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Scommessa con la morte: la spiegazione del finale del film

Scommessa con la morte (The Dead Pool, 1988) rappresenta il quinto e ultimo capitolo della celebre saga dedicata all’ispettore Harry Callahan, interpretato da Clint Eastwood. Dopo il successo dei precedenti film — da Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! a Coraggio… fatti ammazzare — questo episodio segna la chiusura di un’epoca, portando con sé un tono più riflessivo e ironico. Eastwood riprende il suo iconico ruolo con la consueta freddezza e determinazione, ma anche con una sottile consapevolezza del tempo che passa: Callahan è un uomo che continua a combattere il crimine con i propri metodi, pur sentendo il peso di una carriera costellata da violenza e solitudine.

Rispetto ai capitoli precedenti, Scommessa con la morte introduce elementi di metacinema e critica ai media, ambientando la storia nel mondo dello spettacolo e del giornalismo sensazionalista. La trama ruota attorno a un gioco macabro, una “dead pool” — una lista di celebrità che, secondo una scommessa, moriranno entro l’anno — in cui il nome di Callahan compare per errore. Da semplice poliziotto in lotta contro il male, Harry diventa egli stesso bersaglio, costretto a confrontarsi con la spettacolarizzazione della morte e con l’immagine di eroe mediatico che gli viene cucita addosso.

Il film, diretto da Buddy Van Horn, mescola azione, thriller e una vena di satira sociale, riflettendo sui pericoli dell’ossessione per la fama e sulla manipolazione della verità da parte dei media. Il personaggio di Callahan, pur restando fedele ai suoi principi, appare più umano e disilluso, in bilico tra la giustizia e il cinismo di un mondo in cui tutto diventa intrattenimento. Nel resto dell’articolo, si analizzerà il finale del film, spiegandone il significato e come esso chiuda idealmente la parabola dell’ispettore Callahan.

Scommessa con la morte film

La trama di Scommessa con la morte

L’ispettore Harry Callaghan è ora divenuto una vera e propria celebrità, tanto per i suoi modi poco ortodossi quanto per il suo carattere poco incline all’indulgenza. Grazie alla cattura del boss mafioso Lou Janero, egli finisce su tutte le televisioni, come anche nel mirino di nuovi pericolosi nemici. Come se non bastasse, Callaghan si ritrova nuovamente affiancato ad un partner indesiderato. Si tratta di Al Quan, il quale dovrebbe tenere a bada i violenti modi di fare dell’ispettore. I due si ritrovano da subito a dover collaborare su un caso molto particolare. Un misterioso killer sta infatti seminando il terrore in città uccidendo una serie di personaggi famosi secondo un perverso gioco definito “bingo con il morto”.

Le regole di questo prevedono che a vincere è chi, entro un certo limite di tempo, annovera nella propria lista il maggior numero di morti. L’autore di tale follia viene identificato in Peter Swan, regista di film dell’orrore. Nella sua lista, compare tra gli altri proprio il nome di Callaghan, il quale non è ovviamente lieto di ciò. Per poter riuscire a prevalere, l’ispettore dovrà nuovamente utilizzare tutta la sua astuzia, cercando di prevedere le mosse del rivale. Anticipare queste sarà infatti l’unico modo con cui poter arrivare a lui, fermandolo una volta per tutte. Nel compiere ciò, però, Callaghan dovrà inoltre assicurarsi che nessun altro si faccia male. Un compito stavolta particolarmente complesso.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Scommessa con la morte, la tensione esplode quando il vero colpevole degli omicidi viene finalmente identificato: Harlan Rook, un fan squilibrato convinto che il regista Peter Swan gli abbia rubato le idee. Dopo aver seminato terrore uccidendo personaggi pubblici inclusi nella “dead pool”, Rook prende di mira la giornalista Samantha Walker, attirandola con un finto invito a un’intervista. Fingendosi Swan, la rapisce e la conduce nei suoi studi cinematografici, dove Callahan, intuendo la trappola, si lancia in un’operazione disperata per salvarla, affrontando l’assassino nel suo stesso territorio.

Il confronto finale tra Callahan e Rook si trasforma in una caccia mortale tra le scenografie abbandonate del set, un luogo che diventa simbolicamente un campo di battaglia tra realtà e finzione. Callahan è costretto a consegnare la sua pistola per salvare Samantha, ma con la solita prontezza riesce a ingannare il suo avversario e a condurlo fino a un molo. Qui, in un gesto che richiama il tono ironico e spietato della saga, Callahan uccide Rook sparandogli con un cannone spara-fiocine, impalandolo sul posto. L’ispettore recupera la sua arma e si allontana con Walker, lasciando che la polizia e i media accorrano solo a tragedia compiuta.

Scommessa con la morte cast

Il finale di Scommessa con la morte rappresenta una chiusura perfetta per la figura di Harry Callahan. L’eroe, come nei capitoli precedenti, resta un uomo solo che agisce al di fuori delle regole, ma stavolta lo fa in un mondo dove il confine tra spettacolo e crimine si è ormai dissolto. La morte di Rook, un fan ossessionato dal successo, è il rovescio speculare di quella fama che i media hanno imposto a Callahan. L’ispettore, pur restando fedele ai propri principi, sembra ormai consapevole del paradosso di essere diventato egli stesso parte del sistema che disprezza.

Questo epilogo chiude idealmente la parabola del personaggio, evidenziando la contraddizione tra giustizia personale e giustizia istituzionale. Se negli episodi precedenti Callahan incarnava la legge fatta uomo, qui è più un simbolo della resistenza all’assurdità del mondo moderno, dove anche il crimine si trasforma in spettacolo. La violenza resta la sua unica lingua, ma ora è anche un gesto di liberazione da un sistema che riduce ogni tragedia a contenuto mediatico. La morte di Rook non è solo la fine di un assassino, ma anche il rifiuto del circo della notorietà.

Alla fine, Scommessa con la morte ci lascia con un messaggio amaro ma lucido: la giustizia, in un mondo dominato dall’immagine e dal profitto, è un concetto sempre più fragile. Callahan non è un eroe classico, ma un uomo che continua a combattere nonostante l’inevitabile sconfitta morale del suo tempo. Il film suggerisce che il vero coraggio sta nel mantenere la propria integrità anche quando tutto intorno si svuota di senso, e in questo, l’ispettore Callahan resta una figura senza tempo.

Nunzia De Stefano e Matteo Garrone presentano Malavia alla Festa del Cinema di Roma

Dopo l’esordio visto alla Mostra di Venezia, Nevia, Nunzia De Stefano torna a dirigere un lungometraggio per il cinema, Malavia, presentato nella sezione Freestyle della 20° edizione della Festa del Cinema di Roma.

“Malavia nasce dalla necessità di indagare il mondo dei giovani d’oggi. Anche il fatto che io sia madre, mia ha spinto a affrontare questo tema, anche alla luce del fatto che mio figlio ama la musica rap proprio come il protagonista del film.” ha spiegato Nunzia De Stefano in occasione della conferenza stampa esclusiva organizzata per il film. “Non conoscevo la musica rap e non sapevo dove ambientare il film, fino a che non ho approfondito la scena napoletana, una conoscenza che mi ha aperto molte strade.”

Il racconto di Malavia

SASÀ è uno scugnizzo di tredici anni, della periferia di Napoli. Trascorre le giornate con i suoi due migliori amici, CIRA e NICOLAS, ascoltando musica rap. Cresciuto senza padre, vive da solo con la sua giovane madre RUSÈ. Tra i due c’è un legame molto profondo, che spesso sfocia in una sproporzionata gelosia da parte del figlio. Amante dell’hip hop e dotato di un grande talento musicale, Sasà aspira a diventare un rapper famoso per permettere alla madre una vita migliore.

L’incontro con YODI, noto rapper della old school partenopea, sembra dare slancio al suo sogno e lo porta a comporre il suo primo vero pezzo: un rap dedicato a Rusè. Tuttavia, lo scontro con la realtà cinica del mondo della musica e della strada, costringe Sasà ad abbandonare le proprie aspirazioni. Disilluso, cede alla criminalità pur di aiutare economicamente la madre, ritrovandosi a spacciare nel cortile della scuola. Quando viene scoperto, rischia di perdere tutto. Divorato del senso di colpa, dal dolore provocato a Rusè e dalla possibilità di essere portato in una casa-famiglia, Sasà sprofonda in una forte depressione dalla quale non sembra esserci via di uscita. Soltanto un nuovo incontro con Yodi riesce a far breccia nell’animo del ragazzino, facendogli ritrovare l’entusiasmo perduto con il quale affrontare il futuro, qualunque cosa accadrà.

Foto Credits Gianni Fiorito

“Oggi siamo un po’ distratti nei confronti dei giovani, manca un po’ quella che a Napoli chiamiamo ‘carnalità’ tra un genitore e un figlio. Ed è importante che le nuove generazioni vedano questo film”, sottolinea la regista.

Nunzia De Stefano racconta un ragazzo con una passione

Per il produttore Matteo Garrone, Malavia – scritto da De Stefano con Giorgio Caruso – è un film che racconta “di un ragazzo con una passione e questo è già un grande traguardo perché uno dei problemi delle nuove generazioni è proprio l’apatia. Non so le ragioni, quello che so è che i ragazzi di oggi stanno crescendo in un’era digitale sono completamente diversi da noi, dal nostro mondo, e quindi è complesso riuscire a capirli. I social creano dei modelli che danno delle illusioni e ci sono delle conseguenze che spesso i ragazzi pagano senza avere la consapevolezza”. 

Invitato a commentare i tagli al fondo dedicato alle produzioni dell’audiovisivo in Italia, Matteo Garrone ha risposto: “Spesso vengono fatte delle critiche, anche da persone della politica importanti, rispetto alla difficoltà di certi film di incassare in sala. Ma ciò che non viene detto, e questo lo dico da produttore, è che oggi, rispetto al passato, i film vengono visti in tanti modi. Quindi, se il successo del film dipende dal numero di persone che lo vanno a vedere in sala, facciamo un errore madornale. Questo era vero negli Anni 60 e 70, quando ci andavano otto persone rispetto a una di oggi. Però non c’erano non c’erano altre forme per vedere i film”.

Foto Credits Gianni Fiorito

Povere creature!, la spiegazione del finale del film

Povere creature! (qui la recensione) di Yorgos Lanthimos si conclude con Bella Baxter, interpretata da Emma Stone, che vive alla grande nella tenuta di Godwin (Willem Dafoe) dopo la sua morte. Il film segue Bella nel suo viaggio da creatura alla Frankenstein a donna a tutti gli effetti, mentre impara le vie del mondo attraverso varie esperienze che la cambiano e la aiutano a comprendere le complessità della sua esistenza. Povere creature! conclude la storia di Bella con la sua fuga dalla tenuta di Alfie Blessington (Christopher Abbott) dopo aver cambiato idea sul matrimonio con Max (Ramy Youssef), ma lei è rapidamente infastidita dalle minacce e dai tentativi di Alfie di controllarla.

Sentendosi intrappolata e desiderosa di andarsene, Bella finisce per sparare ad Alfie al piede e portarlo a casa con sé. Con Godwin ormai morto, Bella esegue il suo primo esperimento: scambia il cervello di Alfie con quello di una capra. Alla fine di Povere creature!, Bella ottiene la sua versione di un lieto fine: lei, Max, Felicity (un’altra creazione di Godwin) e Toinette, la sua amica del bordello di Parigi, vivono insieme nella tenuta di Godwin. Duncan non si vede da nessuna parte, ma il finale di Povere creature! vede Bella nella fase successiva del suo viaggio.

La spiegazione dell’esperimento di Godwin e la creazione di Bella

Il dottor Godwin Baxter è uno scienziato su cui suo padre ha fatto degli esperimenti e, sebbene non avesse intenzione di creare qualcuno come Bella, Godwin ha visto un’opportunità che non poteva lasciarsi sfuggire quando ha trovato il corpo quasi senza vita di Victoria sulla riva dopo che lei si era gettata dal ponte. Sperimentare su Bella inserendo la mente infantile del bambino di Victoria nel corpo di una donna adulta era intrigante per Godwin, che ha potuto esaminare da vicino la sua crescita.

Tuttavia, più che creare Bella per motivi scientifici, Godwin era solo e voleva una compagna al suo fianco. Suo padre era sempre stato crudele con lui, e Godwin apprezzava l’affetto che Bella gli dava come figura paterna, arrivando ad amarla come una figlia. La presenza di Bella e la sua propensione all’apprendimento portavano gioia a Godwin e gli davano l’amore che gli era stato negato nella sua vita. Godwin capiva Bella anche perché, in misura minore, non era estraneo alla sperimentazione, ma Bella gli aprì ulteriormente il cuore. Senza di lei, Godwin sarebbe stato senza scopo, concentrato esclusivamente sulla scienza, senza alcun affetto nella sua vita.

Povere Creature! film

Perché Bella ha lasciato Max all’altare per Alfie Blessington

Bella Baxter era infinitamente curiosa. Sebbene sembrasse soddisfatta della sua decisione di sposare Max, non aveva ancora finito di esplorare e imparare. Voleva soprattutto conoscere la verità, soprattutto dopo che le avevano mentito per tutta la vita. Così, quando Alfie Blessington si presentò per fermare il matrimonio, Bella andò con lui per scoprire com’era la vita di Victoria prima di rinascere come “Bella”, poiché Victoria era un pezzo del puzzle che Bella non aveva ancora capito del tutto.

È anche possibile che Bella non fosse del tutto convinta di dover sposare Max, e che questa non fosse la prima volta che lo lasciava per esplorare il mondo e altre relazioni. È anche possibile che Bella sentisse che una vita con Alfie sarebbe stata più interessante, anche se non aveva intenzione di restare per sempre. Bella lascia Max all’altare nonostante abbia accettato di sposarlo e lo lascia per andare con Blessington, ma anche dopo essere fuggita da Alfie, Povere creature! non conferma mai se Bella abbia sposato Max dopo essere tornata a casa o meno.

Il finale del film vede la coppia di buon umore e non sembra esserci alcuna animosità tra loro. Come accennato in precedenza, Bella e Max continuano a vivere la loro vita e a prendersi cura della tenuta insieme, ma non è chiaro se Bella si sposerà mai dopo le sue esperienze con Duncan e Alfie. È possibile che quelle stesse esperienze, insieme alla sua “educazione” con Max sempre vicino a lei, abbiano fatto capire a Bella che lei e Max possono stare insieme senza i vincoli del matrimonio o, semplicemente, che possono essere buoni amici.

Mark Ruffalo Povere creature

Perché Duncan riunisce Bella e Alfie nonostante voglia stare con lei

Duncan e Bella sono scappati insieme e inizialmente vivevano una vita meravigliosa, ma dopo i tentativi di Duncan di controllare Bella, lei ha deciso che lui non andava più bene e lo ha lasciato. Da allora, Duncan viene rifiutato da Bella più volte e non riesce a sopportarlo. Eppure, nonostante tutto, voleva stare con lei, anche solo per continuare a esercitare il suo controllo. Riunendo Bella e Alfie, Duncan non voleva altro che punire Bella per non aver scelto lui.

Duncan sapeva che lei aveva avuto una vita prima di lui come Victoria, e trovare Alfie Blessington per lei era il suo modo di farla soffrire. Duncan sapeva che Blessington non avrebbe trattato bene Bella e avrebbe cercato di controllarla, e gli piaceva l’idea che lei non sarebbe stata felice senza di lui, perché se non poteva avere Bella, allora Duncan avrebbe fatto in modo che fosse infelice. In modo contorto, Duncan stava probabilmente cercando di far capire a Bella quanto fosse felice con lui; lei non lo capiva, ma Duncan pensava solo a se stesso e ai suoi sentimenti feriti.

Il vero significato dietro la scelta di Bella di diventare medico

Verso la fine di Povere creature!, Bella decide di voler diventare medico. Per molto tempo dopo la crociera, e dopo aver visto il peggio dell’umanità e ciò che la vita offre ad alcuni ma non ad altri, Bella ha voluto aiutare il mondo a modo suo. Essere medico le avrebbe permesso di farlo, e avrebbe anche seguito le orme di Godwin e portato avanti il suo lavoro. Bella ha dimostrato di avere un talento per la chirurgia con ciò che ha fatto ad Alfie, ed è probabile che voglia continuare a fare ciò che ritiene giusto. Essere un medico le permetterebbe di aiutare le persone e, forse, di sperimentare di più in futuro, proprio come ha fatto Godwin.

Povere Creature! Emma Stone

Com’era la vita di Bella prima della sua morte e resurrezione?

Prima di essere resuscitata da Godwin, Bella era Victoria Blessington, una donna ricca che si divertiva a compiere atti crudeli insieme ad Alfie nei confronti del suo personale. A differenza di Bella, che desiderava solo esplorare tutto ciò che la vita aveva da offrire, Victoria sembrava accontentarsi di rimanere a casa o frequentare l’alta società. Tuttavia, la gravidanza di Victoria la cambiò: odiava il bambino ed è possibile che iniziasse a sentirsi intrappolata, sia nella maternità che nella sua vita. Poiché queste informazioni provengono da Alfie, non da Victoria, è probabile che ci sia dell’altro, ma la rinascita di Victoria come Bella le ha dato una vita completamente nuova.

Cosa ha detto il regista Yorgos Lanthimos sul lieto fine di Bella in Povere creature!

Povere creature! ha un finale sorprendentemente felice che molti non si aspettavano, date le precedenti opere di Lanthimos, che non sono note per concludersi con una nota ottimistica. Nonostante tutto ciò che accade nel film, tra i percorsi dei personaggi, i loro contesti, le ambientazioni surreali, la musica e altro ancora, è Bella quella che spicca in ogni momento. L’impatto di Bella è stato tale che, secondo Lanthimos e lo sceneggiatore Tony McNamara, ha cambiato il finale. Lanthimos e McNamara hanno detto a Polygon che essere fedeli a Bella significava essere “in definitiva fedeli a un’idea di questo tipo di ottimismo riguardo all’avventura della vita”, ed è questo che ha portato Bella ad avere un lieto fine in Povere creature!.

Invasion – Stagione 3, la spiegazione del finale: dove va Mitsuki?

Creata da Simon Kinberg e David Weil, la serie Invasion di Apple TV+ racconta la storia della perdita e dell’appartenenza attraverso gli occhi di una civiltà che deve affrontare un’invasione aliena. Mentre gli attacchi extraterrestri sfuggono alla comprensione umana, la serie sceglie invece di decifrare la reazione umana altrettanto sconcertante, con diversi filoni di pensiero che affrontano la crisi in modo diverso. I tre protagonisti, Trevante Cole, Mitsuki Yamato e Aneesha Malik, provengono tutti da contesti diversi, ma si ritrovano nella stessa situazione di terrore esistenziale, che li porta a unirsi nella resistenza contro le forze aliene. La terza stagione segue due anni di silenzio, interrotti da una nuova ondata di attacchi, questa volta da parte di entità più avanzate e ambigue. L’episodio finale della stagione, intitolato “The End of the Line”, funge sia da omaggio ai progressi compiuti finora dai personaggi che da sua estensione, con più fronti di battaglia che si uniscono per fare eco al desiderio di sopravvivenza dell’umanità. SPOILER IN ARRIVO.

Cosa succede nella terza stagione di Invasion

Il finale inizia con Aneesha sulle tracce di Marilyn, senza prestare molta attenzione al peggioramento delle condizioni dei soldati. Mentre avanza, concentrandosi sul coglierli di sorpresa, è evidente che la morte di Clark ha influenzato il suo giudizio. Nel frattempo, il culto Infinitas inizia a crollare dall’interno con l’aumentare della richiesta di aria respirabile. Infuriata, Marilyn decide di continuare da sola il percorso verso la nave madre, notando le radici degli alberi luminose che potrebbero condurla al centro della megastruttura. Quando Aneesha raggiunge la squadra, è già troppo tardi e, mentre scoppia una sparatoria, lei fugge da sola, sperando di raggiungere la leader della setta. Altrove, Trevante, insieme a Jamila e Nikhil, raggiunge il precipizio della nave madre, ma ha paura a causa del suo trauma persistente. Jamila gli chiede di riporre la sua fiducia nel piano e nella loro nuova amicizia, e con questo, il trio va avanti.

Una volta raggiunti gli alberi, Marilyn incontra nientemeno che Mitsuki e rivela di aver studiato a fondo la specialista delle comunicazioni. In seguito, cerca di convertire Mitsuki in una sostenitrice di Infinitas, data la sua capacità di comprendere e connettersi con gli alieni. Tuttavia, questo scambio viene interrotto da Aneesha, costringendo Marilyn ad aprire il fuoco e poi a correre da sola all’ingresso della nave madre. Ferita, Aneesha fatica ad andare avanti e trova aiuto in Mitsuki. Insieme, riflettono sul peso di continuare questa battaglia per la sopravvivenza nonostante sappiano che le probabilità sono contro di loro, ma la dottoressa rifiuta di rinunciare alla speranza. Ricordando le ultime parole di Clark, ribadisce l’importanza di continuare a provare e mostra la sua fiducia nel potenziale innato dell’umanità di migliorare come specie. Questo dà a Mitsuki la spinta finale di cui ha bisogno e lei decide di provare ancora una volta a usare i suoi poteri per il bene comune.

Altrove, Trevante e il suo gruppo incontrano un problema quando gli alieni iniziano ad attaccare le loro vulnerabilità mentali. In poco tempo, sia lui che Nikhil si bloccano sul posto, con la mente che torna ai ricordi traumatici del loro passato. Per Trevante, si tratta di una serie di esperienze di perdita, che si tratti della sua unità, di suo figlio o, alla fine, di Caspar. Per Nikhil, invece, è il ricordo d’infanzia di aver rubato dei soldi, un atto che ha portato alla morte di sua madre. Jamila è l’unica che sembra non essere influenzata da questo attacco alla memoria, eppure i suoi tentativi di riportarli indietro non danno alcun risultato. In quel momento, Mitsuki ristabilisce una connessione con le radici aliene e un flashback rivela che Nikhil ha cercato di salvarla quando il WDC ha iniziato a sperimentare sul suo corpo, ma è stato allontanato con la forza dalla scena. Venire a conoscenza di questo fatto scuote l’intero sistema di credenze di Mitsuki, che capisce di dover intervenire e proteggere le persone a cui tiene.

Dove va Mitsuki? È viva o morta?

Golshifteh Farahani e Enver Gjokaj in Invasion - Stagione 3
Cortesia di Apple Tv

Dopo diversi episodi che si traducono in anni di repressione fisica, emotiva e psicologica, Mitsuki trova un momento di liberazione strappando via il chip impiantato sulla sua nuca. Creato originariamente per limitare la sua connessione psichica con gli alieni, l’impianto ora costituisce un ostacolo sul percorso dell’umanità verso la vittoria. Pertanto, sebbene la mossa sia di natura profondamente personale, essa svolge anche un ruolo importante nella macronarrazione di “Invasion”. Con tutti i suoi poteri ritrovati, Mitsuki compie una mossa audace per salvare Trevante, Nikhil e Jamila, intrappolati nelle profondità della nave madre. Irrompendo nella rete di comunicazioni extraterrestri, Mitsuki attira l’attenzione di tutti gli alieni su di sé, anche se questo la espone a un rischio ancora maggiore. Alla fine, sopravvivere alla furia aliena non le porta molti vantaggi, poiché pochi istanti prima di ricongiungersi con Nikhil, viene trascinata in aria da un portale che svanisce poco dopo averla consumata.

Sebbene il rapimento di Mitsuki sia pensato per essere un momento di sorpresa, la sequenza ha anche un senso di definitività. Levitando nell’aria, la sua mente torna vividamente a tutti i ricordi che hanno costruito i propri angoli nella sua mente, creando un collage delle ultime due stagioni. Sebbene emotivamente potente, la scena può anche essere interpretata come un segno di chiusura, non solo per Mitsuki ma anche per il pubblico. Tuttavia, i momenti finali della stagione mostrano Nikhil che stravolge completamente la sua azienda nella totale dedizione alla ricerca di Mitsuki. In una scena precedente, egli afferma che non deve assolutamente lasciarla andare, un errore che ha già commesso una volta, e questa ambiguità sembra mettere alla prova quella promessa. Dato che Mitsuki è una specialista in comunicazioni e intelligence, la scena in cui Nikhil e tutta la Dharmax esaminano disperatamente ogni telecamera e mappa acquista un senso di ironia, poiché lei potrebbe non essere più nel regno umano.

Nel corso della storia, il profondo legame di Mitsuki con gli alieni è stato uno dei misteri più inspiegabili eppure rilevanti. La sua abilità si intreccia ancora di più con la trama, poiché non solo viene risparmiata dalla morte dai cacciatori-assassini, ma viene anche guarita dai giardinieri, una varietà di entità extraterrestri. A tal fine, è improbabile che questa esperienza del portale significhi la fine del suo personaggio. Al contrario, è possibile che Mitsuki sia stata trasportata direttamente alla base aliena che esiste al di fuori della Terra. Questo salto di portata può significare diverse cose per la storia, ma soprattutto riporta in gioco il suo allineamento. Avendo compreso intimamente la coscienza aliena, il sostegno di Mitsuki all’umanità vacilla in diversi punti, ma è l’umanità dimostrata da Nikhil che riaccende la sua fiducia nella specie. Pertanto, è improbabile che lei si arrenda senza combattere, e i suoi legami con il mondo alieno potrebbero subire la loro più grande prova di resistenza.

Trevante, Nikhil e Jamila distruggeranno la nave madre? Cosa succederà agli alieni?

Shioli Kutsuna in Invasion - Stagione 3
Cortesia di Apple Tv

Nel momento in cui Mitsuki scatena tutta la sua potenza e distoglie l’attenzione da Trevante, Nikhil e Jamila, il trio finalmente coglie la sua grande occasione e entra immediatamente in azione. In particolare, la sincronizzazione delle coscienze significa che Nikhil condivide brevemente i suoi ricordi e pensieri con gli altri due protagonisti. Questo ha un effetto fondamentale sulla sua psiche, poiché non nasconde più il suo desiderio incondizionato di proteggere Mitsuki dal mondo alieno. Questo impegno verso la causa ridefinisce l’intera missione, che finora era stata quella di piazzare una bomba nel cuore della nave madre. Sebbene non si tratti di un esplosivo tipico, la bomba espande la funzione del soppressore neurale di Mitsuki, convertendolo in un’esplosione a forma d’onda in grado di colpire tutti i sistemi di comunicazione degli alieni in un colpo solo. A tal fine, il trio piazza con successo la bomba e la difende abbastanza a lungo da farla esplodere, provocando istantaneamente un blackout nella nave madre.

Sebbene la caduta della nave madre aliena sia comunicata in gran parte dalle immagini, sia che si tratti delle luci che si affievoliscono dalla flora circostante o del crollo degli alieni, la conferma più esplicita della vittoria dell’umanità sugli alieni è che Trevante, insieme al resto della sua squadra, riesce a uscire vivo dalla Zona Morta. Tuttavia, l’assenza di Mitsuki dal gruppo ci ricorda che non si tratta di una vittoria completa per la squadra e che molti sacrifici, fatali o meno, sono stati fatti per arrivare a questo momento. Anche il luogo in cui viene piazzata e successivamente esplode la bomba è cruciale, poiché è lì che Trevante ha compiuto le mosse decisive nel suo precedente tentativo di abbattere la nave. A differenza di quella volta, ora ha l’aiuto di Jamila e Nikhil, che, in sincronia con l’unità dell’esercito, aiutano l’umanità a tornare in carreggiata. La loro attività viene notata dai leader mondiali, che sembrano aver inviato squadre di soccorso. Trevante viene promosso al grado di comandante, ora rispettato invece che temuto dal WDC.

Caspar è reale o è un’allucinazione? Perché scompare?

Invasion 3
Cortesia di Apple Tv

Uno dei principali ostacoli nel viaggio di Jamila, Trevante e Nikhil per rovesciare la nave madre è rappresentato dalla guerra psicologica. Mentre l’attacco è più evidente nel caso degli ultimi due, Jamila si trova ad affrontare una perdita totale di contatto con la realtà. Dai passaggi oscuri della nave emerge Caspar, che da tempo era dato per morto, o almeno scomparso. L’apparizione a sorpresa del prodigio psichico, un tempo uno dei protagonisti della storia, suscita immediatamente allarme, poiché Jamila crede che potrebbe trattarsi di un gioco degli alieni. Tuttavia, Caspar si affretta a rassicurarla che non è così, spiegandole che lei non è influenzata dalla loro malvagità grazie al suo legame con lei. Dato che questo significa la fine per i suoi due compagni di squadra, Jamila rifiuta di cedere e si rende conto invece che la battaglia che l’attende è tanto sul fronte interno quanto su quello esterno. A tal fine, la presenza di Caspar diventa la chiave per cambiare le sorti a suo favore, ma non nel modo previsto.

La consapevolezza di Caspar di non dover essere vivo riflette la struttura più ampia della serie, che in più di un’occasione ha fatto affidamento sul ritorno dal mondo dei morti del personaggio per aiutare i protagonisti a vincere. Questa volta, Jamila collega i puntini dopo aver ascoltato il suo punto di vista sulla presunta sequenza di morte nel primo episodio della stagione. Caspar spiega che l’unica ragione per cui è ancora lì è perché lei gli ha tenuto la mano e ha creduto in lui molto tempo dopo la sua apparente scomparsa, eppure questa sembra essere proprio la debolezza su cui puntano gli alieni. Il ritorno alla realtà di Jamila non è descritto come un momento di trionfo, ma come la solenne consapevolezza che deve lasciarsi il passato alle spalle se vuole davvero andare avanti con la sua vita. Risoluta nella sua decisione, chiude gli occhi e vediamo Caspar, che si rivela essere una figura spettrale, svanire lentamente dall’esistenza. Questo pone fine definitivamente al suo personaggio, dando sia a lui che ai suoi cari la chiusura di cui hanno bisogno.

Marilyn è morta? Aneesha ottiene la sua vendetta su Infinitas?

Mentre all’interno della nave madre si consuma una scena tragica, fuori dai suoi cancelli si scatena il caos e la violenza, quando Aneesha stringe la mano a Marilyn in uno scontro finale. Durante lo scontro, entrambe le parti cercano di difendere la propria posizione, con Marylin che ribadisce la possibilità che le anime dei morti migrino nella nave madre. Questa prospettiva, tuttavia, ricorda in modo inquietante le credenze che Aneesha aveva in un momento precedente della storia, e lei stessa lo fa notare. Inoltre, spiega le insidie di questo modo di pensare e come esso rappresenti un tentativo di fuga dalle esperienze traumatiche che ora uniscono l’umanità. Tuttavia, con il leader della setta che rifiuta di cedere, la lotta continua, terminando solo quando la bomba esplode e la nave madre inizia a morire. Sebbene sconfitta, Marilyn rifiuta di arrendersi e si scaglia contro Aneesha, che la uccide a colpi di pistola, ponendo fine a questo capitolo.

Sebbene Aneesha uccida Marilyn per legittima difesa, c’è anche un’altra dimensione nelle sue azioni, che deriva dal desiderio di vendetta. L’episodio precedente si conclude con il leader della setta che elimina Clark con un attacco a sorpresa, e quella mossa riempie momentaneamente la mente di Aneesha di rabbia e tossicità. È solo più tardi, quando i suoi alleati cominciano a cadere a destra e a manca, che Aneesha si ricorda del bene che possiede, sia come essere umano che come medico, e questa consapevolezza contribuisce in modo determinante a definire la sua battaglia finale con Marilyn. Sebbene la setta di Infinitas utilizzi indubbiamente il terrore a proprio vantaggio, in fondo è una comunità di persone con il cuore spezzato che fanno affidamento sulle loro esperienze apparentemente soprannaturali per dare un senso alla realtà. Secondo questa definizione, il confine tra loro e la nostra protagonista è sfumato, con Marilyn che funge da triste promemoria dei sentieri oscuri che gli esseri umani possono intraprendere quando sono in lutto.

27 Nights, la spiegazione del finale: Martha soffriva davvero di demenza?

Il dramma psicologico argentino Netflix 27 Nights segue Martha Hoffman, un’anziana vedova di 83 anni che viene rinchiusa in un istituto psichiatrico dalle figlie con la scusa che soffre di demenza frontotemporale. Nel film vediamo Leandro Casares, interpretato da Daniel Hendler, esaminare Martha, ma la sua valutazione non giunge mai a una conclusione.

Ma da quello che vediamo come spettatori, è difficile non notare che Martha non soffre di demenza. Al contrario, viene descritta come una donna dallo spirito libero, determinata a vivere il resto della sua vita secondo i propri principi: che si tratti di bere o di incontrare uomini e donne.

Perché Martha è stata accusata di demenza in 27 Nights?

Martha è una ricca vedova che sembra divertirsi un mondo bevendo e festeggiando con i suoi eccentrici amici molto più giovani. Come vediamo nel film, finisce per regalare i suoi beni ai suoi amici o ad altri per capriccio, un fatto che fa arrabbiare le sue due figlie: Myriam e Olga.

Inoltre, come sostengono le sue figlie, continua a fare ingenti investimenti in progetti che secondo quanto riferito sono truffe. Secondo quanto sostengono le figlie, tutti i suoi amici sono truffatori che la sfruttano per denaro.

Il film è liberamente ispirato al caso reale di Natalia Kohen, un’artista anziana dichiarata ingiustamente incapace e ricoverata in un istituto dalle figlie, solo per essere poi dichiarata mentalmente sana e rilasciata. Ispirandosi al caso reale, anche Martha viene manipolata dalle figlie e confinata in un istituto psichiatrico.

Inoltre, come scopre Casares durante le sue indagini e l’esame delle cartelle cliniche di Martha, la diagnosi di demenza di Orlando Narvaja potrebbe essere stata falsificata dall’esaminatore che l’ha fatta ricoverare. Alla fine, Martha negozia e raggiunge un accordo con le figlie.

Come finisce per Martha in 27 Nights?

27 Nights

Alla fine di 27 Nights, Casares non riesce a portare a termine la sua perizia come avrebbe voluto. Inoltre, poiché aiuta Martha a fuggire dalla reclusione nella sua casa, le sue relazioni vengono respinte. Anche le relazioni mediche di Narvaja vengono respinte.

Martha raggiunge un accordo con le figlie, Myriam e Olga. È ritenuta incapace di essere autonoma e, secondo i termini dell’accordo, non può vendere o ipotecare i suoi beni; non può acquistare nuove proprietà, costituire società o firmare accordi; non può sposarsi o lasciare il Paese. Per qualsiasi delle condizioni sopra menzionate, deve ottenere il permesso delle figlie.

Inoltre, tutto il suo capitale e i suoi beni sono posti sotto la tutela di un amministratore fiduciario. Casandro viene successivamente nominato amministratore fiduciario dopo un accordo tra le madri e le figlie. Come si scopre, Martha finisce per vivere fino a 104 anni, conservando la sua libertà e il suo stile di vita eccentrico.

Il finale è allo stesso tempo scioccante e soddisfacente, lasciando gli spettatori a riflettere sulla libertà, la famiglia e il controllo. Cosa ne pensate dell’adattamento di Daniel Hendler del romanzo Veintisiete noches dell’autrice argentina Natalia Zito? Fatecelo sapere nei commenti qui sotto.

27 Nights è una storia vera? cosa è successo a Martha Hoffman nella vita reale?

Diretto da Daniel Hendler, 27 Nights di Netflix è un film drammatico argentino in lingua spagnola che segue Martha Hoffman, una famosa collezionista d’arte tanto ricca quanto audace. Il suo stile di vita avventuroso, tuttavia, la mette in conflitto diretto con le sue figlie, e le cose precipitano quando viene ricoverata in una struttura psichiatrica senza il suo consenso. Segue un’estenuante analisi della sua psiche, con un esperto nominato dal tribunale che porta alla luce la verità nascosta dietro molti strati di pensieri e desideri. A tal fine, anche lui è costretto a guardarsi dentro e a decifrare i limiti che si è imposto. Sebbene il viaggio riguardi espressamente la diagnosi e il destino finale di Martha, racchiude anche una serie di ansie moderne sull’azione del corpo e della mente.

27 Nights reinterpreta il caso reale della scrittrice e artista Natalia Kohen

Sebbene il film “27 Nights” sia vagamente ispirato all’omonimo romanzo della scrittrice Natalia Zito, entrambe le opere condividono una caratteristica biografica, con la vita reale dell’artista e scrittrice Natalia Kohen che funge da fonte di ispirazione parziale. Scritto da Daniel Hendler, Mariano Llinás e Martín Mauregui, il film raccoglie i numerosi racconti radicati nella realtà e aggiunge il proprio tocco creativo, dando vita a una storia che solleva diverse questioni mediche, etiche e morali in un colpo solo.

Il cuore della storia attinge dal doloroso episodio realmente accaduto a Natalia Kohen, alla quale, all’età di 86 anni, fu erroneamente diagnosticata la malattia di Pick, una forma di demenza frontotemporale che compromette le capacità comunicative di una persona. Poco dopo, nel 2005, è stata ricoverata con la forza in una clinica psichiatrica, dove ha trascorso 27 notti, come riportato da Global Comment, un dettaglio che probabilmente ha influenzato la scelta del titolo del film.

Nata nella provincia argentina di Mendoza nel 1919, Natalia era una studiosa di letteratura e filosofia, nonché appassionata d’arte. Dopo il matrimonio con Mauricio Kohen, un magnate dell’industria che fondò l’azienda farmaceutica Argentia, Natalia assunse il ruolo di direttrice della Fondazione Argentia. Poco dopo la morte del marito, la loro figlia maggiore, Nora Kohen, subentrò come nuova responsabile e le cose rimasero così per circa un altro decennio. Tuttavia, tutto si interruppe quando Natalia annunciò il suo interesse a contribuire alla creazione di un centro d’arte locale.

Natalia Kohen fu ricoverata in un istituto psichiatrico contro la sua volontà

27 Nights finale

A seguito di disaccordi sulle finanze, le figlie di Natalia, Nora e Claudia, avrebbero iniziato a consultare uno psicoterapeuta per la madre. Le sorelle cercarono presto un neurologo di nome Dr. Facundo Manes. In particolare, gli avvocati di Natalia le consigliarono di agire immediatamente o di rischiare di essere ricoverata ingiustamente, ma lei respinse quel pensiero come una reazione eccessiva. In breve tempo, è stata dichiarata bisognosa di assistenza medica urgente, con conseguente ricovero coatto presso l’Ineba, noto anche come Instituto de Neurociencias de Buenos Aires.

La fonte primaria che descrive in dettaglio le esperienze vissute da Natalia Kohen dopo il suo ricovero in una clinica psichiatrica proviene da un rapporto dettagliato di Página 12. Nell’articolo pubblicato il 13 luglio 2006, Natalia descriveva la sua vita rigidamente regolamentata all’interno dell’istituto e come questo l’avesse traumatizzata. Determinata a cambiare le cose, contattò i suoi amici dall’interno dell’istituto e successivamente lanciò una campagna pubblica, completa di indagini giornalistiche, che la costrinse a lasciare l’istituto in anticipo.

Tuttavia, la vita nella sua residenza si rivelò altrettanto difficile per Natalia, che ricordava le limitazioni su dove poteva andare e con chi poteva interagire. Fu in quel periodo che decise di portare la questione in tribunale, presentando una denuncia contro il dottor Facundo Manes per la presunta creazione di referti medici falsi. Il caso fece notizia a livello nazionale, con questioni relative all’agenzia medica e ai diritti di proprietà al centro del dibattito.

Il procedimento giudiziario ha portato alla luce diverse verità nascoste relative alla diagnosi errata di Natalia

Nella sua intervista a Página 12, Natalia ha affermato che la diagnosi di malattia di Pick fatta da Facundo Manes era falsa, richiamando l’attenzione sulle presunte lacune nel processo diagnostico. Secondo quanto riferito, all’inizio del procedimento, l’istituto FLENI, dove Manes lavorava come neurologo, ha affermato di non avere alcuna documentazione relativa alla valutazione di Natalia presso la propria struttura, il che sembrava rafforzare le sue affermazioni. Successivamente, il 5 giugno 2005, Manes ha rilasciato un nuovo certificato medico in cui si affermava che i sintomi manifestati da Natalia erano compatibili con la diagnosi originale di morbo di Pick.

Tuttavia, è stato subito fatto notare che questo documento non era stato firmato da Manes, ma dal suo avvocato, Griselda Russo, che ha ammesso di non aver mai valutato personalmente Natalia. Questo, insieme all’incongruenza dei due certificati e delle descrizioni allegate, ha portato a una sentenza della corte d’appello del 16 ottobre 2007, in cui si affermava che Natalia Kohen non soffriva di demenza frontotemporale.

Sebbene la corte abbia dichiarato nulla la diagnosi medica di demenza di Natalia, sulla base sia delle perizie sia delle discrepanze nelle informazioni fornite dal FLENI, Natalia è stata comunque ritenuta legalmente incapace. Un team di tre esperti ha riferito che presentava sintomi caratteristici della sindrome psico-organica, che rientra nella categoria più ampia dei disturbi mentali organici. Questa diagnosi ha ulteriormente influenzato la decisione del giudice di assegnare un curatore definitivo a Natalia.

In materia legale, il ruolo di un curatore è tradizionalmente quello di gestire le finanze e i beni per conto di qualcuno che non è in grado di farlo. Tuttavia, nel caso di Natalia, le condizioni sono state modificate, con il cambiamento più significativo rappresentato dalla rimozione di qualsiasi limite alle sue spese mensili. Natalia è morta nel 2022, all’età di 103 anni, lasciando dietro di sé un’importante eredità culturale. Secondo un documentario del 2009 sulla sua esperienza, negli anni successivi al caso ha riconciliato il suo rapporto con le figlie.

27 Nights riunisce sotto lo stesso tetto le questioni scottanti del passato e del presente

La narrazione di “27 Nights” tiene conto di diversi dettagli di questa storia vera e utilizza una licenza creativa per collegarli tra loro. Tuttavia, i creatori del film hanno parlato a lungo della loro intenzione di non esitare a dare vita alla rilevanza politica e contemporanea della storia. In una conversazione con Variety, il produttore Santiago Mitre ha sottolineato gli aspetti unici del film, affermando che, invece di puntare sullo spettacolo, il film mette in luce i dettagli più sottili della psicologia umana e le interazioni sottili che danno peso alle note drammatiche.

Da lì, Mitre ha anche parlato delle dimensioni politiche del film, dicendo che “anche se è sottovalutato, non posso fare a meno di collegarlo all’attuale drammatica situazione politica in Argentina. Ogni mercoledì assistiamo alla repressione da parte dello Stato di anziani che chiedono semplicemente condizioni di vita migliori. In questo contesto, raccontare la storia di una donna che cerca di essere felice diventa, a suo modo, un atto politico, un riflesso del Paese in cui viviamo oggi”.

La scrittrice e psicoanalista Natalia Zito, autrice del romanzo originale su cui è parzialmente basato il film, ha affrontato la narrazione da una prospettiva diversa, come spiegato nella sua conversazione con GPS Audio Visual. Ha spiegato che la storia riguarda, in parte, il modo in cui percepiamo la vecchiaia, aggiungendo che tratta di “ciò che riteniamo possibile in quel momento e ciò che invece ci disturba, soprattutto per le donne, e la questione di chi eredita è un argomento controverso”. In quanto tale, “27 Nights” funge da punto di incontro per una miriade di questioni sociali, trasformando il grande schermo in una piattaforma per un’indagine più approfondita sulla verità.

La terrificante storia vera dietro alla serie Netflix Il Mostro

Con Il Mostro, Netflix riapre una delle pagine più oscure e controverse della storia italiana: quella del Mostro di Firenze, un nome che evoca ancora oggi paura, mistero e inquietudine. La serie, diretta da Stefano Sollima, non è solo una ricostruzione dei delitti che terrorizzarono la Toscana tra la fine degli anni Sessanta e la metà degli anni Ottanta, ma un racconto sulle ossessioni di un Paese, sulle ombre di un’epoca e sull’impossibilità di dare risposte definitive a un caso che continua a dividere opinione pubblica e studiosi. Sollima sceglie di restituire la complessità del mito e della cronaca, alternando fedeltà storica e libertà narrativa, in una rappresentazione cupa e viscerale dell’Italia di quegli anni.

Gli omicidi del Mostro di Firenze: una lunga scia di terrore

La serie affonda le sue radici nei fatti reali che sconvolsero la provincia fiorentina. Tra il 1968 e il 1985, una serie di sette duplici omicidi colpì coppie appartate nelle campagne, spesso durante momenti di intimità in automobile. Le vittime furono sempre giovani uomini e donne, uccisi con una pistola Beretta calibro 22 Long Rifle e colpiti con precisione spietata. Le modalità dei delitti — la scelta dei luoghi isolati, le mutilazioni inflitte ai corpi femminili e la meticolosità dell’assassino — suggerivano un profilo disturbato, ossessivo, ma anche incredibilmente lucido.

Il primo omicidio attribuito retroattivamente al Mostro risale al 1968, quando Barbara Locci e Antonio Lo Bianco furono trovati senza vita nei pressi di Signa. Il figlio di lei, il piccolo Natalino Mele, venne ritrovato vivo, confuso, abbandonato a pochi chilometri dal luogo del delitto: un dettaglio che colpì profondamente l’opinione pubblica e diede inizio alla leggenda nera. Dopo alcuni anni di apparente silenzio, la scia di sangue riprese nel 1974 e si protrasse fino al 1985, trasformando il Mostro in una figura quasi mitologica, un simbolo del male nascosto tra le pieghe della provincia italiana.

L’indagine infinita e l’enigma dell’assassino

Le indagini furono tra le più complesse della storia giudiziaria italiana. Centinaia di sospettati, decine di piste, migliaia di pagine di perizie, intercettazioni, confessioni e ritrattazioni. L’opinione pubblica, alimentata da una stampa spesso sensazionalista, seguiva ogni sviluppo come un thriller a puntate. Tra i sospetti principali emersero nomi come Stefano Mele, Francesco Vinci e, soprattutto, Pietro Pacciani, contadino toscano che divenne il volto mediatico del caso. Arrestato nel 1993, Pacciani fu condannato in primo grado come autore dei delitti, ma la sentenza venne ribaltata in appello e il processo si concluse con un nulla di fatto.

Dopo di lui, finirono sotto processo i cosiddetti “compagni di merende”, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, accusati di essere complici nei delitti. Entrambi furono condannati, ma le loro versioni, piene di contraddizioni e vuoti logici, lasciarono aperti molti interrogativi. Nonostante decenni di indagini, il Mostro di Firenze non ha mai avuto un volto certo, e la sua identità rimane uno dei più grandi misteri della cronaca italiana, al punto da diventare un caso di studio per criminologi di tutto il mondo.

La Toscana degli anni Settanta e Ottanta: paura, moralismo e ossessione

Ciò che rende il caso del Mostro così unico e disturbante è il contesto in cui si sviluppò. La Toscana di quegli anni era un territorio sospeso tra modernità e tradizione: una società contadina che stava lentamente aprendosi alla modernità, ma ancora radicata in rigidi schemi patriarcali e religiosi. I delitti avvenivano in luoghi di intimità e libertà sessuale, e questo contribuì a caricarli di un significato simbolico: agli occhi di molti, il Mostro divenne il “punitore” di una generazione che cercava emancipazione e piacere.

Netflix e Sollima scelgono di restituire questa dimensione collettiva del terrore, mostrando come la violenza non fosse solo quella dei delitti, ma anche quella del giudizio sociale, delle dicerie e dei sospetti che devastarono intere famiglie. Il male, nel racconto della serie, non è solo il killer sconosciuto, ma una comunità intera che, nel cercare un colpevole, finì per sacrificare i propri innocenti.

Tra realtà e finzione: come la serie rielabora il mito del Mostro

Pur ispirandosi fedelmente alla cronaca, Il Mostro utilizza licenze narrative per costruire un racconto corale e visivamente potente. I nomi dei personaggi sono in parte cambiati, alcune vicende condensate o riscritte, ma l’atmosfera resta ancorata alla verità storica. Sollima evita di dare risposte definitive, preferendo interrogare lo spettatore: chi è davvero il Mostro? Un singolo individuo, o l’incarnazione del male collettivo di un Paese in cui istituzioni, stampa e giustizia fallirono nel proteggere i più deboli?

Con una regia tesa e realistica, la serie restituisce la sensazione di claustrofobia e impotenza che attraversò Firenze in quegli anni. Il paesaggio, la luce, il silenzio delle campagne diventano protagonisti tanto quanto gli uomini e le donne coinvolti nel caso. L’obiettivo non è ricostruire il colpevole, ma mostrare il prezzo umano della paura: la perdita di fiducia, la fine dell’innocenza, il sospetto come condizione permanente.

Una ferita che non si rimargina

A distanza di decenni, la vicenda del Mostro di Firenze resta una ferita aperta nella memoria collettiva italiana. Ogni nuova indagine, libro o adattamento riporta a galla le stesse domande: quanto sappiamo davvero? E quanto, invece, abbiamo scelto di dimenticare? Con Il Mostro, Netflix non cerca la verità assoluta, ma la verità emotiva di una nazione che si specchia nel proprio lato oscuro.

Il risultato è un racconto che unisce cronaca e cinema, documento e suggestione, con l’ambizione di trasformare un caso irrisolto in una riflessione universale sul male, sulla colpa e sull’ossessione di sapere. Perché, come suggerisce la serie, forse il Mostro non è mai stato un solo uomo, ma il riflesso di un intero Paese incapace di guardare se stesso.

Assassin Club: la spiegazione del finale del film

Assassin Club è un emozionante thriller incentrato sulla vita di Morgan Gaines, un ex ufficiale dei Royal Marines diventato spietato assassino. Noto per le sue impareggiabili abilità di cecchino e la sua capacità di sopravvivere alle situazioni più pericolose, Morgan è una forza da non sottovalutare. Ma le cose cambiano quando il suo mentore, Ian Caldwell, gli affida un nuovo incarico: eliminare sei diversi bersagli, ciascuno con una taglia di un milione di dollari sulla propria testa. Ma Morgan non sa che è entrato inconsapevolmente in un gioco mortale in cui ciascuno dei sei bersagli è anche un assassino incaricato di eliminare Morgan.

Cosa succede a Morgan?

Assassin Club inizia con Morgan Gaines che viene ingaggiato per assassinare un boss europeo del traffico illegale, Luka Lesek. Morgan è un assassino altamente qualificato ed esperto, e ha intenzione di eliminare Luka con un colpo preciso alla testa usando il suo fucile. Tuttavia, prima che Morgan possa premere il grilletto, viene colpito da un cecchino sconosciuto. Questo attacco imprevisto non solo ferisce Morgan, ma gli fa anche sparare accidentalmente con il fucile, allertando Luka e i suoi uomini del tentativo di assassinio.

Con gli uomini di Luka che gli stanno addosso, Morgan è costretto a pensare rapidamente e usare le sue bombe fumogene per creare un diversivo e fuggire. Nonostante sia inseguito dal cecchino, che gli spara alle gomme dell’auto, Morgan riesce a sfuggire ai suoi aggressori e a nascondersi fino a quando le cose non tornano alla normalità. Nel frattempo, il cecchino continua la sua missione e riesce a eliminare Luka.

Il confronto con il cecchino

Morgan decide di prendersi una pausa e trascorrere un po’ di tempo con la sua ragazza, Sophie. Morgan è infatti riluttante ad accettare altri contratti di assassinio, poiché desidera una vita più normale e tranquilla. Sfortunatamente, le cose prendono una piega drammatica quando Morgan e Sophie vengono seguiti da uno sconosciuto che tenta di aggredirli. Morgan schiva rapidamente il proiettile prima di neutralizzare l’aggressore. Tuttavia, dopo averlo perquisito, Morgan non riesce a trovare alcun documento di identità o prova del suo movente. Morgan incontra dunque Caldwell per chiedergli consiglio.

Gli mostra le foto dell’aggressore e Caldwell rivela che l’uomo è Alec Drakos, uno degli assassini assoldati per uccidere Morgan. Questa rivelazione è uno shock per Morgan, che aveva pensato che l’aggressione fosse casuale e non collegata al suo attuale contratto. Tuttavia, Caldwell informa Morgan che, eliminando Drakos, ha di fatto dato il via al gioco mortale degli assassini e ora non ha altra scelta che portare a termine la missione. Morgan si rende conto di essere intrappolato in una situazione pericolosa in cui deve portare a termine il contratto ed eliminare i restanti cinque obiettivi o rischiare di essere preso di mira e ucciso dagli altri assassini.

Noomi Rapace in Assassin Club
Noomi Rapace in Assassin Club

 

Chi è Falk? Perché Morgan ha rapito Leon?

Mentre Morgan inizia la sua missione per eliminare i sei bersagli, si rende conto che uno degli assassini, Demir, è stato ucciso da Falk prima che Morgan potesse eliminarlo. Mentre Morgan continua le sue indagini sul contratto da 6 milioni di dollari, rapisce Leon, un agente di polizia francese incaricato di rintracciare gli assassini, e lo interroga sull’origine del contratto e sull’identità della persona che lo ha commissionato. Leon rivela che la polizia francese ha avviato il contratto come un modo per catturare gli assassini e sta lavorando con un benefattore anonimo che ha fornito i fondi per l’operazione.

Poco dopo, Morgan riceve una chiamata da un numero sconosciuto, che si rivela essere Falk. Lei rivela di aver ucciso Demir e offre a Morgan una proposta di collaborazione per trovare la persona dietro l’accordo da 6 milioni di dollari per uccidere gli assassini. Falk capisce che entrambi sono in pericolo e che l’unica possibilità di sopravvivenza è collaborare. Nonostante inizialmente sia titubante, Morgan si rende conto che questa potrebbe essere la sua unica possibilità di scoprire chi c’è dietro il contratto e porre fine al gioco mortale. Accetta di collaborare con Falk e insieme iniziano a indagare e a seguire le piste per scoprire la verità dietro il contratto.

Cosa succede tra Morgan e Caldwell?

Con l’aiuto di Falk, Morgan scopre che anche Alec è un ufficiale dei Royal Marines, proprio come lui. Morgan decide quindi di hackerare i file di Caldwell per saperne di più sulla verità dietro il contratto. Con suo grande shock, Morgan scopre che Caldwell aveva messo lui e Alec l’uno contro l’altro deliberatamente, sapendo che Morgan sarebbe emerso come vincitore. Caldwell aveva persino permesso ad Alec di sapere che Morgan era il suo obiettivo, mettendo a rischio la vita di Morgan. Morgan è arrabbiato e si sente tradito da Caldwell, che avrebbe dovuto essere il suo mentore e guida. Si rende conto che Caldwell non si era mai veramente interessato a lui, ma lo aveva solo usato come una pedina nel suo gioco mortale.

Falk hackera i file di Caldwell per recuperare informazioni. Tuttavia, scopre che Caldwell le ha volutamente nascosto informazioni sui dettagli personali di Morgan. Questo porta Falk ad avvelenare Caldwell e a chiedergli di darle le informazioni su Morgan in cambio dell’antidoto. Sorprendentemente, Caldwell questa volta non tradisce Morgan e trasferisce le informazioni di Falk a Morgan prima che lei abbia la possibilità di cancellarle. Sfortunatamente, Falk ottiene comunque le informazioni su Morgan e uccide brutalmente Caldwell prima di lasciare la scena.

Qual è la vera identità di Falk?

Quando Morgan riceve i file da Caldwell, scopre con grande shock che Falk è in realtà l’agente Vos, che ha lavorato con la polizia francese. Più tardi, quando Morgan riceve una chiamata da Falk, scopre che un altro assassino, Ryder, è stato mandato per uccidere Sophie. Morgan chiama immediatamente Sophie e la avverte, ma Ryder arriva sulla scena. Fortunatamente, Sophie riesce a nascondersi e Morgan informa la polizia, costringendo Ryder a fuggire prima di poter portare a termine l’assassinio.

Morgan manda la sua ragazza Sophie a Lisbona a stare con sua madre perché è incinta. Allo stesso tempo, Morgan progetta di eliminare Ryder. Durante il loro combattimento uno contro uno, Falk (che in realtà è l’agente Vos) progetta di uccidere sia Morgan che Ryder per coprire il proprio coinvolgimento nel contratto di assassinio. Tuttavia, Morgan riesce a fuggire e finge la propria morte per ingannare Falk. Più tardi quella notte, Leon sta cercando il corpo di Morgan quando lui lo sorprende e lo attacca, rivelando la vera identità di Falk. Leon crede a Morgan e lo porta dal luogo in cui si trova Falk, dove i due ingaggiano un combattimento brutale. Prima che Morgan possa uccidere Falk, un altro agente interviene e attacca Morgan, costringendolo a fuggire dalla scena.

In che modo Maat è collegata a Morgan e agli altri assassini?

Maat è un’organizzazione creata per smascherare tutti gli assassini coinvolti nella morte di Yakov Ilych. Jonna ha collaborato con la polizia francese per scoprire chi ha ucciso suo padre. Sa che è stato suo zio, ma non può avvicinarlo direttamente perché potrebbe assumere un assassino per ucciderla. Falk, che in realtà è l’agente Vos, manipola Jonna affinché offra un contratto da 6 milioni di dollari per uccidere tutti gli assassini coinvolti nella morte di suo padre. Jonna accetta perché crede che gli stessi assassini potrebbero essere usati per uccidere anche lei.

Quando Morgan dice a Jonna che Falk è l’assassino di suo padre, Yakov, Jonna rimane scioccata perché ricorda che gli occhi dell’assassino erano grigi, non marroni. Si scopre che Falk ha ingannato Jonna fin dall’inizio e che è stata lei a uccidere Yakov. Falk manipola Jonna affinché offra il contratto come un modo per eliminare qualsiasi potenziale minaccia alla sua identità di assassina.

Henry Golding in Assassin Club
Henry Golding in Assassin Club

Falk riuscirà a uccidere Morgan e Sophie?

Falk attacca e annega Sophie nella vasca da bagno. Fortunatamente, prima che Morgan entri nella stanza, nota un filo collegato a una bomba che esploderebbe se lui varcasse la soglia. Morgan è costretto ad aspettare che il timer scatti, ma Leon arriva appena in tempo per cercare di fermare Falk. Nella lotta che ne segue, Falk spara e ferisce Leon prima di fuggire dall’appartamento. Mentre Morgan aspetta che il timer scatti, è devastato nel vedere Sophie annegare, ma con sua grande sorpresa, Leon riesce a tirarla fuori dall’acqua prima di soccombere alle ferite.

Con il timer che scorre, Morgan si rende conto che Sophie è ancora viva e riesce a rianimarla. Dopo aver salvato Sophie, Morgan segue Falk e la rintraccia per strada. Decide di eliminarla per evitare ulteriori danni a se stesso o ai suoi cari. Con un tiro preciso, spara a Falk da una distanza di sicurezza e la uccide. Morgan sa che non può restare a lungo e fugge dalla scena prima che qualcuno possa catturarlo.

La spiegazione del finale di Assassin Club

Il finale agrodolce di Assassin Club vede Morgan e Sophie vivere insieme la loro vita da sogno, ma con la minaccia incombente di Falk ancora viva e in cerca di vendetta. Morgan non è consapevole del potenziale pericolo, ma deve rimanere vigile per proteggere se stesso e i suoi cari da qualsiasi danno futuro. È possibile che Morgan debba nascondersi o adottare altre misure di sicurezza per garantire la sua incolumità. Potrebbe anche dover mantenere un profilo basso ed evitare di attirare l’attenzione su di sé.

Questo perché farlo potrebbe rivelare la sua posizione a Falk o ad altre potenziali minacce. È chiaro che la vita di Morgan non sarà più la stessa dopo gli eventi di Assassin Club. La scena finale dello scontro tra Morgan e Falk ricorda il film del 2008 Wanted, in cui il protagonista, Wesley Gibson, usa le sue nuove abilità di assassino per eliminare i suoi nemici con colpi di pistola precisi. Nel complesso, le sequenze d’azione di questo film sono il punto forte della pellicola, regalando brividi e suspense a volontà, e i combattimenti sono ben coreografati.

Il Mostro, la spiegazione del finale: chi è l’assassino?

Il mostro è la serie tv italiana Netflix che racconta una serie di raccapriccianti omicidi avvenuti in Italia, nella regione di Firenze, nell’arco di 17 anni. Il killer, soprannominato “Il mostro”, prende di mira giovani coppie in auto, terrorizzandole e uccidendole senza pietà. Man mano che il numero delle vittime aumenta, la polizia si impegna nella caccia a questo killer enigmatico e sfuggente.

La serie (la nostra recensione) offre molteplici punti di vista dei personaggi direttamente o indirettamente coinvolti nelle indagini, esplorando il modo in cui il Mostro prendeva di mira le donne e le potenziali motivazioni dietro questi atti. Coprendo un arco temporale che va dagli anni ’50 agli anni ’80, la serie approfondisce decenni di segreti, inganni e violenze, mentre le forze dell’ordine e le altre parti interessate si sforzano di smascherare l’assassino. Mentre la narrazione giunge alla conclusione, i poliziotti cercano di fermare immediatamente gli omicidi e la verità sul killer rimane nell’ombra. SPOILER IN ARRIVO.

Cosa succede ne Il Mostro?

La narrazione inizia il 19 giugno 1982 a Baccaiano di Montespertoli, Firenze. Paolo e la sua ragazza parcheggiano sul ciglio della strada per un momento di intimità, ma vengono brutalmente uccisi a colpi di pistola da un uomo mascherato vestito di nero. La ragazza muore, ma il team medico arriva e trova Paolo ancora vivo. La polizia arriva sulla scena e si rende conto che un assassino ha colpito di nuovo, prendendo di mira specificamente le donne. L’assistente procuratore distrettuale Silvia Della Monica conforta i genitori della vittima femminile quando arrivano sulla scena. Un poliziotto di nome Vincenzo rivela che anche il ragazzo non è sopravvissuto. Silvia dichiara falsamente alla stampa che “Il Mostro” ha colpito ancora, ma Paolo, in punto di morte, ha fornito una descrizione dettagliata del suo aspetto fisico. Silvia trova modalità operative simili in casi passati risalenti al 1974 e al 1981, ma decide di indagare ulteriormente per trovare altri indizi.

Gli omicidi indicano l’uccisione di coppie e rituali eseguiti sulle parti pubiche delle donne. Viene stabilito un collegamento con un caso avvenuto a Signa nel 1968, in cui gli amanti Barbara Locci e Antonio Lo Bianco furono uccisi in un’auto con una pistola simile. La polizia decide di indagare su Stefano Mele, colui che ha confessato di aver ucciso sua moglie Barbara e il suo amante Antonio. Nel 1960, Stefano e Barbara affittarono una delle stanze della loro casa a Salvatore, che provò un interesse sessuale per quest’ultima. Nel 1968, Barbara e il suo amante, Antonio, hanno un rapporto intimo in auto, mentre il figlio piccolo di lei, Natalino, è ancora nel veicolo. I due amanti vengono seguiti e uccisi da un uomo mascherato durante un atto intimo, ma il bambino viene lasciato in vita. Nel 1967, Francesco, il fratello di Salvatore, si interessa a Barbara, dando inizio a una relazione.

Nonostante Stefano scopra la relazione, Francesco e Barbara continuano a frequentarsi. Nel 1982, Francesco, teso, lascia la sua casa e guida fino a una zona isolata per nascondere la sua auto. La polizia perquisisce la sua casa dopo essere stata fatta entrare dalla moglie. Viene arrestato dalla polizia, che lo interroga su Paolo e Antonella. Egli nega di essere coinvolto, ma la polizia fa intervenire Stefano, che accusa pubblicamente Francesco di aver ucciso Barbara. Il procuratore distrettuale Silvia lo interroga sul suo passato, compresa l’aggressione alla moglie. La moglie di Francesco fornisce un alibi al marito per la notte della morte di Barbara. Francesco viene incarcerato per gli omicidi. La narrazione si sposta al 1983 a Giogoli, Firenze, dove una coppia gay tedesca viene brutalmente uccisa a colpi di pistola da un uomo mascherato, indicando che il Mostro è ancora a piede libero.

Nel 1984, la polizia si reca a casa dei Mele, dove interroga sia Giovanni, il fratello di Stefano, che Stefano stesso. Quando viene interrogato, Giovanni nega di essere il Mostro, ma la polizia si rende conto che non ha un alibi. La polizia sostiene che Giovanni abbia costretto Stefano a fuorviare la polizia dichiarandosi colpevole dell’omicidio e poi indicando Francesco per distogliere l’attenzione dalla famiglia. Giovanni e Piero vengono incarcerati perché sospettati di essere coinvolti nell’omicidio di Barbara. Il 29 luglio 1984, a Boschetta, una coppia si abbandona a un rapporto intimo in una zona appartata dell’auto. Vengono brutalmente uccisi da un uomo mascherato, che poi taglia via la zona pubica della ragazza. Il Mostro sembra essere ancora a piede libero.

La polizia si rende conto che Natalino è l’unico ad aver visto l’assassino in tutti questi anni. Viene portato sulla scena dell’omicidio di sua madre per vedere cosa riesce a ricordare. Dice alla polizia che ha solo raccontato ciò che gli era stato insegnato in passato. La sua memoria torna alla notte dell’omicidio, dove si scopre che in realtà ha visto qualcuno nascosto dietro un cespuglio. La polizia bussa alla porta di Salvatore Vinci e setaccia il posto alla ricerca di indizi. Trovano alcune riviste oscene, una corda e vestiti macchiati di sangue, insieme a vestiti con residui di polvere da sparo. Trovano anche una torcia simile a quella portata dal Mostro.

Chi è il Mostro?

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Il Mostro – Miniserie – 2025 – Credits: Emanuela Scarpa/Netflix

Il mistero centrale della serie è l’identità dell’assassino conosciuto solo come “Il Mostro”. I poliziotti e le altre parti interessate spingono oltre i loro limiti per restringere il campo delle possibili identità dell’assassino. Sebbene la narrazione non riveli esplicitamente l’identità dell’assassino, suggerisce alcune possibilità su chi potrebbe essere. Vale la pena notare che gli eventi della serie si svolgono da diverse prospettive e nessuna di esse può essere considerata attendibile. Sembra che il candidato più probabile in questo caso, secondo la trama, sia Salvatore, il fratello di Francesco. Nel 1958, Salvatore torna a casa dopo il servizio militare.

Sembra avere una relazione con un ragazzo di nome Sasà, per cui suo padre lo ridicolizza. Salvatore è costretto a perseguire invece la sorella del suo amante. La aggredisce sessualmente per dimostrare la sua “virilità”, il che la porta a rimanere incinta. Nel 1959, perseguita le coppie nei boschi e ha problemi con la sorella del suo amante, Barbarina. Lui sostiene di possederla, ma lei si rifiuta di accettarlo. Nel 1960, a Signa, Salvatore affitta una stanza da Stefano e Barbara. Prende l’abitudine di guardarli mentre fanno sesso, ma Stefano non mostra alcuna esitazione nell’essere osservato. Più tardi, Salvatore e Stefano hanno un rapporto orale. Salvatore minaccia Barbara e le dice di non rivelare a nessuno la sua relazione con Stefano. Barbara ammette di essere incinta, dopodiché Salvatore se ne va, perché si sente a disagio.

Nel 1974 Salvatore trascorre del tempo con sua moglie, Rosina Massa. Ha problemi nella sua vita coniugale. Costringe sua moglie a fare sesso con uno sconosciuto in modo da poter praticare il voyeurismo. Rosina trova difficile sostenere il suo matrimonio. Salvatore lavora come riparatore e un giorno, quando torna a casa, scopre che sua moglie e i suoi figli se ne sono andati. Si arrabbia e poi perseguita una coppia in macchina, uccidendoli. Nel 1968, Salvatore cerca di convincere Barbara che lui “la possiede”, ma lei rifiuta, dicendo che preferisce Francesco. Salvatore convince quindi Stefano che sua moglie deve essere uccisa. I due uomini seguono l’auto e uccidono gli amanti. L’avvocato con i poliziotti deduce che ogni volta che Rosina lasciava Salvatore, il Mostro uccideva delle persone.

Quando le viene chiesto del 1968, Rosina dice che suo marito non era con lei la notte dell’omicidio di Barbara e Antonio. Gli dicono che tutti i crimini del Mostro sono stati commessi usando una Beretta calibro 22, serie 70, e che undici di queste pistole sono state vendute nella città natale di Salvatore, Villacidro. Una delle undici pistole non viene mai ritrovata e si dice che appartenga a un parente di Salvatore emigrato nei Paesi Bassi. Questi indizi, insieme al fatto che gli omicidi sono cessati dopo la sua comparizione in tribunale, indicano in parte che potrebbe essere lui il Mostro. Anche altre persone potrebbero essere l’enigmatico assassino. Il fratello di Stefano, Giovanni Mele, spicca in questo caso per la sua ossessione di controllo sul corpo delle donne.

Nel 1968, Giovanni vede Barbara e Francesco durante un appuntamento. La famiglia insulta Stefano per il comportamento di sua moglie e Giovanni dice al fratello che sua moglie deve essere uccisa. Giovanni, Piero e Stefano seguono Barbara e Antonio in macchina. Poi, Giovanni spara agli amanti. Stefano accetta di essere condannato all’ergastolo dopo essere stato costretto dal fratello. Nel 1984 porta la sua ragazza nel luogo in cui una coppia è stata uccisa nel 1974 e ricrea gli omicidi con un coltello finto. Dimostra di conoscere molto bene l’omicidio del passato. La sua ragazza gli chiede di accompagnarla a casa, ma lui risponde che prima deve andare in un altro posto. Parcheggia l’auto vicino a un cimitero e cerca di avere un rapporto intimo con la sua ragazza, Iolanda, che però rifiuta. Lui si allontana, ma lei nota una corda e delle riviste per adulti nel bagagliaio della sua auto.

Iolanda scappa immediatamente e si mette in salvo prima che Giovanni la veda. Va dalla polizia e dice loro che Giovanni potrebbe essere l’assassino. Questi indizi suggeriscono la possibilità che anche Giovanni possa essere il Mostro. Nella vita reale, sia Giovanni che Salvatore sono stati interrogati dalla polizia per il loro possibile coinvolgimento negli omicidi, ma sono stati rilasciati perché gli omicidi sono continuati mentre erano sotto il controllo della polizia. Pertanto, l’identità del Mostro è un segreto che potrebbe non essere mai svelato, anche se la serie presenta prove convincenti a carico di Salvatore e Giovanni.

Perché Salvatore è libero?

Il mostro
(Credits Emanuela Scarpa Netflix)

La polizia dice che Salvatore è ufficialmente indagato per l’omicidio della sua prima moglie, Barbarina, nel 1960. Si scopre che nel 1960 Salvatore, la sua amante Sasà e un altro uomo hanno trovato Barbarina morta per suicidio. Nel 1988, alla Corte d’Assise, Stefano viene chiamato a testimoniare. Dice di non ricordare i dettagli su se Salvatore abbia confessato o meno l’omicidio della sua prima moglie, Barbarina. Salvatore esce dal tribunale da uomo libero per mancanza di prove. Verso la fine della serie, viene rivelato attraverso delle scritte sullo schermo che Salvatore è scomparso nel 1988 e nessuno lo ha più visto. Salvatore viene poi visto andare in una vecchia casa e più tardi camminare di notte con una torcia frontale nello stile del Mostro.

La mancanza di prove e il rifiuto di Stefano di rilasciare dichiarazioni contro il suo ex amante, Salvatore, sono stati i motivi principali che gli hanno permesso di ottenere la libertà. Nonostante il suo possibile coinvolgimento in crimini brutali, in particolare stupro e omicidio, se la cava semplicemente perché le circostanze gli sono favorevoli. Si può dire che la polizia non sia riuscita ad arrivare al nocciolo dell’indagine, motivo per cui non c’erano prove utilizzabili contro Salvatore. L’ossessione sessuale di Stefano per Salvatore rende anche possibile che quest’ultimo abbia una sorta di controllo sul primo.

Pietro Pacciani è una persona di interesse?

(Credits Emanuela Scarpa Netflix)

Nel 1985, un uomo sconosciuto scrive alla polizia per interrogare un concittadino nato a Vicchio. L’uomo dice che l’individuo è stato incarcerato per quindici anni per l’omicidio della sua ragazza ed è molto talentuoso e scaltro. La lettera anonima afferma anche che è un contadino con grandi scarpe e un intelletto ancora più grande, e che l’uomo tiene sotto controllo sua moglie e i suoi figli, non permettendo loro di uscire. Il nome dell’uomo viene rivelato essere Pietro Pacciani. La narrazione si conclude a questo punto, lasciando il destino di Pietro in sospeso. Il fatto che Pietro abbia una storia di istinti e atti violenti rende probabile che possa essere una persona di interesse.

Sebbene non sia stato approfondito nella serie, nella vita reale, nel 1994, Pietro è stato condannato per l’omicidio di sette coppie. La sua condanna è stata annullata e è stato ordinato un nuovo processo. La polizia sospettò quindi di un gruppo guidato da Pietro, ma questi morì prima del secondo processo. Pertanto, i parallelismi tra la serie e la realtà ci dicono che Pietro divenne effettivamente una persona di interesse nelle indagini sul Mostro. Nella serie non viene rivelato molto sulle sue convinzioni, ma il fatto che tratti le donne in modo controllante e cerchi di esercitare il suo dominio dimostra che potrebbe avere motivi reali per commettere gli omicidi.

Chi ha ucciso Barbara? Perché?

Sebbene il Mostro abbia ucciso diverse donne durante la sua vita, il caso di Barbara è centrale nel mistero della serie. La sua morte è vista da molteplici prospettive, il che suggerisce che il suo vero assassino potrebbe essere uno dei diversi potenziali protagonisti. La risposta più ovvia in questo caso è Francesco. Nel 1982, dopo essersi riunito con suo figlio, Stefano rivela che Francesco ha effettivamente ucciso sua moglie a causa della relazione sentimentale di Barbara con Antonio. Il fatto che Francesco si sia sentito tradito a causa della relazione di Barbara con Antonio dimostra che aveva un motivo valido per ucciderla. La moglie di Francesco denuncia il marito per tradimento, portando al suo arresto. Stefano parla con Salvatore e gli chiede di tornare a vivere in casa, causando il panico in Barbara. Sei mesi dopo, Francesco viene rilasciato dal carcere e Salvatore gli dice che si è “divertito” con Barbara.

Questo provoca una frattura tra Francesco e Barbara. Francesco costringe Stefano ad accompagnarlo in auto per seguire Barbara e Antonio. Poi spara agli amanti e costringe Stefano a sparare di nuovo. Queste versioni dei fatti suggeriscono che Francesco potrebbe essere l’assassino, ma potrebbe anche essere stata un’idea di Stefano, che potrebbe essere diventato un marito geloso. È anche possibile che Barbara sia stata uccisa da Giovanni o Salvatore. Come accennato in precedenza, anche i due uomini hanno forti motivazioni per uccidere Barbara. Giovanni la ucciderebbe per orgoglio familiare, mentre Salvatore la ucciderebbe per un contorto senso di possesso sul suo corpo e sulla sua anima. Pertanto, il piccolo mistero dell’omicidio di Barbara, nel quadro più ampio dell’identità del Mostro, rimane irrisolto. Tuttavia, si può presumere che Francesco avesse un legame più profondo con Barbara rispetto agli altri, il che lo rende il killer più probabile.

Perché gli omicidi sono cessati nel 1988?

Verso la fine della serie, viene rivelato attraverso alcune battute sullo schermo che Salvatore è scomparso nel 1988 e che nessuno lo ha più visto. Questo porta alla fine degli omicidi del Mostro, che non si sono mai più verificati. Tuttavia, le battute dicono che potrebbe trattarsi solo di una coincidenza. Non ci sono prove che suggeriscano che la scomparsa di Salvatore abbia portato direttamente alla fine degli omicidi del Mostro. Si può presumere che l’assassino abbia perso la motivazione a continuare a uccidere intorno al 1988. Poiché non è possibile provare che Salvatore sia il Mostro, non è nemmeno possibile provare che gli omicidi siano cessati a causa della sua scomparsa. Altri potrebbero essere il Mostro, ma probabilmente hanno smesso di uccidere per motivi diversi. Il vero assassino potrebbe aver scoperto che la vita familiare era più importante o potrebbe anche aver sviluppato un problema di salute che lo ha costretto ad abbandonare il suo modus operandi.

Il fatto che le indagini reali sul crimine siano continuate ben oltre il 1988 dimostra che l’enigma dell’assassino era ancora vivo. Poiché il vero assassino non è stato arrestato, è anche possibile che sia morto nel corso del 1985, motivo per cui gli omicidi sono cessati improvvisamente. Pertanto, non è possibile individuare con esattezza il motivo alla base della fine del massacro nel 1985. Tuttavia, l’attenzione della serie sulla trama di Salvatore verso la fine, così come sulla sua scomparsa, potrebbe suggerire che egli sia effettivamente l’assassino. Anche se così fosse, non c’è una ragione definitiva dietro la sua decisione improvvisa di non commettere più omicidi. Pertanto, come suggerisce la serie, potrebbe trattarsi solo di una coincidenza.

Maria Esposito conquista il tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma

Maria Esposito ha portato alla Festa del Cinema di Roma 2025 Io sono Rosa Ricci (qui la nostra recensione), il film prequel di Mare Fuori diretto da Lyda Patitucci. Con lei, sul red carpet della cavea dell’Auditorium, oltre alla regista, anche Raiz, che torna nel ruolo di Don Salvatore Ricci, e Andrea Arcangeli.

Viene presentato oggi alla 20ª Edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public, Io Sono Rosa Ricci di Lyda Patitucci con Maria Esposito, Andrea Arcangeli e con Raiz.

Io Sono Rosa Ricci è prodotto da Picomedia con Rai Cinema in collaborazione con Netflix, prodotto da Roberto Sessa e uscirà nelle sale il 30 ottobre distribuito da 01 Distribution. L’opera è stata realizzata con il contributo del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo del Ministero della Cultura e in collaborazione con la Regione Campania – FCRC.

Il soggetto e la sceneggiatura sono firmati da Maurizio Careddu e Luca Infascelli. La fotografia è a cura di Valerio Azzali, il montaggio di Valeria Sapienza, la scenografia di Carmine Guarino e i costumi di Rossella Aprea. Il film è ispirato alla serie Mare Fuori ideata da Cristiana Farina e scritta da Cristiana Farina e Maurizio Careddu.

Il brano dei titoli di coda “Vàttelo!” è scritto e interpretato da Gennaro “Raiz” Della Volpe e Silvia Uras, musica di Paolo Baldini DubFiles.

The Elixir, la spiegazione del finale: il virus zombie è stato contenuto?

The Elixir (Abadi Nan Jaya) di Netflix è un film horror indonesiano sugli zombie che racconta di un’epidemia di zombie in un pittoresco villaggio di campagna. La narrazione segue le vicissitudini di una famiglia che si trova in pericolo. Quando Dimin, il capo della Wani Waras Herbal Company, decide di rischiare con un nuovo prodotto a base di erbe chiamato “Abadi Nan Jaya”, si verificano risultati inaspettati che danno inizio all’epidemia di zombie nella zona rurale. La sua seconda moglie, Karina, e sua figlia, Kenes, sembrano avere difficoltà emotive. Il marito di Kenes, Rudi, e suo figlio Raihan rimangono con lei mentre l’azienda spera di migliorare le sue prospettive.

Anche Bambang, il figlio di Dimin, affronta i suoi problemi mentre vede i membri della sua famiglia allontanarsi. Con relazioni travagliate e mosse commerciali rischiose, l’epidemia di zombie costringe la famiglia a sopravvivere a tutti i costi. Man mano che la narrazione raggiunge la sua fase finale, i personaggi principali si trovano ad affrontare sfide che non avrebbero mai immaginato, lasciandoli in una situazione precaria in cui devono fare scelte difficili per sopravvivere. SPOILER IN ARRIVO.

Cosa succede in The Elixir?

La narrazione inizia durante una cerimonia di circoncisione in cui una ragazza di nome Ningsih lavora come cameriera. Un SUV irrompe nella cerimonia e il conducente sembra comportarsi come uno zombie. La narrazione si sposta a cinque ore prima, quando ai dipendenti della Wani Waras, una fabbrica di prodotti medici, vengono consegnati dei campioni di un nuovo prodotto con la richiesta di consegnarli al capo e alla signora Grace. Uno dei corrieri porta un pacco in una grande casa per il capo. Vengono presentati una donna di nome Kenes, il suo figlioletto Raihan e suo marito Rudi. Un uomo anziano di nome Dimin beve il campione che gli è stato portato in precedenza e si scopre che in realtà è una giovane donna, il marito di Karina. Kenes e la sua famiglia fanno visita all’anziano, che è suo padre e proprietario della Wani Waras Herbal Company.

Sembra avere un problema con Karina, poiché è la seconda moglie di suo padre. Dimin nota che dopo aver bevuto il campione di erbe Wani Waras appare più giovane allo specchio. Il proprietario sostiene che la sua azienda sta perdendo denaro e che dovrebbe accettare un’offerta da Nusa Farma. Dice che il fattore principale di un nuovo accordo sarà un prodotto simile a un elisir, chiamato “Abadi Nan Jaya”, che garantisce la giovinezza. Kenes rivela che lei e Rudi stanno divorziando e si scopre che Karina è l’ex migliore amica di Kenes. Il proprietario inizia a tossire sangue e cade a terra. I membri della famiglia cercano di tirarlo su, ma l’uomo si trasforma in uno zombie e inizia a uccidere. Bambang spara a suo padre quando questi lo attacca e il proprietario muore, dopodiché Rudi chiede ad Aris, un dipendente dell’azienda, di chiamare la polizia.

Il pericolo degli zombie comincia a diffondersi. Si scopre che è stato Aris a trasformarsi in uno zombie e a irrompere nella cerimonia all’inizio della narrazione. Nel frattempo, Karina, Rudi, Raihan e la domestica Mbok cercano di fuggire, separandosi da Kenes e Bambang. Mbok dice che possono fuggire dalla casa del capo del villaggio, ma si scopre che è la casa delle cerimonie e gli zombie uccidono Mbok. Kenes e Bambang arrivano e vedono che tutti alla cerimonia si sono trasformati in zombie. Rudi, Karina e Raihan si rifugiano all’interno della casa. Rudi viene attaccato, ma riesce a difendersi. In fretta e furia, Bambang e Kenes hanno un incidente con la loro auto a causa di un camion in arrivo. Gli zombie sulla strada attaccano le persone del camion, e Kenes e Bambang si dirigono alla stazione di polizia per vedere se possono sopravvivere.

Alla casa delle cerimonie, Rudi inizia a trasformarsi e attacca suo figlio, ma Karina lo colpisce alla testa con una bottiglia per difendere il ragazzo. I fratelli Kenes e Bambang vanno alla stazione di polizia per chiedere aiuto. Karina dice a Raihan di essere coraggioso, poi Ningsih entra in casa, dato che è sua. Ningsih chiama il suo amante, l’agente di polizia Rahman, per informarlo della situazione. Rahman è scioccato alla vista degli zombie e chiama la polizia di Sleman per chiedere aiuto. Karina chiama Kenes e le fa parlare con Raihan, poi la informa del destino di Rudi. Gli zombie attaccano la stazione mentre il virus si diffonde rapidamente. Al tramonto, Rahman e i fratelli indossano equipaggiamenti protettivi e si armano. I tre umani vengono improvvisamente circondati dagli zombie.

Proprio mentre Kenes, Bambang e Rahman stanno per essere uccisi, un tuono squarcia il cielo, facendo alzare lo sguardo agli zombie. Si scopre così che gli zombie possono essere distratti dai tuoni e dalla pioggia. Ningsih, Karina e Raihan se ne vanno in moto. Bambang e Rahman si rifugiano nella stazione, ma Kenes rimane bloccata fuori. Entra quindi in un camion per proteggersi dagli zombie. Kenes vede suo figlio, Karina e Ningsih e si unisce a loro. Quando gli zombie tornano, le tre donne e il bambino entrano di nuovo nel camion per proteggersi. Karina prende il volante e guida attraverso il muro dell’edificio della stazione di polizia.

Il finale di Elixir: Kenes è viva o morta?

The Elixir netflix

La storia raggiunge un punto di tensione quando gli zombie iniziano ad attaccare la stazione di polizia. Una volta usciti dalla stazione di polizia, Kenes, Karina e Raihan iniziano a pianificare la loro fuga da quel luogo temibile. Mentre gli zombie continuano ad attaccare, le due donne e il bambino si trovano in una situazione difficile, senza alcuna possibilità di vittoria. A causa dei fuochi d’artificio sparati dall’interno della stazione, gli zombie vengono temporaneamente distratti, il che dà a Kenes un po’ di tempo per pensare al piano. Mentre corrono verso l’altro lato della strada, lontano dalla stazione, raggiungono un luogo appartato senza zombie e sembrano diventare ottimisti. Tuttavia, una rivelazione scioccante diventa motivo di preoccupazione. Kenes vede che la sua mano è stata morsa e va in stato di shock.

Sulla base della sua esperienza nella lotta contro gli zombie e vedendo come suo padre e gli altri si sono trasformati, si rende conto che non può impedire a se stessa di trasformarsi in un mostro. A questo punto il suo istinto materno prende il sopravvento e lei si rende conto con tristezza che non potrà più stare con suo figlio. Questo la mette in una situazione difficile, con solo pochi secondi a disposizione prima di perdere il controllo del suo corpo e della sua anima. Abbraccia Raihan con emozione e gli dice addio, anche se lui la supplica di restare con lui. Il ragazzino, coinvolto nell’orrore, capisce finalmente che questa è probabilmente la sua ultima occasione per legare con sua madre. Kenes si riconcilia quindi con la sua ex migliore amica, Karina, e la abbraccia, dicendole di prendersi cura di suo figlio.

Questo è un momento commovente, poiché richiama il momento in cui lei aveva detto a Karina al telefono di prendersi cura di Raihan nel caso in cui fosse morta. Lei tiene in mano un fuoco d’artificio e distrae gli zombie mentre Karina e Raihan fuggono su una moto. Poi, Kenes, in un campo aperto, si spara alla testa prima che gli zombie la attacchino. Così, Kenes sacrifica la propria vita di fronte alla morte inevitabile. Muore come essere umano, madre e amica, senza trasformarsi in un mostro.

Karina e Raihan sopravvivono? Come?

Karina e Raihan fuggono in moto e riescono a sfuggire all’assalto degli zombie nel villaggio. Con i loro familiari morti, ora si ritrovano ad avere solo l’un l’altra come sostegno emotivo. La mattina dopo, in una giornata nuvolosa, i due raggiungono un’autostrada in un’altra parte della regione e percorrono la strada deserta. Tuttavia, uno zombie li vede allontanarsi, indicando che non sono veramente fuori pericolo. Sebbene la loro storia finisca a questo punto, la narrazione fornisce indizi sufficienti per determinare se sopravviveranno o meno. Il fatto di trovarsi all’aperto su una moto dà loro il vantaggio della velocità. Hanno il vantaggio dello spazio e del tempo, oltre ad essere lontani dalla regione in cui si è verificata l’epidemia iniziale del virus zombie. Presumibilmente possono prendersi del tempo per confortarsi a vicenda e persino procurarsi delle provviste per il loro viaggio.

Dato che Karina ha promesso a Kenes in fin di vita che si sarebbe presa cura di Raihan, si può presumere che farà tutto il possibile per salvare il ragazzo da qualsiasi pericolo. Una volta che i due avranno ritrovato la loro stabilità emotiva, probabilmente riusciranno a trovare il modo di sopravvivere. Probabilmente andranno in luoghi appartati e isolati e continueranno a vivere. Dato che Karina sa già come attaccare e neutralizzare gli zombie, potrà mettere a frutto le sue conoscenze. Dato che uno zombie li ha avvistati sull’autostrada, è probabile che vengano attaccati prima piuttosto che poi. Tuttavia, Raihan e Karina avranno probabilmente un aiuto sufficiente per organizzare un contrattacco. Uno degli elementi principali che li aiuterà a sopravvivere è il fatto che possono usare la pioggia, la velocità e i tuoni contro gli infetti. Quindi, Karina e Raihan riusciranno molto probabilmente a sopravvivere se resteranno uniti e manterranno un atteggiamento ottimista e calmo.

Ningsih e Rahman sono morti? Bambang è morto?

Uno dei momenti più strazianti arriva all’inizio della narrazione, dopo che gli zombie hanno attaccato la stazione di polizia approfittando dell’apertura creata dal camion guidato da Karina. Le persone del camion si uniscono ai due uomini alla stazione. Tuttavia, Bambang è ferito e non può muoversi a causa di un oggetto pesante sulla gamba. Gli zombie attaccano la stazione mentre Bambang e Rahman iniziano a sparare contro di loro. Tuttavia, trovano difficile contenere l’attacco incessante. A questo punto della storia, le cose prendono una piega scioccante, portando a conseguenze mortali. Uno zombie morde Ningsih al braccio e lei cerca disperatamente di liberarsi dalla sua presa. Tuttavia, non riesce a farlo prima che il morso lasci un segno indelebile sul suo corpo.

Vedendo la sua amata in pericolo, Rahman corre a salvarla. Cerca di fare tutto ciò che è in suo potere per combattere i mostri, ma viene sopraffatto dagli zombie, che lo mordono da tutte le parti. Bambang, incapace di muoversi, si offre di rimanere alla stazione per aiutare sua sorella, suo nipote e Karina a fuggire. Nonostante le loro suppliche e i loro tentativi di aiutarlo a uscire dalla sua situazione, si rende conto che è inutile. Capisce che deve essere superiore e dice loro che non vuole più scappare dai suoi problemi. Questo è un momento toccante che porta alla redenzione di Bambang. Dopo essere stato ridicolizzato per essere un perdente e insultato da suo padre, riesce a redimersi nei suoi ultimi momenti.

Lo zombie di Rudi attacca tutti e Karina gli spara per neutralizzarlo. Gli amanti Rahman e Ningsih incontrano la loro fine quando il ragazzo finalmente chiede alla sua amata di sposarlo nei loro ultimi momenti. Mentre gli zombie li attaccano, lui tira fuori l’anello e lo infila al dito della sua amata. Vengono orribilmente morsi dagli zombie da tutte le parti mentre si fidanzano. Bambang dice agli altri di andarsene e tiene in mano un fuoco d’artificio. Lo lancia contro il camion che perde carburante, facendolo esplodere, con molti zombie ancora all’interno. L’esplosione causa la morte coraggiosa di Bambang, ma neutralizza anche molti zombie allo stesso tempo.

Grace è stata contagiata da Abadi Nan Jaya? Il virus zombie si diffonde?

Nella scena a metà dei titoli di coda, una donna in un appartamento di un grattacielo parla con suo marito e dice che Dimin, il proprietario di Wani Waras, non ha ancora risposto. Si scopre che la donna è la signora Grace, quella che aveva ricevuto un pacco da Wani Waras in precedenza. Si può presumere che lei sia in realtà la proprietaria della società rivale, Nusa Farma, che cerca di acquisire Wani Waras grazie alle sue risorse superiori. In precedenza, Dimin aveva sperato che il prodotto a base di erbe Abadi Nan Jaya avrebbe portato la sua attività a nuovi livelli e avrebbe anche impedito che venisse acquisita. Grace riceve quindi il pacco nell’ambito delle trattative in corso, ma non ottiene alcuna risposta da Dimin. Si scopre anche che Grace vive principalmente a Giacarta grazie alla sua ricchezza. Poiché risiede in città, entrerà in contatto con molte più persone rispetto al suo omologo Dimin, la cui influenza era principalmente nelle zone rurali.

Il marito di Grace le dice di prepararsi per il volo. Si scopre che Grace ha già preso il campione di Abadi Nan Jaya e inizia a sentirsi più giovane, il che indica che presto si trasformerà in uno zombie. Questo fa pensare a una situazione spaventosa, perché si può presumere che Grace salirà a bordo di un aereo mentre è infetta dal virus. Quindi, molto probabilmente infetterà tutti i passeggeri. Se non sull’aereo, potrebbe infettarsi mentre va all’aeroporto, il che renderà vulnerabili le persone per le strade di Giacarta. Poiché le persone non avranno idea del motivo per cui gli infetti iniziano a mordere gli altri, molto probabilmente si faranno prendere dal panico, rendendo la situazione ancora più pericolosa. Questo indica sicuramente lo scenario più probabile, ovvero che Giacarta, e alla fine il resto del Paese, saranno infettati dal virus zombie, spingendo il Paese verso un’apocalisse.

Il virus zombie può essere contenuto? Come?

Il contenimento o il controllo del virus zombie è uno degli elementi più importanti della storia. Poiché il virus rischia di diffondersi in tutto il Paese e causare livelli di distruzione mai visti prima, spetterà al governo e all’esercito contenerne in qualche modo la diffusione. Poiché la storia stabilisce che gli zombie reagiscono ai rumori forti, guardano verso l’alto durante i tuoni e smettono di attaccare gli esseri umani durante la pioggia, ciò dimostra che hanno dei limiti intrinseci. Poiché la pioggia è una misura di sicurezza temporanea, possiamo presumere che Karina, che ne è a conoscenza, ne parlerà a qualcuno dell’esercito o del governo. Il governo potrebbe quindi esplorare opzioni come la pioggia artificiale e altre tattiche diversive per affrontare le sfide poste dagli zombie.

Presumibilmente, le persone saranno trasferite in zone più sicure utilizzando rumori forti e pioggia artificiale come diversivo. Ciò darà al governo e alla comunità scientifica il tempo di sviluppare un antidoto per il virus e distribuirlo alla popolazione. Sebbene le vittime civili saranno piuttosto numerose durante la fase iniziale dell’apocalisse zombie, le fasi successive potrebbero portare qualche speranza alla popolazione. Pertanto, la possibilità di contenere il virus zombie dipende dalla volontà della popolazione, dall’uso efficace dell’intelligence e dalla forza fornita dal governo, con l’assistenza della comunità scientifica. Sebbene la narrazione non tratti le conseguenze dell’incidente di Grace, si può presumere che la popolazione troverà un modo per liberarsi.

Kristian Ghedina: Storie di Sci – il trailer in esclusiva

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Ecco il trailer di Kristian Ghedina: Storie di Sci. Dopo essere stato presentato durante l’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il docufilm arriva finalmente al cinema a novembre con RS Productions, in concomitanza con i primi eventi pre-Olimpici 2025-2026.

Kristian Ghedina: Storie di Sci è un’opera che si preannuncia essere un’impresa cinematografica adrenalinica, coinvolgente ed emozionante, perfetta per il percorso culturale e artistico di avvicinamento ai Giochi Invernali di Milano Cortina 2026: il trailer offre uno sguardo dietro le quinte della carriera del campione attraverso aneddoti e testimonianze su una vera e propria leggenda dello sci, rievocando i suoi momenti più emblematici sulle piste.

Scritto e diretto da Paolo Galassi (I ragazzi del Columbus, Wasteland, Del Monte Memories), il docufilm vede protagonista il leggendario sciatore Kristian Ghedina, con il prezioso contributo narrativo dell’ex sportivo della neve e commentatore TV Paolo De Chiesa. Prodotto e distribuito da RS Productions, il progetto rientra nell’ambito dell’Olimpiade Culturale, programma che accompagna il percorso verso i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali, con l’obiettivo di celebrare e promuovere i valori Olimpici e Paralimpici attraverso la cultura, l’arte e il patrimonio italiano.

Il racconto ripercorre sia la vita del personaggio (facendo emergere anche un Kristian inedito e sconosciuto ai più) che la storia dello sci italiano, intrecciandosi con i momenti più iconici delle Olimpiadi e Paralimpiadi, dalla storica edizione di Cortina 1956 fino allo sguardo proiettato sul futuro, con un focus sulle nuove sedi di gara di Milano Cortina 2026 che vengono qui mostrate da una prospettiva unica e inedita. Spazio anche all’evoluzione dell’equipaggiamento di questo sport così entusiasmante e alla metodologia di preparazione atletica, senza dimenticare il fondamentale aspetto della sicurezza sui campi da sci.

Girato tra Cortina, Val Gardena, Bormio, Livigno e Milano, Kristian Ghedina: Storie di Sci valorizza i territori che hanno fatto da teatro alle grandi imprese azzurre sulla neve, con uno sguardo particolare a quelle che saranno protagoniste dei Giochi 2026 (Cortina, Bormio, Livigno, Milano). Ampio spazio anche alle interviste a esponenti istituzionali, politici, campioni dello sci e rappresentanti di Milano Cortina 2026. Tra gli intervistati: Alberto Tomba, Isolde Kostner, Lara Magoni, Peter Runggaldier, Michael Mair, Patrick Lang e il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini.

Kristian Ghedina: Storie di Sci vuole essere un tributo all’Italia, al suo sport, alla sua montagna e anche alla sua arte, con una colonna sonora del film affidata a grandi nomi della musica: il violinista elettrico Andrea Casta, il rapper Bardo Skeet feat. Clara Moroni e Francesco Baccini, che firma il toccante brano “Matilde Lorenzi” – pubblicato da Edizioni Azzurra Music – dedicato alla giovane sciatrice tragicamente scomparsa durante un allenamento sul ghiacciaio della Val Senales.

Kristian Ghedina: Storie di Sci è uno dei progetti selezionati all’interno dell’iniziativa «Olimpiade Culturale» e arriverà al cinema dal 4 novembre con RS Productions in concomitanza dei primi eventi pre-olimpici 2025-2026.

If I Had Legs I’d Kick You: recensione del film con Rose Byrne – #RoFF20

Delle tante ombre della paternità il cinema è pieno, mentre è solo di recente che si inizia ad esplorare in modo più convinto e convincente i lati sgradevoli della maternità. Soprattutto, a parlarne iniziano ad essere sempre di più le donne stesse, aggiungendo quella consapevolezza in più che gli è propria sul tema. È quello che fa anche Mary Bronstein con il film If I Had Legs I’d Kick You, presentato prima in concorso al Festival del Cinema di Berlino e poi in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma, dove lo abbiamo visto in anteprima in attesa dell’uscita nelle sale italiane.

L’idea per il film, generatasi a partire da esperienze personali e passato attraverso una lunga gestazione, offre infatti un posto privilegiato per assistere alla crisi e alle difficoltà di una madre costretta a fare i conti con difficoltà che si potrebbero definire sovrumane. Interpretata da Rose Byrne, premiata a Berlino per la sua performance, la protagonista è infatti chiamata a dimostrare un istinto materno spinto ai limiti del tollerabile per via dela malattia della figlia e la difficoltà nel gestirla. Ma c’è un momento in cui si può venire meno a tutto questo?

La trama di If I Had Legs I’d Kick You

Linda (Rose Byrne), una donna di mezza età, non sta attraversando un buon momento. Con il marito sempre in viaggio per lavoro e una figlia malata fin dalla nascita, Linda non trova conforto nel lavoro e non riceve alcun sostegno dal suo terapeuta. A causa di un danno alla sua casa, è poi costretta a trasferirsi con la figlia in un motel con breve preavviso, dove rischia di perdere definitivamente il contatto con la realtà.

Conan O'Brien e Rose Byrne in If I Had Legs I'd Kick You
Conan O’Brien e Rose Byrne in If I Had Legs I’d Kick You

Il lato oscuro della maternità

Si apre con una chiara dichiarazione d’intenti il film: un primo piano di Rose Byrne che esclude ogni cosa e ogni persona accanto a lei. Ma poi l’inquadratura si stringe, si stringe e si stringe ancora fino ad includere il solo dettagli degli occhi di lei. Un senso di chiusura, alienazione e anche claustrofobia che proseguire pressoché nel corso di tutto il film. Già da qui, dalla primissima inquadratura, la regista setta il tono, stabilisce l’emotività e il punto di vista della protagonista quali motori primari del racconto.

Da lì in avanti, infatti, se anche il film si aprirà ad includere gli altri personaggi che gravitano attorno a Linda – il suo terapista, la dottoressa della figlia, l’amichevole James – si avverte ugualmente una certa distanza tra lei e questi ultimi. Distanza che si può ritenere effetto del suo tentativo di chiedere aiuto, del suo cercare vie di fuga da una condizione che è diventata asfissiante. Tentativi che vengono però messi continuamente a tacere, minimizzati se non addirittura ignorati.

Ecco allora che If I Had Legs I’d Kick You affronta un altro aspetto raramente trattato al cinema, ovvero quello del “burnout del caregiver”. Quasi un tabù, che si sceglie di ignorare perché fare così risulta più semplice che accorgersi dei segnali di aiuto. Nell’isolamento che progressivamente avvolge Linda, si ritrova dunque il grido disperato di un’intera categoria, rappresentata in questo caso da una madre sfinita, che si chiede se può esserci una pausa da questo ruolo che la natura le ha donato.

Rose Byrne in If I Had Legs I'd Kick You
Rose Byrne in If I Had Legs I’d Kick You

Rose Byrne impreziosisce un film altrimenti didascalico

If I Had Legs I’d Kick You si articola dunque interamente attorno a questi concetti, con Bronstein che attua una serie di scelte di regie volte ad amplificarne la portata, dalla pressoché totale esclusione della figlia e del marito – confinati oltre l’inquadratura – fino al cambio di registro – dallo humor all’horror. Si ha però la sensazione a più riprese di un eccessivo didascalismo in alcuni espedienti narrativi, a partire dal buco nel soffitto che si apre nella casa della protagonista e che la costringe a soggiornare in un motel.

Un buco che fin troppo evidentemente esteriorizza quello che lei sente dentro di sé, che pensava la maternità avrebbe tappato e che invece ha solo accentuato. Una vera e propria ferita nella casa che ricorda quella proposta da Darren Aronofsky in Madre!, ma che qui risulta appunto poco più di un calcare la mano sul tema. Fortunatamente, l’intensa e sofferente interpretazione di Rose Byrne distoglie l’attenzione da questi intoppi, rapendo l’attenzione (grazie anche ai primissimi piani che le vengono riservati) e impreziosendo l’intero racconto.

Un racconto che indubbiamente lascia più di qualche ferita nello spettatore, specialmente se può avere modo di ritrovarsi in dinamiche anche solo lontanamente simili a quelle della protagonista. Il monito è però in fin dei conti quello di essere più ricettivi nei confronti dei segnali d’aiuto di chi ci sta intorno, spingendoci però anche a riflettere su quanto sia difficile salvarsi se non lo si fa da sé. Un messaggio probabilmente non immediatamente rincuorante, ma che mira ad esaltare la forza individuale e nel finale apre ad uno spiraglio di speranza.

Jeremy Allen White canta davvero in Springsteen – Liberami dal nulla?

Springsteen – Liberami dal nulla (Deliver Me from Nowhere) mostra un’ottima interpretazione di Jeremy Allen White nel ruolo principale. Il film è una biografia di Bruce Springsteen che copre il periodo in cui lavorava al suo famoso album Nebraska, concepito mentre registrava “Born to Run” con la E Street Band. È anche basato sull’omonimo libro di Warren Zanes. Il film è scritto e diretto da Scott Cooper e, oltre a White, vede la partecipazione di un cast di supporto che include Stephen Graham, Marc Maron, Jeremy Strong e Gaby Hoffman.

Sebbene i film biografici sulla musica siano di tendenza, interpretare un’icona della musica è un compito particolarmente difficile. Alcuni attori scelgono di cantare con la propria voce, come Timothée Chalamet nel film biografico su Bob Dylan A Complete Unknown. Altri recitano nei ruoli senza cantare, come Rami Malek in Bohemian Rhapsody, che non ha interpretato la potente voce di Freddie Mercury. Springsteen è un cantante potente e distintivo, difficile da imitare, e una domanda chiave che molti spettatori si porranno è se White canterà con la propria voce.

Sì, Jeremy Allen White canta e suona la chitarra in Springsteen – Liberami dal nulla

Questo dettaglio è stato confermato nelle interviste

White ha deciso di cantare con la propria voce in Springsteen – Liberami dal nulla (la nostra recensione). Questo è stato pubblicizzato nella campagna promozionale del film biografico e si sa che ha ottenuto l’approvazione dello stesso Boss. Secondo Variety, Springsteen ha dichiarato all’inizio di quest’anno che White “canta molto bene”. In una recente intervista con ScreenRant, il co-protagonista Hoffman ha osservato che Springsteen “non riusciva a credere che quella che stava ascoltando non fosse la sua voce” quando ha sentito White interpretare il ruolo. Questi erano tutti indicatori molto chiari del fatto che White cantasse con la propria voce.

Ancor prima che Springsteen reagisse alla performance di White, era stato confermato che l’attore avrebbe anche suonato la chitarra nel film. Ciò è stato confermato da Variety nel giugno 2024. Mostrare entrambe le abilità musicali è una sfida notevole per l’attore, che non ha mai avuto un ruolo importante nel canto in un film prima d’ora. Ciononostante, White e il suo team erano determinati a far sì che l’attore suonasse e cantasse in modo autentico per il film. Ciò non dovrebbe sorprendere più di tanto, dato che l’attore si era già allenato in precedenza per The Bear, che prevedeva di lavorare in un ristorante Michelin.

Come suggerisce il trailer in alcuni dialoghi, Nebraska rappresentava un notevole allontanamento dallo stile tipico di Springsteen fino a quel momento.

In Springsteen – Liberami dal nulla si possono vedere alcuni frammenti di White che suona e canta. Lo si vede prima suonare la chitarra e canticchiare la demo della canzone “Starkweather”, che in seguito sarebbe diventata la canzone principale di Nebraska. Più avanti nel trailer, lo si sente cantare una versione più completa di “Nebraska”, che diventa la colonna sonora di gran parte del trailer. Più avanti nel trailer lo si vede anche suonare la chitarra elettrica e alla fine cantare una parte di “Born to Run”.

Come si confronta la voce di Jeremy Allen White con quella di Bruce Springsteen

Springsteen - Liberami dal nulla 2025

Fa un lavoro fantastico

Come accennato in alcuni dialoghi del trailer, Nebraska rappresentò un notevole allontanamento dallo stile tipico di Springsteen fino a quel momento. Allontanandosi dalle note trascinanti di “Born in the U.S.A.” o “Born to Run”, per questo album del 1982 ha optato per un sound acustico più sobrio. Pertanto, White ha la sfida non solo di imitare Springsteen, ma anche di impersonarlo in uno stile che è di per sé molto lontano dal sound abituale del cantante. Dovrà padroneggiare questo stile e, come mostra il trailer, cantare anche alcuni successi di Springsteen.

White è assolutamente impeccabile nel cantare “Nebraska”. Nonostante l’attore suonasse la chitarra e iniziasse a canticchiare la melodia, per un attimo è sembrato che Springsteen – Liberami dal nulla fosse passato a riprodurre un clip audio dello stesso Springsteen che cantava la canzone. White ha proprio una voce simile. Padroneggia le inflessioni, il fraseggio e persino l’accento finto che Springsteen ha nella canzone originale. Questo tipo di tono vocale è abbastanza costante per tutta la durata dell’album Nebraska, quindi la provocazione di White è eccitante.

La sua versione di “Born to Run” suona leggermente meno autentica. Include la voce roca che caratterizza il lavoro di Springsteen, ma forse la esagera un po’. Questo è un elemento distintivo di gran parte del lavoro vocale di Springsteen, e ci sono versioni live più roche come quella rappresentata nel trailer di Springsteen – Liberami dal nulla, quindi ha senso che White si sia concentrato su questa caratteristica. Speriamo che il suo lavoro su “Born to Run” nel suo complesso riesca a eguagliare la qualità dinamica che ha già dimostrato in “Nebraska”.

Springsteen – Liberami dal nulla: la storia vera dietro il biopic con Jeremy Allen White

Arriva nelle sale il 24 ottobre 2025 Springsteen – Liberami dal nulla (Deliver Me from Nowhere), il biopic scritto e diretto da Scott Cooper che ripercorre uno dei momenti più fragili e rivelatori nella vita di Bruce Springsteen. Il film, interpretato da Jeremy Allen White (The Bear), porta sul grande schermo il periodo che portò alla nascita di Nebraska, l’album più intimo e oscuro del “Boss”, e racconta come la musica divenne per lui una via di guarigione da traumi familiari e crisi personali.

Prodotto da 20th Century Studios, il film si ispira al libro omonimo del giornalista Warren Zanes ma si basa anche sui racconti personali che Springsteen ha condiviso con Cooper, offrendo così un ritratto umano e vulnerabile del leggendario rocker del New Jersey.

L’infanzia difficile e il rapporto complesso con il padre

Tra i momenti più intensi del film c’è il rapporto tra il giovane Bruce e il padre Douglas (interpretato da Stephen Graham), figura autoritaria e instabile che influenzò profondamente la sensibilità del futuro musicista. Nei flashback in bianco e nero, il film mostra gli episodi di violenza domestica che segnarono la famiglia Springsteen. In una delle scene più drammatiche, Bruce interviene per difendere la madre Adele (Gaby Hoffmann) e, in un impeto di rabbia e paura, colpisce il padre con una mazza da baseball.

La scena è ispirata a un fatto realmente accaduto: “Bruce mi disse che non sapeva cosa sarebbe successo dopo, ma doveva farlo per proteggere sua madre”, ha spiegato Cooper. Più avanti nel film, la riconciliazione tra padre e figlio – con Douglas che chiede al figlio di sedersi sulle sue ginocchia dopo un concerto – rappresenta uno dei momenti più toccanti, tratto anch’esso da un episodio vero.

Le relazioni sentimentali e il personaggio di Faye

Springsteen - Liberami dal nulla
Springsteen – Liberami dal nulla – Odessa Young e Jeremy Allen White – Cortesia The Walt Disney Company Italia

Accanto al percorso familiare, Springsteen – Liberami dal nulla (la nostra recensione) esplora anche la difficoltà del cantautore nel vivere relazioni affettive. Nella finzione, Bruce si lega a Faye (interpretata da Odessa Young), una giovane madre e cameriera di Asbury Park. Sebbene Faye sia un personaggio inventato, è ispirata a diverse donne realmente presenti nella vita del musicista in quegli anni.

Attraverso di lei, Cooper indaga la solitudine e la distanza emotiva di Springsteen, incapace di mantenere un rapporto stabile mentre era completamente assorbito dal proprio processo creativo. “La verità su di sé non è mai bella”, racconta il regista citando le parole del musicista. “Bruce non riusciva a connettersi con gli altri perché non riusciva a connettersi con se stesso.”

La depressione, la corsa notturna e il ruolo salvifico della musica

Il film non teme di affrontare i momenti più oscuri della vita del rocker. In una sequenza di forte impatto visivo, Springsteen guida a tutta velocità lungo una strada deserta, sul punto di schiantarsi: una scena che, secondo Cooper, nasce da un episodio reale in cui Bruce ammise di aver pensato di togliersi la vita. “Era arrivato al limite – racconta il regista – ma all’ultimo istante ha premuto il freno.”

Decisivo in quella fase fu l’intervento del suo manager Jon Landau (interpretato da Jeremy Strong), che lo spinse a intraprendere un percorso di terapia. Da quel momento Springsteen cominciò un lento processo di rinascita personale e artistica, che avrebbe segnato tutta la sua produzione successiva.

Un ritratto autentico tra musica, dolore e redenzione

Springsteen – Liberami dal nulla – Stephen Graham – Cortesia The Walt Disney Company Italia

Con una regia sobria e una fotografia dai toni malinconici, Springsteen – Liberami dal nulla si distingue come uno dei biopic musicali più personali degli ultimi anni. Lontano dai cliché del genere, il film di Scott Cooper restituisce la dimensione intima di un artista che ha trasformato il dolore in arte, offrendo un racconto di caduta e redenzione che parla a chiunque abbia conosciuto la fragilità.

Grazie all’interpretazione intensa di Jeremy Allen White e a una colonna sonora che alterna brani originali di Nebraska a nuove orchestrazioni, il film si candida a essere tra i titoli più acclamati della stagione dei premi.

Rose Byrne sul tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma 2025

L’attrice Rose Byrne ha sfilato sul tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma 2025 dove ha presentato If I had Legs I’d Kick You (qui la nostra recensione), il film diretto da Mary Bronstein, insieme a lei all’evento romano. Con loro, sul red carpet, Andrea Romeo di I Wonder, distributore italiano del film che arriverà nelle nostre sale prossimamente.

Il film vede protagonista una straordinaria Rose Byrne, miglior attrice allo scorso festival di Berlino: l’interprete ci regala la performance più convincente della sua carriera nei panni di Linda, madre lavoratrice sull’orlo di un esaurimento nervoso. Stretta tra la misteriosa malattia della figlia, un marito lontano, pazienti ingestibili e una voragine che si apre nel soffitto di casa, la sua vita si sgretola in modo caotico e spesso grottescamente comico. Una tragicommedia audace e senza filtri che racconta con lucidità il peso soffocante della genitorialità solitaria.

Michael B. Jordan in trattative per interpretare Ricardo Tubbs in Miami Vice di Joseph Kosinski

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Michael B. Jordan è in trattative iniziali per interpretare Ricardo “Rico” Tubbs nel reboot cinematografico di Miami Vice di Joseph Kosinski.

Michael B. Jordan, uno degli attori più amati di Hollywood, è la scelta ideale per un autore di blockbuster come Kosinski, la cui filmografia include pellicole come “Top Gun: Maverick” e “F1: Il Film“. Come Kosinski, Jordan ha un talento naturale nell’infondere storie umane autentiche in film di successo, come nel franchise di “Creed“, di cui è anche regista.

Michael B. Jordan è un punto fermo di Hollywood da oltre un decennio, emergendo con film come “Fruitvale Station“, “Just Mercy“, i film di “Black Panther” e, più recentemente, con il blockbuster “I Peccatori (Sinners)“. Jordan ha recitato una doppia parte nell’epico horror di Ryan Coogler, interpretando i gemelli Smoke e Stack. Uscito il 18 aprile con grande successo di critica, “I Peccatori (Sinners)” è diventato il film horror originale con il maggior incasso di tutti i tempi, incassando 366 milioni di dollari in tutto il mondo. Jordan è attualmente impegnato nella regia, nella produzione (con la sua Outlier Society) e nell’interpretazione di “The Thomas Crown Affair” per Amazon MGM Studios.

Miami Vice di Kosinski e Universal Pictures è stato annunciato per la prima volta ad aprile, con una data di uscita fissata per il 6 agosto 2027. Il film è basato sulla serie TV degli anni ’80, con Don Johnson e Philip Michael Thomas, nei panni di detective sotto copertura nel sud della Florida. Secondo la sinossi ufficiale, il reboot “esplora il glamour e la corruzione della Miami di metà anni ’80” ed è “ispirato all’episodio pilota e alla prima stagione della storica serie televisiva che ha influenzato la cultura e ha dettato lo stile di tutto, dalla moda al cinema”.

It – Welcome to Derry: tutto quello che sappiamo sulla serie prequel di It

It – Welcome to Derry è il prequel dei film di grande successo di Andy Muscietti tratti dai romanzi di Stephen King It e It Chapter Two, e dato che i lavori per la serie TV It sono già a buon punto su HBO Max, c’è già molto di cui discutere. I film e la storia di It sono ambientati nella città di Derry, nel Maine, che ogni 27 anni è tormentata da una presenza malvagia conosciuta come Pennywise. Pennywise è un clown demoniaco di origine extradimensionale, in grado di assumere una varietà di forme macabre.

Pennywise si nutre della paura e il suo spuntino preferito sono i bambini, il che lo rende un avversario più che terrificante in It e It Chapter Two. Sebbene le origini di Pennywise, compreso il motivo per cui assume la forma di un clown, siano accennate nel romanzo originale di Stephen King e nei film It di Muscietti, gran parte del suo passato rimane misterioso. La prossima serie prequel di It, It – Welcome to Derry, approfondirà la storia del clown assassino di Derry e offrirà uno sguardo molto più approfondito su come il suo regno di terrore influenzi la città immaginaria nel Maine.

Ultime notizie su IT – Welcome To Derry

IT - Welcome to Derry Pennywise
IT: Welcome to Derry – courtesy of HBO

Confermato il piano di uscita di Welcome To Derry dopo le voci di un ritardo

La rete non ha fornito ulteriori dettagli, né ha ristretto l’ampia finestra di uscita a un determinato mese o trimestre dell’anno.

Diversi mesi dopo che la serie prequel di Stephen King è stata presentata nel trailer della HBO per il 2025, le ultime notizie confermano il piano di uscita di Welcome to Derry. La tanto attesa serie It è stata oggetto di una miriade di voci su Internet che suggerivano che lo show non sarebbe arrivato prima del 2026. Ora, HBO ha fatto chiarezza confermando che Welcome to Derry arriverà nel corso del 2025. Tuttavia, la rete non ha fornito ulteriori dettagli, né ha ristretto l’ampia finestra di uscita a un determinato mese o trimestre dell’anno.

Welcome To Derry è confermato

IT Welcome to Derry serie

La serie prequel di It sta per arrivare

Welcome to Derry è confermato, con l’annuncio fatto nel marzo 2022 (tramite Variety) insieme alla rivelazione che Andy e Barbara Muschietti e Jason Fuchs avrebbero prodotto la serie prequel di It per HBO Max. Le riprese sono iniziate nel 2023, ma sono state subito ritardate a causa dello sciopero SAG-AFTRA, che è stato infine risolto nel novembre 2023. Il produttore Jason Fuchs ha rivelato che le riprese sono terminate dopo oltre 200 giorni nell’agosto 2024.

Il cast di IT – Welcome To Derry

IT - Welcome to Derry Pennywise
IT: Welcome to Derry – courtesy of HBO

Chi interpreterà Pennywise nella serie prequel di It della HBO?

Il cast di Welcome to Derry è stato in gran parte rivelato, anche se non ci sono state anticipazioni su chi interpreteranno gli attori protagonisti della serie prequel di It della HBO. La maggior parte degli attori annunciati finora compongono il cast più giovane dello show, seguendo la tendenza stabilita da It, che vedeva un gruppo di giovani disadattati affrontare la creatura interdimensionale. Anche se probabilmente ci saranno alcuni collegamenti con il cast degli ultimi film di It, i personaggi saranno probabilmente tutti nuovi, dato che la serie è ambientata negli anni ’60.

È stato ora confermato che Bill Skarsgård riprenderà il ruolo di Pennywise il clown danzante. Notizie precedenti suggerivano che non sarebbe apparso nel prequel, ma ora il veterano attore caratterista indosserà nuovamente il costume da clown e ricoprirà anche il doppio ruolo di produttore esecutivo. Sono stati annunciati molti membri del cast, tra cui Alixandra Fuchs, Kimberly Guerrero, Dorian Grey, Thomas Mitchell, BJ Harrison, Peter Outerbridge, Shane Marriott, Chad Rook, Joshua Odjick e Morningstar Angeline.

La storia di IT – Welcome To Derry

IT - Welcome to Derry Pennywise
IT: Welcome to Derry – courtesy of HBO

La serie esplora Derry negli anni ’60

Ci sono molti aspetti della storia di Pennywise che non sono stati esplorati, e il libro ha solo accennato alla lunga storia tra la città di Derry e il mostro interdimensionale.

Molto poco è stato rivelato sulla trama di Welcome to Derry. Stephen King non ha mai scritto un prequel di It, quindi la storia della serie HBO sarà completamente originale. Gli unici dettagli confermati sono che conterrà la storia delle origini di Pennywise e che sarà ambientata negli anni ’60 (via Variety). Ci sono molti aspetti della leggenda di Pennywise che non sono stati esplorati, e il libro si limita a accennare alla lunga storia tra la città di Derry e il mostro interdimensionale.

Un indizio importante è la storia del Black Spot, un club che accoglieva la comunità nera di Derry e che fu bruciato dai suprematisti bianchi. La storia viene raccontata a Mike da suo padre Will nel libro, e le immagini della serie rivelano che Welcome to Derry potrebbe esplorare quel terribile evento nella storia della città.

IT – Welcome To Derry – Trailer

Guarda il trailer

Il primo filmato di Welcome to Derry è stato rivelato come parte dell’ultima promozione della HBO per le serie nuove e quelle di ritorno. Il filmato è una piccola parte del video, che inizia al minuto 1:35, nella sezione “In arrivo nel 2025”.

Mostra un gruppo di bambini in bicicletta, il palloncino rosso di Pennywise e una voce fuori campo che dice: “Questa non è l’America, questa è Derry.” Anche se il nuovo filmato non rivela molto, dà una buona idea di come la serie prequel di IT affronterà il materiale originale.

Un altro trailer è stato pubblicato dalla HBO nell’agosto 2024 e mostrava un breve frammento della prossima stagione di Welcome to Derry. Anche se il teaser non svela quasi nulla, mette in evidenza la narrazione cruenta e il terrore generale che pervaderà la serie di Stephen King.

The Toxic Avenger: recensione del remake del cult della Troma con Peter Dinklage – #RoFF20

Con Peter Dinklage nel ruolo del protagonista, The Toxic Avenger esce finalmente nelle nostre sale il 30 ottobre distribuito da Eagle Pictures, dopo essere stato presentato nel circuito dei festival e in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma 2025. Alla regia c’è Macon Blair, già Gran Premio della Giuria al Sundance del 2017 col suo I Don’t Feel at Home in This World Anymore che affronta il mito Troma abbracciandone le caratteristiche, ma forse ripulendolo un po’ troppo.

Ma facciamo un passo indietro…

C’era una volta la Troma

È il 1974 quando nasce la Troma Entertainment, casa di produzione statunitense fondata da Lloyd Kaufman e Michael Herz, specializzata in film a bassissimo costo e altissimo tasso di splatter, nudità, irriverenza, e tutto ciò che di più sgradevolmente divertente riuscite a immaginare.

Con Troma esordiscono autori del calibro di Trey Parker e Matt Stone, futuri creatori di South Park e soprattutto quel James Gunn che negli ultimi anni è diventato il re Mida dei cinecomics, indifferentemente che fossero targati Marvel o DC.

E, a proposito di cinecomics, nel 1984, un’epoca dorata in cui quel termine era ben lontano dall’identificare il più remunerativo genere cinematografico del ventunesimo secolo, Troma passa dall’essere una micro-casa di produzione exploitation, a assoluta mitologia facendo uscire nelle sale The Toxic Avenger. È un instant cult.

The Toxic Avenger
The Toxic Avenger Cortesia di Eagle Pictures

Nel film, diretto dagli stessi Herz e Kaufman conosciamo Melvin, timido addetto alle pulizie di una palestra che, buttato da alcuni bulli in un barile di rifiuti tossici, si trasforma in un mostro buono: il vendicatore tossico!Armato di mocio e senso della giustizia, Toxie (così, lo chiamano gli amici) ripulisce la corrotta Tromaville a colpi di vendetta iper-violenta dal taglio volontariamente cartoonesco. Utilizzando un’estetica da Z-Movie per mettere in berlina le contraddizioni dell’America reaganiana, il film dimostra  per la prima volta che anche dalla scena indie più low budget poteva nascere una vera e propria icona pop. Il suo successo è stato tale da generare tre sequel (di cui, il quarto capitolo: Citizen Toxie, è forse la vetta assoluta del Troma Way of Life), il cartoon Toxic Crusaders e, infine… l’omonimo remake contemporaneo.

Di cosa parla The Toxic Avenger?

Anche in questo caso, la storia resta volutamente essenziale: un addetto alle pulizie cade nei rifiuti tossici, rinasce giustiziere e, con un mocio in mano, dichiara guerra a una città marcia. A mettergli i bastoni tra le ruote un Kevin Bacon perfettamente a suo agio nei panni del villain “larger than life”, tutto sorrisi lucidi e cinismo da cartone animato e Elijah Wood mascherato e deforme, che in alcune occasioni riesce anche a rubargli la scena. A Taylour Paige e Jacob Tremblay tocca il non facile compito di fare da contrappesi emotivi in un film in cui il rischio di scivolare nel trash è sempre dietro l’angolo. La sorpresa è Peter Dinklage che non scivola nell’insidioso tranello di impersonare una gag vivente e riesce nell’intento di regalarci un eroe tragico e tenero. Interpreta Winston/Toxie come un uomo ferito prima ancora che un mostro: fragile, ironico, capace di un’empatia in grado di contrastare la follia che lo circonda. Il suo lavoro sulla voce e sul corpo nascosto sotto chili di lattice danno uno spessore che Toxie finora ha visto solo da lontano e riescono a tenere insieme il film quando l’eccesso di slapstick rischia di prendere il sopravvento.

Un perfetto popcorn movie di mezzanotte

The Toxic Avenger
The Toxic Avenger Cortesia di Eagle Pictures

Blair non tenta in “nobilitare” il cult dell’84 ma lo rilancia, proponendolo come il più orgoglioso e sfrontato dei midnight movie, a base di effetti prostetici, litri di sangue e battute scorrette, ma con un centro emotivo ben calibrato.  È qui che il film trova il punto d’incontro tra l’energia “amatoriale” del Do It Yourself del marchio Troma e la grandeur inattesa di un cast da primo piano.

A mancare – e forse questo è il difetto più grande del film – è la forza corrosiva della Troma originale. La cattiveria satirica, la rabbia politica dell’originale, in questo caso, è spesso sostituita da simpatiche scenette innocue che di aggressivo e controverso hanno ben poco, e se si entra in sala con l’intento di ritrovare lo spirito tagliente delle pellicole precedenti si potrebbe restare delusi.

Qualcuno leggerà questa “normalizzazione” come un tradimento dei tempi, qualcun altro come la maturazione necessaria per farlo arrivare a un pubblico più ampio.

Nel complesso, The Toxic Avenger riesce a mantenere un certo stile da giocattolo punk: sporco, rumoroso, a tratti diseguale, ma animato da un sincero affetto per il mito e da un protagonista capace di far filtrare, tra le fettucce del mocio, un po’ di vero sentimento. Se vi aspettate coerenza e satira antiamericana da A24, troverete un patchwork sbilenco che potrebbe lasciarvi insoddisfatti; se invece amate i popcorn movie di mezzanotte per ridere, sgranare gli occhi e divertirvi insieme agli amici, il viaggio a Tromaville potrebbe valere il biglietto.

Gen V – Stagione 2: la spiegazione del finale e come prepara il terreno per la quinta stagione di The Boys

Il finale della seconda stagione di Gen V presenta alcune delle scene di combattimento più incredibili della serie e conclude perfettamente molti dei filoni narrativi sottostanti. Allo stesso tempo, prepara il terreno per la quinta stagione di The Boys in più di un modo.

Ambientata dopo gli eventi del finale della quarta stagione di The Boys, la seconda stagione di Gen V continua la storia di Marie, Emma, Jordan, Sam e Cate, mentre i quattro giovani supereroi affrontano il caos crescente nel loro mondo. La serie introduce anche un nuovo supercattivo, Cipher, che alla fine si rivela essere nient’altro che un burattino di Thomas Godolkin.

Prima dell’arco finale della seconda stagione di Gen V, Marie finisce per guarire Thomas Godolkin, che decide di uccidere tutti i super deboli per creare un mondo in cui pochi super potenti regnano sovrani. Sfortunatamente per lui, anche se dimostra di essere un super forte, non tutto va secondo i suoi piani.

Spiegazione del cameo di Starlight e A-Train nel finale della seconda stagione di Gen V

Grazie alle sue incredibili capacità di controllo mentale, Thomas Godolkin finisce per rendere Marie il suo “burattino di carne”. Tuttavia, Polarity arriva presto in soccorso e Marie alla fine uccide il cattivo. Di conseguenza, tutto finisce bene per i giovani supereroi nei momenti finali della seconda stagione di Gen V.

Con loro grande sorpresa, Starlight e A-Train compaiono all’improvviso e ammettono di essere impressionati da ciò che sono riusciti a ottenere. I due ex membri dei Sette li invitano a unirsi alla “Resistenza”. Rendendosi conto che A-Train e Starlight sono dalla “parte dei buoni” e combattono contro i suprematisti dei supereroi, come Homelander, i giovani supereroi accettano di unirsi a loro.

Cos’è la “Resistenza” di Starlight in The Boys

gen v - stagione 2

Gen V stagione 2 non approfondisce troppo il significato di “resistenza”, ma è evidente che si tratta di un movimento contro il regno di Patriota. I “Boys” del titolo della serie si sono sciolti verso la fine della stagione 4 di The Boys, quando Billy Butcher ha intrapreso la sua oscura missione di sradicare tutti i supereroi dal mondo.

Starlight, A-Train, Hughie, Frenchie, Kimiko e Mother’s Milk sembrano ora far parte di una squadra determinata a impedire a Patriota di creare un mondo governato dai supereroi. Poiché resistono ai suoi ideali e lottano per creare un mondo in cui sia i supereroi che le persone normali siano trattati allo stesso modo, insieme formano la “Resistenza”.

Anche i giovani supereroi moralmente buoni di Gen V sembrano ora pronti a combattere la grande battaglia contro Patriota dopo aver accettato di far parte della “resistenza”. Allo stesso tempo, dovranno anche tenere d’occhio Billy Butcher, che sta perseguendo un altro ideale estremo: spazzare via tutti i supereroi.

Perché la visione di Annabeth sul destino di Marie non si è avverata

Gen V - Stagione 2

Annabeth viene presentata come una precog nella seconda stagione di Gen V. Tuttavia, i suoi poteri sembrano essere meno sotto il suo controllo e le sue visioni del futuro si manifestano quasi sempre nei modi più inaspettati. In una delle sue visioni negli episodi finali della seconda stagione di Gen V, vede la morte di Marie e inizia a temere di perdere sua sorella.

Sorprendentemente, però, la visione del futuro di Annabeth non si avvera, poiché Marie alla fine sopravvive. Ci potrebbero essere due ragioni dietro questo:

  • Le sue visioni del futuro sono mere proiezioni di eventi presenti, ma non sono scolpite nella pietra. In parole povere, il futuro che vede può sempre essere cambiato.
  • Ha previsto un evento completamente diverso che si svolgerà nella stagione 5 di The Boys.

Se la prima ipotesi è vera, Marie è riuscita a sfidare il suo destino. Tuttavia, se la seconda ipotesi fosse vera, Marie potrebbe morire nell’ultima stagione di The Boys. La serie la ritrae da tempo come una delle supereroine più forti, il che potrebbe significare che potrebbe affrontare Patriota nella quinta stagione di The Boys. È allora che la visione di Annabeth si avvererà?

Cosa significano la morte di Thomas Godolkin e il potenziamento di Marie per la quinta stagione di The Boys

Thomas Godolkin avrebbe potuto essere un altro “grande cattivo” nella quinta stagione di The Boys. Tuttavia, la capacità di Polarity di resistere al suo potere di controllo mentale diventa la sua più grande debolezza. La sua morte avrà comunque un impatto sugli eventi della quinta stagione di The Boys in più di un modo. Per cominciare, la sfida di Godolkin nei confronti di Sister Sage ha dimostrato che, nonostante fosse l’essere umano più intelligente al mondo, anche lei poteva inciampare.

Il piano di Sister Sage è andato anche contro Patriota, perché lei non gli ha detto nulla di Godolkin o del suo ritorno. Patriota probabilmente ha saputo di lui dopo aver visto il video di annuncio che ha realizzato per tutti gli studenti della God U. Per questo motivo, Homelander avrà senza dubbio un problema con Sister Sage nella stagione 5 e si fiderà di lei un po’ meno di quanto facesse in precedenza.

Patriota chiama persino Sister Sage nel finale della seconda stagione di Gen V, suggerendo che ha scoperto di Thomas Godolkin ed era arrabbiato perché Sage non gli aveva detto nulla su di lui.

Il potenziamento di Marie nell’arco finale della seconda stagione di Gen V la rende una delle supereroine più forti dell’universo di The Boys. Tuttavia, dato che per ora sembra essere alla pari con Victoria Neuman, è difficile non chiedersi se sia in grado di battere qualcuno come Butcher. Per poter avere una possibilità di battere Patriota, sembra che abbia ancora bisogno di salire di livello.

Perché Marie cambia idea sulla guarigione di Cate

Gen V Stagione 2
Gen V Stagione 2 – Cortesia Prime Video

Cate ha tradito la fiducia di tutti nella stagione 1 di Gen V. Per questo motivo, tutti i giovani supereroi principali avevano un buon motivo per non fidarsi di lei nella stagione 2. Il fatto che abbia collaborato con Patriota ha peggiorato ulteriormente le cose. Cate paga il prezzo del suo comportamento moralmente scorretto nella stagione 2, quando una ferita alla testa la lascia quasi senza poteri.

È ancora in grado di usare i suoi poteri, ma questi non funzionano mai come vorrebbe. Tuttavia, è in questo momento che sembra ritrovare se stessa e intraprendere il percorso della redenzione. Si sente in colpa per aver controllato i suoi amici e aver abusato dei suoi poteri su di loro. Inoltre, promette di non usare mai più il suo potere di controllo mentale sui suoi amici e mantiene la parola data.

In questo modo, riconquista la fiducia di Marie, che la perdona aiutandola a guarire. È interessante notare che, quando Cate è stata ricoverata in ospedale dopo l’incidente, ha inconsapevolmente controllato la mente di un’infermiera senza nemmeno toccarla. Questo sembrava suggerire che alla fine avrebbe potuto diventare forte come Thomas Godolkin e usare i suoi poteri senza “toccare”.

Perché Jordan rompe con Marie nel finale della seconda stagione di Gen V

La relazione tra Jordan e Marie attraversa molti alti e bassi, momenti positivi e negativi, durante tutta la seconda stagione di Gen V. Marie sembra un po’ più sicura dei propri sentimenti nei confronti di Jordan, ma Jordan evita di esprimere i propri veri sentimenti. Anche Jordan alla fine cambia idea e dice a Marie che la ama.

Sfortunatamente, Jordan si rende anche conto che la loro relazione potrebbe non funzionare. Uno dei motivi sembra essere il fatto che Marie, come Patriota, è stata creata dal Progetto Odessa ed è stata progettata per essere migliore di quasi tutti gli altri supereroi.

Il fatto che Marie sia più forte degli altri sembra infastidire Jordan. Sembra che Jordan capisca che essere migliore degli altri supereroi potrebbe corrompere Marie. Marie potrebbe non rendersene conto, ma Jordan sembra vedere in lei un lato oscuro che lo infastidisce molto.

Tuttavia, c’è ancora la possibilità che Marie e Jordan alla fine facciano pace e finiscano insieme nell’ultima puntata di The Boys.

Come il finale della seconda stagione di Gen V prepara la quinta stagione di The Boys

Patriota stava diventando sempre più instabile e impulsivo prima che Sister Sage arrivasse e gli mostrasse la strada nella quarta stagione di The Boys. Sage gli ha dimostrato che, se avesse seguito il suo esempio, avrebbe ottenuto molto più di quanto avesse previsto. Tuttavia, dopo il fiasco di Thomas Godolkin, Patriota farà fatica a fidarsi di lei.

Questo potrebbe significare che, invece di accontentarsi di un piano strategico a lungo termine, tornerà alle sue vecchie abitudini e scatenerà il caos nel mondo. Il restringimento della visione di Homelander porterebbe a conseguenze disastrose nella stagione 5 di The Boys. Per questo motivo, è difficile non immaginare che la stagione 5 di The Boys precipiterà in un conflitto enorme, in cui Patriota non si fermerà davanti a nulla per imporre la sua visione distorta.

Fortunatamente, la “Resistenza” ora ha alcuni supereroi incredibilmente potenti nella sua squadra. Come si è visto nei momenti finali della stagione 2 di Gen V, hanno anche dalla loro parte l’“altra” creazione del Progetto Odessa, Marie, che sembra essere pronta ad affrontare Patriota nella stagione 5 di The Boys.

A letto con il nemico: la spiegazione del finale del film

A letto con il nemico (Sleeping with the Enemy), uscito nel 1991 e diretto da Joseph Ruben, è un thriller psicologico che mescola elementi del dramma domestico con la tensione del cinema di suspense. Al centro del film c’è Julia Roberts, che all’epoca era reduce dal successo mondiale di Pretty Woman e qui si cimenta in un ruolo completamente diverso, dimostrando una sorprendente versatilità. Il film si colloca infatti come una tappa importante nella sua carriera, segnando il passaggio da icona romantica a interprete capace di affrontare ruoli più intensi e oscuri. La pellicola combina il ritmo del thriller con una riflessione profonda sulla paura, il controllo e la ricerca di libertà.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Nancy Price, pubblicato nel 1987, che esplora i meccanismi psicologici della violenza domestica e la difficile rinascita di una donna costretta a fuggire dal proprio marito violento. L’adattamento cinematografico di Ruben conserva la struttura essenziale del romanzo, ma accentua gli elementi di tensione e di mistero, costruendo un’atmosfera costante di minaccia latente. La protagonista, Laura, è una donna che simula la propria morte per sfuggire a un matrimonio fatto di terrore, per poi scoprire che il passato non è così facile da lasciarsi alle spalle. Attraverso una regia tesa e un’interpretazione magnetica, il film si impone come uno dei più celebri ritratti hollywoodiani della violenza psicologica nella coppia.

A letto con il nemico affronta temi ancora oggi di forte attualità: il controllo, la paura e la necessità di riconquistare la propria identità dopo anni di sottomissione. Julia Roberts dà volto a un personaggio fragile ma determinato, simbolo di emancipazione e sopravvivenza. Il film non si limita a mostrare la fuga da una relazione tossica, ma indaga il trauma che ne deriva e la difficoltà di fidarsi di nuovo. Nel resto dell’articolo analizzeremo nel dettaglio il finale del film, spiegandone il significato simbolico e come esso racchiuda la piena affermazione della libertà interiore della protagonista.

Julia Roberts e Patrick Bergin in A letto con il nemico
Julia Roberts e Patrick Bergin in A letto con il nemico

La trama di A letto con il nemico

Il film segue la storia di Laura (Julia Roberts) e Martin Burney (Patrick Bergin), una coppia apparentemente felice che abita in una grande casa al mare sull’East Coast. La realtà, tuttavia, è un’altra: l’uomo è violento e possessivo, soprattutto nei confronti della moglie. Dopo l’ennesimo litigio, stanca di sopportare i soprusi del marito, Laura cerca però di pianificare la fuga. L’occasione arriva una sera, quando la coppia viene invitata da amici a fare un giro in barca a vela: con l’arrivo di un improvviso temporale, Laura si getta in mare facendo finta di affogare. Tutti la credono morta, anche se il corpo in realtà non verrà mai ritrovato.

Dopo la cerimonia funebre, Martin riceve una chiamata di condoglianze da parte dell’istruttrice di nuoto della moglie, che lo insospettisce particolarmente perché ha sempre creduto che la donna non sapesse nuotare. Intanto Laura ha completamente cambiato vita e trasformato la sua identità: ora si chiama Sara Waters e abita a Cedar Falls, in Iowa. Qui ha conosciuto Ben (Kevin Anderson), il suo nuovo vicino di casa, del quale finisce per innamorarsi. Tuttavia, quell’idillio verrà spezzato quando Martin riuscirà a ritrovarla, con l’obiettivo di gettarla nuovamente nell’inferno da cui è scappata.

La spiegazione del finale del film

Nel finale di A letto con il nemico, piccoli dettagli domestici rivelano a Laura che Martin è tornato. Gli asciugamani allineati perfettamente, gli oggetti della cucina ordinati come un tempo: segni che solo lui avrebbe potuto lasciare. È l’inizio di un incubo che riaffiora. Martin, ossessionato dal controllo, irrompe nella nuova casa di Laura, deciso a riportarla nel suo dominio. Il confronto tra i due è violento e carico di simbolismo, mentre l’intrusione di Ben, il nuovo compagno, introduce però una possibilità di difesa e solidarietà che prima non esisteva nella vita della protagonista. La scena finale è un confronto diretto tra carnefice e vittima, ma anche una ribellione definitiva contro anni di paura.

Martin, armato, tenta di riprendere il controllo, ma Laura reagisce con una forza che non aveva mai mostrato prima. Dopo averlo ferito, lo tiene sotto tiro e chiama la polizia, ma invece di chiedere protezione – come aveva fatto in passato – dichiara con calma di aver ucciso un intruso. È il momento in cui la dinamica di potere si inverte: Laura non è più la donna perseguitata, ma colei che decide del proprio destino. Lo scontro si conclude con la morte di Martin, il simbolo del controllo e della violenza, mentre Laura e Ben attendono insieme l’arrivo della polizia, segnando la fine di un incubo e l’inizio di una nuova consapevolezza.

Julia Roberts in A letto con il nemico
Julia Roberts in A letto con il nemico

Il finale di A letto con il nemico rappresenta una liberazione tanto fisica quanto psicologica. La scelta di Laura di uccidere Martin non è dettata dalla vendetta, ma dalla necessità di affermare la propria libertà dopo anni di sottomissione. Il gesto con cui dichiara di aver “ucciso un intruso” è emblematico: per lei, Martin non è più il marito, ma un estraneo, una presenza da cui separarsi completamente per poter esistere come individuo. La tensione si scioglie in una calma amara ma necessaria, in cui la violenza diventa lo strumento di rottura da un ciclo di abusi senza fine.

Tematicamente, il film chiude coerentemente il percorso di rinascita della protagonista, completando la sua trasformazione da vittima a donna autodeterminata. La regia di Joseph Ruben sottolinea questa evoluzione con un uso mirato del linguaggio visivo: la casa, che era stata simbolo di prigionia, diventa il luogo della liberazione; la voce di Laura, spesso spezzata o tremante, acquista fermezza nel momento decisivo. Anche l’intervento di Ben, pur marginale, suggella l’idea che la fiducia e l’amore possono esistere solo quando si è riconquistata la libertà interiore.

Il messaggio che A letto con il nemico lascia è quello della resilienza e del coraggio di ricominciare. Laura rappresenta la forza silenziosa di chi riesce a spezzare le catene della paura e a riscrivere la propria identità. Il film denuncia la violenza domestica non solo come dramma privato, ma come forma di prigionia invisibile che annienta l’autonomia e la dignità. Nella sua conclusione, offre un messaggio di speranza: anche dopo il trauma più profondo, è possibile riprendere il controllo della propria vita, ricostruire se stessi e trovare, finalmente, la pace.

Red Sparrow: la spiegazione del finale del film

Red Sparrow (qui la recensione), il film del 2018 diretto da Francis Lawrence, regista di Hunger Games, e interpretato da Jennifer Lawrence, è un thriller di spionaggio intricato con molti colpi di scena e un finale particolarmente scioccante. Racconto claustrofobico di agenti doppiogiochisti, tradimenti, identità segrete e secondi fini, Red Sparrow è un viaggio scomodo e straziante nel mondo delle spie clandestine nel clima politico teso delle relazioni tra Russia e Stati Uniti.

Quando iniziano i titoli di coda, i dettagli specifici del finale di Red Sparrow possono essere un po’ difficili da discernere. Il film ha molti livelli e parti in movimento, anche per essere un thriller di spionaggio, e può lasciare lo spettatore un po’ confuso dopo la prima visione. Tuttavia, sebbene il finale di Red Sparrow abbia molteplici livelli, non è così complicato come sembra a prima vista. Una volta spiegati i momenti salienti del finale, questo film sottovalutato con Jennifer Lawrence può essere apprezzato per la trama intricata che è in realtà.

L’identità della talpa in Red Sparrow

Ci sono due personaggi principali in Red Sparrow: Dominika (Jennifer Lawrence) e Nash (Joel Edgerton). Dominika è una Sparrow, una sabotatrice/provocatrice/agente d’élite russa. Nash è un agente operativo della CIA incaricato di proteggere il suo contatto, una talpa all’interno del governo russo. Il film inizia con Nash che rischia di scatenare un incidente internazionale mentre cerca di proteggere l’identità della talpa e, di conseguenza, viene espulso dalla Russia. L’identità di questo doppio agente è un segreto gelosamente custodito per gran parte del film, fino a quando non viene rivelata verso la fine.

Per tutto il tempo, il generale Vladimir Andreievich Korchnoi, interpretato da Jeremy Irons, ha spiato per conto degli americani. Rivela la sua vera fedeltà a Dominika e si rammarica che il suo tempo sia quasi scaduto. La sua lealtà alla Russia è stata messa alla prova dalla fine della Guerra Fredda ed è rimasto affascinato dal richiamo dell’individualismo offerto dall’Occidente. La Russia era diventata una sorta di prigione per un uomo come Korchnoi, che era stanco di essere nient’altro che un ingranaggio anonimo in una macchina apparentemente troppo grande. Così ha deciso di collaborare con la CIA per promuovere l’agenda occidentale, piuttosto che quella della Russia neo-sovietica.

Verrà scoperto, ma ha un piano: fare in modo che Dominika, attualmente sospettata di essere lei stessa una doppia agente, lo denunci e diventi un’eroina nazionale. Da questa posizione di impunità, lei potrà continuare il suo lavoro, minando i piani della Russia e fornendo informazioni all’Occidente. Lui è disposto a sacrificarsi se la sua eredità continuerà a vivere attraverso Dominika. L’unico problema per Dominika è che lei non ha necessariamente fedeltà né agli Stati Uniti né alla Russia. Ha accettato di diventare una spia solo perché l’alternativa era la morte. Per quanto ne sa il pubblico, l’unica persona della sua vita a cui tiene davvero è sua madre.

Red Sparrow film sequel

Il doppio gioco di Dominika

In tutto Red Sparrow, Dominika è combattuta tra la sua fedeltà forzata alla Russia e il suo apparente desiderio di disertare negli Stati Uniti. Tuttavia, nonostante tutto, ha in mente un obiettivo più specifico: la vendetta. Lo zio di Dominika, Ivan, è un catalizzatore fondamentale per la sua ricerca di giustizia. Recluta sua nipote per una missione che si conclude con il suo stupro e un omicidio violento, per poi spedirla in una scuola di spionaggio clandestina dove le viene insegnato a diventare un’agente spietata dello Stato.

Dominika viene disumanizzata attraverso lo stupro, l’omicidio e la sistematica rimozione della sua identità, e questo prima ancora che lui manifesti sentimenti incestuosi per sua nipote e la baci. Tutto ciò che accade è colpa sua, e Dominika lo sa fin dall’inizio, o almeno molto presto. Durante le sue missioni, sia per la Russia che per gli Stati Uniti, raccoglie e piazza prove contro suo zio, e tutto culmina nel finale, uno scambio di ostaggi.

I russi restituiscono la talpa alla custodia degli americani, mentre gli americani restituiscono Dominika ai russi. Quando la borsa opaca viene rimossa dalla testa della talpa, il film torna indietro ai momenti cruciali tra Dominika e suo zio Ivan, tra cui il furto di un bicchiere (con le sue impronte digitali) dal suo ufficio e la creazione di copie false dei dati acquisiti dal senatore Boucher (Mary-Louise Parker). Quando la maschera viene rimossa, il volto rivelato non è quello di Korchnoi, ma di Ivan, che è stato incastrato con successo da Dominika.

Ha usato il bicchiere per collocarlo dove non era mai stato e il floppy disk per suggerire che stesse fornendo dati falsi ai russi. Il tutto si conclude in modo sanguinoso. In precedenza, gli americani temevano che i russi non avrebbero mai permesso a una talpa smascherata di vivere e condividere segreti con l’Occidente, e il loro sospetto si rivela fondato quando un cecchino pone fine alla vita di Ivan con un colpo ben mirato alla testa.

Red Sparrow cast

Ci sono due talpe alla fine di Red Sparrow

Alla fine di Red Sparrow, il governo russo è minato da due talpe: Korchnoi mantiene il suo ruolo nell’esercito mentre passa informazioni alla CIA, e ora Dominika è infiltrata nei servizi segreti russi. Al di sopra di ogni sospetto per aver smascherato suo zio come traditore dello Stato, Dominika è in una posizione ideale per aiutare la CIA e minare gli interessi della Russia, anche se la sua vera fedeltà è sconosciuta. È preoccupata per gli intrighi politici e le dispute clandestine tra Russia e America? Ora che la sua missione personale è compiuta, come userà le sue capacità per influenzare il più ampio panorama geopolitico delle relazioni tra Est e Ovest?

Il futuro è tutto da scrivere per Dominika, e la nuova Guerra Fredda del XXI secolo è il luogo in cui lascerà il segno. L’ultima scena del finale di Red Sparrow mostra Dominika che risponde a una telefonata. Presumibilmente, è la CIA, forse lo stesso Nash, che solleva domande sottintese. Dominika prova davvero sentimenti romantici per l’agente Nash? O il suo affetto era solo uno stratagemma per usare lui e le sue risorse per vendicarsi del malvagio zio Ivan? Ma se non fosse la CIA a chiamare?

Mentre il film sfuma nei momenti finali del finale di Red Sparrow, si sente della musica dall’altra parte della linea. Musica di balletto russo. È il suo contatto o rappresenta qualcosa di più personale? Qualunque sia il caso, Dominika non è ancora fuori pericolo. I suoi segreti sono solo suoi, ma ora deve vivere nella costante paura di essere scoperta da persone che non ci penseranno due volte prima di giustiziarla come spia.

Cosa dice Red Sparrow sulla politica tra Stati Uniti e Russia?

Il romanzo originale Red Sparrow, pubblicato nel 2013, era attuale nella sua rappresentazione della Russia come un paese che lavora instancabilmente per minare gli interessi occidentali, come se la Guerra Fredda non fosse mai finita. Nel 2018, quando Red Sparrow è uscito sullo sfondo delle crescenti prove dell’interferenza russa nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, quella avvincente storia di spionaggio sembra ancora più attuale.

Un elemento centrale è il gioco di scacchi che consiste nell’installare agenti doppiogiochisti in posizioni chiave di potere per minare il nemico. Korchnoi e Dominika sono agenti americani infiltrati in Russia. Un eventuale sequel del film ribalterebbe la situazione e guarderebbe alle spie russe negli Stati Uniti? È importante notare che il presidente della Russia non viene mai nominato esplicitamente nel film, anche se il libro originale fa ripetutamente riferimento a Vladimir Putin; nonostante la sua natura politica, Red Sparrow non cerca di essere politico.

red sparrow

Il vero significato del finale di Red Sparrow

Sebbene il finale di Red Sparrow sia piuttosto complesso per quanto riguarda i vari tradimenti e le talpe nelle agenzie di intelligence sia russe che statunitensi, i temi centrali dei momenti finali sono molto più semplici. Red Sparrow è, in sostanza, una storia che ruota attorno a due temi: la vendetta e la difficoltà di sfuggire al circolo vizioso della violenza. Per Dominika, gli eventi del film sono stati guidati dal bisogno di vendicarsi di suo zio Ivan e, in senso più ampio, della spietata comunità dei servizi segreti che ha facilitato il tormento da incubo che ha dovuto sopportare.

Dominika non sembra avere alcuna fedeltà alla Russia o agli Stati Uniti, anche se il finale suggerisce che forse stava chiamando la CIA e che avrebbe potuto servire gli interessi degli Stati Uniti. Tutto ciò che le importava davvero era assicurarsi che Ivan morisse. Se fosse riuscita a creare più caos lungo il percorso senza destare sospetti, tanto meglio. Tuttavia, c’è ancora la netta sensazione che, se il suo piano fosse fallito, avrebbe ricorso a mezzi più semplici per vendicarsi di Ivan, tanta era la profondità del suo odio incredibilmente giustificato nei suoi confronti.

A un livello secondario, il significato dietro il finale di Red Sparrow era un commento sulla natura ciclica della violenza e su quanto sia difficile per persone come Dominika sfuggire veramente alle vite pericolose e distruttive che conducono. L’ultima telefonata ha lasciato molte domande, ma sembra chiaro che le cose sono ben lungi dall’essere finite per Dominika. Le possibilità che lei possa semplicemente svanire nel nulla e vivere una vita normale sono più o meno inesistenti. Potrà anche aver finalmente ottenuto vendetta su Ivan, ma questo non ha posto fine alla vita che le hanno procurato le sue decisioni crudeli e i tormenti che ha subito per mano dell’apparato di intelligence dello Stato.

The Things You Kill, recensione del film di Alireza Khatami – #RoFF20

Proposto dal Canada ai 98esimi Oscar come Miglior Film Internazionale, The Things You Kill segna il ritorno alla regia di Alireza Khatami, regista e sceneggiatore di nazionalità iraniana e canadese, già apprezzato per Oblivion Verses (2017). Un film ipnotico, complesso, che conferma la maturità artistica del regista e la sua dichiarata ammirazione per David Lynch. Come in Mulholland Drive, lo spettatore è immerso in una realtà sdoppiata, sospesa tra sogno e incubo, dove il confine tra l’azione e la proiezione mentale del protagonista resta volutamente indefinito.

Il ritorno di Ali e l’enigma del doppio in The Things You Kill

Il protagonista, Ali, interpretato da Ekin Koç, è un professore turco di Letteratura Comparata e Traduzione tornato nel suo Paese natale dopo 14 anni trascorsi negli Stati Uniti. Vive con la moglie (Hazar Ergüçlü) e si prende cura della madre, paralizzata alle gambe, oltre a lavorare all’università e coltivare con dedizione un orto ai margini della città. La sua vita è scandita da un equilibrio precario: la diagnosi di infertilità che non riesce a confessare alla moglie e un rapporto irrisolto con il padre Hamit, uomo ruvido e distante, interpretato da Ercan Kesal.

Hazar Ergüçlü in The Things You Kill 2025 Recensione
Cortesia della Festa del Cinema di Roma

Dopo la morte della madre Sakine, Ali incontra Reza (Erkan Kolçak Köstendil), uno sconosciuto apparso nella valle dove si trova il suo orto, stremato e in cerca d’acqua. Reza si propone di aiutarlo con il giardino, in cambio di un modesto salario e ospitalità. L’uomo si integra con naturalezza nella vita di Ali, conquistando perfino la fiducia del cane da guardia, e diventa gradualmente la sua ombra, il suo specchio, il suo doppio.

Reza come alter ego

Da quel momento, The Things You Kill entra nel suo territorio più ambiguo. Le azioni, violente e non, che si susseguono – e che Khatami costruisce con una tensione costante, quasi claustrofobica – mettono in dubbio la percezione stessa della realtà. È Reza a compierle, o è Ali, che attraverso di lui dà voce e corpo a tutto ciò che ha represso?

La dinamica tra i due uomini diventa il cuore del film: Reza dice ciò che Ali non osa dire, fa ciò che Ali non può fare. L’identità si sfalda, e la narrazione, costruita come un puzzle visivo e sonoro, lascia lo spettatore privo di certezze, spingendolo a interrogarsi su quanto di reale e quanto di proiettato ci sia in ogni gesto.

Erkan Kolçak Köstendil in The Things You Kill 2025 Recensione
Cortesia della Festa del Cinema di Roma

The Things You Kill: simboli e visioni

Khatami dissemina il racconto di segni e allusioni. Il sogno della moglie di Ali, in cui il padre Hamit torna a casa sfinito e dice “kill the light” (“spegni/uccidi la luce”), funge da chiave simbolica ed esplica il titolo stesso, The Things You Kill, dedicato alle sorelle del regista. La luce, che nel film diventa elemento visivo dominante, è anche metafora del desiderio di cancellare, o “spegnere”, ciò che fa male.

Altro momento emblematico è la scena della lezione universitaria, in cui Ali spiega agli studenti che “l’interprete deve leggere un testo come se fosse una scena del crimine”. Una riflessione che sembra parlare tanto dell’analisi letteraria quanto del cinema stesso di Khatami – un cinema che indaga, smonta, interpreta, senza mai chiudere il cerchio.

The Things You Kill: un film memorabile

Più che un thriller, The Things You Kill è un’esperienza sensoriale e psicologica che agisce per suggestioni. La regia controllata di Khatami, le interpretazioni misurate e un uso inquietante del paesaggio naturale, delle bellissime valli e montagne turche, contribuiscono a creare un costante senso di sospensione.

The Things You Kill è una pellicola che parla di come la violenza generi altra violenza, e di come il cerchio possa essere chiuso solo con la trasformazione radicale dei valori trasmessi dalle generazioni precedenti. È un film che non chiede di essere “capito”, ma sentito – e che rimane nella mente come un sogno oscuro, di quelli che si continuano a interrogare anche dopo il risveglio.

Io sono Rosa Ricci, recensione del prequel di Mare Fuori con Maria Esposito – #RoFF20

Presentato alla 20ª Edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public, Io Sono Rosa Ricci di Lyda Patitucci tenta un’operazione ambiziosa: raccontare la genesi di uno dei personaggi più amati e controversi di Mare fuori. Prodotto da Picomedia con Rai Cinema in collaborazione con Netflix, e distribuito da 01 Distribution a partire dal 30 ottobre, il film si presenta come una storia d’origine che si inserisce nel filone ormai consolidato dei crime drama italiani.

Sulla carta, l’intento è chiaro: mostrare come la giovane Rosa Ricci — interpretata ancora una volta da una magnetica Maria Esposito — diventi la donna forte e spietata che il pubblico ha imparato a conoscere. Ma dietro la promessa di un racconto di formazione criminale, il film fatica a trovare un’identità autonoma, oscillando tra il desiderio di restituire un realismo popolare e la tentazione di inseguire i modelli seriali che lo hanno ispirato.

Una regia ambiziosa ma prigioniera dei cliché

La regista Lyda Patitucci, dopo l’esordio con Come pecore in mezzo ai lupi, conferma una certa sicurezza visiva e una sensibilità per la costruzione dell’atmosfera. Grazie alla fotografia di Valerio Azzali, Io sono Rosa Ricci alterna luci fredde e taglienti a tonalità calde e decisamente polverose, nel tentativo di restituire il contrasto tra l’innocenza perduta e la brutalità del mondo criminale.

Tuttavia il film rimane in sospeso tra la voglia di raccontare un dramma umano e la necessità di costruire un’icona. Solo in alcuni passaggi — quelli più intimi tra Rosa e il personaggio interpretato da Andrea Arcangeli — la regia si concede un respiro sincero, lasciando spazio a silenzi, e a una naturale alchimia trai due interpreti.

Maria Esposito è Rosa Ricci, la forza magnetica di un personaggio

Il cuore pulsante del film è senza dubbio Maria Esposito, che conferma la potenza del suo talento naturale. L’attrice riesce a tenere insieme fragilità e rabbia, trasformando Rosa in una figura quasi mitologica: una ragazza costretta a diventare adulta troppo in fretta, gettata in una situazione della quale non ha nessun controllo, in balia del mondo criminale c he le ha costruito intorno il padre. Il suo sguardo — smarrito, poi via via più duro — è la vera bussola emotiva del racconto.

Accanto a lei, Andrea Arcangeli offre una prova di sorprendente equilibrio: il suo personaggio diventa il contrappunto perfetto a Rosa, un riflesso della sua evoluzione. Tra i due si crea una chimica intensa e autentica, che rappresenta forse l’unico vero motore emotivo del film. Anche Raiz, con la sua presenza ruvida e carismatica, porta un tocco di autenticità e di radicamento culturale che arricchisce il quadro complessivo.

Maria Esposito e Andrea Arcangeli in Io sono Rosa Ricci – Foto Credits Sabrina Cirillo

Ma al di là delle interpretazioni, Io sono Rosa Ricci sembra vivere e morire insieme alla sua protagonista. Quando Maria Esposito è in scena, tutto funziona: la narrazione si accende, la tensione cresce, e la promessa di un racconto di rinascita sembra a portata di mano. Appena si sposta il fuoco, però, il film perde compattezza e torna a galleggiare in un mare di prevedibilità.

Tra mito e realtà: un racconto che non osa abbastanza

Il soggetto firmato da Maurizio Careddu e Luca Infascelli cerca di costruire un ponte tra la serie e il grande schermo, proiettando lo spettatore in un passato che precede l’arco narrativo di Mare Fuori. L’inizio del film ci propone infatti Rosa e il padre che escono dall’IPM dopo una visita a Ciro, ancora in stato di fermo nell’istituto (non è ancora morto a seguito dell’incidente con Carmine e Filippo). Il paragone con Gomorra — nello specifico con il percorso di Gennaro Savastano — è inevitabile, ma il film non riesce a reggere il confronto. Manca il senso di minaccia reale, la tensione morale, il respiro epico che avevano reso quel racconto universale. Io sono Rosa Ricci si accontenta di replicare un immaginario, senza decostruirlo o rinnovarlo. Persino la colonna sonora — pur impreziosita dal brano originale “Vàttelo!” di Raiz e Silvia Uras, con le musiche di Paolo Baldini DubFiles — finisce per sottolineare l’enfasi più che accompagnare l’emozione.

Eppure, nel suo essere un film imperfetto e talvolta goffo, Io sono Rosa Ricci conserva una sua malinconica onestà. È un’opera che prova a dare corpo a un mito televisivo, ma si smarrisce nel tentativo di renderlo universale. Quello che resta, al termine della visione, è il volto di Maria Esposito: un volto che contiene dolore, rabbia e desiderio di riscatto. Forse non basta per fare un grande film, ma è abbastanza per ricordarci perché Rosa Ricci — nel bene e nel male — è già diventata un’icona.

James Gunn fornisce aggiornamenti sul trailer della serie più attesa del 2026 della DCU

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Il franchise DC Universe ha concluso la sua corsa nel 2025, dopo l’uscita del film Superman di James Gunn e il completamento della seconda stagione di Peacemaker su HBO Max. Il Capitolo 1 della DCU: “Gods and Monsters” è ben lungi dall’aver finito di introdurre alcuni dei suoi più grandi eroi e cattivi nel reboot, poiché il Green Lantern Corps è uno di questi.

La serie TV Lanterns della HBO ha terminato la produzione e quando Gunn è stato chiesto da BobaTalks quando il mondo potrà vedere per la prima volta il dramma DCU, ha confermato di aver “visto l’anteprima” della serie. Tuttavia, il co-CEO della DC Studios ha aggiunto: “Penso almeno per quanto riguarda la situazione attuale. Ma non ho idea… di quando sia prevista la messa in onda. Con HBO, il marketing è molto diverso rispetto al cinema”.

La serie sarà incentrata su John Stewart e Hal Jordan, due dei membri più famosi del Green Lantern Corps della DC, interpretati rispettivamente da Aaron Pierre e Kyle Chandler. Mentre Hal ha fatto il suo debutto live-action nel 2011 in Green Lantern con Ryan Reynolds, la serie HBO sarà la prima volta che John verrà utilizzato al di fuori dei fumetti e dell’animazione.

Inizialmente prevista come originale HBO Max, la serie è stata rielaborata per essere trasmessa su HBO quando è stata acquistata per otto episodi il 25 giugno 2024. Questo sarà il primo programma televisivo DCU a ricevere il trattamento HBO, dopo The Penguin dell’universo The Batman di Matt Reeves, che esiste come Elseworlds.

Incentrata su Hal, un veterano Lanterna Verde, e John, che inizia il suo viaggio nella serie, HBO descrive Lanterns come “due poliziotti intergalattici coinvolti in un oscuro mistero terrestre mentre indagano su un omicidio nel cuore dell’America”. Chris Mundy è co-creatore della serie e ne è lo showrunner, con Damon Lindelof e Tom King come produttori esecutivi.

La serie TV Lanterns introdurrà anche uno dei cattivi più famosi della tradizione degli Emerald Knights, dato che è stata confermata la partecipazione di Sinestro, interpretato da Ulrich Thomsen. Nathan Fillion, che ha debuttato come Guy Gardner in Superman, è stato confermato per il ritorno nella prossima serie.

Sebbene la prima sia prevista per il 2026, Lanterns non ha ancora una data di uscita da parte della HBO.

Nobody Wants This – Stagione 2, spiegazione del finale: Noah e Joanne resteranno insieme?

Noah e Joanne attraversano un periodo difficile nella seconda stagione di Nobody Wants This, passando dalla fase della luna di miele a una relazione più seria, che porta a un finale che prepara la terza stagione. La commedia romantica con Adam Brody e Kristen Bell riprende poco dopo la fine della prima stagione, con Noah e Joanne di nuovo insieme che cercano di unire i loro mondi.

Tuttavia, Noah e Joanne affrontano nuovi problemi nella loro relazione. Noah mente a tutti, dicendo che Joanne ha ancora intenzione di convertirsi, ma non immediatamente. Quando Joanne lo scopre, si arrabbia e gli dice che non riesce a decidere se convertirsi per se stessa con la pressione che lui le sta mettendo addosso.

Invece di dirle che non starebbe con qualcuno che non è ebreo, mette da parte la questione per alleggerire la pressione. Tuttavia, il problema continua a presentarsi fino a quando non raggiunge il culmine quando Joanne viene sfrattata e vuole trasferirsi da Noah. Questo porta a un finale sorprendente che prepara il terreno per la terza stagione di Nobody Wants This.

Joanne si converte all’ebraismo nella seconda stagione di Nobody Wants This?

La domanda più importante che attraversa tutta la seconda stagione di Nobody Wants This è se Joanne si convertirà all’ebraismo. Anche se Noah ha detto di averla scelta al posto del lavoro di rabbino capo alla fine della prima stagione di Nobody Wants This, nella seconda stagione le mette una pressione enorme affinché si converta, minacciando essenzialmente di rompere con lei se non lo farà.

Alla fine, Joanne inizia ad abbracciare gli aspetti culturali e rituali dell’ebraismo. Ama lo Shabbat e allontana il malocchio con “pooh pooh pooh”. Si intromette come la migliore di loro, ed Esther la considera una yenta. Ama la challah e il kugel.

Joanne si impegna inoltre nei valori condivisi dell’ebraismo. È molto incentrata sulla famiglia. Partecipa alle mitzvah e si integra nella comunità ebraica di Noah. Si confronta con il concetto di Dio, che in realtà è molto centrale nell’ebraismo.

Ci vuole un colloquio con Esther alla fine della seconda stagione di Nobody Wants This per farle capire che tutte quelle piccole cose contribuiscono a renderla ebrea. Questo dà a Joanne il momento di illuminazione che stava aspettando.

In definitiva, non spetta a me dire se Esther ha ragione sul fatto che Joanne sia ebrea sulla base di questi fattori, poiché non faccio parte di quella comunità o religione. Tuttavia, almeno nell’ambito della serie, Joanne sembra pronta a iniziare ufficialmente il processo di conversione, che molto probabilmente avrà luogo nella terza stagione di Nobody Wants This.

Perché Noah rompe e torna insieme a Joanne

Adam Brody in Adam Brody in Nobody Wants This - Stagione 2
ERIN SIMKIN/Netflix

Noah e Joanne trascorrono l’intero episodio finale discutendo della sua riluttanza a fare passi avanti nella loro relazione così com’è, il che porta alla loro rottura.

Joanne è pronta a trasferirsi insieme a lui e iniziare una vita insieme, soprattutto considerando l’età di Noah e Joanne. Sembrava che Noah fosse sulla stessa lunghezza d’onda, parlando del loro futuro, finché non ha rivelato che non avrebbe vissuto con lei a meno che non si fosse convertita all’ebraismo. Anche se ha il diritto di avere delle preferenze, non lo ha chiarito fin dall’inizio, il che sembra ingiusto nei confronti di Joanne.

Alla fine, lui le dà l’ultimatum di convertirsi o non andare avanti, e lei gli dà l’ultimatum di andare avanti o rompere. Lei si rifiuta di cedere sulla questione della conversione, affrettando una decisione. Alla fine, Noah decide che sono destinati a fallire e rinuncia alla relazione, rompendo con Joanne.

Tuttavia, quando arriva al piano terra del locale, si rende conto dell’enorme errore che ha commesso. Va ancora una volta da lei per professarle il suo amore. Alla fine, decide che non gli importa se lei è ebrea o meno, perché è la sua anima gemella.

Perché Sasha ed Esther si lasciano in Nobody Wants This

Kristen Bell in Nobody Wants this - Stagione 2
ERIN SIMKIN/Netflix

La prima stagione di Nobody Wants This stabilisce la dinamica della relazione tra Sasha ed Esther. Lei si occupa di tutto il lavoro emotivo e domestico, mentre Sasha la tratta come se fosse sua madre. Lui non cucina né fa le faccende domestiche. Viene lodato quando interviene per aiutare Miriam con un problema, come se non fosse anche lui un genitore. Il bar è assolutamente un inferno.

La seconda stagione aggiunge complessità alla loro relazione mostrando che lei vorrebbe essere vista come una persona divertente e simpatica, ma non ci riesce perché deve sempre essere responsabile. Era una giovane madre e moglie, sposatasi solo dopo la gravidanza. Tutti questi fattori contribuiscono alla scioccante rottura tra Sasha ed Esther.

Inoltre, Sasha ha trascorso la seconda stagione facendo pressione su di lei affinché avesse un altro figlio. Sembra non capire che lei sta facendo tutto il lavoro all’interno della famiglia, che continuerebbe più a lungo se avessero un altro figlio. Inoltre, questo metterebbe a dura prova il suo corpo dal punto di vista fisico. Poi, lui si arrabbia quando lei non vuole un altro figlio.

Alla fine, alla fine della seconda stagione di Nobody Wants This, la rottura tra Sasha ed Esther sembrava allo stesso tempo scioccante e inevitabile. Esther è finalmente arrivata al punto di rottura in cui non riusciva più a sopportarlo, e non posso biasimarla. Merita la possibilità di capire chi è come donna adulta, al di là del suo ruolo di madre e moglie.

Il motivo per cui Noah odia il suo nuovo lavoro al Tempio Ahava

Nobody Wants This 2
ERIN SIMKIN/Netflix

All’inizio della seconda stagione di Nobody Wants This, Noah viene scavalcato per il posto di rabbino capo al Tempio Chai. A causa della sua relazione interconfessionale, le persone iniziano ad andare dal nuovo rabbino invece che da lui. Alla fine, si dimette. Fortunatamente, ottiene un’altra possibilità come rabbino capo al Tempio Ahava.

C’è però un problema. Il Tempio Ahava è una setta ebraica diversa dal Tempio Chai. Il tempio precedente di Noah era conservatore, mentre quello nuovo è riformista. Le regole sono molto più permissive, il che mette Noah a disagio.

Nella prima stagione, Noah ha affermato che proprio quelle regole lo hanno aiutato a sentirsi meno spaventato dal mondo quando era bambino. Voleva diventare rabbino per trasmettere questo insegnamento ad altri bambini. Tuttavia, al Tempio Ahava non può farlo nel modo in cui vorrebbe.

In poche parole, le convinzioni e la struttura di Noah sono incompatibili con quelle del Tempio Ahava. Forse col tempo riuscirà ad abituarsi, ma non c’è alcuna garanzia che riuscirà a risolvere la dissonanza cognitiva derivante dall’essere più conservatore in un ambiente progressista.

La relazione inaspettata, il fidanzamento e la rottura di Morgan spiegati

Una delle domande più importanti a cui Nobody Wants This stagione 2 doveva rispondere era se Morgan e Sasha avrebbero avuto una relazione. Fortunatamente, la risposta era no. Tuttavia, la trama romantica di Morgan era ancora un completo e totale disastro in Nobody Wants This stagione 2.

Invece di tradire il marito, Morgan inizia a frequentare il suo terapeuta, il che è contro tutte le regole etiche, tra l’altro. Poi si arrabbia perché la sua famiglia e i suoi amici non accettano la sua relazione incasinata, causando una frattura tra Joanne e Morgan. Nel giro di poche settimane, Morgan va a vivere con il dottor Andy e si fidanza.

La loro relazione è caratterizzata da un enorme squilibrio di potere, aggravato da un uomo manipolatore che usa i traumi e le ferite infantili di Morgan come arma di controllo. È disgustoso che lei cerchi di rompere con lui e lui le rifili delle sciocchezze sul fatto che la sua bambina interiore è spaventata. È l’incarnazione del linguaggio terapeutico usato come arma.

Fortunatamente, lei finalmente si rende conto della realtà della loro relazione dopo aver scoperto di non essere la prima paziente con cui il dottor Andy è uscito. Pensava di essere abbastanza speciale da fargli infrangere le regole, ma invece lui era solo una persona terribile che abusava del suo potere. Dopo alcuni tentativi, Morgan riesce finalmente a rompere con lui alla loro festa di fidanzamento.

Come Bina e Morgan stringono un’amicizia inaspettata

La parte più divertente e fantastica della seconda stagione di Nobody Wants This è il fatto che Bina, la madre prepotente di Noah, diventa amica intima di Morgan, la sorella disordinata e caotica di Joanne. Le due sembrano non potersi sopportare a vicenda, figuriamoci diventare amiche. Sono praticamente l’esatto opposto in termini di personalità.

Tuttavia, le due sviluppano una stretta amicizia quando si incontrano, proprio in un bagno. Entrambe stavano piangendo e avevano avuto una giornata davvero brutta. Quando Morgan racconta a Bina la cosa orribile che Lenny ha detto su di lei, Bina le fa capire che Morgan non è sconvolta perché crede alle parole di Lenny. Al contrario, è sconvolta perché è d’accordo con lui.

Questo momento di legame ha costituito la base della loro amicizia. Morgan ha parlato con entusiasmo di Bina a Esther e, sorprendentemente, Esther ha rivelato che Bina ama sinceramente Morgan. Bina è stata persino cattiva con Lenny in seguito, per conto di Morgan. In definitiva, vivo per la loro amicizia e desidero disperatamente vedere altri momenti tra Morgan e Bina se Netflix deciderà di produrre la terza stagione di Nobody Wants This.

Come il finale della seconda stagione di Nobody Wants This prepara la terza stagione

Il finale della seconda stagione di Nobody Wants This prepara chiaramente il terreno per la relazione tra Noah e Joanne nella terza stagione. I due andranno quasi sicuramente a vivere insieme, considerando che Noah ha deciso che la questione della conversione non ha più importanza per lui.

Joanne ha avuto un momento di illuminazione riguardo al fatto di essere ebrea, quindi probabilmente inizierà il processo di conversione, che includerà dei corsi. Dato che anche sua madre si sta convertendo, questo potrebbe portare a più scene insieme tra Lynn e Joanne nella terza stagione di Nobody Wants This.

Oltre a queste trame, che hanno una direzione più chiara, Noah dovrà capire se potrà rimanere al Tempio Ahava. Considerando il suo odio per il tempio, potrebbe cercare un tempio diverso che sia più in linea con i suoi spettatori. In definitiva, Nobody Wants This ha così tante direzioni entusiasmanti per la terza stagione.

Landman – Stagione 2: il trailer mostra Demi Moore mentre svela i segreti dell’azienda durante una scalata ostile

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È stato pubblicato il trailer finale della seconda stagione di Landman, che svela i grandi segreti dell’ostile acquisizione di Demi Moore nella serie di Taylor Sheridan. La seconda stagione di Landman seguirà Tommy Norris, interpretato da Billy Bob Thornton, e il suo ruolo nella M-Tex dopo la morte di Monty nella prima stagione. Ciò include un ruolo più importante nella storia per Cami Miller, interpretata da Moore, moglie di Monty.

Ora, Paramount+ ha pubblicato il trailer finale della seconda stagione di Landman. Il trailer mostra come la leadership di Cami venga messa in discussione dopo la morte di Monty, con Tommy che la sostiene affermando di essere lui a gestire la M-Tex. Nel frattempo, dà anche alcuni consigli a suo figlio Cooper, che sta iniziando a costruire una piccola compagnia petrolifera tutta sua.

Tuttavia, la calamità colpisce quando Cami scopre che la M-Tex è stata coinvolta in una serie di attività illegali, tra cui frodi telematiche e appropriazione indebita. Il trailer suggerisce che personaggi potenti stanno circondando la compagnia nella speranza di approfittare dei suoi problemi. Le immagini mostrano Tommy e Cami in grave pericolo mentre cercano di mantenere la M-Tex senza Monty. Guardalo qui sotto:

Oltre alla trama principale che coinvolge la compagnia petrolifera, sembra che Tommy abbia altri problemi a casa, mentre cerca di destreggiarsi tra i suoi doveri di padre e marito. Fortunatamente, avrà un alleato nel personaggio di Sam Elliott, che si rivela essere suo padre. I due vengono visti mentre legano all’aperto, con Elliott divertito dalla preghiera poco convinta di Tommy prima di cena.

Mentre il cast di Landman si amplia, anche i personaggi già noti avranno più spazio sullo schermo. Non solo Cami, interpretata da Moore, diventerà una parte più centrale della storia, ma lo stesso vale anche per Gallino, interpretato da Andy Garcia. Il boss del cartello ha salvato la vita a Tommy alla fine della stagione 1 di Landman, stringendo un accordo per trasformare il suo business della droga in un business petrolifero.

Con il suo nuovo trailer, la serie creata da Taylor Sheridan promette un’altra storia complessa, con Tommy che si destreggia tra la famiglia, il business del petrolio e le minacce esterne a entrambi. Dato il coinvolgimento più profondo che avranno sia Cami che Gallino, le malefatte dell’azienda sotto Monty potrebbero essere un elemento centrale del conflitto, dato che entrambi cercano di ottenere ciò che vogliono dalla M-Tex.

Per quanto riguarda Tommy, la sua sfida più grande sarà quella di abituarsi al lato commerciale della compagnia petrolifera. Di solito lavora sul campo, quindi il suo nuovo ruolo tra gli altri dirigenti petroliferi richiederà un enorme adattamento. Ma, dato che la seconda stagione di Landman promette che sarà pragmatico come al solito, il suo approccio burbero sarà senza dubbio un altro fattore determinante per il futuro dell’azienda.

Landman – stagione 2 inizia domenica 16 novembre su Paramount+.

The Morning Show: confermata l’uscita anticipata di una star della quarta stagione  prima del finale

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Un membro del cast di The Morning Show ha confermato che lascerà la serie Apple TV e ha riflettuto sul percorso del suo personaggio. The Morning Show – stagione 4 è attualmente in streaming su Apple TV, con solo tre episodi rimasti prima del finale. La tecnologia ha giocato un ruolo importante nella trama attuale, con i deepfake e l’intelligenza artificiale che dominano la vita dei personaggi.

Durante la stagione 4 di The Morning Show, nell’episodio 6, “If Then”, Stella si è trovata di fronte a un muro metaforico quando i suoi segreti personali sono venuti a galla tramite il suo chatbot AI davanti a un intero gruppo di persone. Ha finito per lasciare il suo ruolo di capo delle notizie alla UBN e prendere un volo per sfuggire alla sua infelicità dopo il rifiuto di Miles.

Questo ha lasciato una domanda persistente sul fatto che Greta Lee, che interpreta Stella, stesse davvero lasciando lo show per sempre. L’attrice ha parlato con Variety e ha confermato che, per quanto ne sa, “questa è la fine per lei”.

Lee ha aggiunto che le piacerebbe vedere una situazione in cui Stella ritorni in futuro, quando la trama di The Morning Show raggiungerà ciò che sta accadendo nel mondo dell’intelligenza artificiale nel 2025 (la serie è attualmente ambientata nel 2024).

Questa è la fine per lei, per quanto ne so. Ma naturalmente, dato che la serie è così lungimirante e commenta direttamente ciò che sta accadendo, mi piacerebbe vedere che tipo di mondo esisterebbe se lei tornasse e cosa avrebbe da dire.

Tuttavia, un grande ritorno non potrà avvenire a breve perché “il mondo deve cambiare ancora un po’ per fare spazio a lei” in modo tale da rendere necessario il ritorno di Stella.

Quando penso a lei e a ciò che desidero per lei, non so se esista già un posto per lei. Penso che il mondo debba cambiare ancora un po’ per farle spazio nel modo in cui vorrei vederla. Altrimenti, la vedremo solo come una schiava di questa società. Una schiava di desideri insoddisfatti, e non voglio questo per lei.

Invece di essere una “schiava di questa società”, Lee vuole che Stella venga “messa alla prova” dal mondo reale e che torni quando avrà davvero qualcosa di “geniale” da offrire.

Voglio che sia completamente sorpresa da ciò che la aspetta là fuori. Se mai dovesse tornare, vorrei che fosse un po’ come Matthew McConaughey nel ruolo del vagabondo sulla spiaggia, con i bonghi e i capelli lunghi. Voglio che sia davvero un po’ temprata dalla vita reale. Solo per nutrire un po’ la sua anima e diventare una persona. Perché penso davvero che sia da lì che forse avrebbe qualcosa di ingegnoso da offrire.

Per ora, però, non ci sono piani per Lee di riprendere il suo ruolo in The Morning Show.

Lee crede che la caduta in disgrazia di Stella fosse inevitabile, soprattutto dopo che ha perso la sua superiorità morale quando ha accettato di partecipare a una trovata di cattivo gusto che coinvolgeva una cameriera che leccava una bevanda da un tavolo nella terza stagione.

Da allora, Stella non si è concessa il tempo né l’energia per cambiare il suo modo di agire o anche solo per rendersi conto che stava perdendo il controllo.

Ora che Stella non è più alla UBN, Lee spera che il suo personaggio faccia proprio questo, preferibilmente su una spiaggia.

Ma spero che ora ne abbia la possibilità. Penso che questo sia parte del problema per lei. È come se non le fosse stata data l’opportunità di riflettere o di perdonare o, per molti versi, di riconoscere in modo più ampio alcune delle cose che ha sopportato e fatto per arrivare dove è ora. Quindi spero che lo stia facendo su una spiaggia da qualche parte.

Oltre alla sua reputazione distrutta, Stella ha dovuto affrontare il rifiuto di Miles quando è salita sull’aereo, il che in realtà è un risultato molto migliore per la sua necessaria crescita, secondo Lee, che ha affermato che il suo personaggio ora è “libero”.

Sebbene quello sia stato un momento spaventoso per Stella, e lei possa aver pensato inizialmente di aver perso tutto, la realtà è che “ha tutto”.

Penso che sia una sensazione completamente nuova che lei non ha mai provato prima. È molto da elaborare in pochi istanti. Quando si rende conto che Miles non sta arrivando, fa il punto della situazione e si rende conto di non avere nulla. Ma la cosa sorprendente per lei e per qualcuno come lei è che in quel momento in cui si rende conto di non avere nulla, in un certo senso significa che ha tutto. Questo è il dono delle terribili circostanze che le sono capitate. È davvero libera. Penso che, probabilmente, quel passo verso l’aereo sia la cosa più spaventosa che abbia mai fatto in vita sua.

Stella avrà anche lasciato la serie Apple TV, ma The Morning Show è ancora guidato da Alex Levy di Jennifer Aniston e Bradley Jackson di Reese Witherspoon.

Con solo quattro episodi rimasti nella quarta stagione (e una quinta già ordinata dallo streamer), c’è ancora molto tempo per altri scandali che sconvolgeranno le loro vite oltre al recente incubo dell’intelligenza artificiale.

The Morning Show stagione 4 in streaming il mercoledì su Apple TV.

Johnny Depp in Ebenezer: A Christmas Carol di Ti West

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Johnny Depp è in trattative finali per recitare in “Ebenezer: A Christmas Carol“, un adattamento del classico racconto natalizio di Charles Dickens, per la Paramount Pictures. L’autore horror Ti West (“Pearl“, “MaXXXine“) dirigerà il film da una sceneggiatura di Nathaniel Halpern (“Tales from the Loop”, “Legion”), e Andrea Riseborough (“Oblivion”, “To Leslie”) sarà la coprotagonista. Emma Watts è la produttrice.

Se l’accordo dovesse concludersi, lo studio prevede di distribuire il progetto il 13 novembre 2026.

Nobody Wants This – Stagione 2: il punteggio di Rotten Tomatoes rispetto alla stagione 1

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Nobody Wants This – stagione 2 sta conquistando i critici su Rotten Tomatoes. La serie romantica di Netflix segue la podcaster Joanne Williams (Kristen Bell) che si innamora del rabbino Noah Roklov (Adam Brody). La stagione 1, nominata agli Emmy, è stata un successo di critica e di pubblico nel 2024, portando Nobody Wants This – stagione 2 a seguire solo 13 mesi dopo, il 23 ottobre.

Rotten Tomatoes ha ora raccolto un numero sufficiente di recensioni della seconda stagione di Nobody Wants This da consentirle di ottenere un punteggio ufficiale sul Tomatometer. Anche se il punteggio potrebbe variare con l’aggiunta di nuove recensioni, al momento della stesura di questo articolo, otto critici hanno espresso il loro parere sulla nuova stagione, assegnandole un solido punteggio Fresh dell’88%.

Finora, la seconda stagione ha ricevuto solo una recensione negativa, che le ha assegnato un punteggio misto di 2,5 su 5 invece di un punteggio molto basso. Nel frattempo, le recensioni positive della stagione vanno da mediocri (3 su 5, B-) a perfette (4 su 4), indicando che le opinioni dei critici sulla seconda stagione di Nobody Wants This sono tendenzialmente positive.

Sebbene molti critici ritengano che la stagione sia ripetitiva e perda la sua vitalità seguendo la coppia che esce dalla fase della luna di miele, sono generalmente d’accordo sul fatto che la sceneggiatura e la sensibilità comica dello show rimangano forti, così come le interpretazioni del cast di Nobody Wants This, che include anche Timothy Simons, Jackie Tohn e Justine Lupe.

Tuttavia, sebbene il punteggio di Rotten Tomatoes della seconda stagione sia forte, non può ancora essere paragonato a quello della prima stagione. La stagione di debutto della serie, che ha ricevuto 56 recensioni, ha ottenuto un punteggio Certified Fresh quasi perfetto del 95%.

Ciononostante, nonostante il punteggio sia sceso rispetto alle recensioni iniziali della Nobody Wants This – stagione 1, si tratta comunque di un ottimo inizio per la nuova stagione. Se riuscirà a mantenere questo livello di entusiasmo da parte della critica con l’aggiunta di ulteriori recensioni, l’accoglienza complessiva della stagione potrà reggere il confronto.

Resta da vedere se il pubblico avrà una reazione simile a quella dei critici. Per la prima stagione, il pubblico è stato più freddo dei critici, assegnandole un punteggio dell’85% sul Popcornmeter di Rotten Tomatoes. Se questa tendenza dovesse confermarsi, il punteggio Popcornmeter della nuova stagione potrebbe scendere al 78% nella stagione 2.

Tuttavia, tale punteggio è ancora superiore del 18% alla soglia oltre la quale una serie può essere considerata Fresh, e potrebbe essere sufficiente affinché Nobody Wants This continui il suo successo di passaparola e venga potenzialmente rinnovata per la stagione 3.