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A herdade, recensione del film di Tiago Guedes #Venezia76

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A herdade, recensione del film di Tiago Guedes #Venezia76

A herdade è il nuovo film di Tiago Guedes, selezionato nel Concorso di Venezia 76. Il film poteva essere a tono con la selezione dello scorso anno della Mostra, che prevedeva una serie di pellicole molto lunghe, storie importanti, che in più di un’occasione permettevano alla storia privata di incrociarsi con la grande Storia pubblica. E questo è ciò che sceglie di fare Guedes, con il suo film.

Il film racconta la storia di una famiglia portoghese che possiede una delle più grandi proprietà fondiarie d’Europa sulla riva meridionale del fiume Tago. A herdade scava nei segreti della loro proprietà, rappresentando le vicende storiche, politiche, economiche e sociali del Portogallo a partire dagli anni Quaranta, passando per la Rivoluzione dei garofani fino ad arrivare ai nostri giorni.

A herdade intreccia la storia politica e sociale del Portogallo attraverso i decenni, con quella legata all’ascesa e alla caduta di una famiglia, specchio della contemporaneità, che suo malgrado attraversa i cambiamenti che il tempo impone a tutte le cose. Questo equilibrio tra grande e piccolo, pubblico e privato, viene raccontato attraverso una lente particolarmente insolita, quasi pacifica potremmo dire, in cui la lotta di classe viene quasi annullata e perde il suo potere esplosivo.

Se alcuni momenti del film si caratterizzano per un’impostazione da soap opera, sacrificando la credibilità della messa in scena, gli scenari, le bellissime location, sono valorizzati invece da una fotografia che cattura ogni raggio di luce nei cieli tersi che dominano la maggior parte del film.

A herdade è un film che ha bisogno del suo tempo, come la sua storia, e non è una mera questione di minutaggio, anche se il film dura 164 minuti, è una questione di respiro: le storie su scala così grande hanno bisogno di inspirare ed espirare profondamente, così da riuscire a trovare spazio negli occhi e negli animi di chi li guarda.

Il problema di questo affresco così ricco e stratificato è proprio l’affollamento di temi che il film non poteva raccontare singolarmente in maniera esaustiva. E quindi il risultato è che in alcuni casi le redini del racconto sfuggono di mano al regista. Nonostante questo, il film mantiene il fascino della grande epica cinematografica, senza particolare lode, ma anche senza infamia.

Babyteeth, recensione del film di Shannon Murphy #Venezia76

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Babyteeth, recensione del film di Shannon Murphy #Venezia76

Presentato in Concorso a Venezia 76, Babyteeth è diretto dall’australiana Shannon Murphy, alla sua prima volta alle prese con il lungometraggio.

Quando Milla Finlay, adolescente gravemente malata, si innamora del piccolo spacciatore Moses, si avvera il peggior incubo dei suoi genitori. Ma poiché il primo incontro di Milla con l’amore fa nascere in lei una nuova gioia di vivere, le cose si fanno confuse e la morale tradizionale va a farsi friggere. Milla mostra a tutti coloro che gravitano nella sua orbita – i suoi genitori, Moses, un sensibile insegnante di musica, un piccolo violinista in erba e una vicina incinta dotata di un’onestà disarmante – come vivere quando non si ha niente da perdere. Quello che avrebbe potuto essere un disastro per la famiglia Finlay, la spinge invece a lasciarsi andare e a trovare la grazia nel meraviglioso caos della vita.

Il teen cancer movie è un genere che si incontra spesso nella filmografia di tutto il mondo e la sfida di Murphy era quella di riuscire a offrire un occhio originale, differente, sul processo a senso unico che questa premessa quasi sempre offre. Quindi, come raccontare la malattia, la cura, la sofferenza, la rabbia e, inevitabilmente, la morte, in maniera originale?

La regista si affida al volto angelico di Eliza Scanlen, anche lei esordiente al cinema, e dopo averle portato via i capelli per ovvie ragioni sceniche la ricopre di colori e parrucche, agghindando il film di momenti leggeri, personaggi insoliti, e reazioni originali alla presa di coscienza del dolore e della malattia.

C’è il giovane Moses, un giovane uomo che si fatica ad inquadrare sempre in bilico tra l’amore e il bisogno utilitaristico di rimanere accanto a Milla, ci sono i genitori, lui psichiatra e le sedata dalle medicine che lui stesso le prescrive. Ci sono una serie di personaggi di contorno più o meno interessanti, come il maestro di violino o la vicina, ragazza single in procinto di partorire.

Quello che abbracciamo in Babyteeth è un punto di vista insolito per un cancer movie nell’età adolescenziale, non si guarda l’ombelico ma si guarda intorno, in giro, a cercare ed acchiappare la vita, succhiandola da tutti i personaggi che costituiscono il microcosmo della protagonista.

Guest of Honour, recensione del film di Atom Egoyan #Venezia76

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Guest of Honour, recensione del film di Atom Egoyan #Venezia76

Autore molto amato che da qualche tempo cerca di ritrovare la propria voce incisiva, Atom Egoyan ha presentato in Concorso a Venezia 76 il suo ultimo film, Guest of Honour, una saga familiare atipica che si trasforma in doppia indagine, una storia che presenta tutti gli elementi cari al regista e che ha raccontato più volte nella sua storie.

Jim e la figlia Veronica, una giovane insegnante di musica al liceo, cercano di dipanare le loro complicate storie e il groviglio di segreti che le avviluppano. In seguito a uno scherzo finito male, la figlia di Jim viene ingiustamente condannata per abuso di autorità nei confronti del diciassettenne Clive. Veronica è tuttavia convinta di meritare una punizione, ma per reati commessi molto tempo prima. Confuso e frustrato di fronte all’intransigenza di Veronica, l’angoscia di Jim inizia a ripercuotersi sul suo lavoro come ispettore alimentare: ha un grande potere nei confronti dei piccoli ristoranti a gestione famigliare, e lo esercita senza remore.

La storia si rivela essere un doppio racconto in cui gli indizi e le verità si dipanano man mano che la storia procede, senza però affondare dentro i personaggi. Il risultato è che il regista riesce comunque a toccare dei temi che gli sono molto cari, ma allo stesso tempo rimane in superficie, quasi svogliato di fronte all’indea di raccontare il suo stesso film.

Il thriller, che negli ultimi anni è passato alla tv come mezzo di elezione, sembra scivolare anche in questo caso alla dimensione del piccolo schermo, e così Guest of Honour si rivela anch’esso un prodotto televisivo svogliato, senza ritmo. Egoyan tratteggia con attenzione i personaggi ma poi li lascia in balia di un racconto superficiale.

Venezia 76, red carpet: la serata di Johnny Depp

Venezia 76, red carpet: la serata di Johnny Depp

Mentre domani il tappeto rosso sarà tutto per la cerimonia di premiazione e per il film di chiusura, questa sera Johnny Depp è stato il protagonista dell’ultimo giorno di concorso di Venezia 76.

Di seguito, eccolo insieme al cast e al regista di Waiting for the barbarians (Ciro Guerra, Mark Rylance e Gana Bayarsaikhan) prima della proiezione ufficiale del film in Sala Grande.

Un magistrato, amministratore di un isolato avamposto di frontiera al confine di un impero senza nome, aspetta con impazienza la tranquillità della pensione, fino all’arrivo del colonnello Joll. Incaricato di riferire sulle attività dei barbari e sulla sicurezza al confine, Joll conduce una serie di spietati interrogatori. Il trattamento dei barbari per mano del colonnello e la tortura di una giovane donna barbara spingono il magistrato a una crisi di coscienza che lo porterà a compiere un atto di ribellione donchisciottesco.

COMMENTO DEL REGISTA

Quando abbiamo incominciato a lavorare all’adattamento del romanzo di J. M. Coetzee, pensavo che la vicenda fosse ambientata in un mondo e in un’epoca lontani. Tuttavia, mentre le riprese del film procedevano, la distanza nel tempo e nello spazio si è ridotta sempre più. Ora che abbiamo concluso, la trama si è trasformata in una storia sulla contemporaneità.

Venezia 76: Johnny Depp presenta Waiting for the barbarians

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Venezia 76: Johnny Depp presenta Waiting for the barbarians

Jhonny Depp, Mark Rylance e Ciro Guerra sono arrivati al Lido per presentare Waiting for the barbarians, l’ultimo film del concorso di Venezia 76. Il divo protagonista della saga di Pirati dei Caraibi non è il primo Depp a sfilare al Lido, infatti già la figlia Lily Rose è arrivata nei giorni scorsi a presentare The King.

L’attore si è dimostrato un normalissimo padre orgoglioso, quando gli è stato chiesto di lei: “È bellissimo (che sia qui anche lei), l’unica reazione è un sorriso. Quando era più piccola veniva spesso a Venezia con me e ora è una gioia vedere questa giovane donna che si presenta con grande dignità, grazie alle scelte che ha fatto. Avrebbe potuto fare film dove si guadagna molto ma non fa parte di lei, ha iniziato con un film con Natalie Portman e poi ha realizzato due o tre film francesi. Sono molto orgoglioso di lei, è la mia bambina. Lei e mio figlio sono i miei dèi”.

Nel film di Guerra, Depp interpreta un personaggio che al confronto con quello di Rylance è senza dubbio il cattivo della storia: “La cosa più interessante dei cattivi è il fatto che anche loro sono persone che la mattina si svegliano, si lavano, si radono e di certo non lo fanno pensato sarò il più cattivo del mondo. Il mio protagonista non è solo un cattivo, pensate a come si diventa un uomo così, come è arrivato in quel luogo, mi sono chiesto è un uomo senza emozioni oppure in quell’uomo c’è una persona che nasconde un bambino spezzato? Per me il colonnello Joel ha eretto muri di protezione intorno a sé per allontanare le emozioni, per sfuggire ai sentimenti. C’è molto dietro a questo personaggio ero pronto ad aggredire qualsiasi cosa che penetrasse la sua armatura perché è anche lui una vittima.”

Sulla sua esperienza veneziana, Johnny Depp si conferma spiritoso e di ottimo umore: “È un sogno arrivare a Venezia poi con un film così; essere qui attorno a questo tavolo è una grande onore, sono stato fortunato. Certo mi è costato molto, ho dovuto pagarli per farmi scritturare, chissà se mi hanno tagliato. Io il film lo vedrò stasera”.

Venezia 76: Mio fratello rincorre i dinosauri vince il premio Sorriso Diverso Venezia 2019

Mio fratello rincorre i dinosauri di Stefano Cipani, tratto dall’omonimo bestseller di Giacomo Mazzariol, vince il premio “Sorriso Diverso Venezia” 2019. Il riconoscimento è istituito dal Festival dei Tulipani di Seta Nera.

Il Premio, che quest’anno vede la collaborazione di Paranormaltv e L’Oro di Bacco Piacere di perle dorate, è istituito dal Festival dei Tulipani di Seta Nera e ogni viene consegnato all’opera cinematografica presentata al Festival di Venezia che meglio valorizza i temi sociali e umani.

Il Film è stato presentato come Evento Speciale alle Giornate degli Autori della 76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Ecco la motivazione al premio:

Per aver saputo raccontare con un “sorriso diverso” che saper comunicare non significa solo esprimere pensieri e sentimenti attraverso messaggi verbali o scritti ma anche attraverso gesti, espressioni, comportamenti e con il linguaggio universale della musica. E per aver indicato che la vera accettazione e la vera integrazione si ottengono attraverso un percorso fatto di accettazione, comprensione e amore. Opera prima di Stefano Cipani, che, con una efficace regia istintiva ed una eccellente direzione di attori in gran forma, ha il merito di far conoscere al grande pubblico una bella storia di integrazione sociale, edificante, meritevole e meritoria. Un inno alla diversità, vissuta dal protagonista prima come condanna poi come meravigliosa occasione di arricchimento interiore e integrazione sociale.
Hanno ritirato il premio Stefano Cipani e Lorenzo Sisto.

MENZIONE SPECIALE per Lorenzo Sisto, attore con sindrome di Down del film Mio fratello rincorre i dinosauri: Alla bravura e alla spontaneità di Lorenzo, che attraverso il cinema si è fatto voce e volto della diversità. Il suo sorriso è un dono prezioso, di quelli che fanno bene al cuore, e che desideriamo ricambiare con il nostro.

La Giuria che ha decretato il vincitore è presieduta da Catello Masullo, critico cinematografico e presidente Cinecircolo Romano, ed è composta da: Paola Dei, psicologa dell’arte e giornalista critico cinematografico; Ira Fronten, attrice, direttrice dell’Italian Black Movie Awards (IBMA) e presidente della Associazione delle donne Latinoamericane in Itala (ASDLI); Stefano Giussani, Associazione Amici del Poldi Pezzoli; Armando Lostaglio, critico cinematografico, vicepresidente Cinit Cineforum Italiano e fondatore CineCLub “V. De Sica”; Franco Mariotti, regista, giornalista, saggista e critico cinematografico; Massimo Nardin, docente universitario, regista, sceneggiatore e critico cinematografico; Rossella Pozza, critico cinematografico e direttore responsabile della rivista QUI CINEMA Cinecircolo Romano; Roberta Rabino, Associazioneamica arte e cultura; Marcello Zeppi, presidente e direttore artistico del MISFF Montecatini e presidente giuria Bridge of Art.

Alla cerimonia di premiazione, condotta da Cinzia Profita, hanno partecipato tanti giornalisti, critici cinematografici e personalità del mondo della cultura: Diego Righini (Presidente di Tulipani di Seta Nera), Leonardo Jannitti Piromallo (Produttore di Tulipani di Seta Nera), Luca La Bella (Co-produttore), Alessia Di Fiore (archeologa), Angelica Bianca, Christian Carapezza, Katya Cimmino (Staff di Paranormal), Ilaria Mallardi (Premio Sorriso Diverso Venezia 2019 e assistente di produzione).

Il premio “Sorriso Diverso Venezia” 2019 si inserisce nell’ambito della ‘mission’ del Festival Tulipani di Seta Nera – manifestazione istituita da L’Università Cerca Lavoro con il sostegno di Regione Lazio e Roma Lazio Film Commission – che vede in prima linea il Presidente Diego Righini, il Direttore artistico Paola Tassone, il produttore Leonardo Jannitti Piromallo e la presidente UCL Ilaria Battistelli: la kermesse da anni si occupa di utilizzare lo strumento cinema come valorizzatore di tematiche sociali, portando all’attenzione del pubblico prodotti cinematografici interessanti con messaggi di vita vera che forniscano grandi momenti di riflessione, speranza, rispetto e capacità di ascolto.

Venezia 76: a Il Sindaco del Rione Sanità il Leoncino d’Oro

Venezia 76: a Il Sindaco del Rione Sanità il Leoncino d’Oro

Si tiene è tenuta presso la Sala degli Stucchi dell’Hotel Excelsior, alla presenza di Vincenzo Spadafora, Ministro alle Politiche giovanili e allo Sport, e Francesco Samengo, Presidente Unicef Italia, la cerimonia di premiazione del “Leoncino d’Oro”, istituito da Agiscuola nel 1989, giunto alla 31a edizione e divenuto nel tempo uno dei premi collaterali più significativi della Mostra di Venezia. La cerimonia sarà presenziata da Luciana Della Fornace, Presidente Agiscuola.

Il Premio “Leoncino d’Oro” viene assegnato al film Il Sindaco del Rione Sanità, di Mario Martone, con la seguente motivazione: “Un’opera di stampo teatrale, valorizzata da una regia che richiama un’atmosfera da palcoscenico e al contempo che riesce a innovare un genere in ascesa in modo non convenzionale. Per aver saputo rappresentare, con eleganza e brutalità, una realtà in cui la violenza è una prerogativa dell’ignoranza. Per aver portato in scena la figura di un protagonista la cui morale sfugge a qualsiasi stereotipo del genere. Per queste ragioni il Premio Leoncino d’Oro della 76° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, va a “Il Sindaco del Rione Sanità”, di Mario Martone”. Ritirano il Premio il regista Mario Martone e l’attore Francesco Di Leva.

La Segnalazione Cinema For Unicef viene assegnata al film The Painted Bird, di Václav Marhoul, con la seguente motivazione: “Abbandono, violenze, soprusi. Le sfumature di un quadro spietato, dove il colore dell’innocenza è soffocato dalla più cruda brutalità umana. È attraverso gli occhi di un bambino che la storia racconta le proprie colpe, svelando l’impotenza, la fragilità di chi è costretto a subire, inerme, di fronte alle atrocità di cui l’uomo è capace. Ripercorrendo i più grandi drammi del passato si arriva così a comprendere il presente, ove la violenza resta, purtroppo, ancora tragicamente attuale. Per queste ragioni la segnalazione “Cinema for UNICEF” della 76° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, va a “The Painted Bird”, di Václav Marhoul”. Ritira il Premio il regista Václav Marhoul.

Ad assegnare il premio, una giuria di giovani studenti e studentesse rappresentanti di tutte le regioni d’Italia, selezionati, ogni anno, fra gli oltre 6.000 ragazzi che compongono le giurie del David Giovani, l’iniziativa rivolta agli studenti e alle studentesse delle scuole secondarie di secondo grado. I giovani giurati – in seguito ad un accordo siglato con il Comitato Italiano per l’UNICEF – assegnano inoltre il prestigioso premio Segnalazione Cinema For Unicef, riconoscimento istituito dal Comitato Italiano per l’UNICEF presso la Mostra sin dal 1980.

La mafia non è più quella di una volta, recensione del film di Franco Maresco #Venezia76

A qualche anno da Belluscone – una storia siciliana, Franco Maresco, premiato a Venezia nel 2014, torna a filmare l’etologia di strambi animali autoctoni di Palermo e dintorni. Lo fa in un nuovo bizzarro oggetto cinematografico intitolato La mafia non è più quella di una volta, che si riallaccia al precedente lavoro e riporta la memoria, con tanta nostalgia, agli spiazzanti teatrini di Cinico Tv, firmati negli anni novanta insieme a Daniele Ciprì.

Questo spaccato cine-antropologico, che si spinge ai confini della bassezza della razza umana con sguaiata ironia e tanta poesia, è costruito con lo spirito di un divulgatore e l’estro del più scaltro dei commediografi. Si può con certezza affermare che in un bislacco connubio audiovisivo Piero Angela incontra Cesare Lombroso, antropologo e padre della moderna criminologia, che avrebbe sguazzato felice tra tanto materiale da studiare e collocare nelle sue classificazioni, trovando magari nuove conferme sulla sua sballata teoria dell’atavismo.

Il tema centrale di La mafia non è più quella di una volta, come si evince dal titolo è chiaramente la lotta alla mafia e il ricordo sempre vivo, affettuoso e riconoscente, di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Maresco lo racconta documentando varie commemorazioni delle loro uccisioni, alcune ufficiali, con tanto di partecipazioni di cariche politiche e del presidente della Repubblica, altre spontanee e discutibili. L’autore, nel presentare il suo lavoro, afferma “La mia sensazione, è di essermi spinto oltre rispetto al film precedente. In un territorio in cui la distinzione tra bene e male, tra mafia e antimafia, si è azzerata e tutto, ormai, è precipitato in uno spettacolo senza fine e senza alcun senso.”

Come un novello Dante, Franco Maresco si aggira con la sua macchina da presa tra i dannati del cuore antico di Palermo e dei moderni quartieri ZEN, sigla che potrebbe apparire come un rilassante rimando alle filosofie orientali, ma che in realtà è un freddo acronimo che significa Zona Espansione Nord. E non poteva mancare un Virgilio, impersonato in questo viaggio da Letizia Battaglia, fotografa ottantenne che con i suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia e la gente semplice della sua amata città; è stata definita dal New York Times una delle “undici donne che hanno segnato il nostro tempo”. Anche Wim Wenders volle renderle omaggio, regalandole un prezioso cameo nel suo toccante Palermo shooting.

Ma il vero fulcro di questo bestiario strampalato è Ciccio Mira, con la sua clamorosa corte dei miracoli, popolata di cantanti neomelodici stonati e psicopatici, ballerine sguaiate col mito della Carrà, musicisti improbabili che non sanno suonare e attribuiscono la colpa all’antichità dello strumento, impresari vessati che comunicano per radio con gli alieni. Ciccio Mira, popolare showman di una becera TV locale, seguita da mafiosi, galeotti e disperati di varia natura, era anche il protagonista di Belluscone – una storia siciliana, diventando così elemento d’unione tra i due film.

La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco è un film raro, quanto prezioso. È costruito con sapienza, intelligenza e ironia, tanto gusto visivo e meditata teatralità. È un grido sornione di denuncia contro la mafia, sulla sua negazione e sull’omertà naturale che impone sulla gente, così strutturata da essere definita dal protagonista corredo genetico ereditato col DNA.

Unico dubbio è quanto sia labile il confine tra realtà e finzione, perché è assai difficile accettare che possano esistere delle bestie così strane, a volte stolte e a volte feroci, che vivono in branchi nei meandri invisibili e disperati delle nostre città. Le vie dell’evoluzioni sono imperscrutabili e Maresco ce ne fornisce le prove.

Venezia 76: Roger Waters su Salvini, migranti e i leader del mondo

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Super ospite del penultimo giorno di Venezia 76 è stato Roger Waters, il co-fondatore dei Pink Floyd, che presenta il film concerto Us + Them nel Fuori Concorso.

Waters porta sullo schermo la sua storia dal vivo di Us + Them. Il film include canzoni tratte dai leggendari dischi dei Pink Floyd e dal suo ultimo album: Is This The Life We Really Want? Con la sua musica potente e il suo messaggio di libertà, amore e rispetto dei diritti umani, il film vuole essere una fonte di ispirazione.

Il cantautore ha commentato la situazione politica italiana, l’addio di Salvini al Governo, ma ha anche colto l’occasione per fare un quadro generale della deriva politica dell’Europa intera e del mondo: “Non sono un esperto della nuova coalizione, ma meno male che se n’è andato Matteo Salvini, anche se forse temporaneamente. Anche se in Italia, come nel resto d’Europa, ci potrebbe essere una recrudescenza del neofascismo, basti vedere in Inghilterrra Boris Johnson, ma anche Polonia e Ungheria. Viviamo tempi difficili in cui il potere fa sì che la gente normale sia sempre in guerra, controllano la nostra vita e sembra ci sia volontà di distruzione del nostro pianeta bellissimo. Se non contrastiamo queste forze neofasciste non ci sarà niente da passare alle nuove generazioni”.

Oltre ai leader europei, Waters ha nominato anche Donald Trump e Jair Bolsonaro ripensando alla sua canzone, Pigs del 1977, e a se si possa applicare anche ai politici di oggi: “Boris Johnson è più maiale di Winston Churchill? Forse Churchill era più istruito e dotato di più eloquenza ma fanno entrambi parte di una classe ricca che ha capito come controllare i poveri, mettere in schiavitù la maggior parte della popolazione e lasciare le persone a morire nelle barche del Mediterraneo”.

Roger Waters ha un’opinione precisa anche sull’emergenza migranti, che interessa in modo particolare il nostro Paese: “È gente povera che ha fame e scappa da zone di guerra e pericolo, flottano verso un posto dove poter vivere un po’ meglio con le loro famiglie. Noi europei abbiamo un dovere nei loro confronti, per quel che ne sappiamo l’homo sapiens ha meno di 200000 anni, siamo tutti africani. Da lì veniamo e ci ritroviamo divisi da queste tecniche nazionalistiche. Capisco che in Italia è facile creare paura dell’altro dicendo che in centinaia di migliaia ci invaderanno, ruberanno il lavoro e le nostre donne, ma noi dovremmo poter andare al di là di questo non c’è futuro per questa mentalità. Sono persone che hanno perso il controllo della propria vita per colpa dei signori della guerra come è successo in Siria. Per questo vengono, non certo per rubare la nostra pizza”.

Venezia 76: Gabriele Salvatores presenta Tutto il mio folle amore

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Gabriele Salvatores ha presentato a Venezia 76 il suo ultimo film, Tutto il mio folle amore, nella sezione Fuori Concorso. Il regista ha partecipato alla conferenza stampa del film in compagnia dei protagonisti Claudio Santamaria, Valeria Golino e l’esordiente Giulio Pranno.

Sono passati sedici anni dal giorno in cui Vincent è nato e non sono stati anni facili per nessuno. Né per Vincent, immerso in un mondo tutto suo, né per sua madre Elena e per il suo compagno Mario, che lo ha adottato. Willi, che voleva fare il cantante, senza orario e senza bandiera, è il padre naturale del ragazzo; una sera qualsiasi trova finalmente il coraggio di andare a conoscere quel figlio che non ha mai visto e scopre che non è come se lo immaginava. Non può sapere che quel piccolo gesto di responsabilità è solo l’inizio di una grande avventura, che porterà padre e figlio ad avvicinarsi, conoscersi e volersi bene, durante un viaggio in cui avranno modo di scoprirsi a vicenda, fuori dagli schemi, in maniera istintiva. E anche Elena e Mario, che si sono messi all’inseguimento del figlio, riusciranno a dirsi quello che, forse, non si erano mai detti.

Salvatores ha effettuato le riprese a Triste, per la terza volta consecutiva: “Sono nato a Napoli e la prima volta che sono andato a Trieste ho pensato che somigliasse molto a Napoli. Ha molte più cose in comune con la mia città di quello che si può immaginare, ma per questo film avevamo anche bisogno di un confine e in Italia l’unico confine che abbiamo è ad est, verso la Croazia. Poi i Balcani hanno in comune con Napoli una malinconia e una visione fatalista della vita che mi piacevano molto. Trieste è l’unica città dove vorrei trasferirmi, se non stessi benissimo dove sono a Milano.”

Il film è un road movie, genere che Salvatores ha dimostrato di apprezzare: “Non è importante la meta, ma il viaggio, nel viaggio siamo tutti più indifesi, aperti e vulnerabili, ed è per quello che mi piace. non so se tornerò a fare film di viaggi, ci sono anche viaggi interiori che sono meno faticosi ma non meno impegnativi.”

Giulio Pranno è il giovane protagonista del film, e Gabriele Salvatores è arrivato a lui attraverso un metodo insolito: “Non avevo mai visto all’opera Pranno, e devo ringraziare Francesco Vedovati. Ha deciso di andare al centro sperimentale e di vedere quali studenti non avevano superato l’ultimo esame, tra questi c’era lui che aveva rinunciato del tutto a fare l’attore. Lui aveva una grande predisposizione e poi, visto che per me gli attori sono autori del film, per me Giulio Pranno ha scritto il film quanto gli altri attori.”

Pokémon: Detective Pikachu finalmente in homevideo

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Pokémon: Detective Pikachu finalmente in homevideo

Il mondo dei Pokémon prende vita a Ryme City grazie a Warner Bros Pictures e Legendary Pictures. Il 12 settembre arriva in DVD, Blu-Ray e nell’edizione Steelbook Blu-Ray grazie a Warner Bros. Home Entertainment il film Pokémon Detective Pikachu. Nel Blu-Ray sono presenti tantissimi contenuti speciali tra cui My Pokémon Adventure, anche nel DVD.

La prima avventura Pokémon live-action che vede Ryan Reynolds (Buried, Lanterna Verde, Deadpool) dare la voce a Pikachu (nella versione originale). Pokémon: detective Pikachu si basa sul brand Pokémon, uno dei marchi di intrattenimento più popolari al mondo e franchise multi-mediale tra i più famosi e amati di tutti i tempi. Con la modalità “Detective” su Blu-Ray™ puoi vedere Pokémon: Detective Pikachu come non l’hai mai visto prima e scoprire un mondo di indizi nascosti, dietro le quinte, curiosità, aneddoti Pokémon, easter eggs, divertenti featurette e altro ancora.

Pokémon Detective Pikachu ha come attore protagonista Justice Smith (Jurassic World: Il regno distrutto, Città di Carta, Ogni giorno) che interpreta Tim e Kathryn Newton (Lady Bird, Giù le mani dalle nostre figlie e la serie TV Big Little Lies,) nei panni di Lucy, una giovane reporter che insegue il suo primo scoop. Nel cast inoltre Suki Waterhouse (Insurgent, Love Rosie, Orgoglio e Pregiudizio, Zombie) Omar Chaparro (Overboard, Kung Fu Panda) Chris Geere (le serie TV Modern Family, You’re The Worst, Behaviour Ill) la pluripremiata cantante Rita Ora (America’s Next Top Model per la TV, Cinquanta sfumature di Grigio), il candidato all’Oscar Ken Watanabe (L’ultimo samurai, Inception, Godzilla) e Bill Nighy (Harry Potter e i doni della morte: parte 1, Love Actually, Pirati dei Caraibi – La maledizione del forziere fantasma).

Pokémon Detective Pikachu è diretto da Rob Letterman (Mostri contro Alieni, Shark Tale, Piccoli Brividi) veterano dell’animazione e degli effetti visivi del cinema d’intrattenimento per ragazzi, tratto da una storia di Dan Hernandez, Benjii Samit e Nicole Perlman. La sceneggiatura è di Hernandez, Samit, Letterman e Derek Connolly, basato sul videogioco “Detective Pikachu” sviluppato da Creatures Inc. È stato prodotto da Mary Parent e Cale Boyter per Legendary Pictures, e Hidenaga Katakami e Don McGowan per The Pokémon Company. Nel ruolo di produttori esecutivi Joe Caracciolo, Jr., Ali Mendes, Tsunekazu Ishihara, Kenji Okubo, Toshio Miyahara, Hiro Matsuoka, e Koji Ueda.

Il team creativo include il direttore della fotografia nominato due volte agli Oscar John Mathieson (Il fantasma dell’opera, Gladiatore), lo scenografo Nigel Phelps (Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar) il montatore vincitore dell’Oscar Mark Sanger (Gravity), James Thomas (Muppets 2 – Ricercati) e la costumista Suzie Harman (RocknRolla). La colonna sonora è composta da Henry Jackman (Jumanji – Benvenuti nella giungla). Gli effetti visivi sono realizzati dalla Moving Picture Company (Wonder Woman) e Framestore (Guardiani della Galassia: Volume 2).

Lanciato nel 1996 ottenendo un riscontro travolgente, il marchio Pokémon è un successo globale che comprende una community di appassionati di videogiochi con oltre 320 milioni di unità vendute in tutto il mondo; giochi di carte collezionabili disponibili in 11 lingue con oltre 25 miliardi di carte acquistate; una serie televisiva alla 21° stagione disponibile in più di 160 Paesi e più di 20 film d’animazione. Oltre a libri, fumetti manga, musiche, giocattoli, merchandising e app, incluso il famosissimo Pokémon GO!: gioco che presuppone la cattura dei pokémon negli ambienti che la fotocamera dello smartphone sta inquadrando, un’applicazione della cosiddetta “realtà aumentata” che è stata scaricata più di 850 milioni di volte ed apprezzata in tutto il mondo da fan di tutte le età.

Pokémon: Detective Pikachu, la trama

La storia inizia quando il geniale detective privato Harry Goodman scompare misteriosamente, costringendo il figlio di 21 anni Tim a scoprire cosa sia successo. Ad aiutarlo nelle indagini l’ex compagno Pokémon di Harry, il Detective Pikachu: un adorabile, esilarante e saggio super-investigatore che sorprende tutti, persino se stesso. Dato che Tim è l’unico essere umano in grado di parlare con Pikachu, uniscono le loro forze in un’avventura elettrizzante per svelare l’intricato mistero. Si trovano così ad inseguire gli indizi lungo le strade illuminate al neon di Ryme City, una moderna e disordinata metropoli dove umani e Pokémon vivono fianco a fianco in un iperrealistico mondo live-action. Qui incontreranno una serie di Pokémon, scoprendo una trama sconvolgente che potrebbe distruggere la loro coesistenza pacifica con gli umani e minacciare l’universo stesso dei Pokémon.

Venezia 76: Soundtrack Stars Award 2019 a Joker

Venezia 76: Soundtrack Stars Award 2019 a Joker

Va al film di Todd Phillips Joker e alla colonna sonora firmata da Hildur Guðnadóttir il Soundtrack Stars Award 2019. Lo ha deciso la Giuria del Premio – prodotto da Andrea Camporesi (Free Event) – che ha anche assegnato tra i film in concorso (Venezia 76), un premio speciale all’opera prima di Shannon Murphy Babyteeth, per il ruolo che la musica ha nella storia coraggiosa dell’adolescente Milla.

Alla violoncellista islandese che firma le musiche di Joker, il premio “per una colonna sonora che recupera alcuni tra i brani più noti della grande musica americana e per le composizioni originali, una musica atonale che unisce voce e violoncello, capace di rendere anche la colonna sonora protagonista del film con assoluta originalità ma anche con una forte capacità evocativa” .

Un Premio speciale va a Babyteeth, di Shannon Murphy, opera prima della regista australiana che nella storia anche sentimentale dell’adolescente Milla, nel suo destino ineluttabile con la malattia, sottolinea il ruolo speciale proprio nel rapporto conflittuale e insieme  ‘salvifico’ che Milla, nel suo mondo quotidiano, ha con la musica.

La Giuria della settima edizione del SOUNDTRACK STARS AWARD 2019 è presieduta da Laura Delli Colli (Presidente SNGCI), con la cantautrice Nina Zilli per la musica, insieme ai giornalisti  Antonella Nesi (Adnkronos), Marina Sanna (Cinematografo.it, La rivista del Cinematografo), Stefania Ulivi (Corriere della Sera) Alessandra Vitali (Repubblica), Giuseppe Fantasia (Huffington post) con Manola Moslehi e Marco Maccarini, voci di Radio Italia.

Il premio punta a valorizzare il ruolo fondamentale della musica nel mondo del cinema e ogni anno si afferma sempre di più come simbolo di eccellenza culturale internazionale. È un evento speciale tra le iniziative promosse dal SNGCI (che fin dalla prima edizione è stato tra i partner dell’iniziativa), in collaborazione con SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori.

L’edizione 2019 della manifestazione è sostenuta da LABORATOIRES FILORGA PARIS, main partner del premio, insieme a APT servizi Emilia Romagna al media partner Radio Italia.

Venezia 76: a Ema il premio Arca CinemaGiovani

Venezia 76: a Ema il premio Arca CinemaGiovani

Con il consueto giorno di anticipo sui Leoni d’oro, le Giurie Arca CinemaGiovani hanno proclamato i loro vincitori di Venezia 76.

Miglior film in concorso

EMA – di Pablo Larraín

Per aver saputo esprimere un’idea rivoluzionaria e nuova di famiglia, un’idea che dà voce al bisogno ancestrale di maternità ma allo stesso tempo mette in discussione le costrizioni sociali che lo regolano.

Per aver saputo presentare un concetto avanguardistico di cinema, in cui genere drammatico e musical arrivano a fondersi dando vita a un linguaggio rimodernato, privo dei cliché tipici del genere e ricco di elementi che proiettano l’arte cinematografica nel futuro. Per il suo racconto provocatorio e anarchico, che grazie alla portata straripante del contenuto e dei caratteri dei personaggi, trasforma una tematica classica in rivoluzionaria e innovativa, arrivando a scardinare convenzioni sociali e cinematografiche attraverso una carica esplosiva di cui la danza è espressione universale.

Con più di 60 ragazzi, tra i 18 e i 26 anni, la giuria ARCA CinemaGiovani, è la più numerosa tra quelle presenti al Lido ed è composta da ragazzi provenienti da Italia, Francia, Marocco e Tunisia. Il premio Arca, giunto alla sua diciottesima edizione, è tra i premi collaterali più conosciuti della Mostra. ARCA CinemaGiovani è una manifestazione organizzata da Arca-Enel, Associazione ricreativa culturale sportiva dipendenti Gruppo Enel.

Venezia 76: American Skin vince il FILMING ITALY AWARD nella sezione Sconfini

La giuria di qualità composta da Tiziana Rocca, direttore artistico del Filming Italy Award, Franco Montini, presidente Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), Luciano Sovena, presidente di Roma Lazio Film Commission e Vito Sinopoli, editore della rivista Best Movie, ha deciso di assegnare il Filming Italy Award – inserito da quest’anno tra i premi collaterali ufficiali della Mostra – come Miglior Film della sezione SCONFINI ad American Skin di Nate Parker.

Il Filming Italy Award, ideato da Tiziana Rocca, è un premio nato con l’intento di promuovere il Cinema italiano e internazionale in Italia e all’estero mettendo in contatto le diverse culture.

Il premio verrà consegnato oggi alle ore 16.00 presso l’Italian Pavillon dell’Hotel Excelsior al regista e protagonista del film Nate Parker e al produttore Tarak Ben Ammar, alla presenza di Alberto Barbera, direttore del Festival di Venezia.

Questa la motivazione: “Affrontando il tema del razzismo, molto presente nel cinema contemporaneo, Nate Parker parte da elementi di cronaca per costruire una storia drammaticamente romanzesca e sceglie un punto di vista volutamente provocatorio con l’intento di suscitare il confronto fra gli spettatori, in linea a quanto accade ai protagonisti sullo schermo. Ma l’impianto ideologico non penalizza la spettacolarità del risultato, sempre teso e vibrante”.

American Skin, presentato in anteprima mondiale nei scorsi giorni a Venezia da Spike Lee insieme allo scrittore, regista e interprete Nate Parker, ha conquistato la critica e ricevuto una standing ovation di 11 minuti alla fine della proiezione per il pubblico. Il film, interamente ambientato e girato a Los Angeles, è prodotto da Mark Burg, Lukas Behnken e Tarak Ben Ammar con Eagle Pictures che in questo modo diventa la prima società italiana a produrre un film interamente americano su un tema del genere.

Giornate degli Autori: La Llorona vince il vincitore del GdA Director’s Award

Tra gli undici film in concorso è La Llorona il vincitore del GdA Director’s Award nella sedicesima edizione delle Giornate degli Autori.

L’opera di Jayro Bustamante è stata premiata dalla giuria presieduta da Karim Ainouz e composta dai membri del progetto 28 Times Cinema: ventotto giovani spettatori provenienti ognuno da un diverso Paese dell’Unione Europea.

Questa la motivazione con la quale hanno sostenuto la scelta: “Il vincitore del GdA Director’s Award è La Llorona di Jayro Bustamante. Desideriamo anche mettere in rilievo gli altri film nella shortlist – Only the Animals di Dominik Moll per il suo preciso e profondo affresco della solitudine e Corpus Christi di Jan Komasa per il suo sguardo irriverente sulla religione. Bustamante, una delle voci più singolari del cinema dell’America Latina, intreccia un ritratto della tragica storia del Guatemala e le sue ferite aperte ispirato all’omonimo racconto popolare. La combinazione di poesia e politica costruisce una fiaba inquietante e acuta che parla non solo del passato ma anche del presente. La Llorona è un’intima storia di fantasmi raccontata attraverso un vivido personaggio femminile che tratta i temi della perdita, della negazione e dell’accettazione. Come recita il verso della canzone “La Llorona”: Dicen que no tengo duelo, Llorona, porque no me ven llorar. Hay muertos que no hacen ruido, Llorona !Y es mas grande su penar! Che possano questi versi di tristezza ma anche di forza diffondersi nel mondo.”

Il GdA Director’s Award ha un valore di 20.000 euro: metà destinata al regista, il restante cinquanta percento a Film Factory Entertainment, venditore internazionale del film, per aiutare la circolazione internazionale del film.

Quando il generale in pensione responsabile del genocidio in Guatemala viene prosciolto causa l’annullamento del processo, lo spirito de la Llorona (spettro del folklore dell’America latina) comincia a vagare per il mondo come un’anima perduta tra i vivi. Di notte, il generale sente i suoi lamenti, mentre sua moglie e sua figlia credono che stia avendo manifestazioni di demenza legate all’Alzheimer. Non possono sospettare che la loro nuova governante, Alma, sia lì per ottenere quella vendetta negata dal processo.

Jayro Bustamante si è formato tra il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e Parigi e ha lavorato negli Stati Uniti prima di tornare in Guatemala dove, nel 2017, ha inaugurato “La Sala de Cine”, primo cinema del Paese dedicato alla programmazione di film indipendenti.

Il suo primo lungometraggio, Ixcanul, ha ottenuto oltre sessanta riconoscimenti nei festival internazionali tra cui un premio alla Berlinale (2015). La Llorona è il suo secondo lungometraggio.

Avevo bisogno di catturare l’interesse internazionale”, ha detto il regista, “ma soprattutto quello della mia gente. E così ho iniziato questo viaggio partendo dalle paure della mia infanzia per arrivare a quelle nuove da adulto, e al mio interesse per la narrazione. Una denuncia fatta attraverso il cinema come intrattenimento ma senza mai perdere di vista quello che universalmente viene definito come cinema d’autore”.

It – Capitolo Due: il poster spaventa dei bambini, e i genitori protestano

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Il terribile pagliaccio Pennywise è finalmente tornato al cinema con il film It – Capitolo Due, sequel del primo acclamato film del 2017.

Appena sbarcato al cinema, il film attira già su di sé le prime polemiche. Accade infatti che a Brisbane, in Australia, un gruppo di bambini sia rimasto particolarmente terrorizzato dai cartelloni pubblicitari del film. Questo evento ha suscitato le polemiche dei rispettivi genitori, che hanno presentato reclami alla società pubblicitaria Ad Standard.

“Ad alcune persone piace andare al cinema a vedere i film horror – ha dichiarato uno dei genitori in rivolta – , e questo va bene, è una loro scelta. Ma è anche una nostra scelta quella di non voler vedere questo poster.”

In Australia il film è stato classificato come MA15+, ovvero la cui visione è proibita ai minori di 15 anni non accompagnati dai genitori. La denuncia dovrebbe ora limitare la diffusione dei poster del film, vietandola nelle aree frequentate dai bambini.

Non verranno tuttavia rimossi in modo definitivo, poiché Ad Standards ha replicato che i poster non contengono alcun contenuto esplicito, solamente un primo piano del volto di Pennywise, di suo certamente non rassicurante.

It – Capitolo Due, dal 5 settembre al cinema, è diretto nuovamente da Andy Muschietti, mentre fanno parte del cast gli attori Jessica Chastain, Bill Hader, James McAvoy, Sophia Lillis, Finn Wolfhard e Bill Skarsgard. Protagonisti del film sono i membri del club dei Perdenti, ormai adulti, richiamati a Derry dopo 27 anni per tentare di sconfiggere nuovamente il terrificante Pennywise, tornato in cerca di vendetta.

Fonte: ComicBookResource

Spider-Man: “Per il momento la porta è chiusa”, parola del CEO della Sony

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Con il futuro cinematografico di Spider-Man ancora incerto, i fan restano in attesa di sapere quali saranno le sorti del supereroe, se l’accordo tra la Sony e la Marvel potrà riformarsi o rimarrà definitivamente rotto, impedendo così al personaggio di comparire nuovamente nel Marvel Cinematic Universe.

Ad esprimere la propria opinione è ora Tony Vinciquerra, presidente e CEO della Sony Pictures. Le sue parole tuttavia non sono molto incoraggianti, riportando un lapidario “per il momento la porta è chiusa.”

Secondo Vinciquerra non è tuttavia da escludere che in futuro si possa giungere ad un nuovo compromesso tra le due case di produzione, permettendo così un ritorno del personaggio lì dove i fan lo vorrebbero.

Non c’è nessuna cattiva intenzione da parte della Sony nei confronti della Marvel ma, stando alle parole del dirigente Sony, non sussistevano più i criteri stabiliti al momento dell’accordo, avvenuto nel 2015, quando Spider-Man ha fatto la sua comparsa nel film Captain America: Civil War.

 “Alla Sony abbiamo molto rispetto per Kevin Feige e la squadra della Marvel – ha proseguito Vinciquerra – Ma dobbiamo salvaguardare anche i nostri interessi, e abbiamo lavorato con loro finché è stato possibile.”

“Costruiremo un nostro universo cinematografico basato sul personaggio di Spider-Man. – ha affermato poi il presidente della Sony – Ci saranno molti film e altre tipologie di prodotti dedicati al personaggio e a quelli intorno a lui. Abbiamo dimostrato di poter fare grandi cose con Spider-Man: Un nuovo universo e con la serie Sony-Amazon The Boys. Sappiamo come gestire il fronte supereroi, e Spider-Man ne sarà la punta di diamante.”

Sembra dunque che il futuro del personaggio avrà lunga e prosperosa vita nelle mani della Sony. E se per molti sarà deludente non vederlo più all’interno dell’MCU, sarà ad ogni modo interessante scoprire in quali forme lo studios detentore dei diritti utilizzerà il celebre supereroe.

Fonte: Variety

Poison Ivy: Rihanna frontrunner per la Warner Bros.

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La Warner Bros. negli ultimi tempi sembra stia puntando molto sui personaggi femminili dell’universo DC. Dalla Wonder Woman interpretata da Gal Gadot alla Harley Quinn di Margot Robbie.

L’intenzione sembra quella di continuare questo trend, portando sul grande schermo sempre più personaggi di questo tipo. Mentre alcuni compariranno nel film Birds of Prey, sembra essercene uno in particolare a cui la casa di produzione aspira a dare nuova vita.

Parliamo di Poison Ivy, tra le più pericolose e seducenti nemesi di Batman, che era già apparsa al cinema nel 1997 nel film Batman & Robin, interpretata da Uma Thurman.

Non è ancora certo se la major intende far apparire il personaggio nell’annunciato, ma attualmente in stand-by, film Gotham City Sirens, o già nel prossimo film dedicato al cavaliere oscuro, The Batman, previsto per il 2020. Stando ad alcune indiscrezioni, tuttavia, sembrerebbe che la Warner Bros. stia valutando l’idea di offrire il ruolo alla cantante e attrice Rihanna. Questa sembrerebbe essere il primo nome sulla “lista dei desideri” della casa di produzione, ed è un ruolo che potrebbe ben adattarsi al carisma dell’artista originaria delle Barbados.

All’attuale stato delle cose, né la Warner Bros. né Rihanna hanno rilasciato dichiarazioni a riguardo, facendo presupporre che attualmente la cosa rimane soltanto un’idea. Tuttavia non ci sarebbe da sorprendersi se il personaggio facesse nuovamente la sua comparsa sul grande schermo, magari in una versione più fedele e letale di quanto già visto.

Fonte: We Got This Covered

Venezia 76: Franco Maresco e Johnny Depp per il Concorso

Venezia 76: Franco Maresco e Johnny Depp per il Concorso

Al penultimo giorno di Venezia 76, sono due i film presentati in concorso. Da una parte sfila quest’oggi l’ultimo italiano in gara, Franco Maresco, che presenta La mafia non è più quella di una volta. Con lui c’è il colombiano Ciro Guerra, che invece presenta Waiting for the barbarians, con Johnny Depp e Mark Rylance.

La mafia non è più quella di una volta

Nel 2017, a 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, Franco Maresco decide di realizzare un nuovo film. Per farlo, trova impulso in un suo recente lavoro dedicato a Letizia Battaglia, fotografa ottantenne che con i suoi scatti ha raccontato le guerre di mafia, definita dal New York Times una delle “undici donne che hanno segnato il nostro tempo”. Il regista sente il bisogno di affiancare a Letizia una figura proveniente dall’altra parte della barricata: Ciccio Mira, ‘mitico’ organizzatore di feste di piazza, già protagonista nel 2014 di Belluscone. Una storia siciliana.
Nei pochi anni che separano i due film, Mira sembra cambiato. Forse cerca un riscatto, come uomo e come manager, al punto da organizzare un singolare evento allo Zen di Palermo: i neomelodici per Falcone e Borsellino. Eppure le sue parole tradiscono ancora una certa nostalgia per “la mafia di una volta”. Intanto, assistendo alle celebrazioni dei martiri dell’antimafia, il disincanto di Maresco si confronta con la passione di Battaglia.

Commento del regista

Questo film è l’inevitabile seguito di Belluscone. Una storia siciliana, presentato a Venezia nel 2014. Devo ammettere che non è stato per niente facile, cinque anni dopo, tornare a raccontare una storia con dentro, ancora una volta, i cantanti neomelodici e la mafia. La mia sensazione, però, è di essermi spinto oltre rispetto al film precedente. In un territorio in cui la distinzione tra bene e male, tra mafia e antimafia, si è azzerata e tutto, ormai, è precipitato in uno spettacolo senza fine e senza alcun senso.

Waiting for the barbarians

Un magistrato, amministratore di un isolato avamposto di frontiera al confine di un impero senza nome, aspetta con impazienza la tranquillità della pensione, fino all’arrivo del colonnello Joll. Incaricato di riferire sulle attività dei barbari e sulla sicurezza al confine, Joll conduce una serie di spietati interrogatori. Il trattamento dei barbari per mano del colonnello e la tortura di una giovane donna barbara spingono il magistrato a una crisi di coscienza che lo porterà a compiere un atto di ribellione donchisciottesco.

Commento del regista

Quando abbiamo incominciato a lavorare all’adattamento del romanzo di J. M. Coetzee, pensavo che la vicenda fosse ambientata in un mondo e in un’epoca lontani. Tuttavia, mentre le riprese del film procedevano, la distanza nel tempo e nello spazio si è ridotta sempre più. Ora che abbiamo concluso, la trama si è trasformata in una storia sulla contemporaneità.

Zero Zero Zero: recensione della serie di Stefano Sollima #Venezia76

La serialità televisiva sta facendo passi avanti giganteschi, surclassando per budget e grandiosità progetti pensati per il cinema. Proprio nelle giornate della 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica si sono visti tanti film, prodotti faticosamente, con risorse che non basterebbero a realizzare neanche un singolo episodio, cosa che tuttavia non significa che venga meno l’intensità o i contenuti di un’opera filmica, ma che il mercato del cinema e della televisione si sta spostando in nuovi territori. Le piattaforme come Netflix, Amazon Studios, o Sky, hanno fatto nascere un nuovo modo di produrre, di raccontare, di comunicare, di diffondere film, contenuti e serialità. E in questo nuovo panorama non manca certo un ritorno alla ricerca espressiva e alla sperimentazione, basta pensare a The New Pope di Paolo Sorrentino, presentato al lido pochi giorni fa, ma anche a serie che rompono completamente gli schemi, come Love Death & Robots, visibile su Netflix. Zero Zero Zero di Stefano Sollima è frutto di questo positivo sconvolgimento, che tanta enfasi, clamore e anche polemica sta suscitando.

Le prime due puntate, presentate in anteprima, fuori dalla competizione ufficiale, lasciano intendere l’imponenza dello sforzo produttivo e il respiro internazionale, che nasce nel nostro paese e sconfina in altri continenti, USA, Centro e Sud America, Africa. Ed è proprio questa la grande forza della serie, mantenere sempre uno guardo italiano nonostante un cast internazionale e tante location sparse nel mondo. Tutto questo per narrare un problema tanto attuale, quanto vasto: il narcotraffico.

La sceneggiatura di Zero Zero Zero si poggia solidamente sul romanzo-inchiesta di Roberto Saviano dall’omonimo titolo, pubblicato da Feltrinelli nel 2013. Ma è stata sviluppata inventando personaggi e un solido filo narrativo che permettesse di creare una storia avvincente e credibile, che permettesse di tenere un pubblico vastissimo incollato allo schermo. Episodio dopo episodio è raccontato il viaggio di un carico di cocaina, dal momento in cui un potente clan della ‘Ndrangheta decide di acquistarlo, fino a quando viene consegnato e pagato. In questo modo è mostrato, fin nei dettagli, di come l’economia illegale diviene parte di quella legale e su come entrambe siano collegate a una spietata logica di potere e controllo che influenza le vite e le relazioni delle persone. Attraverso i personaggi e le loro singole storie si evidenziano tutti i meccanismi sconosciuti che si celano dietro il business più redditizio del pianeta, dopo quello del petrolio.

Il modo di creare immagini e di raccontare di Stefano Sollima è di enorme professionalità e bravura, riesce a costruire concitate ed efficaci scene d’azione e di combattimento, con set smisurati, veicoli, esplosioni e centinaia di comparse. La messinscena è così convincente da far sentire lo spettatore sempre al centro della baraonda, almeno sul grande schermo cinematografico. Peccato che alla fine la fruizione sarà destinata alla TV, se non addirittura a computer o dispositivi portatili. Stona però che in un prodotto così ben realizzato si avverta un vizio tutto italiano, ovvero quello di inzuppare ogni secondo del film di musica e tappeti sonori, che tolgono purtroppo verità a situazioni che dovrebbero nutrirsi solamente di rumori o suoni diegetici. La musica di Mogway risulta invadente, stancante, monotona e spesso superflua. Molto indovinati invece sono i volti dei tanti personaggi e risultano assai credibili gli attori, in particolare Dane DeHaan, Gabriel Byrne e Andrea Riseborough.

Zero Zero Zero è una serie avvincente sul traffico di narcotici, che prende vita da un libro di denuncia di grande successo e che regala spettacolarità ed emozioni, garantendo puro intrattenimento.

C’era una volta a… Hollywood: secondo Brad Pitt il film verrà esteso sotto forma di mini-serie

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Con la sua uscita nelle sale italiane fissata al 19 settembre, C’era una volta a… Hollywood, il nuovo film di Quentin Tarantino con Leonardo DiCaprio, Brad Pitt e Margot Robbie è pronto per mostrarsi in tutto il suo splendore.

Stando a quanto riportato dallo stesso Pitt, il film potrebbe non vivere esclusivamente di una versione cinematografica, ma potrebbe trasformarsi anche in una mini serie.

L’attore avrebbe infatti confermato l’idea di Tarantino di espandere il film grazie al materiale non rientrato nel montaggio finale, ampliando così il minutaggio del film e dividendolo in episodi da distribuire in streaming.

“Credo che sotto forma di mini serie potrebbe avere maggior successo. – ha dichiarato Pitt – Certo, sono sempre curioso di vedere se i film funzionano ancora, ma noto sempre di più che le nuove generazioni vanno ad una velocità incredibile, e sono molto più inclini a guardare degli episodi brevi, interagendo con la riproduzione di questi.”

Un’operazione simile è già stata attuata per il precedente film di Tarantino, The Hateful Eight, distribuito sotto forma di mini serie, con del girato extra al suo interno, sulla piattaforma streaming Netflix.

“E’ come avere il meglio dei due mondi – sentenzia l’attore – Puoi avere l’esperienza al cinema, che rimane unica, oppure puoi vederlo con più contenuti in un formato da serie tv. Queste ultime permettono di spendere molto più tempo sui personaggi e sulla storia, sperimentando in modi che oggi nel cinema raramente sono concessi.”

Nell’attesa di una probabile distribuzione in formato da mini serie, C’era una volta a… Hollywood arriverà presto in sala, dove potrà essere ammirato attraverso la spettacolarità del mezzo tanto celebrato da Tarantino.

Fonte: Variety

The Batman: Robert Pattinson è il cavaliere oscuro in un trailer fan made

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Con l’ufficialità che Robert Pattinson interpreterà il cavaliere oscuro nel film The Batman, i fan si stanno sbizzarrendo ad immaginare l’attore nei panni del celebre supereroe, ancor prima che venga diffusa una prima immagine ufficiale.

In un nuovo trailer diffuso in rete, un fan ha ipotizzato il look del film diretto da Matt Reeves. Come è possibile osservare, il video è una combinazione di scene estrapolate da precedenti film con Robert Pattinson, uniti a spezzoni tratti da Batman v. Superman e Batman Forever.

Non mancano poi immagini estrapolate dalle serie TV Gotham e Titans, nonché da videogiochi come Arkham e Injustice 2.

Il tutto viene montato secondo una logica che mira a costruire un potenziale film, mostrandoci come potrebbe apparire il debutto di Pattinson nel ruolo del celebre supereroe.

Con l’inizio della produzione prevista per i primi mesi del 2020, questo tipo di tributi sono tutto ciò che per il momento si ha riguardo il nuovo film, previsto nelle sale per il giugno del 2021. Robert Pattinson ha tuttavia affermato di aver già provato il costume, il che fa immaginare che le riprese sono sempre più imminenti.

A parte ciò, tuttavia, non si hanno novità su ulteriori sviluppi del progetto. Non sono ancora stati annunciati neanche i villain del film, ma tra i principali candidati si ipotizzano Due Facce, Il Pinguino, Catwoman, l’Enigmista e Firefly.

Per avere più certezze tuttavia occorrerà attendere l’inizio della produzione, fissata per i primi mesi del 2020. Nel frattempo è possibile ritrovare Robert Pattinson nei suoi recenti film The King, disponibile su Netflix dal 1 novembre, e The Lighthouse, del regista Robert Eggers.

https://www.youtube.com/watch?v=-Z6rscfFg6k

Fonte: We Got This Covered

Bad Boys for Life: trailer del film con Will Smith

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Bad Boys for Life: trailer del film con Will Smith

Bad Boys for Life, Will Smith e Martin Lawrence di nuovo insieme nel trailer italiano del terzo capitolo della saga, diretto da Adil El Arbi & Bilall Fallah.

A più di vent’anni dall’uscita dell’iconico Bad Boys, Will Smith e Martin Lawrence di nuovo insieme nel trailer dell’atteso terzo capitolo della saga, Bad Boys for Life. I due attori tornano a interpretare i ruoli di Mike Lowrey e Marcus Burnett nel film diretto da Adil El Arbi & Bilall Fallah. Prodotto da Sony Pictures e distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia, il film sarà nelle sale italiane dal 23 gennaio 2020. Nel cast anche Vanessa Hudgens, Alexander Ludwig, Charles Melton, Paola Nunez, Kate Del Castillo, Nicky Jam, Joe Pantoliano.

Bad Boys for Life, la trama

Sinossi: I Bad Boys Mike Lowrey (Will Smith) e Marcus Burnett (Martin Lawrence) di nuovo insieme per un’ultima corsa nell’atteso Bad Boy for Life.

 

Black Widow: ecco quando sarà ambientato il film con Scarlett Johansson

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Dato il suo sacrificio in Avengers: Endgame, i fan si sono chiesti quando sarebbe stato ambientato il film dedicato a Black Widow, con protagonista sempre Scarlett Johansson nel ruolo della spietata assassina.

Grazie ad alcune fonti arriva ora l’ufficialità riguardo l’esatta collocazione del film all’interno della timeline del Marvel Cinematic Universe. Il film Black Widow sarà dunque ambientato tra gli eventi di Captain America: Civil War e quelli di Avengers: Infinity War.

In quel frangente, dopo gli eventi che hanno portato alla rottura interna nel gruppo degli Avengers, l’eroina sembra essersi ritirata per affrontare i suoi demoni del passato, confrontandosi con questi e uscendone più forte, pronta per la sfida più grande che l’avrebbe attesa negli ultimi due film dedicati agli Avengers.

È ipotizzabile tuttavia che il film esplori anche in modo più approfondito le origini del personaggio, consegnandoci così a fine film un nuovo tassello del suo arco temporale, che trova in Avengers: Endgame una tragica quanto eroica conclusione.

Intervistata da The Hollywood Reporter, l’attrice, che per il film ricoprirà anche il ruolo di produttrice esecutiva, si è dichiarata particolarmente entusiasta di questo nuovo progetto. “Mi sento come se avessi il controllo del destino del film, il che mi permette di essere particolarmente in pace con me stessa.”

“Conosco il personaggio meglio di chiunque altro. – ha spiegato l’attrice – Come è stata la sua infanzia? Quale il suo rapporto con l’autorità? Questo personaggio ha così tanto da offrire, e molto di lei non è ancora stato esplorato. In questo film scopriremo tutto ciò, e la porteremo ad un nuovo livello.”

Diretto da Cate Shortland, Black Widow vedrà nel cast principale Scarlett Johansson, David Harbour, Florence Pugh, O-T Fabenle e Rachel Wisz. La data di distribuzione nei cinema è fissata per il 1 maggio 2020.

Fonte: ComicBookResource

Harry Potter: la Warner Bros. vorrebbe produrre un nuovo film con il cast originale

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Come tutti ben sanno, la storia cinematografica di Harry, Ron ed Hermione si è conclusa con il film Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2. Dopo aver sconfitto Voldemort, vediamo i tre protagonisti ormai adulti trasmettere la loro eredità ai propri figli.

Ma è anche nota l’esistenza di Harry Potter e la maledizione dell’erede, opera teatrale in due parti di Jack Thorne su soggetto della stessa J. K. Rowling. Il dramma è ambientato una ventina di anni dopo l’ultimo romanzo della saga, e racconta la storia di Albus Severus Potter, figlio di Harry, e di Scorpius Malfoy, figlio di Draco, nel loro tentativo di salvare Cedric Diggory utilizzando una giratempo.

La produzione ha avuto un enorme successo nei teatri di Londra e New York, e stando ad alcune voci sembrerebbe che la Warner Bros. sia intenzionata a trarne un film, richiamando proprio Daniel Radcliffe, Rupert Grint ed Emma Watson nei loro celebri ruoli.

Il progetto avrà dunque la natura di vero e proprio sequel, e considerando l’ampia materia narrativa dell’opera è possibile che più di un film venga tratto da questa.

Allo stato attuale delle cose, tuttavia, non ci sono conferme di alcun genere, e l’unica sembrerebbe essere soltanto l’intenzione da parte della casa di produzione di trasporre l’opera in una sceneggiatura per il cinema.

Attualmente la Warner Bros. è impegnata anche nel proseguire la saga intitolata Animali fantastici e dove trovarli, prequel di Harry Potter, le cui vicende ruotano attorno al pericolo Grindelwald. La saga prevede un totale di cinque film, con due già realizzati e tre previsti per il prossimo futuro. Bisognerà dunque attendere per vedere se il progetto del sequel diretto diventerà concreto, e molto peso a riguardo lo avrà il possibile ritorno o meno del cast originale.

Fonte: We Got This Covered

IT Capitolo Due, recensione del film di Andy Muschietti

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IT Capitolo Due, recensione del film di Andy Muschietti

IT Capitolo Due arriva al cinema con il compito preciso di replicare il grande successo al box office del primo film, uscito esattamente due anni fa.

Dopo 27 anni i Perdenti tornano a Derry. L’unico di loro che è rimasto nella cittadina del Maine, Mike, li ha chiamati, uno per uno, dicendogli che il mostro è tornato, il terrore oscuro dal volto di clown ha abbandonato l’esilio in cui lo avevano costretto loro stessi e cerca di nuovo sangue e soprattutto vendetta. Bill, Ben, Bev, Eddie, Richie e Stan reagiscono ognuno a modo loro alla telefonata di Mike, tuttavia nonostante il terrore puro che sembra sgorgargli dai recessi della memoria, decidono di tornare ed affrontare una volta per tutte la creatura.

Andy Muschietti paga a caro prezzo, in questo secondo capitolo, la scelta di separare i piani temporali adottata nel primo film, che invece nel romanzo si intrecciano dall’inizio in maniera mirabile. Se infatti la parte Uno era autosufficiente ed esaustiva anche se molto lontana dalla restituzione dell’essenza dei personaggi, IT Capitolo Due soccombe proprio alla necessità del regista di integrare le scene dei protagonisti adulti con flashback dei Perdenti da bambini. A pagarne lo scotto sono proprio gli attori adulti, ai quali sono stati affidati personaggi privi di anima, pedine di un gioco già predestinato, svuotati di ogni caratteristica identificativa, di ogni sfaccettatura del personaggio.

Quando gli adulti arrivano in città sanno già cosa fare, guidati da Mike, seguendo una trama che si allontana in maniera importante dall’originale. Non c’è la Tartaruga, che avrebbe certamente aiutato lo sceneggiatura a risolversi meglio dall’imbarazzo della sequenza finale, il personaggio di Henry Bowers è accennato in maniera approssimativa, il marito di Bev e la moglie di Bill restano sullo sfondo, senza contribuire alla stratificazioni dei due personaggi principali. Il lavoro di adattamento si fonda quindi su una semplificazione che se da una parte può essere comprensibile, dall’altra toglie ogni profondità ai protagonisti. Per non parlare poi della città, vero e proprio cuore malvagio pulsante della storia, che però viene lasciata sullo sfondo.

La banalizzazione dei tratti psicologici dei protagonisti è però ben poca cosa di fronte allo schema con cui, di continuo, Muschietti costruisce le scene. Ogni sequenza, in IT Capitolo Due, è costruita partendo da una situazione comica o distesa, diventando poi tesa, fino al jumpscare che sfocia in una fioritura di effetti visivi, mostruosità ed elementi grotteschi sopra le righe. Due scene simbolo di questo schema sono quella in cui Bev fa visita alla sua vecchia casa a Derry, e quella della cena al ristorante cinese che si conclude con l’apertura dei biscotti della fortuna. Inoltre, soprattutto nel finale, Muschietti abbandona il registro horror puro e lo contamina con una dose massiccia di action, scelta che sicuramente intrattiene il pubblico, ma che ne appesantisce anche il ritmo.

A poco serve la benedizione di King, che compare anche in un cameo nel corso della prima parte del film, IT Capitolo Due di Andy Muschietti, non riesce a consegnare allo schermo la grandezza dell’originale, si fa notare per la sciatteria con cui sono scritti i personaggi protagonisti, per la mancanza di inventiva nel mettere in scena la paura (il regista utilizza solo il jumpscare), ma soprattutto per preferire la spettacolarizzazione fine a se stessa rispetto alla profondità della storia, senza correre rischi, giocando sicuro.

Ma alcune storie non andrebbero raccontate con cautela, per alcune storie c’è bisogno di togliere il freno, di lanciarsi in discesa e di correre per battere il Diavolo.

IT: Capitolo Due

IT Capitolo Due: intervista ad Andy Muschietti e James McAvoy

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IT Capitolo Due: intervista ad Andy Muschietti e James McAvoy

In occasione dell’uscita di IT Capitolo Due, il 5 settembre, abbiamo intervistato il regista Andy Muschietti e il protagonista James McAvoy, che interpreta Bill Denbrough da grande.

Ambientato ventisette anni dopo gli eventi del suo predecessore, il film vede il ritorno del clown Pennywise per le strade della città fittizia del New England intenzionato ad uccidere altri bambini. L’intervento dei Perdenti, come in passato, potrebbe rivelarsi decisivo.

Vi ricordiamo che l’uscita nelle sale di IT Capitolo Due è fissata al 6 settembre 2019. Nel cast figurano, oltre a McAvoy, Jessica Chastain nei panni di Bev, mentre Jay Ryan sarà Ben, Isaiah Mustafa Mike, Bill Hader Richie, James Ransone Eddie, Andy Bean Stan, e Bill Skarsgård tornerà a interpretare Pennywise il Clown Ballerino.

Venezia 76: assegnato a Terry Gilliam il Green Drop Award

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Venezia 76: assegnato a Terry Gilliam il Green Drop Award

Consegnato il Green Drop Award edizione speciale alla carriera al visionario regista Terry Gilliam “per il suo cinema e le sue opere distopiche che da sempre ci mettono in guardia sui rischi della cattiva scienza, dei corrotti e della banalità”.

Alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia 2019 consegnato da Green Cross Italia il Green Drop Award edizione speciale alla carriera al visionario regista Terry Gilliam “per il suo cinema e le sue opere distopiche che da sempre ci mettono in guardia sui rischi della cattiva scienza, dei corrotti e della banalità”.

Insieme alla scienza che sta studiando gli strumenti e le soluzioni per arginare gli effetti dei cambiamenti climatici, anche la settima arte attraverso il linguaggio cinematografico  offre un proprio piano d’attacco. Le metafore e le allegorie di cui è composto il cinema del regista Terry Gilliam, mostrano mondi distopici e catastrofici di fronte ad una attualità che sta quasi superando il suo immaginario.

Nel corso della cerimonia di premiazione, Terry Gilliam ha spiegato il suo “pessimismo” evidenziando come la natura oggi si sta ribellando verso un’umanità che vive ben al di sopra delle proprie possibilità.

Alla domanda “che fare?” per reagire al pessimismo Gilliam ha invitato i giovani a marciare il prossimo 20 settembre, in prossimità della Conferenza mondiale sul clima di New York, con i ragazzi di Fridays For The Future e in particolare con Greta Thunberg.

Venezia 76: David Cronenberg presenta Crash, per Venezia Classici

David Cronenberg è stato il protagonista di un tappeto rosso pomeridiano a Venezia 76, dove è arrivato per presentare la versione restaurata di Crash, uno dei suoi film più famosi. Ecco le foto dell’arrivo del regista:

Il film è uno studio dell’erotismo e della tecnologia: esplora la passione sessuale provocata da incidenti automobilistici traumatici. Il dirigente pubblicitario James Ballard e sua moglie Catherine conducono vite sessuali complesse e superficiali. Dopo un incidente quasi mortale con la dottoressa Helen Remington, Ballard è attratto dall’esplorazione delle connessioni tra pericolo, sesso e morte. Mano a mano che il loro coinvolgimento con lo scienziato-fotografo Vaughan e la vittima di un incidente, Gabrielle, si fa più profondo, Ballard e Catherine trovano modi nuovi e inquietanti di esprimere il loro amore.

COMMENTO DEL REGISTA

Crash è una storia d’amore futuristica ambientata nel presente. Tratta del tentativo di due individui, che si ritrovano a essere molto distaccati eppure in qualche modo innamorati, di riallacciare un legame tramite gli incidenti automobilistici, e di cercare altre persone che hanno avuto incidenti d’auto e provano lo stesso tipo di legame tra di loro. Gli incidenti automobilistici sono una metafora dello scontro tra la tecnologia del presente e la psiche umana. Si tratta di un film pericoloso sotto molti aspetti. Tutte le persone coinvolte nel film erano allo stesso tempo impaurite ed eccitate dalla sfida di esplorare l’attrazione che la società e noi stessi proviamo per la tecnologia e la sessualità. Nel film la sessualità, per quanto sia strano, è tutta consensuale. I personaggi tentano attivamente di creare una nuova forma di sensualità, sessualità ed erotismo.

Venezia 76: Roberto Saviano e Stefano Sollima presentano Zero Zero Zero

Alla conferenza stampa di Zero Zero Zero sono presenti Roberto Saviano e Stefano Sollima, i produttori Riccardo Tozzi e Nicola Maccanico e gli interpreti Andrea Riseborough, Dane DeHaan, Harold Torres, Adriano Chiaramida.

Roberto Saviano, autore del libro inchiesta dall’omonimo titolo e Stefano Sollima, il regista, raccontano la lunga filiera del narcotraffico. Il viaggio della cocaina, così come suggerito dai titoli iniziali, nasce in Colombia, si snoda per le arterie del mondo, solca l’oceano e approda in Aspromonte dove i boss vivono arroccati in bunker impenetrabili e nella diffidenza più assoluta verso tutti, compresi loro stessi. Il decalogo di vita viene recitato nell’incipit della prima puntata da Gabriel Byrne: “Se credi nella vita, la vita finisce, se credi nell’amore, il cuore cessa di battere.” L’etica mafiosa coincide con il guadagno e l’affermazione del potere.”

Il lavoro di adattamento è stato complesso. Nei mesi precedenti le riprese, gli autori hanno avuto modo di compiere un’accurata ricerca nei principali paesi coinvolti (Messico, Africa, Stati Uniti), per tracciare una mappa dei luoghi che riuscisse a collegare le rotte commerciali ai volti degli uomini coinvolti. Sollima dice di aver mantenuto sempre uno sguardo distaccato e di essersi introdotto nel profondo delle trame di questo intricato tessuto, indagando tutti gli aspetti della storia con meticolosità.

Andrea Riseborough e Dane DeHaan hanno apprezzato molto i precedenti lavori di Stefano Sollima, per loro il regista è stato un punto di riferimento. Quello che ha colpito maggiormente Harold Torres è stata la cura sulla documentazione e la raccolta di testimonianze che hanno permesso di toccare in profondità l’aspetto umano dei tanti personaggi e le sfumature narrative.

Di particolare intensità è stato l’intervento di Roberto Saviano, che ha raccontato con semplicità e chiarezza, il fenomeno del narcotraffico, citando con precisione numeri, quotazioni e guadagni. Ha paragonando il potere della cocaina a quello del petrolio, accostando la logica della droga a quella religiosa.