In esclusiva dal 3 gennaio, Time Is Up, ultimo film di Elisa
Amoruso, sarà disponibile su Prime Video.
Vivien (Bella
Thorne) e Roy (Benjamin Mascolo) sono
due ragazzi dalle personalità apparentemente opposte. Vivien è una
studentessa talentuosa con la passione per la fisica e il desiderio
di entrare in una prestigiosa università americana. Vive la sua
vita come una formula matematica che la spinge a rimandare al
futuro la propria felicità. Roy invece è un ragazzo problematico,
tormentato da un trauma vissuto da bambino, che sembra rincorrerlo
inesorabilmente e mandare continuamente in fumo tutti i suoi sogni.
Ma anche le scienze esatte hanno le loro variabili e, come sempre
accade, la vita riesce a intrecciare i suoi eventi in modi
sorprendenti e inaspettati.
Time Is Up ha per protagonisti
Bella Thorne e Benjamin Mascolo. Nel
cast accanto a loro, anche Sebastiano Pigazzi, Bonnie Baddoo, Emma
Lo Bianco, Giampiero Judica, Roberto Davide, Nikolay Moss, Linda
Zampaglione. Il film è diretto da Elisa Amoruso e prodotto da Marco
Belardi per Lotus Production (a Leone Film Group Company) e Rai
Cinema in associazione con 3 Marys Entertainment e Voltage
Pictures.
Apple TV+
ha svelato oggi il trailer della nuova comedy in live-action
Time Bandits, primo adattamento televisivo
dell’omonimo film cult. Creata per la televisione da
Jemaine Clement (“Flight of the Conchords”),
Iain Morris (“The Inbetweeners”) e Taika
Waititi (“Reservation Dogs”) e prodotta per
Apple
TV+ da Paramount Television Studios, Anonymous
Content’s AC Studios e MRC.
Time Bandits è un
viaggio imprevedibile attraverso il tempo e lo spazio che vede
protagonisti un gruppo sgangherato di ladri e la loro nuova
recluta: un appassionato di storia di 11 anni di nome Kevin.
Insieme, intraprendono un’emozionante ricerca per salvare i
genitori del ragazzo e il mondo intero. La serie, composta da 10
episodi farà il suo debutto il 24 luglio con i primi due episodi,
seguiti da due nuove puntate ogni mercoledì fino al 21 agosto.
Time Bandits: la trama
della serie tv
Guidato da Lisa Kudrow,
l’eccentrico gruppo di banditi si imbarca in avventure epiche
lottando contro le forze del male che minacciano le loro conquiste
e la vita, così come loro la conoscono. Viaggiando attraverso il
tempo e lo spazio, si imbattono in mondi affascinanti di un passato
lontano, alla ricerca di tesori, potendo sempre contare su Kevin
per far luce su ogni pagina di storia che attraversano. I Banditi
del Tempo assistono alla creazione di Stonehenge, vedono il cavallo
di Troia in azione, sfuggono ai dinosauri nell’era preistorica,
provocano il caos durante il Medioevo, sperimentano l’era glaciale,
le antiche civiltà e tanto altro ancora lungo il percorso.
Accanto a Lisa Kudrow, completano
il cast Kal-El Tuck (“Unseeing Evil”), Tadhg Murphy
(“Conversations With Friends”), Roger Jean Nsengiyumva (“You Don’t
Know Me”), Rune Temte (“Eddie the Eagle – Il coraggio della
follia”), Charlyne Yi (“Molto incinta”), Rachel House (“Heartbreak
High”), Kiera Thompson (“Martyrs Lane”), James Dryden (“Ready
Player One”), Felicity Ward (“The Office” Australia), Francesca
Mills (“Harlots”) e Imaan Hadchiti (“Thor: Love and Thunder”).
Anche Waititi e Clement figurano in alcune apparizioni
speciali.
Time Bandits è prodotta esecutivamente da
Morris e Waititi, che hanno scritto e diretto anche alcuni episodi.
Anche Garrett Basch e Tim Coddington sono produttori esecutiv,i
insieme a Jane Stanton per conto di Handmade Films, con Clement e
Morris in qualità di co-showrunner.
Nel 2022 abbiamo saputo che il
regista di Thor:
Love and ThunderTaika Waititi e il suo frequente collaboratore
Jemaine Clement (Legion, What We do in the
Shadows) stavano sviluppando una rivisitazione del
classico fantascientifico degli anni ’80 di Terry Gilliam,
Time Bandits, per Apple TV+,
con Lisa Kudrow come protagonista.
Ora abbiamo finalmente un primo
sguardo alla serie grazie all’anteprima televisiva estiva di EW. La
Kudrow guiderà un cast che comprende anche
Kal-El Tuck (Unseeing Evil), Charlyne
Yi (Knocked Up), Tadhg Murphy
(Conversations With Friends), Roger Jean
Nsengiyumva (You Don’t Know Me), Rune
Temte (Eddie the Eagle), Kiera Thompson
(Martyrs Lane) e Rachel House (Heartbreak High).
Sebbene i dettagli specifici della
trama siano ancora riservati, la serie è descritta come “un
viaggio comico attraverso il tempo e lo spazio con un gruppo di
ladri straccioni e la loro nuova recluta: un nerd di storia di
undici anni“. La Kudrow interpreta il leader della squadra,
Penelope; Tuck è Kevin; Yi è Judy; Murphy è Alto; Nsengiyumva è
Widgit; Temte è Bittelig; Thompson è Saffron e House è Fianna.
La nuova versione di Time
Bandits si svolgerà in 10 episodi e seguirà Kevin mentre
si imbatte in un gruppo di predoni guidati dalla Penelope della
Kudrow. Waititi ha dichiarato di voler lavorare con la Kudrow da
anni, e lui e Clement hanno ammirato a lungo il suo lavoro da
lontano, in particolare in The Comeback della HBO.
“Adoro Lisa Kudrow e ho pensato
che sarebbe stato fantastico vederla alla guida di un gruppo di
idioti nel tempo“, spiega il regista.
Get an exclusive first look at Taika Waititi
and Jemaine Clement’s ‘Time Bandits’ TV show starring Lisa Kudrow.
https://t.co/t1V5KKFkro
Variety ha confermato che
Time Bandits è stata cancellata da Apple TV+
dopo una sola stagione. La serie fantasy, interpretata da Lisa Kudrow, segue un gruppo di ladri e la
loro nuova recluta – un ragazzino di 11 anni di nome Kevin
(Kal-El Tuck) – che saltano attraverso il tempo e
lo spazio per saccheggiare le ricchezze. Jemaine Clement,
Iain Morris e
Taika Waititi hanno creato l’adattamento della serie
del classico cult di Terry Gilliam del 1981, con
Clement e Morris in veste di co-showrunner.
Oltre a Kudrow e Tuck, il cast
comprende Tadhg Murphy, Roger Jean Nsengiyumva, Charlyne
Yi, Rune Temte, Rachel House, Kiera Thompson, James Dryden,
Felicity Ward, Francesca Mills e Imaan Hadchiti.
Clement, Morris e
Waititi hanno scritto e diretto alcuni episodi della
stagione 1 di Time Bandits e ne hanno curato la produzione
esecutiva insieme a Garrett Basch, Jane Stanton per Handmade Films
e Tim Coddington. Gli ormai defunti Paramount TV Studios hanno
prodotto con gli AC Studios di Anonymous Content e MRC
Television.
A luglio,
Morris ha parlato con Variety dell’introduzione di
Time Banditsa un nuovo pubblico. Penso
che “Time Bandits” sia in realtà quasi un classico perduto”, ha
detto. “Lo menzioni a molte persone e non ne hanno mai sentito
parlare, ma incontri altre persone ed è il loro film preferito. Ma
sono piuttosto rari. Quindi, se si portano queste idee brillanti
che le persone hanno e questi mondi brillanti, e li si espande, li
si cambia e li si fa conoscere a un nuovo pubblico, penso che sia
fantastico. Alcune delle migliori canzoni mai realizzate sono delle
cover”.
La notizia della cancellazione
arriva a meno di un mese dalla conclusione della stagione 1 di
“Time Bandits” su Apple
TV+. La prima stagione, composta da 10 episodi, ha
debuttato con due episodi il 24 luglio e ha rilasciato due nuovi
episodi settimanali fino al 21 agosto.
Non esiste un vero e proprio
protagonista nel film Timbuktu che il regista mauritano ha
presentato a Cannes. Nella città di sabbia occupata dai talebani si
incrociano i ritratti di diversi personaggi e delle loro
contrastanti personalità in conflitto, creando così un film corale,
ironico e spietato come i suoi personaggi. Nella città islamica gli
jihadisti impongono alle donne del deserto di indossare guanti e
calzini, proibiscono thé, sigarette e ogni forma di divertimento.
La jihad contro l’occidente è grottescamente condotta in una
regione multietnica legata profondamente alla ruralità, ma le
persone vengono arrestate perché suonano musica (anche se
inneggiante ad Allah) o perché giocano a calcio. Surreale ma allo
stesso tempo struggente la scena in cui un gruppo di ragazzi
intraprende una partita di football, ma senza il pallone.
Tuttavia gli stessi miliziani fingono di sapere parlare arabo,
comunicano con smartphone, entrano in moschea addobbati di
Kalashnikov e discutono di Messi e Zidane.
Sullo sfondo di una natura
selvaggia e incontaminata anche Kidane, il personaggio più simile a
un protagonista, è ricoperto da un velo opaco (come quelli della
tenda in cui vive attraverso cui è spesso inquadrato) che mistifica
la sua personalità di buon padre e buon Mussulmano: uccidendo
accidentalmente in una rissa Amadou che ha abbattuto la sua mucca
preferita (chiamata GPS) si trova ad affrontare la “legge di Dio”
importata dai talebani, che opprime tutti quanti, e difronte alla
quale non esiste difesa.
Lo sguardo nostalgico di Sissako in
Timbuktu ci mostra una realtà ancora carica di misticismo
selvaggio che vive le contraddizioni della modernità filtrate da un
potere talebano schizofrenico che non è in grado di convincere
nemmeno chi lo esercita.
Timbuktu è un film carico di
mistero e sospensione, emozionante come l’Africa che rappresenta,
decisamente apprezzato con quindici minuti di applausi e tante
recensioni positive che lo indicano tra i favoriti.
Secondo un articolo uscito
recentemente su The Hollywood Reporter,Tim
Story regista di Ride Along,
lavorerà prossimamente al film Diplomats,
una commedia ispirata dalla relazione d’amicizia tra l’ex star
dell’ NBA Dennis Rodman ed il dittatore
nordcoreano Kim Jong
Un. L’attore protagonista sarà Peter
Chernin( nel cast della commedia The
Heat con Sandra Bullock) e
Jonathan Abrams sarà l’autore della
sceneggiatura. L’eccentrico atleta Dennis
Rodman, soprannominato The Worm, ha visitato la
Corea del Nord l’anno scorso stringendo amicizia col giovane
dittatore tanto da ritornarvi in gannaio per organizzare un torneo
di basket a Pyongyang. Un
altro particolare inquietante: Rodman ha
addirittura cantato buon compleanno a questo giovane despota la cui
nazione rappresenta un incubo per quanto riguarda il rispetto dei
diritti umani. Ma Kim Jong Un, nonostante le
atrocità, non smette di essere fonte d’ispirazione per delle
commedie ad esempio The Interview di
Seth Rogen ed Adam Goldberg,
prodotto dalla Sony e prossimamente nelle
sale. Nel
frattempo Tim Story starebbe anche pensando ad un
sequel di Ride Along sempre con
kevin Hart e Ice Cube
naturalmente negli stessi ruoli coperti nel primo
film. La
sceneggiatura verrà realizzata da Phil Hay e
Matt Manfredi . Il film verrà prodotto dalla
Cube
Vision. Il
regista sta inoltre lavorando anche a Think like a man
too, sempre con Kevin Hart nel
cast.
In molti definiscono le sue
interpretazioni affascinanti, aggressive e pungenti con un stile a
tratti menefreghista e schivo a tratti essenziale e duro. Molto
spesso, proprio per questo, lo si ritrova nel ruolo di “cattivo”.
E’ conosciuto come Mr Orange, come Zucchino, il rapinatore di
caffetterie o come il pianista Novecento: è Timothy Simon Smith o
più semplicemente Tim Roth.
Figlio di un giornalista e di una
pittrice di paesaggi, nasce a Londra il 14 maggio del 1961. Il suo
cognome tedesco Roth è frutto di un’espediente del padre per
nascondere la reale nazionalità della sua famiglia nel periodo
della seconda guerra mondiale, mentre si ritrovarono a viaggiare in
paesi ostili all’Inghilterra e in segno di solidarietà per le
vittime dell’olocausto.
Il giovane Tim, nonostante la sua
famiglia appartenesse alla middle class inglese e sia in grado di
offrirgli degli studi in una scuola privata, non si mostra
particolarmente dedito all’apprendimento e finirà con il diplomarsi
alla scuola pubblica, la Strand School di Tulse Hill. Prosegue gli
studi volenteroso di seguire le orme artistiche materne e si
specializza in scultura alla Camberwell College of Arts ma non sarà
questa la sua strada: dopo diciotto mesi abbandona l’istituto per
dedicarsi alla recitazione, un esordio che avviene nei bar e nei
piccoli teatri londinesi.
Nel 1982 che arriva la botta di
fortuna: a causa di una gomma della bicicletta forata si ritrova di
fronte alla Oval House dove entra per chiedere in prestito una
pompa e dove stavano avvenendo le audizioni per una serie tv Made
in Britain. Grazie all’interpretazione particolarmente incisiva di
uno skinhead neonazista del 1962 riesce a farsi ben notare dai
produttori inglesi per il suo stile aggressivo e per la foga con
cui affronta il suo personaggio. Nello stesso periodo partecipa
anche un episodio del telefilm Not Necessarly dove paradossalmente
interpreta un ruolo di un omosessuale, interpretazione molto
distante dalla precedente, con un discreto successo. Ma è grazie
all’amico Gary Oldman, conosciuto nella stessa
compagnia teatrale, che prende parte al film
Meantime di Mike Leigh
dove interpreta un giovane uomo con disturbi mentali, ruolo che
Roth considera ancora oggi uno dei sui migliori progetti. I primi
anni ’80 gli portano fortuna: dalla sua relazione con Lori
Bake, nel 1983 nasce il figlio Jack.
Tim Roth: da Mr. Orange a Principe
di Monaco
Il suo esordio, e una nomination ai
BAFTA come migliore scoperta, arrivano però con il noir
Vendetta (1984) nei panni del misterioso
Myron. Se la prima metà degli ’80 lo vedeva in ascesa non si può
dire lo stesso purtroppo per l’altra metà. Nel 1987 infatti la sua
vita privata con la Baker collassa e dal punto di vista lavorativo
non riesce a trovare nulla che soddisfi le sue aspettative: si
accontenta di fermarsi per un po’ a Parigi dopo le riprese di To
Kill A Priest nel 1988, accumulando qualche debito ma riuscendo a
starsene via da una Londra dalla prospettiva sempre più tetra.
Ritorna in patria per vedere la sua situazione anche peggiorata. La
ex vive con il figlio a New Cross, mentre lui si accontenta di
vivere in un malandato appartamento a Sydenham, bevendo un po’
troppo e “prostituendosi”, com’è nelle sue parole, a lavori
cinematografici che assolutamente non sono nelle sue corde.
Tim Roth non si
scoraggia: gli anni successivi saranno completamente dedicati a
rafforzare il suo personaggio e la sua formazione artistica e
puntare sempre più in altro recitando nel crime-drama
The Cook, the Thief, His Wife & Her Lover
(1989), prestando particolarmente attenzione alla costruzione del
personaggio di Vincent Van Gogh in Vincent &
Theo (1990) e tornando nuovamente a recitare con
Oldman in Rosencrantz e Guildenstern sono
morti (1990). Tim Roth ha un
obbiettivo molto chiaro: il sogno americano.
L’incontro con
Quentin Tarantino sarà provvidenziale per la
sua carriera e per portarlo via dall’Inghilterra: il regista
visionario e talentuoso ancora agli esordi, vede in Roth il volto
perfetto per il personaggio del poliziotto infiltrato Mr Orange in
Le Iene, il gangster movie del 1992,
dove la storia si snoda sul filone della sfortunata rapina mano
armata di diamanti. La leggenda vuole che il provino si sia
consumato in un bar di Los Angeles alimentato dall’alcool, e Roth
non ha tardato ad accettare la parte.
L’America gli darà infatti non solo
lavoro e successo, ma anche una moglie, la biondissima
Nikki Butler, sposata in Belize nel 1993, e due
figli: Timothy Hunter (1995) e Michael
Cormac (1996), nomi presi dagli scrittori preferiti della
coppia, ovvero Hunter Thompson e Cormac McCarthy. I due si sono
conosciuti durante il Sundance Film Festival del 1992.
Dopo quest’interpretazione di Mr
Orange e il matrimonio, si rivela essere, nel 1994, il perfetto
rapinatore di ristoranti soprannominato Zucchino da Amanda
Plummer in Pulp Fiction, film capolavoro
assoluto di Tarantino degli anni 90. Roth, collabora per la terza
volta con l’ormai affermato regista in Four
Rooms (1995). L’attore inglese pare inarrestabile:
per levarsi velocemente di dosso lo stereotipo di attore
tarantiniano (vedi Uma Thurman, Samuel L Jackson),
recita nello stesso anno in Little Odessa
e Cuore di Tenebra ma soprattutto,
non ancora del tutto soddisfatto, con Rob Roy (1995) si cuce
definitivamente addosso il ruolo del cattivo per antonomasia
interpretando il il cinico e fatuo Archibald Cunningham, una
performance che gli vale la candidatura all’Oscar.
“La conquista della terra, per
lo più, vuol dire portarla via a chi ha una pelle diversa e un naso
leggermente più schiacciato del nostro. Non è molto carino se ci si
riflette a fondo.”
Cuore di Tenebra (1994)
L’anno seguente, desideroso di
mettersi continuamente alla prova e recitare in ruoli il più
diversificati possibili, si ritrova a far parte della brillante
commedia diretta dal genio di Woody Allen, Tutti dicono I Love
You, e affiancato da Julia Roberts e
Goldie Hawn. Roth è già uno degli attori più
versatili e camaleontici del periodo, in grado di adottare accenti
diversi, tanto da venire addirittura spesso scambiato per nativo
americano. Tra il 1995 ed 2008 partecipa infatti a qualcosa come 29
film: è protagonista di Libertà vigilata
(1997), L’impostore (1997), con
Chris Penn e Renée Zellweger e
Gridlock’d – Istinti criminali, al fianco
dell’attore/rapper Tupac Shakur.
Nel 1999 interpreta Novecento, un
ruolo magistrale e toccante nel film La leggenda del
pianista sull’oceano dell’italianissmo
Giuseppe Tornatore: nonostante abbia ammesso di non
essere assolutamente in grado di suonare il piano è davvero
Tim Roth “che fa finta di suonare”, gli è stato
insegnato l’esatto movimento da fare e le posizioni corrette delle
dita. L’interpretazione di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento
resterà sempre una delle preferite dei suoi fan. Altro grande
personaggio che influirà sulla sua via, sarà il malinconico
Wim Wenders che prima lo dirige in una piccola
parte ne The Million Dollar Hotel (2000)
con Mel Gibson, poi gli offrirà una parte più
cospicua ne Non bussare alla mia porta
(2005). Ama Tim Roth per lo stesso motivo per cui
è apprezzato dall’Europa e dall’America: perché è graffiante,
sempre significativo e nitido nella recitazione. Lo stesso Roth
desideroso di concedersi un po’ a Hollywood, lo fa con la commedia
Magic Numbers (2000) con John
Travolta poi torna in Europa con
Vatel (2000) con Gérard Depardieu e un incerto
D’Artagnan (2001) con Catherine
Deneuve.
“Me lo chiedo ancora se ho
fatto bene ad abbandonare la sua città galleggiante e non lo dico
solo per il lavoro. Il fatto è che un amico come quello, un amico
vero, non lo incontri più se solo hai deciso di scendere a terra,
se solo vuoi sentire qualcosa di solido sotto i piedi e se poi
intorno a te non senti più la musica degli dei. Ma, come diceva
lui, non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia
e qualcuno a cui raccontarla.” La Leggenda del pianista
sull’oceano (1998)
Proprio a causa del suo carattere
inaccontentabile e una voglia irrefrenabile di mettersi sempre in
gioco, Tim Roth decide di verificare lui stesso
cosa significa stare dietro la macchina da presa: Zona
di guerra è il titolo del suo film al debutto alla
regia e, magistralmente, la pellicola è un successo in tutta
l’Europa, tanto da meritarsi l’European Film Award per la migliore
scoperta dell’anno. La storia che l’ha rapito e spinto a
intraprendere l’impresa alla regia è tratta dal romanzo di
Alexander Stuart raccogliendo nel cast Ray Winston,
Tilda Swinton e Colin Farrell, una storia che ruota attorno al
tema degli abusi familiari, un tema molto vicino a Tim
Roth che rivelerà solo in questi anni di essere stato a
sua volta una vittima proprio di tali abusi in tenera età, anche se
non dirà mai di chi pur precisando che non si tratta di un membro
stretto della sua famiglia.
Torna in breve davanti la macchina
da presa per Tim Burton che lo vuole come antagonista
“scimmiesco” del suo remake Planets of Apes – Il
pianeta delle scimmie (2001), venendo molto
apprezzato anche dal pubblico più giovane che lo nomina miglior
cattivo all’MTV Award: il ruolo di villain è decisamente quello che
gli calza meglio. Iil remake di Burton lo impegnò particolarmente
ed è questa la causa per la quale rifiuta il ruolo di uno dei
personaggi più ambigui del cinema, quello di Severus Piton in
Harry Potter e la Pietra Filosofale
(2001), parte che viene assegnata ad Alan Rickman:
dice Roth “Avrei dovuto fare tutti e due i film, volare dal set
americano di Tim a quello inglese di La pietra filosofale. I miei
figli non me lo hanno ancora perdonato.”
Vanta una filmografia smisurata ma
sono tuttavia sono degne di nota le sue interpretazioni di
Emil Blonsky ne The Incredible Hulk
(2008) della Marvel, Dominic in
Un’altra giovinezza (2007) di Francis Ford Coppola, dove ha dovuto parlare e
recitare in diverse lingue ovvero cinese, latino, armeno, tedesco e
sanscrito. Particolarmente rilevante anche la parte del padre di
famiglia vittima delle torture di due sadici sconosciuti nel remake
di Funny Games (2008) con Naomi
Watts, un ruolo che, afferma, è stato il più disturbante
tra tutti quelli che abbia mai fatto “Sono state cinque
settimane di lacrime. È stato brutale: si è trattata di una delle
volte peggiori sul set per me. Non avrei mai voluto
guardarlo!”
Tim Roth serie
tv
Dal 2009 al 2011 si
dedica, seguendo le orme di altri suoi
colleghi come il caso di Hugh Laurie alias Dr
House, al piccolo schermo facendosi amare come il misterioso dottor
Cal Lightman per la serie tv trasmessa da Fox,
Lie to Me, in cui Tim
Roth è un esperto di cinesica (comunicazione non verbale)
ed infallibile nel comprendere quando le persone mentono,
semplicemente guardandole negli occhi. Pare che la fortunata serie
tv sia servita per le sue finanze, desideroso di ritentare in
futuro la carriera da regista. Dopo il thriller finanziario di
Nicholas Jarecki, La Frode (2012),
tornerà ad ammaliarci nel recentissimo Grace di
Monaco, film che il 14 maggio apre il festival di
Cannes in cui interpreta il principe Ranieri III di Monaco: ruolo
inaspettato quello del “principe” come dichiarato da lui stesso ma
al nostro Tim Roth piace moltissimo mettersi in
gioco e ce l’ha dimostrato alla perfezione in tutti questi
anni, non cucendosi una sola etichetta addosso ma riuscendo sempre
a emergere e a distinguersi in ruoli sempre diversificati, un
acclamato e affascinante talento che ha saputo costruirsi una
carriera andando oltre il suo aspetto.
Uno sguardo unico ed una
personalità intrigante, estremamente simpatica e divertente che
traspare dalle sue interviste, tanto quanto la sua modestia e la
sua voglia di starsene fuori dalle luci della ribalta. Tim
Roth è stato il cattivo, il pianista, il ladro, il
dottore, il principe e molto altro, un personaggio assolutamente
camaleontico e in grado di accettare ogni tipo di sfida e
purtroppo, molto spesso, un fenomeno assai sottovalutato e che
meriterebbe molto di più.
Divenuto popolare in particolar modo
negli anni Novanta, Tim Roth si è costruito una
carriera d’interprete a dir poco invidiabile, collaborando con
alcuni tra i più rinomati autori del settore. Grazie ai suoi
personaggi stravaganti, spesso al confine tra bene e male, l’attore
ha dato prova di possedere grande versatilità e carisma, che gli
hanno permesso di ottenere il proprio posto di rilievo nel mondo
del cinema. Ecco 10 cose che non sai di Tim
Roth.
Parte delle cose che non sai
sull’attore
Tim Roth: i suoi film e le serie
TV
10. Ha recitato in celebri
lungometraggi. L’attore debutta al cinema nel 1982 con il
film Made in Britain, per poi ottenere grande popolarità
con il film Le iene (1992), di Quentin
Tarantino. In seguito, recita in altri film che ne
confermano le capacità come Pulp Fiction
(1994), con John
Travolta, Rob Roy (1995), Four Rooms
(1995), Tutti dicono I Love You (1996), La leggenda
del pianista sull’oceano (1998), e Planet of the Apes – Il
pianeta delle scimmie (2001). Con il nuovo millennio prenderà
invece parte a progetti di natura diversa come Funny Games
(2007), L’incredibile Hulk (2009), con Edward
Norton, La frode
(2012), Grace di
Monaco (2013), con Nicole
Kidman, Selma – La strada per
la libertà (2014), The Hateful
Eight (2015), con Samuel L.
Jackson e Kurt
Russell, Hardcore
(2015), A un miglio da te (2017) e Luce
(2019).
9. Ha preso parte a
produzioni televisive. Nel corso degli anni l’attore è
andato intensificando la propria presenza sul piccolo schermo. In
particolare, è stato il protagonista della serie Lie to Me, andata in onda
dal 2009 al 2011, dove ha recitato accanto all’attrice Monica
Raymund. Dopo quell’esperienza torna in televisione
per recitare nelle serie Klondike (2014), Twin Peaks:
Il ritorno (2017), nel ruolo di Gary ‘Hutch’ Hutchens, e
Tin Star,
dove dal 2017 recita nel ruolo del poliziotto Jim Worth,
condividendo la scena con l’attrice Christina
Hendricks.
8. È anche regista e
produttore. Ad oggi Roth vanta soltanto un film realizzato
in qualità di regista. Si tratta di Zona di guerra, girato
nel 1999 con gli attori Tilda
Swinton e Colin
Farrell. Il film è incentrato su alcuni oscuri segreti
di una famiglia e sugli effetti che questi avranno sul figlio
adolescente. Roth ha inseguito ricoperto anche il ruolo di
produttore per alcuni episodi della serie Lie to Me, di
cui è stato protagonista.
Tim Roth in C’era una volta a…
Hollywood
7. Doveva essere presente
nel film. Roth è da sempre uno degli attori ricorrenti nei
film di Tarantino, e ha già recitato per lui in quattro diverse
occasioni. Di recente sarebbe dovuto comparire anche nel film
C’era una volta a… Hollywood, con Leonardo
DiCaprio e Brad
Pitt. Avrebbe qui ricoperto il ruolo del maggiordomo
Jay Sebrings, ma la sua parte è stata tuttavia tagliata dal
montaggio finale del film. L’attore viene comunque citato nei
titoli di coda.
Tim Roth e gli Oscar
6. Ha ricevuto una
nomination all’ambito premio. Nonostante le sue apprezzate
interpretazioni, Roth ha ricevuto soltanto una nomination al premio
Oscar. Nel 1996 è infatti candidato come attore non protagonista
per il film Rob Roy. Nonostante quell’anno vinse poi
l’attore Kevin
Spacey, la nomination rappresentò per Roth la
coronazione di un momento d’oro della sua carriera.
Parte delle cose che non sai
sull’attore
Tim Roth in Le Iene
5. Richiese un particolare
colloquio con il regista. Quando all’attore fu proposto il
ruolo di Mr. Orange nel film di debutto di Quentin
Tarantino, questi si rifiutò di leggere la sceneggiatura
finché non avesse incontrato personalmente il suo autore. Roth
insisté dunque per andare a bere qualcosa insieme a Tarantino e
all’attore Harvey Keitel. Accettò di leggere la
sceneggiatura con loro soltanto a fine serata, quando erano tutti e
tre ubriachi.
4. Gli furono proposti
diversi ruoli. Il casting di Le iene fu un
processo lungo, con numerosi attori presi in considerazione per i
ruoli principali. Inizialmente Tarantino voleva che Roth ricoprisse
il ruolo o di Mr. White o di Mr. Pink. L’attore non era tuttavia
d’accordo con questa volontà, e richiese invece di poter
interpretare Mr. Orange, poiché lo riteneva il ruolo più complesso
e importante del film. Tarantino si convinse infine che Roth era
adatto a quella parte, e gliela assegnò.
Tim Roth in Pulp Fiction
3. Il suo ruolo è stato
scritto specificatamente per lui. Tarantino è solito
scrivere i suoi personaggi con in mente già gli attori che dovranno
ricoprirli. Per il ruolo del criminale “Zucchino” in Pulp
Fiction, egli pensò proprio a Roth, e scrisse il ruolo in modo
da poterne esaltare le qualità. Avendo già avuto modo di vederlo
lavorare sul set de Le iene, Tarantino sapeva cosa era
meglio per l’attore, che poté così dar corpo e voce ad un nuovo
memorabile personaggio.
2. Aveva un’agguerrita
concorrenza. Benché il ruolo fosse stato scritto pensando
a Roth, erano stati presi in considerazione una serie di altri
attori nel caso in cui egli avesse rinunciato alla parte. Tra
questi vi erano Johnny Depp, Gary Oldman
e Nicolas
Cage. Roth tuttavia comprese da subito le potenzialità
del personaggio e dell’intero film, e non si lasciò sfuggire
l’occasione di recitarvi.
Tim Roth: età e altezza
1. Tim Roth è nato a
Londra, Inghilterra, il 14 maggio 1961. L’attore è alto
complessivamente 170 centimetri.
Nel film, diretto da Eric
Wilkinson, Roth interpreterà un detective alla caccia di un serial
killer, scoprendo che dietro alle apparenze si nasconde altro… La
Lynch ha affermato che il film tratta di temi oscuri, ma che è
anche un dramma che riguarda le ferite interiori.
La regista spera di avere maggior
fortuna rispetto al suo ultimo lavoro, il Bollywood horror action
thriller Hisss, che ha incontrato vari problemi in fase di
produzione, ricevendo poi critiche bel poco lusinghiere. La
Lynch ha trai propri programmi un altro thriller a base di Serial
Killer, intitolato Chained.
Il candidato all’Oscar Tim Roth è l’ultimo nome di alto profilo a
entrare nel cast del film di Netflix Peaky
Blinders, che continua a configurarsi come un vero e
proprio evento. Il prolifico attore inglese si unirà alla star
Cillian Murphy, oltre che a Rebecca Ferguson e Barry Keoghan, nell’atteso film diretto da
Tom Harper, estensione della serie vincitrice del
BAFTA. I dettagli sul ruolo di Roth sono stati tenuti nascosti,
così come quelli di Ferguson e Keoghan, di cui Deadline ha parlato in esclusiva
nelle scorse settimane.
Il premio Oscar Cillian Murphy tornerà nel ruolo iconico di
Tommy Shelby, leader dell’omonima famiglia di gangster di
Birmingham. La produzione del film inizierà entro la fine
dell’anno.
I dettagli sul film non sono ancora
stati resi noti. Tuttavia, in un’intervista a Esquire, l’ideatore
StevenKnight ha lasciato intendere di
avere un’idea generale della trama, che ruoterà intorno a due
storie. Preferisce lasciare che sia il film stesso a guidare la
direzione narrativa. Si prevede che il film esplorerà la nuova
generazione di personaggi pur rimanendo legato agli Shelby, con
Thomas Shelby che avrà un ruolo centrale. Ecco cosa ha detto sulla
regia del film:
“Il film so esattamente di cosa
parla.E so quali sono le due storie che racconterà.Come si svolgerà la storia, non lo so.Quello che
succederà dopo, voglio che dipenda dal film.Per quanto ne
sappiamo, qualcuno salterà fuori – credo di sapere chi sarà.Nella sesta serie stiamo introducendo la nuova generazione, che
farà parte di ciò che accadrà nel film.Credo che si tratti
di trovare quegli attori che, quando li guardi, pensi: “Ecco,
questo è il futuro””.Ecco il futuro”.
Restate sintonizzati per ulteriori
aggiornamenti su Peaky
Blinders, la cui produzione inizierà il mese
prossimo. Tutte le stagioni di Peaky Blinders sono
disponibili su Netflix.
In occasione dell’uscita al cinema
di Sundown, la sua nuova collaborazione con
Michel Franco, dopo Chronic,
abbiamo incontrato Tim Roth, che ha parlato del film girato
interamente ad Acapulco, lì dove il regista ha passato le sue
estati dell’infanzia.
La storia di
Sundwon è quella di Neil
Bennett, un uomo di mezz’età, che alloggia in un lussuoso
resort di Acapulco assieme alla sorella Alice, erede come lui di
una multinazionale dell’industria della carne, e i due figli di
lei. La notizia improvvisa della morte della madre li costringe a
interrompere la vacanza e tornare subito in Inghilterra per il
funerale, ma Neil, che da un po’ manifesta insoddisfazione nei
confronti di tutto per ragioni sconosciute, finge di aver smarrito
il passaporto al momento dell’imbarco e rimane in città a
crogiolarsi pigramente sulla spiaggia.
Roth e Franco hanno lavorato insieme alla storia
Neil è un personaggio insolito, non
lo capiamo mai davvero, eppure potrebbe persino far simpatia.
Affascina e respinge lo spettatore. Per Tim Roth è stato complicato interpretarlo
perché è stato il primo tassello intorno cui si è costruito il
film: “Io e Michel abbiamo lavorato sulla storia che poi è
diventata una sceneggiatura, che si evolveva mentre giravamo.
Quindi non è mai stata una cosa fissa, decisa. Io sapevo nel mio
privato quali erano le motivazioni del mio personaggio che però non
tutti gli altri conoscevano. Loro sapevano l’arco che percorrevamo,
ma le motivazioni di ognuno erano oscure. È stato molto difficile,
credo sia stato uno dei personaggi più emotivamente complicati che
io abbia mai approcciato, e non ho ancora visto il film, vorrei
vederlo con un pubblico, ma è difficile per via della
pandemia.”
“Quello che volevamo era che la
nozione di performance svanisse –
continua Roth – Volevamo vedere che lui è
un uomo che ti capita di riconoscere, perché magari hai visto la
mia faccia in altri film, ma lui semplicemente scende in spiaggia,
incontra qualcuno e così via… l’idea era di eliminare la barriera
tra attore e pubblico e farsi cogliere dall’inaspettato. Inoltre
credo che ogni persona che lo vede lo percepisce in maniera
diversa, per alcuni è divertente, per altri è terrificante. Il
personaggio era stato deciso prima della sceneggiatura, e da qui
abbiamo lavorato in maniera evolutiva. È stato difficile, ma anche
eccitante. Così è lavorare con Michel, non sai mai quello che ne
verrà fuori. Per un attore è divertente sperimentare in questo
modo.”
Il film è ambientato ad
Acapulco proprio perché Franco voleva tornare sui posti della
sua infanzia, ma Tim Roth ha detto che lui non ha nessun
desiderio di tornare nei posti in cui è cresciuto:
“Non torno mai nei
posti in cui sono cresciuto, non credo siano interessanti. Il posto
in cui andavo a scuola a South London… ero bullizzato, quindi
perché tornare? Non ho bei ricordi, non ho interesse a tornare
indietro a quei posti. Quando penso a quei posti e alla vita che ho
avuto lì, sono felice che sia passato, che non sia più nel
presente.”
Tim Roth: “ogni aspetto della
mia vita contiene una contraddizione”
Sundown racconta
soprattutto le contraddizioni di un luogo magnifico, funestato però
da esplosioni di violenza che sembrano non trovare alcuna
giustificazione razionale, una contraddizione profonda per
Acapulco. Per Tim Roth la contraddizione è un elemento
costitutivo di ogni esperienza, come lui stesso spiega: “Non
c’è nessuna ragione per cui io dovrei essere a questo punto della
mia carriera, a parlare con voi di un film che ho girato in
Messico. Per me è una contraddizione anche questa, direi che ogni
aspetto della mia vita contiene una contraddizione.”
Per quanto riguarda il lavoro sul
set, per Tim Roth e la troupe di Michel Franco è stato
insolito lavorare in mezzo al caos di Acapulco, ma a mano a mano
che le riprese procedevano, i locali si abituavano alla macchina
cinematografica:
“Quelli sono i posti
in cui Michel andava in vacanza da piccolo, proprio quella spiaggia
lì. Ma niente ti prepara a quello che trovi, la gente, il rumore,
l’interazione con la persone. Ero veramente guardato come un
alieno. Le cose sono cambiate piano piano mentre si avanzava con la
produzione. Eravamo una cosa insolita per i locali, con le
telecamere sulla spiaggia affollata, ma è bastato poco perché
diventassimo poco interessanti. Girare a New York è un incubo,
girare ad Acapulco ci ha permesso invece di lavorare molto più
tranquillità, come se niente fosse. Non ti aspetti che una cosa del
genere sia semplice, ma è stato così, facile, principalmente grazie
alla popolazione del posto.”
Sundown arriva al cinema il 14 aprile distribuito da
Europictures.
L’attore inglese guiderà la giuria del
Certain Regard al 65° Festival di Cannes. L’attore e regista
inglese sarà presidente della Giuria per la sezione “Un
certain regard”,
Dopo essere tornato al franchise lo
scorso anno, la star di
She-Hulk: Attorney at Law
Tim Roth sta valutando il futuro di
Abominio nel Marvel Cinematic Universe. Roth ha
originariamente fatto il suo debutto nell’MCU con il secondo film
nell’universo dei fumetti, The Incredible Hulk,
nel ruolo dell’ufficiale militare Emil Blonsky che viene sottoposto
a iniezioni sperimentali di siero per eguagliare il potere di Hulk,
ma la conseguenza è che si ritrova trasformato in
Abominio. Il personaggio di Roth è finalmente
tornato dopo oltre un decennio con un piccolo ruolo in Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli prima
di una svolta di supporto più profonda in
She-Hulk: Attorney at Law.
Mentre parlava in esclusiva con
Screen Rant per discutere del
dramma sportivo LGBTQ+ Punch, a Roth è stato
chiesto del futuro di Abominio nel MCU. Pur
ammettendo di non aver ricevuto aggiornamenti adeguati in merito,
l’attore rimane ottimista su ciò che verrà dopo e ha condiviso la
sua idea dove vorrebbe andare con il personaggio.
“Non ho idea se hanno in
programma qualcosa. Sarei molto felice di entrare direttamente in
Deadpool. Mi piacerebbe! [Ridacchia] Mi è piaciuto [She-Hulk:
Attorney at Law], sono rimasto molto sorpreso quando (quelli della
Marvel) sono arrivati, e mi sono decisamente divertito, quindi
ovunque mi portino, va bene, purché io possa interpretare il
personaggio.”
Sebbene la serie Disney+ lo abbia mostrato in
libertà vigilata, il finale di
She-Hulk: Attorney at Law ha visto Blonsky tornare in
prigione dopo averla infranta, trasformandosi in Abominio per
seminari speciali nel suo ritiro spirituale. Questa permanenza in
prigione apparentemente non è durata a lungo, tuttavia, poiché lo
Stregone Supremo Wong interpretato da Benedict
Wong è entrato nella cella di Blonsky nella scena
post-crediti del finale e lo ha invitato a rimanere a
Kamar-Taj.
Con Blonsky ora liberato dalla
prigione, anche se ora è un personaggio molto meno malvagio
rispetto a come era in The Incredible Hulk, ci
sono una serie di strade per il ritorno di Abominio nel futuro
dell’MCU, tutte percorribili e tutte nell’ambito delle
possibilità.
Tim Roth, presidente di Un Certain
Regard a Cannes, ha rivelato il suo prossimo progetto: si tratta di
Mobius, dove affiancherà Jean Dujardin.
Mesi fa vi abbiamo segnalato un interessante progetto europeo
in cantiere, Mobius, diretto da Eric Rochant e con
protagonista Jean Dujardin.
Intervistato al Festival di Cannes,
dove presiede la giuria della sezione Un Certain Regard, Tim Roth
ha rivelato che affiancherà il Premio Oscar Jean Dujardin e Cécile
De France in Mobius, il thriller spionistico ambientato
nel mondo dell’alta finanza prodotto da Luc Besson. Tim Roth
interpreterà un oligarca russo sospettato di riciclaggio di denaro
sporco attraverso la sua banca. Le imminenti riprese del film si
svolgeranno in Belgio, Russia, Lussemburgo, Ucraina e Monaco.
Mobius dovrebbe uscire all’inizio del 2013.
“Una terra meravigliosa, da
scoprire”, così definisce la Calabria l’attore Tim Roth,
ospite della quattordicesima edizione del Magna Graecia Film
Festival, che si tiene fino al 5 agosto nella location del
porto marinaro di Catanzaro.
Alla kermesse cinematografica,
ideata e diretta da Gianvito Casadonte, l’attore inglese –
di cui è stato proiettato l’ultimo film da lui interpretato,
Chronic – protagonista di una masterclass aperta al
pubblico, è stato insignito del Magna Graecia Award,
realizzato dall’orafo Michele Affidato. Durante l’incontro con la
stampa ha parlato di se ma anche del futuro del cinema. “La
chiave – ha dichiarato – è dare sempre più spazio ai nuovi filmaker
e investire su di essi, come stanno facendo in questo momento in
Messico. Perché anche il modo di fruire la televisione è cambiato,
basti pensare alla stessa Tin Star, la nuova serie
televisiva che ho interpretato, che uscirà esclusivamente on line e
si potrà scegliere come e quando vederla”.
La serie in questione, prodotta da
Sky Atlantic, interpretata anche da Christina Hendricks (Mad
Men), in uscita negli USA entro il 2017, conta 10 puntate di
dramma sulla corruzione dell’innocenza, l’omicidio e la vendetta,
ambientata in un remoto paesino di montagna e girato sulle Rocky
Mountains canadesi.
Immancabile il ricordo dell’amico
Quentin Tarantino – suo regista in numerose avventure
cinematografiche, da Le iene a Four Rooms e
Pulp Fiction passando per il recente The Hateful
Eight. “Devo dire che i quattro registi che mi hanno
cambiato la vita sono David Lynch, Giuseppe Tornatore, Francis
Ford Coppola e Quentin Tarantino. A quest’ultimo, in
particolare, sono legato da una profonda amicizia. Ricordo il
provino per Le iene: io e lui da soli, all’inizio con birra e
sandwiches e alla fine nel mio appartamento completamente ubriachi
a rileggere la sceneggiatura per ben cinque volte”.
Non solo Tarantino, ma anche
Ennio Morricone, autore delle musiche, tra gli altri, de
La leggenda del pianista sull’Oceano, di Giuseppe Tornatore,
con protagonista proprio l’attore londinese: “Morricone ha
composto i più bei brani per il cinema, dal suono potente e
audace”.
Ancora vivo il ricordo della sua
prima, e finora unica, regia cinematografica, il drammatico
“Zona di guerra”, datato 1999: “Mi piacerebbe replicare
al più presto l’esperienza, perché è stata straordinaria, magari
dopo che i miei figli avranno finito l’università e non dovrò avere
il pensiero di mantenerli agli studi!”. Roth ha quindi speso parole
di meraviglia nel vedere per la prima volta la Calabria e ha
espresso la propria felicità di partecipare a questo festival, che
crede nei giovani autori e li aiuta a emergere e farsi conoscere
nel difficile mondo del cinema.
Il grande attore Tim
Robbins potrebbe tornare dietro la macchina da presa.
Empire on line dice infatti che il premio Oscar
dirigerà il film dal titolo City Of Lies,
La notizia di una possibile
director’s cut per Deadpool è stata
smentita dal regista del film in persona, Tim
Miller, che in occasione della proiezione speciale IMAX
del film organizzata da Collider, ha negato
categoricamente la presenza di una nuova versione del film:
“Non vorrei fare il Joss Whedon della situazione, ma non c’è
alcuna director’s cut in arrivo. Ci sono delle scene tagliate che
hanno qualcosa in più, ma sono felice del film uscito al cinema, mi
piace.”
A quanto pare è stato il produttore
Simon Kinberg ha decidere che alcune scene
piuttosto violente venissero eliminate dal final cut: “Nei
contenuti speciali dell’edizione home video ci sarà qualcosa in
più, soprattutto nel combattimento nel laboratorio. È il passaggio
di cui stavamo parlando, Simon mi ha detto “Tim è abbastanza
violento, per favore,” e io ho risposto “Ma come, quando salta
sulla sua faccia è fantastico!”, e Simon ha replicato “no, è
davvero abbastanza!””
Il primo film in stand-alone
dedicato al mercenario chiaccherone promette un’ enorme dose di
politicamente scorretto pronta ad abbattersi sul pubblico
all’uscita in sala, il 4 Febbraio. “Questo film funziona
tranquillamente all’interno dell’universo X-Men” ha dichiarato
Reynolds ad Empire, “ma non per questo include la sensibilità
dei film dedicati ai mutanti. È come prendere un personaggio degli
X-Men, imbottirlo di LSD e rispedirlo su schermo.”
A proposito di X-Men: chi ha visto
il trailer avrà notato che la presenza dei mutanti su schermo sarà
decisamente corposa. Andre Tricoteux sostituisce
Daniel Cudmore nei panni di Colossus, ed appare
nella nuova immagine rilasciata da empire pochi minuti fa a fianco
di un Deadpool che pare intento a rompere la quarta parete.
Vi ricordiamo che
in Deadpool ci sono confermati
con Ryan Reynolds anche Morena Baccarin,
T.J. Miller, Ed Skrein, Gina
Carano. Deadpool è scritto
da Paul Wernick e Rhett Reese,
diretto da Tim Miller e sarà nei cinema USA dal 12
febbraio 2016.
Le nuove sigle di apertura e
chiusura di tutte le partite del Campionato di Calcio della ‘Serie
A TIM 2021/2022’ diventano animazioni e per ogni club nasce un
avatar. È il nuovo grande progetto firmato TIM e Lega Serie
A che vede il mondo del Calcio sposare quello del fumetto
e dell’animazione con la mano del fumettista di fama
internazionale, Carmine Di Giandomenico.
Grazie a venti avatar, uno per
ciascuna squadra, e a 760 nuove animazioni previste per tutta la
durata del Campionato, la ‘Serie A TIM’ si farà
sempre più avvincente. Gli avatar saranno infatti i protagonisti
delle sigle animate di apertura e chiusura di tutte le partite e
accompagneranno i tifosi lungo tutto il Campionato. Di giornata in
giornata inoltre le animazioni saranno in continua evoluzione
visiva e anche le tecniche di disegno cambieranno, passando da
quella tradizionale ad una più innovativa come
la computer-generated imagery in 3D, nota con l’acronimo
di CGI. Il tutto nel segno dello sviluppo dell’innovazione
tecnologica che da sempre caratterizza la comunicazione di TIM.
“Da Batman a Spiderman passando
per Superman e Dylan Dog, ho lavorato sui più importanti personaggi
dell’immaginario collettivo mondiale e quando mi hanno chiamato a
reimmaginare le immortali icone delle squadre del campionato
italiano, il mio cuore ha iniziato a battere forte”,
commenta Carmine Di Giandomenico.
“In una sola immagine avrei
dovuto rappresentare la Forza, il Vigore, la Grinta, l’Eleganza e
la storia di ogni squadra, e a quel punto ho capito che ci
trovavamo soltanto all’inizio di un grande viaggio. Stiamo creando
un mondo nuovo e non vedo l’ora che i tifosi possano riconoscerlo e
viverlo”, ha concluso.
La nuova campagna TIM per la
presentazione degli Avatar delle squadre italiane della Lega Serie
A è prodotta da ArtMediaMix, con il coordinamento
artistico e creativo di ARF! Festival,
la produzione esecutiva
di VVVVID, il character
design di Carmine Di Giandomenico, i
colori di Emiliano Mammucari, le animazioni
di Lynx Multimedia Factory e la
post-produzione di Videns Studios.
Il CEO di Apple Tim
Cook, ha iniziato la sua battaglia per promuovere
l’aspetto più consumer del nuovo visore VR/AR Apple Vision
Pro, che a tutti gli effetti potrebbe rappresentare la
nuova evoluzione della fruizione streaming dei contenuti. Infatti,
è risaputo da quanto la Apple ha presentato il suo nuovo gioiello,
con il nuovo VR/AR Apple Vision Pro è possibile
guardare contenuti come film e serie come se foste davanti ad uno
schermo da quasi 30 metri virtuale Vision Pro
offre una risoluzione ultra elevata, con più pixel per ciascun
occhio rispetto a un televisore 4K (con 23 milioni di pixel su due
display) e fornisce un sistema audio spaziale di nuova concezione,
secondo Apple
E proprio riguardo a questo Tim
Cook, in un’intervista andata in onda su “CBS
Sunday Morning” di questa settimana, ha rivelato di usa
“regolarmente” il visore per realtà aumentata Apple Vision Pro, di
prossima uscita, e ha detto di aver guardato “l’intera terza stagione di Ted
Lasso su the Vision Pro”, riferendosi alla serie
Apple
TV+ vincitrice dell’Emmy con protagonista Jason Sudekis. Cook, come ha affermato
all’evento di lancio autunnale di Apple della scorsa settimana, ha
ribadito che
Vision Pro rimane sulla buona strada per essere
disponibile all’inizio del 2024. Allo stesso tempo, ha
riconosciuto che il prodotto è “più complesso” rispetto all’iPhone
e “quindi richiede innovazione non solo nello sviluppo, ma anche
nella produzione”. Il Financial Times quest’estate ha riferito
che Apple ha tagliato gli obiettivi di produzione del
Vision Pro da 1 milione di unità iniziali a meno
di 400.000 a causa dei vincoli dei fornitori.
Apple ha presentato Vision
Pro, al prezzo enorme di 3.500 dollari al pezzo, come una
piattaforma di “calcolo spaziale”, e Cook ha paragonato l’imminente
introduzione del prodotto al modo in cui iPhone ha presentato gli
smartphone a milioni di persone. Secondo Apple, i modelli
di iPhone 15 Pro introdotti da Apple la scorsa settimana possono
acquisire video spaziali che possono essere visualizzati sul visore
AR/VR. Nell’intervista alla “CBS Sunday Morning”, Cook ha
affrontato la questione se Apple continuerà a fare pubblicità su
X/Twitter, il social network di proprietà di Elon Musk, nonostante
il susseguirsi di notizie secondo cui l’incitamento all’odio rimane
prevalente sulla piattaforma e che la società non sta prendendo
provvedimenti per limitarlo. Musk, nel frattempo, ha recentemente
accusato l’Anti-Defamation League di “cercare di uccidere
questa piattaforma accusando falsamente lei e me di essere
antisemiti” e ha sollevato la prospettiva che X possa citare
in giudizio l’ADL per diffamazione.
Cook, alla domanda se Apple debba continuare
a comprare pubblicità su X/Twitter, ha risposto: “È una domanda
che ci poniamo costantemente”. “In generale, la mia
opinione è che Twitter sia una proprietà importante“, ha detto
Cook. “Mi piace il concetto che sia lì per il suscitare
dibattito come piazza cittadina.Ma, ha
aggiunto, “Ci sono anche alcune cose che non mi
piacciono“. In una conferenza degli investitori a marzo, Musk
ha ringraziato Apple e Disney perché rimangono due dei più
grandi operatori di marketing sul social network .
Direttamente dal Licensing Expo di
Las Vegas, ecco il logo del prossimo film diretto da
Tim Burton: Miss Peregrine’s Home for
Peculiar Children.
Il logo di Miss Peregrine’s Home for Peculiar
Children.
Si tratta di un adattamento
cinematografico dell’omonimo romanzo d’esordio dello scrittore
americano Ransom Riggs, che racconta la storia di
un ragazzo che, a seguito di una terribile tragedia familiare,
segue gli indizi che lo portano ad un orfanotrofio abbandonato su
un’isola gallese.
Il libro originale è corredato di fotografie che guidano la
narrazione, sarà interessante vedere se (e come)
Burton avrà ricreato questa impostazione.
Il fantasy, basato su una
sceneggiatura scritta da Jane Goldman, vedrà
Asa Butterfield nel ruolo del protagonista, un
adolescente che, giunto a Miss Peregrine Home, scopre che i suoi
vecchi occupanti possedevano poteri incredibili. Eva
Green (alla sua seconda collaborazione con
Burton dopo Dark
Shadows) interpreterà invece Miss
Peregrine, ruolo che sarebbe probabilmente dovuto andare a
Helena Bonham Carter se lei e il regista
non si fossero separati proprio prima delle riprese.
Nel cast anche Samuel L. Jackson (Barron),
Allison Janney (Dr. Golan), Judi Dench,
Rupert Everett, Ella Purnell, Chris O’Dowd,
Allison Janney, Terence Stamp e Kim
Dickens.
Il film uscirà negli Stati Uniti il 4 marzo dell’anno prossimo.
Tim Burton ha
diffuso online, attraverso il suo profilo Facebook, il logo
ufficiale del suo prossimo film, Miss Peregrine’s Home
for Peculiar Children. Si tratta dell’adattamento
cinematografico dell’omonimo romanzo d’esordio dello scrittore
americano Ransom Riggs, che racconta la storia di
un ragazzo che, a seguito di una terribile tragedia familiare,
segue gli indizi che lo portano ad un orfanotrofio abbandonato su
un’isola gallese.
Potete vedere il logo di
seguito:
Il fantasy, basato su una sceneggiatura scritta da Jane
Goldman, vedrà Asa Butterfield nel ruolo
del protagonista, un adolescente che, giunto a Miss Peregrine Home,
scopre che i suoi vecchi occupanti possedevano poteri
incredibili. Eva Green (alla sua seconda
collaborazione con Burton dopo Dark
Shadows) interpreterà invece Miss
Peregrine, ruolo che sarebbe probabilmente dovuto andare a
Helena Bonham Carter se lei e il regista
non si fossero separati proprio prima delle riprese.
Nel cast anche Samuel L.
Jackson (Barron), Allison Janney (Dr.
Golan), Judi Dench, Rupert Everett, Ella Purnell, Chris
O’Dowd, Allison Janney, Terence Stamp e
Kim Dickens. Il film uscirà negli Stati Uniti il 4
marzo dell’anno prossimo.
Disegnatore ed autore complesso,
creatore di mondi profondamente personali ed autobiografici, il
cinema di Tim Burton è popolato da inquietanti
ombre che si riflettono sul volto, quasi sempre pallido ed
infossato, dei suoi protagonisti, teneri mostri incompresi
caratterizzati da sentimenti spesso molto più umani rispetto a
quella controparte di persone “normali” che tanto li rifiutano e
fuggono.
Tim Burton, filmografia
L’intera filmografia di
Tim Burton è attraversata da una linea
allo stesso tempo macabra e gentile, spaventosa ma divertente, come
a voler esorcizzare demoni e paure nascoste quali la morte, il
diverso, una dimensione in cui i “freaks”
burtoniani si rifugiano per allontanarsi da un mondo che li ha
attirati a sé spinto dalla curiosità, per poi rinnegarli
brutalmente data la loro natura avulsa e anticonformista; calati in
scenografie contorte e surreali, che riflettono pienamente il loro
stato d’animo in perenne conflitto tra luce ed ombra, questi “figli
del diverso e dell’incompreso“, una volta cacciati da quel mondo
ordinario che avevano tentato di approcciare, scelgono di tornare
nella loro dimensione oscura spesso con una mal celata serenità:
nonostante la profonda sofferenza e solitudine cui saranno
destinati, il conforto di poter vivere in una dimensione “altra” e
tutta loro è innegabile, un sollievo che gli permette di gettare
uno sguardo personale e distorto su quel mondo esterno non
dimostratosi all’altezza della loro struggente sensibilità, un
luogo che, forse, è più consigliabile sognare piuttosto che
vivere.
Tim Burton, biografia
Nato nel 1958 a Burbank,
Timothy William Burton vive un’infanzia popolata
dalla visione di tutti i classici Horror prodotti dalla Universal Pictures e
dalla Hammer Film Productions ,
lasciando che la potenza evocativa di quelle immagini conquisti la
sua fervida mente: sin da piccolo dimostra infatti una crescente
attrazione nei confronti dei più famosi mostri cinematografici di
sempre, dal Frankestein di Boris
Karloff al Dracula di Bela
Lugosi, passando poi per un’infinità di pellicole di serie
b che contribuiranno ad accrescere il suo immaginario personale.
Appena diciottenne, frequenta la California Institute of
Arts, per poi essere assunto dalla Disney come
animatore, un’esperienza che però si rivelerà molto frustrante per
lui, costretto a piegarsi alle esigenze artistiche di un mondo,
quello della casa di Topolino, stilisticamente ben lontano dal
suo.
Nel 1982 gira “Vincent”,
il suo primo cortometraggio realizzato con la tecnica dello
stop motion, ispirato al leggendario attore
Vincent Price; atmosfere lunari e cupissime, eventi macabri e
conditi da un’ironia spesso crudele e compiaciuta, danno vita a
questo prodotto dalla breve durata ma efficacissimo nel
tratteggiare alcune delle ossessioni più ricorrenti di Burton. Due
anni dopo è la volta di “Frankeweenie”,
tenera rivisitazione del mito di Frankestein in
cui un bambino tenta di riportare in vita il suo cane recentemente
investito da una macchina. Il conflitto società-mostro emerge
ancora una volta, immergendo lo spettatore in una fiaba nera che
ribalta ogni convenzione che ci si possa aspettare di trovare in
una storia sull’amicizia tra un cane ed il suo padrone, tingendo di
nero e di esperimenti folli un cortometraggio dall’atmosfera
straniante e divertente allo stesso tempo.
Tim Burton, la filmografia
Nel 1985, finalmente,
Tim Burton realizza il suo primo lungometraggio,
“Pee-wee’s Big adventure”, basato sul personaggio
televisivo di Pee-wee Herman, un giovane uomo dal temperamento
estremamente fanciullesco e gioviale, deciso ad intraprendere un
viaggio ricco di strambe avventure al fine di ritrovare la sua
bicicletta rubata, verso la quale nutre un amore quasi maniacale;
coloratissimo e surreale, il film è un grandissimo successo sia di
critica che di pubblico, oltre a rappresentare la prima
collaborazione tra Burton ed il musicista Danny
Elfman, che diverrà un suo collaboratore quasi fisso.
L’anno di Beetlejuice – Spiritello
porcello
Nel 1988 realizza il
divertentissimo “Beetlejuice – Spiritello porcello”,
commedia nera in cui una coppia di fantasmi, morta di recente, si
rivolge ad un bio-esorcista (interpretato da uno straordinario
Michael Keaton) al fine di scacciare una
famiglia di “vivi” venuta ad abitare nella loro casa; scurrile,
scorretto e pungente, il film colpisce per il suo continuo vizio di
ribaltare i luoghi comuni più abusati, tanto che chi osserva si
ritrova a parteggiare per una coppia di spettri innamorati.
Il film si aggiudicherà inoltre un
Oscar per il miglior Trucco. Il 1989 è un anno fondamentale per
Tim Burton, quando gli viene affidata la regia di
“Batman” : tra una produzione
estremamente preoccupata per lo stile troppo cupo del giovane
regista e numerosi problemi economici, Burton riesce comunque a
confezionare un film dalle atmosfere dense e nerissime, spogliando
l’uomo pipistrello da ogni scontata convenzione supereroistica,
rendendolo invece più simile ad un animale ferito e vendicativo,
spesso fuori controllo; ad ostacolarlo, un Jack Nicholson che regala una performance
strepitosa nel ruolo del Joker, storica nemesi di
Batman.
Nasce nel 1990 la Tim
Burton production che battezza il commovente
“Edward mani di
forbice”, pellicola personalissima per il
regista, sulla quale, grazie all’enorme successo di
“Batman”, ha un controllo pressoché
totale; in questa favola incantata ed incantevole, Tim
Burton tratteggia un personaggio struggente e dolcissimo,
una creatura che incarna tutte le caratteristiche “mostruose” dei
mostri cinematografici di un tempo, donandogli però un animo
purissimo ed innocente che dovrà, ancora una volta, fare i conti
con una società pronta a fagocitarlo e a corromperlo; alla
pellicola partecipa Vincent Price, leggendario
interprete di molti classici dell’horror, nel ruolo di uno
scienziato.
Per Tim
Burton è un sogno che si avvera: avrà infatti l’occasione
di lavorare con uno dei suoi miti di sempre. Il film rappresenta,
inoltre, la prima collaborazione con Johnny Depp (qui totalmente calato nella parte
del protagonista), dando vita ad un sodalizio tra i due proficuo ed
inossidabile.
Due anni dopo esce
“Batman il ritorno”, che però
non ottiene lo stesso successo del primo capitolo: il film è però
un capolavoro, di gran lunga più cupo del predecessore, con
Danny De Vito nei panni del Pinguino e
Michelle Pfeiffer in quelli di
Catwoman, mentre Michael Keaton è di
nuovo l’uomo pipistrello; trattando questi tre personaggi
principali come fossero creature animalesche solitarie e deviate,
Burton mette in relazione le ossessioni di ciascuno di essi, dando
vita ad un trio di “freaks” che, psicologicamente,
necessitano l’uno dell’altro per completare se stessi, il tutto
nella cornice di un impianto visivo onirico e distorto. Recuperando
una vecchia storia scritta ai tempi in cui lavorava alla Disney e
avvalendosi della collaborazione dell’amico e regista Henry Selick,
Tim Burton realizza “The
Nightmare before Christmas”, gioiello in stop
motion che segue le vicende della città di Halloween il cui
personaggio più popolare, Jack Skellington, stanco della solita
festa di paura da riproporre anno dopo anno, scopre che nella città
del natale le celebrazioni hanno tutt’altra atmosfera e deciderà
quindi di appropiarsene, con risultati disastrosi; il film è oggi
divenuto un classico senza tempo, una gemma di ritmo e humor
macabro, popolato da personaggi memorabili e impreziosito da una
colonna sonora straordinaria, che ci cala in un mondo dove, ancora
una volta, tutto viene visto attraverso gli occhi dei diversi, dei
rinnegati, dei perdenti.
Nel 1994 Tim
Burton omaggerà quello che oggi viene considerato come il
“peggio regista di tutti i tempi”, ovvero Edward D. Wood
Junior, autore, nella Hollywood degli anni ’50, di pellicole a
bassissimo budget particolarmente brutte, ma dotate di una certa
genuinità comica che permetterà al suo creatore di divenire un
personaggio di culto; Burton, decidendo di girare in bianco e nero,
crea un film che ripercorre le disavventure cinematografiche di
Ed Wood
(interpretato da Johnny Depp) e della sua sgangheratissima
troupe, in una pellicola che è un atto d’amore verso tutto quel
cinema di “bassa lega” che tanto Burton aveva amato da bambino.
Seguono “Mars Attack” (1996) e
“Il mistero di Sleepy
Hollow” (1999): il primo è un chiaro omaggio
alla fantascienza anni ’50 tanto cara al regista, un film di cui Ed
Wood stesso sarebbe stato fiero, dichiaratamente comico, demenziale
ed irriverente, che si prende gioco di tutti i tòpoi del
genere, con il chiaro intento di divertire (da ricordare che le
fattezze degli alieni del film sono ispirate ad una serie di
figurine pubblicate nel 1962).
Il secondo, tratto dal classico
della letteratura statunitense di Washington Irving incentrato
sulla figura del cavaliere senza testa, è un horror splendidamente
realizzato e debitore delle atmosfere dei classici della Universal
anni ’30, di cui riprende anche i toni talvolta ironici,
mescolandoli abilmente a quelli spaventosi; la fotografia
estremamente desaturata dona alla pellicola un’aria sfuggente, come
fossimo sospesi in un incubo fatto di sangue e teste mozzate, in
cui Burton dà libero sfogo a tutto quell’immaginario gotico
accumulato durante gli anni. Segue il remake de “Il
pianeta delle scimmie” , un film su commissione che
si rivelerà essere anche uno dei meno riusciti di Tim
Burton, che darà vita ad una pellicola poco ispirata anche
se estremamente curata tecnicamente, verso la quale però dimostrerà
sin da subito scarso interesse, anche a causa di una produzione
invadente e non così disposta a garantirgli libertà di scelte
artistiche.
Con “Big
Fish” (2003), torna in territori a lui più congeniali,
adattando il romanzo di Daniel Wallace incentrato sulla storia di
un figlio che tenta di fare chiarezza sulla vita del padre,
instancabile narratore di storie fin troppo fantasiose e assurde
riguardanti varie vicende della sua esistenza; Burton firma il suo
film più “solare”, non rinunciando al suo solito tratto fiabesco e
surreale quando si tratta di tradurre in immagini le fantasie dei
personaggi. Complice forse anche la scomparsa del padre del
regista, avvenuta poco prima l’inizio della lavorazione, Big Fish è
sentito, toccante e malinconico nell’esplorare il rapporto
conflittuale del protagonista con suo padre, un rapporto
sicuramente non così diverso da quello che c’era tra Burton e suo
padre, verso il quale si è sempre sentito, per sua stessa
ammissione, umanamente “distante”. Due anni dopo adatta il celebre
racconto “La fabbrica di cioccolato” di
Roald Dahl, traendone un film profondamente diverso da quello
realizzato negli anni settanta con Gene Wilder nel
ruolo del cioccolatiere Willy Wonka; Tim Burton
segue fedelmente il libro, piegandolo però totalmente al suo stile
sia dal punto di vista visivo (ottenendo risultati portentosi) che
da quello narrativo, aggiungendo variazioni in linea con le sue
ossessioni: quello che era un classico racconto di formazione,
nelle sue mani diviene anche un viaggio all’interno del mondo di un
cioccolatiere stralunato e malinconico, che ha fatto della sua
fabbrica la sua prigione per fuggire il mondo esterno. Nel ruolo di
Willy Wonka, un Johnny Depp superlativo e in grado di
cogliere ogni sfumatura del personaggio. Sempre del 2005 è
“La
sposa Cadavere” , altro film in stop motion
che ci presenta uno spassosissimo confronto tra il mondo dei vivi
(deprimente e grigio) e quello dei morti (festoso e coloratissimo)
quando il giovane Victor si ritrova sposato, per un grossolano
errore, con il cadavere di una dolce fanciulla. Si cimenta poi con
il musical “Sweeney Todd: il diabolico barbiere di
Fleet Street” (2007), adattando il leggendario spettacolo
teatrale di Broadway firmato da Stephen Sondheim, un musical
atipico che parla di vendetta, cannibalismo ed omicidi, con
personaggi sempre in bilico tra il comico ed il terrificante.
Ne esce uno dei film più disillusi
e violenti del regista, che sembra rinunciare in parte alla sua
solita dimensione da “sogno” per gettarsi nella cruda realtà di una
storia torbida e disperata, sfruttando i geniali testi delle
canzoni per condire il tutto con il solito umorismo, stavolta più
nero del solito.
Tim burton torna in Disney per Alice nel paese delle
meraviglie
Tornerà poi a lavorare su
commissione per la Disney con una nuova versione di
“Alice
nel paese delle meraviglie” , traendo spunto
anche dal successivo romanzo di Lewis Carroll
“Attraverso lo specchio” e fondendone insieme gli elementi: il
risultato è un clamoroso successo di botteghino, a discapito però
dell’integrità artistica in quanto, pur essendo un prodotto di
intrattenimento visivamente d’impatto, cede spesso il passo ad
esigenze commerciali strettamente legate alla casa di produzione;
gli elementi burtoniani non mancano, ma sono stavolta riconoscibili
solo da chi abbia seguito questo regista da sempre, rendendo il
film un strano mix di ottimi spunti ma anche di scontatezza, non
aiutato da un 3D pessimo che ne svalorizza il pregevolissimo
impianto visivo. Il 2012 sarà invece l’anno di “Dark
Shadows”, una horror/comedy tratta da una
famosa soap opera degli anni ’60 caratterizzata da vampiri,
licantropi e fantasmi e di una nuova versione in stop motion di
“Frankweenie”, entrambi ancora in lavorazione e
attesissimi.
Aprirà a fine mese nell’East Village
a Manhattan il locale ispirato ai film più iconici e dark del
regista visionario Tim Burton:
Beetlejuice, Edward Mani di Forbici, La Fabbrica di
Cioccolato, Nightmare before Christmas e tanti
altri.
Il bar si chiama Beetle House, un
omaggio a Beetlejuice, lo spiritello
porcello del 1988.
Come si legge su sito del locale, il menù delle
pietanze e dei drink si basa su citazioni e giochi di parole dei
titoli burtoniani.
Sarà possibile gustare un piatto di
uova alla Skellington (Nightmare before
Christmas), Veniamo in pace (Mars
Attack), un Big Fish, una barretta di cioccolato
Wonka (La Fabbrica di Cioccolato) o
sorseggiare un Beetlejuice, una tazza di té di Alice
(Alice in Wonderland), un Chocolate
factory martini, un Fleet Street martini (Sweeney
Todd) o un Cavaliere senza testa (La
leggenda di Sleepy Hollow).
I proprietari del Beetle
House non sono nuovi ad aprire locali a tema. L’anno
scorso hanno inaugurato lo Stay Classy, un bar che rende omaggio
all’attore comico Will Ferrell.
Padre di alcune delle fiabe più
gotiche viste al cinema negli ultimi decenni, il regista
Tim Burton si è col tempo costruito una fama
ineguagliabile grazie ai suoi film immediatamente riconoscibili per
stile e tematiche. Oggi considerato un regista pop, Burton da
sempre segue una propria personale visione del mondo e delle figure
che lo abitando, concentrandosi però su quei personaggi spesso da
altri dimenticati.
A farla da padrone nelle sue storie
cupe e stravaganti, è infatti la figura dell’emarginato, il quale
diventa un antieroe destinato a rivoluzionare sé stesso e il mondo
che lo circonda. Burton ha saputo declinare tale archetipo nei modi
più originali e personali, e passando dal horror alla commedia, dal
film d’animazione in stop-motion al cinecomic, ha dato vita ad
opere oggi parte dell’immaginario collettivo.
2. Ha diretto due film
d’animazione. Da sempre grande appassionato di animazione,
Burton, che all’inizio della sua carriera lavorò anche nel reparto
animazione della Disney, ha nel corso degli anni realizzato due
lungometraggi con la tecnica della stop-motion. Si tratta di
La sposa
cadavere (2005) e Frankenweenie (2012). Entrambe
le pellicole furono nominate al premio Oscar per il miglior film
d’animazione, senza però riportare la vittoria. Burton è anche il
produttore del film
Nightmare Before Christmas (1993), il quale è basato su
personaggi di sua ideazione.
3. È stato l’animatore di
noti film. È noto che Burton iniziò la propria carriera
come animatore presso la Disney, grazie ad una borsa di studio
vinta. Qui il futuro regista si trovò a dover realizzare i disegni
per progetti come Red e Toby – Nemiciamici. Tale attività,
tuttavia, fu da lui giudicata particolarmente insoddisfacente,
andando in contrasto con le sue idee creative. Negli anni, però,
Burton partecipò all’animazione di diversi film di particolare
successo come Il Signore degli Anelli (1978),
Tron (1982), Taron e la pentola magica (1985) e
la serie Qua la zampa, Doggie (1987).
Una scena dal Batman di Tim Burton.
I disegni di Tim Burton
4. I suoi disegni sono
estremamente riconoscibili. Pur smettendo di lavorare in
modo ufficiale come semplice animatore, Burton ha sempre
continuato a realizzare degli schizzi per i personaggi dei suoi
film, immaginandone aspetto e abbigliamento. Molti di questi
disegni, particolarmente riconoscibili per il loro look dark, sono
in più occasioni confluiti in opere che raccolgono l’attività di
disegnatore di Burton. Molte delle illustrazioni da lui realizzate
vengono infatti utilizzate come base di partenza per i suoi
progetti.
Tim Burton alla regia di
Batman
5. Non apprezzò totalmente
il film. Quando nel 1989 Burton diresse Batman, dedicato al celebre supereroe,
divenne uno dei registi più famosi del momento. Benché il film
venne particolarmente apprezzato da critica e pubblico, Burton si
dichiarò non particolarmente entusiasta del prodotto in sé,
apprezzandone però alcune parti. Secondo la sua opinione, infatti,
il progetto era finito con il diventare più un fenomeno culturale
che non un film ben riuscito. Con il passare del tempo, tuttavia,
il suo giudizio nei confronti di questo divenne più favorevole.
6. Voleva una versione più
dark del supereroe. Nell’accettare di dirigere
Batman, Burton rese ben chiaro che avrebbe
realizzato una versione della storia del supereroe in linea con la
sua sensibilità artistica e con l’atmosfera a lui cara. Per lui era
infatti importante far capire che non si trattava di un film
ispirato alla colorata serie degli anni Sessanta. Per rendere
chiaro ciò, si avvalse dei titoli di testa, da lui da sempre
considerati importanti per settare il mood del progetto. Attraverso
questi, poté così informare gli spettatori che stavano per
assistere ad una storia molto più cupa di quello che avrebbero
potuto aspettarsi.
Tim Burton torna al cinema con
Beetlejuice Beetlejuice
7. Lo considera il suo
“ritorno alle origini”. Dopo una serie di film non
propriamente apprezzati dalla critica e dal pubblico, che
sembravano aver allontanato il regista dal suo modo classico di
concepire i film, Beetlejuice Beetlejuice offre ciò che era
mancato a questi ultimi progetti, ovvero non solo l’immaginario
burtoniano ma anche un preciso modo di raccontare per immagini.
Burton ha raccontato: “Ho provato a spogliarmi di tutto e a
tornare alle basi del lavoro con brave persone, attori e burattini.
È stato un po’ come tornare al motivo per cui mi piaceva fare
film”.
8. Ha avuto una relazione
con una nota attrice. Nel 2001, grazie al set di Il pianeta delle scimmie, il regista ha modo di
conoscere e stringere un legame con l’attrice Helena Bonham
Carter. I due, diventati una coppia, lavoreranno
insieme in numerosi altri film, come
Big Fish,
La fabbrica di cioccolato,
Sweeney Todd,
Alice in Wonderland e Dark Shadows. I due hanno anche avuto dei figli, nati
rispettivamente nel 2003 e nel 2007. Negli anni non è mai stato
effettivamente chiarito se i due fossero o meno sposati, e ciò non
è stato rivelato neanche quando, nel 2014, hanno annunciato di
essersi separati rimanendo in buoni rapporti.
Tim Burton e Monica Bellucci
9. Ha una relazione con
l’attrice italiana. Dopo Helena Bonham
Carter, inizialmente si pensava che Burton avesse una
relazione con l’attrice Eva Green, con la quale ha girato tre film, ma
la cosa non ha mai trovato riscontro. Di certo c’è che dal 2023
Burton ha una relazione con l’attrice italiana Monica Bellucci. I due si sono già mostrati
insieme a diversi eventi, come Festa del Cinema di Roma, all’evento
dedicato al regista al Museo del Cinema di Torino e sul red carpet
della Mostra del Cinema di Venezia.
L’età e altezza di Tim Burton
10. Tim Burton è nato a
Burbank, in California, Stati Uniti, il 25 agosto del
1958. Il regista è alto complessivamente 180
centimetri.
Non c’è dubbio che Tim
Burton, la con sua versione di
Batman targata 1989, abbia spianato la
strada a tutti i moderni film con protagonisti i supereroi. Eppure,
il regista di Alice in Wonderland sembra non aver chiuso
definitivamente con quel “tipo” di universo.
In una recente intervista con
Yahoo!, infatti, Burton ha rivelato di voler dirigere ancora un
altro film incentrato sulla figura di un supereroe, lasciandosi
andare – vista la natura della conversazione – anche ad un commento
non proprio entusiasta sulla Marvel e sull’invasione dei
cinefumetti:
“La Marvel? Cosa dire… Hanno il
loro universo, hanno la loro “formula”, grazie alla quale tutto
sembra che funzioni alla perfezione. Ma per quanto tempo le cose
possono andare avanti così? Per quanto tempo ancora il pubblico
avrà voglia di vedere i supereroi sul grande schermo? Forse ci
vorrebbero supereroi più felici… Per quanto mi riguarda, mi
piacerebbe dirigere un altro film incentrato su un supereroe, ma
onestamente non lo so. Ne abbiamo davvero bisogno? Le persone si
stancheranno prima o poi”.
L’attrice Allison
Janney va ad arricchire il già notevole cast del prossimo
film di Tim Burton, La Casa per
bambini speciali di Miss Peregrine, tratto dal
romanzo Miss Peregrine’s Home For Peculiar Children di
Ransom Riggs.
La storia segue le
vicende del sedicenne Jacob (Asa Butterfield),
cresciuto dal nonno con i racconti incentrati sulla “Casa dei
bambini speciali di Miss Peregrine” e sui suoi eccentrici ospiti.
Quando il nonno muore lasciando un misterioso messaggio al nipote,
Jacob intraprende il viaggio verso una strana isola al largo delle
coste del Galles, dove scoprirà che la casa esiste ancora, abitata
da creature speciali che non l’hanno mai abbandonata; creature che
però si trovano a essere minacciate da forze oscure.
Asa Butterfield è
il protagonista, Eva Green interpreta Miss
Peregrine, mentre Samuel L. Jackson è Barron. Ella
Purnell incarna Emma, una ragazza della Casa che ha il potere di
controllare il fuoco. Allison Janney, che
avrà un ruolo anche nel doppiaggio originale de I
Minions, sarà la psichiatra del giovane
protagonista.
“Quando ho letto il titolo ho
sentito una connessione, soprattutto con il protagonista, ho
sentito il suo quieto sentirsi strano e fuori posto, è una cosa con
la quale mi sono identificato immediatamente.”Tim
Burton, genio bizzarro e visionario, si considera lui
stesso un “bambino speciale”, una persona peculiare che ha trovato
immediatamente la connessione con il romanzo di Ramson
Riggs, Miss Peregrine La casa dei bambini
speciali, su cui è basato il suo ultimo film, distribuito
dalla 20th Century
Fox in oltre 300 copia, dal 15 dicembre nelle nostre sale.
Foto di Fabio Angeloni
Da dove nasce la connessione
con il romanzo di Ransom
Riggs?
Innanzitutto il titolo, bambini
speciali, bambini peculiari (in originale Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children,
ndr). Mi ricordava la mia infanzia, già il titolo mi comunicava
qualcosa. Poi anche il modo in cui lui ha organizzato, messo
insieme gli ingredienti della storia, partendo dalle vecchie foto.
Io faccio collezione di vecchie foto e una vecchia foto racconta
una storia, ma non te la racconta tutta, la vecchia foto conserva
quella parte di mistero e poesia, dei fantasmi, qualcosa di
potente, efficace e quindi mi è piaciuto il modo in cui ha messo
insieme la storia. Non avevo mai sentito parlare del libro, ma il
titolo mi ha catturato, io stesso avevo già realizzato qualcosa di
simile, anche se non proprio la stessa cosa.
Pensando alla diversità come
è mostrata nel film, qualcosa da difendere con orgoglio da chi non
la capisce e quindi la teme, si pensa a lei come a un bambino
speciale. Ha a vuto anche lei una protezione, un’ispirazione a
essere speciale?
Sono cresciuto in una cultura
che ama dividere le persone per categorie. Io ho avuto una nonna
che sosteneva e appoggiava le mie peculiarità. Ho avuto un solo
insegnante d’arte che mi incoraggiava a essere me stesso. Sono
stato fortunato, ti bastano un paio di persone che riescono a
vedere le tue specialità, che ti incoraggiano e che ti consentono
di farle fiorire.
Tim Burton e Danny Elfman:
una coppia scoppiata… per ora
In Miss Peregrine, come
Sweeney Todd e Ed Wood, non si replica la collaborazione di Tim
Burton con Danny Elfman alle musiche, come mai?
Fondamentalmente quando ho fatto
Ed Wood era impegnato su altro oppure avevamo litigato. Noi siamo
come una coppia c he si lascia, poi si riprende. Per Sweeney Todd
chiaramente la muscihe erano dall’opera di Stephen Sondheim. Anche
in questo caso lui era impegnato, ma è uno dei miei più vecchi
collaboratori, torneremo sicuramente a lavorare insieme. Diciamo
che aveva bisogno di prendersi una vacanza da me. Sapete, i
musicisti sono molto drammatici (ride).
Cosa preferisce tra stop
motion e CGI e quando decide di usare l’una o l’altra?
Adoro la stop motion, ha la
caratteristica dell’essere concreta, gli stessi burattini sono
delle opere d’arte. Ma gli stessi computer sono speciali, si
riescono a fare delle cose sorprendenti. Per esempio in questo
film, la lotta tra le due bambole è realizzata in stop motion, ma
dipende dal tempo che hai e richiede un sacco di tempo. La scelta
spesso è dettata da esigenze di tempo. Per quanto riguarda il
cinema che faccio io, uso la CGI come uno strumento per ottenere un
risultato. Cerco di mantenere la storia più radicata a terra
possibile.
Il finale del libro è aperto
mentre il film ha una struttura autoconclusiva. Non vuole
cimentarsi in una saga o è una scelta personale?
A volte ci sono queste storie
che si chiudono con una promessa di una nuova avventura, con Miss
Peregrine che guarda i bambini che si allontanano. Forse per me è
stato il modo migliore, perché il libro è basato sulle foto che ti
dicono qualcosa ma non tutto e così doveva essere il film, un
completamento del racconto. Le immagini in movimento mi sono
servite per catturare questo spirito, questo qualcosa che non è
invecchiato nelle foto, un’idea, qualcosa che non si definisce
bene. È stata una scelta emotiva non intellettuale.
Tim Burton sceglie di nuovo
Eva Green
Foto di Fabio Angeloni
La Miss Peregrine del
romanzo è molto più anziana di Eva Green, come mai ha scelto lei
per la parte?
Per me è stata la prima scelta,
è come un’attrice del cinema muto. Ho utilizzato il libro come
ispirazione e io personalmente vorrei una direttrice come lei, è
stata una scelta immediata, perché ha tutte le caratteristiche che
per me Miss P. Dovrebbe avere: forte, divertente, drammatica e
infine è credibile come persone che si trasforma in un uccello, il
che almeno per me vale. Secondo me Eva Green e come una star di
film muti perché trasmette tutto senza parlare. Nei primi anni di
scuola avevo una insegnante bellissima e divertente, e tutti i
ragazzini la ascoltavano, cosa che non facevano mica con gli altri
insegnanti.
Nel cinema contemporaneo chi
vede come suo erede visionario?
Pensare che ci sia qualcuno come
me mi manda fuori di testa. Non so nemmeno come sono io, non riesco
ad immaginare qualcuno come me. Comunque sicuramente ci sono
persone visionarie la fuori, perché le cose sono talmente tanto
cambiate che tutto è possibile. Il mondo di fare cinema è cambiato,
il modo di fare qualsiasi cosa è cambiato, per cui tutto è
possibile.
Sono questi i nuovi
supereroi di Tim Burton?
Ha lavorato molti anni fa
con i supereroi, con Batman e con Superman (anche se il film poi
non è stato realizzato). Questi bambini con i poteri sono un po’
degli eroi?
Quando è uscito Batman si
trattava di un territorio nuovo e inesplorato. Adesso c’è un film
di supereroi a settimana. Quello che mi piace di questi bambini e
che hanno le loro peculiarità e i poteri, ma fondamentalmente
sono bambini. Magari si sentono strani, e lo sono, ma in pratica si
comportano come qualsiasi altro bambino con le loro emozioni e le
loro paure.
In un mondo dove il digitale
sta inghiottendo tutto, che fine fanno le fiabe di carte di cui
parla anche questo film?
Non lo so, questo è il tipo di
film che mi continuano a interessare. È questo il motivo per cui mi
sono sentito attirato dalla storia. Questo tipo di storia e quello
che mi piace raccontare. Per me è ancora importante la poesia e
continuerò a fare film come questi.
Tim Burton, lei ha detto di
essere stato un bambino molto particolare. Per lei è più difficile
adesso tirare fuori lo speciale dai bambini?
Sono d’accordo. Oggi è più
difficile essere speciali. Chiunque può dire che altri sono strani,
c’è un bullismo senza nome e senza faccia. Lo trovo molto
disturbante. Anche per me è così, oggi vai a un concerto ma mentre
ti godi la musica tutti stanno a riprendere quella stessa mucsica
con un telefono. Tutti viviamo le cose mutuate attraverso un
dispositivo. I ragazzini giudicano il loro valore attraverso il
numero di like che ricevono in rete. Io lo trovo triste e
allarmante.
Tim Burton è al lavoro. Sono
infatti in corso le riprese di Big Eyes,
nuovo lavoro del regista di Burbank, distribuito dalla
Lucky Red. Da tempo sappiamo anche che sarà
Amy Adams ad interpretare il
personaggio di Keane e che nel cast sarà presente anche Christoph Waltz. Ecco le prime
immagini dei tre al lavoro sul set:
Ricordiamo ancora una volta che ad
interpretare Keane sarà l’attrice Amy Adams (che presto sarà al
cinema nei panni diLoise Laine in L’Uomo
d’Acciaio di Zack Snyder). Keane è nota per
essere una pittrice le cui creazioni si distinguono per la
rappresentazione di bambini dagli occhi grandi che sono diventati
il primo esempio di successo di massa nel mercato dell’Arte del
1950. Il film racconterà la vista dell’artista dal momento della
comparsa del movimento femminista che la porta ad affrontare una
dura causa con contro il marito, che avrà il volto di Christoph Waltz e che ha
sostenuto e finanziato la sua carriera di pittrice. Il ruolo
di Danny Huston, invece
sarà quello di un giornalista di pettegolezzi, ed è attualmente la
stelle della serie televisiva “Magic City”. Inoltre, la pellicola è
stata recentemente acquistata durante il Festival di
Cannes 2013 da Lucky
Red che lo distribuirà per in Italia.
Big
Eyes si baserà su una sceneggiatura scritta
da Alexander e Larry
Karaszewski, coppia di scrittori che ha già lavorato
con Tim
Burton in Ed
Wood.
Quando Batman uscì
nel 1989, cambiò le regole del gioco per i supereroi al cinema.
Tuttavia per avendo cambiato il paradigma, fu anche un film unico e
che avrebbe potuto essere realizzato solo da un regista come
Tim Burton.
Parlando con Variety dell’imminente uscita di
Beetlejuice Beetlejuice, Burton
ha riflettuto sulla realizzazione di Batman e su
come la percezione del genere dei film sui fumetti all’epoca lo
abbia liberato dalla pressione o dall’interferenza degli studi.
“Sono stato fortunato perché a
quel tempo la parola ‘franchise’ non esisteva”, ha detto il
regista. “Quindi ‘Batman’ sembrava leggermente sperimentale
all’epoca. Si discostava da quella che poteva essere la percezione
[di un film di supereroi]. Quindi non abbiamo sentito quel tipo di
feedback da parte degli studi e, essendo prodotto in Inghilterra,
era ancora più lontano da quell’idea”.
“Dobbiamo davvero concentrarci
sul film e non pensare a quelle cose a cui ora pensano anche prima
di farlo”, ha continuato Burton. “Non ho mai avuto la
sensazione di usare male i fondi aziendali con gli studi, se
capisci cosa intendo. Ma mi è sembrato anche un po’ puro perché non
ero un vero regista, quindi ho fatto solo cose che sentivo mi
appartenessero. Sembrava che fosse per questo che mi
volevano”. Dopo l’enorme successo di Batman,
a Burton è stata concessa ancora più libertà con Batman
Returns del 1992… finché non è più accaduto.
“Non ero molto interessato a
fare un sequel, ma mi piacevano Penguin e Catwoman, quindi mi sono
sentito rienergizzato da tutta la faccenda”, ha spiegato.
“Ed è stato allora che abbiamo iniziato a sentire la parola
franchise e dove lo studio ha iniziato a dire, ‘Cos’è quella roba
nera che esce dalla bocca del Pinguino?’ È stata la prima volta che
il vento freddo di quel genere di cose mi ha travolto”.
L’interferenza dello studio ha avuto
un ruolo nel motivo per cui il suo Superman Lives
con Nicolas Cage non si è mai concretizzato.
Ammettendo che è “abbastanza traumatico” lavorare a un film che non
si realizza, Tim Burton ha aggiunto: “Cerco
solo di concentrarmi sulle cose che mi stanno a cuore e di
liberarmi di tutto il rumore che le circonda”. Dopo il suo
ritorno per realizzare un sequel di Beetlejuice, è stato chiesto a
Burton se avrebbe affrontato un altro progetto sui supereroi.
“Al momento, direi di no”, ha confermato. “Come ho
detto, affronto le cose da diversi punti di vista, quindi non direi
mai di no a niente. Ma, al momento, non è qualcosa che mi
interesserebbe”.
Tutto quello che sappiamo su
Beetlejuice Beetlejuice
Il
visionario filmmaker Tim Burton e l’attore candidato all’Oscar
Michael Keaton tornano a fare squadra per
Beetlejuice
Beetlejuice. Keaton torna nel suo ruolo iconico
accanto alla candidata all’Oscar Winona Ryder (Stranger Things, Piccole
donne) nel ruolo di Lydia Deetz, e alla vincitrice di due Emmy
Catherine O’Hara (Schitt’s
Creek, La sposa cadavere) nel ruolo di Delia Deetz. Si
aggiungono al cast le new entry Justin Theroux (Star
Wars: Episodio VIII – Gli ultimi Jedi, The Leftovers),
Monica Bellucci (Spectre, i film di
Matrix), Arthur Conti (House of the
Dragon) al suo debutto in un lungometraggio, la candidata agli
Emmy
Jenna Ortega (Mercoledì, Scream VI) nel ruolo
della figlia di Lydia, Astrid, e il candidato all’Oscar Willem Dafoe (Povere Creature!, Van Gogh –
Sulla soglia dell’eternità).
L’attore Paul Reubens, protagonista
del primo film di Tim Burton Pee Wee’s Big Adventure recentemente
intervistato ha risposto ad una domanda su un possibile sequel di
questo titolo ha risposto …
.. che difficilmente succederà in
tempi brevi, poiché Burton prima girerà Dark Shadows con Johnny
Depp e poi il sequel di Nightmare Before Christmas.Ricordiamo che
l’originale era stato diretto da Henry Selick, autore
successivamente anche di Coraline sempre in stop-motion.