A due anni di distanza dal debutto
nelle sale del Godzilla diretto
da Gareth Edwards e
con Kong: Skull Island che
sembrerebbe aver terminato la produzione,
la Legendary Productions ha
finalmente deciso di concentrarsi su Godzilla
2.
A scrivere la sceneggiatura del
film saranno Michael
Dougherty e Zach Shields,
mentre la pellicola dovrebbe giungere nelle sale il 22
marzo 2019.
Doctor
Strange è finalmente in procinto di esordire al
cinema e, mentre i fan di casa Marvel sono in trepidante
attesa, la critica internazionale si è finalmente espressa
sull’ultimo lavoro firmato Marvel Studio.
Qui di seguito vi proponiamo
un’estratto delle molteplici recensioni apparse in rete:
“Finalmente è ovvio perché
abbiano scelto una grande star come Cumberbatch, perché Doctor
Strange è qui per guidarci nella prossima decade di film Marvel,
proprio come fatto da Downey nella scorsa decade. Doctor Strange è
essenzialmente un reboot di Iron Man, solo con più cose da vedere
quando sei sballato… è una buona strategia e funziona.”
[uprox]
“Le performance sono
decisamente entusiasmanti: Cumberbatch è fascinoso e frizzante,
nonostante sia pieno di se stesso affronterà le sue paure, Swinton
fa grande uso delle sue incredibili capacità e Rachel McAdams (nei
panni della futura fidanzata di Strange) aiuta la storia a
mantenere i piedi per terra nonostante tutti gli bizzarri sviluppi.
Mikkelsen è tristemente utilizzato al di sotto delle sue
capacità.” [The
Wrap]
“Alla fine la maggiore
conquista di questo film è aver espanso con successo il Marvel
Cinematic Universe. L’inserimento di questo tipo di magia e poteri
al livello visto in questo film come mai fatto in precedenza
all’interno di questo universo.” [IGN]
“Sì questo nuovo progetto
condivide lo stesso look e la stessa fantasia vista nel resto dei
film Marvel, ma allo stesso modo ha apportato una certa ventata di
freschezza ed originalità. Per questo personaggio lo studio ha
creato un dilemma esistenziale per cui il suo eroe imperfetto
cercherà uno scopo che lo condurrà nell’occulto in una Nuova Era di
magia e stregoneria in cui Doctor Strange troverà la sua
chiamata.” [Variety]
“Un film su un uomo che pensa
al futuro ma che è profondamente spaventato del fallimento, Docotr
Strange può essere visto come una sorta di autoritratto dello
Studio che lo ha prodotto.” [Indiewire]
Doctor
Strange: il trailer italiano del film
con Benedict Cumberbatch
L’uscita di Doctor
Strangeè prevista per il 26 Ottobre 2016.
Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon
Aibel e Glenn Berger,
rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel cast del
film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono
stati confermati Tilda Swinton, Rachel McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Dai Marvel Studios arriva la
storia del neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen
Strange, che viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a
seguito di un terribile incidente d’auto. Quando la medicina
tradizionale lo tradisce, Strange decide di rivolgere le sue
speranze di guarigione altrove, verso un mistico ordine noto come
Kamar-Taj. Qui scoprirà che non si tratta solo di un centro di
guarigione, ma anche di un avanposto che combatte delle forze
oscure e sconosciute che vogliono distruggere la nostra realtà.
Strange dovrà quindi scegliere, armato di un nuovo potere e nuove
capacità, se tornare alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi
tutto alle spalle e ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
Appena ieri, come un fulmine in
ciel sereno, è giunta la notizia circa l’abbandono
di Tim Miller alla regia
di Deadpool 2, forfait dovuto a
divergenze creative con la star del film Ryan
Reynolds.
In giornata, tuttavia, sono
arrivate ulteriori notizie che potrebbero aiutare a far chiarezza
su quanto realmente accaduto: sembrerebbe, infatti, che
Reynolds, in fase di negoziazione del rinnova
contrattuale, abbia ottenuto una sorta di controllo creativo sulla
pellicola, in particolar modo sui futuri casting. Ciò che si è
rivelato essere il pomo della discordia sembrerebbe essere proprio
il casting di Cable, parte
che Miller avrebbe voluto affidare
a Kyle Chandler trovandosi così in
disaccordo con Ryan Reynolds.
Non ci resta, dunque, che attendere
ulteriori sviluppi per scoprire chi sarà il fortunato
che sostituirà Miller alla regia. Vi terremo aggiornati su
tutti i dettagli.
Deadpool ha
incassato 363 070 709 dollari in Nord America e 417 408 522 dollari
nel resto del mondo, per un totale mondiale di 780 479 231 dollari.
Deadpool è stato accolto generalmente bene dalla
critica, soprattutto grazie alla recitazione di Ryan Reynolds e
alla comicità pungente e ironica della sceneggiatura.
Negli Stati Uniti d’America,
Deadpool ha stabilito un nuovo record, diventando
il film vietato ai minori ad incassare di più ($132.4 milioni) nel
week-end d’apertura, per un esordio totale di $264.7 milioni,
dietro solo a Cinquanta sfumature di grigio
per quanto riguarda i film rated R.
Arrivata alla sua undicesima
edizione, anche quest’anno si è conclusa la Festa di Roma
2016, manifestazione cinematografica con base operativa
all’Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano.
Dopo avvicendamenti, modifiche al titolo e alla definizione
dell’evento, critiche sull’effettivo scopo della kermesse, al
secondo anno della direzione artistica di Antonio
Monda, si potrebbe definire questa Festa, che si è
spostata anche sul territorio romano, dal quartiere Eur con il
drive in, alle proiezioni al carcere di Rebibbia, una vera e
propria rassegna del miglior cinema visto nei festival di Cannes,
Berlino e Toronto. Accantonata infatti la pretesa degli anni
passati di presentare solo opere inedite in tutto il mondo, la
Festa del Cinema di
Roma ha avuto la possibilità di proiettare alcuni dei
migliori titoli che vedremo nella prossima stagione
cinematografica, compresi dei film che vedremo protagonisti nella
season awards 2017.
Cinefilos.it, presente ormai dal
2010 alla Festa, poi Festival e di nuovo Festa, ha seguito anche
per il 2016 la rassegna e di seguito segnala ai suoi lettori quelli
che sono i titoli migliori da recuperare in sala.
Si comincia con il titolo più
“nominato” dalla redazione: Sing Street. Il
musical di John Carney ambientato
nella Dublino del 1985 ha conquistato con il trascinante ritmo, i
simpatici protagonisti e la storia, semplice ma convincente.
Tutt’altri toni sono quelli di Manchester By The
Sea, titolo impegnativo con protagonista un
Casey Affleck nel ruolo della vita; parentesi
buffe e problemi concreti puntellano un dramma umano che racconta
il dolore nella sua forma più pura e totalizzante. Ha conquistato
il premio del pubblico invece Captain
Fantastic, film diretto da Matt Ross
con Viggo Mortensen mattatore assoluto, in cui si
raccontano le dinamiche di una famiglia atipica che però alla base
si rivela sempre guidata dall’amore reciproco.
Sempre di famiglia, sorrisi e
lacrime, racconta The Hollars,
diretto e interpretato da John Krasinski mentre
tutt’altro genere sono i film d’animazione visti alla Festa di Roma
2016: Kubo e la Spada
magica e Louise en
Hiver. Da una parte la stop-motion della Laika,
dall’altra la poesia della tradizione con colori pastello, i due
film sono una tappa obbligatoria per chi ama le storie animate.
Chicche insolite e originali sono
invece altri due film, che la Festa ha portato a Roma. Hell or High
Water è una sorta di western atipico, con protagonisti
Ben Foster e Chris Pine, ma anche
un Jeff Bridges in gran forma, nei panni di un
saggio e scafato Texas Ranger. Per chi invece ama lo zombie movie,
è obbligatorio recuperare, semmai arriverà nelle nostre sale,
Train to
Busan!
Trai film che sicuramente vedremo
in sala e che si posizionano in uno spazio più canonico della
narrazione cinematografica, segnaliamo Florence Foster
Jenkins, con Meryl Streep nei panni
della cantante lirica più stonata della storia, e Lion, un’epopea
sulla ricerca della propria casa di un giovane indiano adottato da
una coppia di australiani, basato su una storia vera.
Ogni festival che si rispetti ha i
suoi titoli che “dividono” e la Festa di Roma non fa eccezione, per
cui Cinefilos.it si schiera anche dalla parte di due film che
all’Auditorium hanno particolarmente diviso: Una e The Secret
Scripture, entrambi con protagonista Rooney
Mara.
Perché i festival, le kermesse, le
rassegne e le feste di cinema servono anche e soprattutto a questo:
a incontrarsi, a discutere, a confrontarsi, a mettere persone
diverse di fronte alle stesse opere per scoprire in quanti modi un
film, che si spera sempre sia anche un’opera d’arte, riesce a
catturare l’attenzione del singolo spettatore, critico,
appassionato.
Ralph Fiennes, Juliette
Binoche e Kristin Scott Thomas hanno
sfilato sul red carpet di chiusura della Festa di Roma
2016. La Manifestazione cinematografica romana ha ospitato
il trio di attori straordinari che hanno partecipato all’omaggio
che la Festa ha riservato a Anthony Minghella e al
suo film premio Oscar Il Paziente Inglese, di cui
quest’anno ricorre il ventesimo anniversario.
Ecco Ralph Fiennes,
Juliette Binoche e Kristin Scott Thomas
sul tappeto rosso dell’Auditorium:
Il paziente inglese (The
English Patient) è un film del 1996 diretto da
Anthony Minghella, tratto dall’omonimo romanzo
dello scrittore canadese Michael Ondaatje. Il
paziente inglese è uno dei film più premiati della storia,
mantenendo il record con Gigi di Vincente
Minnelli e L’ultimo imperatore di
Bernardo Bertolucci per aver vinto ben 9 Oscar nel
1997, oltre a 2 Golden Globe e 6 BAFTA mentre l’attrice
Juliette Binoche fu premiata con l’Oscar (attrice
non protagonista) e l’Orso d’Argento a Berlino come miglior
attrice.
Annunciandosi come uno dei
protagonisti della prossima stagione dei premi a Hollywood,
Lion fa parte della selezione ufficiale della
Festa di Roma 2016. Diretto da Garth Davis, il film vede
protagonista Dev Patel (The Millionaire)
affiancato da Rooney Mara, Nicole Kidman e
David Wenham.
Il racconto è basato sulle memorie
di Saroo Brierley che ripercorre la straordinaria
vicenda che lo ha visto protagonista: all’età di 5 anni Saroo sale
per sbaglio su un treno che lo conduce a Calcutta, lasciandosi alle
spalle la famiglia e il piccolo villaggio indiano dove è nato.
Sperduto nella caotica metropoli, Saroo viene portato in un centro
di accoglienza per orfani e poi adottato da una benestante coppia
australiana. All’età di 25 anni, il bimbo ormai uomo ha scordato il
suo passato. Ma basta un profumo, un sapore, come
per Proust e le madeleine, a fargli ricordare
una vita dimenticata. Il giovane uomo si mette così sulle tracce
del suo villaggio e di sua madre.
Tratta da una storia vera, la
vicenda di Lion è la classica storia che scalda il
cuore, che sembra essere stata messa insieme da un abile
sceneggiatore che conosce tutte le regole per portare sullo schermo
una fiaba. Eppure, l’incredibile diventa molto più efficace di
milioni di storie inventate quando viene portato al cinema e
consegnato al grande pubblico, affamato di lieto fine.
Impostato come classico racconto
hollywoodiano, farcito di personaggi buoni e di rassicuranti
situazioni, nonostante la storia di fondo, Lion
rivendica la sua bellezza nella prima parte, ambientata in
India, con protagonista lo straordinario Sunny
Pawar, giovanissimo interprete di Saroo bambino, che con
avidità scruta il mondo nuovo e caotico che si trova ad affrontare
in completa solitudine, attraverso due occhi magnetici, dolci e
curiosi. La seconda parte della storia, con Patel che occupa la
scena, è quella con un ritmo cinematograficamente più incalzante ma
allo stesso tempo meno originale.
Toccando temi importanti come
l’importanza delle radici e della famiglia, Lion
ha anche il pregio di offrire a Nicole Kidman uno
dei suoi migliori ruoli dai tempi di Fur
(2006) e di rinnovare l’immagine di Dev Patel come
attore versatile e finalmente libero dalla “condanna” del suo ruolo
più famoso.
Il film di Davis è
senza dubbio un prodotto per il grande pubblico, una storia
confortante e un baluardo di gioia in un mondo dove la tragedia è
effettivamente imperante. Nonostante l’insito atteggiamento di
superiorità nei confronti di un racconto così “buono”, anche lo
spettatore più cinico ha bisogno, di tanto in tanto, di una calda
pacca sulla spalla.
Un martellante jazz ci accoglie
dalle prime scene e ci accompagna con ritmo nella storia thriller
di Al Final del Túnel, una co-produzione spagnola
e argentina per la regia di Rodrigo Grande con
Leonardo Sbaraglia, Clara Lago e
Pablo Echarri, che figura anche tra i produttori.
Presentato alla Festa del Cinema di Roma in
Selezione Ufficiale e accolto da stampa e pubblico con
applausi a scena aperta, risate e reazioni di sorpresa, il film è
senza dubbio tra i più originali in concorso.
Joaquín (Leonardo
Sbaraglia) è un ingegnere informatico costretto su una
sedia a rotelle in una grande casa dove si sente il peso di una
vita precedente. Costretto dai debiti, decide di affittare una
stanza alla ballerina Berta (Clara Lago) e sua
figlia Betty (Uma Salduende), che da due anni ha
smesso di parlare. Una notte, mentre sta lavorando, Joaquín sente
dei rumori sospetti dall’altro lato della parete e in breve tempo,
grazie alla sua manualità tecnologica, riesce origliare la
conversazione e a vedere tramite una microcamera cosa sta
succedendo nel seminterrato accanto. Scopre così che una banda di
delinquenti, guidati da Galereto (Pablo Echarri),
sta scavando un tunnel per arrivare alla banca dall’altro lato
della strada e fare un grosso colpo aiutati da un poliziotto
corrotto. Sommerso dai debiti, Joaquín decide di scavare un
entrata alternativa per batterli sul tempo nella rapina. Ma se
l’ostacolo della sedia a rotelle potrebbe sembrare il più
grande, la storia si complica quando scopre che Berta non è solo
una ballerina…
Commedia, thriller, crime e anche
momenti da classico film horror confluiscono in Al Final
del Túnel, tra colpi di scena e svolte decisamente
sorprendenti e originali che stupiscono fino all’ultimo minuto.
Rodrigo Grande si districa in riprese difficili
nel tunnel, tenendo alta la suspance dietro al protagonista
paraplegico che, se di aspetto ci ricorda un George Clooney argentino, nelle azioni sembra
più un incrocio tra MacGyver e il Tom Cruise di Mission Impossible.
Non c’è solo mera tensione e urgenza di sopravvivere a degli eventi
che si evolvono come schegge impazzite, ma grazie anche ad una
sceneggiatura brillante, il regista riesce ad indagare nel modo
giusto nella psiche dei protagonisti, dalla condizione
“intrappolata” di Joaquín, ai conflitti interni di Berta, fino ai
misteriosi silenzi di Betty.
Manca davvero pochissimo per il
debutto al cinema del nuovo film Marvel Studios,
Doctor Strange e in attesa di scoprire come sarà
il nuovo cameo di Stan Lee, il papà dei Marvel Comics ha rivelato in una
recente intervista quale sia il suo cameo preferito:
“Erano tutti divertente da
fare, ma il mio preferito è quello in cui sto con Thor e beviamo
qualcosa. Gli chiedo un drink e lui dice, “No, è troppo forte
per te.” Ma io insisto, e lui me lo dà. Nella scena successiva, mi
stanno trascinando via, e poi dico ‘Excelsior!”
Stan Lee ha poi
continuato rivelando la ragione del perché questo cameo in
particolare sia il suo preferito: “La ragione per cui sia il
mio preferito è perché è l’unico con due scene. Quindi, penso che
sia un suggerimento ai registi d’ora in poi, voglio apparire almeno
in un paio di scene”.
Che dire, nel futuro vedremo più
scene insieme al grande Stan Lee? noi ce lo auguriamo.
Vi ricordiamo che il
prossimo film in arrivo sarà Doctor Strange che
debutterà al cinema il 26 Ottobre 2016.
Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon
Aibel e Glenn Berger,
rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel cast del
film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono stati
confermati Tilda
Swinton, Rachel
McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Dai Marvel Studios arriva la
storia del neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen
Strange, che viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a
seguito di un terribile incidente d’auto. Quando la medicina
tradizionale lo tradisce, Strange decide di rivolgere le sue
speranze di guarigione altrove, verso un mistico ordine noto come
Kamar-Taj. Qui scoprirà che non si tratta solo di un centro di
guarigione, ma anche di un avanposto che combatte delle forze
oscure e sconosciute che vogliono distruggere la nostra realtà.
Strange dovrà quindi scegliere, armato di un nuovo potere e nuove
capacità, se tornare alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi
tutto alle spalle e ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
In occasione dell’undicesima
Festa del Cinema di Roma e della presentazione di
Kubo e La Spada Magica, il nuovo film della
Laika, il filmmaker, illustratore ed esperto
d’animazione Stefano Bessoni è salito in cattedra
e ci ha regalato una piccola lezione introduttiva sulla
stop motion.
Questa tecnica, considerata per
decenni poco adatta ai film d’animazione commerciali – come quelli
della Disney – negli ultimi anni ha visto
accrescere invece la sua popolarità tra il pubblico grazie
soprattutto al genio di Tim Burton che ha saputo
dimostrare la validità e soprattutto la versatilità della stop
motion. Ma a dare un contributo fondamentale è stata la casa di
produzione Laika, fondata nel 2005 da Travis
Knight, figlio di Philip Knight, fondatore e proprietario
della famosa multinazionale di calzature Nike. In soli undici anni
di attività, la Laika è riuscita a produrre ben quattro
lungometraggi d’animazione in stop motion che hanno ottenuto tutti
un grandissimo successo. Dopo aver co-prodotto La Sposa
Cadavere con la Tim Burton Production, l’azienda
di Knight ha sfornato nel 2009 quel piccolo gioiellino dark di
Coraline e La Porta Magica; a questo primo
‘tentativo’ sono seguiti Paranorman (2012),
Boxtrolls – Le Scatole Magiche (2014) – presentato
in anteprima alla settantunesima Mostra d’Arte Cinematografica
di Venezia – e in ultimo Kubo e La Spada
Magica che dei quattro è il lungometraggio che ha
richiesto un lavoro maggiore e che porta la tecnica a un livello
stilistico superiore. Il perché ce l’ha spiegato nel dettaglio
proprio Stefano Bessoni.
Questa tecnica – che si differenzia
da quella più tradizionale del disegno bidimensionale e da quella
più moderna del digitale – permette la ricostruzione di un’azione
catturando ogni singolo momento del movimento in un frame
corrispondente; a differenza dell’animazione tradizionale, dove
ogni singola variazione viene fotografata e poi riposizionata in
sequenza, con la stop motion è possibile invece utilizzare soggetti
tridimensionali e snodati. Tra le varie tecniche utilizzate –
ricordiamo la claymation che utilizza pupazzi in
plastilina (Wallace
and Gromit), la bidimensionale cutout
animation che utilizza ritagli di giornale o di stoffe
come in un collage (South Park) e la
object animation che utilizza oggetti di uso
quotidiano (Lego
Movie) – quella più comune è sicuramente la
puppet animation, quella cioè che si serve dei
burattini. A partire dalla fabbricazione di questi piccoli esserini
di gomma con un complesso scheletro in alluminio – metallo
estremamente duttile che permette ogni movimento -, il processo
creativo di intere scene o azioni porta via un’enorme quantità di
tempo e denaro; un singolo burattino può infatti costare dai 1000
ai 50mila dollari e mediamente, in una sola settimana di lavoro, si
realizzano dai 10 ai 20 secondi di animazione, un’inezia se si
pensa alla durata complessiva di un film. Creare un lungometraggio
interamente in stop motion non richiede quindi solo una discreta
quantità di denaro ma anche grande pazienza e dedizione.
Secondo Stefano Bessoni, tra i film
della Laika, Kubo e La Spada Magica viene considerato il più
innovativo e degno di nota proprio per la qualità delle animazioni
che sono le più complesse finora realizzate. Solitamente, per i
film in stop motion, si cerca di rendere le animazioni quanto più
semplici possibile proprio per evitare la dilatazione dei tempi di
pre-produzione; in Kubo invece ci sono burattini – che di solito
sono alti appena trenta centimetri e che sono quindi facilmente
manovrabili – che possono arrivare a tre metri d’altezza e che
hanno richiesto mesi e mesi di lavoro. Sì perché per ogni burattino
esistono un’infinità di ‘pezzi di ricambio’; per rendere realistici
e meno complessi alcuni movimenti, elementi come i capelli, vestiti
e le singole parti del viso, vengono riprodotti in serie e
sostituiti quando la situazione lo richiede.
Ma quello che salta quasi subito
all’occhio in Kubo è la ‘pulizia’ dell’animazione stessa; stop
motion e digitale, pur essendo tecniche di natura opposta, si
trovano spesso a lavorare in sincrono per rendere il prodotto
finito ancor più raffinato. Questo processo, che per alcuni viene
considerato un passo in avanti nell’evoluzione dell’animazione stop
motion, a lungo andare potrebbe modificare e quasi stravolgere la
natura grezza e imprecisa ma così terribilmente affascinante di
questa tecnica animata che affonda le sue radici in un terreno
cinematografico davvero molto antico.
Deadpool ha
incassato 363 070 709 dollari in Nord America e 417 408 522 dollari
nel resto del mondo, per un totale mondiale di 780 479 231 dollari.
Deadpool è stato accolto generalmente bene dalla
critica, soprattutto grazie alla recitazione di Ryan Reynolds e
alla comicità pungente e ironica della sceneggiatura.
Negli Stati Uniti d’America,
Deadpool ha stabilito un nuovo record, diventando
il film vietato ai minori ad incassare di più ($132.4 milioni) nel
week-end d’apertura, per un esordio totale di $264.7 milioni,
dietro solo a Cinquanta sfumature di grigio
per quanto riguarda i film rated R.
A vent’anni dal trionfo agli Oscar e
dall’uscita in sala, Il Paziente Inglese è ancora un
classico del cinema mondiale, opera famosissima e di grande
successo di Anthony Minghella. In occasione della
celebrazione del ventesimo anniversario del film, Ralph
Fiennes, che nel film interpreta il protagonista
Laszlo de Almásy, ha raccontato la sua esperienza
sul set con Minghella e il suo ricordo di quella straordinaria
esperienza.
“Lavorare con Anthony è stata
un’esperienza indimenticabile. Tutti ricorderemo per sempre il suo
spirito di collaborazione e il modo in cui coltivava le abilità di
ognuno, di ogni attore, valorizzando l’effettivo valore di ogni
persona che lavorava con lui, e solo così riusciva ad ottenere
un’atmosfera di collaborazione effettiva, come esseri umani e come
artisti. Sono estremamente grato per questa proiezione speciale
questa sera, perché così possiamo ricordare il suo straordinario
spirito (…) Tutti i collaboratori del film non sono stati coinvolti
nella visione del regista, ma sono stati davvero a parte di quella
visione. Lui ha fatto sentire alle persone coinvolte il valore del
loro lavoro.”
In che modo Il Paziente
Inglese ha cambiato la sua carriera d’attore?
“Sì, come dicevo, questo film ha
significato moltissimo per me, ma non solo per me, ha cambiato la
vita di tutti quelli che ci hanno lavorato, e questo proprio per
causa e grazie a Anthony, grazie al suo spirito.”
Il film è stato girato anche
in Italia. Cosa ricorda di quell’esperienza?
“Ricordo bene le riprese a
Cinecittà, dove abbiamo girato per tre settimane tutti gli interni
del monastero e dove io ero sempre coperto dal trucco che ricreava
la ustioni. Poi ci siamo spostati a Pienza, era credo ottobre, la
stagione dei tartufi. E poi la Toscana e ci siamo spostati al Lido
di Venezia, dove abbiamo creato la scena dell’albergo al Cairo. Lì
abbiamo girato la scena del ballo che si vede in ogni trailer del
film, con me e Kristin. E quella scena mostra la vera tenacia di
Minghella perché ha insistito a realizzare una scena che potesse
mostrare la reazione chimica trai due personaggi. E credo che non
sarebbe venuta così bene se lui non avesse costretto tutti a
rifarla il giorno dopo la prima ripresa.”
Il film ha vinto 9 premi
Oscar, diventando il protagonista di tutta la stagione del premi
del 1997. Cosa ricorda di quella notte?
“Ricordo la notte degli Oscar, è
stata magnifica. È buffo che in queste situazioni io sono sempre
super nervoso, anche se quella volta fu un trionfo per tutti, per
Anthony e anche per Juliette (Binoche, che vinse l’Oscar per la
migliore non protagonista, ndr).”
La sua carriera ha
dimostrato che Ralph Fiennes è capace di affrontare qualsiasi tono
e personaggio. Come sceglie le parti da interpretare?
“Ogni ruolo è una sfida, se un
attore riesce a esprimere diversi livelli di emozione è importante
ma allo stesso tempo è anche grazie ai registi che si ha la
possibilità di approcciarsi a ruoli differenti. In A Bigger Splash
per esempio facevo un personaggio un po’ più leggero, ma è un ruolo
che è venuto da me e sta ai registi offrirti questi
ruoli.”
Dopo essere stato molto apprezzato
allo scorso festival di Cannes arriva alla Festa del Cinema di Roma
La Tortue Rouge di Michaël Dudok de Wit,
un particolare film d’animazione senza alcun dialogo e prodotto
anche da Studio Ghibli.
È la storia di un uomo che
scampa miracolosamente a un naufragio e approda su un isola
tropicale deserta, ma piena di piante e animali. L’uomo non si
perde d’animo e sopravvive grazie a tutto quello che quell’atollo
sperduto riesce a regalargli. Tenta però più volte di fuggire e di
tornare alla civiltà, costruendosi una zattera con il bambù. Ma
ogni volta che si allontana dall’isola qualcosa distrugge la sua
imbarcazione, costringendolo a tornare.
Quando l’uomo scopre che è una
gigantesca tartaruga marina rossa a ostacolarlo si avventa su di
lei e con rabbia la ribalta, abbandonandola sulla spiaggia a
morire. Dopo qualche ora però si pente del suo gesto violento e
avventato e tenta inutilmente di farla riprendere. Ma quando la
creatura sembra ormai completamente priva di vita, il carapace si
spacca e suo il corpo si trasforma in quello di una bellissima
ragazza dai lunghi capelli rossi.
La Tortue Rouge è un film estremamente
raffinato
Michaël Dudok de
Wit realizza un film estremamente raffinato, dalla grafica
essenziale e di grande rigore stilistico. Gioca con i colori tenui
che costituiscono una pacata tavolozza, assai efficace a
sintetizzare l’essenza di un isola tropicale e arriva addirittura a
desaturare quasi completamente le scene notturne, creando un
interessante contrasto espressivo tra giorno e notte. Rinuncia
completamente alle parole e si abbandona ai suoni, ai rumori, ai
versi dei tanti animali e al commento musicale.
Pur nella drammaticità della
storia, in La Tortue Rouge non mancano spunti
di pacata ironia, che rendono godibile la narrazione, senza mai
perdere di eleganza, come le tante piccole avventure che vivono i
granchi che popolano la spiaggia.
Si afferrano i tanti temi
importanti che sono alla base, come l’istintività umana, la lotta
tra uomo e natura e di come siano fragili gli equilibri tra le due
parti, e anche la famiglia, intesa come meccanismo fondamentale
della ciclicità della vita, ma rimangono aperte tante
interpretazioni. Forse qualche chiave di lettura in più non avrebbe
certamente guastato in questa toccante fiaba moderna che ha il
sapore di un sogno fatto addormentandosi in riva al mare.
Non c’è solo Wonder
Woman per Gal Gadot. L’attrice
lavora a diversi progetti, tra i quali Keeping Up With
the Joneses, commedia diretta da Greg
Mottola e prodotta da Walter Parkes e
Laurie MacDonald. La pellicola arriverà nei cinema
americani il 21 novembre. Ecco l’ultima clip del film.
Oltre a Gal Gadot,
il cast comprende anche Zach Galifianakis,
Jon Hamm e Isla Fisher.
Keeping Up With the
Joneses ha come protagonista una normale coppia
benestante della periferia americana, la cui vita viene stravolta
dall’arrivo dei nuovi vicini di casa sexy e carismatici. La coppia
diviene sospettosa, comincia a spiare i nuovi arrivati e ben presto
scopre che in realtà i due sono agenti in missione sotto
copertura.
Manca veramente poco all’uscita
di Doctor Strange, l’attesissimo nuovo film
Marvel Studios in uscita
il 26 ottobre. Walt Disney Pictures ha
intanto diffuso una nuova clip e uno spot tv esteso del film con
protagonista Benedict Cumberbatch.
https://www.youtube.com/watch?v=yj96BTSJ8yE
https://www.youtube.com/watch?v=MTeH8xoXdHs
Doctor
Strange: il trailer italiano del film
con Benedict Cumberbatch
L’uscita di Doctor
Strangeè prevista per il 26 Ottobre 2016.
Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon
Aibel e Glenn Berger,
rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel cast del
film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono stati
confermati Tilda
Swinton, Rachel
McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Dai Marvel Studios
arriva la storia del neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor
Stephen Strange, che viene derubato dell’uso delle sue preziose
mani a seguito di un terribile incidente d’auto. Quando la medicina
tradizionale lo tradisce, Strange decide di rivolgere le sue
speranze di guarigione altrove, verso un mistico ordine noto come
Kamar-Taj. Qui scoprirà che non si tratta solo di un centro di
guarigione, ma anche di un avanposto che combatte delle forze
oscure e sconosciute che vogliono distruggere la nostra realtà.
Strange dovrà quindi scegliere, armato di un nuovo potere e nuove
capacità, se tornare alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi
tutto alle spalle e ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
Gravitas Ventures ha pubblicato il
primo poster di All We Had, film
interessante soprattutto perchè vedrà l’esordio alla regia
di Katie Holmes. Ve lo mostriamo.
Nel cast
ovviamente Katie Holmes (Ray
Donovan, Batman Begins),
Stefania Owen (The Carrie
Diaries), Luke Wilson
(Roadies), Richard Kind
(Inside Out), Mark
Consuelos (Queen of the South),
Judy Greer (Ant-Man) ed
Eva Lindley (Mr.
Robot).
Per quindici anni, Ruthie Carmichael
(Stefania Owen) e la sua giovane madre, Rita
(Katie Holmes), non hanno mai avuto una
vita stabile. Fuggendo ultimo fidanzato di Rita, si trovano a
vivere nella loro auto, che viaggia verso est alla ricerca di
una vita migliore. Quando il denaro si esaurisce e la loro auto si
rompe, le due rimangono bloccate in una piccola città, dove
Rita finalmente trova un lavoro stabile come cameriera al
Tiny, un ristorante locale dove si comincia a creare un ambiente
familiare, soprattutto grazie al cuore tenero di Marty
(Richard Kind), il proprietario della tavola
calda, e Pam (Eva Lindley), una cameriera
transessuale con grandi sogni che diventa la più cara amica di
Ruthie.
Katie Holmes dirige
da una sceneggiatura di Josh Boone e Jill
Killington, tratta dal romanzo di Annie Weatherwax. Il
film sarà distribuito negli Stati Uniti a partire dal 9
dicembre.
Il giovane regista Ivan
Silvestrini ha presentato il film 2night
nella sezione Panorama di Alice nella Città alla
Festa del Cinema di Roma 2016.
2Night è un intimo
passo a due tra due anime che si incontrano in una notte romana e
che con lo scorrere delle ore iniziano a conoscere meglio l’altro
ma anche se stessi. La storia viene portata in scena da due
volti nuovi e freschi alla loro prima prova da protagonisti,
Matilde Gioli e Matteo
Martari, che si sono caricati sulle loro spalle tutto il
peso del film, “permettendo” solo ad un altra persona di
interferire.
Due personaggi senza nome, un Lui e
una Lei, si incontrano per caso in un locale di Testaccio, lei
velocemente gli fa capire che è disponibile e senza tante
spiegazioni inizia la loro notte in macchina. In una Roma
illuminata solo dai tipici lampioni gialli, in un orario
imprecisato con la città che dorme, i due protagonisti iniziano a
conoscersi tra botta e risposta in una macchina che diventa tutto
il loro mondo. Lei è esuberante, non la smette mai di parlare,
indipendente e senza peli sulla lingua, Lui invece è silenzioso,
insicuro, nasconde qualcosa ma è molto incuriosito da lei e per
questo le permette di condurre il gioco. Arrivati sotto casa di lei
al Pigneto, inizia la ricerca per un parcheggio e questo li porterà
a condividere più momenti, pensieri e fragilità di quello che
avevano pensato, trasformando quello che era iniziato come una
notte di divertimento in un modo per conoscere l’altro nel
profondo.
2night è il remake
di un film Israeliano, dove due sconosciuti cercano parcheggio
nella caotica Tel Aviv, imparando a conoscersi. L’interessante idea
ripresa da Silvestrini si adatta bene alla città di Roma,
mettendola in risalto attraverso riprese innovative e ben studiate,
ad esempio quelle negli stretti spazi della macchina,(chi conosce
Roma però, noterà che spesso e volentieri i protagonisti guidano
nel verso opposto rispetto alla loro meta, ma concediamoglielo… non
sono romani!).
L’automobile diventa sin da subito
un piccolo mondo dove i protagonisti imparano a muoversi, a
conoscersi e anche a maturare in poche ore, un espediente che
permette di focalizzarci su di loro per conoscerli e creare la
giusta connessione con lo spettatore. Matilde
Gioli interpreta un personaggio al limite
dell’insopportabile, ma lo interpreta bene, facendone trasparire
tutte le sfumature e fragilità dietro la maschera e Matteo
Martari, con la sua voce profonda da rubacuori e viso
interessante, si conferma uno degli attori della nuova generazione
da tenere d’occhio.
2Night però non
convince del tutto, facendo subentrare la noia nei momenti in cui
la faccenda si fa troppo seria o meglio i protagonisti si prendono
troppo sul serio, rovinando con pensieri troppo profondi una cosa,
in fin dei conti, semplice.
Netflix ha pubblicato online trailer e poster di
The Ivory Game, che sarà rilasciato
presso il Centro IFC di New York e su Netflix venerdì 4
novembre.
Dal produttore esecutivo
Leonardo DiCaprio, The Ivory
game è un thriller documentario, che esplora
l’oscuro traffico di avorio. Il premiato regista Richard Ladkani e
il regista candidato all’Oscar, Kief Davidson, hanno girato sotto
copertura per 16 mesi, in Cina e Africa. Con loro si è
impegnato un team di agenti dei servizi segreti, attivisti
sotto copertura, ranger e appassionati, per infiltrarsi
nella corrotta rete mondiale del traffico di avorio.
Una produzione firmata Terra
Mater Film Studios e Vulcan Productions, il documentario segue
i bracconieri alla ricerca dell’oro bianco di avorio. Il film
diventa un urgente campanello d’allarme, che ricorda come il tempo
ormai stringa per gli elefanti africani, che si stanno
pericolosamente avvicinando all’estinzione.
Altri produttori esecutivi sono
stati Joanne Reay, Dinah Czezik-Müller, Paul G. Allen,
Carole Tomko, Adam Del Deo, Lisa Nishimura e
Jennifer Davisson. Wolfgang Knöpfler,
Walter Kohler e Kief Davidson sono
produttori.
Manca ormai meno di un mese
all’uscita in Italia di Animali Fantastici e Dove Trovarli, la nuova
saga magica pronta a conquistare tutti i fan di JK
Rowling e Harry Potter. Intanto la pellicola si
prende la copertina di Empire, dominata da una delle creature che
vedremo nel film.
La creatura in copertina è Tuono
Alato (Thunderbird), da tenere in grande considerazione, visto che
dona oltretutto il nome a una delle case della Scuola di
Magia e Stregoneria di Ilvermorny. Tuono Alato prende il nome
da una creatura che crea tempeste con le ali. Questa casa venne
fondata da Chadwick Boot.
La sinossi: Animali Fantastici e Dove
Trovarliinizia nel 1926 con
Newt Scamander che ha appena terminato un viaggio in giro per il
mondo per cercare e documentare una straordinaria gamma di creature
magiche. Arrivato a New York per una breve pausa, pensa che tutto
stia andando per il verso giusto, se non fosse per un No-Maj
(termine americano per Babbano) di nome Jacob, una valigetta
lasciata nel posto sbagliato, e per la fuga di alcuni degli Animali
Fantastici di Newt, che potrebbero causare molti problemi sia nel
mondo magico che in quello babbano.
La pellicola vedrà il debutto della
scrittrice stessa, JK
Rowling, come sceneggiatrice, affiancata
da Steve Kloves, sceneggiatore dei film
di Harry
Potter. Alla produzione ci
sarà David Heyman, mentre David
Yates sarà il regista.
Agli Oscar 2013, Anne
Hathaway ha ritirato il suo annunciato Academy
Award (aveva vinto tutti i premi di categoria durante la
stagione dei premi dello stesso anno) per la migliore attrice non
protagonista, grazie alla sua struggente interpretazione di Fantine
in Les Misérables.
Adesso però l’attrice torna a
parlare di quella notte, dichiarando al Guardian che non era
affatto felice di quel riconoscimento.
“Sono dovuta stare in piedi di
fronte a quelle persone e sentire qualcosa che in realtà non
sentivo – ha dichiarato Anne Hathaway–
Sembra una cosa ovvia, vinci un Oscar e dovresti esserne felice.
Non mi sono sentita felice. Mi è sembrato sbagliato che io stessi
in piedi in un abito che costava di più di quello che molte persone
vedranno mai nella loro intera vita e vincere un premio per aver
interpretato un dolore che fa parte davvero della collettività
degli esseri umani.”
“Ho provato a fingere di essere
felice – ha continuato l’attrice – Questa è la verità e
questo è accaduto. Fa schifo. Ma quello che si impara da queste
esperienze è che se senti di poter morire dall’imbarazzo, in realtà
non è possibile.”
La dichiarazione sembra alquanto
inaspettata, dal momento che la Hathaway ha sempre
dichiarato, in precedenza, di aver sempre sognato di interpretare
Fantine nella storia di Victor Hugo. Che ve ne
pare?
Mancano ancora due anni di attesa
per potere ammirare sul grande schermo Avengers
Infinity War. Intanto continuano ad arrivare conferme sul
cast. L’ultima durante una recente intervista con Jimmy Kimmel,
nella quale Cobie Smulders ha confermato la sua
presenza nel terzo film dei Vendicatori.
Vi ricordiamo che Cobie
Smulders interpreta Maria Hill nei film Marvel Cinematic Universe.
L’attrice ha dunque confermato la sua presenza in Avengers: Infinity War. Ecco
il video dell’attrice da Jimmy Kimmel:
https://www.youtube.com/watch?v=vV0UGoEBY8I
In questi giorni
ritroveremo Cobie Smulders nel cast di
Jack Reacher 2, il cui titolo ufficiale
sarà Jack Reacher Never Go Back, accanto
a Tom Cruise.
Per quanto
riguarda Avengers Infinity War, la
pellicola arriverà al cinema il 4 Maggio 2018. Christopher
Markus e Stephen McFeely si
occuperanno della sceneggiatura del film, mentre la regia è
affidata a Anthony e Joe Russo.
Un treno parte la mattina presto da
una stazione di Seoul, diretto verso Busan. A bordo, passeggeri di
ogni tipo pronti ad affrontare un viaggio: ma nessuno di loro è
pronto a fronteggiare un’epidemia di zombie che sta contagiando le
città dell’intera Corea del Sud e che li raggiunge fin sopra il
loro treno, ultimo baluardo per la loro sicurezza che adesso
dovranno essere pronti a difendere ad ogni costo. Questa è la trama
dell’adrenalinico Train to Busan, film sudcoreano
presentato stamattina alla Festa di
Roma2016 e che ha già battuto ogni
record in patria, incassando 63,9 milioni di dollari e del quale è
già stato annunciato un imminente remake ad opera della 20th
Century Fox.
Uno zombie-movie atipico
che riscrive, aggiornandola, la “genealogia” dei morti che
ritornano, restituendone un immagine ben lontana dallo stereotipo
americano (creato da Romero nel ’68) che li vuole lenti,
inesorabili e affamati; in questo horror moderno i non –
morti sono vittime di un contagio (partito da un senzatetto di
Seoul), elemento che si ricollega ad una mitologia più
contemporanea (sospesa sempre tra Romero e Resident Evil) dove la morte è una
malattia, un male che mangia dall’interno e che spinge ad una
insaziabile avidità di carne umana.
È comunque possibile
interpretare Train to Busan attraverso una chiave
di lettura alternativa che superi la brillante patina di
suspense, action e orrore creata da Yeon Sang-Ho:
l’horror potrebbe semplicemente costituire una macabra
allegoria della nostra società, divisa dall’eterna lotta di classe
(tema presente anche in altri film asiatici di genere sci –
fi, come Snowpiercer), dal consumismo dilagante,
dall’alienazione e dall’egoismo pronti a diffondersi come una
pandemia e a dividere le persone, allontanandole. Il treno è la
vita stessa, scorre lungo i propri binari, è diviso in
scompartimenti e i viaggiatori non si conoscono tra loro, evitando
qualunque tipo di contatto durante il viaggio. Sottoporre questo
ampio campionario d’umanità ad una causa esterna estrema (l’arrivo
di un’apocalisse zombie) sovverte lo status quo di
partenza e lo costringe a prendere delle decisioni drastiche, che
spesso mettono in luce aspetti nascosti – positivi o negativi –
delle svariate personalità.
Train to
Busan si “nutre” della tensione, dell’adrenalina e
dell’ansia che riesce a creare mentre sinuosamente fa scivolare lo
spettatore in un orribile incubo che sarà costretto ad ammirare,
con stupore sempre più crescente, ad occhi aperti seduto sulla
propria poltroncina.
All’undicesima edizione della
Festa del cinema di Roma
trionfa Captain Fantastic (recensione),
secondo lungometraggio firmato da Matt Ross, già
interprete per registi del calibro di Martin Scorsese,
Terry Gilliam e John Woo.
Dunque, il pubblico premia la
genuinità e lo spirito autopico del film con protagonista uno
straordinario Viggo Mortensen.
Captain Fantastic è un film che attraversa i
generi, in grado di alternare sequenze spassose a momenti di pura
commozione, anche grazie alla straordinaria interpretazione di
Viggo Mortensen, uno degli attori più amati del cinema
americano per i suoi ruoli ne Il Signore degli Anelli, A
History of Violence e La promessa dell’assassino, che gli
è valso la candidatura all’Oscar come miglior attore protagonista.
Mortensen interpreta Ben, un padre che vive isolato
con sua moglie e i sei figli nelle foreste del Nord America: una
tragedia li costringerà ad affrontare il mondo esterno e un sistema
di valori completamente diverso.Captain
Fantastic sarà nelle sale italiane a dicembre
distribuito da Good Films. Viggo
Mortensen incontrerà sempre domani il pubblico per uno
degli incontri ravvicinati più attesi di questa
edizione.
Arriva dall’Hollywood
Reporter la notizia che Leonardo
DiCaprio sarà la star del biopic dedicato all’imprenditore
e produttore discografico statunitense Sam
Phillips.
Il film si baserà sul
libro “Sam Phillips: The Man Who Invented Rock ‘N’
Roll”, i cui diritti di sfruttamento sono stati acquistati
dalla Paramount Pictures.
Oltre a interpretare Phillips,
DiCaprio sarà anche il produttore del film grazie alla
sua Appian Way. Tra i produttori figura anche
Mick Jagger.
Sam Phillips è
stato il produttore di star di successo come Elvis
Presley, Ike Turner, Howlin’
Wolf, Jerry Lee Lewis e Johnny
Cash.
Sappiamo ormai da tempo che
Benedict
Cumberbatch tornerà a vestire i panni di Doctor Strange in
Avengers Infinity War. Adesso, arriva la conferma
che anche un altro membro del cinecomic di Scott
Derrickson in arrivo in Italia il prossimo 26 ottobre
seguirà lo Stregone Supremo nell’atteso film che vedrà riuniti sul
grande schermo i più grandi supereroi della Marvel.
Si tratta di Benedict Wong, che in
Doctor Strange interpreta il ruolo di Wong, il
Maestro delle arti mistiche. In una recente intervista con ComicBook.com, infatti, lo
stesso Wong ha dichiarato: “Sono davvero eccitato all’idea di
tornare nei panni di Wong in Avengers Infinity War. Non vedo l’ora,
ma per adesso è tutto quello che posso dirvi.”
È probabile che quello di Wong in
Infinity War sarà quasi sicuramente un cameo, ma
la conferma della sua presenza potrebbe far sperare anche in
quella di altri personaggi, come L’Antico o Mordo.
Voi cosa ne pensate?
Avengers Infinity
War arriverà al cinema il 4 Maggio 2018.
Christopher Markus e Stephen
McFeely si occuperanno della sceneggiatura del film,
mentre la regia è affidata a Anthony e Joe
Russo.
Doctor
Strange arriverà al cinema il 4 novembre 2016. Dirige
Scott Derrickson da una sceneggiatura
di Jon Aibel e Glenn
Berger, rimaneggiata da Jon Spaihts.
Nel cast del film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono stati confermati
Tilda Swinton,
Rachel McAdams e Chiwetel Ejiofor. Produttore del film, Kevin
Feige, con Louis D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan Lee e
Stephen Broussard come produttori esecutivi.
Dai Marvel Studios arriva la
storia del neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen
Strange, che viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a
seguito di un terribile incidente d’auto. Quando la medicina
tradizionale lo tradisce, Strange decide di rivolgere le sue
speranze di guarigione altrove, verso un mistico ordine noto come
Kamar-Taj. Qui scoprirà che non si tratta solo di un centro di
guarigione, ma anche di un avanposto che combatte delle forze
oscure e sconosciute che vogliono distruggere la nostra realtà.
Strange dovrà quindi scegliere, armato di un nuovo potere e nuove
capacità, se tornare alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi
tutto alle spalle e ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige,
con Louis D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
Una nuova foto di Wonder
Woman tratta da Justice League è stata diffusa online
dopo che la supereroina è stata ufficialmente
nominata Ambasciatrice Onoraria per l’Emancipazione
delle Donne e delle Ragazze da parte delle Nazioni
Unite.
Per celebrare l’avvenimento, il
regista Zack Snyder ha diffuso online una nuova
bellissima immagine ufficiale di Gal Gadot nei
panni della guerriera tratta proprio dal film che vedrà riuniti sul
grande schermo i più grandi supereroi della DC.
Tutte le news sul mondo dei film
della DC COMICS
nel nostro canale dedicata alla DC FILMS.
Sinossi: Alimentato dalla sua
fede verso l’umanità, restaurata e ispirata dall’atto altruistico
di Superman, Bruce Wayne chiede
l’aiuto all’alleata, Diana Prince, per affrontare un nemico ancora
più grande. Insieme, Batman e Wonder Woman lavoreranno velocemente
per trovare e reclutare una squadra di metaumani per
controbattere questa grande minaccia che li attende. Ma
nonostante la formazione di una squadra di eroi senza
precedenti composta da Batman, Wonder Woman, Aquaman, Cyborg e
The
Flash potrebbe già essere troppo tardi per salvare il
pianeta da un attacco di proporzioni catastrofiche.
Ecco il primo trailer di Justice
League dal Comic Con
Justice League sarà
diretto ancora una volta da Zack Snyder ed è
previsto per il 10 novembre 2017. Nel film vedremo protagonista
Henry Cavill come Superman, Ben Affleck come Batman, Gal
Gadot come Wonder Woman, Ezra Miller come Flash, Jason Momoa come Aquaman, e Ray
Fisher come Cyborg. Nel cast confermati anche:
Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem Dafoe, J.K.
Simmons e Jeremy Irons. I produttori
esecutivi del film sono Wesley Coller,
Goeff Johns e Ben
Affleck stesso.
Chris Pine si è
unito ufficialmente al cast di Nelle
pieghe del tempo (A Wrinkle in
Time), adattamento cinematografico del romanzo di
Madeleine L’Engle del 1962 che sarà diretto da
Ava DuVernay,
regista dell’acclamato Selma.
La notizia è stata diffusa
dall’Hollywood
Reporter, il quale annuncia che Chris Pine,
visto di recente al cinema in Star Trek Beyond,
interpreterà Mr. Murry, il padre della piccola protagonista
del film, che avrà il volto di Storm
Reid (12 anni schiavo, A Happening of
Monumental Proportions).
Oltre a Chris Pine e Storm Reid,
nel cast ci saranno anche Oprah Winfrey (che con
la DuVernay aveva già lavorato proprio nel sopracitato
Selma), il premio Oscar Reese Witherspoon
(Walk the Line, Wild) e Mindy Kaling
(The Mindy Project, The Office).
Nelle
pieghe del tempo è il primo di quattro romanzi, la
serie si intitola Time Quartet e gli altri romanzi della tetralogia
si intitolano: A Wind in the Door, A Swiftly Tilting Planet e Many
Waters. Nel 1989 la L’Engle ha pubblicato An Acceptable Time, che è
considerato un quinto libro della stessa serie, anche se ambientato
diverse generazioni dopo i primi quattro.
Chris
Pine smentisce un insistente rumor su Wonder Woman
Di seguito la trama del romanzo Nelle Pieghe del
Tempo:
Meg Murry, una ragazza di
quattordici anni, è considerata dai suoi coetanei e dai suoi
insegnanti una ragazza dal carattere irascibile e stupida, e a
scuola non si inserisce bene. La sua famiglia riconosce i suoi
problemi come una mancanza di maturità emozionale, ma la considera
anche capace di grandi cose. La sua famiglia è composta dalla sua
bellissima madre scienziata; da suo padre, anch’egli scienziato
scomparso misteriosamente; dal fratello di cinque anni, Charles
Wallace Murry — un super genio in erba – e da Sandy e Dennys Murry,
i due gemelli atleti di dieci anni.
Il libro incomincia con “Era una
notte buia e tempestosa”, un’allusione alle parole iniziali nel
romanzo Paul Clifford di Edward George Bulwer-Lytton scritto nel
1830. Dopo un’altra brutta giornata di scuola Meg, non riuscendo a
dormire si ritrova con il fratello Charles e la madre in cucina a
bere latte. Vedono nel cortile una strana vecchia signora che
sembra essersi persa, la fanno entrare per scaldarsi, perché nevica
e inizia la conoscenza con la signora Cose’, una donna eccentrica,
venuta ad abitare da poco in una casa loro vicina. Charles aveva
già precedentemente fatto la sua conoscenza. Dopo aver asciugato i
suoi piedi e dopo aver fatto uno spuntino di mezzanotte con
Charles, Meg e la loro madre la signora Cosè inizia a dire a una
già perplessa Dr. Murry che “esiste davvero una cosa tipo il
TESP-ACT”. Subito dopo ciò Meg e Charles incontrano un ragazzo di
nome Fort Calvin, anche lui dotato di un’intelligenza molto pronta
e sveglia. È un ragazzo di ceto sociale elevato, che sebbene sia
uno stereotipo del “grande ragazzo del campus” risulta essere
entusiasta di unirsi ai ragazzi per incontrare più lontano la
signora Cosè e le sue ugualmente eccentriche amiche signora Chi e
Quale.
Cosè, Chi e Quale risultano essere
creature trascendentali che trasportano Meg, Charles Wallace, e
Calvin per le galassie con il TESP-ACT, che viene definito simile a
“piegare” il tessuto dello spazio e del tempo. Le tre signore
rivelano ai ragazzi che la galassia sta per essere conquistata da
una nuvola oscura, che è la visibile manifestazione del male. Il
padre scomparso di Meg stava lavorando per un progetto segreto del
governo per ottenere un viaggio più veloce della luce attraverso il
TESP-ACT, e accidentalmente finisce su Camazotz, un pianeta alieno
che è all’interno della nuvola del male. I ragazzi scoprono anche
che la Terra è parzialmente coperta dall’oscurità, sebbene grandi
figure religiose, filosofi, artisti stiano combattendo contro di
essa. Insieme con il fatto che la signora Cosè era una stella che
ha smesso di essere una stella per salvare la Terra dal controllo
dell’oscurità. I ragazzi giungono a Camazotz e salvano il padre di
Meg che è stato imprigionato da un malvagio cervello senza corpo
con potenti poteri telepatici, che gli abitanti di Camazotz
chiamano “IT”. Charles Wallace è mentalmente chiamato da IT, ed è
lasciato indietro quando gli altri scappano facendo un TESP-ACT
attraverso la Cosa Nera e arrivano ad un pianeta abitato da bestie
che non hanno la vista, ma sono dotate di intelligenza. Dopo un
breve periodo di recupero, Meg è mandata indietro da sola su
Camazotz essendole stato detto che è l’unica ad avere il potere per
salvare Charles Wallace. Confrontandosi con IT, Meg si rende conto
che può liberare suo fratello amandolo intensamente, perché l’amore
è un’emozione che IT, nella sua malvagità non può capire. Charles
Wallace viene liberato e tutti ritornano sulla Terra.
L’aggettivo “maledetto” viene
solitamente impiegato per definire alcuni specifici prodotti
culturali (nel nostro caso specifico di tipo filmico) che, per un
motivo o per l’altro, fin dalle proprie origini possiedono la
capacità di imprimersi indelebilmente nell’immaginario popolare più
per la presunta aura di mistero e leggenda che vi aleggia attorno
che per il loro effettivo contenuto. A tal proposito, ben poche di
fatto appaiono le pellicole degne di poter essere definite
“maledette”, come Freaks! alcune grazie a
mitologici e inspiegabili accadimenti legati alla propria genesi
produttiva – come nei casi al limite del perturbante de
L’Esorcista (1973), Omen
(1976) o Amytiville
Horror (1979) –, altri invece in seguito a
celeberrimi e travagliati interventi censori che ne hanno visto in
gran parte alterata (spesso irrimediabilmente) la propria forma,
esattamente come Rapacità (1924) e
Sul globo d’argento (1989) tristemente
testimoniano.
Ma sopra ogni altro esempio
possibile, proprio in quella perturbante twilight zone che
unisce leggenda, verità e una gran dose d’immaginazione alimentata
dal tempo e dalla mitomania cinefila ecco collocarsi
Freaks, pellicola del 1932 divenuta nel
corso degli anni un autentico fenomeno di culto, tanto negli
ambienti underground quanto nelle cerchie di raffinati
cultori della settima arte. Un film giustamente definito e
definibile “maledetto” sia nelle peripezie che ne hanno visto la
nascita che nelle vicissitudini a dir poco grottesche che ne hanno
accompagnato la perpetrazione in questi ultimi ottant’anni.
La potenza culturale di Freaks
Per riuscire realmente a
comprendere quale potenza culturale (e quale relativa eredità)
possa mai sprigionarsi da un tale insieme di fotogrammi è bene
procedere con ordine, in quanto, così come accade per ogni prodotto
realmente definibile “artistico”, è dalla genesi dell’autore che si
comprende e conseguentemente giunge a quella dell’opera. In questo
caso la figura mitica chiamata in causa è quella di Tod
Browning, giovane promessa della giovane Hollywood
d’inizio ‘900 destinata a una rapida e strabiliante ascesa nel
cinema appena istituzionalizzatosi così come a un altrettanto
repentino e inglorioso epilogo.
Cresciuto con una profonda
ammirazione verso il mondo circense (esattamente come il futuro
collega italiano Federico Fellini) e avendo avuto modo di
avvicinarvisi per un certo periodo della propria scapestrata
giovinezza, il giovane Tod (pseudonimo di Charles Albert
Jr) si fa le ossa nel mondo del cinema direttamente alle
dipendenze del leggendario regista David W.
Griffith, per il quale svolge il triplice ruolo di
assistente, attore e sceneggiatore nel capolavoro Intolerance del 1916, prima di
muovere da solo i primi passi dietro la macchina da presa durante
il periodo del muto grazie alla grande amicizia col produttore
Irving Thalberg, all’epoca ai vertici della
Universal Pictures. Ed è proprio per la casa di produzione fondata
da Carl Laemmle che Browning realizza alcune
pellicole caratterizzate da tematiche morbose e inquietanti che
rivelano il suo peculiare gusto per un mondo malsano e perturbante
nel quale i veri protagonisti sono quei “diversi” che popolavano di
consueto i baracconi da fiera e le carovane circensi ancora a
inizio XX° secolo.
Con Il trio
infernale (1925) il regista narra ad esempio di un
gruppo di furfanti grotteschi e disumani dediti al travestitismo,
il cui leader è un nano vestito da neonato intento a fumare grossi
sigari – diretto antenato del Baby Herman di Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988), mentre
con Lo sconosciuto (1927) si cimenta
nella vicenda bohémien di un trapezista che decide di farsi
amputare le braccia in modo da poter restare in compagnia di una
giovane collega fobica degli abbracci maschili. Passando attraverso
narrazioni tipicamente proto-orrorifiche quali Il
fantasma del castello (1927) e trame poliziesche come
quelle di La grande città (1928) Browning
decide infine di dare una drastica svolta di qualità alla propria
carriera approfittando della recente rivoluzione (e subito moda)
del cinema sonoro dirigendo Dracula
(1931), prima e ormai famosissima trasposizione filmica
del romanzo di Bram Stoker caratterizzata da una messa in scena
formalmente impeccabile ma eccessivamente statica e teatrale a
causa dell’ingombro e delle difficoltà tecniche delle prime
cineprese sonore, nella quale il volto del vampiro più famoso di
tutti i tempi è quello della leggenda ungherese Bela
Lugosi.
Dopo aver diretto
un’ultima pellicola drammatica incentrata sul mondo pugilistico dal
titolo Iron Man (1931), l’ormai affermato
cineasta di Louisville decide lasciare la Universal per seguire il
suo amico e mentore Thalberg verso la MGM, ed è proprio in seno al
più famoso studio hollywoodiano che egli medita di realizzare una
pellicola interamente dedicata al mondo del circo e ai suoi
abitanti più illustri, ovvero i cosiddetti “freaks” (dura
e spregiativa terminologia anglosassone che sta a indicare tutti
coloro che sono in qualche modo “strani” e “diversi”, spesso al
limite del “mostruoso”), il tutto attraverso un ruvido e impietoso
racconto di vendetta e fratellanza nel quale a vincere, questa
volta, sono proprio coloro che il mondo è solito emarginare.
La vicenda, nella sua sconcertante
crudezza e semplicità, è pesto esposta: in un circo ambulante
caratterizzato dai più consueti e variegati “fenomeni da baraccone”
(donne barbuta, gemelli siamesi, uomini senza arti, donne cannone
ecc.) il nano Hans è fidanzato con la collega di spettacolo Frieda,
me ben presto inizia a nutrire una forte attrazione per Cleopatra,
splendida e altezzosa trapezista che è solita illudere il piccolo
uomo per ottenere regali e favori economici. Grazie alla complicità
del forzuto Ercole di cui è dichiaratamente invaghita, Cleopatra
decide di sposare Hans, iniziando però un processo di sordido
avvelenamento nei suoi riguardi con lo scopo di ereditarne la
piccola fortuna. Venuti a conoscenza del terribile piano ordito
dalla coppia, gli amici di Hans (i Freaksdel titolo,
così come li etichetta la trapezista in uno sfogo alcolico durante
la grottesca festa di nozze) decidono di vendicarlo, accoltellando
a morte Ercole e sfigurando orribilmente la bella Cleopatra, la
quale sarà in seguito esposta al pubblico in qualità di
“donna-gallina” durante i futuri spettacoli girovaghi della
compagnia.
Se già di per sé un racconto del
genere può risultare alquanto bizzarro e a dir poco estremo per gli
standard del cinema americano dell’epoca già avviato verso
l’imminente codice di autocensura (l’integerrimo “codice Hays”),
ancora più azzardate – e in verità coraggiose – appaiono
le scelte registiche impiegate da Browning nella realizzazione di
un film che avrebbe sollevato un tale polverone mediatico da
mettere in atto una delle più radicali e feroci campagna di
boicottaggio e indignazione pubblica dell’industria del film.
Come prima cosa il cineasta decise
di ingaggiare autentici fenomeni circensi già all’epoca molto noti
e in gran parte provenienti dalle sue passate frequentazioni di
gioventù, alcuni di essi in seguito divenuti famosi negli ambienti
mondani, come ad esempio Prince Randian
(l’Uomo-Torso privo di tutti e quattro gli arti), Josephine
Joseph (l’ermafrodita più celebre d’Europa), le sorelle
siamesi Daisy e Violet Hilton, Frances
O’Connor (la ragazza senza braccia) e Johnny
Eck (l’uomo senza gambe). Mai prima di allora il grande
schermo aveva osato sfoggiare così apertamente il tema della
diversità e delle malformazioni corporee, tanto che apparve a dir
poco deplorevole al pubblico di allora il fatto che entità così
“diverse” e “mostruose” potessero essere capaci di provare
sentimenti così “umani” quali la fratellanza la compassione,
sentimenti che – almeno nella finzione filmica – li conducaono a
coalizzarsi per giustiziare, secondo un proprio codice d’onore (il
“codice dei Freaks” come lo chiama l’imbonitore nell’incipit della
pellicola), coloro che ordiscono a loro danno e che, cosa ancora
più grave, tradiscono la loro fiducia.
Descritto dagli stessi attori come
un despota e un insaziabile perfezionista avvezzo al facile
insulto, Browning ebbe modo di contare sulle superbe
interpretazioni di Olga Baclanova nelle vesti
della perfida Cleopatra e del nano di origini tedesche
Harry Eales (già attore di punta nel sopracitato
I tre furfanti e fratello di Daisy
Earles, colei che nel film interpreta la fidanzata
Frieda), ma ciò non poté salvare la pellicola dal turbolento e
mitico destino che l’avrebbe attesa al varco e che ne avrebbe in
gran parte alimentato la leggenda per gli anni avvenire. Malgrado
fosse stato ideato fin dall’origine come una pellicola
horror con cui rilanciare la non certo facile situazione
della MGM, Freaks venne in seguito prontamente
disconosciuto dai suoi stessi produttori in seguito alle polemiche
seguite alla prima tenutasi il 16 febbraio del 1932, venendo in
seguito vietato sia dalla Germania di Hitler fino al 1945 e anche
dall’Italia fascista fino ai tardi anni ’70, quando la RAI ne
chiese una traduzione e una conseguente uscita cinematografica
limitata (in tv bisognerà invece aspettare gli anni ’80 grazie alla
fascia notturna di Enrico Ghezzi). Addirittura nel Regno Unito la
pellicola venne interdetta al pubblico ben oltre il 1964.
Il più grande smacco a cui
però Browning dovette andare in contro fu la
censura e la conseguente mutilazione di oltre un quarto d’ora di
girato – in seguito distrutto e purtroppo a oggi del tutto
irrecuperabile – che, stando a quanto riportano le testimonianze
dell’epoca, corrisponderebbe a due sequenze a dir poco estreme: la
prima riguardante i dettagli della mutilazione inferta dai
freaks al corpo di Cleopatra e la seconda al destino ben
diverso e poco lusinghiero riservato a Ercole, evirato e costretto
a cantare in pubblico in falsetto. In seguito alle aspre polemiche
sollevate da questa sua controversa produzione il cineasta un tempo
celebre e acclamato si vide letteralmente sbattuta in faccia la
porta dei grandi studios e a nulla valsero le ultime collaborazioni
di genere con la MGM – tra cui i suggestivi ma ormai manieristici
I Vampiri di Praga (1935) e
La bambola del diavolo (1936) – poiché
agli albori della Seconda Guerra Mondiale la fulgida e promettente
carriera di Browning era ormai giusta irrimediabilmente al
capolinea.
Ben otto decadi abbondanti sono
passate da quando Freaks squarciò letteralmente i bianchi
schermi dell’America post Grande Depressione e altrettanto numerose
(e fantasiose) sono state le leggende maturate attorno a questo
controverso “tumore su celluloide” – tra cui una sequela di
svenimenti e addirittura un improbabile ma suggestivo aborto
spontaneo che avrebbe accompagnato la prima storica proiezione – e
sembra esse ormai giunto il momento di conferire la giusta
notorietà e il degno valore a un film che in realtà un po’ tutti
conosciamo (almeno nel mito popolare) e che molti hanno già visto
(spesso senza ammetterlo) in una miriade di versioni più o meno
apocrife passate di soppiatto nelle programmazioni di terza serata.
Ed è proprio a tal proposito che, grazie al progetto “Il
Cinema ritrovato al Cinema” realizzato dai laboratori
di restauro dell’Immagine Ritrovata della
Cineteca di Bologna, a partire da lunedì
24 ottobreFreaks ritorna nei cinema delle
maggiori città italiane in qualità rinnovata per far apprezzare
finalmente al grande pubblico dei nostri tempi un’opera “maledetta”
che già grandi maestri del cinema postmoderno hanno avuto modo di
omaggiare con sentito affetto, partendo dagli universi
dandy-trash di John Waters e giungendo
alle filosofie cinefile di The Dreamers (2007) di
Bertolucci, senza dimenticare il più celebre e
dichiarato omaggio televisivo ad opera di American Horror Story – Freak Show,
prodotto seriale anch’esso di culto capace di riproporre tutto
l’orrore e la visionarietà del suo antenato a lungo relegato ai
margini del cinema “ufficiale.
E noi, spettatori 2.0, facendo eco
all’allegro coro di grotteschi e deformi personaggi che popolano i
risicati e superstiti 60 minuti del girato, possiamo solo gridare a
gran voce «l’accettiamo… è uno di noi!».
Dopo aver conquistato all’ultimo
Festival di Cannes il premio speciale Un Certain
Regard, arriva alla Festa di Roma 2016 nella selezione
ufficiale La tortue rouge, il film d’animazione
privo di dialoghi diretto da Michaël Dudok de Wit e prodotto tra gli altri
dallo studio d’animazione giapponese Studio Ghibli.
Dopo un naufragio su un’isola
tropicale popolata da tartarughe ed uccelli esotici, un uomo si
trova a combattere per la sopravvivenza. Tenta più volte di fuggire
dall’isola con una zattera da lui costruita, ma tutte le volte è
ostacolato da una creatura sottomarina, una grande tartaruga
rossa.
Quando finalmente l’uomo ha il
sopravvento sulla tartaruga, che è abbandonata sulla spiaggia a
morire, compare sull’isola una ragazza misteriosa. Come due nuovi
Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, l’uomo e la ragazza iniziano
una vita tranquilla, anche se costellata da alcune avversità,
allietata dalla nascita di un figlio
Saranno Kristin Scott
Thomas, Ralph Fiennes e Juliette Binoche i protagonisti di
oggi alla Festa del cinema di Roma 2016
che celebra uno dei più amati film della storia: domani,
sabato 22 ottobre alle ore 19, a vent’anni dall’uscita in sala
(avvenuta nel 1996), la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della
Musica ospiterà la proiezione de Il paziente
inglese di Anthony Minghella. Il film sarà presentato
dagli straordinari protagonisti che hanno reso indimenticabile
questa pellicola.
Alla Festa di Roma 2016 Kristin
Scott Thomas, Ralph Fiennes e Juliette Binoche
Il paziente
inglese (The English Patient) è
un film del 1996 diretto
da Anthony Minghella, tratto dall’omonimo
romanzo dello scrittore canadese Michael
Ondaatje. Il paziente inglese è
uno dei film più premiati della storia, mantenendo il record
con Gigi di Vincente
Minnellie L’ultimo
imperatore di Bernardo
Bertolucci per aver vinto ben
9 Oscar nel 1997, oltre a 2 Golden Globe e
6 BAFTA mentre l’attrice Juliette Binoche fu
premiata con l’Oscar (attrice non protagonista) e l’Orso d’Argento
a Berlino come miglior attrice.
Sarà presentato oggi alla
Festa del cinema di Roma 2016 Lion, l’atteso film
di Garth Davis che vede
protagonisti Dev Patel, Rooney Mara e Nicole
Kidman.
Presentato
al Festival
di Toronto, Lion è basato sul romanzo
autobiografico di Saroo BrierleyA Long Way
Home e racconta proprio la storia di Saroo che,
a cinque anni, addormentatosi su un treno si ritroverà
catapultato a mille miglia di distanza dal suo villaggio a
Calcutta. Dopo essere sopravvissuto a Kolkata, Saroo verrà
adottato da una coppia australiana (Nicole
Kidman e David Wenham).
Una volta cresciuto (interpretato
da Dev Patel), il giovane sentirà forte il
richiamo del passato e con l’aiuto di Google Earth andrà alla
ricerca della sua famiglia biologica. Rooney
Mara impreziosisce il cast del film che debutterà al
Festival di Toronto il 10 settembre, prima di approdare nelle sale
americane il 25 novembre, data che ha visto lanciare i
contendenti agli Oscar della TWC: negli anni
passati, Il discorso del
re e The Imitation
Game.