IT Capitolo Due
arriva al cinema con il compito preciso di replicare il grande
successo al box office del primo film, uscito esattamente due anni
fa.
Dopo 27 anni i Perdenti tornano a
Derry. L’unico di loro che è rimasto nella cittadina del Maine,
Mike, li ha chiamati, uno per uno, dicendogli che il mostro è
tornato, il terrore oscuro dal volto di clown ha abbandonato
l’esilio in cui lo avevano costretto loro stessi e cerca di nuovo
sangue e soprattutto vendetta. Bill, Ben, Bev, Eddie, Richie e Stan
reagiscono ognuno a modo loro alla telefonata di Mike, tuttavia
nonostante il terrore puro che sembra sgorgargli dai recessi della
memoria, decidono di tornare ed affrontare una volta per tutte la
creatura.
Andy Muschietti
paga a caro prezzo, in questo secondo capitolo, la scelta di
separare i piani temporali adottata nel primo film, che invece nel
romanzo si intrecciano dall’inizio in maniera mirabile. Se infatti
la parte Uno era
autosufficiente ed esaustiva anche se molto lontana dalla
restituzione dell’essenza dei personaggi, IT Capitolo
Due soccombe proprio alla necessità del regista di
integrare le scene dei protagonisti adulti con flashback dei
Perdenti da bambini. A pagarne lo scotto sono proprio gli attori
adulti, ai quali sono stati affidati personaggi privi di anima,
pedine di un gioco già predestinato, svuotati di ogni
caratteristica identificativa, di ogni sfaccettatura del
personaggio.
Quando gli adulti arrivano in città
sanno già cosa fare, guidati da Mike, seguendo una trama che si
allontana in maniera importante dall’originale. Non c’è la
Tartaruga, che avrebbe certamente aiutato lo sceneggiatura a
risolversi meglio dall’imbarazzo della sequenza finale, il
personaggio di Henry Bowers è accennato in maniera
approssimativa, il marito di Bev e la moglie di Bill restano sullo
sfondo, senza contribuire alla stratificazioni dei due personaggi
principali. Il lavoro di adattamento si fonda quindi su una
semplificazione che se da una parte può essere comprensibile,
dall’altra toglie ogni profondità ai protagonisti. Per non parlare
poi della città, vero e proprio cuore malvagio pulsante della
storia, che però viene lasciata sullo sfondo.
La banalizzazione dei tratti
psicologici dei protagonisti è però ben poca cosa di fronte allo
schema con cui, di continuo, Muschietti costruisce le scene. Ogni
sequenza, in IT Capitolo Due, è costruita partendo
da una situazione comica o distesa, diventando poi tesa, fino al
jumpscare che sfocia in una fioritura di effetti visivi,
mostruosità ed elementi grotteschi sopra le righe. Due scene
simbolo di questo schema sono quella in cui Bev fa visita alla sua
vecchia casa a Derry, e quella della cena al ristorante cinese che
si conclude con l’apertura dei biscotti della fortuna. Inoltre,
soprattutto nel finale, Muschietti abbandona il registro horror
puro e lo contamina con una dose massiccia di action, scelta che
sicuramente intrattiene il pubblico, ma che ne appesantisce anche
il ritmo.
A poco serve la benedizione di King,
che compare anche in un cameo nel corso della prima parte del film,
IT Capitolo Due di Andy
Muschietti, non riesce a consegnare allo schermo la
grandezza dell’originale, si fa notare per la sciatteria con cui
sono scritti i personaggi protagonisti, per la mancanza di
inventiva nel mettere in scena la paura (il regista utilizza solo
il jumpscare), ma soprattutto per preferire la spettacolarizzazione
fine a se stessa rispetto alla profondità della storia, senza
correre rischi, giocando sicuro.
Ma alcune storie non andrebbero
raccontate con cautela, per alcune storie c’è bisogno di togliere
il freno, di lanciarsi in discesa e di correre per battere il
Diavolo.
