Come ogni
innovatore, Terrence Malick è un regista che divide la sala
a metà: non lo smentisce il suo ultimo lavoro To the Wonder , presentato il
2 settembre 2012 al Festival del Cinema di Venezia, che è
stato accolto dalla critica con sonori fischi e incontenibili
applausi.
Il regista texano, messa da parte
la sporadicità delle sue creazioni cinematografiche (sei film in
quarant’anni di carriera), a meno di un anno dal suo capolavoro
The Tree of Life si confronta con un
ambizioso dramma sentimentale che cerca di esplorare l’amore in
ogni sua sfaccettatura e contraddizione.
Il film racconta la storia di
Marina (Olga Kurylenko) e Neil (Ben
Affleck), che si innamorano follemente a Parigi e si
trasferiscono in Oklahoma per cominciare una nuova vita insieme; ma
i problemi non tardano ad arrivare, e il loro sentimento ormai
consumato finirà così per frantumarsi. Complice la scadenza del
visto di Marina, Neil si riavvicinerà a una vecchia fiamma
(Rachel McAdams): tornata negli Stati Uniti,
Marina cercherà conforto spirituale confidandosi con Padre Quintana
(Javier Bardem), uomo di chiesa tormentato dagli
stessi dubbi esistenziali della donna e disperatamente alla ricerca
di risposte.
E’ pieno di mistero questo racconto
in cui l’amore nasce con la forza di un incendio e si spegne con la
stessa fatale rapidità. Quasi privo di dialoghi, pare che il film
non abbia smentito lo stile antinarrativo ed ermetico tipico di
Malick: il suo linguaggio personale fa parlare le immagini e i
gesti, svuotando le parole di significato. D’altronde è proprio
l’incomunicabilità tra gli esseri umani il centro di To the
Wonder, tanto che le lingue usate dagli interpreti nei loro
monologhi interiori sono addirittura quattro: inglese, francese,
spagnolo e italiano.
La delicata fase di montaggio è
stata curata dallo stesso team di The Tree of
Life: A.J Edwards Keith, Fraase Shane
Hazen, Christopher Roldan, Mark Yoshikawa, che
non temono di andare oltre la dimensione spazio-temporale per
seguire l’interiorità dei protagonisti, in una costruzione
ellittica sconosciuta alla tradizione cinematografica.
D’altronde, il buon Malick è famoso
per i clamorosi tagli che stravolgono la sua opera in fase di
montaggio: quest’ultima non è stata certo risparmiata, tanto che le
performance di attori del calibro di Rachel Weisz,
Michael Sheen, Jessica Chastain, Amanda Lee,
Barry Pepper sono state cancellate senza facoltà di
appello.
Il cinema di Malick è celebre per
la potenza delle sue immagini, che sottendono un certo simbolismo:
per questo la scelta della fotografia è fondamentale, e il regista
ha qui deciso di continuare il suo fruttuoso sodalizio artistico
con il grande Emmanuel Lubezki, già candidato all’Oscar per
The New World e The Tree of
Life. Stesso importante compito per la musica, che
deve riuscire a dare corpo ai sentimenti umani: oltre alla vibrante
colonna sonora scritta appositamente da Hanan Townshend, nella pellicola si susseguono
brani di Berlioz, Wagner, Habdin, Respighi, Tchaikowsky,
Il film uscirà nelle nostre sale il
4 luglio: è facile prevedere che susciterà le critiche di chi non
apprezza lo stile ardito di un regista che alla spiegazione
esplicita preferisce alludere, suggerire e nascondere: come in una
fruttuosa caccia al tesoro.