Nella pittoresca cornice di
Bellaria, nell’ambito del
Bellaria Film Festival arrivato alla 41esima
edizione, è stato presentato Billy,
opera prima di Emilia Mazzacurati. Per
l’occasione, abbiamo intervistato Matteo Oscar
Giuggioli (Vostro
Onore,
Sotto il sole di Riccione), protagonista del film (in
arrivo il 1 giugno).
Si sta concludendo il
Bellaria Film Festival, e Billy, esordio alla regia di Emilia
Mazzacurati in cui sei protagonista, chiuderà questa quarantunesima
edizione. Che emozione provi?
È la prima volta per me. Nonostante
abbia lavorato tanto, questo è il progetto a cui mi sento legato
maggiormente, che ho sentito mio, su cui ho pensato di più. E
quindi è bellissimo.
Nel film interpreti un ex
bambino prodigio, che all’età di 19 anni si trova in una sorta di
crisi, accentuata da una situazione familiare non semplice. Ha
perso il padre, cerca di tenere a bada i suoi attacchi di panico e
si trova costretto a fare da genitore a una madre un po’ svampita.
Come ti sei preparato al personaggio e quali sfide hai incontrato
durante la sua realizzazione?
Ho dovuto capire l’aria del film, la
cupola sotto cui veniva raccontato, ed è stata la parte più
difficile perché secondo me è un film che ha una visione molto
singolare, precisa. Billy ha tante cose in comune con Emilia
(Mazzacurati ndr) quindi le sono stato molto vicino, abbiamo
passato molto tempo insieme. Abbiamo fatto moltissime prove, ho
fatto su e giù tantissime volte, Milano, Padova, Roma e penso che
la chiave fosse proprio Emilia. Quindi sì, mi sono preparato
standole accanto e capendola.
Tu sei giovanissimo e, come
un po’ tutti noi, vivi in un momento storico in cui molte cose
stanno cambiando, evolvendo, seppur all’orizzonte non ci siano
tante certezze. Che è un po’ quello che capita nel film sia a Billy
che a tutti i suoi comprimari. A te il cambiamento spaventa oppure
lo abbracci con serenità?
Lo abbraccio. Con serenità non lo
so. Il cambiamento è anche novità. Se non ci fosse, sarebbe tutto
un po’ noioso. Poi io sono una persona molto curiosa, quindi cerco
di guardarmi sempre un po’ in giro e vedere cosa c’è intorno. Il
cambiamento è un’incognita, però è da prendere perché la vita è
fatta di cambiamenti. Le persone arrivano, vanno via, vivono,
muoiono, nascono e bisogna accoglierlo al meglio.
Essere giovani non è per
niente facile. È il periodo di vita in cui ci si sente più
vulnerabili e in cui non sempre si ha la consapevolezza dei propri
desideri. Quello che accade anche al tuo Billy… tu hai vissuto un
momento del genere, in cui ti trovavi in un limbo?
Certo. È dovuto all’età,
all’esplorazione, quindi sì, spesso. Però il non essere in
equilibrio aiuta a capire come esserlo, perciò viva i momenti di
disequilibrio!
Una bellissima frase. La
regista ha detto: il primo passo per essere felici è cercare di
fare pace con se stessi e con quegli aspetti di noi che esistono al
cambiamento che vorremmo. Cosa ne pensi? C’è qualcosa di te che hai
dovuto accettare e basta?
Guarda, giusto qualche settimana fa
ho chiesto alla psicologa cosa bisognerebbe accettare di noi stessi
e cosa dovremmo invece cambiare. Dire di essere “fatti così” va
bene, però può essere spesso un alibi oppure è semplicemente
l’accettazione di quello che siamo, ma quando è giusto rimanere
quello che siamo e dove è invece giusto cambiare? E lei mi ha
detto: finché quella parte di te stesso non fa male a te o agli
altri. Solo allora vale la pena cambiare.
Ed ha assolutamente ragione.
Ma invece di te cosa ci racconti? Come mai hai scelto di diventare
attore? Quando è scoccata la scintilla che ti ha fatto dire: questa
è la strada che voglio percorrere.
Non c’è stato un momento in cui ho
detto di voler diventare attore, c’è stato però un momento in cui
ho detto: voglio recitare. Ho scoperto la recitazione in un corso
extrascolastico di teatro. Ho sempre sentito dentro delle cose che
esigevano di essere espresse e non avevo trovato, prima di allora,
il mezzo per farle uscire fuori e in realtà la recitazione mi ha
dato proprio la lingua per comunicare.
Tra l’altro il tuo primo
vero palcoscenico, prima di approdare davanti la macchina da presa,
è stato proprio il teatro, dove hai preso parte a diverse opere.
Cosa ti porti da questa esperienza?
Ma, se devo essere sincero, ogni
volta che ho tempo scappo sempre a teatro. È una terapia. Io,
proprio come indole, ho bisogno di sudare. Di scaricarmi molto
perché sono iperattivo. Poi a me piace molto abbracciare e il
teatro è proprio questo, la libertà del corpo. Quando torno dalle
riprese vado sempre lì, perché fra i due è quello che mi fa stare
meglio. Ne sento l’esigenza.
E a proposito di
palcoscenico, teatro e cinema hanno due impostazioni diverse, anche
a livello di recitazione. Hai trovato delle difficoltà al passaggio
dall’uno all’altro?
Mi è venuto tutto in maniera
spontanea. Non ho mai avuto un’impostazione teatrale rigida e dura
che poi al cinema potesse dare fastidio. A teatro ho dovuto
incanalare poi sempre tantissima energia, quindi al cambio non ho
percepito nessuna fatica.
E allora torniamo al cinema.
Quali sono i personaggi fin’ora interpretati in cui ti sei
rispecchiato maggiormente?
Quasi sempre qualcuno rappresenta
una parte di me. Billy per esempio ha tanti lati del carattere che
sono simili al mio, altri invece non lo sono. Abbiamo in comune il
timore di andar via, di allontanarsi dagli affetti, ma su altre
cose siamo all’opposto. Ad ogni modo Billy è quello che mi
rispecchia di più, e che mi fa piacere mi rispecchi di più.