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Il Re Leone è il primo incasso di sempre per Disney Italia

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Il Re Leone è il primo incasso di sempre per Disney Italia

Il Re Leone, il nuovo lungometraggio Disney diretto da Jon Favreau, conquista il box office italiano e batte una serie di record nel nostro Paese: Il Re Leone è il primo incasso dell’anno e il primo incasso di sempre nella storia di Disney Italia (ha superato Avengers: EndgameAlice in Wonderland). Nei cinema italiani dal 21 agosto, Il Re Leone ha totalizzato ad oggi 32.921.666 di Euro superando, anche come numero di presenze in sala, il successo mondiale di Marvel Studios Avengers: Endgame.

Dopo pochi giorni dall’uscita nelle sale italiane, Il Re Leone vantava già una serie di record sul territorio: miglior opening di tutti i tempi per un lungometraggio Disney (a esclusione dei film Marvel Studios), secondo miglior opening fra tutti i film distribuiti da Disney Italia, dopo Avengers: Endgame, miglior opening di agosto di tutti i tempi.

Jon Favreau dirige la nuova avventura Disney Il Re Leone, un viaggio nella savana africana dove è nato un futuro re. Simba prova una grande ammirazione per suo padre, Re Mufasa, e prende sul serio il proprio destino reale. Ma non tutti nel regno celebrano l’arrivo del nuovo cucciolo. Scar, il fratello di Mufasa e precedente erede al trono, ha dei piani molto diversi e la drammatica battaglia per la Rupe dei Re, segnata dal tradimento e da tragiche conseguenze, si conclude con l’esilio di Simba. Con l’aiuto di una curiosa coppia di nuovi amici, Simba dovrà imparare a crescere e capire come riprendersi ciò che gli spetta di diritto.

La voce di Simba, destinato a essere un potente re fin dalla nascita, è quella del recordman e star del pop italiano Marco Mengoni, che festeggia quest’anno dieci anni di carriera con 50 dischi di platino. La star internazionale Elisa è la voce di Nala, amica di Simba fin da cucciola. Nala è una potente leonessa che si preoccupa del futuro delle Terre del Branco e incoraggia Simba a seguire il proprio destino come futuro Re. Ai due protagonisti si aggiungono altre due incredibili voci: Edoardo Leo è Timon, lo spiritoso suricato che insieme al suo migliore amico facocero Pumbaa, interpretato da Stefano Fresi, soccorre Simba dopo che quest’ultimo fugge dalla Rupe dei Re. Il film vede la cantante e vocal coach americana che vive in Italia Cheryl Porter interpretare “Il Cerchio della Vita” nella colonna sonora italiana, attualmente disponibile sulle piattaforme digitali e nei negozi.

Il cast italiano vede inoltre Luca Ward dare voce al saggio e affettuoso padre di Simba, Mufasa, Massimo Popolizio nel ruolo di Scar, il malvagio zio di Simba, mentre Toni Garrani è il saggio babbuino Rafiki.

Il Re Leone: recensione del nuovo live action Disney

MCU: 10 domande a cui la Fase 4 dovrebbe rispondere

MCU: 10 domande a cui la Fase 4 dovrebbe rispondere

Per quanto soddisfacente, il finale di Avengers: Endgame (e insieme quello di Far From Home) che ha chiuso la Fase 3 del MCU ci lascia con una serie di dubbi non risolti e trame ancora sfilacciate che speriamo possano trovare risposta nell’imminente Fase 4. Quali sono però le più importanti alla luce degli eventi finora raccontati?

Cos’è esattamente il Regno Quantico?

I due film di Ant-Man e Avengers: Endgame hanno esplorato in vari modi il Regno Quantico come strumento per viaggiare nel tempo e per rivedere le regole stabilite della fisica, tuttavia sembra che i misteri legati a questa dimensione alternativa non siano stati completamente risolti dalle grandi menti del MCU.

Ad esempio: come ha fatto Janet van Dyne a sopravvivere così a lungo guadagnando anche poteri di guarigione? Oppure, cosa è successo a Scott Lang durante i cinque anni di assenza dallo schiocco a Endgame?

L’Hydra è ancora in circolazione?

Sconfitta alla fine di Captain America: The Winter Soldier, l’organizzazione segreta dell’Hydra è ricomparsa nel MCU con brevi accenni (compreso il ritorno al passato dei Vendicatori in Endgame, dove Steve Rogers incontra i suoi avversari nella classica scena dell’ascensore), come in Civil War, dove la cospirazione globale veniva ridotta alla lotta personale del Barone Zemo.

Dunque la domanda è: l’HYDRA è ancora in circolazione? Può rappresentare ancora una minaccia globale?

Il ritorno dello SHIELD

Il secondo capitolo di Captain America ha fatto luce sulla corruzione dello SHIELD e sulle infiltrazioni commesse dall’HYDRA, e nonostante lo scandalo sembra che l’organizzazione di difesa della Terra sia tornata in azione capeggiata da Nick Fury e Maria Hill come mostrato in Spider-Man: Far From Home.

In che modo la squadra è stata ricomposta rimane un mistero. Forse la Fase 4 saprà fare luce sui giochi e i percorsi che hanno portato il duo a collaborare di nuovo? E se ora Fury e Hill si trovano nello spazio, li vedremo ancora sul nostro pianeta?

Gli accordi di Sokovia sono ancora validi?

Il conflitto centrale di Civil War ruotava attorno alle contraddizioni degli accordi di Sokovia, un documento governativo che in qualche modo frenava l’azione indipendente dei supereroi costringendoli a combattere solo se autorizzati dai poteri superiori. Al momento sembra che l’effetto di questi accorsi sia ancora attivo, come testimoniato da Infinity War, ma cosa accadrà dopo Endgame? Magari la serie The Falcon e dal Winter Soldier potrà risolvere il dubbio?

Dove sono i vecchi nemici di Hulk?

Fatta eccezione per il generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross, il MCU non ha mai menzionato gli altri personaggi apparsi in L’incredibile Hulk come Abominio e l’uomo che sarebbe poi diventato il Leader. Ross è vivo, e sarebbe interessante vedere i criminali dello standalone su Bruce Banner ripescati dai Thunderbolts, tuttavia non sembra che i Marvel Studios siano intenzionati a proseguire su questa strada…

Chi ha assunto Sonny Burch?

In Ant-Man and the Wasp diverse organizzazioni vogliono appropriarsi del laboratorio di Hank Pym, compreso il gruppo guidato dal criminale Sonny Burch. Ma chi ha assunto questo intermediario? A chi fa capo questo personaggio di cui sappiamo poco o nulla? Alcune teoria suggeriscono che si tratti di un infiltrato dell’HYDRA o addirittura di un alleato di Norman Osborn…

Dov’è Lady Sif?

Nel bene e nel male, Thor: Ragnarok sembra aver tagliato tutti i ponti con i precedenti film del franchise, distruggendo Asgard e “uccidendo” personaggi secondari come i tre guerrieri. L’unica sopravvissuta, al momento, è Lady Sif, bandita dal regno prima degli eventi di Ragnarok, ma dove si trova esattamente? Tornerà mai nel MCU, magari proprio in Love and Thunder?

Che fine ha fatto il “falso” Mandarino?

Iron Man 3 ha ingannato il pubblico introducendo il “falso” Mandarino, personaggio interpretato da un attore Trevor assoldato per recitare la parte del leader terrorista, e come illustrato nel cortometraggio All Hail the King, il vero Mandarino ha inviato i suoi agenti per catturarlo. Ma in vista dell’arrivo nel MCU di Shang-Chi e della leggenda dei dieci anelli  sapremo di più di Trevor, del suo futuro dopo Iron Man, e dei suoi legami con l’organizzazione?

Le vecchie serie tv fanno parte del canone?

kevin feige

I Marvel Studios hanno confermato che le serie di Disney + sui personaggi già introdotti (e non solo) si legheranno alla trama del MCU delineata finora, ma sul rapporto tra l’universo e gli show precedenti tutto tace. Che ne sarà quindi di Agents of S.H.I.E.L.D, Runaways e di Luke Cage, Iron Fist, Jessica Jones e Daredevil? Faranno parte del canone?

Cosa ne sarà di Spider-Man?

spider-man far from home

La Fase 3 del MCU si è chiusa con un sorprendente cliffhanger alla fine di Far From Home che rivela l’identità segreta di Spider-Man, evento che lascia l’eroe sospeso tra l’universo Marvel e il futuro con la Sony. Come verrà giustificata la sua assenza nella Fase 4 rimane, al momento, la domanda più importante.

Leggi anche – Marvel: 10 fumetti da leggere prima della Fase 4

Fonte: Screenrant

C’era una volta a… Hollywood, la recensione del film di Quentin Tarantino

C’è un momento ben preciso in C’era una volta a… Hollywood, dove Quentin Tarantino sembra racchiudere il cuore del suo film. Avviene quando la Sharon Tate interpretata con grande grazia da Margot Robbie, si reca al cinema per guardare The Wrecking Crew, film del 1969 con la stessa Tate tra i protagonisti. Nel buio della sala, osserviamo la copia ammirare l’originale, in un gioco di doppi che ha un che di straniante e ammaliante allo stesso tempo. In questa breve scena il regista fa esplodere, silenziosamente, la differenza tra ciò che è e ciò che appare, la quale connota non solo il film ma l’intera arte cinematografica e che una volta compresa apre una scissione che evidenzia ancor di più il momento di passaggio, storico e cinematografico, che la pellicola va a ritrarre.

Siamo nel 1969, un periodo di grandi cambiamenti ad Hollywood. L’attore Rick Dalton, interpretato da Leonardo DiCaprio, sta attraversando una fase discendente della sua carriera, dopo numerosi ruoli da protagonista tra western e gangster movie. Come lui, la sua fidata controfigura Cliff Booth, interpretato da Brad Pitt, cerca di non cadere nell’anonimato. Circondati da un’industria a loro sempre più estranea, i due si troveranno a fare i conti con novità impreviste, come la nuova vicina di casa di Dalton, l’attrice Sharon Tate.

È un insolito nuovo capitolo dell’universo tarantiniano quello che si svela in questo nono lungometraggio dell’autore, presentato con successo al Festival di Cannes 2019 e che inizia ora a mostrarsi al pubblico di tutto il mondo. Non più ricco di tutte quelle stravaganze che hanno reso celebre il regista pulp, ma asciugato il più possibile nella messa in scena per far trasparire esclusivamente un’umanità alla deriva, così come un modo di fare cinema che muore per lasciare il posto a qualcosa di nuovo. L’intero film è dunque attraversato da un velo di malinconia, mai reso esplicito, ma che si propone invece, con violenza, attraverso le difficoltà affrontate dai personaggi, ai quali tutto sembra remare contro.

Gli anni ’60 di C’era una volta a… Hollywood

Ambientando il film in tre diversi giorni del 1969, fondamentali per i protagonisti, Tarantino tenta di ricostruire l’immagine dell’industria cinematografica in un anno assunto a spartiacque. Un’industria dove il potere artistico era nelle mani dei registi, e dove in mezzo a tanta vitalità si nascondeva, inaspettatamente, anche una cupa ombra che di lì a poco avrebbe spezzato l’innocenza fino ad allora vissuta come un dato acquisito. Di nuovo la dualità già accennata in apertura dunque, tra ciò che appare e ciò che è, e che viene riprodotta esplicitamente nella scelta della coppia protagonista: un attore e la sua controfigura. Attraverso questi due brillanti e tragici personaggi si evidenziano due volti di un’unica crisi. Leonardo DiCaprio e Brad Pitt risultano complementari, dimostrando una chimica che consente loro di non oscurarsi mai a vicenda, ma di sapersi prendere ognuno il proprio momento di gloria.

Per il suo primo film dichiaratamente sul cinema, Tarantino si affida qui più che mai ai propri personaggi. Sono loro il vero traino per l’intera narrazione, che per contrasto appare diradata e tesa ad evidenziare il vuoto esistenziale e sociale che li circonda. Attraverso la vita sul set, tra uno scontro fisico con Bruce Lee e la frustrazione per alcune battute dimenticate, il regista attua così una riflessione sul cinema, sulla sua natura ed evoluzione nel corso dei decenni.

Nonostante non manchino sequenze che ribadiscono le ormai indubbie capacità dell’autore di costruire una solida messa in scena, che restituisce pienamente il sapore di un’epoca, chi si aspetta di ritrovare qui la stessa natura dei suoi precedenti lavori potrebbe rimanere in parte deluso. Questa nuova pellicola è infatti uno sviluppo inaspettato, e particolarmente gradito, della sua poetica, in cui il regista racchiude, insieme al suo profondo amore per il cinema a tutto tondo, tanta disarmante umanità.

Con C’era una volta a… Hollywood, Tarantino confeziona un film particolarmente significativo per la sua filmografia, che nella sua rilettura storica riesce ad insinuare il monito, più volte rimarcato, di non credere a tutto ciò che si vede o ascolta, tanto nel cinema quanto nella realtà che ci circonda.

What If…? Svelato il ruolo dell’Osservatore nella serie di Disney +

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Personaggio della Marvel creato da Stan Lee e Jack Kirby nel 1966, Uatu l’Osservatore è l’umanoide extraterrestre che ricoprirà il ruolo di narratore, esattamente come nei fumetti  originali, nella serie What If…? in arrivo su Disney + nel 2021 e prima incursione nel mondo dell’animazione dei Marvel Studios. Sappiamo pochissimo dello sviluppo del progetto, ma le ultime dichiarazioni della showrunner Ashley Bradley sembrano aver confermato alcuni dettagli fondamentali riguardanti proprio la voce narrante.

Il primo passo è stato contattare Brad Winderbaum [il produttore di Thor: Ragnarok] per chiedergli di usare l’Osservatore nelle serie dopo che i diritti del personaggio erano tornati nelle mani della Disney in seguito alla fusione con la Fox. Tecnicamente era già apparso nei film sui Fantastici Quattro, quindi non volevamo intendere che sarebbe riapparso nel MCU, né che sembrasse un anziano signore alla Babbo Natale o una versione bianca occidentale di Dio.

Come già annunciato nelle scorse settimane durante il Comic-Con di San Diego, Uatu sarà doppiato dalla star di Boardwalk Empire Jeffrey Wright e accompagnerà lo spettatore attraverso un viaggio inedito nell’universo Marvel narrato grazie a scenari alternativi alla realtà che conoscevamo. Vi prenderanno parte tutti gli attori del MCU, da Michael B. Jordan a Paul Rudd, passando per Hailey Atwell, Josh Brolin, Mark Ruffalo, Tom Hiddleston, Samuel L. Jackson, Natalie Portman, Taika Waititi, Chris Hwmsworth e molti altri.

What If…? Ecco la prima immagine di Captain Carter

Fonte: Discussing Film (via Comicbook)

IT: Bill Skarsgård aperto alla possibilità di un terzo capitolo

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IT: Bill Skarsgård aperto alla possibilità di un terzo capitolo

IT Capitolo Due, seconda parte del dittico diretto da Andy Muschietti, ha esaurito il materiale originale di Stephen King da cui è tratto, ma i risultati incoraggianti al box office (91 milioni di dollari incassati finora in America e 94 nel resto del mondo) e un finale sospeso potrebbero spingere i realizzatori a riflettere sulla possibilità di un sequel. Sull’argomento è intervenuto anche Bill Skarsgård, il nuovo volto del clown Pennywise, che in un’intervista con Entertainment Weekly si è detto pronto a tornare nei panni del personaggio ancora una volta.

Ci dovrebbe essere il giusto tipo di approccio“, ha spiegato l’attore. “Sappiamo che il libro termina dove finisce il secondo film, e che questo è il capitolo finale di questa storia. C’è però un aspetto interessante nell’idea di tornare indietro nel tempo prima che tutto ciò accadesse. Lì potrebbe esserci una storia che vale la pena esplorare e che ovviamente non si trova nel romanzo, indipendente ma all’interno dello stesso universo.”

Tutto dipenderà dai numeri e dalle intenzioni di Muschietti, grande scommessa della New Line. I progetti di espansione di un universo sono ormai prassi a Hollywood e non riguardano più soltanto i cinefumetti ma anche altri generi, incluso l’horror. In questo caso servirebbe anche l’approvazione di King e una sceneggiatura adeguata a giustificare il ritorno di IT nelle sale, due elementi cruciali e al tempo stesso complicati.

IT Capitolo Due: la recensione

Ambientato ventisette anni dopo gli eventi del suo predecessore, il film vede il ritorno del clown Pennywise per le strade della città fittizia del New England intenzionato ad uccidere altri bambini. L’intervento dei Perdenti, come in passato, potrebbe rivelarsi decisivo.

Vi ricordiamo che l’uscita nelle sale di IT: Capitolo Due è fissata al 6 settembre 2019. Nel cast figurano, oltre a McAvoy, Jessica Chastain nei panni di Bev, mentre Jay Ryan sarà Ben, Isaiah Mustafa Mike, Bill Hader Richie, James Ransone Eddie, Andy Bean Stan, e Bill Skarsgård tornerà a interpretare Pennywise il Clown Ballerino.

Fonte: EW

Joker: nel film c’è un riferimento al Batman di Tim Burton?

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Joker: nel film c’è un riferimento al Batman di Tim Burton?

L’onda dell’entusiasmo per Joker non si è esaurita con la vittoria del Leone d’Oro a Venezia 76 e il trionfo, forse inaspettato, del primo cinecomic inserito in un concorso ufficiale di un festival cinematografico, ma continuerà fino e dopo l’uscita nelle sale fissata ad Ottobre. Le ragioni sono diverse, dalla particolarità dell’evento all’interpretazione di Joaquin Phoenix, passando per i possibili riferimenti di Todd Phillips non soltanto al cinema di Martin Scorsese ma anche all’universo dei fumetti DC.

E proprio in merito ad eventuali omaggi alla storia di del clown principe del crimine, c’è chi avrebbe individuato un easter egg relativo al Batman di Tim Burton e alla versione del villain di Jack Nicholson nella scena in cui Arthur Fleck indossa la “divisa” del Joker truccandosi il volto: alle sue spalle potrete notare infatti una parete disegnata con il profilo di quello che sembrerebbe proprio Nicholson nel film del 1989.

Leggi la recensione di Joker

Ovviamente si tratta di una supposizione che però aumenta la curiosità di sapere quanto intenzionali siano stati i dettagli del regista, dal momento che l’opera è stata descritta come un episodio a sé separato dalla mitologia del personaggio e del tutto originale nel racconto delle origini del celebre antagonista di Bruce Wayne.

Qui sotto intanto trovate la “prova” fotografica dell’easter egg. Che ne pensate?

Non abbiamo seguito nulla dei fumetti, e questo farà arrabbiare tantissime persone“, aveva dichiarato il regista in una recente intervista. “La nostra versione del personaggio è stata riscritta ed è ciò che rendeva interessante il progetto. E non è nemmeno la storia di Joker, quanto la storia di un uomo che è diventato Joker.

Vi ricordiamo che Joker vede nel cast anche Zazie BeetzFrances ConroyBrett CullenDante Pereira-OlsonDouglas Hodge e Josh Pais e che arriverà nelle sale il 4 ottobre 2019, come ufficializzato nelle ultime settimane dalla Warner Bros.

Contrariamente alle altre apparizioni del personaggio nei Batman di Tim Burton, nella trilogia del Cavaliero Oscuro di Christopher Nolan e in Suicide SquadJoker sarà ambientato negli anni Settanta e racconterà l’evoluzione di un uomo ordinario e la sua trasformazione nel criminale che tutti conosciamo.

Venezia 76: una notte da Leone (d’oro) per Todd Phillips e Joker

The Batman: Christian Bale approva la scelta di Robert Pattinson

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The Batman: Christian Bale approva la scelta di Robert Pattinson

Robert Pattinson si prepara a vestire i panni del cavaliere oscuro in The Batman, il film di Matt Reeves che riavvierà le sorti del personaggio dopo il tentativo – forse fallimentare – di Zack Snyder con Batman v Superman e Justice League, e sembra che abbia appena ricevuto la benedizione di chi, prima di lui, si è confrontato con il peso di un’icona chiave dell’universo a fumetti e della storia del cinema d’intrattenimento.

L’approvazione di Pattinson come nuovo Bruce Wayne arriva infatti da Christian Bale, che ospite del Toronto Film Festival per presentare Ford v Ferrari, ha parlato del cinecomic in arrivo e del suo casting:

Beh, per me è un’ottima scelta“, ha dichiarato Bale a Variety, “Sono sicuro che Robert si inventerà qualcosa di interessante“. Matt Damon invece, che recita al suo fianco nel biopic di James Mangold, ha ricordato la prova di Pattinson in Good Time dei fratelli Safdie: “Lì è fantastico, davvero bravo.

Bale offre poi un simpatico consiglio all’attore, lo stesso dato qualche anno fa a Ben Affleck: “Cerca un modo per essere in grado di andare al bagno da solo. Se non ci riesci, è difficile crederti un supereroe“.

Leggi anche – The Batman: 10 teorie dei fan sul film con Robert Pattinson

Il cinecomic dovrebbe svolgersi negli anni Novanta, epoca tornata di moda nel corso dell’ultima stagione anche grazie al successo di un altro cinecomic, Captain Marvel dei Marvel Studios.

Per alcuni 1990 fa rima con gli adattamenti di Batman di Tim Burton che prepararono le basi per i futuri cinefumetti e che sono stati fonte di ispirazione per Zack Snyder per quanto riguarda una scena particolare di Batman V Superman: Dawn of Justice(dove il regista aveva omaggiato lo scontro tra il cavaliere oscuro e Pinguino di Batman Returns del 1992), per non parlare del fatto che alcune delle più importanti trame a fumetti sul personaggio provengono proprio da quel decennio.

Secondo i report, Reeves ha optato per le storie di Batman: Anno Uno come possibile punto di riferimento, proprio per conferire al suo film un tono da genere noir enfatizzando le capacità investigative dell’eroe. Nessuna notizia ufficiale invece sul casting, con la Warner Bros. impegnata a trovare il perfetto sostituto di Affleck e altri interpreti che possano riempire la ricca galleria di villain prevista.

Per The Batman è stata già fissata l’uscita in sala il 25 giugno 2021.

Fonte: Variety

Doctor Sleep: trailer del seguito di Shining

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Doctor Sleep: trailer del seguito di Shining

Warner Bros ha diffuso il trailer ufficiale di Doctor Sleep, il seguito della storia di Danny Torrance, a 40 anni dalla sua terrificante permanenza all’Overlook Hotel in Shining. Diretto da Mike Flanagan, Doctor Sleep vede protagonisti Ewan McGregor, Rebecca Ferguson e Kyliegh Curran.

Ancora irrimediabilmente segnato dal trauma che ha vissuto da bambino all’Overlook, Dan Torrance ha combattuto per trovare una parvenza di pace. Ma questa tregua va in frantumi quando incontra Abra, un’adolescente coraggiosa con un potente dono extrasensoriale, noto come la “luccicanza”. Riconoscendo istintivamente che Dan condivide il suo potere, Abra lo contatta, invocando disperatamente il suo aiuto contro la spietata Rose The Hat e i suoi seguaci, i membri del The True Knot, che si nutrono della Luccicanza degli innocenti alla ricerca della loro immortalità. Formando un’improbabile alleanza, Dan e Abra si impegnano in una brutale lotta tra la vita e la morte contro Rose. L’innocenza di Abra e l’intrepida consapevolezza della sua Luccicanza costringono Dan a invocare i suoi stessi poteri come mai prima d’ora – affrontando immediatamente le sue paure e risvegliando i suoi fantasmi del passato.

Doctor Sleep, il film

Doctor Sleep è interpretato da Ewan McGregor (“Star Wars: Episodi I – La minaccia fantasma, II – L’attacco dei cloni e III – La vendetta dei Sith”, “T2 Trainspotting”) nel ruolo di Dan Torrance, da Rebecca Ferguson (i film “Mission: Impossible”, “The Greatest Showman”) in quello di Rose The Hat, e da Kyliegh Curran, al suo debutto in un lungometraggio, nel ruolo di Abra. Il cast principale include anche Carl Lumbly, Zahn McClarnon, Emily Alyn Lind, Bruce Greenwood, Jocelin Donahue, Alex Essoe e Cliff Curtis. Trevor Macy e Jon Berg sono i produttori del film, mentre Roy Lee, Scott Lumpkin, Akiva Goldsman e Kevin McCormick ne sono i produttori esecutivi. Il team creativo di Flanagan che ha lavorato dietro le quinte è composto dal direttore della fotografia Michael Fimognari (“The Haunting of Hill House”), dagli scenografi Maher Ahmad (“Duri si diventa”) ed Elizabeth Boller (“Terrore del silenzio”), e dalla costumista Terry Anderson (“Nella tana dei lupi”). La colonna sonora è opera dei The Newton Brothers (“The Haunting of Hill House”).

Warner Bros. Pictures presenta una produzione Intrepid Pictures / Vertigo Entertainment, un film di Mike Flanagan, Doctor Sleep, la cui uscita nelle sale italiane è prevista il 31 ottobre 2019, sarà distribuito in tutto il mondo dalla Warner Bros.Pictures.

Venezia 76: tutte le foto dei vincitori del Concorso

Venezia 76: tutte le foto dei vincitori del Concorso

Ecco le foto di tutti i vincitori di Venezia 76, insieme agli ospiti della serata per il film di chiusura.

Venezia 76: una notte da Leone (d’Oro) per Todd Phillips e Joker

Venezia 76: una notte da Leone (d’Oro) per Todd Phillips e Joker

Chi lo avrebbe mai detto, quando venne annunciato il progetto, che quel regista di commedie sopra le righe, tale Todd Phillips, potesse essere in grado di realizzare un film serio su Joker. Eppure, non solo il regista della saga di Una Notte da Leoni ha fatto un gran bel film, ma lo ha anche portato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, vincendo il Leone d’Oro.

Todd Phillips, con la fiducia affidatagli dalla Warner Bros, ha abbattuto un grande muro, realizzando un film che a buon diritto si colloca nella storia del cinema, non solo per alcuni pregi oggettivi che offre, oltre i gusti personali, ma soprattutto perché un “cinecomic” per la prima volta nella storia, ha vinto il premio più importante ad un festival di cinema, ad una mostra d’arte cinematografica.

E così non solo il genere che ha dominato il mercato cinematografico degli ultimi dieci anni è approdato anche ai festival, dopo aver vinto anche agli Oscar con Black Panther (ma molto prima anche con Il Cavaliere Oscuro e con Suicide Squad), ma anche la Mostra si conferma un luogo dove il cinema di genere continua a essere valorizzato e premiato, magari evitando i circuiti di cinema più ricercati e dando uno sguardo privilegiato a un cinema che parla lingue molto note.

Dopo un film di mostri (La forma dell’acqua) e un film prodotto da una piattaforma streaming per la visione domestica (Roma), la Mostra di Venezia premia i fumetti, i suoi cattivi, i suoi incubi ma soprattutto l’archetipo che da sempre fa da base alla grande letteratura, di cui il fumetto fa parte. Perché se è vero che il film di Phillips racconta la storia non detta dietro alle origini di Joker, si presenta prima di tutto come un paradigma, un’oscura storia di discesa nella follia.

La giuria presieduta da Lucrecia Martel, che tanto aveva fatto discutere in apertura di Festival per la questione “morale” legata a Polanski e alla sua presenza nel concorso, ha poi assegnato al regista polacco il premio speciale della giuria Leone d’argento, riconoscimento prestigioso che, oltre ogni scelta “politica”, potrebbe rappresentare anche una vittoria dell’artista sull’uomo Roman.

L’Italia torna a casa con ben due film premiati su tre in concorso, la Coppa Volpi a Luca Marinelli per Martin Eden, di Pietro Marcello, e il premio speciale della Giuria al folle, grottesco e tragico La Mafia non è più quella di una volta, di Franco Maresco. Se nel primo caso il premio sembrava essere stato messo in cassaforte da Phoenix per Joker, il regolamento impedisce al film vincitore del Leone d’Oro di ricevere altri premi, e così si è aperto uno spiraglio per Marinelli, che comunque ha offerto una buona prova d’attore per l’adattamento da Jack London. Forse più misterioso è il premio a Maresco, alla luce del fatto che il documentario, ambientato a Palermo, è strettamente legato alla storia locale/nazionale, e risulta quindi insolito che una giuria internazionale sia riuscita a capirlo ed apprezzarlo, e forse il merito è un pochino anche di Paolo Virzì, che in giuria avrà spezzato più di una lancia in favore del bellissimo film di Franco.

E se è vero che il Palmares di Venezia ha pochi premi da assegnare (otto su 21 film in concorso), è quantomeno misteriosa l’assenza trai film riconosciuti di Storia di un Matrimonio di Noah Baumbach e di Ema di Pablo Larrain, esempi diversissimi di un cinema che guarda alla realtà e la racconta con audacia e autenticità.

Il trionfo di Joker però dice anche un’altra cosa, ovvero che ancora una volta, come accade ormai da diversi anni, la Mostra di Venezia può già preparare i bagagli e partire per Los Angeles, dove, agli Oscar, c’è un posto d’onore destinato a lei e ai film che, in Laguna, ricevono il loro battesimo.

Venezia 76: tutti i vincitori

The Burnt Orange Heresy: recensione del film di Giuseppe Capotondi #Venezia76

The Burnt Orange Heresy inizia con un assunto interessante, ovvero che la critica può inventare a seconda della sua fantasia ragionata i significati nascosti dell’opera e far credere a chi legge l’opera attraverso i suoi occhi che quella sia la verità. A dirlo, nel film diretto da Giuseppe Capotondi e tratto dall’omonimo romanzo di Charles Willeford, è James Figueras (Claes Bang), critico d’arte e scrittore forse fallito che per campare tiene lezioni per i turisti interessati solo a Michelangelo e Caravaggio (“come se fossero gli unici pittori della storia”) in un lungo monologo ripreso dal regista de La doppia ora in due piani alternati: da una parte c’è la prova nella sua stanza, il recitare davanti allo specchio simulando il discorso, dall’altra la performance vera con il pubblico, le pause studiate per l’applauso, il congedo della vittoria.

Peccato che in questo gioco di bugie ben architettato arrivi l’imprevisto – nella vita come nel modo in cui ci approcciamo all’arte e alle intenzioni dell’autore – nella forma di una giovane donna misteriosa seduta in fondo alla sala. James incontra Berenice (Elizabeth Debicki), passano la notte insieme, e complici decidono di trascorrere un weekend nella villa sul lago di Como di un ricco collezionista (Mick Jagger) determinato a ottenere, tramite intercessione di Figueras, l’ultimo dipinto di Jerome Debney (Donald Sutherland).

Curiosamente la 76a Mostra del cinema di Venezia si chiude con un altro film che parla di maschere e relazioni personali legate o proprio ambientate nel mondo dell’arte (dopo Le Verità di Kore-eda Hirokazu), solo che qui Capotondi sceglie di addentrarsi nelle stanze del thriller alla Hitchcock, al quale rende omaggio in più di un’occasione, mescolando il linguaggio del giallo e del noir per raccontare i limiti dell’ambizione umana, le bugie che diciamo per raggiungere i nostri obiettivi e gli effetti spesso violenti e negativi che questa manipolazione della realtà produce.

E spostando l’azione da Palm Beach, luogo originale del romanzo, all’Italia lacustre del nord pericolosa e conturbante, l’adattamento di The Burnt Orange Heresy si rivela allo spettatore come un classico gioco di inganni e potere con attori bellissimi ed elegantissimi che sembrano usciti dalla Hollywood d’oro degli anni Cinquanta e Sessanta, rispettando tutti i codici della tradizione hitchcockiana senza nemmeno provare a riscriverli o ad aggiornarli ai tempi moderni.

Gli spunti di riflessione ci sono, e abbracciano temi che vanno dal complicato rapporto tra l’arte e la critica al ruolo della critica stessa nel discorso contemporaneo alle contraddizioni di un protagonista accecato dalla propria ambizione, passando per metafore più o meno esplicite (e alcune anche un po’ maldestre) che devono accompagnare il viaggio dell’anima dei personaggi costretti ad un punto di svolta nelle loro vite, tuttavia non sono sufficienti a risollevare le sorti di un’opera che sembra già scritta fin dalla prima scena, incastrata nei suoi rigidi schemi eppure gestita con grande sapienza dal regista.

Venezia 76: tutti i vincitori. Leone d’Oro a Joker

Venezia 76: tutti i vincitori. Leone d’Oro a Joker

La giuria presieduta da Lucrecia Martel per la 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha assegnato. Con la Martel, fanno parte della giuria: Piers Handling (Canada), storico e critico, Mary Harron (Canada), regista, Stacy Martin (UK), attrice, Rodrigo Prieto (Messico), direttore della fotografia, Tsukamoto Shinya (Giappone), regista, Paolo Virzì (Italia), regista.

Ecco di seguito tutti i vincitori:

  • Leone d’Oro

Joker di Todd Phillips

  • Leone d’argento gran premio della giuria

Roman Polanski per L’ufficiale e la spia

  • Leone d’argento per la migliore regia

Roy Andersson per About endlessness

  • Coppa Volpi per la Migliore interpretazione femminile

Ariane Ascaride per Gloria Mundi

  • Coppa Volpi per la Migliore interpretazione maschile

Luca Marinelli per Martin Eden

  • Premio alla migliore sceneggiatura

Di Yonfan per No.7 Cherry Lane 

  • Premio Speciale della Giuria

La Mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco

  • Premio Marcello Mastroianni

Toby Wallace per Babyteeth

Venezia 76, GdA: You Will die at 20 vince il Leone del futuro

Venezia 76, GdA: You Will die at 20 vince il Leone del futuro

La sedicesima edizione delle Giornate degli Autori si conclude all’insegna dei festeggiamenti per Amjad Abu Alala, il filmmaker sudanese regista e sceneggiatore di You Will die at 20 che si è aggiudicato il Leone del futuro – Premio Venezia opera prima “Luigi De Laurentiis”.

Il film è uno delle quattro opere prime tra gli undici film in concorso alle Giornate. È la quinta volta che un film delle Giornate degli Autori vince questo riconoscimento: nel 2005 con 13 Tzameti di Géla Babluani (Francia), 2006 con Khadak di Peter Brosens e Jessica Woodworth (Belgio), 2007 con La zona di Rodrigo Plá (Spagna, Messico), 2010 con Majority (Cogunluk) di Seren Yüce (Turchia).

Il premio all’opera prima di Amjad Abu Alala è stato assegnato dalla Giuria Internazionale composta dal Presidente Emir Kusturica (Serbia), la regista italiana Antonietta De Lillo (Italia), l’attrice tunisina Hend Sabry, il produttore Michael J. Werner (Hong Kong SAR, USA).

You will die at 20 racconta la voglia di vita di un ragazzo che, secondo una sentenza magica della tradizione popolare, è destinato a una morte precoce.

Il regista ha commentato: “Muzamil è uno di noi, uno dei tanti costretto nel ruolo che la società gli ha affibbiato! Rinchiuso in uno spazio in cui non è possibile annusare l’aria che c’è fuori! […] Il mio film è un invito alla libertà. Nessuno dovrebbe mai dirti: questo è il tuo destino, così è scritto e non puoi far altro che accettarlo. Scappa, ragazzo!”.

“Ecco un premio tanto felicemente inaspettato – dice il delegato Giorgio Gosetti – quanto sperato per la passione con cui abbiamo creduto in questo film fin dal primo momento. Il nostro compito non è cercare gli autori esordienti ma quando il loro talento risplende cristallino come in questo caso siamo fieri e onorati di accoglierli a braccia aperte”.

“Il mandato delle Giornate – scrive il presidente Andrea Purgatori – è da sempre quello di accompagnare la creatività e l’indipendenza degli autori, ovunque la loro voce risuoni chiara e potente. Il Sudan era per la prima volta alle Giornate e questo premio è per noi una bellissima conferma per la quale ringraziamo la Giuria dell’opera prima e la Mostra che lealmente accetta e accompagna la nostra autonomia nella ricerca della qualità”.

Waiting for the barbarians, recensione del film con Johnny Depp #Venezia76

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Presentato in Concorso a Venezia 76, il nuovo film del regista colombiano Ciro Guerra, Waiting for the barbarians, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di J.M. Coetzee. Nel cast del film compaiono Mark Rylance, Johnny Depp e Robert Pattinson.

Un magistrato, amministratore di un isolato avamposto di frontiera al confine di un impero senza nome, aspetta con impazienza la tranquillità della pensione, fino all’arrivo del colonnello Joll. Incaricato di riferire sulle attività dei barbari e sulla sicurezza al confine, Joll conduce una serie di spietati interrogatori. Il trattamento dei barbari per mano del colonnello e la tortura di una giovane donna barbara spingono il magistrato a una crisi di coscienza che lo porterà a compiere un atto di ribellione donchisciottesco.

Nel mettere in scena questo luogo di frontiera, costantemente minacciato dall’incombere degli stranieri, i nomadi, i barbari, Guerra sembra adottare i modi e lo stile di vita del protagonista, interpretato da Rylance, un uomo mite che si scontra con dei poteri più grandi di lui, con i quali non riesce a comunicare e che finiscono per annientare il suo approccio alla vita, ma anche alla professione di magistrato di frontiera.

Questo punto di vista però non contribuisce a renderci partecipi della storia, anzi, rallenta in maniera deprimente il ritmo, il coinvolgimento e anche l’interesse verso le vicende raccontate. Non basta l’entrata in scena del cattivo colonnello Joll (Depp), né quella del suo servizievole tirapiedi, interpretato da Robert Pattinson, a dare spina dorsale a un racconto pigro.

Tutti gli attori sono estremamente in parte eppure nella scrittura e nelle scelte di regia Waiting for the barbarians rivela tutte le sue carenze. La trasformazione di un avanposto da oasi tranquilla a presidio militare avviene in maniera poco appassionante, in rapidi passaggi e con la messa alla berlina, quasi letteralmente, del mite magistrato, che non può fare altro che osservare la rovina di ciò che ha tentato di costruire.

Il problema è che ogni passaggio psicologico, ogni trasformazione di comunità e paesaggio è così schietta e semplice che diventa banale.

Venezia 76: tutti i vincitori della 34° settimana della Critica

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Venezia 76: tutti i vincitori della 34° settimana della Critica

La Settimana Internazionale della Critica (SIC), sezione autonoma e parallela organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito della 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (28 agosto – 7 settembre 2019) ha assegnato oggi, venerdì 6 settembre, i premi della trentaquattresima edizione.

Gran Premio Settimana Internazionale della Critica – SIAE

Jeedar El Sot / All This Victory di Ahmad Ghossein (Libano, Francia, Qatar)

Sono stati inoltre assegnati:

Premio del Pubblico – Comune di Taranto

Jeedar El Sot / All This Victory di Ahmad Ghossein (Libano, Francia, Qatar)

Premio Circolo del Cinema di Verona

Sayidat Al Bahr / Scales di Shahad Ameen (Emirati Arabi Uniti, Iraq, Arabia Saudita)

Premio Mario Serandrei – Hotel Saturnia & International per il Miglior Contributo Tecnico

Jeedar El Sot / All This Victory di Ahmad Ghossein (Libano, Francia, Qatar)

Inoltre, una giuria composta dai redattori della rivista cinematografica francese La Septième Obsession, guidati da Thomas Aïdan, ha assegnato i seguenti premi ai cortometraggi in concorso alla quarta edizione di SIC@SIC (Short Italian Cinema @ Settimana Internazionale della Critica):

Premio al Miglior Cortometraggio

Veronica non sa fumare di Chiara Marotta (Italia)

Premio alla Migliore Regia

Il nostro tempo di Veronica Spedicati  (Italia)

Premio al Miglior Contributo Tecnico

Los oceanos son los verdaderos continentes di Tommaso Santambrogio (Italia)

Domani sabato 8 settembre, ore 14, in Sala Perla si terranno le proiezioni per pubblico e accreditati del cortometraggio vincitore Veronica non sa fumare e Jeedar El Sot / All This Victory di Ahmad Ghossein film vincitore del Gran Premio Settimana Internazionale della Critica-Siae, del Premio del Pubblico-Comune di Taranto e del Premio Mario Serandrei-Hotel Saturnia per Miglior Contributo Tecnico.

Venezia 76: centinaia di attivisti occupano il red carpet

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Venezia 76: centinaia di attivisti occupano il red carpet

Nella mattinata di sabato, 7 settembre, circa 400 attivisti hanno sfondato le barriere di sicurezza di fronte all’Hotel Excelsior, in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, edizione 2019.

La protesta è stata organizzata dai rappresentanti del movimento “No Grandi Navi”, a giudicare dall’abbigliamento di carta che la maggior parte dei manifestanti indossavano. Tra gli slogan usati, sia in italiano che in inglese, si contano tutti manifesti ambientalisti: “Il pianeta sta bruciando”, “Giustizia climatica adesso”, “Trivelle zero”, “Dalla terra dei fuochi ai cambiamenti climatici”, “Stop biocidio”, “Respect existence or aspect resistence”, “Siamo la natura che si difende”, “Immigrati – con denaro turisti, senza denaro illegali”.

La manifestazione si è svolta in modo pacifico, con continui cori che chiedono che le grandi navi non facciano più incursione nella laguna. Il presidio di forze di sicurezza e dell’ordine, già normalmente massiccio al Lido in occasione della Mostra, è stato intensificato.

Dallo sfondamento delle barriere in prossimità dell’Excelsior, i manifestanti sono arrivati di corsa fino al red carpet, dove questa sera si svolgerà, salvo controindicazioni e imprevisti, la cerimonia di chiusura della Mostra con la sfilata dei vincitori di Venezia 76.

La Sirenetta: Harry Styles spiega perché ha rifiutato il ruolo del principe Eric

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Dopo essere stato considerato per il ruolo del principe Eric nel film live-action de La Sirenetta, Harry Styles ha dichiarato di aver rifiutato la parte. Il cantante e attore spiega ora il perché di questa decisione.

Nonostante Styles negli ultimi anni abbia mostrato grande interesse per la recitazione, comparendo anche tra i protagonisti del film Dunkirk di Christopher Nolan, l’attore ha gentilmente rifiutato l’offerta della Disney, nonostante questa avrebbe potuto garantirgli un grande notorietà come attore.

L’artista ha ora dichiarato che la musica rimane comunque la cosa più importante per lui. “Mi hanno parlato del progetto, ma ora desidero concentrarmi nuovamente sulla musica. Mi godrò il film da spettatore, e sono certo che sarà straordinario. Le persone che ci lavorano sono meravigliose.”

Nonostante i fan a gran voce richiedessero Styles per il ruolo del principe Eric, dovranno tuttavia accontentarsi di qualcun altro per la parte, apprezzando invece l’ex frontman degli One Direction per la sua musica.

Protagonista de La Sirenetta sarà Halle Bailey, che ricoprirà il ruolo di Ariel. Per il ruolo della perfida Ursula si pensa invece all’attrice Melissa McCarthy. In trattative ci sarebbero anche Jacob Tremblay e Awkwafina, rispettivamente per Flounder il pesciolino e per il gabbiamo Scuttle.

L’inizio della produzione del film è previsto per il gennaio 2020, con il regista Rob Marshall chiamato a dirigere il film.

Fonte: We Got This Covered

Venezia 76: The Burnt Orange Heresy chiude la Mostra

Venezia 76: The Burnt Orange Heresy chiude la Mostra

È Giuseppe Capotondi a chiudere con The Burnt Orange Heresy (co-produzione Italia/Regno Unito) la 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il film, con protagonisti Claes Bang, Elizabeth Debicki, Mick Jagger, Donald Sutherland, racconta il mondo dell’arte e della malavita, che si scontrano in questo thriller neo-noir, elegante ed erotico.

Nell’Italia dei giorni nostri, il carismatico critico d’arte James Figueras ha una relazione con la provocante e attraente americana Berenice Hollis. Mentre lui è il classico antieroe in fieri con un fascino che nasconde le sue ambizioni, lei è una figura innocente che viaggia attraverso l’Europa, libera di essere chiunque desideri. I due amanti raggiungono l’opulenta tenuta sul lago di Como di Joseph Cassidy, un potente collezionista d’arte. Il loro ospite risulta essere il mecenate di Jerome Debney, il solitario J.D. Salinger del mondo dell’arte, e fa una richiesta molto diretta a James: deve sottrarre a tutti i costi un capolavoro di Debney dallo studio del pittore.

Trascorrendo del tempo con il leggendario artista, la coppia inizia a rendersi conto che, per quel che riguarda sia Debney che la loro missione, nulla è come sembra. Ma James è un uomo di profonde e celate ambizioni disposto a tutto pur di avanzare nella propria carriera: dall’incendio doloso al furto con scasso, fino all’omicidio.

Commento del regista:

The Burnt Orange Heresy è intrinsecamente un racconto faustiano mascherato da giallo neo-noir. Parla dei limiti estremi che siamo disposti a oltrepassare per realizzare le nostre ambizioni e delle menzogne che tramiamo per perseguire i nostri obiettivi; bugie che, alla fine, intaccano il senso stesso della nostra realtà. Parla delle maschere che indossiamo ogni giorno della nostra vita per essere accettati, amati, avere più successo, e di ciò che accade quando ci togliamo la maschera: siamo ancora in grado di riconoscerci? Ci piace quello che vediamo? Questo film tratta dell’inganno e del potere che riflettono l’epoca di ‘Post-Verità’ nella quale viviamo (o, nell’attuale fase storica, dovremmo forse dire ‘Post-Vergogna’?), ma più di tutto è un giallo psicologico che gioca con gli elementi del genere per cercare di dire una piccola verità. O, forse, una piccola bugia.

Avengers: Endgame, gli sceneggiatori spiegano perché Captain Marvel ha avuto solo un piccolo ruolo

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Gli sceneggiatori di Avengers: Endgame ha spiegato il motivo per cui Captain Marvel ha solo un piccolo ruolo all’interno del film. Il personaggio interpretato da Brie Larson è uno dei supereroi più potenti nell’universo Marvel, e uno dei pochi in grado di poter sconfiggere il Titano Pazzo Thanos in battaglia, il che significa che da sola avrebbe potuto risolvere molti dei conflitti affrontati nel film.

Il suo ruolo nel film è stato tuttavia molto più limitato di quello che i fan si aspettavano. Nel film la vediamo comparire esclusivamente all’inizio, quando recupera Toni Stark alla deriva nello spazio, e alla fine, quando sopraggiunge in aiuto degli Avengers durante la battaglia finale.

Dallo stesso personaggio viene spiegato, nel corso del film, che ci sono altri pianeti che in seguito allo schiocco di dita di Thanos necessitano del suo aiuto. Gli sceneggiatori Stephen McFeely e Christopher Markus rivelano finalmente il motivo del piccolo ruolo del personaggio.

“Quando si ha un personaggio così potente, bisogna sempre trovare un equilibrio tra le varie parti in gioco. – ha spiegato Markus – Era come se stessimo semplicemente inserendo qualcuno in grado di risolvere qualcosa che gli altri non erano riusciti a risolvere nel precedente film. Abbiamo cercato di non farlo sembrare solo un cameo, ma non volevamo che con la sua presenza risolvesse facilmente i problemi per gli altri.”

McFeely ha aggiunto che i poteri di Captain Marvel avevano decisamente il potenziale per risolvere in breve tempo quanto accaduto nel film precedente, e che il focus della storia dovevano essere invece i membri originali del team. “Lei non doveva essere il centro del film. Il focus doveva essere salutare i sei Avengers originali. Ed è per questo che le loro storie hanno avuto la precedenza su tutto.”

Il fatto che Brie Larson abbia girato le sue scene in Avengers: Endgame prima del film stand-alone a lei dedicato, dimostrano dunque come sia stato difficile introdurre il personaggio, e come sia stato complicato trovare una corrispondenza sulla natura dell’eroina tra i due film.

Il personaggio avrà comunque modo di farsi conoscere meglio attraverso il già annunciato Captain Marvel 2, diventando uno dei punti cardine delle successive fasi del Marvel Cinematic Universe.

Fonte: ScreenRant

Star Wars: la trilogia di Rian Johnson potrebbe avere per protagonista un personaggio femminile

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Con la saga dedicata alla famiglia Skywalker che volge al termine, e che troverà il suo capitolo conclusivo in Star Wars IX – L’Ascesa di Skywalker, alla Lucasfilm si guarda già al futuro.

Continua infatti il progetto di una nuova trilogia ambientata nella galassia lontana lontana scritta e diretta dal regista Rian Johnson, già autore de Gli Ultimi Jedi.

Si sa ancora ancora molto poco di questo progetto, né la sua trama né i personaggi coinvolti, i quali dovranno tuttavia cercare di non far rimpiangere i più celebri personaggi della saga visti dal 1977 ad oggi. Alcuni dettagli iniziano tuttavia a trapelare, dando per certa la volontà di Johnson di porre al comando della trilogia un personaggio femminile.

Una scelta che sembra coerente con quanto già visto nei nuovi film di Star Wars realizzati dalla Disney, che hanno avuto per protagonisti personaggi come la Rey di Daisy Ridley e la Jyn Erso di Felicity Jones.

La trilogia di Johnson sembra dunque un progetto ancora in cantiere, nonostante le feroci critiche dei fan ricevute dal regista per il suo lavoro in Gli Ultimi Jedi.

Stando a quanto riportato, la serie avrà ad ogni modo la natura di sequel rispetto ai nuovi film, e sarà dunque probabilmente ambientata dopo l’episodio IX in uscita a dicembre nei cinema. Johnson ha garantito che i suoi tre film saranno abbastanza differenti da quanto già visto all’interno del franchise.

Il regista aveva già dimostrato grandi volontà innovative con Gli Ultimi Jedi, e potrebbe ora trovare piena libertà di dar vita alle sue idee, sempre mantenendo il rispetto per la natura di Star Wars.

Fonte: We Got This Covered

Obi-Wan Kenobi: un giovane Luke Skywalker potrebbe comparire nella serie

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Dopo numerosi rumor una lunga attesa, Ewan McGregor è infine stato riconfermato nel ruolo di Obi-Wan Kenobi per una serie in esclusiva su Disney+, la piattaforma streaming in arrivo nei prossimi mesi.

McGregor riprenderà così, per la gioia dei fan, il ruolo già ricoperto nella trilogia prequel di Star Wars, comprendente La minaccia fantasma, L’attacco dei cloni e La vendetta dei Sith.

la serie si svolgerà proprio tra quest’ultimo film e Una nuova speranza, film del 1977 dove a ricoprire il ruolo del celebre Jedi era l’attore Alec Guinnes.

In questo arco temporale Kenobi ha vissuto in esilio sul pianeta Tatooine, dove ha segretamente vegliato sul figlio di Darth Vader, Luke Skywalker. E proprio una delle nuove indiscrezioni riguardanti la serie vedrebbe comparire proprio un giovanissimo Luke. Svolgendosi otto anni dopo gli eventi di La vendetta dei Sith, e dunque probabile che se Luke sarà davvero presente nella serie avrà all’incirca 8 anni.

Improbabile che il personaggio avrà un ruolo predominante, mentre è più plausibile la sua comparsa sotto forma di cameo o flashback.

I fan attendono tuttavia un altro grande ritorno nella serie, ovvero quello di Darth Maul, nemesi di Obi-Wan, il quale fu da questi sconfitto e creduto morto proprio nel primo film della trilogia prequel. Al momento però nulla è ancora stato confermato a riguardo.

Le riprese della serie inizieranno nei primi mesi del 2020, ed è probabile che al momento dell’inizio della produzione si otterranno maggiori dettagli sul progetto e sulla sua trama.

Fonte: We Got This Covered

Woody Allen: “Ho fatto tutto quello che il #MeToo desidererebbe ottenere”

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Dopo le dichiarazioni di Scarlett Johansson in difesa di Woody Allen, è lo stesso regista newyorkese a prendere la parola riguardo i recenti eventi che lo hanno visto preso di mira dal movimento #MeToo.

“Ho lavorato con centinaia di attrici, e non una sola di loro si è mai lamentata di me. – ha dichiarato Allen durante un’intervista con France24 – Ho lavorato con donne impiegate in ogni settore del cinema per anni e le abbiamo sempre pagate in modo eguale agli uomini. Ho fatto tutto quello che il movimento #MeToo desidererebbe ottenere con chiunque.”

Il caso più recente che ha coinvolto Allen è la decisione da parte degli Amazon Studios di cancellare la distribuzione americana di Un giorno di pioggia a New York in seguito al ritorno in superficie delle accuse di molestie ricevute dal regista nel 1991.

Il film otterrà tuttavia una distribuzione europea, e sarà presentato in anteprima al Deauville Film Festival in Francia.

“Il film uscirà comunque nei cinema di tutto il mondo. Se al pubblico piacerà, eventualmente sarà possibile distribuirlo anche negli Stati Uniti.” Ha affermato il regista.

Ad Allen non sembra infatti importare se qualcuno ad Hollywood si distanzia da lui o dai suoi film, come l’attore Timothée Chalamet, il quale ha affermato di rimpiangere l’aver lavorato con il regista per Un giorno di pioggia a New York.

 “Non potrebbe importarmi di meno. Non ho mai lavorato ad Hollywood. Ho sempre lavorato a New York. – spiega Allen – Se domani nessuno volesse più finanziare i miei film, le mie opere teatrali, o pubblicare i miei libri, io comunque mi alzerei dal letto e continuerei a scrivere, perché questo è ciò che faccio. Continuerò a lavorare sempre, quello che accade ai miei film a livello commerciale è un altro discorso.”

Vi ricordiamo che Un giorno di pioggia a New York uscirà invece in Italia il 3 ottobre. Il film, scritto e diretto da Woody Allen ha nel proprio cast gli attori Timothée Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Jude Law, Diego Luna e Liev Schreiber.

Fonte: Variety

Mission: Impossible, Hayley Atwell si aggiunge al cast del prossimo film

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Celebre per il ruolo dell’agente Carter all’interno del Marvel Cinematic Universe, l’attrice Hayley Atwell ha accettato di entrare a far parte del cast del prossimo film dedicato alla saga di Mission: Impossible.

È lo sceneggiatore e regista Christopher McQuarrie a diffondere la notizia tramite il proprio account Instagram, a cui sono poi seguiti anche alcuni post della stessa attrice.

I prossimi due capitoli del franchise con Tom Cruise protagonista verranno girati l’uno di seguito all’altro, e attualmente non si hanno ulteriori notizie circa il ruolo ricoperto dall’attrice, né se comparirà in entrambi i film o solo in uno di essi.

Allo stesso modo dovrebbero riprendere i propri ruoli anche gli attori Ving Rhames, Simon Pegg e Rebecca Ferguson.

L’attrice, famosa per aver partecipato ai film Captain America: Il primo Vendicatore e Ritorno al Bosco dei 100 Acri, potrebbe probabilmente ricoprire il ruolo del villain del film. Questa teoria ha iniziato a circolare in seguito ad alcune frasi dell’attrice riportate nei post dedicati al film sul proprio account Instagram.

Ispirata dall’omonima serie televisiva, la prima pellicola dedicata a Mission: Impossible arriva al cinema nel 1996 per la regia di Brian De Palma. Dato il suo successo, il film ottiene ben cinque sequel: Mission: Impossible II (2000), Mission: Impossible III (2006), Mission: Impossible – Protocollo fantasma (2011), Mission: Impossible – Rogue Nation (2015) e Mission: Impossible – Fallout (2018). Con i prossimi due capitoli, previsti rispettivamente per il 2021 e il 2022, la saga arriverà ad essere composta di otto film.

Fonte: Empire

Spider-Man: i fratelli Russo non sono sorpresi dalla scissione Marvel Sony

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La rottura dell’accordo tra Marvel e Sony ha improvvisamente bloccato il futuro di Spider-Man all’interno del Marvel Cinematic Universe, il quale a partire da Spider-Man: Far From Home aveva iniziato ad accogliere l’eredità di Iron Man.

Il CEO della Sony ha dichiarato di aver previsto un loro personale universo cinematografico basato sul supereroe e i suoi villain più celebri, con Tom Holland che dunque riprenderà il ruolo ma senza prendere più parte ai film corali della Marvel.

Questa notizia ha scioccato i fan di tutto il mondo, ma non Anthony e Joe Russo. I registi di Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame si sono infatti dichiarati tutt’altro che sorpresi dalla faccenda. Intervistati a riguardo, i due registi hanno esposto il loro punto di vista, ripercorrendo il processo che ha portato Spider-Man a debuttare nell’MCU nel film Captain America: Civil War.

“Eravamo particolarmente devoti a questa cosa. – dichiara Anthony Russo riguardo l’accordo tra Marvel e Sony – Volevamo davvero che accadesse e abbiamo lottato a lungo all’interno della Marvel affinché diventasse realtà”.

“Non è stato facile. – ha continuato Joe RussoKevin Feige ha lottato duramente per questa cosa. Ci sono stati numerosi alti e bassi. Ha cercato con tutte le sue forze di mettere d’accordo le due major, il che non è mai facile.”

“Penso sia per questo che non siamo così devastati dalla notizia, – conclude il regista – Sapevamo quanto fosse stata dura farlo succedere all’inizio, non poteva durare per sempre.”

Nonostante i fan sperino ancora in un nuovo accordo tra i due studi di produzione, stando alle parole del presidente della Sony, le possibilità di veder tornare il personaggio nell’MCU, almeno in tempo breve, sembrano molto scarse.

Fonte: We Got This Covered

A herdade, recensione del film di Tiago Guedes #Venezia76

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A herdade, recensione del film di Tiago Guedes #Venezia76

A herdade è il nuovo film di Tiago Guedes, selezionato nel Concorso di Venezia 76. Il film poteva essere a tono con la selezione dello scorso anno della Mostra, che prevedeva una serie di pellicole molto lunghe, storie importanti, che in più di un’occasione permettevano alla storia privata di incrociarsi con la grande Storia pubblica. E questo è ciò che sceglie di fare Guedes, con il suo film.

Il film racconta la storia di una famiglia portoghese che possiede una delle più grandi proprietà fondiarie d’Europa sulla riva meridionale del fiume Tago. A herdade scava nei segreti della loro proprietà, rappresentando le vicende storiche, politiche, economiche e sociali del Portogallo a partire dagli anni Quaranta, passando per la Rivoluzione dei garofani fino ad arrivare ai nostri giorni.

A herdade intreccia la storia politica e sociale del Portogallo attraverso i decenni, con quella legata all’ascesa e alla caduta di una famiglia, specchio della contemporaneità, che suo malgrado attraversa i cambiamenti che il tempo impone a tutte le cose. Questo equilibrio tra grande e piccolo, pubblico e privato, viene raccontato attraverso una lente particolarmente insolita, quasi pacifica potremmo dire, in cui la lotta di classe viene quasi annullata e perde il suo potere esplosivo.

Se alcuni momenti del film si caratterizzano per un’impostazione da soap opera, sacrificando la credibilità della messa in scena, gli scenari, le bellissime location, sono valorizzati invece da una fotografia che cattura ogni raggio di luce nei cieli tersi che dominano la maggior parte del film.

A herdade è un film che ha bisogno del suo tempo, come la sua storia, e non è una mera questione di minutaggio, anche se il film dura 164 minuti, è una questione di respiro: le storie su scala così grande hanno bisogno di inspirare ed espirare profondamente, così da riuscire a trovare spazio negli occhi e negli animi di chi li guarda.

Il problema di questo affresco così ricco e stratificato è proprio l’affollamento di temi che il film non poteva raccontare singolarmente in maniera esaustiva. E quindi il risultato è che in alcuni casi le redini del racconto sfuggono di mano al regista. Nonostante questo, il film mantiene il fascino della grande epica cinematografica, senza particolare lode, ma anche senza infamia.

Babyteeth, recensione del film di Shannon Murphy #Venezia76

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Babyteeth, recensione del film di Shannon Murphy #Venezia76

Presentato in Concorso a Venezia 76, Babyteeth è diretto dall’australiana Shannon Murphy, alla sua prima volta alle prese con il lungometraggio.

Quando Milla Finlay, adolescente gravemente malata, si innamora del piccolo spacciatore Moses, si avvera il peggior incubo dei suoi genitori. Ma poiché il primo incontro di Milla con l’amore fa nascere in lei una nuova gioia di vivere, le cose si fanno confuse e la morale tradizionale va a farsi friggere. Milla mostra a tutti coloro che gravitano nella sua orbita – i suoi genitori, Moses, un sensibile insegnante di musica, un piccolo violinista in erba e una vicina incinta dotata di un’onestà disarmante – come vivere quando non si ha niente da perdere. Quello che avrebbe potuto essere un disastro per la famiglia Finlay, la spinge invece a lasciarsi andare e a trovare la grazia nel meraviglioso caos della vita.

Il teen cancer movie è un genere che si incontra spesso nella filmografia di tutto il mondo e la sfida di Murphy era quella di riuscire a offrire un occhio originale, differente, sul processo a senso unico che questa premessa quasi sempre offre. Quindi, come raccontare la malattia, la cura, la sofferenza, la rabbia e, inevitabilmente, la morte, in maniera originale?

La regista si affida al volto angelico di Eliza Scanlen, anche lei esordiente al cinema, e dopo averle portato via i capelli per ovvie ragioni sceniche la ricopre di colori e parrucche, agghindando il film di momenti leggeri, personaggi insoliti, e reazioni originali alla presa di coscienza del dolore e della malattia.

C’è il giovane Moses, un giovane uomo che si fatica ad inquadrare sempre in bilico tra l’amore e il bisogno utilitaristico di rimanere accanto a Milla, ci sono i genitori, lui psichiatra e le sedata dalle medicine che lui stesso le prescrive. Ci sono una serie di personaggi di contorno più o meno interessanti, come il maestro di violino o la vicina, ragazza single in procinto di partorire.

Quello che abbracciamo in Babyteeth è un punto di vista insolito per un cancer movie nell’età adolescenziale, non si guarda l’ombelico ma si guarda intorno, in giro, a cercare ed acchiappare la vita, succhiandola da tutti i personaggi che costituiscono il microcosmo della protagonista.

Guest of Honour, recensione del film di Atom Egoyan #Venezia76

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Guest of Honour, recensione del film di Atom Egoyan #Venezia76

Autore molto amato che da qualche tempo cerca di ritrovare la propria voce incisiva, Atom Egoyan ha presentato in Concorso a Venezia 76 il suo ultimo film, Guest of Honour, una saga familiare atipica che si trasforma in doppia indagine, una storia che presenta tutti gli elementi cari al regista e che ha raccontato più volte nella sua storie.

Jim e la figlia Veronica, una giovane insegnante di musica al liceo, cercano di dipanare le loro complicate storie e il groviglio di segreti che le avviluppano. In seguito a uno scherzo finito male, la figlia di Jim viene ingiustamente condannata per abuso di autorità nei confronti del diciassettenne Clive. Veronica è tuttavia convinta di meritare una punizione, ma per reati commessi molto tempo prima. Confuso e frustrato di fronte all’intransigenza di Veronica, l’angoscia di Jim inizia a ripercuotersi sul suo lavoro come ispettore alimentare: ha un grande potere nei confronti dei piccoli ristoranti a gestione famigliare, e lo esercita senza remore.

La storia si rivela essere un doppio racconto in cui gli indizi e le verità si dipanano man mano che la storia procede, senza però affondare dentro i personaggi. Il risultato è che il regista riesce comunque a toccare dei temi che gli sono molto cari, ma allo stesso tempo rimane in superficie, quasi svogliato di fronte all’indea di raccontare il suo stesso film.

Il thriller, che negli ultimi anni è passato alla tv come mezzo di elezione, sembra scivolare anche in questo caso alla dimensione del piccolo schermo, e così Guest of Honour si rivela anch’esso un prodotto televisivo svogliato, senza ritmo. Egoyan tratteggia con attenzione i personaggi ma poi li lascia in balia di un racconto superficiale.

Venezia 76, red carpet: la serata di Johnny Depp

Venezia 76, red carpet: la serata di Johnny Depp

Mentre domani il tappeto rosso sarà tutto per la cerimonia di premiazione e per il film di chiusura, questa sera Johnny Depp è stato il protagonista dell’ultimo giorno di concorso di Venezia 76.

Di seguito, eccolo insieme al cast e al regista di Waiting for the barbarians (Ciro Guerra, Mark Rylance e Gana Bayarsaikhan) prima della proiezione ufficiale del film in Sala Grande.

Un magistrato, amministratore di un isolato avamposto di frontiera al confine di un impero senza nome, aspetta con impazienza la tranquillità della pensione, fino all’arrivo del colonnello Joll. Incaricato di riferire sulle attività dei barbari e sulla sicurezza al confine, Joll conduce una serie di spietati interrogatori. Il trattamento dei barbari per mano del colonnello e la tortura di una giovane donna barbara spingono il magistrato a una crisi di coscienza che lo porterà a compiere un atto di ribellione donchisciottesco.

COMMENTO DEL REGISTA

Quando abbiamo incominciato a lavorare all’adattamento del romanzo di J. M. Coetzee, pensavo che la vicenda fosse ambientata in un mondo e in un’epoca lontani. Tuttavia, mentre le riprese del film procedevano, la distanza nel tempo e nello spazio si è ridotta sempre più. Ora che abbiamo concluso, la trama si è trasformata in una storia sulla contemporaneità.

Venezia 76: Johnny Depp presenta Waiting for the barbarians

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Venezia 76: Johnny Depp presenta Waiting for the barbarians

Jhonny Depp, Mark Rylance e Ciro Guerra sono arrivati al Lido per presentare Waiting for the barbarians, l’ultimo film del concorso di Venezia 76. Il divo protagonista della saga di Pirati dei Caraibi non è il primo Depp a sfilare al Lido, infatti già la figlia Lily Rose è arrivata nei giorni scorsi a presentare The King.

L’attore si è dimostrato un normalissimo padre orgoglioso, quando gli è stato chiesto di lei: “È bellissimo (che sia qui anche lei), l’unica reazione è un sorriso. Quando era più piccola veniva spesso a Venezia con me e ora è una gioia vedere questa giovane donna che si presenta con grande dignità, grazie alle scelte che ha fatto. Avrebbe potuto fare film dove si guadagna molto ma non fa parte di lei, ha iniziato con un film con Natalie Portman e poi ha realizzato due o tre film francesi. Sono molto orgoglioso di lei, è la mia bambina. Lei e mio figlio sono i miei dèi”.

Nel film di Guerra, Depp interpreta un personaggio che al confronto con quello di Rylance è senza dubbio il cattivo della storia: “La cosa più interessante dei cattivi è il fatto che anche loro sono persone che la mattina si svegliano, si lavano, si radono e di certo non lo fanno pensato sarò il più cattivo del mondo. Il mio protagonista non è solo un cattivo, pensate a come si diventa un uomo così, come è arrivato in quel luogo, mi sono chiesto è un uomo senza emozioni oppure in quell’uomo c’è una persona che nasconde un bambino spezzato? Per me il colonnello Joel ha eretto muri di protezione intorno a sé per allontanare le emozioni, per sfuggire ai sentimenti. C’è molto dietro a questo personaggio ero pronto ad aggredire qualsiasi cosa che penetrasse la sua armatura perché è anche lui una vittima.”

Sulla sua esperienza veneziana, Johnny Depp si conferma spiritoso e di ottimo umore: “È un sogno arrivare a Venezia poi con un film così; essere qui attorno a questo tavolo è una grande onore, sono stato fortunato. Certo mi è costato molto, ho dovuto pagarli per farmi scritturare, chissà se mi hanno tagliato. Io il film lo vedrò stasera”.

Venezia 76: Mio fratello rincorre i dinosauri vince il premio Sorriso Diverso Venezia 2019

Mio fratello rincorre i dinosauri di Stefano Cipani, tratto dall’omonimo bestseller di Giacomo Mazzariol, vince il premio “Sorriso Diverso Venezia” 2019. Il riconoscimento è istituito dal Festival dei Tulipani di Seta Nera.

Il Premio, che quest’anno vede la collaborazione di Paranormaltv e L’Oro di Bacco Piacere di perle dorate, è istituito dal Festival dei Tulipani di Seta Nera e ogni viene consegnato all’opera cinematografica presentata al Festival di Venezia che meglio valorizza i temi sociali e umani.

Il Film è stato presentato come Evento Speciale alle Giornate degli Autori della 76ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Ecco la motivazione al premio:

Per aver saputo raccontare con un “sorriso diverso” che saper comunicare non significa solo esprimere pensieri e sentimenti attraverso messaggi verbali o scritti ma anche attraverso gesti, espressioni, comportamenti e con il linguaggio universale della musica. E per aver indicato che la vera accettazione e la vera integrazione si ottengono attraverso un percorso fatto di accettazione, comprensione e amore. Opera prima di Stefano Cipani, che, con una efficace regia istintiva ed una eccellente direzione di attori in gran forma, ha il merito di far conoscere al grande pubblico una bella storia di integrazione sociale, edificante, meritevole e meritoria. Un inno alla diversità, vissuta dal protagonista prima come condanna poi come meravigliosa occasione di arricchimento interiore e integrazione sociale.
Hanno ritirato il premio Stefano Cipani e Lorenzo Sisto.

MENZIONE SPECIALE per Lorenzo Sisto, attore con sindrome di Down del film Mio fratello rincorre i dinosauri: Alla bravura e alla spontaneità di Lorenzo, che attraverso il cinema si è fatto voce e volto della diversità. Il suo sorriso è un dono prezioso, di quelli che fanno bene al cuore, e che desideriamo ricambiare con il nostro.

La Giuria che ha decretato il vincitore è presieduta da Catello Masullo, critico cinematografico e presidente Cinecircolo Romano, ed è composta da: Paola Dei, psicologa dell’arte e giornalista critico cinematografico; Ira Fronten, attrice, direttrice dell’Italian Black Movie Awards (IBMA) e presidente della Associazione delle donne Latinoamericane in Itala (ASDLI); Stefano Giussani, Associazione Amici del Poldi Pezzoli; Armando Lostaglio, critico cinematografico, vicepresidente Cinit Cineforum Italiano e fondatore CineCLub “V. De Sica”; Franco Mariotti, regista, giornalista, saggista e critico cinematografico; Massimo Nardin, docente universitario, regista, sceneggiatore e critico cinematografico; Rossella Pozza, critico cinematografico e direttore responsabile della rivista QUI CINEMA Cinecircolo Romano; Roberta Rabino, Associazioneamica arte e cultura; Marcello Zeppi, presidente e direttore artistico del MISFF Montecatini e presidente giuria Bridge of Art.

Alla cerimonia di premiazione, condotta da Cinzia Profita, hanno partecipato tanti giornalisti, critici cinematografici e personalità del mondo della cultura: Diego Righini (Presidente di Tulipani di Seta Nera), Leonardo Jannitti Piromallo (Produttore di Tulipani di Seta Nera), Luca La Bella (Co-produttore), Alessia Di Fiore (archeologa), Angelica Bianca, Christian Carapezza, Katya Cimmino (Staff di Paranormal), Ilaria Mallardi (Premio Sorriso Diverso Venezia 2019 e assistente di produzione).

Il premio “Sorriso Diverso Venezia” 2019 si inserisce nell’ambito della ‘mission’ del Festival Tulipani di Seta Nera – manifestazione istituita da L’Università Cerca Lavoro con il sostegno di Regione Lazio e Roma Lazio Film Commission – che vede in prima linea il Presidente Diego Righini, il Direttore artistico Paola Tassone, il produttore Leonardo Jannitti Piromallo e la presidente UCL Ilaria Battistelli: la kermesse da anni si occupa di utilizzare lo strumento cinema come valorizzatore di tematiche sociali, portando all’attenzione del pubblico prodotti cinematografici interessanti con messaggi di vita vera che forniscano grandi momenti di riflessione, speranza, rispetto e capacità di ascolto.