Mad Max –
Interceptor, uscito nel 1979 e diretto da George Miller,
rappresenta una vera e propria rivoluzione all’interno del genere
action e
post-apocalittico. Realizzato con un budget ridottissimo, il
film ha saputo unire l’estetica cruda e violenta del cinema
d’exploitation con un’inedita attenzione per le sequenze d’azione
dinamiche e le spettacolari corse automobilistiche. La pellicola ha
così imposto un nuovo standard nella rappresentazione della
violenza e del caos stradale. L’ambientazione in un’Australia
prossima al collasso sociale e morale ha contribuito a creare
un’atmosfera cupa e disperata, capace di catturare l’immaginario
collettivo di un’epoca segnata da crisi energetiche e timori per un
futuro incerto.
Il film ha inoltre dato vita a uno
dei franchise più iconici e longevi della storia del cinema. A
partire da Mad Max – Interceptor, infatti, sono
nati sequel sempre più ambiziosi come
Interceptor – Il guerriero della strada
e Mad
Max oltre la sfera del tuono, fino al
sequel/reboot Mad
Max: Fury Road, capaci di rinnovare e ampliare
l’universo creato da Miller senza mai tradirne lo spirito
originario. La figura del protagonista Max Rockatansky,
interpretato da un giovane Mel Gibson, è diventata simbolo di un eroe
tragico e solitario, costretto a sopravvivere in un mondo dove la
legge e la civiltà hanno lasciato spazio alla barbarie.
Il successo del film, oltre a
consacrare il regista e l’attore, ha contribuito a rafforzare
l’influenza del cinema australiano sulla scena internazionale. Nel
corso di questo approfondimento ci soffermeremo in particolare sul
finale di Mad Max – Interceptor, un epilogo tanto
crudo quanto emblematico, che segna la trasformazione definitiva
del protagonista e pone le basi per gli sviluppi narrativi futuri.
Analizzeremo le scelte di Max, il senso morale (o amorale) delle
sue azioni e come queste siano diventate parte integrante del mito
che circonda la saga.
La trama di Mad Max –
Interceptor
La vicenda del film si svolge in
un’Australia distopica di un futuro non troppo lontano. Le riserve
di energia scarseggiano ormai da tempo, portando l’intero paese a
vivere in un contesto di semi anarchia, con bande di criminali
intenti ad aggredire quanti vengono trovati indifesi lungo le
deserte strade. Per contrastare ciò, vengono istituite delle
speciali task force della polizia federale, al fine di mantenere la
legge e l’ordine. Tra gli incaricati di ciò vi è anche il
poliziotto Max Rockatansky. Egli rimane però
particolarmente scioccato nel momento in cui il suo collega
Jim “Goose” Rains viene brutalmente ucciso dalla
banda dello spietato Toecutter.
Nel tentativo di prendersi una pausa
dal lavoro, Max decide allora di intraprendere una vacanza con la
moglie Jessie e il loro figlio infante. La loro
fuga di pace verrà però tragicamente interrotta dall’intromissione
di Toecutter e i suoi uomini, i quali porteranno via per sempre la
famiglia di Max. Accecato dall’odio e assetato di vendetta, egli
decide dunque di rimettersi la divisa da poliziotto, con
l’obiettivo di trovare e uccidere i responsabili della morte della
moglie e del figlio. Nonostante i tentativi di fermarlo, Toecutter
comprenderà ben presto di trovarsi di fronte ad una forza
inarrestabile.
La spiegazione del finale
Nel terzo atto di Mad Max –
Interceptor, la spirale di violenza raggiunge il culmine
quando Max Rockatansky, ormai devastato dal dolore e dalla sete di
vendetta, si lancia in una missione solitaria contro la gang
responsabile dell’uccisione della sua famiglia. Dopo aver perso la
moglie Jessie e il figlioletto Sprog sotto le ruote impietose dei
motociclisti guidati da Toecutter, Max abbandona dunque ogni legame
con la legge e la morale che un tempo aveva difeso come agente
della Main Force Patrol. Armato della sua iconica Ford
Falcon XB GT e di un arsenale letale, si mette sulle
tracce dei membri della banda, eliminandoli uno ad uno in una serie
di agguati brutali ed efficaci.
L’ultimo confronto vede Max
inseguire Toecutter fino a un drammatico schianto contro un camion,
che segna la fine del leader della gang. Il film si chiude
poicon una sequenza particolarmente emblematica: Max cattura Johnny
the Boy, uno degli ultimi membri della banda, e lo lascia legato a
un’auto incidentata destinata a esplodere, dandogli una scelta
impossibile — amputarsi la caviglia con una sega o morire
nell’esplosione imminente. Mentre Max si allontana nell’oscurità,
lasciando Johnny al suo destino, la macchina esplode alle sue
spalle. Questo atto finale segna il punto di non ritorno per il
protagonista: un tempo simbolo della giustizia, ora trasformato in
un angelo della vendetta che non fa più distinzione tra legge e
punizione sommaria.
Il significato di questo finale è
dunque strettamente legato alla discesa psicologica di Max
nell’abisso della disperazione e della disumanizzazione. La perdita
della famiglia rappresenta il crollo definitivo delle sue ultime
connessioni affettive e morali, trasformandolo da difensore della
società in una figura solitaria e implacabile. Il mondo di Mad Max
è ormai un luogo dove la legge non esiste più e l’unica regola è la
sopravvivenza a qualsiasi costo. Il gesto di lasciare Johnny the
Boy a una morte crudele non è quindi solo un atto di vendetta, ma
l’emblema della metamorfosi di Max: da uomo a mito della strada,
spogliato di ogni pietà e umanità.
Questo finale prepara idealmente il
terreno per i film successivi, in particolare
Interceptor – Il guerriero della strada, dove troviamo
un Max ancora più isolato, divenuto ormai una leggenda vagante in
un mondo post-apocalittico. La sua trasformazione in simbolo del
caos e della sopravvivenza è avviata proprio in questo epilogo, che
chiude il primo capitolo con una nota amara e disperata, ma al
tempo stesso apre un universo narrativo in cui la lotta per la vita
e la giustizia si gioca su un terreno sempre più arido e privo di
regole. Il finale di Mad Max – Interceptor è
quindi la nascita del mito di Mad Max, un uomo che ha perso tutto e
che diventa l’incarnazione della resistenza individuale in un mondo
al collasso.
David Goyer non
tornerà a occuparsi di Blade. Lo sceneggiatore
della trilogia originale con Wesley Snipes nei panni del cacciatore di
vampiri aveva infatti in precedenza affermato di aver preso in
considerazione l’idea di aiutare la Marvel Studios della Disney a
rilanciare il franchise, che è rimasto in fase di sviluppo dal
momento in cui Kevin Feige ha annunciato il progetto
al San Diego Comic-Con nel 2019.
“È così divertente, circa otto
mesi fa – quando, non l’ultimo intoppo, ma quello precedente –
avevo così tante persone che mi dicevano: ‘Amico, ti metteresti a
lavorare su Blade? Ti metteresti a lavorarci?’”, ha detto
Goyer a Variety. “Che fossero amici,
fan o persone sui social media”. Goyer ha poi continuato
dicendo che ha contattato la Marvel per offrire i suoi servizi per
aiutare a scrivere il nuovo film Blade, che ha cambiato più volte
proprietario e ha visto avvicendarsi diversi sceneggiatori e
registi.
“Non ci stavo nemmeno pensando,
ma poi ho chiesto al mio agente di chiamare la Marvel e dire:
‘Avete bisogno di aiuto?’”, ha ricordato Goyer. “E loro
hanno risposto: ‘ Ti adoriamo, ma pensiamo di aver risolto il
problema e di essere a buon punto’. E poi sono successe le ultime
cose. Quindi no, non mi hanno contattato“. Sembra dunque che
le intenzioni di Ayer fossero serie, ma la Marvel sembra invece
stia silenziosamente andando avanti con questo progetto, per il
quale si attendono però annunci ufficiali.
Cosa sappiamo del film Blade del
MCU?
A ottobre, la Disney ha ritirato il
reboot di Blade dal suo calendario delle uscite,
fissando al suo posto Badlands
della 20th Century per il 7 novembre 2025, lasciando il film Marvel
senza regista e senza data di uscita. In precedenza, la Marvel
aveva ingaggiato Stacy Osei-Kuffour
(Watchmen della HBO, The
Bear della FX) per scrivere la sceneggiatura e
Bassam Tariq (Mogul Mowgli) per la regia;
Beau DeMayo (X-Men
’97) è stato poi assunto per riscrivere la sceneggiatura,
con Michael Starburry (When They See Us),
Nic Pizzolatto (True Detective),
Michael Green (Logan) ed Eric
Pearson (Thunderbolts*) che hanno dato il loro
contributo alla sceneggiatura.
Yann Demange
(White Boy Rick) era entrato a far parte del progetto come
regista, ma lo ha abbandonato lo scorso giugno, apparentemente per
contrasti con il protagonista Mahershala
Ali. Di certo, ad oggi, rimane dunque il
coinvolgimento dell’atore. Feige nel 2019 ha annunciato che il due
volte vincitore dell’Oscar interpreterà il cacciatore di vampiri,
affermando poi di Blade che: “Negli ultimi
anni, mentre cercavamo di realizzare questo film, la cosa più
importante per noi era non affrettare i tempi e assicurarci di
realizzare il film giusto su Blade. Perché anni fa sono stati
realizzati alcuni film fantastici su Blade”.
La trilogia di
Blade della New Line, classificata R, ha incassato
complessivamente 417 milioni di dollari al botteghino mondiale tra
il 1998 e il 2004. Il film Blade del 1998, diretto
da Stephen Norrington, è stato il primo film
Marvel distribuito nelle sale dal 1986, dopo Howard the
Duck, e ha contribuito a inaugurare l’era moderna degli
adattamenti Marvel come X-Men del 2000 e
Spider-Man del 2002, blockbuster che hanno aperto la
strada al Marvel Cinematic Universe. Data la grande popolarità del
personaggio, si attendono dunque novità riguardo il progetto.
Isabella Ragonese in Yara. Foto
cortesia di Netflix
Diretto da Marco Tullio
Giordana, Yara(qui
la recensione) rappresenta un ulteriore tassello nella
filmografia di un regista che ha sempre dimostrato una particolare
sensibilità nel raccontare storie ispirate alla realtà e al dolore
collettivo. Giordana, già noto per opere come I cento
passi e La meglio gioventù, torna a confrontarsi con
un fatto di cronaca nera che ha scosso profondamente l’opinione
pubblica italiana: l’omicidio della giovane Yara
Gambirasio. Il regista affronta il caso con il suo
consueto approccio sobrio e rigoroso, senza indugiare nel
sensazionalismo, concentrandosi invece sulle indagini e sul
contesto umano e sociale che hanno circondato la tragica
vicenda.
La scelta di realizzare un film su
Yara nasce dall’esigenza di ripercorrere un caso giudiziario
complesso e delicato, che ha tenuto il Paese con il fiato sospeso
per anni. La pellicola si sofferma in particolare sulla
determinazione e il lavoro instancabile di coloro che hanno cercato
la verità, come la PM Letizia Ruggeri,
interpretata da Isabella Ragonese. Con Yara,
Giordana si propone di offrire un omaggio rispettoso alla vittima e
alla sua famiglia, dando voce al dolore e alla speranza di
giustizia, e allo stesso tempo riflettendo sui meccanismi della
giustizia italiana e sull’impatto che un simile dramma ha su una
comunità intera.
Il film, distribuito da Netflix, è stato però naturalmente accolto con
reazioni miste: da una parte apprezzato per il tono sobrio e per la
delicatezza con cui tratta il caso, dall’altra criticato da chi ha
visto nel progetto il rischio di spettacolarizzazione di un dramma
privato, un po’ come avvenuto di recente con la serie Avetrana
– Qui non è Hollywood. Nel corso dell’articolo, ci
soffermeremo proprio su un aspetto particolarmente discusso: le
differenze tra il film e la vicenda reale, cercando di capire come
e perché Giordana abbia scelto di raccontare alcuni passaggi con un
linguaggio narrativo diverso rispetto ai fatti di cronaca.
Chiara Bono in Yara. Foto cortesia di Netflix
La trama del film
Il film è incentrato sul caso di
Yara Gambirasio (Chiara Bono), la
tredicenne di Bembrate di Sopra, nel Bergamasco, misteriosamente
scomparsa nel 2010, dopo aver terminato una lezione di ginnastica
ritmica presso il centro sportivo del suo paesino. Quella fredda
sera del 26 novembre, Yara non fa ritorno a casa, lasciando la
famiglia immersa nell’angoscia. Iniziano così per i suoi genitori
mesi di inferno, nei quali si chiedono se la giovane sia ancora
viva, mentre le ricerche coinvolgono forze dell’ordine, volontari,
giornalisti e inquirenti come il pubblico ministero Letizia
Ruggeri (Isabella
Ragonese), il colonnello Vitale
(Alessio Boni) e il maresciallo
Garro (Thomas Trabacchi), impegnati senza
sosta nel ricostruire i fatti.
Solo il ritrovamento del corpo della
ginnasta, in un campo isolato a Chignolo d’Isola e dopo tre mesi di
attesa straziante, permetterà di ottenere un primo indizio, un DNA
sconosciuto, rilevato sugli indumenti della ragazza, che
consentirà, dopo una lunga e complessa indagine forense,
accertamenti incrociati e un grande aiuto da parte di tutta la
popolazione di Bembrate, d’individuare un sospettato, un uomo,
Massimo Bossetti (Roberto
Zibetti), fino a quel momento per nulla preso in
considerazione, muratore incensurato la cui traccia genetica era
compatibile con quella isolata nella zona colpita da arma da
taglio. L’arresto arriva dopo anni di lavoro investigativo, proprio
quando l’inchiesta sembrava vicina all’archiviazione
definitiva.
Le principali differenze tra il film e la storia vera
Pur cercando di attenersi quanto più possibile ai reali risvolti
della storia di Yara, il film presenta delle naturali differenze
rispetto alla realtà. Ad esempio, si enfatizza la figura della PM
Letizia Ruggeri come protagonista, mentre la vittima, Yara
Gambirasio, appare principalmente nei primissimi minuti. Questa
scelta narrativa è stata criticata: molti osservatori, tra cui il
magazine Framed e il
Giornale, sottolineano che
il titolo risulta fuorviante, perché la ragazza resta sullo sfondo,
intorno alla figura forte e combattiva della PM.
Comprensibilmente, però, Giordana ha voluto raccontare non tanto il
caso criminale in sé, quanto la determinazione e gli ostacoli di
una donna di legge in un ambiente tradizionalmente
maschile.
Nel film vengono poi trascurate alcune fasi reali dell’indagine,
come il DNA presente sul giubbetto dell’istruttrice Silvia
Brena, estratto il 2 aprile 2011.
Anche il blitz su Mohamed Fikri, arrestato per
errore, viene raffigurato, ma senza approfondire l’impatto emotivo
della comunità e le implicazioni giudiziarie reali.
Le omissioni suggeriscono una volontà di privilegiare un racconto
lineare e centrato sulla PM, piuttosto che una ricostruzione fedele
e complessa di tutte le ipotesi investigative, le quali avrebbero
inevitabilmente reso più complicato e lungo il
racconto.
Isabella Ragonese in Yara. Foto cortesia di Netflix
Nel film si attribuisce poi al cellulare di Bossetti una precisione
di posizionamento “alla via”, grazie alle celle telefoniche, il che
è tecnicamente impossibile. Anche il GPS viene presentato come non
ancora usato.
Un’altra differenza, seppur di minor importanza all’interno del
film, è l’accento di Yara che appare forzatamente “romano”, anziché
bergamasco, come sottolineato dal quotidiano Il Giorno.
Tali rappresentazioni appaiono infatti più funzionali alla tensione
narrativa che a un ritratto realistico delle tecnologie
investigative dell’epoca.
Riguardo al film si sono poi espressi sia i genitori di Yara sia i
legali di Bossetti, i quali hanno dichiarato di non essere stati
consultati: “Nessuno ha sentito la nostra voce”, ha
affermato Claudio Salvagni, avvocato della
difesa.
L’assenza delle loro testimonianze rende il film un racconto con un
unico punto di vista: quello della PM Ruggeri. Questa scelta, se da
una parte limita la pluralità narrativa e impedisce uno sguardo più
comprensivo su questioni delicate come la difesa del diritto, la
complessità del processo e il trauma delle famiglie coinvolte,
dall’altra permette al film di poter seguire un unico personaggio
ed evitare maggiore confusione.
Infine, le riprese non sono state effettuate a
Brembate o Chignolo d’Isola, ma
in location come Fiano e San Vito
Romano.Giordana
ha motivato la decisione per questioni logistiche legate al Covid e
per non gravare ulteriormente sulla comunità bergamasca.
In generale, il regista dichiara di aver voluto raccontare un
“caso che è stato specchio dell’Italia“, facendosi
portavoce di una realtà simbolica piuttosto che di un adattamento
cronachistico pedissequo. Questo ha naturalmente portato
alla ricostruzione di un contesto piuttosto diverso rispetto a
quello dove si sono realmente svolte le vicende.
le
differenze tra film e realtà, dunque, sono molte: dalla centralità
della PM Letizia Ruggeri alla marginalizzazione di Yara, dalle
omissioni investigative a scelte tecniche di vario tipo e al
mancato coinvolgimento delle famiglie. Queste strategie
rispecchiano però una visione autoriale che privilegia una
narrazione drammaturgica lineare e un focus tematico piuttosto che
una cronaca puntuale, propria più di un documentario. Giordana,
infatti, ha voluto realizzare non una docufiction, ma un affresco
simbolico del sistema giudiziario, delle dinamiche di genere e del
peso dell’inchiesta di massa in un Paese scosso dalla cronaca
nera.
28 anni
dopo è l’ultimo capitolo dell’acclamata saga di zombie
di Danny Boyle, che riprende quasi trent’anni dopo lo scoppio
dell’epidemia del
virus della rabbia in 28 giorni dopo. Il sequel amplia
notevolmente il panorama infetto, offrendo molti spunti
interessanti su come il mondo si è evoluto in questi anni
post-apocalittici. Fortunatamente, il pubblico non dovrà aspettare
molto per scoprire cosa riserva il futuro a questi nuovi
personaggi, dato che il prossimo film è ormai alle porte.
28 anni dopo include diverse rivelazioni importanti su questo
mondo desolato, e gran parte del film sembra una sottile
esposizione dei prossimi capitoli di questa serie horror. Boyle e
lo sceneggiatore Alex Garland fanno un ottimo lavoro nel garantire
che non sembri solo una preparazione, concentrandosi sui viaggi dei
nuovi personaggi in modo audace e significativo, ma non si può
evitare di notare quanto palesemente il finale di 28
Years Later anticipi la trama del prossimo film.
Fortunatamente, non ci vorrà molto prima che questi indizi sulla
trama vengano risolti.
Il sequel di 28 anni dopo, The
Bone Temple, uscirà nel gennaio 2026
Il film uscirà tra soli sette
mesi
28 Years Later è il primo
capitolo di una trilogia di film horror che continuerà nel gennaio
2026 con The Bone Temple. Sebbene siano stati rivelati pochi
dettagli sulla trama di The Bone Temple, è lecito supporre che il film
riprenderà esattamente da dove finisce 28 Years Later: con
Spike (Alfie Williams) che viaggia attraverso il continente insieme
alla Jimmies Gang mentre suo padre Jamie (Aaron Taylor-Johnson) lo
cerca.
Sebbene Boyle non dirigerà The
Bone Temple (l’onore è stato passato a Nia DaCosta, regista di
Candyman), la sceneggiatura è stata scritta ancora una volta
da Garland. Nel frattempo, gran parte del cast di 28 Years
Later riprenderà i propri ruoli in The Bone Temple;
Alfie Williams, Aaron Taylor-Johnson, Ralph Fiennes e Jack
O’Connell hanno tutti confermato la loro partecipazione al sequel.
Cillian Murphy tornerà anche lui nel ruolo di Jim, il
protagonista dell’originale 28 Days Later.
Come mai 28 Years Later: The
Bone Temple uscirà così presto
Fortunatamente, gennaio 2026 è solo
a sette mesi di distanza, il che significa che il pubblico non
dovrà aspettare molto per scoprire cosa succede dopo il lo
scioccante finale. Il motivo di questa rapida inversione di rotta è
che sia 28 Years Later che The Bone Temple sono
stati girati contemporaneamente, con Boyle che ha
immediatamente passato il testimone a DaCosta e utilizzando gli
stessi attori e le stesse location mentre erano disponibili.
Secondo quanto riferito, i due film
sono stati girati intorno al maggio 2024, con le riprese principali
che si sono svolte nel Northumberland, nel nord-est
dell’Inghilterra. Le riprese di 28 Years Later sono durate
oltre due mesi e quelle di The Bone Temple sono iniziate
meno di un mese dopo.
28 Years Later suggerisce che
il sequel sarà molto diverso
Il finale del film anticipa un
sequel molto diverso
Il
finale di 28 anni dopo introduce la Jimmies Gang, un
gruppo di violenti fuorilegge apparentemente ispirati al famigerato
predatore di celebrità Jimmy Savile. Il loro arrivo segna un
enorme cambiamento di tono per il film, che supera il trauma
emotivo causato dalla morte di Isla (Jodie Comer) e dall’abbandono
dell’isola da parte di Spike con una sequenza d’azione audace e
brutale accompagnata da musica rock pesante.
Questo finale sconcertante
suggerisce che The Bone Temple sarà molto diverso dal primo
capitolo di questa trilogia sequel, forse utilizzando la Jimmies
Gang come fonte di sollievo comico e abbandonando il tono cupo e
crudo del primo film. Non è chiaro se il personaggio di Jack
O’Connell sarà amico o nemico di Spike, ma avrà sicuramente un
ruolo importante. Garland ha fatto un ottimo lavoro nel stuzzicare
sottilmente i Jimmies in 28 Years Later, e non
passerà molto tempo prima che il pubblico scopra la verità in
The Bone Temple.
Ambientato quasi trent’anni dopo
gli eventi di 28 giorni dopo, l’attesissimo sequel
28 anni
dopo di Danny Boyle e Alex Garland introduce nuove
versioni degli infetti che si sono evoluti dopo la prima epidemia.
Come nel caso del primo sequel della serie, 28 Weeks Later, 28
anni dopo segue un gruppo di personaggi completamente nuovi e
include un cast stellare con Aaron Taylor-Johnson, Jodie
Comer e Ralph Fiennes. Il nuovo film segue una piccola
famiglia che vive in una comunità protetta al largo delle coste
delle Isole Britanniche in quarantena e le loro pericolose e
terrificanti avventure sulla terraferma.
28 Anni Dopo ha già un sequel confermato, ma nonostante
tutti gli spunti per il prossimo capitolo, rimane una storia a sé
stante. Alla
fine di 28 Anni Dopo, la nuova realtà derivante dalla
diffusione e dall’adattamento del virus della rabbia è ormai
pienamente realizzata. Uno dei cambiamenti più significativi
rispetto al film originale è la natura stessa del virus e, di
conseguenza, la natura degli infetti. Il film introduce diverse
varianti degli infetti nervosi e veloci, anche se viene rivelato
molto poco sulle loro origini, il che significa che potrebbero
richiedere qualche spiegazione.
28 anni dopo introduce l’Alpha
degli infetti
Le varianti forti, veloci e
massicce comandano gli altri
Il cambiamento più grande (in senso
letterale e metaforico) nella natura degli infetti in 28 anni
dopoè l’ascesa dell’Alpha, una variante
ultraveloce e ultraforte del tipico infetto. Ci sono diversi
Alfa sulla terraferma, ma tutti condividono le stesse
caratteristiche fisiche. Gli Alfa sembrano in grado di controllare,
o almeno di guidare, le intenzioni degli Infetti nervosi e veloci
dei film originali, che a loro volta sembrano aver sviluppato un
controllo maggiore rispetto a quanto visto in precedenza nella
serie. Gli Alfa sono estremamente resistenti e in grado di
sopportare attacchi che ucciderebbero gli Infetti meno potenti.
Forse la cosa più importante è che
gli Alfa sembrano avere molto più intelletto e autocontrollo
rispetto alla variante più comune. Dirigono la caccia degli
Infetti e sembrano persino prendere trofei dalle vittime sotto
forma di teste strappate con le spine ancora attaccate. Anche se
non è mai stato detto esplicitamente, sembra probabile che, come in
un branco di animali, l’Alfa sia responsabile della maggior parte
della riproduzione che avviene nella popolazione degli Infetti. Per
essere chiari, sono comunque feroci, ma hanno semplicemente più
controllo e intelligenza che completano la loro enorme stazza e
forza.
Spiegazione dei nuovi e più
grandi infetti di 28 anni dopo
Il virus della rabbia ha
prodotto alcune varianti raccapriccianti
Le altre varianti principali degli
infetti introdotte in 28 anni dopo sono chiamate
“Slow Lows” in riferimento al loro modo di muoversi. Gli Slow Lows
sono creature pallide e obese che si muovono principalmente
strisciando sul terreno, sopravvivendo di vermi, insetti e altre
prede basse e facili da catturare. Appare anche una versione
infantile degli Slow Lows, il che indica che sono in grado di
riprodursi o che la trasformazione in Slow Low avviene dopo la
nascita di un infetto. La loro natura lenta li rende più facili da
uccidere, ma sono comunque pericolosi se in gran numero.
28 anni dopo: The Bone
Temple uscirà nelle sale il 26 gennaio 2026.
28 anni dopo
introduce gli Slow Low, gli Alpha e gli Infetti veloci, familiari
ma più coordinati, come nuova realtà delle isole britanniche, ma,
cosa piuttosto sorprendente, non fornisce una spiegazione per la
loro esistenza. È chiaro che il virus della rabbia ha subito una
mutazione nei 28 anni trascorsi da quando è stato diffuso per la
prima volta e ora ha effetti diversi sugli individui. Jamie osserva
che sugli Alfa il virus della rabbia ha agito “come uno steroide”,
rendendoli incredibilmente forti e giganteschi. La risposta vera è
probabilmente di natura scientifica e medica, anche se è possibile
che non ne conosceremo mai i dettagli.
28 anni dopo include
anche una donna incinta infetta
Una delle evoluzioni più
significative degli infetti è la capacità non solo di rimanere
incinte, ma anche di rimanere incinte di un bambino che non ha il
virus della rabbia. Come spiega il dottor Kelson a Spike e Isla,
il bambino era protetto dalla placenta della madre, che non ha
permesso al virus della rabbia di infettarlo nell’utero. Il
bambino riportato a Holy Island non sembra mostrare alcun sintomo
del virus della rabbia, in particolare gli occhi rossi rivelatori,
ma resta da vedere se il virus sia ancora presente nel suo
corpo.
Il fatto che un infetto sia stato
in grado di rimanere incinta è un’indicazione del livello di
controllo che almeno gli Alfa hanno su se stessi. Affinché un
bambino non solo venga concepito, ma anche che la madre riceva
nutrimento sufficiente per sostenere la gravidanza, sembra che gli
Alfa dispongano di un’intelligenza tale da garantire che le infette
incinte vengano accudite. Spike, Isla ed Erik la scoprono mentre
partorisce rinchiusa in un vagone ferroviario sorvegliato dagli
Alfa, quindi la gravidanza sembra essere intenzionale, o almeno ben
accolta.
Come gli infetti di 28 anni
dopo si confrontano con i film precedenti
Gli infetti veloci e nervosi
non sono l’unica minaccia
Gli infetti di 28 giorni
dopo e 28 settimane dopo sono estremamente pericolosi
data la loro velocità e la rapidità con cui l’infezione può
diffondersi. La morte immediata è certamente possibile a seguito di
un attacco da parte di un infetto, ma una trasformazione dovuta al
contagio è l’esito più probabile sulla base di quanto visto nei
film. Gli infetti veloci di 28 anni
dopo non sembrano essere poi così diversi
nell’aspetto o nel comportamento, ma sono chiaramente più
organizzati grazie alla supervisione degli Alfa che li guidano.
Per quanto le varianti veloci siano
pericolose dal punto di vista dello sciame, gli Alfa hanno
completamente cambiato la natura della minaccia degli infetti sulla
terraferma. Gli Alfa sono capaci di pianificare, di essere
pazienti e di riprodursi intenzionalmente, quindi rappresentano una
minaccia molto più significativa rispetto alle loro controparti più
semplici e violente di decenni prima. Potrebbe essere troppo
azzardato credere che gli Alfa siano in grado di sferrare un
attacco coordinato a Holy Island, ma non abbiamo idea di quanto
possano essere intelligenti, e questa è la cosa più spaventosa di
tutte.
L’isola in cui è ambientato 28
anni dopo è un’isola reale situata al largo della costa del
Northumberland, in Inghilterra, chiamata Lindisfarne, conosciuta
anche come Holy Island (come nel film).
Oltre al loro livello di minaccia,
il livello di intelligenza delle nuove varianti degli Infetti li
rende più simpatici. È abbastanza chiaro, basandosi sul finale di
28 anni dopo, che il confine tra gli Infetti che fanno
a pezzi le persone a mani nude e gli scagnozzi di Jimmy Crystal che
fanno a pezzi gli Infetti con le armi sta diventando sempre più
labile. Jamie fa notare a Spike che gli Infetti non hanno mente
grazie al virus della rabbia e quindi non hanno anima. Ora è
incredibilmente chiaro quanto sia sbagliata questa valutazione, e
la riconciliazione di Spike con questo fatto avrà un ruolo
importante nel prossimo film.
28 Anni Dopo: The Bone Temple è l’attesissimo
sequel di 28 Years Later del 2025, ed ecco tutto ciò che
sappiamo sul film in uscita, compreso il cast, la trama, la data di
uscita e altro ancora. I fan di 28 Days Later e 28 Weeks
Later hanno dovuto aspettare anni per un altro sequel, dato che
il franchise era inattivo dal 2007. Tuttavia, quando finalmente è
arrivata la notizia di un sequel, è stato un grande evento. 28
Years Later del 2025 è in realtà l’inizio di una nuova
trilogia, con 28 Years Later: The Bone Temple che sarà il
secondo capitolo di questa nuova saga.
28 Anni Dopo: The Bone
Temple colmerà il divario tra 28 Years Later e il terzo
film, ancora senza titolo. Poiché 28 Years Later è uscito
solo nel giugno 2025, al momento della stesura di questo articolo
si sa ancora molto poco sul sequel. Tuttavia, il regista Danny
Boyle, lo sceneggiatore Alex Garland e altri membri del team della
nuova trilogia hanno già fornito alcuni indizi sulla produzione del
film. Ecco quindi tutto quello che c’è da sapere su 28 Anni
Dopo: The Bone Temple e il futuro del franchise28 Days Later.
Le ultime notizie su 28 Anni
Dopo: The Bone Temple
Cillian Murphy arriva alla 76ª edizione dei Directors Guild Of
America (DGA) Awards. Foto di Image Press Agency via
Depositphotos.com
Cillian Murphy tornerà
ufficialmente nei panni di Jim
Il regista di 28 Years
Later, Danny Boyle, ha recentemente rivelato una notizia
importante: Cillian Murphy apparirà in 28 Years Later: The Bone
Temple.
Cillian Murphy ha interpretato Jim, il protagonista di 28
Days Later, anche se il destino ambiguo del personaggio e la
sua assenza in 28 Weeks Later hanno lasciato in dubbio la
possibilità di un suo ritorno. Fortunatamente, Danny Boyle ha già
rivelato che Jim apparirà in qualche momento del secondo film,
sperando che la partecipazione di Cillian Murphy al terzo film di
28 Years Later aiuti a finanziarlo.
Un altro dettaglio importante sul
film in uscita è che 28 Years Later – The Bone Temple è già
stato girato. Il sequel e il suo predecessore sono stati girati uno
dopo l’altro, con le riprese di 28 Years Later – The Bone
Temple iniziate il 19 agosto 2024. Pertanto, i fan non
dovranno aspettare molto dopo l’uscita di 28 Years Later per
vedere il suo successore arrivare nei cinema.
28 Years Later: The Bone Temple
– Conferma
28 Years Later: The Bone
Temple è stato confermato già da tempo, dato che il regista
Danny Boyle e lo sceneggiatore Alex Garland parlavano della
trilogia 28 Years Later già prima dell’uscita del film del
2025. Ora che le riprese di 28 Years Later: The Bone Temple
sono terminate, il film è molto probabilmente in fase di
post-produzione. Trattandosi di un film di zombie di grande
successo, ci sarà probabilmente molto lavoro di montaggio e di
effetti speciali da fare per dare vita al mondo della Zona di
Isolamento Incondizionato.
È interessante notare che Danny
Boyle non sarà il regista di 28 Years Later: The Bone
Temple. Al suo posto, Candyman e The Marvels
la regista Nia DaCosta prenderà le redini da Boyle per il
secondo film, dirigendo 28 Years Later: The Bone Temple.
Sebbene non sia stato rivelato il
motivo per cui Danny Boyle non dirigerà il secondo film, alcuni
hanno ipotizzato che la causa potrebbe essere la ripresa di due
film consecutivi o la sua concentrazione sul terzo film di 28 Years
Later. Alex Garland è tornato a scrivere 28 Years Later: The Bone
Temple, mentre Danny Boyle produrrà il sequel.
Data di uscita di 28 Anni
Dopo: The Bone Temple
Il film uscirà meno di un anno
dopo 28 Years Later
Sony Pictures Releasing ha
attualmente in programma l’uscita di 28 Anni Dopo: The Bone
Temple per il16 gennaio 2026. Ciò significa
che ci sarà meno di un anno tra l’uscita di 28 Years Later e
il suo successore. Questo rapido turnaround è senza dubbio una
notizia entusiasmante per i fan, poiché
la fine di 28 Years Later li lascerà sicuramente con la
voglia di vedere ancora. Le date di ripresa consecutive sono un
fattore chiave che ha permesso a 28 Years Later: The Bone
Temple di uscire così presto, poiché il sequel non deve
aspettare la risposta al primo film né riunire nuovamente il
cast.
Purtroppo, non è stata ancora
comunicata la data di uscita del terzo film della serie 28 Years
Later. Le riprese di questo sequel non sono ancora iniziate,
essendo ancora nelle prime fasi di sviluppo. Le dichiarazioni di
Danny Boyle sul contributo di Cillian Murphy al finanziamento del
film fanno pensare che il successo dei primi due film della serie
28 Years Later potrebbe influire sull’uscita del terzo film
della trilogia.
Dettagli sul cast di 28 anni
dopo: The Bone Temple
Sono già stati annunciati diversi
membri del cast di 28 anni dopo: The Bone Temple. Aaron
Taylor-Johnson nel ruolo di Jamie, Jack O’Connell nel ruolo di Sir
Jimmy Crystal ed Emma Laird nel ruolo di Jimmima hanno tutti
confermato il loro ritorno. Anche Cillian Murphy riprenderà il
ruolo di Jim da 28 Days Later, mentre Maura Bird si unirà al
cast nel ruolo di Jimmy Jones. È possibile che altri membri del
cast di 28 Years Later: The Bone Temple vengano rivelati col
passare del tempo, poiché potrebbero essere potenziali spoiler per
28 Years Later.
28 Years Later sarà diretto
da Nia DaCosta e scritto da Alex Garland, che torna dopo il primo
film. Danny Boyle, Alex Garland, Andrew Macdonald, Peter Rice e
Bernie Bellew sono tutti indicati come produttori del film. Il
direttore della fotografia Sean Bobbitt, che ha già lavorato con
Nia DaCosta in The Marvels, è il direttore della fotografia
di 28 Years Later: The Bone Temple. Hildur Guðnadóttir, che
ha composto la colonna sonora di 28 Years Later, tornerà a
comporre la colonna sonora del sequel.
Dettagli sulla trama di 28
anni dopo: The Bone Temple
È la parte centrale di una
trilogia
Sono stati rivelati pochissimi
dettagli sulla trama di 28 Years Later: The Bone Temple. La
trama del sequel dipenderà senza dubbio dal
finale di 28 anni dopo, e ulteriori dettagli saranno
probabilmente rivelati solo dopo l’uscita del primo film. Tuttavia,
Danny Boyle ha già parlato della trama generale della trilogia.
Ecco i suoi commenti:
Alla fine si tratta di tre film,
ognuno dei quali sarà indipendente. Ma ci sarà una storia più
grande da raccontare, basata su una famiglia, e questi due
[indicando Aaron e Jodie] saranno all’origine della famiglia.
Quindi è indipendente dal primo film, ma è sempre la stessa
apocalisse di 28 anni dopo quella vissuta da Cillian Murphy nel
primo film e da Naomie Harris. Ma sono passati 28 anni e non
sappiamo cosa sia successo a loro [Jim e Selena]. Non posso
dirvelo, ma questi due sono dei sostituti più che degni.
Quindi, è chiaro che la storia di
28 anni dopo: The Bone Temple continuerà a seguire la
famiglia protagonista di 28 Years Later. La trama del sequel sarà
in qualche modo collegata a 28 Days Later, spiegando il ritorno di
Cillian Murphy nei panni di Jim. Ci sono molte speculazioni su
questa storia misteriosa e molti fan sono entusiasti di vedere il
seguito della saga del virus della rabbia in 28 anni dopo: The
Bone Temple.
Ralph Fiennes non è nuovo ai ruoli di cattivi
iconici – è senza dubbio famoso soprattutto per aver interpretato
Voldemort nei film di Harry Potter – ma finalmente ha
rotto il silenzio sul suo prossimo ruolo da antagonista. Fiennes è
infatti stato scelto per interpretare il presidente Snow in
Hunger Games: L’alba sulla mietitura, le cui
riprese inizieranno il mese prossimo e che uscirà il 20 novembre
2026.
Nel film prenderà il posto del
compianto Donald Sutherland, che ha interpretato il
personaggio in tutti e quattro i film con Jennifer Lawrence prima della sua scomparsa lo
scorso anno. Naturalmente, trattandosi di un film prequel, era
previsto che il ruolo sarebbe stato interpretato da un diverso
attore. Si tratta però in ogni caso di un’eredità importante da
assumere. Fiennes ha ora incontrato The Hollywood Reporter sul
tappeto rosso per il suo nuovo film, 28 anni
dopo.
In questa occasione gli è stato
chiesto come si senta a sostituire Sutherland, universalmente
acclamato come uno dei migliori interpreti dei
film di Hunger Games: “Sono un fan di Donald Sutherland.
Non cercherò di essere Donald Sutherland, perché nessuno può essere
lu.Ma penso che il personaggio che ha creato sia molto
complesso… La complessità di quella psicologia, spero di poterla
riprodurre in qualche modo”.
Cosa sappiamo
su Hunger Games: L’alba sulla mietitura, con
Ralph Fiennes nel ruolo del presidente Snow
Basato sul romanzo bestseller di
Suzanne Collins, l’ultimo capitolo del franchise distopico per
ragazzi Hunger Games rivisita il mondo di Panem 24
anni prima degli eventi della trilogia principale, a partire dalla
mattina della mietitura dei 50esimi Hunger Games, noti anche come
Seconda Edizione della Memoria. La storia è incentrata sul
sedicenne Haymitch (Joseph Zada), un ragazzo
intelligente e intraprendente del Distretto 12, scelto
inaspettatamente per questa edizione dei giochi, che per l’edizione
speciale prevedono un colpo di scena mortale: il doppio dei
tributi, 48 bambini mandati nell’arena a combattere per la propria
vita.
Oltre a Zada, il cast
precedentemente annunciato include Whitney Peak
nel ruolo di Lenore Dove Baird, Mckenna Grace nel
ruolo di Maysilee Donner, Billy Porter nel ruolo
di Magno Stift, Jesse Plemons nel ruolo di Plutarch
Heavensbee, Kelvin Harrison Jr. nel ruolo di
Beetee, Lili Taylor nel ruolo di Mags, Elle Fanning nel ruolo di Effie Trinket,
Ralph Fiennes nel ruolo del Presidente Snow,
Glenn Close nel ruolo di Drusilla Sickle,
Kieran Culkin nel ruolo di Caesar Flickerman,
Ben Wang nel ruolo di Wyatt Callow, Maya Hawke nel ruolo di Wiress,
Whitney Peak nel ruolo di Lenore Dove Baird,
Molly McCann nel ruolo di Louella McCoy e
Iona Bell nel ruolo di Lou Lou.
Francis Lawrence (i
film del franchise di Hunger Games, La ragazza di fuoco, Il canto
della rivolta – Parte 1 e 2 e La ballata degli uccelli canterini e
dei serpenti) dirigerà il film da una sceneggiatura di
Billy Ray (Hunger Games, Terminator: Destino
oscuro). Nina Jacobson e Brad Simpson produrranno per Color Force,
con Cameron MacConomy come produttore esecutivo. Meredith Wieck e
Scott O’Brien supervisioneranno il progetto per Lionsgate.
È stato diffuso il secondo trailer
ufficiale di Weapons,
nuovo film di Zach Cregger,
la mente dietro “Barbarian”.
La sinossi recita: quando tutti i
bambini di una stessa classe, tranne uno, scompaiono
misteriosamente nella stessa notte esattamente alla stessa ora,
l’intera comunità si ritrova a interrogarsi su chi – o cosa – sia
responsabile della loro sparizione. Il film è interpretato da
Josh Brolin, Julia Garner, Alden Ehrenreich,
Austin Abrams, Cary Christopher, con Benedict Wong e Amy
Madigan.
Cregger firma la regia del film da
una sua sceneggiatura originale. Egli stesso è anche produttore del
film insieme a Roy Lee, Miri Yoon, J.D. Lifshitz e Raphael
Margules. Michelle Morrissey e Josh Brolin sono i produttori
esecutivi. Il team creativo dietro la macchina da presa include il
direttore della fotografia Larkin Seiple, lo scenografo Tom
Hammock, il montatore Joe Murphy e la costumista Trish Sommerville.
Le musiche sono di Ryan Holladay, Hays Holladay e Zach Cregger. New
Line Cinema presenta una produzione Subconscious/Vertigo
Entertainment/BoulderLight Pictures, un film di Zach Cregger,
“Weapons”.
Distribuito da Warner Bros.
Pictures, Weapons
arriverà nelle sale italiane il 6 agosto.
Il regista statunitense James
Gunn arriva alla premiere di Los Angeles della Warner Bros. 'The
Flash' tenutasi al TCL Chinese Theatre IMAX il 12 giugno 2023 a
Hollywood, Los Angeles, California, Stati Uniti. — Foto di
imagepressagency - DepositPhotos
Di recente, il capo dei DC Studios,
James
Gunn, ha spiegato come e perché la star del DC
Extended UniverseJason Momoa sia tornata per il nuovo DC
Universe post-reboot, in un ruolo diverso. Invece di riprendere il
ruolo di Aquaman, Momoa aveva in mente un altro
personaggio: Lobo.
Secondo Gunn, l’attore si è
presentato come l’iconico antagonista DC e alla fine ha ottenuto il
ruolo per Supergirl, la cui uscita è prevista per il 2026.
Basato sull’omonimo fumetto, il film vede la partecipazione anche
di
Milly Alcock,
Matthias Schoenaerts, Eve Ridley, David Krumholtz ed
Emily Beecham.
In un’apparizione al podcast DC
Studios Showcase, James Gunn ha raccontato come
Momoa lo abbia contattato. Ha spiegato: “Quando è stato
annunciato che avevo ottenuto il lavoro, […] ho ricevuto subito un
messaggio. Era Jason Momoa che mi scriveva… tutto maiuscolo, ‘Lobo,
tesoro'”. Un miliardo di punti esclamativi.”
Il regista statunitense James Gunn arriva alla premiere di Los
Angeles della Warner Bros. ‘The
Flash’ tenutasi al TCL Chinese Theatre IMAX il 12 giugno 2023 a
Hollywood, Los Angeles, California, Stati Uniti. — Foto di
imagepressagency – DepositPhotos
Secondo Gunn, Momoa non è stata
l’unica celebrità ad averci contattato, ma è stato l’unico attore
ad essere reclutato con successo nel DCU. Il regista ha dichiarato:
“Poi il [testo] successivo è stato Ryan Reynolds. E lui ha
detto tipo […] ‘Congratulazioni, amico! È fantastico’, qualsiasi
cosa… E io ho detto, ‘Vuoi tornare a essere Lanterna Verde?’ E lui
ha risposto tipo, ‘Vaffanculo’.” Ciononostante, Momoa era più
che disposto a unirsi al DCU.
È interessante notare che Gunn ha
parlato della collaborazione con lo scrittore DC Comics Tom King
per il film Supergirl: Woman of Tomorrow e
della reintroduzione di Lobo nella trama dopo che non era stato
scelto per la graphic novel. Riguardo alla scelta di usare Lobo, ha
detto: “Adoro Lobo. Ho sempre pensato che fosse un personaggio
fantastico da adattare. Penso che sia forse, per certi versi, il
più grande personaggio dei fumetti che non sia mai apparso in un
film. Quindi penso che sia stata una cosa carina da fare.”
Jack Champion, trai
protagonisti di Avatar: La via
dell’acqua e che tornerà nei sequel dei film
di James Cameron, risponde alle voci
secondo cui sarebbe stato preso in considerazione per uno dei
principali personaggi degli X-Men nel prossimo
reboot del Marvel Cinematic Universe. I Marvel
Studios si stanno finalmente avvicinando all’inserimento degli
X-Men nell’MCU a tempo pieno. Dato che il regista di
Thunderbolts*, Jake
Schreier, dovrebbe dirigere il film sugli
X-Men, circolano già voci sul casting di chi
potrebbe essere scelto per interpretare gli iconici mutanti
Marvel.
In una nuova intervista con
Comic Book Movie, a Jack Champion è stato
recentemente chiesto se potesse rispondere alle voci dell’MCU
secondo cui sarebbe stato preso in considerazione per il ruolo di
Scott Summers, alias Ciclope, nel film sugli X-Men dell’MCU.
Tuttavia, mentre a lui piacerebbe l’idea di interpretare il
personaggio, ha dichiarato quanto segue riguardo alle voci sugli
X-Men: “È, ehm, decisamente una novità per me. Voglio dire,
non… spero che si avveri, sai. Mi piacerebbe molto interpretare
quel personaggio, ma… sono voci [scrolla le spalle].”
È fondamentale ricordare che al
momento non si sa quando i Marvel Studios intendano distribuire il
film sugli X-Men, dato che stanno arrivando alla
fine della Saga del Multiverso con i restanti
progetti della Fase 6. Sebbene il presidente dei Marvel Studios
Kevin Feige abbia enormi progetti sugli
X-Men per l’MCU, non c’è una data di uscita per il reboot. Questo
rende altamente improbabile che abbiano già iniziato il casting per
il progetto, soprattutto se il reboot degli X-Men uscirà tra
qualche anno.
Dato che Jack
Champion afferma di non aver sentito le voci su Ciclope, è
possibile che, come minimo, sia qualcuno che i Marvel Studios
stanno tenendo d’occhio, ma che in realtà non gli abbiano fatto
offerte formali, dato che il processo di casting non è ancora
iniziato. Se Champion fosse effettivamente in trattativa con i
Marvel Studios per recitare in X-Men nel ruolo di Ciclope, dovrebbe
comunque negarlo, soprattutto se non è ancora stato firmato un
accordo.
Dopo aver
raggiunto oltre 26 milioni di spettatori in tutto il mondo,
MobLand,
serie originale Paramount+ e seconda serie più vista di sempre
sulla piattaforma, è stata ufficialmente rinnovata per una
seconda stagione. La serie è prodotta da Guy Ritchie – al suo
debutto televisivo per Paramount+ – in veste di produttore
esecutivo.
MobLand
è creata e scritta da Ronan Bennett (Top Boy, The Day of the Jackal) insieme a
Jez Butterworth (Le Mans ’66 – La grande sfida,
Spectre). David C. Glasser (101 Studios) è produttore
esecutivo. La serie è il secondo grande successo televisivo di
Butterworth, dopo The Agency: Central Intelligence,
anch’essa disponibile su Paramount+. Entrambe le produzioni
rientrano nell’accordo esclusivo che Chris McCarthy, Co-CEO di
Paramount e Presidente e CEO di SHOWTIME/MTV Entertainment Studios,
ha firmato con Butterworth per Paramount+ e SHOWTIME.
“Con oltre 26
milioni di spettatori e in continua crescita, MOBLAND si è rivelato un successo straordinario,
frutto del genio creativo di Guy, Jez, Ronan e David C. Glasser, e
delle interpretazioni potenti di Tom, Pierce e Helen” – ha
dichiarato Chris McCarthy, Co-CEO di Paramount e Presidente di
SHOWTIME/MTV Entertainment – “Siamo entusiasti di confermare
una seconda stagione per questo fenomeno globale, che ha
conquistato le classifiche sia negli Stati Uniti che a livello
internazionale, arrivando al primo posto nel Regno Unito.”
“MOBLAND è
nato da un’intuizione di Chris McCarthy, che ci ha sfidati a creare
la nuova grande serie sul mondo del crimine organizzato. Dopo un
lungo viaggio nelle campagne britanniche alla ricerca di Guy
Ritchie, abbiamo capito di avere tra le mani la formula perfetta.
Grazie al talento straordinario di Guy, Ronan, Jez e al nostro cast
eccezionale, abbiamo trasformato quella visione in realtà” –
ha aggiunto David C. Glasser, CEO di 101 Studios.
“La
televisione era un territorio nuovo per me e inizialmente ero
restio ad accettare un accordo in esclusiva. Ma Chris, David e i
team di Paramount e 101 Studios mi hanno fatto cambiare idea con la
loro visione creativa audace e una strategia tanto nitida quanto
efficace” – ha dichiarato Jez Butterworth, sceneggiatore e
produttore esecutivo. “Collaborare con Chris, David, Guy e il
nostro incredibile cast è stato fonte di ispirazione. Non vedo
l’ora di iniziare la seconda stagione di MOBLAND.”
Dopo il debutto
negli Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Australia, la serie crime
è arrivata il 30 maggio in esclusiva su Paramount+ in Italia, oltre
che in Brasile, Francia, Germania.
MOBLAND
vede protagonisti
Tom Hardy (Venom: The Last Dance), Pierce
Brosnan (La morte può attendere) e Helen Mirren (The Queen), in una storia
che racconta lo scontro tra due famiglie mafiose, una guerra che
minaccia di distruggere imperi e vite. Il cast stellare comprende
anche Paddy Considine (House of the Dragon), Joanne
Froggatt (Downton Abbey), Lara Pulver (Da Vinci’s
Demons), Anson Boon (Pistol), Mandeep Dhillon
(CSI: Vegas), Jasmine Jobson (Top Boy), Geoff
Bell (Top Boy), Daniel Betts (Fate: The Winx
Saga), Lisa Dwan (Blackshore) e Emily Barber
(Industry).
La serie è
commissionata da Paramount+, prodotta in collaborazione con MTV
Entertainment Studios e 101 Studios, e distribuita da Paramount
Global Content Distribution.
Tra i produttori
esecutivi figurano Keith Cox, Nina L. Diaz, Guy Ritchie, David C.
Glasser, Jez Butterworth, Ronan Bennett, Kris Thykier, Ivan
Atkinson, Tom Hardy, Dean Baker, Anthony Byrne, Ron Burkle, David
Hutkin e Bob Yari.
Eagle Pictures ha finalmente
rilasciato il trailer
ufficiale di
Hellboy – L’uomo deforme, reboot cinematografico
diretto da Brian Taylor e basato sulla celebre saga di
Mike Mignola. La
pellicola, con Jack
Kesy nei panni del demone rosso, approderà nelle sale
italiane il 6 agosto 2025.
Cosa succede in Hellboy –
L’uomo deforme
Ambientato negli anni ’50 negli
oscure foreste degli Appalachi, Hellboy – L’uomo
deforme riprende il celebre fumetto “L’uomo deforme” e si
presenta come un horror-folk intenso e caratterizzato da
un’atmosfera cupa. Dopo una campagna promozionale passata quasi
sotto silenzio, il nuovo trailer offre finalmente uno sguardo
nitido su effetti visivi, creature soprannaturali e l’approccio
horror del regista, confermando un tono più oscuro rispetto alle
versioni precedenti.
In quello che presumiamo essere un
filmato di pochi secondi del prossimo trailer, vediamo Johnny
chiedere al suo scontroso compagno di squadra che ore sono. Ben
risponde con un brusco “è ora di cena“.
Finora non abbiamo visto molta
interazione tra i due, ma questo è un buon segno che la dinamica
spesso conflittuale tra fratello maggiore e fratello minore (almeno
Johnny sembra divertirsi a prendere in giro Ben) verrà ripresa dai
fumetti.
Il film Marvel Studios I
Fantastici Quattro: Gli Inizi introduce la prima
famiglia Marvel composta da Reed Richards/Mister Fantastic
(Pedro
Pascal), Sue Storm/Donna Invisibile (Vanessa
Kirby), Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph
Quinn) e Ben Grimm/la Cosa (Ebon
Moss-Bachrach) alle prese con la sfida più difficile
mai affrontata. Costretti a bilanciare il loro ruolo di eroi con la
forza del loro legame familiare, i protagonisti devono difendere la
Terra da una vorace divinità spaziale chiamata Galactus
(Ralph Ineson) e dal suo enigmatico Araldo, Silver
Surfer (Julia Garner). E se il piano di Galactus
di divorare l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti non fosse già
abbastanza terribile, la situazione diventa all’improvviso una
questione molto personale.
Il film è interpretato anche da
Paul Walter Hauser, John Malkovich, Natasha Lyonne
e Sarah Niles. I
Fantastici Quattro: Gli Inizi è diretto da
Matt Shakman e prodotto da Kevin Feige, mentre Louis D’Esposito, Grant
Curtis e Tim Lewis sono gli executive producer.
Uno spot televisivo di Superman appena
pubblicato sembra rivelare la
modifica apportata dal regista
James Gunn a una sequenza chiave che mostra
l’Uomo di Domani in volo. In precedenza era stata criticata
dai fan. Quando è stato pubblicato il primo spot
televisivo di 30 secondi di Superman, i fan più
pignoli non hanno tardato a concentrarsi su un momento in
particolare.
Si trattava di un frammento
dell’Uomo d’Acciaio di
David Corenswet in volo. Non si può negare che ci
fosse qualcosa di strano nella sequenza, ma ciononostante è
sembrato strano mettere in risalto quella che, inizialmente,
sembrava un’inquadratura piuttosto innocua. Comprensibilmente,
però, ha sollevato preoccupazioni riguardo alla fase degli effetti
visivi di Superman.
Poco dopo che il regista
James
Gunn ha confermato di aver utilizzato una ripresa
diversa per quella scena (una decisione che molti sono convinti
derivi dal fatto che abbia trascorso così tanto tempo sui social
media a leggere le lamentele dei fan), ora sembra che abbiamo la
versione aggiornata.
Come si nota, è un’inquadratura di
Superman molto migliorata, anche se probabilmente
continuerà a dividere le opinioni, dato quello che sembra essere un
modo estremamente unico di girare le sequenze di volo da parte di
Gunn.
“Era uno spot televisivo e non
una ripresa con effetti visivi completa“, ha recentemente
dichiarato il regista di Superman in merito alle reazioni negative.
“Quindi la parte in cui volava, era una fotografia del suo
volto e di lui che volava. Era una fotografia di un drone che
volava davanti a uno sfondo reale. Quindi tutti i pezzi erano
reali, ma è stata incorporata in un modo un po’ bizzarro.”
“Non mi è piaciuta molto quella
scena, quindi non è nemmeno quella che c’è nel film. A volte sono
piuttosto severo quando guardo un trailer e guardo ogni singola
scena, ma a volte, con le pubblicità, mi dimentico di guardarla
attentamente”, ha aggiunto Gunn. “Quindi quella mi è
sfuggita.”
Qualche settimana fa, abbiamo
sentito che Superman era stato rimontato, ed è
difficile non chiedersi quanto Gunn stia cercando di rendere felici
i fan online del film. Anche il color grading, ad esempio, sembra
essere stato modificato dopo essere stato un grande argomento di
discussione in precedenza.
Nel cast anche
Rachel Brosnahan,
Nicholas Hoult, Edi Gathegi, Anthony Carrigan,
Nathan Fillion,
Isabela Merced, Skyler Gisondo, Sara Sampaio, María Gabriela de
Faría, Wendell Pierce,
Alan Tudyk, Pruitt Taylor Vince e Neva
Howell. Il film sarà al cinema dal 9
luglio distribuito da Warner Bros.
Pictures.
“Superman”, il
primo film dei DC Studios in arrivo sul grande schermo, è pronto a
volare nei cinema di tutto il mondo quest’estate, distribuito da
Warner Bros. Pictures. Con il suo stile inconfondibile, James Gunn
trasporta il supereroe originale nel nuovo universo DC reinventato,
con una miscela unica di racconto epico, azione, ironia e
sentimenti, consegnandoci un Superman guidato dalla compassione e
da una profonda fiducia nella bontà del genere umano.
Produttori esecutivi di
“Superman” sono Nikolas Korda, Chantal Nong Vo e
Lars Winther. Dietro la macchina da presa, Gunn si è avvalso del
lavoro di suoi collaboratori fidati, tra cui il direttore della
fotografia Henry Braham, la scenografa Beth Mickle, la costumista
Judianna Makovsky e il compositore John Murphy, oltre al
compositore David Fleming (“The Last of Us”), ai montatori William Hoy
(“The Batman”) e Craig Alpert (“Deadpool 2”, “Blue Beetle”).
È stato annunciato questa mattina il
programma della dodicesima edizione del LIFF –
Lamezia International Film Fest, che si terrà a
Lamezia Terme dal 14 al 19 luglio 2025, durante
una conferenza stampa presso la Biblioteca Oreste Borrello, a
Lamezia Terme.
LIFF arriva alla sua dodicesima
edizione e conferma tutte le sezioni, a partire dal concorso
internazionale Colpo d’Occhio, per i cortometraggi
e i feature film inediti in sala.
Quest’anno la sezione
Monoscopio omaggia uno dei più amati attori,
registi e sceneggiatori italiani: Michele Placido,
che sarà anche il gradito ospite d’onore del festival e che
riceverà il Premio Ligeia durante una serata a lui
dedicata.
Novità di quest’anno è la sezione
LIFFfuori, pensata e organizzata per un festival
più diffuso, in grado di coinvolgere il territorio e le istituzioni
locali.
“Ogni anno è una nuova
partenza”, dichiara il direttore GianLorenzo Franzì, che
annuncia una felicissima collaborazione. “Il LIFF12 inizia con
tante novità, prima fra tutte la collaborazione con il
Romics che ci rende particolarmente fieri: sarà
infatti grazie alla partnership con una delle fiere più importanti
d’Italia che siamo onorati di organizzare una mostra dedicata a uno
dei fumetti cult italiani. Un evento speciale di cui riveleremo a
brevissimo tutti i dettagli”.
Fra le tante partnership, non poteva
mancare quella con chi, sul territorio, si prodiga per la
diffusione, la conservazione e la divulgazione di opere
cinematografiche e audiovisive. Continua Franzì: “Sarà con noi
quest’anno anche la Cineteca della Calabria, a sancire una
collaborazione preziosa, quella con il Reggio Calabria Film
Festival e l’Asti Film Festival: questo perché stiamo tessendo una
vera rete virtuosa di realtà dell’audiovisivo (e non solo) per fare
in modo che il LIFF e i festival ad esso collegati diventino centro
nevralgico per la diffusione della cultura dell’immagine”.
“Ovviamente, un grazie va sempre
alla Calabria Film Commission, perché il progetto del LIFF12
viene organizzato a valere sull’Avviso Pubblico per il Sostegno
alla Realizzazione di Festival e Rassegne cinematografiche e
audiovisive in Calabria 2025”.
La locandina del
LIFF12 è stata affidata ancora una volta
all’artista Pasquale De Sensi. Quest’anno
l’immagine principale del festival è dedicata a David Lynch e al
suo The Elephant Man.
In un mondo sempre meno propenso
all’empatia, in un presente di conflitti e di disumanizzazione in
favore dei freddi numeri, il LIFF12 – Lamezia International
Film Fest sceglie “I am a human
being” come claim ufficiale. Un grido che, nel preciso
momento storico internazionale che stiamo attraversando, si fa
sempre più universale e necessario.
L’ottava edizione
del Saturnia
Film Festivalscalda i motori:
dal 30 luglio al 3 agosto 2025,
l’appuntamento cinematografico itinerante tornerà a far vivere
alcuni dei borghi più suggestivi della Maremma con proiezioni,
incontri e racconti d’autore.
Promosso dall’associazione culturale
ARADIA PRODUCTIONS, con la presidenza
di Antonella Santarelli e la direzione
artistica del regista Alessandro Grande, il
festival conferma la sua vocazione nel valorizzare
il nuovo cinema di qualità, offrendo spazio e
visibilità a talenti emergenti attraverso due sezioni competitive
dedicate a
lungometraggi e cortometraggi.
Anche quest’anno, le proiezioni dei concorsi saranno arricchite da
incontri con ospiti di rilievo.
In apertura di festival sarà infatti
Lillo Petrolo l’ospite d’eccezione della
serata a Saturnia. Artista poliedrico e amatissimo dal
pubblico, Lillo, volto iconico tra cinema,
teatro, televisione, radio, oltre che doppiatore e autore, sarà
ospite del Saturnia Film Festival, forte di una carriera
trasversale che coniuga comicità, talento creativo e una
sorprendente versatilità espressiva.
Familia Film 2024 Francesco Costabile – Screenshot dal trailer di
Youtube
Il concorso lungometraggi sarà
l’occasione per scoprire opere capaci di raccontare la complessità
del presente con sguardi innovativi e autentici. A presentare i
film selezionati saranno: Francesco
Costabile con Familia,
storia di violenza domestica tratta dal romanzo “Non sarà sempre
così” di Luigi Celeste e magistralmente interpretata da Barbara
Ronchi, Francesco Gheghi (miglior attore nella sezione Orizzonti a
Venezia 2024) e Francesco Di Leva (miglior attore ai David di
Donatello); Christian Filippi con la sua
opera prima Il mio
compleanno, racconto di una generazione a cui
non è concessa la libertà di sbagliare; Stefano
Lorenzi con Afrodite,
una storia d’amore coraggiosa e ricca di intensità con due
straordinarie protagoniste come Ambra Angiolini e Giulia
Michelini.
Ricchissima anche la selezione del
concorso cortometraggi. Tra i titoli internazionali:
I’m not a robot di Victoria
Warmerdam, premio Oscar 2025 per il cortometraggio, in cui la
protagonista scopre una verità sconvolgente nel tentativo di
superare dei test CAPTCHA; La
compañía di José María Flores, che segue una
coppia nella sua serata libera che si ritrova tra una folla
radunatasi intorno a qualcosa; The boy with the
white skin di Simon Panay, storia di un ragazzo
albino in un villaggio africano, alle prese con il peso della
discriminazione e la ricerca della propria identità in un mondo che
lo guarda con diffidenza. Per il concorso
Italia: Marcello, diretto
da Maurizio Lombardi e interpretato da
Francesco Gheghi, film vincitore del Nastro d’Argento per il
cortometraggio è una dichiarazione d’amore al cinema
attraverso la storia di due ragazzi della periferia romana che
distruggono il bar del boss del quartiere e si ritrovano alla fuga;
Francesco Gheghi è inoltre regista di La buona
condotta, sorprendente esordio dietro la macchina da
presa per un racconto girato tutto in una notte in cui una famiglia
si ritrova a fronteggiare una rivelazione
sconvolgente; Majoneze, in cui la
regista Giulia Grandinetti firma un atto di ribellione femminista
con questi 23 minuti raccontati con movimenti di macchina nervosi,
ritmo serrato e scelte stilistiche audaci che sfidano ogni
convenzione; Superbi di Nikola
Brunelli, in cui il protagonista forte del prestigio del suo
storico negozio di olive ascolane ignora che l’arrivo del giovane
Ismail e delle sue olive fritte metterà in discussione non solo il
suo mestiere, ma anche l’eredità che credeva
intoccabile; Billi il cowboy di
Fede Gianni, storia di autodeterminazione con protagonista una
bambina che si sta per lasciare alle spalle l’infanzia.
Tornano anche i film d’animazione
con: Playing God di Matteo
Burani, storia del legame tra una Creatura d’argilla e il suo
Creatore, un racconto sul contrasto inconsapevole tra creazione e
distruzione, scelta e destino, amore e
ossessione; Portrait Not
Landscape di Erik Howell, una gara d’arte che
porta a un’interpretazione severa delle
regole; Cafunè di Carlos F. De Vigo
e Lorena Ares, commovente racconto su una bambina rifugiata che
rivive il trauma del naufragio di cui è l’unica sopravvissuta.
Quest’anno il Saturnia Film Festival
in collaborazione con le associazioni Olympia de Gouges e Mujeres
nel Cinema ospita inoltre la sezione “Sguardi di donne”, che si fa
portavoce di prospettive femminili forti e originali, raccogliendo
storie di ribellione, intimità, memoria e lotta interiore. Dai
paesaggi del Sud Italia alle tensioni familiari contemporanee, dai
silenzi del Mediterraneo ai ricordi che riaffiorano, i cinque film
selezionati – Amarena di Sabrina
Iannucci, La Femmina di Nuanda
Sheridan, No name di Silvia
Estella Ondina Sanna, In the
box di Francesca Staasch e Il
presente di Francesca Romana Zanni – tracciano
un percorso potente e sensibile attraverso lo sguardo femminile sul
mondo. Nella sezione verrà presentato anche il trailer
de La Villa di Alvaro Raul
Diamanti.
Completa il programma del festival
la sezione Art Short School, diretta da David
Pompili, con i video degli studenti dell’Istituto Gandhi di Narni
che resteranno visibili al Polo Culturale Le Clarisse di
Grosseto per tutte le giornate del festival oltre che al Polo
Culturale Pietro Aldi di Saturnia.
Mentre la trama del film
Copycat – Omicidi in serie diretto da Jon Amiel giunge alla
sua conclusione, la dottoressa Helen Hudson si
trova ad affrontare una minaccia reale da parte del killer
imitatore e dei demoni della sua mente, mentre lui si avvicina
sempre più a compiere il suo piano contro di lei. La detective
Mary Jane Monahan corre invece contro il tempo per
evitare una tragedia all’università. Il killer di questa storia
intende completare l’ultimo pezzo del puzzle nel suo grandioso e
violento tributo agli assassini del passato che idolatra. La
psicologa criminale e la detective devono quindi usare più del loro
ingegno se vogliono sopravvivere alla prova e raggiungere la
salvezza e la libertà.
La trama di Copycat –
Omicidi in serie
La dottoressa Helen
Hudson (Sigourney
Weaver) è una ricercata psicologa criminale
specializzata nella profilazione dei serial killer. Dopo aver
tenuto un’interessante lezione sulla sua area di competenza
all’università, sopravvive a un tentativo di strangolamento da
parte di un uomo psicotico di nome Daryll Lee
Cullum. L’aggressore voleva torturarla lentamente prima di
ucciderla. Tredici mesi dopo l’incidente, vive una vita appartata a
San Francisco. Tormentata da un grave caso di disturbo da stress
post-traumatico e agorafobia associati all’incidente, trovando
impossibile uscire dal suo appartamento. Mentre la psicologa si
adatta alla sua nuova realtà, con solo il suo amico Andy ad
assisterla, le cose prendono una brutta piega quando una donna
viene trovata assassinata in una vasca da bagno e un killer entra
in azione in città.
La detective della omicidi
Mary Jane Monahan (Holly Hunter)
chiede quindi l’aiuto della dottoressa Hudson per arrestare
l’aggressore. Monahan, insieme al suo partner Ruben
Goetz, collabora con Helen per trovare indizi che possano
condurli al criminale prima che colpisca di nuovo. Le speculazioni
dei media sui delitti alimentano il panico in città, creando un
senso di disperazione nel dipartimento di polizia, che vuole
risolvere rapidamente il caso. La profiler criminale, attraverso
l’osservazione dei fatti, conclude che si tratta di un caso di
omicidi seriali. Mentre continua a lavorare con gli agenti di
polizia, diventa chiaro che qualcuno sta perseguitando la psicologa
nonostante lei non esca dal suo appartamento.
Lo spazio personale di Helen viene
invaso a sua insaputa e la sua ansia peggiora, data questa
violazione della sua sicurezza. Sulla base di ulteriori prove
raccolte dopo altri omicidi, la psicologa nota che l’assassino sta
cercando di copiare i modelli di altri serial killer noti nei suoi
omicidi e, in modo folle, rende loro omaggio. Quello che segue è un
gioco al gatto e al topo tra l’assassino e la squadra che lo
insegue, che porta a più sangue, brutalità e panico nella città.
Mentre la squadra fa progressi significativi nel capire l’identità
del criminale, viene rivelato che Helen stessa è il suo obiettivo
principale. Deve dunque superare grandi difficoltà per uscire viva
da questa situazione.
Sigourney Weaver in Copycat – Omicidi in serie
La spiegazione del finale: chi
stava davvero cercando di uccidere Helen e perché?
Il killer imitatore, Peter
Foley, insegue senza sosta la dottoressa Helen Hudson per
tutta la trama. I suoi sforzi culminano nell’intrappolarla nello
stesso bagno dell’università dove lei era sopravvissuta all’inizio.
Il climax del film porta così a una rivelazione sconvolgente con
conseguenze disastrose. In una scena terrificante ambientata
all’interno di una cella di prigione, si scopre che Daryll Lee
Cullum era la mente dietro tutti gli omicidi seriali commessi a San
Francisco da Peter Foley, e che intendeva completare il suo
capolavoro convincendo il suo discepolo e seguace, Peter, a
uccidere la psicologa criminale.
All’inizio del film, Daryll Lee
Cullum appare come un uomo molto violento con un’estrema
propensione all’omicidio, che non solo uccide le persone, ma ne
gode anche. In una scena a metà della trama, Daryll invia a Helen
una copia del suo libro “My Life With A Knife”, in cui ha
scritto delle sue avventure omicide all’interno di una cella di
prigione. Contattato da Helen e Monahan tramite una videochiamata,
che intendono saperne di più sul killer emulatore, Daryll rivela di
conoscere il colpevole, ma accetta di parlarne solo se la psicologa
gli manderà un paio di suoi indumenti intimi. A questo punto, viene
dato agli spettatori un sottile indizio che Daryll potrebbe sapere
più di quanto lasci trasparire. La sua presenza squilibrata
dimostra che ha il controllo della situazione.
Daryll, nella sua copia del libro,
scrive una nota molto allusiva a Helen, mostrando la sua ossessione
sessuale per lei. Non riesce proprio a liberarsi della sua
ossessione tossica; l’unico modo in cui pensa di poter porre fine a
tutto questo è vederla violentata e uccisa. Sebbene non sia
esplicito, si può dedurre che abbia fatto il lavaggio del cervello
a Peter per fargli eseguire i suoi ordini e gli abbia anche
suggerito di seguire uno schema di omicidi, copiando i metodi di
famosi serial killer nell’ordine esatto menzionato dalla psicologa
nel suo discorso all’università. Il piano contorto di Daryll alla
fine fallisce, ma questo non lo disturba, poiché la sua ossessione
per la psicologa criminale continua, diventando ancora più
tossica.
Holly Hunter e Dermot Mulroney in Copycat – Omicidi in
serie
Qual è il significato del messaggio
di Cullum?
Nella scena finale agghiacciante,
Daryll Lee Cullum scrive un messaggio a un altro discepolo, un uomo
sconosciuto di nome Conrad. Dopo il fallimento di
Peter Foley nel portare a termine l’ultimo omicidio, Cullum prende
provvedimenti per garantire che il suo obiettivo rimanga vivo. È
diventato essenzialmente un leader di una setta mentre era seduto
nella sua cella di prigione. Intende quindi ispirare altri uomini a
diventare serial killer e a trovare un senso alla loro vita. L’idea
della solitudine maschile e della mancanza di direzione nella vita
dei giovani uomini è stata brillantemente catturata nella
narrazione del film.
Dalla sua lettera a Conrad, si può
dedurre che Daryll si considera una figura religiosa all’interno
del suo pantheon di seguaci. Vuole riconoscere e onorare coloro che
ritiene degni. Con inquietanti sfumature religiose, cerca di
stabilire un nuovo ordine di uomini zelanti disposti a uccidere per
ottenere ciò che meritano nella vita. Finché i suoi discepoli non
lo deludono, possono ricevere buoni doni, che in questo caso sono
un paio di indumenti intimi appartenenti a Helen. È un trofeo che i
suoi seguaci possono custodire e che riconosce la sua
leadership.
Daryll, in una parte specifica della
lettera, dice: “Peter si è allontanato dal sentiero e il
Signore lo ha punito severamente. Quindi mantieni le cose semplici.
Allora la gloria sarà vostra… e “la vendetta è mia”, come dice il
Vangelo. So che capirai cosa intendo. Buona caccia, socio“. È
chiaro che Daryll è deluso dal fatto che Peter non abbia raggiunto
l’obiettivo finale, ma ne attribuisce il merito al Signore e crede
che il Signore stia tenendo in vita Hudson per un motivo. Il suo
obiettivo finale è ottenere la salvezza attraverso la vendetta
contro Helen, e non si fermerà finché non avrà raggiunto questo
obiettivo.
Harry Connick Jr. in Copycat – Omicidi in serie
La dottoressa Hudson cura la sua
agorafobia
Alla fine del film, Helen Hudson è
di nuovo intrappolata nel bagno dell’università. Peter Foley la
lega e intende finire ciò che Daryll ha iniziato. Grazie
all’intervento di Monahan e a un abile diversivo, lei scappa dal
bagno e corre per salvarsi la vita. Possiamo supporre che questo
sia il punto in cui la sua agorafobia ha raggiunto un livello
estremo. Peter la insegue sul tetto dell’università. Lei affronta
di nuovo le sue peggiori paure, proprio come all’inizio della
trama. Questa volta è pronta ad affrontare la morte, chiedendo
persino a Peter di farlo. È finalmente pronta a liberarsi dalla sua
paura e ad accettare la realtà. Tuttavia, viene salvata all’ultimo
momento da Monahan, che è sopravvissuta ai colpi di pistola di
Peter grazie al suo giubbotto antiproiettile.
Quello che succede qui è un caso
involontario di terapia dell’esposizione, utilizzata dagli
psicologi per curare le fobie nei pazienti. A causa della sua
esperienza del peggiore scenario possibile nel bagno e sul tetto,
Helen è stata esposta agli estremi della sua agorafobia. Essendo
lei stessa una psicologa, possiamo supporre che ne trarrà
beneficio, dato che sopravvive nonostante le probabilità siano
contro di lei. L’intervento tempestivo di Monahan le dimostra anche
che non è sola nella sua lotta. Grazie alla combinazione
dell’esposizione alla paura e alla sopravvivenza con l’aiuto di un
amico, è logico supporre che superi la sua agorafobia e inizi a
vivere una vita migliore. Monahan sarà invece probabilmente
promossa a una posizione più alta all’interno del suo dipartimento
di polizia e continuerà a combattere il crimine a San
Francisco.
La storia vera di Gran Turismo è unica tra gli adattamenti da
videogiochi, poiché la trama non è tratta propriamente dal gioco da
cui prende il nome ma ruota attorno al giocatore di Gran Turismo
nella vita reale, Jann Mardenborough, le cui
abilità nel gioco di corse lo portano a partecipare a una serie di
competizioni videoludiche sponsorizzate da Nissan. Le abilità di
Mardenborough in Gran Turismo gli permettono di passare
dal gioco alla guida di una vera auto da corsa e di iniziare una
carriera da pilota.
Gran Turismo è
diretto da Neill Blomkamp e sceneggiato da
Jason Hall di American Sniper e
Zach Baylin di King Richard. Gran
Turismo fa parte dell’impegno congiunto di PlayStation
Productions per adattare i suoi titoli di gioco più popolari in
progetti live-action. Tuttavia, mentre altri adattamenti di
videogiochi traggono la loro narrazione dai giochi, il film di
Gran Turismo del 2023 è basato su eventi reali.
Jann Mardenborough non è un personaggio, ma una
persona reale, ed è il suo incredibile viaggio alla base della
storia vera su cui è basato il film.
La vera storia del gioco Gran
Turismo
Dal debutto del 1997 all’avvento di
GT Academy
Per oltre 25 anni,
Gran Turismo è stato uno dei videogiochi di corse
di maggior successo nella storia dei videogiochi per console. Il
primo gioco è uscito nel 1997, offrendo qualcosa di incredibilmente
diverso da ciò a cui i giocatori erano abituati. All’epoca, la
maggior parte dei giochi di corse erano in stile arcade, per lo più
giochi di velocità esagerati con curve spericolate e prestazioni
irrealistiche. Gran Turismo cambiò tutto. Il gioco
introdusse prestazioni di guida realistiche su strade reali a bordo
di auto reali che i giocatori potevano potenziare nel tempo.
Il primo gioco con licenza di
veicoli che nessun altro gioco aveva mai tentato e creò
un’esperienza divertente tanto per i giocatori quanto per gli
appassionati di motori e auto. Grazie alla potenza della prima
PlayStation, i giocatori non avevano mai visto nulla di simile
sulle loro console televisive. Quando il sequel uscì due anni dopo,
tutto era più grande e migliore, con più auto e nuovi eventi rally.
Anche Need for Speed III aveva auto con licenza, ma non eguagliò
mai l’esperienza di guida realistica di Gran Turismo.
Gran Turismo 4 alzò ulteriormente la
posta in gioco. Ora c’erano oltre 700 auto diverse tra cui
scegliere e c’erano anche diversi tracciati reali. Ciò significava
che i giocatori gareggiavano con auto vere, utilizzando tecniche di
guida reali, su veri circuiti da corsa su cui gareggiavano i
professionisti. Era chiaro il motivo per cui era iniziato
l’allenamento per Gran Turismo nel mondo reale: non esisteva una
simulazione migliore per questi difficili tracciati, e tutti erano
disponibili sulla console PlayStation. Fu con Gran Turismo
5 che Polyphony lanciò la GT Academy.
Chi è il vero Jann
Mardenborough?
Spiegazione del personaggio di
Archie Madekwe in Gran Turismo
Il vero Jann
Mardenborough è la base della vera storia di Gran
Turismo, ed è ancora oggi un pilota automobilistico
attivo. Mardenborough è nato a Darlington, nella contea di Durham,
in Inghilterra, nel 1991. È figlio di Steve Mardenborough, un ex
calciatore professionista che ha collezionato più di 300 presenze
nella Football League nel corso della sua carriera.
La vera storia di Gran
Turismo è stata leggermente modificata per il film, ma a
grandi linee si attiene all’incredibile ascesa di Jann
Mardenborough da giocatore di Gran Turismo a
pilota professionista di auto da corsa. Crescendo, Mardenborough
era un appassionato giocatore della serie di giochi di corse Gran
Turismo per PlayStation. La sua abilità come giocatore di
Gran Turismo lo ha poi portato a una carriera da pilota
professionista di auto da corsa, entrando nella GT Academy.
Nel film Gran Turismo, Jann
Mardenborough è interpretato da Archie
Madekwe, attore britannico noto per il suo ruolo nella
serie di Apple TV See. Il padre di Mardenborough è
interpretato da Djimon Hounsou, noto per il suo
ruolo di Juba ne Il Gladiatore. Sua madre, Lesley
Mardenborough, è interpretata da Geri Halliwell,
meglio conosciuta come “Ginger Spice” delle Spice Girls.
Jann Mardenborough ha vinto la GT
Academy nel 2011
La storia di Mardenborough nel film
Gran Turismo è quasi fedele alla realtà
La storia di Gran
Turismo è iniziata con la fondazione della GT Academy, nota anche come
Nissan PlayStation GT Academy. Come si vede nel film, l’iniziativa
si proponeva di offrire ai migliori giocatori di Gran Turismo
l’opportunità di mettere alla prova le proprie abilità di guida nei
videogiochi su un circuito reale, con l’obiettivo di avviare una
carriera da pilota professionista. L’accademia è stata finanziata
da Nissan e Sony Interactive Entertainment dal 2008 al 2016.
Come si vede nel film, i giocatori
di Gran Turismo che vincevano una serie di competizioni
videoludiche per dimostrare il proprio valore venivano ammessi
all’accademia per imparare a guidare una vera auto da corsa, con la
possibilità di guadagnarsi un posto nella scuderia Nissan. Dopo
aver vinto una serie di competizioni con le sue abilità di gioco in
Gran Turismo, il vero Jann Mardenborough si è
guadagnato un posto nella GT Academy. Nel 2011, Mardenborough ha
battuto altri 90.000 partecipanti, diventando il terzo e più
giovane vincitore della GT Academy.
Questa vittoria gli ha permesso di
guidare per Nissan alla 24 Ore di Dubai. Prima di entrare nella GT
Academy all’età di 19 anni, il vero Jann
Mardenborough non aveva alcuna esperienza di corse né
alcun interesse serio per le auto da corsa reali al di fuori dei
videogiochi di Gran Turismo. Questo rende la sua storia una rarità
nel mondo degli sport motoristici e una base unica per un film
biografico sportivo.
Darren Cox ha fondato la GT
Academy
Anche il personaggio di Orlando
Bloom è stato una parte fondamentale della vera storia di Gran
Turismo
Un altro modo in cui
il film rispecchia da vicino la vera storia di Gran Turismo è
attraverso il personaggio di Orlando Bloom, Danny
Moore, basato su Darren Cox. La GT Academy è stata
ideata da Cox, un uomo d’affari britannico e dirigente marketing
del motorsport che ha iniziato la sua carriera in Renault 10 anni
prima di passare a Nissan. Due anni dopo, è passato a Nissan Europe
(tramite Autosport).
L’idea della GT Academy venne
concepita da Cox per la prima volta nel 2005, quando era direttore
generale di Nissan Europe (secondo il New York Times), ma non venne
concretizzata fino alla partnership tra Sony e Nissan per la
creazione della Nissan GT Academy nel 2008. Dei 23 diplomati
dell’accademia di Cox, sia Jann Mardenborough che Lucas Ordóñez
salirono sul podio alla 24 Ore di Le Mans.
Il ruolo di Cox nella fondazione
della GT Academy e nel lancio della carriera di Mardenborough è
trattato nel film Gran Turismo. Tuttavia, mentre nel film
Mardenborough mantiene il suo vero nome, la caratterizzazione di
Darren Cox in Gran Turismo è sufficientemente romanzata da spingere
gli sceneggiatori a cambiargli il nome in Danny Moore.
Durante il suo mandato in Nissan, in
seguito al successo della GT Academy, Darren Cox ha anche guidato
la Nissan Deltawing, la Nissan ZEOD elettrica per il record di Le
Mans, il prototipo Juke R, i programmi motore LMP2 e LMP3 e il
programma Nissan LMP1. Nel 2016, dopo aver lasciato Nissan, Cox è
rimasto nel mondo dei gamer diventati piloti e ha fondato il primo
team di corse e-sport professionistico, eSPORTS+CARS (tramite
AutoHebdo).
Leah o gli altri piloti della GT
Academy sono persone reali?
I rivali di Mardenborough sono
tutti immaginari
Sebbene gran parte
del film sia radicato nella storia vera di Gran Turismo, sono stati
aggiunti diversi personaggi non reali. Leah Vega, ad esempio, non è
una vera pilota di GT Academy. Si vocifera, tuttavia, che il
personaggio sia vagamente ispirato al pilota di GT Academy, Lucas
Ordóñez.
Nel film di Gran Turismo,
Mardenborough è visto in rivalità con Matty Davis, interpretato da
Darren Barnet di Non ho mai. Davis non è una persona reale, ma
secondo Slashfilm, il personaggio potrebbe essere basato sul
collega pilota di Mardenborough, Bryan Heitkotter. Anche il
personaggio di Josha Stradowski, Nicholas Capa, non è una persona
reale e non è stato segnalato che sia basato su nessuno.
Jack Salter di Gran Turismo non è
una persona reale
Il personaggio di David Harbour non
fa parte della storia vera di Gran Turismo
Oltre ai colleghi
piloti di Mardenborough in Gran Turismo, anche Jack Salter di David
Harbour non è una persona reale. Il personaggio è probabilmente
basato su Gavin Gough, un esperto di PNL e ipnosi sportiva che
Mardenborough ha incontrato all’accademia. Mardenborough ha parlato
apertamente dell’impatto che Gough ha avuto sul suo percorso
agonistico, affermando persino in un tweet che una conversazione
con lui ha creato un effetto domino che ha portato a un’impennata
delle sue prestazioni.
Mardenborough ha continuato ad
avere una prolifica carriera agonistica
La carriera del pilota è continuata
a lungo dopo la conclusione degli eventi di Gran Turismo
Dopo essersi diplomato alla GT
Academy ed essere entrato nel mondo reale degli sport motoristici
con un posto nel team Nissan alla 24 Ore di Dubai, il vero Jann
Mardenborough ha continuato a godere di una prolifica carriera
agonistica (tramite Driver Database). Ha partecipato a competizioni
come il Campionato Europeo di Formula 3, la GP3 Series e la GP2
Series, e ha persino partecipato alla leggendaria 24 Ore di Le
Mans, una gara endurance.
Quando fece il suo debutto a Le Mans
nel 2013, Mardenborough arrivò terzo nella Classe LMP2. Nel 2012,
ha vinto una gara, tre podi e una pole position guidando per RJN
Motorsport nell’Avon Tyres British GT Championship. Nel 2014,
Mardenborough ha vinto tre gare, sette podi, una pole position e
due giri più veloci guidando per Giles Motorsport nella Toyota
Racing Series New Zealand, e ha anche vinto una gara, due podi e
due giri più veloci guidando per Arden International nella GP3
Series.
La vera carriera di Jann
Mardenborough, tuttavia, non si è fermata qui. Nel 2016, ha vinto
una gara, due podi e due giri più veloci correndo per NDDP Racing
nel Super GT Japan, e ha anche vinto quattro gare, 12 podi, sei
pole position e sei giri più veloci correndo per il B-MAX Racing
Team con NDDP nel campionato giapponese di Formula 3. Tutto
sommato, Jann Madenborough ha un curriculum di corse impressionante
per un pilota che ha iniziato come giocatore di Gran Turismo.
In che modo Gran Turismo cambia la
vera storia di Jann Mardenborough
Sono state apportate diverse
modifiche per rendere la narrazione più avvincente
Come la maggior
parte dei film biografici, Gran Turismo si è preso qualche libertà
creativa nell’adattare la storia al grande schermo. Ci sono diversi
modi in cui Gran Turismo ha finito per modificare la storia di Jann
Mardenborough, ma alla fine il film è riuscito a mantenerne
l’essenza. Un elemento importante che è stato modificato rispetto
alla vera storia di Gran Turismo è stato il fatto che Mardenborough
fosse il primo vincitore di GT Academy, quando in realtà era il
terzo.
La scioccante scena dell’incidente
era molto realistica rispetto a ciò che accadde a Jann nella vita
reale, ma i tempi sono stati modificati nel film. Nella vita reale,
l’incidente è avvenuto nel 2015, a quattro anni dall’inizio della
carriera di Jann. Il film lo ha fatto sembrare molto prima, per
renderlo un momento più stimolante per il pubblico.
Anche il momento cruciale di Le Mans
è stato modificato per rendere la storia più avvincente. Gran
Turismo mostra Mardenborough battere il record sul giro di Le Mans
durante la sua ultima tappa di gara, con un tempo inferiore a 3
minuti e 15 secondi. Questo è di oltre tre secondi inferiore al
record stabilito quando Jann gareggiava nella vita reale.
Gran Turismo è
l’incredibile storia vera del percorso di Jann Mardenborough, da
giocatore a pilota professionista di sport motoristici, ed ecco
tutto ciò che c’è da sapere sul finale del film. La storia inizia
con Danny Moore, interpretato da Orlando Bloom, responsabile marketing della
Nissan, che propone un’idea ai vertici dell’azienda. L’idea di
Moore era quella di rinvigorire l’amore per la guida e le corse nel
grande pubblico, rivolgendosi a un pubblico inesplorato con un
potenziale di successo: il mondo dei videogiocatori.
L’idea di Moore era quella di
riunire i migliori giocatori di Gran Turismo al
mondo e trasformarli in piloti professionisti, un’iniziativa che
inizia con l’aiuto dell’ex pilota Jack Salter, interpretato da
David Harbour, un altro membro di spicco del
fantastico cast di Gran Turismo. Uno dei
partecipanti al torneo è Jann Mardenborough, interpretato da Archie
Madekew, che in Gran Turismo racconta il suo percorso da giocatore
di Gran Turismo alla corsa nella gara più prestigiosa del mondo:
la 24 Ore di Le Mans. Il film si conclude
con la gara di Jann a Le Mans, in un vero e proprio film sportivo e
commovente del regista Neill Blomkamp.
Spiegazione della gara di Le Mans
in Gran Turismo e del piazzamento di Jann
La trama di Gran
Turismo si sviluppa fino alla 24 Ore di Le Mans, uno degli
eventi più prestigiosi del motorsport. La gara di Le Mans
è diversa dagli altri eventi motoristici in quanto il
posizionamento si basa sulla distanza percorsa da ciascuna vettura.
Ogni vettura ha tre piloti che devono ruotare nell’arco di 24 ore,
e a nessun pilota è consentito correre per più di 14 ore; il team
la cui auto percorre la distanza maggiore dopo 24 ore viene
incoronato vincitore. Insieme al Gran Premio di Monaco e alla 500
Miglia di Indianapolis, la gara di Le Mans costituisce la Tripla
Corona del Motorsport, a dimostrazione delle difficoltà che Jann ha
dovuto superare per partecipare all’evento.
Poiché la 24 Ore di Le Mans
rappresenta il culmine di Gran Turismo, gran parte
dell’attenzione è incentrata sul posizionamento di Jann. Prima
della gara viene rivelato che Jann e il suo team di altri piloti
della GT Academy devono piazzarsi tra i primi tre per essere
classificati come “veri” piloti dagli altri team che hanno
presentato una petizione per rimuoverli dallo sport. Il
posizionamento di Le Mans è interessante, in quanto i team
competono all’interno della propria classe, ovvero contro un gruppo
prestabilito di altre auto con specifiche uguali o simili, e
contemporaneamente competono con tutte le altre auto al di fuori
della propria classe.
Alla fine di Gran Turismo, Jann e il
suo team sono riusciti ad aggiudicarsi il terzo posto, conquistando
un podio e dimostrando che tutti gli scettici sul progetto GT
Academy si sbagliavano. Ciò che Gran Turismo non
rivela è che Jann e il suo team si sono classificati noni in
classifica generale, eppure il terzo posto è stato nella loro
categoria, il che spiega i festeggiamenti sul podio. Detto questo,
un podio di qualsiasi tipo era tutto ciò di cui Jann e le sue altre
gare avevano bisogno per dimostrare il successo dell’idea di Moore
per la GT Academy.
Perché gli altri piloti della GT
Academy corrono nel team di Jann a Le Mans
Un elemento interessante della vera
storia di Gran Turismo, che viene in qualche modo modificato nel
finale del film, sono gli altri due membri del team di Jann a Le
Mans, composti da altri piloti della GT Academy. Il motivo di ciò
deriva dal progetto non convenzionale della GT Academy, con le
altre scuderie del motorsport che presentano petizioni contro Jann
a causa del suo ingresso nello sport. A Moore viene quindi dato un
ultimatum: Jann e altri due piloti della GT Academy devono correre
a Le Mans e assicurarsi un podio. Se ci riescono, il resto del
mondo del motorsport riconoscerà i piloti della GT Academy come
veri piloti.
Confronto tra la gara di Le Mans di
Gran Turismo e la vita reale
La vera storia di Gran Turismo
modifica in qualche modo la gara di Le Mans, in quanto entrambi gli
altri piloti, oltre a Jann, sono piloti della GT Academy.
Nella vera gara di Le Mans 2013 su cui si basa il film,
Jann Mardenborough ha gareggiato al fianco di Michael Krumm e Lucas
Ordóñez. Il primo era un pilota professionista che si era
avvicinato allo sport con mezzi convenzionali prima di correre a Le
Mans 2013, mentre il secondo aveva un background simile a quello di
Jann. Per drammatizzare gli eventi del finale di Gran
Turismo, si è deciso di trasformare entrambi gli altri
piloti in piloti della GT Academy insieme a Jann.
In termini di risultati, Gran
Turismo descrive fedelmente il podio di Jann insieme al suo team.
Sebbene il film tralasci di approfondire tutti i dettagli relativi
al posizionamento a Le Mans, come la competizione simultanea tra le
classi e tra tutte le altre auto, Gran Turismo semplifica le cose
per il grande pubblico affermando semplicemente che Jann deve
arrivare terzo e lo mostra mentre raggiunge questo risultato. A
quanto pare, l’accenno al nono posto nella classifica generale
della squadra di Jann non è necessario, poiché un terzo posto nella
loro classe è stato sufficiente per garantirsi un futuro nel
motorsport.
Jann ha davvero
battuto un record sul giro a Le Mans?
Nel finale di Gran
Turismo, Jann viene mostrato come ultimo pilota ad
intervallo per la 24 Ore di Le Mans. Dopo qualche intoppo, Jann
viene rimandato in gara per cercare di assicurarsi un podio. Jann
sfrutta la sua conoscenza del circuito di Le Mans, acquisita nel
videogioco che dà il titolo al film, per gareggiare in modo
alquanto insolito, recuperando terreno sulle auto davanti a lui e
finendo terzo. Questa corsa non convenzionale è messa in risalto
nel film dal record sul giro di Le Mans stabilito da
Jann, il che solleva la questione se ciò sia accaduto
nella vita reale.
La vera storia del film, che sembra
riscuotere un grande successo tra il pubblico, come dimostrato dal
punteggio di Rotten Tomatoes di Gran Turismo, è leggermente
diversa. Sembra che non ci siano prove che Jann Mardenborough abbia
battuto un record sul giro a Le Mans. In realtà, a Mardenborough
viene attribuito il merito di aver stabilito un record sul giro un
anno dopo la Le Mans del 2013, all’Hockenheimring,
con i registi di Gran Turismo che hanno modificato il nome in Le
Mans per un effetto drammatico durante il finale del film.
Il finale di
The Nun – La vocazione del male (qui la recensione) è uno dei più
scioccanti della
serie The Conjuring, sorprendendo con una retcon del film
originale per rivelare un legame oscuro e di lunga data. È
diventata una tradizione per gli spin-off del franchise collegarsi
direttamente ai film precedenti della serie: Annabelle
ha spostato la bambola nella direzione di Ed e
Lorraine Warren (Patrick
Wilson e Vera Farmiga), mentre il prequel Annabelle:
Creation ha portato direttamente alla scena iniziale
del primo film. Ma questo film fa di meglio, collegandosi
direttamente alla serie principale di The Conjuring e
rendendo Valak il vero grande cattivo di essa.
La forza malvagia e demoniaca
conosciuta come Valak è stata introdotta per la
prima volta in The Conjuring – Il caso
Endfield, dove appare più comunemente sulla Terra sotto
forma di una suora spettrale. Nel sequel del 2016 di James Wan, ha complottato per uccidere Ed
Warren come mezzo per pacificare la sensitiva Lorraine e possedere
una ragazza adolescente come parte della vera storia di Enfield.
Fortunatamente, i Warren scoprirono il complotto e, pronunciandone
finalmente il nome, Lorraine riuscì a bandire Valak all’inferno.
Annabelle:
Creation ha poi stabilito che la suora proveniva da un
convento in Romania, con una scena post-crediti che anticipava il
suo spin-off completo.
Il film esplora infatti le origini
di Valak e della sua forma spettrale. Diretto da Corin Hardy,
The Nun – La vocazione del male segue padre Burke
e suor Irene, due inviati del Vaticano che indagano sul suicidio di
una suora in Romania. Ben presto diventa evidente che nell’abbazia
sta accadendo qualcosa di misterioso e i due iniziano a indagare.
Naturalmente, il pubblico sa esattamente cosa sta succedendo grazie
alle precedenti esperienze con Valak. Ciò che nemmeno i fan più
accaniti di Conjuring potrebbero aspettarsi, tuttavia, è dove ci
porta il finale del film.
La spiegazione dell’origine di
Valak e il travestimento della suora
Tutto ciò che The Conjuring – Il caso
Endfield ha rivelato su Valak è che si trattava di un
demone dell’inferno il cui nome completo – Valak, il Profanatore,
il Marchesato dei Serpenti, lo avrebbe bandito. Questo ha lasciato
a The Nun – La vocazione del male ampio spazio per
spiegare le sue origini e le sue motivazioni, e il film non delude.
Come rivelato da suor Oana (o, meglio, da un suo fantasma ricreato
da Valak), nel Medioevo un duca di St Cartha tentò di usare
l’abbazia per aprire un varco verso l’inferno e scatenare un male
indicibile sulla Terra. Quel male era Valak, che quasi riuscì a
sfondare la barriera prima che la Chiesa cattolica uccidesse il
duca e sigillasse il portale usando il sangue vero di Cristo (con
qualcosa di simile al Santo Graal).
Durante questa sequenza del film,
intravediamo nuovamente la vera forma di Valak dopo un flash in
The Conjuring – Il caso
Endfield, mostrata anche nei libri studiati da padre
Burke: è una figura demoniaca nera, non
dissimile dal demone della serie Annabelle. Naturalmente,
questa non è la sua forma conosciuta: Valak assume le sembianze di
una suora inquietante nel tentativo di mimetizzarsi nel convento.
Questo non spiega del tutto perché mantenga quell’aspetto quando si
avventura nel mondo esterno, anche se una spiegazione potrebbe
essere che la paura che suscita vale le illogicità.
Sappiamo infatti da The Conjuring – Il caso
Endfield che le creature si nutrono delle paure, per cui
tale forma sarebbe derivata dalla paura di una commistione tra
sacro e maledetto. Valak è stato liberato solo durante la seconda
guerra mondiale, quando le bombe hanno danneggiato l’abbazia e
rotto il sigillo fisico che lo tratteneva. Da allora, le suore
hanno pregato senza sosta per tenere a bada il male. Alla fine,
però, la loro veglia è stata interrotta, Valak è stato liberato e
tutte le suore sono state uccise… portando così agli eventi di
The Nun – La vocazione del male.
Come suor Irene e le altre
“sconfiggono” Valak
La maggior parte della trama di
The Nun – La vocazione del male riguarda dunque
Burke e Irene (con l’aiuto del franco-canadese Frenchie) che
indagano sul convento per scoprire cosa è successo. Alla fine,
scoprono la verità: nonostante trovino un convento semi-attivo, il
luogo è deserto, con solo Valak lì a giocare con loro. Deducono
anche che il demone sta cercando un nuovo ospite, quindi, una volta
completata la missione di confermare ciò che è successo per la
chiesa, decidono di sconfiggere la suora una volta per tutte. Il
metodo è piuttosto semplice, con il terzo atto del film che
consiste principalmente in una serie di brevi scene horror
piuttosto che in un intricato schema.
Irene ottiene la fiala del sangue di
Cristo usando le sue premonizioni divine e, dopo una lotta con
Valak, sputa sangue sulla creatura (un richiamo al disgusto dei
paesani per la creatura), apparentemente bandendola. Tuttavia,
questo è un film della serie Conjuring, e uccidere il male
non è mai così semplice. Una volta creduto sconfitto Valak, il trio
seppellisce le suore nella terra tornata sacra che circonda il
convento. Tuttavia, mentre se ne vanno, la telecamera rivela che
Frenchie – il cui vero nome è Maurice, che ora sta progettando di
diventare un coltivatore di pomodori – ha una croce capovolta sulla
nuca.
Valak è dunque sopravvissuto,
prendendolo come nuovo ospite per liberarsi finalmente dai confini
dell’abbazia rumena per la prima volta! Sebbene questo colpo di
scena sia piuttosto sorprendente – l’ultima volta lo abbiamo visto
salvare Irene e diventare timido mentre le praticava la
respirazione bocca a bocca – in realtà ha perfettamente senso in
base a ciò che The Nun – La vocazione del male ci
ha mostrato. Irene viene catturata in un pentagramma e presa da
Valak. Viene liberata quando Maurice le spruzza del sangue addosso,
con lo spirito che va verso il franco-canadese e chiude fuori la
suora.
Quello che segue non viene mostrato
– Valak emerge, seguito più tardi da Frenchie – ma evidentemente, a
questo punto, era posseduto. Sembra che sia stato preso
immediatamente, il che spiega perché Valak giochi con Irene – si
diverte a ucciderla, sapendo che l’obiettivo principale è già stato
raggiunto – e significa che lo spruzzo di sangue era superfluo
(anche se sappiamo già da The Conjuring – Il caso
Endfield che la vera debolezza di Valak è sentire il suo
nome). In seguito, non vediamo cosa succede a Burke e Irene, anche
se la risoluzione delle loro vicende vede la loro fede
ricompensata.
Valak era presente fin dall’inizio
in The Conjuring
L’epilogo di The Nun – La
vocazione del male fa poi un salto in avanti al 1971.
Vediamo i Warren tenere la loro presentazione sulla possessione
(alla presenza della futura vittima Carolyn Perron), sottolineando
i danni causati da Valak a Maurice, ora identificato come un
contadino franco-canadese. Questa è l’apertura di L’evocazione
– The Conjuring, il primo film della serie del 2013, con
alcune scene rimontate in modo che l’attore Jonas
Bloquet appaia come vittima. Il film continua, mostrando
lui che attacca Lorraine Warren, dandole una visione di Valak
(qualcosa che in precedenza si vedeva solo nei flashback).
Questa scena collega apparentemente
l’intera serie Nun/Conjuring, portandola dall’abbazia
rumena ai Warren e avviandoli sul percorso verso The Conjuring – Il caso
Endfield. Qui entrano in contatto per la prima volta con
Valak, con l’attacco di Maurice che dà a Lorraine la prima di una
serie di visioni che preannunciano la morte di Ed. Il demone è
rimasto una presenza minore nelle loro vite – al momento della
presentazione non sono a conoscenza della sua vera storia – fino
agli eventi ambientati nel 1976 di The Conjuring – Il caso
Endfield, quando ha mostrato nuovamente a Lorraine una
premonizione importante.
Il futuro di Valak nella saga
Naturalmente, sappiamo già dove
finisce Valak: dopo aver preso di mira una famiglia a Enfield,
Londra, Lorraine riesce a rispedire il demone all’inferno, questa
volta presumibilmente senza alcun legame con la Terra. Tuttavia,
dato che The Nun – La vocazione del male
identifica Valak come grande nemico del franchise, si prevedeva già
un suo ritorno per renderlo tale. Nel 2019 è infatti stato
annunciato che un sequel con il titolo The Nun 2, poi distribuito nelle sale nel
settembre 2023. Taissa Farmiga riprende il ruolo di Suor Irene
in un racconto ambientato quattro anni dopo il primo film e che la
vede nuovamente scontrarsi con il demone Valak.
Questo sequel si svolge ad ogni modo
circa venti anni prima di The Conjuring – Il caso
Endfield, per cui ci sarebbe ancora spazio per raccontare
altre manifestazioni di Valak. Al momento, però, il momento più in
avanti nella storia in cui compare è proprio quello del secondo
film della saga principale. Non è però escluso che possa rivelarsi
una delle minacce principali del prossimo The
Conjuring – Il rito finale, che concluderà la serie
principale del franchise. Ambientato nel 1986, il film arriverà al
cinema a partire dal 4 settembre 2025.
Olympo, la nuova
serie di Netflix,
è un’esperienza ricca di colpi di scena. Prodotta dagli stessi
produttori di Elite, lo show segue un gruppo di
giovani che si allenano al Pirineros High Performance
Center in Spagna, con il sogno di titoli di Coppa del Mondo e
ori olimpici. Un cast di tutto rispetto, in competizione non solo
per la gloria, ma anche per la sponsorizzazione del marchio di
abbigliamento Olympo, che sceglie solo gli atleti più
promettenti per rappresentarli, offrendo un riconoscimento
fondamentale che li porta al livello successivo.
“Nessuno arriva alle Olimpiadi
senza sponsorizzazioni“, come dicono i giovani atleti. Tra
loro c’è la protagonista, Amaia (Clara Galle), che
si allena senza sosta per diventare la migliore nuotatrice
sincronizzata di tutta la Spagna e, alla fine della stagione, ha
scoperto alcune informazioni chiave sui suoi compagni.
La scoperta del farmaco
Il penultimo episodio di
Olympo conferma uno dei sospetti
di Amaia: a diversi atleti del Pirineros sono stati
somministrati farmaci per migliorare le prestazioni. L’HPC non è
l’unico coinvolto; stanno lavorando con Olympo per testare il
farmaco sui migliori prospetti. Il farmaco è impercettibile, un
fatto che minaccia di distruggere per sempre lo sport agonistico. E
alla fine dell’episodio, Charly (Martí Cordero) si
rivolge a parole al vetriolo e omofobe al suo compagno di squadra
di rugby, Roque (Agustin Della Corte),
dichiaratamente gay. Roque (a cui erano stati somministrati i
farmaci per curare la mano fratturata) reagisce violentemente,
quasi picchiando a morte Charly e rimanendo con un grosso pezzo di
vetro conficcato nel braccio. L’episodio si conclude con Charly e
Roque sdraiati a terra, sanguinanti.
Il finale vede gli atleti prepararsi per i rispettivi eventi che
decideranno chi parteciperà ai campionati mondiali. Amaia
sta ancora cercando di smascherare la scuola e l’organizzazione
sportiva Olympo per aver dopato gli atleti, avvisando la
direzione antidoping e convincendola a sottoporre gli atleti a
esami del sangue.
Durante la convalescenza, Roque si
sveglia e scopre di non sentire più la mano. Implora Hugo di fargli
annullare tutto quello che gli hanno fatto, ma Hugo (Sergio
Álvarez), ex campione di rugby e giocatore di punta
dell’Olympo, lo minaccia, dicendogli che la sua carriera rugbistica
è finita per sempre se continua a lamentarsi. I medici convincono
Hugo che non ha nulla di cui preoccuparsi, anche se lo avvertono
che potrebbero essere trovate tracce del farmaco se lo cercano. Ma
gli esami del sangue alla fine risultano negativi, il che significa
che Nuria (Maria Romanillos) e gli altri atleti
che hanno assunto il farmaco possono partecipare.
Gli eventi sportivi sono in corso e
Zoe (Nira Oshaia) vince la sua gara, ritrovando
nuova energia dopo che la sua amica Renata (Andy
Duato) si è infortunata. La vita di Amaia viene sconvolta
dall’arrivo di sua madre, ex campionessa olimpica, che la costringe
a tornare a gareggiare. Cerca di ricorrere a misure estreme per non
gareggiare, come l’assunzione di lassativi, ma viene trovata da
Fátima (Najwa Khliwa), che la ferma. Mentre Fátima
se ne va, cade dalle scale e si intuisce che sia stata Amaia a
spingerla. Fátima ha preso il suo posto in sincronia e,
eliminandola, Amaia è tornata in gara, avvicinandosi di un passo al
suo sogno di una vita: l’oro olimpico.
Solo che Nuria, la migliore amica di
Amaia, le si è rivoltata contro. Sceglie la collega nuotatrice
Peque (Laura Ubach) al suo posto. È una mossa che
devasta Amaia, ma si scopre che non è stata una scelta di Nuria. È
stata costretta a prendere questa decisione dalla collega dirigente
di Olympo, Jana (Melina Matthews), che sta
lavorando con Hugo per espellere gli studenti che cercano di
denunciare l’uso improprio di droghe nella scuola. Tra questi
studenti c’è Zoe, che perde la sua sponsorizzazione da Olympo
nonostante abbia vinto la gara, perché si è rifiutata di prendere
la droga.
Roque, che vuole anche far fuori
Olympo per il trattamento che gli hanno riservato, sia in quanto
atleta gay che per avergli somministrato i farmaci. Roque ritiene
che Olympo stia commettendo un pinkwashing,
riducendolo alla sua omosessualità e usandola per nascondere la
realtà del loro programma antidroga. Riesce a lasciare la
struttura, trovando il suo compagno di squadra e fidanzato Sebas
(Juan Perales) e Zoe in una baita lì vicino, dove
gli atleti spesso si rifugiano per divertirsi. Non sono soli nel
loro desiderio di far fuori Olympo, e sono raggiunti dal collega
sponsor di Olympo, Cristian (Nuno Gallego). Zoe
rivela il loro piano per eliminare Olympo: si è procurata
un campione del farmaco che hanno usato per dare ai loro atleti un
vantaggio sleale.
È giorno di gara per le nuotatrici
sincronizzate e Olympo ci sorprende con un’altra
sorpresa: Amaia ha riconquistato il suo posto in gara, esibendosi
al fianco di Nuria, cosa che fanno da anni insieme. Durante la loro
performance epica, Amaia e Nuria sono impeccabili, perfettamente in
sintonia. È uno spettacolo sbalorditivo e alla fine fanno
l’impensabile. Eseguono un’acrobazia subacquea incredibilmente
difficile da eseguire e ripeterla più e più volte richiede un
controllo del respiro disumano.
Nuria è quasi morta nel tentativo di
battere il record nel primo episodio, ma qui, sia lei che Amaia lo
superano facilmente. Può significare solo una cosa: Amaia si è
arresa a Olympo e ha rinunciato a combattere contro di loro,
assumendo il farmaco per raggiungere la perfezione. Mentre tutti
tributano al duo una standing ovation, Zoe e compagnia sono
devastate, conoscendo la verità. Amaia ha assunto il farmaco e si è
rivoltata contro di loro nella lotta contro Olympo. Amaia è passata
dall’essere una capofila nella lotta per la giustizia a crollare
sotto l’immensa pressione esercitata su di lei da lei e da sua
madre per raggiungere la grandezza.
Zoe lascia l’arena e trova l’addetta
al test dell’associazione antidoping e le dà un campione del
farmaco non rintracciabile. Mentre Amaia esce dalla piscina, guarda
negli occhi il suo fidanzato Cristian, vedendo la sua devastazione.
Ma prima che Amaia possa uscire dalla piscina, inizia ad avere una
reazione al farmaco. Perde l’equilibrio e cade in piscina. Mentre
affonda sul fondo, la stagione finisce. La lotta contro
Olympo potrebbe non essere finita, ma la caduta di
Amaia e la prova di Zoe sicuramente riapriranno l’intera lotta
nella prossima stagione di Olympo.
Dopo otto episodi emozionanti, la
seconda stagione di The Walking Dead: Dead City è finalmente giunta al
termine e ci sono molti aspetti da approfondire riguardo
all’avventura di Maggie e Negan a Manhattan. Dopo che la Dead City stagione 1 si è conclusa con Maggie che ha
liberato Hershel in cambio di Negan, la serie ha accennato al fatto
che la loro rivalità sarebbe continuata nella seconda stagione.
Maggie aveva ancora dei conti in sospeso con l’assassino di suo
marito, e Negan aveva molti motivi per sentirsi offeso dalla donna
che lo aveva tradito, ma i loro percorsi sono rimasti separati
per gran parte della seconda stagione. Tuttavia, tutto è cambiato
con l’episodio finale.
Maggie ha iniziato “If History Were
a Conflagration” sotto la custodia della Dama, ma è stata
rilasciata dopo aver promesso a Hershel che avrebbe ucciso Negan in
modo che potessero finalmente superare il trauma che lui aveva
causato. Nel frattempo, Negan si preparava allo scontro con la
fazione di Bruegel, mentre il gruppo di criminali era impegnato in
una silenziosa lotta di potere con i Burazi per il controllo delle
operazioni di estrazione del metano a Manhattan. Con molti altri
fattori in gioco, il finale della seconda stagione di Dead
City ha affrontato la faida tra Maggie e Negan mettendoli l’uno
contro l’altro un’ultima volta, ma il loro scontro non è andato
come molti fan si sarebbero aspettati.
Perché Maggie non ha ucciso
Negan nel finale della seconda stagione di The Walking Dead: Dead
City
Nonostante sia uno dei due
personaggi principali dello spin-off, il ruolo di Maggie nella
seconda stagione di Dead City è stato piuttosto passivo,
dato che inizialmente non voleva recarsi a Manhattan, ma il finale
l’ha messa nuovamente contro Negan, che però ha rifiutato di
uccidere il suo nemico di lunga data. Considerando l’importanza
di Negan per la serie, non è una grande sorpresa che Maggie abbia
mostrato pietà, soprattutto perché l’ultimo scontro tra i due
non era il primo. Tuttavia, la posta in gioco era senza dubbio più
alta che mai e la motivazione di Maggie andava oltre la semplice
vendetta.
Il tradimento di Negan era uno dei
motivi per cui la Dama era quasi morta, quindi non sorprende che
volesse sbarazzarsi dell’ex leader dei Salvatori. Inoltre, Hershel
era tormentato da ciò che l’ex cattivo aveva fatto a suo padre,
quindi ha chiesto a Maggie di uccidere Negan nel finale della
seconda stagione di Dead City. Maggie ha accettato, in parte
per chiudere quel difficile capitolo della sua vita e in parte per
riaccendere il rapporto con suo figlio. Di conseguenza, si è recata
alla base operativa dei Burazi ed è arrivata proprio mentre Negan
stava tornando alle sue vecchie abitudini.
Ha costretto Bruegel e Perlie a
inginocchiarsi prima di eseguire il suo classico gioco “ambarabà
ciccì coccò” per decidere chi uccidere per primo. Nonostante la
scelta fosse caduta su Perlie, ha deciso invece di uccidere
Bruegel, costringendolo a respirare del metano prima di dargli
fuoco alla bocca. È stato un destino brutale che ha suggerito che
la personalità malvagia di Negan fosse tornata nello spin-off di
The Walking Dead, mentre Maggie
assisteva a tutto. Negan aveva intenzione di uccidere anche Perlie,
ma il maresciallo è riuscito a fuggire, dando vita a un’intensa
sequenza di caccia.
Maggie ha capito perché Negan
era ricaduto nella malvagità e ha deciso che risparmiarlo e andare
avanti insieme era l’unica strada da seguire.
Prima che potesse uccidere
Perlie, che una volta gli aveva salvato la vita, Negan è stato
pugnalato da Maggie, che ha poi raccolto la sua mazza da
baseball e lo ha inseguito attraverso l’edificio. Negan si è
trascinato nelle celle sotterranee dove ha cercato di controllare
Ginny, solo per scoprire che era morta e si era trasformata in uno
zombie. Con il suo acerrimo nemico debole, vulnerabile e con il
cuore spezzato, Maggie ha avuto la possibilità di finirlo, ma ha
rifiutato.
Capì perché Negan era ricaduto
nella malvagità e decise che risparmiarlo e andare avanti insieme
era l’unica strada da seguire.
Se non fosse stato per la morte di
Ginny, Maggie avrebbe sicuramente vendicato Negan. Tuttavia, la sua
decisione suggerisce che potrebbero finalmente essersi lasciati il
passato alle spalle e, anche se non diventeranno mai amici, la loro
faida sembra essere finita ora che saranno costretti a lavorare
insieme per andare avanti.
Cosa ha causato la morte di
Ginny
Dato che la morte di Ginny è
stata un punto di svolta importante nel finale, è importante
capire cosa ha causato la sua morte, considerando che è avvenuta
fuori dallo schermo. Durante la stagione 2, episodio 5, si temeva
che Ginny fosse stata morsa da uno zombie, ma in realtà la sua
ferita era stata causata da un oggetto con cui era stata trafitta
mentre combatteva contro i vaganti. È riuscita a mettersi in salvo,
ma ha tenuto segreta la ferita, che ha portato a un’infezione. Dopo
aver finalmente affrontato Negan per l’omicidio di suo padre, ha
puntato la pistola rubata contro di lui, ma è presto collassata,
spingendo Negan a cercare di salvarla.
Nonostante l’odio di Ginny verso
Negan, i due avevano ancora un legame quasi familiare, con Negan
che la vedeva come una figlia. Di conseguenza, ha rischiato la vita
e ha combattuto in un ospedale infestato dagli zombie per trovare
le provviste che potevano salvarle la vita nel penultimo episodio
della seconda stagione. Dopo averla collegata a una macchina, Negan
veglia su di lei fino al momento di affrontare Bruegel e i suoi
uomini, quando lascia Ginny da sola. Purtroppo, senza nessuno che
la sorvegli e senza cure mediche adeguate, la giovane donna finisce
per soccombere alle ferite.
Ginny e Bruegel sono stati gli
unici personaggi ricorrenti a morire nel finale della seconda
stagione di The Walking Dead: Dead City.
È stata una rivelazione straziante
vedere il suo corpo zombificato avvicinarsi alla porta della cella
mentre era ancora attaccato alla macchina. Negan l’ha pugnalata
alla testa con grande commozione, pieno di rimpianto per averla
lasciata sola nei suoi ultimi istanti. Per quanto parte della colpa
possa essere attribuita a Negan per averla trascurata mentre
combatteva, non c’era nulla che potesse fare per salvarla senza un
medico, portando a una delle morti più tragiche di The Walking
Dead degli ultimi anni.
Come Negan e i Burazi hanno
sconfitto Bruegel
Sebbene Bruegel e la sua fazione
fossero arrivati alla chiesa dei Burazi per negoziare, entrambi i
gruppi avevano l’unico intento di combattere l’altro.
Sfortunatamente per Bruegel, Negan era un passo avanti al cattivo.
Come regalo di benvenuto, Negan ha offerto a Bruegel e alla sua
gente un buffet con abbondanza di cibo fresco. La scena sembrava
riferirsi a una storia raccontata dal croato all’inizio della
stagione su come Negan avesse organizzato un banchetto per un
gruppo nemico pieno di veleno, ma Bruegel ha gentilmente rifiutato
il cibo, dicendo che avrebbe aspettato mentre Negan e i Burazi
mangiavano.CorrelatiSimon ha tradito Negan in The Walking Dead
stagione 8 – Ora Negan sta facendo lo stesso con un altro
cattivoSimon ha tradito Negan in The Walking Dead stagione 8, e ora
Negan sta facendo lo stesso con un altro cattivo in The Walking
Dead: Dead City stagione 2.
Con grande sorpresa del cattivo,
Negan e i suoi uomini si sono gustati il cibo prima di rovesciare
il tavolo, rivelando un gruppo di vaganti nascosti sotto. Dopo
aver consegnato le armi all’ingresso, la maggior parte
dell’esercito di Bruegel è stata sopraffatta quando i Burazi hanno
dato fuoco alla chiesa con lanciafiamme e benzina, senza
lasciare loro alcuna via di fuga. Tuttavia, Perlie è riuscito a
rompere la statua che Bruegel aveva portato in dono e che era piena
di armi, dando alla fazione la possibilità di contrattaccare. Ci
sono state vittime da entrambe le parti, ma Bruegel ha presto
acquisito un lanciafiamme, inseguendo Negan fino alle celle.
Mentre il personaggio di Kim Coates
pensava di avere il sopravvento, Perlie lo affrontò, preoccupato
che l’antagonista stesse per attaccare Ginny. Prima che potessero
risolvere le loro tensioni, i due furono affrontati dai Burazi e,
nonostante Bruegel fosse il miglior cattivo di Walking Dead
introdotto negli ultimi anni, fu brutalmente ucciso da Negan,
ponendo fine al suo regno a New York. Naturalmente, Perlie è poi
fuggito e ha avuto un confronto con Negan prima che i due alla fine
appianassero le loro divergenze, ma non faceva realmente parte del
gruppo di Bruegel, il che suggerisce che la fazione è stata
ufficialmente sconfitta per sempre.
Come New Babylon è arrivata a
Manhattan e qual è il suo obiettivo
Dopo la morte di Narvaez all’inizio
della stagione, sembrava che la Federazione New Babylon di The
Walking Dead non fosse più una minaccia importante, ma “If
History Were a Conflagration” ha confermato che era ancora molto
pericolosa. Durante lo scontro tra i Burazi e la fazione di
Bruegel, New Babylon è arrivata a Manhattan con un numero di
soldati apparentemente più numeroso che mai. Mentre Narvaez e
Perlie avevano precedentemente guidato un gruppo di modeste
dimensioni sull’isola, New Babylon sembra aver gettato tutte le sue
forze per conquistare Manhattan nel finale della seconda stagione
di Dead City, trovando l’occasione perfetta per
arrivare.
Le principali fazioni della città
si stavano distruggendo a vicenda mentre attraccavano e, anche
se non è chiaro se New Babylon fosse a conoscenza della battaglia
in corso, sono riusciti a navigare verso Manhattan mentre nessuno
guardava. Il loro obiettivo principale rimane lo stesso di
prima: impossessarsi dell’operazione metano, e sembra che ci siano
già riusciti. Le scene finali dell’episodio 8 hanno mostrato il
gruppo che trova il metano e inonda l’isola di soldati, il che
significa che conquisteranno sicuramente Manhattan e imporranno le
loro leggi ai sopravvissuti, diventando i principali antagonisti
della serie.
Cosa succederà a Hershel e alla
Dama
Con Maggie che non è riuscita a
mantenere la promessa di uccidere Negan, Hershel ha mostrato più
risentimento nei confronti della madre, scegliendo di rimanere con
la Dama piuttosto che ricucire il loro rapporto. Era una
decisione che Maggie sembrava prevedere, dicendo a suo figlio che
sarebbe rimasta a Manhattan nel caso Hershel avesse avuto bisogno
di lei. Anche se questo è un modo amaro per concludere la loro
storia nella seconda stagione di Dead City, solleva
interrogativi su quale sarà il nuovo piano di Hershel e della Dama.
La Dama non ha più il sostegno dei Burazi, il che rende il duo
relativamente impotente a New York.
Tuttavia, continueranno sicuramente
a impegnarsi per rimodellare la città a loro immagine, che è stato
il loro obiettivo fin dall’inizio della seconda stagione.
L’alleanza tra Hershel e la Dama in The Walking Dead sembra
nascere da una visione condivisa del futuro, e sebbene sia stata
presentata in modo relativamente inquietante, non è ancora chiaro
come intendano cambiare la città. Indipendentemente da ciò,
probabilmente rimarranno una presenza malvagia a New York e
cercheranno di sfruttare chiunque resista a New Babylon, creando
potenzialmente una nuova fazione per cercare di riprendere il
controllo di Manhattan.
Dov’era il Croato durante il
finale della seconda stagione?
Forse uno dei più grandi misteri
della seconda stagione di Dead City è stata l’assenza del
Croato durante l’episodio 8. È stato visto l’ultima volta con
Maggie mentre la aiutava a raggiungere il teatro dove si trovava
Hershel, ma dopo di ciò ha preso la sua strada e non è più stato
visto. Sembrava inevitabile che avrebbe avuto un ruolo nel finale,
ma con mia grande sorpresa è rimasto scomparso. Sebbene sia
impossibile sapere con certezza cosa gli sia successo, l’ipotesi
più plausibile è che stesse cercando un modo per lasciare Manhattan
e tornare a casa in Croazia.
Dopo che il croato ha lasciato i
Salvatori in The Walking Dead, ha tentato di tornare nel suo
paese natale, ma è finito invece a Manhattan, dove ha incontrato la
Dama. Tuttavia, dopo essere stato bandito dai Burazi, è rimasto
senza uno scopo e sembrava pronto a morire, finché Maggie non lo ha
costretto ad aiutarla. Con il cattivo ormai solo, sembra che la sua
ultima possibilità di felicità sia da qualche parte in Croazia, ma
potrebbe essere impossibile lasciare l’isola ora che è arrivata New
Babylon, il che suggerisce che il croato potrebbe avere un ruolo
nella terza stagione, se ci sarà.
Come il finale di The Walking
Dead: Dead City – Stagione 2 prepara la terza stagione
Sebbene una terza stagione non sia
stata confermata, il finale della seconda stagione di Dead
City conferma quasi certamente che ci sarà un altro capitolo,
dato che molte trame sono rimaste in sospeso. Innanzitutto, Maggie
e Negan sono ancora a New York e, considerando il loro ruolo nella
narrazione più ampia di Walking Dead, è impossibile che la
loro storia finisca qui. Il finale ha indicato che Maggie e Negan
lavoreranno insieme in futuro e, sebbene abbiano già collaborato
nella prima stagione, la loro prossima avventura potrebbe porre
fine alla loro faida decennale una volta per tutte.
La presenza di Hershel con la
Dama prepara anche il terreno per la seconda stagione, poiché
Maggie sarà determinata a impedire che suo figlio scivoli nella
malvagità e a mostrargli un futuro migliore.
Inoltre, la presenza di Hershel con
la Dama getta le basi per la trama della seconda stagione, poiché
Maggie sarà determinata a impedire che suo figlio scivoli nella
malvagità e a mostrargli un futuro migliore. L’arrivo di New
Babylon rende Manhattan un territorio ancora più ostile di prima e
conferisce alla fazione più potere, fornendo a Maggie un’ulteriore
motivazione per sconfiggerla, dato che ha una forte influenza sulla
sua comunità. Il senso di colpa di Negan per la morte di Ginny
probabilmente influenzerà il suo percorso futuro, poiché ha molto
da redimersi dopo essere ricaduto brevemente nelle vecchie
abitudini.
Ha quasi ucciso Perlie, il che
suggerisce che trascorrerà la seconda stagione cercando di ottenere
il perdono del maresciallo e dimostrando a Maggie che è cambiato.
Negan non si è mai riunito con Annie e Joshua nella seconda
stagione di Dead City, il che significa che ha ancora un
obiettivo generale da raggiungere. Anche se lo spin-off ha dato una
conclusione definitiva a nuovi personaggi come Bruegel e Narvaez,
ci sono ancora molte storie che necessitano di una conclusione
adeguata, il che suggerisce che la conferma della terza
stagione di Dead City è solo una questione di
tempo.
The Walking Dead: Dead City –
Il vero significato della seconda stagione
The Walking Dead: Dead City
La seconda stagione è stata ricca di azione, violenza e dramma, ma
il suo vero messaggio era quello di andare avanti. Maggie ha
trascorso anni della sua vita lottando per superare la morte di
Glenn, e il suo risentimento verso Negan l’ha resa più ostile e
divisiva, anche agli occhi di suo figlio. Piuttosto che portare
avanti quel rancore, Maggie sembrava aver finalmente raggiunto una
sorta di chiusura nella sua faida con Negan e, anche se ci vorrà
ancora del tempo prima che lei riesca a perdonarlo veramente, il
finale ha suggerito che ci arriveranno insieme.
Anche la storia di Negan ha
sottolineato l’importanza di lasciarsi il passato alle spalle. Nel
tentativo di salvare Ginny, è stato consumato dal suo personaggio
di Salvatore, cercando di uccidere tutti quelli che gli
ostacolavano il cammino, invece di essere più pragmatico. Le sue
visioni di Lucille nell’episodio precedente hanno dimostrato che
era ancora aggrappato al suo ricordo come guida, e anche se è
comprensibile che lei fungesse da sua bussola morale, è chiaro che
la sua morte lo ha guidato per tutto il finale.
The Walking Dead: Dead City
è disponibile in streaming su AMC+.
Imparare a lasciar andare sembra
essere l’unico modo per creare un futuro migliore, cosa che sia
Maggie che Negan alla fine capiscono nel finale. Di conseguenza,
la capacità di perdonarsi a vicenda e andare avanti dal proprio
passato sembra essere la migliore possibilità per Maggie e Negan di
sconfiggere Dama e New Babylon nella terza stagione di Dead
City, motivo per cui questi temi hanno avuto un ruolo così
importante nel finale.
Dominic McLaughlin interpreterà
Harry Potter, Arabella Stanton sarà Hermione Granger e Alastair
Stout sarà Ron Weasley - Harry Potter: la serie - Cortesia di
HBO
La creatrice di Harry
Potter, J.K. Rowling, ha offerto un
primo commento alle sceneggiature del prossimo reboot dell’amata
serie, in produzione su HBO, e ha descritto il suo livello di
coinvolgimento. La produzione dell’attesissima serie di Harry
Potter della HBO dovrebbe iniziare entro la fine
dell’estate e l’autrice J.K. Rowling ha espresso
il suo entusiasmo per i progressi del progetto.
In un post su X, J.K.
Rowling ha rivelato di aver già letto le sceneggiature dei
primi due episodi e le ha descritte come “così belle“,
esprimendo grande approvazione per la direzione che la serie sta
prendendo.
Quando i fan le hanno chiesto se
avrebbe scritto personalmente alcuni episodi, Rowling ha confermato
che non li avrebbe sceneggiati direttamente, ma ha sottolineato di
aver lavorato a stretto contatto con il team di sceneggiatori della
serie per garantire che l’adattamento rimanesse fedele allo spirito
dei libri.
Cosa sappiamo della serie HBO
su Harry Potter
HBO descrive la serie come un
“adattamento fedele” della serie di libri della Rowling.
“Esplorando ogni angolo del mondo magico, ogni stagione porterà
‘Harry Potter’ e le sue incredibili avventure a un pubblico nuovo
ed esistente”, secondo la descrizione ufficiale. Le riprese
dovrebbero avere inizio nel corso dell’estate 2025, per una messa
in onda prevista per il 2026.
La serie è scritta e prodotta da
Francesca Gardiner, che ricopre anche il ruolo di
showrunner. Mark Mylod sarà il produttore
esecutivo e dirigerà diversi episodi della serie per HBO in
collaborazione con Brontë Film and TV e Warner Bros. Television. La
serie è prodotta da Rowling, Neil Blair e
Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV, e
David Heyman di Heyday Films.
Come già annunciato, Dominic
McLaughlin interpreterà Harry, Arabella
Stanton sarà Hermione e Alastair Stout
sarà Ron. Altri membri del cast includono: John
Lithgow nel ruolo di Albus Silente, Janet
McTeer nel ruolo di Minerva McGrannitt, Paapa
Essiedu nel ruolo di Severus Piton, Nick
Frost nel ruolo di Rubeus Hagrid, Luke
Thallon nel ruolo di Quirinus Quirrell e Paul
Whitehouse nel ruolo di Argus Gazza.
Il trailer di Power
Book IV: Force stagione 3 rivela la finestra di lancio
dell’ultima stagione della serie. Incentrato sul personaggio di
Tommy Egan (Joseph Sikora), lo scorso giugno è stato annunciato che
Power Book IV: Force – stagione 3 sarebbe tornato per
un’ultima apparizione. Ma anche se lo spin-off di successo di
Power sta volgendo al termine, Tommy potrebbe non sparire
per troppo tempo.
STARZ
ha pubblicato un nuovo teaser per Power Book IV: Force
stagione 3, confermando che l’ultima puntata uscirà nell’autunno
2025. Non è stata confermata una data di uscita più precisa, ma
il teaser mostra Tommy sorridente e impassibile nonostante le
pressioni crescenti e i pericoli sempre più gravi. Guarda il teaser
qui sotto:
Cosa c’è da sapere su Power
Book IV: Force stagione 3
La nuova stagione riprenderà da
dove Power Book IV: Force – stagione 2 si era interrotta, con
Tommy che deve affrontare una lista sempre più lunga di nemici. I
federali lo stanno seguendo e le gang di strada continuano a
cercare di eliminarlo. Questo porta Egan, più che mai, a
pianificare strategicamente le sue prossime mosse per proteggere le
persone che ama.
Correlati10 cose che Power Book IV:
Force deve fare prima che la terza stagione concluda la serieIl
prossimo capitolo di Power Book IV: Force concluderà lo spin-off e
ci sono diverse cose che la serie deve fare prima che la terza
stagione giunga al termine.✕Rimuovi pubblicità
Tommy deve sottrarre clienti alle
fazioni rivali, il tutto mentre combatte contro l’influenza e il
potere crescenti dei suoi avversari. È una situazione sempre più
pericolosa per Tommy, che deve giocare sia in difesa che in
attacco. Sikora è affiancato nel cast di Power Book IV:
Force da Isaac Keys nel ruolo di Diamond Sampson, Kris D.
Lofton nel ruolo di Jenard Sampson e Manuel Eduardo Ramirez nel
ruolo di Miguel Garcia, che avrà un ruolo significativo nella
prossima puntata.
Gary Lennon è showrunner e
produttore esecutivo di Power Book IV: Force, mentre
l’universo di Power è prodotto da Courtney A. Kemp, che ha
creato la serie originale Power attraverso la sua società di
produzione End of Episode, insieme al produttore esecutivo Curtis
“50 Cent” Jackson attraverso la G-Unit Film and Television e Mark
Canton attraverso la Canton Entertainment. Terri Kopp e Chris Selak
sono produttori esecutivi, mentre Lionsgate Television produce la
serie per STARZ.
Adrienne Walker interpreta Shanti
“Showstopper” Page, insieme a Miriam A. Hyman nel ruolo del
procuratore federale Stacy Marks, Anthony Fleming III nel ruolo di
JP e Lucien Cambric nel ruolo di D-Mac. Indipendentemente da ciò
che accadrà a Tommy, però, potrebbe non essere l’ultima volta che
gli spettatori lo vedranno. Recenti indiscrezioni indicano che
tornerà con un altro attore che è stato assolutamente cruciale per
l’universo di Power.
Sulla scia del
trailer completo di The Sandman –
Stagione 2 (che sarà anche l’ultima), Netflix
ha pubblicato un nuovo teaser sui social media che mette in risalto
i sette membri della famiglia degli Eterni
(Endless): Sogno, Morte, Destino,
Disperazione, Desiderio, Delirio e
Distruzione (Dream, Death, Destiny,
Despair, Desire, Delirium e
Destruction).
Abbiamo incontrato la maggior parte
di questi personaggi nella prima stagione, ma la première della
seconda stagione vedrà il debutto di Esme
Creed-Miles nei panni dell’imprevedibile Delirio,
Adrian Lester nei panni dell’onnisciente Destino e
Barry Sloane nei panni di Distruzione, che si
stanca delle sue responsabilità e abbandona il suo incarico.
Questa trama finale inizia con la
riunione di famiglia degli Eterni per la prima volta dopo molti
anni, con un insulto apparentemente superficiale da parte di
Desiderio che riporta Morpheus all’Inferno.
Il nuovo teaser, di seguito, mette
in evidenza i fratelli Eterni, mentre sempre da Instagram arrivano
delle belle immagini dal backstage della serie.
In seguito alla controversia
riguardo le accuse di violenza sessuale e cattiva condotta contro
Neil Gaiman, che ha co-sviluppato e prodotto la
serie TV basata sui suoi fumetti DC, è stato annunciato a gennaio
che la seconda stagione di The Sandman
sarebbe stata l’ultima, anche se secondo Netflix era previsto già da prima che emergessero le
accuse contro Gaiman che il secondo ciclo di episodi sarebbe stato
conclusivo.
La seconda stagione di The
Sandman adatta infatti le trame di molti fumetti, tra cui
Season of Mists, Brief Lives, The Kindly Ones e The
Sandman: Overture, insieme a storie singole come “Tales in
the Sand”, “A Midsummer Night’s Dream”, “The Song
of Orpheus”, “Thermidor” e “The Tempest”,
tra le altre.
The Sandman è
interpretato da Tom Sturridge nel ruolo di Sogno,
Gwendoline Christie nel ruolo di Lucifero,
Vivienne Acheampong nel ruolo di Lucienne,
Kirby Howell-Baptiste nel ruolo di Morte,
Patton Oswalt nel ruolo di Matthew il Corvo,
Jenna Coleman nel ruolo di Johanna Constantine,
Mason Alexander Park nel ruolo di Desiderio,
Donna Preston nel ruolo di Disperazione e altri
ancora.
Gli altri fratelli di Sogno sono:
Destino (Adrian Lester), Delirio (Esmé
Creed-Miles) e il Prodigo (Barry Sloane),
che partecipano a una “cena di famiglia” con il resto degli
Endless, Morte (Kirby), Desiderio (Mason
Alexander Park) e Disperazione (Donna
Preston).
Le speculazioni sulla trama di
Spider-Man: Brand New Day continuano a dilagare,
e le ultime foto e filmati dal set di Daredevil:
Rinascita – Stagione
2 potrebbero gettare un po’ di luce sullo
status quo di New York.
Al momento, Bernthal non è stato
ancora annunciato per Daredevil:
Rinascita – Stagione 2, il che rende
più probabile che la suddetta Presentazione Speciale colmi il
divario tra i due progetti MCU.
Ogni foto e video dal set della
seconda stagione ha mostrato Matt Murdock e Karen Page in incognito
e con la testa bassa, grazie alla Task Force Anti-Vigilante che
pattuglia la Grande Mela. Tuttavia, il nostro ultimo sguardo alla
serie mostra i due personaggi molto felici e chiaramente non più
nascosti.
La teoria prevalente tra i fan è che
questa sia una scena ambientata verso la fine della seconda
stagione, il che significa che Fisk è stato sconfitto e la città è
libera dal suo regno tirannico. Questo libera
Spider-Man: Brand New Day dal dover essere
vincolato agli avvenimenti della serie.
Resta da vedere se la terza stagione
avrà luogo, anche se il capo della Marvel Television, Brad
Winderbaum, ha lasciato intendere che gli piacerebbe
esplorare la Mano e la Gilda degli Assassini in futuro.
Netflix ha celebrato la fine delle riprese della
quarta stagione di Bridgerton
con un nuovo video dal dietro le quinte, che svela un dettaglio
impercettibile sul ruolo che Penelope continuerà a ricoprire nella
storia. La
quarta stagione di Bridgerton vedrà finalmente il
secondo genito Benedict (Luke Thompson) protagonista di una storia
d’amore, dopo essersi innamorato di una misteriosa donna mascherata
al famoso ballo in maschera organizzato da sua madre. Sebbene
Benedict e il suo amore alla Cenerentola, Sophie Baek (Yerin
Ha), saranno al centro dell’attenzione di Bridgerton
e della prossima stagione londinese, anche il resto del clan
Bridgerton avrà un ruolo da svolgere.
Tra questi c’è Penelope,
interpretata da Nicola Coughlan, che ha trovato il suo lieto fine
con il fratello minore di Benedict, Colin (Luke Newton), nella
terza stagione di Bridgerton. Il video del dietro le quinte
della quarta stagione di Bridgerton
mostra quasi tutti i membri del cast principale della serie,
compresi i nuovi arrivati come Yerin Ha, Michelle Mao, Isabella
Wei, Katie Leung e Masali Baduza, mentre si cambiano i loro
elaborati costumi dell’epoca regency con abiti contemporanei (e
infinitamente più comodi). Tuttavia, un piccolo dettaglio ha
attirato l’attenzione dei fan più attenti, poiché il trailer di
Nicola Coughlan è ora etichettato come “Penelope Bridgerton” invece
che “Penelope Featherington”. Potete guardare il video qui
sotto:
Do join us in bidding our dear Ton a
farewell as they conclude the production of the forthcoming season!
Indeed, there is much to look forward to… pic.twitter.com/uEixGya96M
Cosa significa questo per la
quarta stagione di Bridgerton
Dato che Bridgerton è una
serie corale, è logico che i protagonisti delle stagioni precedenti
tornino per brevi apparizioni nelle stagioni successive. Nonostante
la sfortunata assenza di Daphne (Phoebe Dynevor) nella terza
stagione (e quella di suo marito dalla prima stagione), sappiamo
almeno che Penelope, Colin, Anthony (Jonathan Bailey) e la moglie
di Anthony, Kate (Simone Ashley), torneranno nella quarta stagione di Bridgerton. Forse il cambio
di nome nel trailer di Penelope non dovrebbe sorprendere più di
tanto. Tuttavia, è un gradito promemoria di come la sua storia stia
andando avanti ora che ha sposato Colin, ha rivelato la
sua doppia identità ed è diventata madre.
Dato il ruolo più ampio di
Penelope nella società – si può dire che abbia più influenza
dell’intera famiglia Bridgerton messa insieme – ha senso che
Coughlan possa avere un ruolo più importante nella quarta stagione
di Bridgerton.
Dato il ruolo più ampio di Penelope
nella società – si può dire che abbia più influenza dell’intera
famiglia Bridgerton messa insieme – è logico che Coughlan possa
avere un ruolo più importante nella quarta stagione di
Bridgerton. Potrebbe persino essere in grado di aiutare
Benedict e Sophie nel lungo periodo; l’opinione di Penelope come
Lady Whistledown ha un certo peso, e il background familiare non
convenzionale di Sophie causerà senza dubbio scalpore tra i
pettegoli più importanti di Londra. Riuscirà ad aiutarli a evitare
lo scandalo? Tutto è possibile.
James Spader riprenderà il ruolo di
Ultron nella prossima serie Vision,
ma sembra che i Marvel Studios abbiano in mente
progetti molto più ambiziosi per il personaggio in futuro. Non
vediamo il potente supercriminale noto come Ultron da
Avengers: Age of Ultron del
2015, e da allora i fan sperano di vedere la megalomane IA tornare
nell’MCU.
Ad agosto, è emersa la notizia che
James Spader riprenderà il ruolo nella serie
Vision
in arrivo su Disney+, descritta come “la terza
parte di una trilogia iniziata con WandaVision e proseguita con
Agatha Christie”.
Ultron fu creato da
Tony Stark e Bruce Banner per far parte di un programma di
mantenimento della pace che avrebbe dovuto “mettere uno scudo
attorno alla Terra” come difesa contro l’invasione, ma l’IA
finì per rivoltarsi contro l’umanità e fu infine distrutta da suo
“figlio” Visione verso la fine di Age of Ultron.
Resta da vedere come verrà reintrodotto, ma si prevede che Spader
interpreterà Ultron in forma umana insieme a diversi altri
personaggi IA di ritorno.
Si è ipotizzato che il ritorno di
Ultron potrebbe essere un “uno e basta”
(beh, tecnicamente sarebbe un due e basta), ma secondo l’indiscreto
Daniel Richtman, la Marvel “ha in programma il
ritorno di Ultron per diversi progetti dopo Vision Quest”.
Ovviamente resta da vedere come si
evolveranno questi progetti, ma non saremmo sorpresi se Ultron
venisse preso in considerazione nella serie Young
Avengers (che si ritiene si intitolerà The
Champions) attualmente in lavorazione.
La serie
Vision
Il progetto Vision,
ancora senza titolo ufficiale, che potrebbe o meno essere
intitolato Vision Quest, è stato descritto come “la terza parte
di una trilogia iniziata con WandaVision
e che continua con Agatha All
Along“.
Oltre a
Paul Bettany, James Spader di Avengers: Age of
Ultron riprenderà il ruolo di Ultron (“non è chiaro se
Ultron tornerà come robot o in forma umana”). Non c’è stato
alcun accenno al potenziale coinvolgimento di Elizabeth Olsen, ma la serie sarà
ambientata dopo gli eventi di WandaVision,
“mentre il fantasma di Visione presumibilmente esplora il suo
nuovo scopo nella vita”. T’Nia
Miller è stata confermata per il ruolo di Jocasta.
Kerry Condon apparirà nei panni di
F.R.I.D.A.Y. in forma umana, mentre Emily
Hampshire sarà
E.D.I.T.H.
Il finale di WandaVision ha rivelato
che la Visione con cui avevamo trascorso del tempo nel corso della
stagione era in realtà una delle creature di Wanda, ma la vera
“Visione Bianca” è stata ricostruita dalla S.W.O.R.D. e programmata
per rintracciare e uccidere Scarlet Witch. Questa versione del
personaggio si è allontanata verso luoghi sconosciuti verso la fine
dell’episodio, dopo essersi dichiarata la “vera Visione”.
Per quanto riguarda Wanda, l’ultima
volta che abbiamo visto la potente strega era mentre devastava gli
Illuminati e si faceva crollare una montagna addosso in
Doctor Strange in the Multiverse of Madness.
Anche l’attore di Picard,
Todd Stashwick, è nel cast, nei panni di “un
assassino sulle tracce di un androide e della tecnologia in suo
possesso”.Vision – o Vision
Quest – debutterà su Disney+ nel 2026.
Prima dell’uscita di 28 Anni
Dopo di Danny Boyle e Alex
Garland (qui
la nostra recensione), tutto ciò che sapevamo del
misterioso personaggio di Jack O’Connell era che si faceva chiamare
Sir Jimmy Crystal e che era (molto probabilmente) responsabile
dell’incisione di quelle iniziali sull’uomo infetto che Jamie
(Aaron
Taylor-Johnson) e Spike (Alfie
Williams) trovano appeso e in fin di vita durante il loro
viaggio sulla terraferma.
Jimmy ha solo un ruolo marginale nel
film. Lo incontriamo per la prima volta da bambino nella scena
iniziale, quando perde l’intera famiglia in un attacco infetto, e
torna negli ultimi momenti del film per salvare Alfie che viene
messo alle strette da un gruppo di Ragers. Jimmy adulto e i suoi
seguaci – che si fanno chiamare tutti Jimmy – sono vestiti come il
famigerato DJ e
presentatore televisivo britannico Jimmy Savile, morto nel 2011
dopo una lunga storia di abusi sessuali su minori.
“Ha a che fare tanto con la
cultura pop quanto con l’abbigliamento sportivo, con il cricket,
con il sistema di onorificenze”, ha detto Boyle a Business
Insider a proposito della decisione di far adottare a Crystal e al
suo culto il look distintivo di Savile. “È tutto un po’ come un
intreccio in questo ricordo parziale, aggrapparsi a cose e poi
ricrearle come immagine per i seguaci”.“È un
caleidoscopio, vero?” ha aggiunto Garland a proposito del
personaggio di O’Connell. “Una specie di caleidoscopio
psichedelico, strafatto”. “Il problema del guardare indietro è
quanto sia selettiva la memoria”, ha continuato lo scrittore.
“Sceglie a caso, soffre di amnesia e, soprattutto, ricorda
male. Viviamo in un’epoca dominata da un passato ricordato
male“.
Jimmy Crystal (O’Connell)
e la sua banda dovrebbero avere un ruolo molto più importante nel
sequel di Nia DaCosta, 28 Years Later: The Bone Temple, girato
contemporaneamente a questo film e la cui uscita è prevista per il
prossimo anno.
Secondo la sinossi ufficiale,
“Sono passati quasi tre decenni da quando il virus della rabbia
è sfuggito a un laboratorio di armi biologiche e ora, ancora in una
quarantena imposta senza pietà, alcuni hanno trovato il modo di
sopravvivere tra gli infetti. Uno di questi gruppi di sopravvissuti
vive su una piccola isola collegata alla terraferma da un’unica
strada rialzata pesantemente difesa. Quando uno del gruppo lascia
l’isola per una missione nel cuore oscuro della terraferma, scopre
segreti, meraviglie e orrori che hanno mutato non solo gli infetti,
ma anche altri sopravvissuti.”
Una città che cresce, che si
trasforma e, mentre guarda al futuro, continua a nascondere dietro
ogni palazzo sfarzoso una crescente rivalità tra vecchia e nuova
aristocrazia. La New York di fine XIX secolo, in cui il potere si
sposta dalle famiglie dell’old money a quelle emergenti, fa da
sfondo alle vicende della
terza stagione di The
Gilded Age, il period drama HBO e Sky Exclusive
nominato agli Emmy firmato da uno fra i più celebrati maestri del
dramma in costume, sir Julian Fellowes
(Downton
Abbey, Belgravia). Il nuovo capitolo della serie, in otto
episodi, in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 23
giugno, in contemporanea con gli US.
Cosa succede nella terza stagione
di The Gilded Age
1 di 4
Cortesia di HBO e SKY
Cortesia di HBO e SKY
Cortesia di HBO e SKY
Cortesia di HBO e SKY
Fra ambientazioni sontuose, costumi
spettacolari e riferimenti storici reali, nei nuovi episodi il
vecchio è stato soppiantato dal nuovo: la vecchia guardia è uscita
indebolita dalla Guerra dell’Opera e, ormai affermati nei salotti
più esclusivi, i Russell sono pronti a prendere il loro posto alla
guida dell’alta società di New York. Imponendosi come la nuova Mrs.
Astor, Bertha (Carrie Coon) punta a un premio che eleverebbe la
famiglia a livelli inimmaginabili, mentre George (Morgan Spector)
rischia tutto in un’impresa che potrebbe rivoluzionare l’industria
ferroviaria, sempre che non lo rovini prima. Dall’altra parte della
strada, la famiglia Brook viene gettata nel caos quando Agnes
(Christine Baranski) si rifiuta di accettare la nuova posizione di
Ada (Cynthia Nixon) come padrona di casa. Peggy (Denée Benton)
incontra un affascinante medico di Newport, ma la famiglia di lui è
ben poco entusiasta della carriera della giovane. Mentre tutta New
York si affretta verso il futuro, le ambizioni dei protagonisti
potrebbero andare a scapito di ciò che hanno di più caro.
La serie vanta un cast stellare che
include Carrie Coon, Christine Baranski, Cynthia Nixon, Morgan
Spector, Louisa Jacobson, Denée Benton, Taissa Farmiga, Harry
Richardson, Blake Ritson, Ben Ahlers, Ashlie Atkinson, Dylan Baker,
Kate Baldwin, Victoria Clark, John Ellison Conlee, Michael Cumpsty,
Kelley Curran, Jordan Donica, Jessica Frances Dukes, Claybourne
Elder, Amy Forsyth, Jack Gilpin, LisaGay Hamilton, Ward Horton,
Simon Jones, Celia Keenan-Bolger, Ben Lamb, Nathan Lane, Andrea
Martin, Audra McDonald, Brian Stokes Mitchell, Debra Monk, Hattie
Morahan, Donna Murphy, Kristine Nielsen, Paul Alexander Nolan,
Kelli O’Hara, Patrick Page, Rachel Pickup, Taylor Richardson,
Douglas Sills, Bobby Steggert, Erin Wilhelmi, John Douglas
Thompson, Leslie Uggams, Merritt Wever. Con Bill Camp e Phylicia
Rashad.
THE GILDED AGE è creata, scritta e prodotta da
Julian Fellowes; produttori esecutivi, oltre a Fellowes, anche
Gareth Neame e David Crockett; regista e produttore esecutivo
Michael Engler; produttore esecutivo Bob Greenblatt; sceneggiatrice
e produttrice esecutiva Sonja Warfield; regista e produttrice
esecutiva Salli Richardson-Whitfield. La serie è una co-produzione
HBO e Universal Television, divisione di Universal Studio
Group.