… who’s the fairest of them all?”
è una delle frasi più famose al mondo, la perentoria domanda che la
perfida Regina rivolge al suo Specchio. Quest’anno la sentiremo al
cinema per due volte: la prima verrà formulata da Julia Roberts in
Mirror Mirror di Tarsem. Hollywood si immerge nelle fiabe,
recupera i classici e li reinventa. Nostalgia dell’infanzia o
mancanza di idee?
“Mirror Mirror on the wall…
“Mi venderei per un buon dialogo”: Russell Crowe incontra il pubblico di Alice nella Città
“Gli organizzatori di questo evento hanno un’idea ben precisa di come dovrebbe svolgersi la cosa. Dovremmo starcene qui a guardare spezzoni dei miei film per poi commentarli. Niente di tutto ciò accadrà”. È un Russell Crowe euforico quello che si presenta all’annunciata masterclass a lui dedicata e organizzata da Alice nella Città, sezione parallela e autonoma della Festa del Cinema di Roma. L’attore, accolto da una calorosa ovazione, racconta di essere venuto nella capitale italiana non solo per presentare il suo nuovo film da regista, Poker Face, ma anche per incontrare e parlare con gli studenti di cinema, ed è letteralmente questo che intende fare nel corso dell’evento.
Microfono alla mano, Crowe scende dunque dal palco e dà vita ad un incontro che infrange ogni possibile scaletta e prevedibilità, passeggiando amabilmente tra i tanti spettatori presenti nell’Auditorium della Conciliazione, raccontando episodi significativi della propria vita con la sua solita voce calda, profonda e ben modulata e poi passando personalmente il microfono ai presenti quando qualcuno di questi (ma solo se effettivamente studenti di cinema, chiede lui) vuole porgli una domanda. “Voglio parlare di cinema, parlare di narrazione, dello stare davanti o dietro la macchina da presa. – chiarisce Crowe – Non voglio ricevere domande del tipo cosa ho mangiato a colazione”.
Russell Crowe, dai primi ruoli ai film da protagonista
“Ho cominciato a recitare che avevo solo sei anni. – inizia dunque a raccontare l’attore – Era il 1970. Mia mamma si occupava del catering sui set cinematografici. Un giorno vado a trovarla sul lavoro e stavano girando una scena per cui non c’erano bambini a sufficienza. Così mia madre mi fece recitare e da lì è iniziato un percorso di vita che porto avanti ancora oggi. Non ho mai frequentato una scuola di recitazione, tutto quello che so l’ho imparato sul lavoro, recitando per la televisione e il teatro ma mantenendomi lavorando come DJ, barman e cameriere”.
“Ero ossessionato dalla performance. – continua l’attore – Passavo dal palco del teatro alla console da deejay di un pub all’altro. Dunque, questo sono io. Questa è la realtà. Non sono venuto fuori da nessuna fottuta Hollywood o roba del genere. Quando avevo 25 anni, infine, è arrivato il mio primo ingaggio per un lungometraggio. Diventare un attore protagonista però non mi ha fermato dal seguire anche la passione per il teatro e la musica. Le persone tendono a dire che bisogna concentrarsi su una cosa sola… non ascoltate queste stronzate. Accettate ciò chi siete davvero. Chi sa di avere una passione, non deve lasciarla andare.”
Da Il gladiatore a Noah, i ruoli più iconici di Russell Crowe
Crowe inizia poi a rispondere alle domande del pubblico, le prime delle quali sono dedicate ai segreti del mestiere dell’attore. “Il lavoro dell’attore non è semplice. – racconta Crowe – Personalmente vivo delusioni su base quotidiana. Ogni volta che recito una scena, poi torno a casa, ci ripenso e se mi viene in mente un modo migliore in cui avrei potuto interpretare quella scena, ecco che sono deluso da me stesso. Accade ogni volta e posso solo conviverci. Ma l’importante è compiacere il regista, la sua visione, e se ti chiede una cosa tu devi dargli precisamente quella cosa.”
“Io sono stato fortunato nel saper dare a Ridley Scott ciò che egli voleva sul set di Il gladiatore. Allo stesso tempo non si può essere totalmente senza controllo. L’attore è il burattinaio di sé stesso, deve sapere come controllarsi per raggiungere un determinato obiettivo. Ad esempio, proprio sul set di Il gladiatore Scott mi chiese di tirar fuori una serie di emozioni particolarmente forti nel momento in cui Massimo Decimo Meridio vede il corpo di sua moglie morta. Per riuscirci ho dovuto far affidamento a tutto il mio autocontrollo, un’esperienza estremamente difficile e dolorosa. A ripresa ultimata ero stremato e Scott estremamente soddisfatto, solo che poi mi ha chiesto di ripetere il tutto ancora una volta”.

“Per quanto riguarda il ruolo più complesso che abbia mai dovuto affrontare, – continua poi l’attore – questo è sicuramente quello di John Nash in A Beautiful Mind. Dovevamo mostrare i numerosi tic che il personaggio sviluppa al peggiorare della sua malattia e così sono arrivato al punto in cui mentre recitavo dovevo ricordarmi di mostrare tutti e 16 i suoi tic. Da un punto di vista fisico, invece, certamente Noah è stato un film molto complesso. Abbiamo girato per 70 giorni e la metà di questi eravamo sotto la pioggia artificiale, con un freddo estremo e in più dovevi recitare le tue battute”.
“Prima parlavamo di delusioni, – conclude poi Crowe – Les Miserables è ad esempio un film di cui sono deluso. Chiariamoci, l’esperienza è stata straordinaria, recitare in quel cast magnifico e potersi mettere alla prova con il canto. Il film in sé mi piace molto, ciò che non mi piace è il modo in cui è stato trattato il mio personaggio. Al montaggio hanno tagliato molte cose ed è venuto fuori qualcosa che non riconoscevo più come mio. All’anteprima di New York ho lasciato la sala per questo motivo, ero troppo deluso”.
Russell Crowe: un attore devoto ai dialoghi
In conclusione dell’incontro, a Crowe viene chiesto cos’è che lo motiva nello scegliere un ruolo piuttosto che un altro e l’attore non ha dubbi: i dialoghi. “Io amo i dialoghi. Mi innamoro delle battute che devo recitare. Non importa se questo comporta doversi alzare alle quattro del mattino a patto che io poi possa avere la possibilità di dire le battute di cui mi sono innamorato. Ciò non vuol dire che il mio personaggio debba essere necessariamente il protagonista. Posso avere anche solo due battute in tutto il film, ma quelle battute devono essere oro. Naturalmente mi interessa anche che la storia sia buona, ma fondamentalmente sono uno che per un buon dialogo si venderebbe”.
“Mi sono sentita in gabbia”, Emma Watson rivela i retroscena sulla sua pausa dalla recitazione
L’ultima volta che l’attrice Emma Watson è stata vista sul grande schermo è stato per il film Piccole donne, diretto da Greta Gerwig nel 2019. Da quel momento, l’ex Hermione Granger di Harry Potter non ha più preso parte a nessun progetto, né cinematografico né televisivo. Dopo anni di assenza, la Watson ha ora rivelato il perché di questo allontanamento, affermando di essersi sentita come imbavagliata durante tutta la sua carriera di attrice, accennando anche alla mancanza di motivazione per promuovere progetti su cui “non aveva molto controllo“.
“Non ero molto felice, se devo essere onesta“, ha raccontato l’attrice. “Penso di essermi sentita un po’ in gabbia. La cosa che ho trovato davvero difficile è stata che dovevo uscire e promuovere qualcosa su cui non avevo molto controllo. Stare di fronte a un film e avere ogni giornalista che ti chiede: “In che modo questo è in linea con il tuo punto di vista?” È stato molto difficile essere il volto e il portavoce di cose in cui non sono stata coinvolta nel processo“. Gradualmente, dunque, l’attrice è diventata disillusa nei confronti di tale settore.
“Sono stata ritenuta responsabile in un modo che ho iniziato a trovare davvero frustrante, perché non avevo voce, non avevo voce in capitolo. E ho iniziato a rendermi conto che volevo essere accostata solo a cose dove se qualcuno mi avrebbe criticato, avrei potuto dire: ‘Sì, ho fatto un casino, è stata una mia decisione, avrei dovuto fare di meglio.‘”, ha concluso poi l’attrice. Ad ora sembra dunque che la pausa dalla recitazione dell’attrice sia destinata a continuare finché non troverà un nuovo progetto dove potersi sentire coinvolta dall’inizio alla fine.
Potrebbe per lei essere l’occasione, trovando la giusta storia, per passare dietro la macchina da presa, come in più occasioni dall’attrice stessa contemplato. Nel 2022, infatti, l’attrice ha compiuto un piccolo debutto alla regia dirigendo lo spot Prada Paradoxe per Prada. Nell’attesa dunque di scoprire se e quando Emma Watson tornerà al cinema e in quale ruolo, ricordiamo che oltre ad aver recitato nella saga di Harry Potter, si è distinta anche per i film Noi siamo infinito, Bling Ring, Noah, Regression, Colonia, The Circle e, in particolare, La bella e la bestia, dove ha interpretato una versione moderna della protagonista Belle, sulla cui costruzione ha notoriamente avuto maggior voce in capitolo.
Fonte: CBR
“Lift Me Up”: ecco la canzone di Rihanna, tributo a Chadwick Boseman
Dopo la prima mondiale di Wakanda Forever a Hollywood, che ha ottenuto un’accoglienza complessivamente positiva dai primi spettatori, Rihanna ha condiviso il suo singolo principale intitolato “Lift Me Up” dalla prossima colonna sonora originale del film Black Panther: Wakanda Forever.
Il brano è stato co-scritto da Tems, dal vincitore dell’Oscar Ludwig Göransson, da Rihanna e dal regista candidato all’Oscar Ryan Coogler come tributo alla vita straordinaria e all’eredità del compianto Chadwick Boseman, che ha interpretato Re T’Challa in quattro film Marvel. I film degli Studios prima di morire tragicamente nel 2020 dopo una battaglia durata quattro anni contro il cancro al colon.
In una dichiarazione sull’ideazione della canzone, Tems ha detto: ” Dopo aver parlato con Ryan e aver ascoltato la sua direzione per il film e la canzone, volevo scrivere qualcosa che ritraesse un caloroso abbraccio da tutte le persone che ho perso nel mio vita. Ho cercato di immaginare come mi sentirei se potessi cantare per loro ora ed esprimere quanto mi mancano. Rihanna è stata un’ispirazione per me, quindi sentirla trasmettere questa canzone è un grande onore. ” La nuova uscita dovrebbe anche inaugurare una nuova era nella carriera di Rihanna, segnando il tanto atteso ritorno alla musica del vincitore di 9 Grammy Award dopo una pausa di sei anni.
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Black Panther: Wakanda Forever, il film
Il sequel del MCU onorerà il defunto Chadwick Boseman mentre continuerà l’eredità del suo personaggio, T’Challa. Black Panther: Wakanda Forever arriverà nelle sale l’11 novembre 2022. Il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha confermato che T’Challa, il personaggio interpretato al compianto Chadwick Boseman nel primo film, non verrà interpretato da un altro attore, né tantomeno ricreato in CGI.
Nel film Marvel Studios Black Panther: Wakanda Forever, la Regina Ramonda (Angela Bassett), Shuri (Letitia Wright), M’Baku (Winston Duke), Okoye (Danai Gurira) e le Dora Milaje (tra cui Florence Kasumba) lottano per proteggere la loro nazione dalle invadenti potenze mondiali dopo la morte di Re T’Challa. Mentre gli abitanti del Wakanda cercano di comprendere il prossimo capitolo della loro storia, gli eroi devono riunirsi con l’aiuto di War Dog Nakia (Lupita Nyong’o) e di Everett Ross (Martin Freeman) e forgiare un nuovo percorso per il regno del Wakanda. Il film presenta Tenoch Huerta nel ruolo di Namor, re di Talokan, ed è interpretato anche da Dominique Thorne, Michaela Coel, Mabel Cadena e Alex Livinalli.
“La sceneggiatura era spazzatura”: Russell Crowe ricorda la sua esitazione a recitare in Il gladiatore
L’attore Russell Crowe ha fornito un sincero ricordo delle sue esitazioni iniziali riguardo all’accettare il ruolo di Massimo Decimo Meridio in Il gladiatore di Ridley Scott. Il film, vincitore in totale di cinque premi Oscar, tra cui quello per il miglior attore per la performance di Crowe, è ampiamente considerato ancora oggi come uno dei migliori film dell’attore ed è stato determinante nel riaccendere l’interesse di Hollywood per le epopee storiche. Nonostante questo successo, la produzione originale del film è notoriamente stata afflitta da problemi, molti dei quali derivanti da una sceneggiatura incompiuta che ha richiesto più riscritture anche mentre le riprese erano in corso.
Crowe è tornato a parlare proprio di quei problemi di sceneggiatura, affermando che: “la sceneggiatura era spazzatura, assoluta spazzatura. Aveva tutte queste strane sequenze. Una di queste riguardava i carri e come famosi gladiatori avevano accordi di sponsorizzazione per l’olio d’oliva e cose del genere, ed è tutto vero, ma non sarebbe mai andato bene per gli spettatori moderni, avrebbero detto: “Che cazzo è tutto questo?“. “Ho pensato più volte che forse la mia migliore opzione fosse semplicemente salire su un aereo e andarmene da lì”, ha aggiunto poi Crowe. “Sono state le mie continue conversazioni con Ridley a darmi fiducia“, ha concluso l’attore.
Come noto e già riportato poc’anzi, il film si è poi rivelato un grande successo, riuscendo a rimediare o nascondere alle mancanze della sceneggiatura. Dopo oltre vent’anni, si attende ora il sequel ufficiale, con il ritorno di Scott come regista, il quale seguirà Lucius Verus, interpretato da Paul Mescal, figlio ormai adulto dell’imperatrice romana Lucilla. Anche il due volte vincitore del premio Oscar Denzel Washington è stato confermato in un ruolo non rivelato, mentre sembra che Barry Keoghan interpreterà il controverso imperatore romano Geta. Ricordiamo che Crowe non sarà presente in esso, ma l’attore è attualmente al cinema con il film L’esorcista del Papa.
Fonte: ScreenRant
“La Marvel ha preso una direzione diversa”: lo sceneggiatore di Moon Knight conferma che il cattivo originale della serie era Bushman
Moon Knight ha debuttato su Disney+ nel 2022 e, sebbene la maggior parte dei fan sembrasse apprezzare la serie, a tratti è stata caotica quanto la psiche di Marc Spector. Le scene ambientate nel manicomio non avevano molto senso (forse era proprio questo il punto), e Arthur Harrow di Ethan Hawke era ben lungi dall’essere il miglior cattivo che abbiamo visto nell’MCU.
Il lavoro di Hawke è stato stellare, però, così come quello di Oscar Isaac. Moon Knight si è concluso con l’emergere di una terza personalità, Jake Lockley, ma il personaggio non è più stato visto da allora e al momento non si prevede che venga preso in considerazione in Avengers: Doomsday.
Se la variante di Kang Rama-Tut fosse ancora in gioco, probabilmente lo avrebbe fatto. Tuttavia, i piani cambiano, cosa che Jeremy Slater, sceneggiatore capo di Moon Knight, ha chiarito in una recente intervista con ComicBook.com. A quanto pare, il Moon Knight che ha scritto era molto diverso da quello che abbiamo visto tre anni fa.
“Alla fine, [Marvel] ha preso una direzione diversa e il regista ha messo insieme il suo team di sceneggiatori”, ha spiegato. “Sai quando ti ritrovi a giocare in un mondo così grande che… prendi in prestito i giocattoli di qualcun altro per un breve periodo di tempo e, alla fine, non ti appartengono. Lo sai già, quindi non è stata una sorpresa.”
“L’obiettivo era che se Marc Spector fosse stato l’Avatar di Khonshu, avremmo preso Bushman e lo avremmo trasformato nell’avatar di una divinità egizia diversa, lasciando che se la vedessero”, ha detto lo sceneggiatore a proposito dei piani abbandonati per uno dei nemici più popolari di Moon Knight.
Ha aggiunto: “Il problema che continuavamo a incontrare era che Black Panther era appena uscito e Michael B. Jordan era così dannatamente bravo nei panni di Killmonger in quel film, che proiettava un’ombra così grande… che tutto ciò che scrivevamo finiva per sembrare un po’ derivativo”.
Il personaggio di Bushman era stato accennato in Moon Knight, quindi la porta è aperta alla possibilità che i Marvel Studios rivisitino il personaggio in futuro. Tuttavia, se e quando ciò accadrà, Slater non ha alcuna intenzione di essere coinvolto.
“Se ci sarà un altro Moon Knight, la palla sarà nel campo di Kevin Feige e Oscar Isaac”, ha osservato lo sceneggiatore. “Una volta che Kevin avrà capito il modo migliore per usare quel personaggio, qual è la storia giusta e chi sono i narratori giusti per darle vita, sarei scioccato se non lo rivedessimo a un certo punto”. Ha poi aggiunto che, per ora, è più concentrato sulla regia e non ha intenzione di tornare nell’MCU.
Sebbene molti saranno delusi dall’assenza di Bushman, sembra che Slater non sia riuscito a trovare un nuovo approccio al villain. Questo è probabilmente uno dei motivi per cui è stato reclutato un nuovo team di sceneggiatori, una mossa arrivata in un momento in cui i Marvel Studios stavano ancora cercando di adottare un approccio cinematografico per lo sviluppo della serie.
Tutti glòi episodi di Moon Knight sono disponibili in streaming su Disney+.
“L’arte non è criticabile moralmente”, Luca Barbareschi presenta il suo film The Penitent a Venezia
Presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, The Penitent – A Rational Man è il nuovo film da regista di Luca Barbareschi, presente al Lido anche in qualità di produttore di The Palace, il film di Roman Polanski presentato anch’esso nella sezione Fuori Concorso. Intervistato per presentare la sua nuova fatica da regista, Barbareschi spiega innanzitutto il perché abbia scelto di adattare per il grande schermo un testo del drammaturgo David Mamet, da lui già portato in teatro.
In esso si racconta di uno psichiatra di nome Carlos David Hirsh, che vede deragliare la sua carriera e la sua vita privata dopo essersi rifiutato di testimoniare a favore di un ex paziente violento e instabile che ha causato la morte di diverse persone. L’appartenenza alla comunità LGBT del giovane paziente, il credo ebreo del dottore, la fame di notizie della stampa e il giudizio severo della legge, aggravati da un errore di stampa dell’editor di un giornale, sembrano essere gli elementi che fanno scatenare una reazione a catena esplosiva, che costringerà Hirsh a dover lottare per la verità.
“Ho scelto questo testo perché racchiude, grazie all’opportunità di un fatto di cronaca, tutta l’imbecillità e la violenza che c’è nei confronti di un pensiero diverso, che non dico che sia giusto ma penso che tutti abbiano idee diverse e non per questo siano necessariamente meglio o peggio, anzi è interessante avere un’idea diversa – spiega Barbareschi. “Questo film doveva farlo un altro attore, ma alla fine Mamet mi ha detto “secondo me sei più bravo tu, perché non lo fai?” e a quel punto mi sono trovato a confrontarmi con un personaggio in cui mi sono ritrovato moltissimo”.
“Proprio come capita al protagonista, tante volte è capitato anche a me di essere stato linciato dalla stampa e ho visto quanta sofferenza questo tipo di situazioni provoca. Alla fine non c’era più differenza tra quello che dicevo e quello che facevo e questo film è uno dei rari privilegi in cui il meccanismo della finzione, della rappresentazione, dà un’opportunità di offrire una restituzione affettiva allo spettatore, mediata da una realtà dei fatti molto forte”.
Mostra del Cinema di Venezia, tra omologazione e controversie
Barbareschi passa poi a parlare più in generale della Mostra di quest’anno, dove sono presenti autori controversi come il già citato Polanski e Woody Allen con Coup de Chance. Proprio durante il red carpet di quest’ultimo si è svolto un piccolo evento di protesta per la presenza del regista newyorkese. “Vedere insultato in quel modo Woody Allen mi ha fatto male al cuore. Se in quel gruppo ci fosse stato Gabriel Garcia Marquez, Joyce e Dante Alighieri, allora sarebbe stata un’interessante sfida ermeneutica tra giganti della letteratura che danno del mascalzone ad uno dei più grandi registi della terra”.
“Invece erano un branco di imbecilli a cui la stampa ufficiale dà voce. Il giornalismo è importante se mantiene il sacerdozio della sua funzione, cioè della responsabilità”, continua a spiegare Luca Barbareschi. “Non ci può essere un giudizio morale sull’artista, peggio ancora un avviso di garanzia al passato. L’arte non è criticabile moralmente. Alberto Barbera penso abbia preso seriamente questa cosa e ha avuto il coraggio di presentare in questa Mostra, ovvero un’esibizione di arte, registi provocatori”.
“Io vorrei fosse ancor più provocatoria in realtà, vorrei essere stupito, anche disturbato! Sono cresciuto vedendo film dove non si capiva nulla ma uscivi dalla sala e sapevi di esserti confrontato con qualcosa che dice effettivamente delle cose. Troppo spesso invece il cinema si omologa, così come si è omologata la critica”.
Il ruolo della critica cinematografica
Luca Barbareschi passa allora a parlare della critica cinematografica, affermando che: “un tempo la critica proponeva dei saggi così precisi e chiari da riuscire davvero ad influenzare il pubblico. Nel tempo lo spazio per questo tipo di scrittura si è però ridotto, si è corrotto, si è mercificato e si è autoreferenzializato”.
“Nel momento in cui tu ti metti davanti al film, tu crei uno stallo per cui non è più importante il quadro, è importante il fatto che io guardi il quadro. – continua a spiegare il regista – Diventa più importante chi guarda dell’artista. Questo nella critica cinematografica è grave. Tu puoi parlar male di un film, ma non puoi dire “è peggio di Vanzina”, perché allora sei un imbecille, perché primo devi rispettare Polanski e poi analizzare il film se sei capace di farlo. Liquidare un’opera con poco svilisce la critica, la delegittima e alla fine è un danno per tutti”.
“Io credo che nessuno sappia le differenze tra le lenti che ho usato per The Penitent – A Rational Man. Se non lo sai vedi sfocata l’immagine sullo schermo e pensi sia un errore, mentre l’obiettivo era quello di tenere apposta una sfocatura per dare un senso di destabilizzazione. Questa è sapienza narrativa, io ho studiato per usare queste robe qua. Mi andrebbe bene che mi dicessero “Luca perché usi questo tipo di lenti che è come fare un errore sintattico?”, allora ti rispetto. Se no non ha valore il tuo giudizio, a quel punto tanto vale che ci leviamo la giacca e veniamo alle mani”, conclude Luca Barbareschi.
“Io non sono Terrence Malick” ilarità al Festival di Berlino
Che Terrence Malick fosse un’entità scostante e quasi eterea, era cosa nota; si potrebbe quindi quasi giustificare l’incauto giornalista che, non avendolo mai visto, non ne riconosce le fattezze e scambia il produttore del suo ultimo film, Knight of Cups, che presenzia alla conferenza stampa del film al Festival di Berlino 2015, proprio per il regista.
Peccato però che non sia stato l’unico a non riconoscerlo. Ecco cosa è accaduto durante la conferenza stampa del film, con sommo divertimento di un Christian Bale in gran forma!
Per tutti i curiosi che non conoscono il viso di Malick e che, incontrandolo, potrebbero non riconoscerlo, ecco di seguito una foto del regista, uno dei rarissimi scatti che circolano in rete.
Così sarete preparati in caso di un fortuito e fortunato incontro!
“Il silenzio è una lingua universale”, Jia Zhang-Ke e Zhao Tao per al pubblico #RomaFF14
Figura portante della sesta generazione del cinema cinese, il regista Jia Zhang-Ke è stato protagonista, insieme alla moglie e attrice Zhao Tao, di un incontro ravvicinato con il pubblico all’interno della Festa del Cinema di Roma. Per questa occasione, la coppia è stata intervistata riguardo gli esordi nell’industria cinematografica, arrivando poi a parlare nel dettaglio dei film che li hanno resi celebri.
“Dall’inizio degli anni novanta mi sono avvicinato al mondo del cinema. – esordisce Jia Zhang-Ke – A quel tempo c’era un grande fervore all’interno dell’industria cinematografica cinese. In quel periodo, attraverso le opere della quinta generazione di registi, mi resi conto di come il cinema poteva essere un strumento di incredibile valore. Decisi così di dedicarmi a quest’arte, ma c’era solo un modo per farlo, ovvero entrare all’accademia del cinema di Pechino.”
“Sono nato alla fine della rivoluzione culturale che si diffuse in Cina tra gli anni sessanta e settanta. – continua il regista – Questo ha permesso l’arrivo nel Paese di alcuni film stranieri che mi segnarono profondamente. Il primo fu senz’altro Ladri di Biciclette, di Vittorio De Sica. Non mi era mai capitato di vedere protagonisti di un film dei ladruncoli, come quelli che potevo incontrare abitualmente per le strade della mia città. Erano personaggi di vita quotidiana, e pur appartenenti ad una cultura diversa li sentivo a me particolarmente vicini.”
Il regista passa poi a raccontare delle prime difficoltà incontrate nel realizzare i suoi primi film. Più di una volta infatti si è trovato ostacolato dalla censura ancora vigente negli anni novanta. “All’epoca in Cina c’erano soltanto sedici studi cinematografici, ed erano tutti a gestione pubblica. Pertanto era difficile che questi permettessero di raccontare storie di ladri, di gente ai margini, insomma storie di vita quotidiana. Mi resi conto che fare i film che volevo era più difficile del previsto. Perciò intrapresi la strada dei film indipendenti, trovando i mezzi e i metodi per esprimere le mie idee.”
Jia Zhang-Ke passa poi a raccontare dell’incontro con Zhao Tao, divenuta attrice dei suoi film, musa ispiratrice e sua moglie. “Il mio secondo film si intitolava Platform. Per poter girare questo film mi occorreva un’attrice protagonista che corrispondesse ai miei criteri. Occorreva infatti che sapesse parlare il dialetto della provincia di cui sono originario, perché desideravo girare lì il film. Dopo alcune ricerche, incontrai proprio Zhao Tao.”
“Capii che era perfetta per i miei film quando durante il set decisi di non seguire più il copione, che non trovavo più soddisfacente, e di proseguire sulla base di un improvvisazione il più spontanea possibile. La spontaneità per me è tutto. Tao seppe adattarsi senza problemi a tutto ciò, anzi in più di un’occasione mi aiutò a gestire e indirizzare il film sulla strada giusta.”
È poi proprio l’attrice a raccontare dal proprio punto di vista l’incontro che le cambiò la vita: “Ero terrorizzata quando Jia mi scelse per il suo film. Non avevo mai recitato prima, non sapevo cosa mi aspettasse. Però decisi di provare, ed evidentemente il mio non essere professionista si sposò a meraviglia con la sua ricerca di spontaneità. La collaborazione si rivelò così un successo.”
Il regista spiega poi la sua attrazione per gli attori non professionisti, particolarmente ricorrenti all’interno dei suoi film. “Ci sono diversi motivi per cui preferisco lavorare con attori non professionisti. Il primo è che voglio che recitino in dialetto. La Cina è un paese grandissimo, con numerosissimi dialetti. Si tendeva però a recitare esclusivamente in cinese mandarino così da poter essere compresi in ogni angolo del Paese.”
“Questo però non faceva per me, io volevo che si usassero i dialetti e le loro sottili sfumature. Ciò poteva essere ottenuto solo con attori non professionisti. Un altro motivo è che questi sanno essere spontanei, sono dotati di una naturalezza tipica della vita quotidiana. Con loro posso poi sapere se la sceneggiatura è sufficientemente realistica o se ha bisogno di essere modificata. Anche i movimenti di macchina sono dipendenti dai loro movimenti naturali, non il contrario. Tutto deve mirare ad una sincera fedeltà della vita a cui si assiste ogni giorno per strada.”
A prendere la parola è poi nuovamente Zhao Tao, che racconta dell’esperienza avuta sul set italiano del film Io sono lì, girato nel 2011 dal regista Andrea Segre. Per la sua interpretazione nel film l’attrice ha vinto un David di Donatello come miglior attrice protagonista. “Fino a quel momento le mie esperienze cinematografiche si limitavano ai film di Jia, e lui raramente lavora con una sceneggiatura. Per cui ero spaventata dal dovermi confrontare con un metodo diverso di regia.”
“Con Andrea facemmo prove per un mese intero. Era un lavoro completamente diverso da quello a cui ero abituata, ma mi permise di entrare in stretto contatto con gli altri attori, finendo con il sentirmi sempre meno una straniera. Alla fine quel mese di prove, unito alla recitazione spontanea a cui ero abituata, si combinarono particolarmente bene e riuscì a dar vita ad un mio metodo, fatto di preparazione ma allo stesso tempo di naturalezza.”
Per concludere l’incontro, l’autore cinese parla di uno dei temi più ricorrenti nel suo cinema: quello del silenzio. “Il silenzio per me è la lingua che contiene il maggior numero di informazioni. Questo è legato anche ad una caratteristica tipica del popolo cinese e di come esprimono o meno i propri sentimenti. L’abitudine, nel parlare di questi, è quella di rimanere in silenzio, e fare in modo che siano gli altri a cercare di comprenderne il contenuto. Quello che tento di fare è portare sullo schermo questo particolare modo di esprimersi. Il non detto è fondamentale, permette agli altri, agli spettatori, di cercare una spiegazione tramite le proprie emozioni. Solo così può crearsi un’interazione attiva con il film.”
“Il loro Natale” alla Casa del Cinema
Anteprima romana di “Il loro Natale” di Gaetano Di Vaio alla Casa del Cinema – Mercoledì 23 febbraio 2011 alle ore 17.30 verrà presentata l’anteprima romana del film documentario “Il loro natale” diretto da Gaetano Di Vaio alla Casa del Cinema a Villa Borghese, Largo Marcello Mastroianni, 1 in sala Deluxe. L’anteprima del film inaugura la rassegna di documentari italiani “In Questo Paese” curata da Maurizio Di Rienzo.
“Ho pensato ‘Eh?'”: Chris Evans rivela la sua prima reazione al ritorno di Robert Downey Jr nell’MCU nei panni di Doctor Doom
Il veterano del Marvel Cinematic Universe Chris Evans reagisce finalmente al ritorno di Robert Downey Jr. nella serie con Avengers: Doomsday nei panni del Dottor Destino della Marvel. La saga del Multiverso sta volgendo al termine, con Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars pronti a mettere la timeline del MCU di fronte alla sua più grande minaccia sotto forma di Victor von Doom. Diverse star dell’MCU hanno condiviso le loro reazioni al ritorno di Downey Jr. nel franchise, un cast che ora include anche Steve Rogers. ScreenRant ha recentemente parlato con Chris Evans del suo nuovo film, Materialists, che vede protagonisti Dakota Johnson e il nuovo arrivato nell’MCU Pedro Pascal, che farà il suo debutto in The Fantastic Four: Gli Inizi nei panni di Mister Fantastic prima di riprendere il ruolo in Avengers: Doomsday.
Durante l’intervista, Evans è stato chiesto se fosse strano vedere Downey Jr. interpretare uno dei cattivi più iconici della Marvel, e l’ex protagonista di Captain America ha condiviso quanto segue, spiegando anche a Johnson come sia possibile questo casting:
Chris Evans: Voglio dire, non vedo l’ora di vedere cosa farà. Sono sicuro che sarà incredibile.
Dakota Johnson: Adesso è un cattivo?
Chris Evans: Sì, adesso è il Dr. Doom.
Dakota Johnson: Si può fare? Si può semplicemente scegliere?
Chris Evans: Quando l’ho sentito per la prima volta, ho pensato: “Eh?”. Ma è quasi come il formaggio e la crosta. È come dire: “Non c’è più niente da fare con questa pizza”, e poi pensi: “Oh, cavolo. Sai? Cos’altro? E se facessimo così? (fa un movimento di capovolgimento). Wow”.
Chris Evans: Ottima domanda. Potrei anche dire Downey. Ho fatto film per 10 anni prima di salire sul treno della Marvel.
ScreenRant: Perché è stato lui a chiamarti, giusto?
Chris Evans: Sì. È stato lui a convincermi. Non volevo accettare il ruolo. Ho detto di no un paio di volte ed è stato lui a farmi capire.
Dakota Johnson: Non volevi essere Capitan America?
Chris Evans: Ho detto di no diverse volte. Lo so. Semplicemente non volevo farlo. Avevo paura, ero intimidito. Non sapevo. Era un impegno importante e stavo pensando di lasciare la recitazione in generale. Non lo so.
Cosa significano i commenti di Chris Evans su Robert Downey Jr.
Molti si aspettavano che un nuovo attore fosse scelto per interpretare Victor von Doom nell’MCU quando fosse arrivato il momento di introdurre quel personaggio nel franchise, soprattutto considerando il potenziale di una storia così lunga sullo schermo. Ecco perché la Marvel Studios è diventata una delle notizie più importanti, se non la più importante, del San Diego Comic-Con 2024 quando Downey Jr. ha svelato la sua identità nella Hall H. La reazione di Evans è, per molti versi, rappresentativa di come molti fan hanno reagito nel vedere l’ex attore di Iron Man tornare nel MCU per Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars, ma con quello che è forse il colpo di scena più grande di tutti i tempi per la Marvel Studios.
È anche importante ricordare che Evans non è nuovo al personaggio di Doctor Doom, avendo già interpretato la Torcia Umana nei film della Fox Fantastic Four, dove il cattivo Marvel era interpretato da Julian McMahon. Considerando che il Doctor Doom di Downey Jr. sarà molto diverso quando apparirà per la prima volta in Avengers: Doomsday, sarà sicuramente un’esperienza surreale, per non dire altro. Allo stato attuale, sembra che dare al Dottor Destino dell’MCU lo stesso volto di Tony Stark, un eroe che ha dato la vita in Avengers: Endgame, porterà una certa tensione emotiva in Avengers: Doomsday.
“Ha a che fare col mistero”: Christopher Nolan spiega perché rende i suoi film complessi
Molti dei film dello sceneggiatore e regista Christopher Nolan sono caratterizzati da narrazioni complesse e non lineari, caratteristica che ha reso il suo cinema dotato di una forte personalità. Il regista, il cui nuovo film Oppenheimer (qui la recensione) arriverà in Italia il 23 agosto, ha ora spiegato perché si avvicina alla narrazione per cinema in questo particolare modo. Sebbene ampiamente noto per il suo lavoro sulla trilogia de Il cavaliere oscuro, molti dei film di Nolan, come The Prestige, Inception e fino al recente Tenet, richiedono più visioni per poter essere veramente compresi.
In una recente intervista con il canale YouTube HugoDécrypte per promuovere il suo nuovo film, Nolan, usando la battuta presente in Tenet, “Non cercare di capirlo, sentilo”, come premessa alla sua spiegazione, ha dichiarato che: “Non vedo i film in termini di equilibrio tra semplicità e complessità, penso che sia più una questione che ha a che fare col mistero. Le nostre aspettative nei confronti dei film, grossomodo per tutta la mia vita, ma soprattutto dagli anni ’50, sono state influenzate dalla televisione e dalle sue aspettative. E a volte non è il massimo“.
“Per questo spesso uso strutture non cronologiche, non lineari. – ha poi continuato a spiegare Nolan – Questa cosa era un espediente che veniva sfruttato molto nell’era del cinema muto, nei primi film sonori, fino all’arrivo della televisione. Poi la televisione ha imposto un approccio più lineare e semplice, a causa del modo in cui abbiamo iniziato a guardarla dagli anni ’50 in poi. In seguito, quando sono arrivati l’home video e i DVD e ora lo streaming, siamo nuovamente tornati a essere più avventurosi perché puoi guardare qualcosa, fermarlo, riavvolgerlo e rivederlo. E possiamo creare narrazioni più dense e complesse“.
“Ma a conti fatti, – conclude Nolan – la cosa fondamentale riguardante l’esperienza di una sala cinematografica piena di persone, è che dovrebbe essere un’esperienza incentrata sul mistero. Non desideri capire l’intera storia fin dall’inizio. Altrimenti, non c’è nulla da svelare e scoprire. Quindi, in realtà, il compito del regista è cercare di essere un po’ avanti rispetto al pubblico, non troppo avanti, non troppo indietro. Quando sei indietro rispetto al pubblico, il pubblico capisce le cose prima che tu le spieghi, e il pubblico rimane frustrato in un altra maniera.”
Tutto quello che sappiamo sul film Oppenheimer
Scritto e diretto
da Christopher Nolan,
Oppenheimer è un
thriller storico girato in IMAX che porta il pubblico
nell’avvincente storia paradossale di un uomo enigmatico che deve
rischiare di distruggere il mondo per poterlo salvare. Il film è
interpretato da Cillian
Murphy nel ruolo di J. Robert Oppenheimer e
da Emily
Blunt nel ruolo della moglie, la biologa e
botanica Katherine “Kitty” Oppenheimer. Il premio
Oscar Matt
Damon interpreta il generale Leslie Groves Jr.,
direttore del Progetto Manhattan, e Robert Downey Jr.
interpreta Lewis Strauss, commissario fondatore della Commissione
statunitense per l’energia atomica.
La candidata all’Oscar Florence
Pugh interpreta la psichiatra Jean Tatlock,
Benny Safdie interpreta il fisico teorico Edward
Teller, Michael Angarano interpreta Robert Serber
e Josh Hartnett
interpreta il pionieristico scienziato nucleare americano Ernest
Lawrence. Il film è anche interpretato dal vincitore
dell’Oscar Rami
Malek e questo film vede Nolan riunirsi con
l’attore, scrittore e regista otto volte candidato
all’Oscar Kenneth
Branagh. Il cast comprende anche Dane DeHaan
(Valerian e la città dei mille pianeti), Dylan
Arnold (serie Halloween), David Krumholtz
(La ballata di Buster Scruggs), Alden Ehrenreich
(Solo: A Star
Wars Story) e Matthew Modine (Il Cavaliere
Oscuro – Il ritorno).
Il film è tratto dal libro vincitore del premio Pulitzer American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer di Kai Bird e del compianto Martin J. Sherwin. Il film è prodotto da Emma Thomas, Charles Roven di Atlas Entertainment e Christopher Nolan. Oppenheimer è girato sia in IMAX 65mm che in pellicola di grande formato 65mm che include, per la prima volta in assoluto, sezioni in fotografia analogica IMAX in bianco e nero. I film di Nolan, tra cui Tenet, Dunkirk, Interstellar, Inception e la trilogia del Cavaliere Oscuro, hanno incassato più di 5 miliardi di dollari al botteghino mondiale e sono stati premiati con 11 Oscar e 36 nomination, tra cui due nomination come miglior film.
“Forte è colui che va in soccorso dei deboli”, Edoardo De Angelis e Pierfrancesco Favino presentano Comandante a Venezia 80
Comandante, diretto da Edoardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino, è il nuovo film d’apertura, in prima mondiale in Concorso, dell’80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Il film è ambientato all’inizio della Seconda guerra mondiale, ed ha per protagonista Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte affronta un mercantile armato che viaggia a luci spente e lo affonda a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini.
Salvatore Todaro, il comandante che salvava l’uomo
“Mi commuove l’idea della forza intesa come la intendeva Salvatore Todaro, ovvero come la capacità di correre in soccorso di chi è più debole. Questo è l’uomo forte e ho voluto raccontare nella sua storia.”, spiega il regista Edoardo de Angelis. “Era il 2018 quando ci siamo imbattuti in essa, l’abbiamo ascoltata dall’Ammiraglio Pettorino, che in occasione della celebrazione dei 123 anni della Guardia Costiera aveva l’esigenza di dare un’indicazione ai suoi uomini su come comportarsi in mare e scelse la strada della parabola, raccontando la storia di Salvatore Todaro, che affondava il ferro nemico ma salvava l’uomo e a chi gli chiedeva perché lui rispondeva ‘lo facciamo perché siamo italiani’. Ecco, quando ho conosciuto Salvatore Todaro ho pensato che se è questo che significa essere italiano, allora voglio essere italiano!”
“Nell’estate in cui è scoppiato questo disonore, io lo considero un disonore, ovvero di disattendere le più elementari e millenarie regole del mare, cioè di soccorre chi è in necessità, c’era un clima piuttosto pesante e sprezzante. – racconta il co-sceneggiatore Sandro Veronesi – La storia di Salvatore Todaro era una risposta perfetta, come ce ne sono tante, perché la storia del nostro popolo, ma direi della civiltà a cui apparteniamo, è una storia di soccorsi. Poter lavorare a questa storia, con il miracolo di avere a disposizione, grazie alla famiglia, degli effetti personali di Todaro, ci ha permesso di essere molto fedeli ad essa e capire meglio l’uomo che ne è protagonista e che ha posto il rispetto delle regole del mare davanti al servire la patria”.
“Mentre stavamo ultimando il montaggio del film, a inizio 2023, è avvenuto un fatto che mi ha molto colpito. – racconta poi De Angelis, approfondendo ulteriormente i valori del film – Un natante russo in balia delle onde dell’Oceano è stato posto in salvo da un piroscafo con bandiera panamense con capitano ed equipaggio ucraini. Il marinaio russo ha poi dichiarato ‘Siamo tutti alla stessa distanza da Dio, la distanza di un braccio, quello che ti salva’. Ecco, volevo che fosse quello l’inizio del film. Per ricordarci che così come Todaro si sente lo stesso uomo che duemila anni prima guidava una triremi romana, anche noi possiamo sentirci lo stesso salvatore Todaro che salvava gli uomini inermi”.

Un film dal potenziale internazionale
“Considero il cinema italiano come internazionale e credo che questo film, ad esempio, possa mostrare che siamo pronti per film che possono andare oltreoceano e spero se ne potranno fare sempre di più. – afferma Pierfrancesco Favino, chiamato a dire la sua sullo stato del cinema italiano in rapporto alle produzioni estere. – Questa produzione, quella di Comandante, è stata particolarmente coraggiosa per la nostra industria. Inoltre, vorrei che sempre più attori e attrici italiane trovino la possibilità fossero presenti in produzioni estere, specialmente se si tratta di interpretare personaggi italiani. È un problema quando attori americani, ad esempio, interpretano personaggi italiani al posto nostro. Ci sono tanti bravi attori e attrici nel nostro paese e sono tutti in attesa del giusto ruolo”.
Passa poi la parola agli altri due attori presenti alla conferenza stampa, Silvia D’Amico e Johan Heldenbergh. “Essere salita a bordo su questo film è stata un’esperienza incredibile, al di là dei suoi valori politici. – afferma la D’Amico – Sono stata accompagnata dalla sensibilità di Edoardo e dalla sua capacità di gestire i ruoli femminili. Il mio personaggio non è solo la moglie di Todaro che lo aspetta a casa, ma un punto fermo ricorrente nel suo viaggio. Fondamentali è stato poi potermi confrontare con la figlia del comandante Todaro, che ha reso questa un’esperienza ancor più formativa”. La parola passa poi a Heldenbergh, interprete del capitano belga nel film. “Sono sempre stato innamorato del mio paese ma questo non vuole dire che ne sia anche orgoglioso. Ed è questo senso di amore ma non orgoglio che ho ritrovato nel film, decidendo dunque di farne parte!”
“Se sono preoccupato dalle reazioni del ministro Matteo Salvini quando guarderà il film? È chiaro che le reazioni di chi guarda un film trascendono il controllo di chi il film lo ha fatto. Mi auguro che chiunque lo guarderà converrà sul fatto che esistono delle leggi eterne, immutabili, come la legge del mare e che sono leggi che non vanno infrante. Mai”. Così si conclude la conferenza stampa di Comandante, diretto da Edoardo De Angelis e da lui scritto insieme a Sandro Veronesi. Il film è una produzione Indigo Film e O’Groove con Rai Cinema, Tramp LTD, V-Groove, Wise Pictures, in associazione con Beside Productions, in collaborazione con la Marina Militare Italiana e Cinecittà. Il film sarà distribuito da 01 Distribution nelle sale italiane dal 1 novembre.
“Diaz” atterra negli Stati Uniti
“Deadpool 3 riporterà in vita il corpo morto (del MCU)” secondo Matthew Vaughn
Secondo Matthew Vaughn, regista di X-Men: L’Inizio, i problemi del MCU saranno risolti all’uscita di Deadpool 3. Nelle parole di Vaughn, il film riporterà in vita il corpo morto del MCU.
Marvel è reduce da qualche passo falso, a giudicare principalmente dall’accoglienza di pubblico e critica delle sue ultime produzioni (The Marvels e Ant-Man and the Wasp: Quantumania). Tuttavia il suo unico film che uscirà nel 2024, Deadpool 3, potrebbe rimettere in carreggiata il suo percorso.
Deadpool 3 è il film che chiuderà la trilogia del Mercenario Chiacchierone che vede protagonista Ryan Reynolds nel ruolo del protagonista e questa volte il pubblico è ancora più ansioso di vederlo in scena per via del fatto che con lui torna anche Hugh Jackman nel ruolo di Wolverine. Ora, nel corso della promozione del suo ultimo film, Argylle, Matthew Vaughn si è sbilanciato dicendo che questo film potrebbe essere la salvezza del MCU:
“Questo sarà lo shock… l’universo Marvel sta per subire uno shock e riporterà in vita quel corpo… penso che Ryan Reynolds e Hugh Jackman stiano per salvare l’intero universo Marvel.”
Chi c’è in Deadpool 3?
Deadpool 3 riunisce il protagonista Ryan Reynolds con Shawn Levy, regista di Free Guy e The Adam Project, che ha firmato la regia dell’atteso progetto. Hugh Jackman uscirà finalmente dal suo pensionamento da supereroi per riprendere il ruolo di Wolverine. Sebbene i dettagli ufficiali della storia di Deadpool 3, con protagonista Ryan Reynolds, non siano infatti ancora stati rivelati, si presume che la trama riguarderà il Multiverso. Il modo più semplice per i Marvel Studios di unire la serie di film di Deadpool – l’unica parte del franchise degli X-Men sopravvissuta all’acquisizione della Fox da parte della Disney – è stabilire che i film di Reynolds si siano svolti in un universo diverso.
Ciò preserva i film degli X-Men della Fox nel loro universo, consentendo al contempo a Deadpool e Wolverine, di nuovo interpretato da Hugh Jackman, viaggiare nell’universo principale dell’MCU. Nel film saranno poi presenti anche personaggi presenti nei primi due film di Deadpool, come Colossus e Testata Mutante Negasonica. Da tempo, però, si vocifera che anche altri X-Men possano fare la loro comparsa nel film, come anche alcuni altri supereroi della Marvel comparsi sul grande schermo nei primi anni Duemila, in particolare il Daredevil di Ben Affleck.
Una voce recente afferma che anche Liev Schreiber sia presente riprendendo il suo ruolo Sabretooth. Di certo, Morena Baccarin (Vanessa), Karan Soni (Dopinder), Leslie Uggams (Blind Al), Rob Delaney (Peter) e Shioli Kutsuna (Yukio) torneranno tutti nei panni dei rispettivi personaggi, e a loro si uniranno i nuovi arrivati in franchising Emma Corrin (The Crown) e Matthew Macfadyen (Succession), i cui ruoli sono ancora segreti. Un recente report afferma inoltre che la TVA di Loki, incluso l’agente Mobius (Owen Wilson) e Miss Minutes, saranno coinvolti nel film. Deadpool 3 uscirà nei cinema il 26 luglio 2024.
“David Bowie il mio mentore”, il saluto di Trent Reznor
Trent Reznor, compositore di colonne sonore da Oscar (The Social Network) e leader dei Nine Inch Nails, ha affidato a Rolling Stones il suo ricordo dell’artista, collega e mentore David Bowie, scomparso lo scorso 10 gennaio.
Ecco cosa ha ricordato Trent:
La sua musica mi ha aiutato a relazionarmi con me stesso e a capire chi ero. Era un enorme fonte d’ispirazione, in termini di cosa un artista dovrebbe essere, non ci sono regole.
Poi a metà degli anni ’90 si rivolse a me e disse “Faremo un tour insieme”. È difficile descrivere quanto fu convalidante e surreale l’intera esperienza legata a quel tour – incontrare quell’uomo in carne ed ossa e scoprire, con grande gioia, che aveva superato ogni mia aspettativa. Il fatto che avesse questo elegante e felice carattere impavido è stato molto d’ispirazione per me.
Durante quel tour, onestamente, ero molto incasinato. Ci fu il primo grande successo dei Nine Inch Nails, in termini di fama. E questo in qualche modo distorse la mia personalità [..] La sottile linea tra il ragazzo sul palco e quello che ero realmente iniziava ad offuscarsi. Affrontai la vita intorpidendo me stesso con alcol e droghe, perché mi faceva sentire meglio e in grado di affrontare tutto. [..] Non ero pienamente consapevole di quanto male mi stessi facendo, ma nel mio cuore sentivo che era uno spericolato e insostenibile percorso autodistruttivo.
Quando incontrai David lui era felice, in pace con se stesso, aveva una moglie che chiaramente amava. Alcune volte ci siamo trovati da soli e lui ha condiviso con me dei pezzi di saggezza che ancora porto con me: “Sai, c’è un modo migliore, non deve finire tutto nella morte o nella disperazione, in fondo”.
Pochi anni dopo venne a L.A. ed io ero sobrio da una discreta quantità di tempo. Lo volevo ringraziare per l’aiuto che mi aveva dato. [..]. Ho ritrovato lo stesso amore ed affetto. Iniziai a dire “Ehi senti, sono pulito da..”, probabilmente non finii nemmeno la frase e lui mi diede un forte abbraccio e disse “Lo sapevo, sapevo che lo avresti fatto. Sapevo che ne saresti uscito”. Ho ancora la pelle d’oca se ripenso a quel momento.
“Credo nella ridondanza del presente”, Hirokazu Kore’eda arriva alla Festa del Cinema #RomaFF14
Si presenta silenziosamente e a capo chino il regista giapponese Hirokazu Kore’eda, protagonista di uno degli incontri ravvicinati della Festa del Cinema di Roma. Nonostante l’umiltà con cui si mostra al pubblico, Kore’eda è tra i più premiati e apprezzati cineasti oggi in attività. Con premi ricevuti a importanti festival come quelli di Venezia e Cannes, dove ha vinto la Palma d’Oro per Un affare di famiglia, il regista è attualmente in sala con il suo ultimo film, Le verità, con protagoniste Catherine Deneuve e Juliette Binoche.
Per inaugurare l’incontro il regista racconta di come si sia avvicinato al cinema, avendo lui intrapreso la sua carriera inizialmente nel mondo della televisione. “Dopo aver realizzato alcuni prodotti mi ero reso conto di esserne già stufo. Tutto andava fatto con tempistiche molto frenetiche, e questo semplicemente non era un lavoro adatto a me. Ho così iniziato a girare miei documentari, dove potevo gestire io la macchina da presa, potevo prendere il tempo di cui avevo bisogno e approfondire ciò che desideravo. Nonostante ciò non smisi mai di continuare a scrivere mie sceneggiature, e alla fine mi sono deciso a debuttare con una di queste al cinema, tornando al genere di fiction.”
Nel corso dell’incontro, durato circa due ore, sono state mostrate clip tratte dai più celebri film del maestro, raggruppate tuttavia per ordine tematico. Il primo di questi è stato riguardo il grande lavoro svolto dal regista, in quasi tutti i suoi film, con i bambini protagonisti. “Riprendere i bambini è un’attività indubbiamente complessa, ma altrettanto interessante. Di solito i bambini che scelgo per i miei film non hanno esperienze recitative, il che è un bene perché gli permette di essere naturali, non costruiti. Per aiutarli inoltre non li pongo al confronto con attori adulti protagonisti, perché il divario genererebbe soltanto stress. Quindi spesso prediligo attori senza o con poca esperienza davanti la camera. Inoltre raramente fornisco il copione ai bambini, perché per esperienza risultano più spontanei se sanno cosa fare solo poco prima di doverlo fare.”
Il secondo gruppo tematico riguarda invece i concetti di dolore, morte ed elaborazione del lutto, presenti sotto varie sfumature in tutta la filmografia del regista. “Si dice che nel momento in cui moriamo, si rivede tutta la nostra vita impressa su pellicola cinematografica, come un grande flashback che ci scorre davanti agli occhi. Non so se questo sia vero, però l’idea di riproporre questo concetto è certamente alla base di questa mia volontà di indagine sulla morte.”
“Per parlare di ciò tuttavia non mi rivolgo mai ai flashback. Io credo nella ridondanza del presente, nella persistenza del passato e nell’imminenza del futuro. Nei miei film ciò che è stato doloroso è già passato, non accade sullo schermo. Il dolore nei miei film appartiene al passato, esiste al di fuori del frammento di narrazione su cui mi concentro. Il fondo e la cima dell’emotività stanno al di fuori della pellicola, e mi concentro invece sul ritrarre ciò che è al centro di questa triplice spartizione, è questo che mi interessa.
Il terzo blocco è invece legato al concetto di tempo, che Kore’eda sembra rimutuare dalla tradizione cinematografica giapponese precedente, in particolare da Yasujirō Ozu. “Più volte mi è stato fatto notare che il tempo nei miei film è trattato in modo simile a quello nei film di Ozu, e la risposta più precisa che mi è stata data è riguardo il modo in cui scorre il tempo. Non c’è una linearità, ma una circolarità, e penso sia vero. Il punto di arrivo dei miei film è di poco distante dal punto di partenza, dopo aver compiuto tuttavia un viaggio intorno a questo.
Al regista viene poi chiesto di parlare della sua prima esperienza regista al di fuori del Giappone, avvenuta con il film Le Verità, presentato proprio all’ultima edizione del Festival di Venezia. “Per quanto riguarda il set e il mio modo di gestire la regia, posso dire che non ci sono state grandi differenze con quanto avevo fatto già in Giappone. Anche in questo caso ho osservato gli attori, e sulla base di quanto loro fanno decido se apportare o meno modifiche alla sceneggiatura. È stato un set dove tutti noi imparavamo le cose direttamente sul posto. Molte cose le capivamo, percepivamo soltanto lì. La differenza di approccio è stata che in un momento difficile i giapponesi tacciono, mentre gli europei tendono più a scontrarsi. E a questo ho fatto attenzione mentre scrivevo il copione.”
Per concludere l’incontro, il regista dedica un pensiero all’attrice Kirin Kiki, protagonista di numerosi suoi film e scomparsa nel settembre del 2018. “Quando abbiamo girato Un affare di famiglia stava piuttosto bene, non mi aspettavo assolutamente che sarebbe morta così all’improvviso. C’è una cosa in particolare che ricordo di lei in quel film. Quando abbiamo girato la scena sulla spiaggia, io ho ripreso il suo volto di profilo mentre guardava la famiglia. In sala di montaggio mi sono reso conto che lei stava muovendo leggermente la bocca. Guardando molto attentamente mi sono reso conto che stava dicendo “grazie”.”
“Non era una battuta presente nella sceneggiatura, – continua Kore’eda – ma lei la pronunciò lo stesso. Nel film ci sono tante cose che rimangono non dette, lasciate in sospeso, e lei ha capito perfettamente ciò, sottolineando questa cosa con il suo silenzioso “grazie”. È un contributo splendido, un regalo meraviglioso che lei ha fatto sia nei confronti dell’opera sia nei miei, e le sono eternamente grato.”
“Avevo 7 anni, Woody Allen abusò di me” confessione shock di Dylan Farrow
Arriva dal New York
Times una confessione shock della figliastra
Dylan di Woody Allen che lo
accusa di violenza sessuale. Oggi la 27enne Dylan
Farrow, figlia di Mia Farrow racconta ciò
che le è accaduto in una lettera aperta al sito del noto
giornale:
«Quando avevo 7 anni il mio patrigno, Woody Allen, mi prese per mano, mi portò in un stanza, mi disse di stendermi e di giocare con il trenino di mio fratello. Poi mi abusò sessualmente di me, sussurandomi che ero una brava ragazza, che era il nostro segreto, promettendomi che sarei andata con lui a Parigi e sarei stata una star nei suoi film».
L’accaduto non è nuovo, dato che simili accuse vennero mosse durante la causa di divorzio tra il regista e l’attrice nel 1993.
Verso il 1980, Allen iniziò una lunga relazione, durata oltre dodici anni, con l’attrice Mia Farrow, la quale, come Louise Lasser prima e Diane Keaton poi, avrà da quel momento i ruoli da protagonista in diversi suoi film, come ad esempio in Una commedia sexy in una notte di mezza estate (1982). La Farrow ed Allen non si sposarono né convissero mai per lunghi periodi. La Farrow adottò altri due bambini, Dylan Farrow (che ha poi cambiato il suo nome in “Eliza” e successivamente in “Malone”) e Moses “Misha” Farrow, il quale chiese esplicitamente ad Allen di adottarlo. Ebbero un figlio biologico, Satchel Ronan O’Sullivan Farrow Allen (noto poi come Seamus Ronan O’Sullivan Farrow e poi come Ronan Farrow). Secondo dichiarazioni della Farrow, in realtà Ronan potrebbe non essere figlio naturale di Allen (come lei aveva precedentemente dichiarato), ma dell’ex marito dell’attrice, Frank Sinatra, con cui non ha mai smesso di frequentarsi nei successivi vent’anni dopo il loro divorzio.
Allen non adotterà nessuno degli altri figli della Farrow e del suo ex-marito André Previn, compresa l’orfana coreana Soon-Yi Farrow Previn. Allen e la Farrow si separano nel 1992, dopo che l’attrice scoprì alcune fotografie di Soon-Yi nuda scattate dal compagno nel mese di gennaio e dopo la successiva ammissione di Allen della relazione con la figliastra, iniziata un mese prima della scoperta.[51] Inizialmente Allen tentò di ricucire il rapporto, ma alla fine fu costretto ad andarsene di casa con Soon-Yi. Con la separazione, iniziò una lunga e pubblica battaglia legale tra Allen e la Farrow per la custodia dei figli.
Durante il processo, la Farrow accusò l’ex compagno di abusi sessuali sulla figlia adottiva Dylan, di sette anni.Il giudice concluse che le accuse erano prive di fondamento e la vertenza non giunge mai in tribunale. Allen non venne indagato, ma il giudice definì comunque “inappropriata” la sua condotta. I periti medici e psicologici dichiararono nel 1993 che non è mai esistito alcun abuso da parte di Allen, che le accuse erano “frutto di fantasia”, anche se entrambi i genitori vennero definiti “psicologicamente instabili” e “inadeguati” … (fonte Wikipedia)
Fonte: il messaggero via NYT
[REC]4: Apocalypse, il teaser trailer
XVIII Tertio Millennio Film Fest, Programma: Alix Delaporte tra gli ospiti
La regista Alix Delaporte è l’ospite internazionale della terza giornata del XVIII Tertio Millennio Film Fest, giovedì 11 dicembre al Cinema Trevi (vicolo del Puttarello 25).
Alle ore 20.30, introdotta da Mauro Gervasini, direttore del
settimanale «Film Tv», la cineasta francese incontrerà il pubblico
in occasione della proiezione in anteprima di Le dernier coup de
marteu, film acclamato dalla critica alla 71ma Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e valso il Premio
Marcello Mastroianni come Miglior Attore Emergente al suo giovane
protagonista Romain Paul.
Il film ruota intorno alla figura di Victor. Quando entra per la
prima volta al Teatro dell’Opéra di Montpellier, non sa niente di
musica, né conosce suo padre, Samuel Rovinski, che è lì per
dirigere la sesta sinfonia di Mahler. Victor ha deciso di uscire
dall’ombra per cambiare il corso del suo futuro divenuto
improvvisamente incerto; lo farà per sua madre Nadia e per Luna, di
cui si è innamorato, spingendosi fin dove sarà necessario.
Ad aprire la terza giornata del festival, alle ore 16.00, sarà
l’evento speciale ideato e condotto dalla giornalista Dina d’Isa,
critica cinematografica de «Il Tempo» e curatrice del Focus al
Tertio Millennio Film Fest: la proiezione del film La giornata
balorda di Mauro Bolognini, con sceneggiatura di Alberto Moravia e
Pier Paolo Pasolini, tratto dai Racconti romani e dai Nuovi
racconti romani di Moravia.
Prima della proiezione della versione integrale del film (molte
parti furono tagliate dalla censura negli anni 60, perché si
denunciavano la disoccupazione, le frodi alimentari e la
prostituzione giovanile) si terrà la presentazione dell’opera
incentrata sulla denuncia sociale mossa da tre grandi artisti –
Bolognini, Moravia e Pasolini – che raccontano una Roma corrotta
con un potere occulto che sfrutta la gente in tutti i modi. Una
storia ancora, purtroppo, di grande attualità. Interverranno Gianna
Cimino (nipote di Moravia e membro della Fondazione Alberto Moravia), Federica Capoferri
(Docente di Letteratura italiana alla John Cabot University) e
l’attrice Michelle Carpente.
Alle ore 18.30 verrà proiettato Jauja, film di Lisandro Alonso
con Viggo Mortensen, presentato in concorso al 67mo Festival di Cannes, nella sezione Un
Certain Regard, e vincitore del Premio FIPRESCI.
Siamo nel 1882. Il capitano Gunnar Dinesen è giunto con la figlia
quindicenne Ingeborg in un remoto avamposto militare in Patagonia
per collaborare con l’esercito argentino durante la cosiddetta
“Conquista del deserto”, una feroce campagna di genocidio messa in
atto contro la popolazione aborigena. Ingeborg è l’unica presenza
femminile sul posto e i soldati non tardano a interessarsi a lei.
Una notte, la ragazza fugge con un giovane soldato di cui si è
innamorata. Al suo risveglio, il capitano Dinesen scopre la fuga
della figlia e decide di avventurarsi in territorio nemico per
trovare la giovane coppia. Inizierà così per lui una ricerca
solitaria che lo porterà in un luogo fuori dal tempo, dove il
passato svanisce e il futuro non ha alcun significato.
X-Men Giorni di un futuro passato: treno del film inaugurato da Hugh Jackman
Ormai manca poco all’arrivo dell’atteso nuovo film sui mutanti Marvel, X-Men giorni di un futuro passato, e arrivano in serata le foto dell’inaugurazione del treno di X-Men giorni di un futuro passato, un’iniziativa del marketing della produzione che ha visto Hugh Jackman e James McAvoy protagonisti all’inaugurazione. L’evento da il via alla campagna di lancio del film.
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Per chi se lo fosse perso, a questo link trovate il bellissimo trailer.
La trama di X-Men giorni di un futuro
passato, tratta dall’omonimo fumetto del 1981,
ripercorre un arco temporale ambientato in un imprecisato futuro in
cui gli USA sono dominati dalla Sentinelle, mentre i mutanti vivono
confinati in campi di concentramento. Kitty Pride torna indietro
nel tempo e impedisce dal passato che gli eventi precipitino a tal
punto da trasformare la vita dei mutanti del futuro in un inferno
di reclusione.
Vi ricordiamo che nel cast sono confermatissimi Hugh Jackman, Ian McKellen, James McAvoy, Halle Berry, Jason Flemyng, Jennifer Lawrence, Michael Fassbender, Nicholas Hoult, Peter Dinklage e Patrick Stewart. Il film è ispirato ai fumetti di Chris Claremont e John Byrne dal titolo: ”Uncanny X-Men” # 141 e 142 nel 1981. Tutte le info sul film nella nostra scheda: X-Men: giorni di un futuro passato. Tutte le news sul film invece sono nel nostro speciale: X-Men.
Fonte: CBM
X-Men giorni di un futuro passato: foto dalla Trask Industries
Continuano ad arrivare aggiornamenti dal sito virale dell’atteso nuovo film X-Men giorni di un futuro passato nuovo capitolo basato sui mutanti Marvel. Oggi è la volta di una foto di un collare inibitore per mutanti progettato dalla Trask. L’immagine è stata lanciata dallo stesso regista della pellicola Bryan Singer:
La trama di X-Men giorni di un futuro passato, tratta dall’omonimo fumetto del 1981, ripercorre un arco temporale ambientato in un imprecisato futuro in cui gli USA sono dominati dalla Sentinelle, mentre i mutanti vivono confinati in campi di concentramento. Kitty Pride torna indietro nel tempo e impedisce dal passato che gli eventi precipitino a tal punto da trasformare la vita dei mutanti del futuro in un inferno di reclusione.
Vi ricordiamo che nel cast sono confermatissimi Hugh Jackman, Ian McKellen, James McAvoy, Halle Berry, Jason Flemyng, Jennifer Lawrence, Michael Fassbender, Nicholas Hoult, Peter Dinklage e Patrick Stewart. Il film è ispirato ai fumetti di Chris Claremont e John Byrne dal titolo: ”Uncanny X-Men” # 141 e 142 nel 1981. Tutte le info sul film nella nostra scheda: X-Men: giorni di un futuro passato. Tutte le news sul film invece sono nel nostro speciale: X-Men.
Tutte le foto del film nella nostra gallery:
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Fonte: Trask-Industries.com
Woody Allen a lavoro su Magic in the Moonlight
Logorroico, ipocondriaco,
inarrestabile: Woody Allen è a lavoro sul suo prossimo film, mentre
ancora Blue Jasmine promette di far parlare di sè per
l’interpretazione di Cate Blanchett, forse protagonista della
cinquina di nominate agli Oscar del prossimo 2 marzo. Ci arriva via
Collider la notizia che la Sony ha appena comprato i diritti di
distribuzione di Magic in the Moonlight,
prossima pellicola del regista di cui sappiamo già qualche
dettaglio. Come è ormai abitudine del buon vecchio Woody, il cast
del film sarà composto da molti (e tutti famosi) attori, tra questi
sono già confermati Colin Firth ed Emma
Stone con l’aggiunta di Eileen Atkins, Marcia Gay
Harden, Hamish Linklater e Jacki
Weaver.
Il film riprenderà inoltre gli elementi che hanno in qualche modo fatto il successo di Midnight in Paris, a partire dal titolo che lo rievoca, anche Magic in the Moonlight sarà ambientato in Francia, nel sud del paese e sarà una commedia romanticanegli anni ’20. Protagonista un uomo inglese (Firth) che sarà impegnato a smascherare una truffa ma sarà intralciao da complicazioni sentimentali.
A produrre il film c’è la squadra di Blue Jasmine: Letty Aronson, Stephen Tenenbaum e Edward Walson. Per quanto riguarda invece la data d’uscita, è probabile che Magic in the Moonlight arrivi già in estate negli Stati Uniti.Fonte: Collider
VIEWFest 2012: il regista di Madagascar 3 presenta il film
Vicini del terzo Tipo – Teaser Trailer Italiano
Una commedia politica per Russel Brand
Transformers 4 L’era dell’estinzione: scene inedite nel nuovo Trailer
Arriva un nuovo trailer interazione dell’atteso film, Transformers 4 L’era dell’estinzione di Michael Bay, quarto capitolo del franchise di successo Transformers.
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Vi ricordiamo
che Transformers 4 L’era
dell’estinzione sarà diretto nuovamente
da Michael Bay con
protagonisti: Mark
Wahlberg, Jack Reynor, Nicola Peltz e Kelsey
Grammer. Vi ricordiamo che per tutte le news
sul film potete consultare il nostro
speciale: Transformers 4. Mentre per le info utili
sulla pellicola c’è la nostra
Scheda Film: Transformers 4 L’era
dell’estinzione. Le riprese cominceranno in
giugno e la pellicola uscirà negli Stati Uniti il 27 Giugno
2014, mentre
quella italiane il 16 luglio 2014.
Piccole anticipazioni sulla trama. Il film comincerà dove è finito il terzo capitolo, in un mondo in cui, nonostante la minaccia dei Deception sia stata debellata, l’umanità ne è uscita distrutta. La pace non durerà poi così tanto, sarà infatti interrotta dalle ricerche sulla tecnologia dei robot alieni da parte di alcuni uomini potenti.
Transformers 4 L’era dell’estinzione: Optimus Prime e Grimlock nel nuovo poster
Arriva un nuovo spettacolare poster dell’atteso Transformers 4 L’era dell’estinzione, il quarto capitolo del franchise di successo diretto da Michael Bay. Oggi protagonisti sono Optimus Prime e Grimlock, il poster nella nostra Gallery: [nggallery id=336]
Vi ricordiamo che Transformers 4 L’era
dell’estinzione sarà diretto nuovamente
da Michael Bay con
protagonisti: Mark
Wahlberg, Jack Reynor, Nicola Peltz e Kelsey
Grammer. Vi ricordiamo che per tutte le news
sul film potete consultare il nostro
speciale: Transformers 4. Mentre per le info utili
sulla pellicola c’è la nostra
Scheda Film: Transformers 4 L’era
dell’estinzione. Le riprese cominceranno in
giugno e la pellicola uscirà negli Stati Uniti il 27 Giugno
2014, mentre
quella italiane il 16 luglio 2014.
Piccole anticipazioni sulla trama. Il film comincerà dove è finito il terzo capitolo, in un mondo in cui, nonostante la minaccia dei Deception sia stata debellata, l’umanità ne è uscita distrutta. La pace non durerà poi così tanto, sarà infatti interrotta dalle ricerche sulla tecnologia dei robot alieni da parte di alcuni uomini potenti.
The World’s End: prima foto ufficiale!
Superata la minaccia dell’Apocalisse il 21 dicembre 2012, Simon Pegg ha scelto di rimanere in tema twittando la prima immagine ufficiale per The World’s End, irriverente pellicola
The Vampire Diaries 6×06: anticipazioni e promo
Si intitola Then More You Ignore Me, The Closer I Get, The Vampire Diaries 6×06, la sesta puntata dell’atteso sesto ciclo di episodi della serie televisiva di successo trasmessa dal network americano della The CW.
In The Vampire Diaries 6×06 Alaric, dopo essersi reso conto che Jo non può essere soggiogata, chiederà ad Elena di investigare un po’ su di lei, mentre Caroline, Matt e Stefan cercheranno di salvare Enzo, ancora prigioniero di Tripp. Inoltre Elena dovrà affrontare le conseguenze delle sue scelte, ora che Damon è tornato, e Jeremy toccherà il fondo. Alla fine, dopo aver scoperto qualcosa di sconvolgente, sarà Damon a dover prendere in mano la situazione.
The Vampire
Diaries è una serie
televisiva statunitense di genere
fantasy creata da Kevin Williamson e Julie
Plec, che ha debuttato il 10 settembre 2009 sul
network The CW. È basata sull’omonima serie di libri
di Lisa Jane Smith, dal titolo italiano Il diario del
vampiro.
La protagonista è Elena Gilbert, una normale ragazza adolescente che vive a Mystic Falls, in Virginia. La sua vita viene sconvolta quando scopre che il suo ragazzo, Stefan Salvatore, è un vampiro, e che è stata adottata. Stefan si accorge che Elena è identica alla prima donna della sua vita, la vampira che trasformò lui e suo fratello Damon Salvatore nel 1864: Katherine Pierce. I due fratelli si innamorano anche di Elena ed entrano a far parte della sua vita. Il loro scopo è proteggerla dal vampiro Originale Klaus e da altre forze che ambiscono al pieno controllo della ragazza, che si è rivelata essere una delle doppelgänger di Amara. Gli amici di Elena vengono spesso coinvolti nelle situazioni soprannaturali e combattono per vivere serenamente a Mystic Falls, un luogo costantemente tormentato dal proprio passato.
Trama:
A Mystic Falls (VA), Elena Gilbert e il fratello Jeremy hanno da poco subito la perdita dei loro genitori, morti in un incidente stradale sul ponteWickery Bridge, e da qualche mese vivono assieme alla loro giovane zia, Jenna, diventata loro tutrice. Dopo le vacanze estive i fratelli tornano a scuola, dove Elena incontra Stefan Salvatore, vampiro centenario che torna nella sua città natale per conoscere la ragazza. Infatti, fu lui a salvarla da morte certa il giorno dell’incidente stradale in cui morirono i coniugi Gilbert e, incontrandola, si accorge che Elena è identica alla vampiraKatherine Pierce, che trasformò lui e suo fratello Damon in vampiri durante gli anni della guerra civile. I due iniziano a frequentarsi e si fidanzano, ma la loro relazione viene messa in difficoltà da Damon, che diversamente dal fratello si nutre di sangue umano ed è più cattivo. Elena scopre presto la loro natura soprannaturale, ma impara a conviverci. Jeremy inizia a frequentare Vicki Donovan, ma la ragazza viene trasformata in vampiro da Damon e successivamente uccisa, così Jeremy si innamora della vampira Anna Johnson, conoscente di Katherine.
In città arriva Alaric Saltzman, che è alla ricerca di Damon per vendicare l’omicidio della moglie Isobel, ma in seguito viene a sapere che è stata vampirizzata. Inoltre si scopre che Elena è stata adottata e che i suoi genitori biologici sono Isobel e John Gilbert, che ha sempre creduto suo zio.