Coen che proseguirà gli
eventi dell’omonimo film con una storia altrettanto nera.
Il ruolo
dell’attore sarà quello di Lester Nygaard (personaggio simile a
quello interpretato a suo tempo da William H. Macy) depresso
venditore di assicurazioni che vive una spenta esistenza succube di
una moglie insopportabile, fino a quando un misterioso straniero di
nome Lone Marvo (Billy Bob Thornton) non arriva in città
cambiando per sempre la sua vita; Freeman sembra intenzionato a
indirizzare la sua carriera su solidi binari, alternando le luci
dei grandi blockbuster a produzioni meno colossali e stressanti ma
egualmente promettenti.
Nelle parole di Steven Moffat,
laddove Benedict Cumberbatch riesce ad incarnare
al meglio figure intellettualmente complesse e fuori dagli schemi,
Martin Freeman trova invece sempre la poesia
nell’uomo comune cogliendo lo straordinario che si nasconde dentro
personaggi ordinari coinvolti loro malgrado in situazioni
eccezionali; a noi basta guardare nei suoi quieti e malinconici
occhi blu, o ascoltare le sue battute taglienti che con fare
decisamente british sono spesso in bilico fra puro humour e amaro
sarcasmo, per capire che il più amato Watson del piccolo schermo
non ha alcuna intenzione di lasciarsi travolgere dall’ onda del
successo perdendo di vista le cose importanti: “Alcune persone
hanno quel grido nella testa, ma io non credo di averlo mai avuto.
Quella cosa del “vivi in fretta – muori giovane”. Nessuno lo
vorrebbe veramente – Jimi Hendrix, Janis Joplin – non è un bene. Io
voglio vivere con Amanda fino a 70 anni.”
Continua incessante il lavoro negli
uffici di Giffoni: dopo aver annunciato da Cannes
i primi ospiti e la selezione ufficiale, ecco uno degli attori più
acclamati dalla community del festival per il suo ruolo in
Sherlock, Martin Freeman. La star britannica
incontrerà i giovani giurati il prossimo 19 luglio, nel corso della
45esima edizione, in programma dal 17 al 26 luglio 2015 a Giffoni
Valle Piana (Sa).
Apprezzato per il personaggio di Bilbo Baggins nei tre
adattamenti de Lo Hobbit (Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato, Lo
Hobbit – La desolazione di Smaug e Lo Hobbit – La battaglia delle
cinque armate), Freeman è stato pluripremiato anche per le sue
interpretazioni in Fargo e Sherlock, conquistando nel 2010 l’Emmy
Award e il Premio BAFTA come ‘miglior attore non protagonista’ (per
Sherlock) e le nomination ai Golden Globes 2015 e agli Emmy Awards
2014 come ‘miglior attore non protagonista in una miniserie o film
per la televisione’ (per Fargo).
Nel 2016 Freeman sarà atteso sul
grande schermo con FUN HOUSE, commedia nera diretta da Glenn
Ficarra e John Requa con Tina Fey, Margot Robbie e
Billy Bob Thornton, basata sul libro della giornalista
Kim Barker, “The Taliban Shuffle: Strange Days in Afghanistan and
Pakistan”: racconto delle dure giornate della reporter in
Afghanistan e Pakistan, durante gli scontri e gli attentati del
2002. Freeman sarà protagonista anche del dramma Funny Cow con John
Hannah, Stephen Graham e Maxine Peake, film inglese incentrato sul
personaggio di una stand up comedienne, nell’ambiente macho e
violento del club dell’Inghilterra del Nord degli anni ’70 e
’80.
Sono sempre più insistenti, invece,
le voci che vedono l’attore anche nel cast di The Big Friendly
Giant — (The BFG) — di Steven Spielberg in uscita il 22 luglio 2016
nel Regno Unito, in occasione del centenario della nascita di Road
Dahl, l’autore dell’omonimo libro per bambini del 1982, pubblicato
in Italia nel 1987 col titolo Il Grande Gigante Gentile (il GGG).
The BFG di Spielberg sarà un live — action sceneggiato da Melissa
Matheson (la stessa di E.T.) e realizzato da DreamWorks Studios. Il
libro racconta l’amicizia fra una bambina orfana di nome Sophie e
un gigante buono, che regala bei sogni e distrugge gli incubi.
L’attore parteciperà anche al terzo
capitolo di Captain America: Civil Warcome rivelato recentemente
dalla Marvel Studios. Il film riprende la
storia di Age of Ultron, in cui i supereroi dovranno scegliere se
stare dalla parte di Iron Man (Robert Downey Jr) o di Captain
America.
Dopo i recenti tentenamenti di Peter Jackson arrivno nuove voci,
questa volta di prima mano sull’attore che potrebbe interpretare
Bilbo Baggins in The Hobbit.
Dopo i recenti tentenamenti di Peter Jackson arrivno nuove voci,
questa volta di prima mano sull’attore che potrebbe interpretare
Bilbo Baggins in The Hobbit.
A quanto pare, l’attore Martin
Freeman sarebbe uno dei papabili per il ruolo. Freeman che ha
parlato di persona con Empire, riferisce che potrebbe accettare il
ruolo se le riprese non interferissero con Sherlock, serie TV che
Martin interpreta per la BBC. Tuttavia l’attore sembra molto
interessato alla parte, arrivando addirittura a sottolineare che
Bilbo, all’epoca dei fati raccontati nel ibro di Tolkien non è poi
così giovane, e lui avendo 39 anni potrebbe essere all’altezza di
recitare la parte di un giovani Ian Holm.
Impegnato con la promozione di
Black Panther, il nuovo cinecomic dei Marvel Studios che lo vede tra i
co-protagonisti, Martin Freeman ha svelato un
dettaglio finora sconosciuto che lo lega all’universo di
Star
Wars.
L’attore ha infatti raccontato in
un’intervista che tempo fa è stato vicino ad ottenere una parte
nella nuova trilogia del franchise senza risultati positivi
ovviamente:
“Un anno fa ho fatto una
chiacchierata con i produttori, ma non è più successo nulla e credo
sia stato giusto così. Ci sono altri attori britannici che hanno
preferito invece del sottoscritto.“
Stando a quanto mostrato dagli
ultimi capitoli Il Risveglio della Forza e
Gli Ultimi Jedi, sono due gli interpreti
britannici principali introdotti nella saga: Domhnall
Gleeson e Andy Serkis (collega sul set di
Black Panther).
È molto probabile che Freeman fosse
stato contattato per dare voce ad uno di questi personaggi, anche
se l’attore non ha rivelato ulteriori dettagli.
Rivedremo presto Martin Freeman in
Ghost Stories, il film horror co-diretto da Andy
Nyman e Jeremy Dyson
che arriverà ad Aprile 2018 nelle nostre sale,
distribuito da Adler Entertainment.
The Sun ha pubblicato un breve articolo segnalando che Martin
Freeman ha ricevuto una offerta formale da parte della MGM per
interpretare Bilbo Baggins nello Hobbit, offerta che ha dovuto
declinare perché sarà impegnato nelle riprese della serie inglese
Sherlock.
The Sun ha pubblicato un breve
articolo segnalando che Martin Freeman ha ricevuto una offerta
formale da parte della MGM per interpretare Bilbo Baggins nello
Hobbit, offerta che ha dovuto declinare perché sarà impegnato nelle
riprese della serie inglese Sherlock.
La notizia più interessante arriva
però dal fansite TheOneRing.net, solitamente molto bene informato.
Il sito ha deciso di rivelare una informazione che teneva segreta
(per ovvi motivi), ma ormai di pubblico dominio, e conferma così
che Freeman è stato la prima scelta dei produttori fin dall’anno
scorso, quando in effetti i rumour sul casting dell’attore si
susseguivano e quando ancora la produzione non aveva subito
ritardi:
Al momento non abbiamo ancora
informazioni sul fatto che Freeman abbia davvero rifiutato il
ruolo, ma possiamo dirvi con assoluta certezza che era la prima
scelta sin dall’anno scorso. Sviluppare e mantenere delle buone
fonti significa che a volte bisogna mantenere i segreti, ma visto
che ora si parla ufficialmente di Freeman, possiamo confermarvi che
l’articolo del Sun parla dell’attore giusto, e quindi anche il
resto della storia potrebbe essere vera. Ma alcuni dettagli
sembrano confusi, quindi lasciamo il dubbio sul resto
dell’articolo.
(…) La storia coincide peraltro
con un altra notizia che abbiamo sentito in giro, ossia che è in
corso un nuovo giro di casting per il ruolo di Bilbo. (…) L’intera
catena di ritardi che ha forzato il regista Guillermo del Toro ad
abbandonare la regia potrebbe essere costata ai film anche un
ottimo Bilbo.
Al momento sappiamo che Peter
Jackson è in trattative con la Warner Bros. per dirigere il film, e
che la Warner sta cercando di definire con la MGM (attualmente in
fase di acquisizione da parte della Spyglass) le modalità con cui
si porterà avanti il progetto.
Martin Freeman e
Benedict Cumberbatch sono entrati nei cuori dei
fan grazie alla serie della BBC Sherlock. I due si
sono poi trovati a lavorare di nuovo insieme nella trilogia de Lo
Hobbit, dove Freeman ha interpretato Bilbo Baggins
e Cumberbatch ha dato voce e corpo, grazie alla motion capture, al
drago Smaug.
Dal momento che entrambi gli attori
fanno parte della famiglia Marvel, si potrebbe ipotizzare una
reunion di Sherlock anche nell’ambito del MCU, con
un incontro tra il Doctor Strange e
Everett Ross.
Lo abbiamo chiesto a Martin
Freeman, in occasione del Romics 2018,
dove è stato premiato con il Romics d’oro, ed ecco
cosa ha risposto:
L’ultima volta che abbiamo visto
Everett Ross, l’agente della CIA era schierato al fianco di
T’Challa nella battaglia del legittimo re contro l’invasore
Killmonger, e adesso, stando alle parole di Freeman, il destino del
suo personaggio nei film Marvel sarà legato a quello di
Black Panther.
Intanto, vedremo Doctor
Strange in Avengers: Infinity War, che
arriverà al cinema in Italia a partire dal 25 aprile prossimo, dal
27 nel resto del mondo.
La trama di Avengers: Infinity War
– Un viaggio cinematografico senza precedenti, lungo dieci
anni, per sviluppare l’intero Marvel Cinematic Universe, Avengers:
Infinity War di Marvel Studios porta sullo schermo il definitivo,
letale scontro di tutti i tempi. Gli Avengers e i loro alleati
supereroi devono essere disposti a sacrificare tutto nel tentativo
di sconfiggere il potente Thanos prima che il suo attacco
improvviso di devastazione e rovina metta fine
all’universo.
Martin Freeman,
protagonista de Lo Hobbit, ma che abbiamo ammirato anche nella mini
serie Fargo e che rivedremo presto in
Sherlock della BBC, si è unito a
Tina Fey e Margot Robbie per Taliban
Shuffle, film della Paramount Pictures.
Il film è basato sulle memorie di
guerra di Kim Barker, e racconterà l’arrivo della
Barker a Kabul come un pesce fuor d’acqua, mentre cerca di trovare
storie sui militari, conciliare il suo essere donna durante la
guerra tra Iran e Pakistan, cercando inoltre di trovare equilibrio
trai periodi di noia e quelli di estrema violenza, e la mescolanza
di cultura nella quale è immersa una corrispondente di guerra.
Freeman interpreterà un dedito
fotograto e reporte scozzese, inaspettato love interest della
protagonista (Fey), mentre la Robbie sarà una reporter della
concorrenza.
Dal 17 dicembre vedremo
Martin Freeman al cinema nei panni di Bilbo
Baggins in Lo Hobbit le Battaglia delle Cinque
Armate.
Martin Freeman e
Tina Fey sono i protagonisti delle prime immagini
di Whiskey Tango Foxtrot, la commedia
dark che è un adattamento per il cinema del libro di memorie di
guerra “Taliban Shuffle”.
Ecco le prime foto:
Nel cast del film
Tina Fey, Margot Robbie, Martin
Freeman, Alfred Molina, Nicholas
Braun, Christopher Abbott, Sheila
Vand, Stephen Peacocke, Evan
Jonigkei e Billy Bob Thornton.
La pellicola vedrà la luce nelle
sale americane a partire dal 4 marzo 2016.
Martin Freeman e Eddie Marsan si
uniscono al cast di The World’s End, terzo
capitolo della Trilogia Blood and Ice Cream iniziata
con gli zombie di Shaun of the Dead e continuata
con Hot Fuzz.
La commedia, scritta da Simon Pegg,
Nick Frost ed Edgar Wright, racconterà la storia di un gruppo di
amici riuniti a vent’anni di distanza da un’epica sbronza e decisi
a ripetere l’impresa passando da un pub all’altro, fino ad arrivare
all’ultimo pub chiamato appunto “The World’s End”: nel frattempo,
si ritroveranno nel bel mezzo della Fine del Mondo.
Subito dopo l’annuncio della sua
selezione in Concorso a Venezia
76, è stato diffuso il primo trailer di Martin
Eden, il film di Pietro Marcello con
protagonista Luca Marinelli che vedremo al Lido e
che arriverà nelle nostre sale a partire dal 4 settembre,
distribuito da 01 Distribution.
Dopo aver salvato da un pestaggio
Arturo, giovane rampollo della borghesia industriale, il marinaio
Martin
Eden viene ricevuto in casa della famiglia del ragazzo
e qui conosce Elena, la bella sorella di Arturo, e se ne
innamora al primo sguardo. La giovane donna, colta e raffinata,
diventa non solo un’ossessione amorosa ma il simbolo dello status
sociale cui Martin aspira a elevarsi. A costo di enormi fatiche e
affrontando gli ostacoli della propria umile origine, Martin
insegue il sogno di diventare scrittore e – influenzato dal vecchio
intellettuale Russ Brissenden – si avvicina ai
circoli socialisti, entrando per questo in conflitto con Elena e
con il suo mondo borghese…
Martin Eden
racconta la nostra storia, la storia di chi si è formato non nella
famiglia, o nella scuola, ma attraverso la cultura incontrata lungo
la strada. È il romanzo degli autodidatti, di chi ha creduto nella
cultura come strumento di emancipazione e ne è stato, in parte,
deluso. Ma è anche un libro in grado, specie ad una seconda
lettura, di rivelare – al di là del melodramma – la capacità di
Jack London di vedere come in uno specchio le fosche tinte del
futuro, le perversioni e i tormenti del Novecento. Per questo
Martin Eden è un romanzo di grande attualità
politica, e per questo abbiamo immaginato il nostro Martin
attraversare il Novecento, o meglio una “crasi”, una trasposizione
trasognata del Novecento, libera da coordinate temporali,
ambientata non più nella California del romanzo ma in una Napoli
che potrebbe essere una qualsiasi città portuale (non solo)
d’Italia. (Maurizio Braucci e Pietro
Marcello).
Tratto dall’omonimo romanzo di
Jack London, Martin
Eden è il nuovo film di Pietro
Marcello, presentato in Concorso a Venezia
76, in cui Luca Marinelli dà vita
all’eroe protagonista di un pezzo di letteratura americana, la cui
vicenda viene traslata in Italia, a Napoli, in un tempo non troppo
bene specificato.
Nella Napoli dei primi anni del XX
secolo, il giovane marinaio Martin Eden,
proletario individualista in un’epoca squarciata dalla nascita di
movimenti politici di massa, sogna di diventare uno scrittore e
conquista l’amore di una giovane borghese grazie al suo bagaglio
culturale da autodidatta, allontanandosi in questo modo dalle sue
origini semplici.
Con un passato da documentarista
puro, Marcello si approccia alla materia di fiction raccontata nel
romanzo di London con un occhio decisamente personale. Il regista
elimina quasi completamente i riferimenti temporali, contrae gli
spazi e i tempi e dissemina nel film di finzione dei materiali
d’archivio che a volte rappresentano il tempo che passa, altre
volte i sogni di Martin, altre volte ancora i ricordi o le
aspettative, o il futuro e il passato delle circostanze che vengono
man mano proposte.
In un contesto così fluido da un
punto di vista temporale, Marcello inserisce il suo punto fermo, il
protagonista interpretato da Luca Marinelli,
vulcanico e brillante, esuberante ed ambizioso, ma anche curioso,
buono, dedito e innamorato. Il suo Martin Eden è uno studioso
dall’animo di marinaio, un viaggiatore, un esploratore
dell’umanità, un fervente individualista, un romantico, un uomo che
conta su se stesso e che, una volta entrato in quel mondo
benestante e ricco al quale agognava, ne capisce le ipocrisie e le
brutture, sentendosi costantemente fuori posto.
E il regista riesce con grande
eleganza e inventiva a raccontare tutte queste fasi con un ritmo
estremamente incalzante, eliminando qualsiasi barriera cronologica
e temporale e affidandosi a un attore del calibro di
Marinelli che riesce con facilità a mettere in
scena una gamma emozionale molto vasta. Peccato che nel finale,
l’attore calchi un po’ troppo la mano, sfiorando la macchietta e
intaccando la delicatezza e l’intensità di una performance
impeccabile, fino a quel momento.
Martin Eden è un
prodotto di grande interesse, specialmente per il linguaggio
utilizzato, perché forza gli argini temporali del racconto
cinematografico e li trasforma in sponde, sulle quali la storia
rimbalza per riversarsi su se stessa, travolgendo il
protagonista.
MARTIN
EDEN, il film di Pietro Marcello già
premiato con la Coppa Volpi a Luca Marinelli
all’ultima Mostra di Venezia, ottiene un nuovo importante
riconoscimento internazionale, stavolta dal Festival di
Toronto: il film ha infatti letteralmente conquistato la
giuria della sezione Platform (composta dalla regista Athina Rachel
Tsangari, dal direttore artistico della Berlinale Carlo Chatrian e
dalla critica cinematografica Jessica Kiang), vincendo il
prestigioso Platform Prize.
“Il nostro premio – spiega
la giuria nella motivazione ufficiale – va a un’opera d’arte
eloquente ed eccitante che ci ha messi d’accordo all’istante e
all’unanimità. Una storia politicamente e filosoficamente
provocatoria raccontata con una grazia e un’inventiva
straordinarie, un film che ribadisce una fede che è facile perdere
nel 2019: che il cinema che conosciamo non è che un iceberg, i cui
nove decimi restano ancora tutti da scoprire. Questa è una storia
classica raccontata in un modo nuovo che si tuffa sotto la
superficie per cercare – spesso negli archivi – forme di
espressione altamente non convenzionali, irriverenti e
anacronistiche, che pure onorano e partecipano alla storia del
cinema“.
“Voglio ringraziare Cameron
Bailey e Andrea Picard per aver invitato il film a Platform, e la
giuria per aver scelto Martin Eden tra tanti film –
così Pietro Marcello nel ricevere il premio –; e voglio dire
grazie ai miei partner, Rai Cinema, IBC Movie, Shellac Sud, The
Match Factory, e a tutte le persone che hanno lavorato con me a
questo film. Ringrazio l’Istituto Luce Cinecittà – Filmitalia per
il supporto che ha dato e continuerà a dare al film in tutto il
mondo. Ringrazio Luca Marinelli per il suo talento, Maurizio
Braucci per il suo coraggio, Tiziana Poli per essermi stata vicina
in tutti i miei film, sempre. E ancora i miei montatori, Aline
Hervé e Fabrizio Federico, i produttori esecutivi Dario Zonta e
Alessio Lazzareschi e tutta la squadra di Avventurosa che non
smette mai di credere nella possibilità di realizzare un cinema
diverso. Ancora una volta sono stato il produttore del mio film: ho
commesso qualche sbaglio, ma ho anche imparato molto. Soprattutto,
ho imparato che ci sono molti modi di produrre un film. Noi
l’abbiamo fatto in stato di grazia, e sin dal principio abbiamo
pensato a un Martin Eden moderno, un uomo dei nostri tempi. Martin
Eden è un personaggio creato da Jack London un secolo fa, ma la sua
voce parla ancora oggi, perché è la voce della libertà e del
coraggio che urla contro chi vuole costruire nuove prigioni e nuove
paure per l’umanità. Per questo spero che il film possa essere
visto dalle nuove generazioni. Viva Martin Eden. Grazie a
tutti“.
Giunta al suo quinto anno, Platform
è la sezione competitiva del Toronto International Film Festival,
la più attenta al cinema d’autore di tutto il mondo (non a caso
deve il suo nome al titolo del secondo lungometraggio del regista
cinese Jia Zhangke). Tra le opere che hanno avuto qui il loro
debutto mondiale o internazionale citiamo almeno il futuro premio
Oscar Moonlight di Barry Jenkins, Nocturama di
Bertrand Bonello, Il Clan di Pablo Trapero.
Intanto, mentre inizia con un
successo il suo giro del mondo festivaliero, Martin Eden
festeggia anche l’ottima accoglienza nelle sale italiane: uscito lo
scorso 4 settembre, il film ha superato ieri i 700mila euro di
incasso.
Martin
Eden è una produzione Avventurosa e
IBC Movie con Rai Cinema in
coproduzione con Shellac Sud e Match
Factory Productions. Distribuzione italiana: 01
Distribution
Il personaggio di Martian
Manhunter è una delle tante novità presenti all’interno
della
Snyder Cut di Justice
League. Il personaggio era completamente assente nella
versione theatrical, ma grazie al taglio di Zack Snyder il generale Swanwick interpretato
da Harry Lennix ne L’uomo
d’acciaio e in Batman v Superman ha avuto finalmente la possibilità
di trasformarsi in J’onn J’onzz.
Durante il
Justice Con dello scorso weekend, l’evento virtuale organizzato
per celebrare la
Snyder Cut ad un mese di distanza dalla distribuzione,
l’attore Harry Lennix, interrogato dai fan, ha avuto la
possibilità di riflettere su che tipo di storia avrebbe voluto per
Martian Manhunter se avesse avuto la possibilità di interpretare il
personaggio ancora una volta.
Lennix ha quindi espresso il
desiderio di vedere Martian Manhunter protagonista
di una detective story sul grande schermo, proprio come accade nei
fumetti. L’attore ha spiegato che vorrebbe vedere il personaggio
sfoggiare le sue abilità da detective per scongiurare, magari, una
crisi a livello mondiale. “Sarebbe bello vederlo agire in
qualità di detective”, ha spiegato. “Ci sono alcune storie
a fumetti in cui lo è. Anche se di giorno sarebbe comunque Calvin
Swanwick, sarebbe altrettanto bello fargli svolgere un lavoro di
tipo investigativo in cui può usare le sue abilità speciali. Così
avremmo anche modo di vedere che la diplomazia può essere una sorta
di superpotere. Potrebbe usare le sue capacità di detective e la
sua intelligenza per evitare o scongiurare una sorta di
catastrofe.”
Durante il suo intervento in
occasione della
Justice Con, Harry Lennix ha anche rivelato che stava per
abbandonare la recitazione prima del suo coinvolgimento ne
L’uomo
d’acciaio: “Erano gli anni della serie Dollhouse,
ideata curiosamente proprio da Joss Whedon. Lo show era stato
cancellato e non riuscivo più ad ottenere un’audizione. Poi,
improvvisamente, il mio telefono squillò e il mio agente mi disse
che Zack Snyder mi voleva ne L’uomo d’acciaio.”
Zack
Snyder’s Justice Leagueè uscito in streaming il
18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky
e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore
circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.