Maika Monroe è una
delle giovani attrici che è riuscita a lasciare la propria impronta
nel mondo del cinema, in grado di interpretare tanti ruoli diversi
e tutti con lo stesso impegno. Sebbene la sua carriera sia iniziata
da poco più di dieci anni, l’attrice è stata in grado di scegliere
i ruoli migliori per conquistare il pubblico, con un occhio al
futuro.
Ecco, allora, dieci cose da
sapere su Maika Monroe.
La filmografia di Maika Monroe
1. Maika Monroe: i film e la
carriera. La carriera dell’attrice americana inizia nel
2006, quando partecipa al film Bad Blood. Dopo questa
esperienza, lavora in A qualsiasi prezzo (2012), Bad
Blood… the Hunger (2012), Bling Ring (2013), di
Sofia Coppola,
Un giorno come tanti (2013) e The Guest (2014).
In seguito, ha partecipato ai film It Follows (2014),
La quinta onda (2016),
con Chloe Grace
Moretz, Indipendence Day –
Rigenerazione (2016) e Hot Summer Nights (2017).
Tra i suoi ultimi lavori vi sono The Silent Man
(2017), Greta (2018),
Tau (2018), Honey Boy (2019),
con Lucas Hedges,
Malvagi (2019), Flashback (2020), Watcher
(2022), Non siamo soli (2022), God Is a Bullet
(2023) e Longlegs (2024), dove recita accanto
a Nicolas
Cage. Prossimamente sarà protagonista di They
Follow.
2. Non solo grande
schermo. Nonostante abbia recitato in diversi
lungometraggi, Maika Monroe non ha disdegnato il piccolo schermo.
L’attrice, infatti, ha lavorato alla serie Eleventh Hour
(2009) e al film tv Flying Monkeys (2013). Nel 2020 ha
invece recitato nella serie breve The Stranger. Ma
non è tutto, perché l’attrice ha vestito anche i panni della
produttrice, partecipando alla lavorazione del film Tau.
Ha inoltre co-diretto il cortometraggio The Yellow
(2024).
Maika Monroe protagonista
dell’horror Longlegs
3. Ha fatto di tutto per
avere il ruolo. In Longlegs l’attrice interpreta
l’agente del FBI Lee
Harker, incaricata del caso dell’assassino noto come Longlegs.
Monroe si era inizialmente incontrata con il regista Osgood
Perkins proprio per interpretare il ruolo principale,
salvo poi sentire che il regista non la riteneva adatta alla parte.
Allarmata all’idea di perdere quello che considerava un grande
ruolo, ha fatto un’audizione su nastro che ha contribuito a
suggellare l’accordo.
4. È la protagonista
femminile del film. Il film God Is a
Bullet racconta del detective Bob Hightower, che per
salvare sua figlia si infiltra in una setta con l’aiuto dell’unica
donna che vi è sopravvissuta, Case Hardin. Monroe ricopre proprio
quest’ultimo personaggio, un’interpretazione che le è valsa diverse
lodi per aver “catturato la personalità del personaggio, che
spesso fa paura come chiunque altro sullo schermo” (Screen Anarchy).
Maika Monroe in It Follows
5. Ha accettato perché era
diverso. L’attrice ha deciso di accettare il suo ruolo in
It Follows per il semplice fatto che, dalla lettura della
sceneggiatura, sembrava un film diverso e abbastanza strano.
Secondo le sue affermazioni “Non è stato fino a quando ho visto
l’ultimo film di Mitchell che ho potuto dire che questo ragazzo
aveva uno stile davvero unico. Il suo punto di vista del genere
horror è molto interessante. Così, ho mandato un nastro per
l’audizione e gli ho parlato al telefono, dove mi ha raccontato la
sua storia e cosa voleva fare con questo film”.
6. È stato un film
difficile. Fare un film horror è stato abbastanza
complicato per l’attrice, soprattutto dal lato emotivo e fisico.
Tuttavia, “si vedeva che stavamo creando qualcosa di speciale.
Semplicemente non mi rendevo conto fino a che punto le altre
persone lo trovavano speciale”. L’attrice ha dichiarato che
non potrebbe scegliere una scena, perché ogni scena del film è
molto intensa. Tuttavia, la sua parte preferita è stata la
realizzazione complessiva del film, per via del fatto che il
regista è molto specifico e sa esattamente cosa vuole.
Maika Monroe in Independence Day –
Rigenerazione
7. Ha sostituito un’altra
attrice. Nel film del 1996 Independence Day il personaggio di Patricia Whitmore,
la figlia del presidente degli Stati Uniti, era interpretata
dall’attrice Mae Whitman. Nel sequel del 2016
Independence Day – Rigenerazione, ad intepretare la
versione ormai adulta del personaggio non vi è però la Whitman,
bensì la Monroe. In molti hanno criticato questo cambio,
specialmente perché si vocifera che sia stato motivato dalla
convinzione che la Whitman non fosse sufficientemente bella.
Maika Monroe in It Follows
Chi è il fidanzato di Maika Monroe?
8. È fidanzata con un
collega. Maika Monroe è stata fidanzata con il collega
Joe Keery, noto per il ruolo di Steve Harrington
nella serie Stranger Things. Non è chiaro
come i due si siano conosciuti, ma la loro storia è iniziata nel
maggio del 2017, terminando poi però nel 2023. Da quello stesso
anno frequenta l’agente immobiliare Dalton Gomez.
Anche in questo caso, non è chiaro come i due si siano conosciuti e
in generale si sa poco di loro, che ci tengono a tenere privata la
loro storia.
Maika Monroe è su Instagram
9. È presente sul social
network. L’attrice è presente sul social network
Instagram, con un proprio profilo verificato seguito da ben 288
mila persone e dove attualmente si possono ritrovare circa mille
post. Questi sono principalmente immagini relative a suoi lavori da
attrice e da modella, inerenti il dietro le quinte di tali progetti
o promozionali nei loro confronti. Ma non mancano anche curiosità,
momenti di svago, eventi a cui ha preso parte e altre situazioni
ancora. Seguendola, si può dunque rimanere aggiornati su tutte le
sue novità.
L’età, l’altezza e il fisico di
Maika Monroe
10. Maika Monroe è nata il
29 maggio del 1993a Santa Barbara, in
California. La sua altezza complessiva corrisponde a 168
centimetri. Monroe è anche nota per la sua passione per il
kitesurf, attività sportiva che le permette di mantenersi in forma
e poter sfoggiare un fisico atletico e tonico.
Dopo il successo del suo film
horror Longlegs, Maika Monroe ha ottenuto il suo prossimo ruolo
da protagonista. Sarà la protagonista di un remake di un film che
fece scalpore quando uscì nel 1992.
Secondo
THR, la Monroe è stata scritturata per un ruolo importante nel
prossimo remake di La mano sulla culla (The Hand That Rocks the
Cradle) dei 20th Century Studios. Il remake sarà diretto da
Michelle Garza Cervera (Huesara), mentre
il film sarà prodotto da Ted Field della Radar Pictures insieme a
Michael Schaefer e Mike Larocca della Department M. Micah Bloomberg
(Homecoming, Sanctuary)
ha scritto la sceneggiatura del remake.
Secondo quanto riferito, la Monroe,
che è stata la prima scelta per la parte, interpreterà una tata che
diventa decisa a sostituire la moglie di una famiglia dopo essersi
affezionata al marito e ai figli. Nel film originale, diretto da
Curtis Hanson, Rebecca De Mornay interpretava la
tata, raffigurata come una vedova che si rivolge alla famiglia dopo
lo strazio della perdita del proprio figlio. Annabella
Sciorra interpretava la matriarca della famiglia, mentre
Matt McCoy interpretava il marito. Nel cast anche
Ernie Hudson,
Julianne Moore e John de Lancie.
“Credo diaver
lavorato troppo”, ha dichiarato la Monroe a THR. “Ero in
questa fase in cui volevo accettare ogni lavoro, e sentivo che era
quello che dovevo fare. Ho fatto circa sette film uno dietro
l’altro, e non sono state tutte grandi esperienze. Alcune buone,
altre cattive. È un lavoro molto strano e un’industria molto
strana, e ci può essere un’oscurità intorno. Quindi mi trovavo in
uno stato mentale in cui pensavo: “Non mi sento più bene”. E quindi
avevo bisogno di staccare la spina per un attimo”.
Maika Monroe è un’amata regina
dell’urlo
La Monroe, affermata scream queen,
è diventata famosa grazie al suo ruolo nel film horror di successo
It Follows. È apparsa anche in film come Independence Day:Resurgence, Greta,
Tau, Watcher e God Is a Bullet. Più di
recente, ha impressionato per il ruolo di co-protagonista con
Nicolas Cage
in Longlegs. La Monroe ha raccontato che quel ruolo
l’ha quasi spinta ad abbandonare la recitazione, visto che a quel
punto lavorava senza sosta passando da un progetto all’altro.
The Hand That Rocks the
Cradle è un film che è stato rifatto in passato, con un altro
tentativo che non è andato a buon fine. Nel 1993 è stata realizzata
una versione indiana, Khal-Naaikaa. Nel 2014 è stato
annunciato che il film sarebbe stato rifatto con un nuovo
adattamento da ABC Family con lo scrittore di Supernatural
Daniel Loflin. Anche Ted Field, uno dei produttori del film
originale, era coinvolto. Il progetto si è arenato prima di
arrivare alla produzione. Non è ancora stata annunciata una data di
uscita per il prossimo remake di The Hand That Rocks the
Cradle.
Adler
Entertainment ha diffuso il trailer di Maigret,
l’annunciato nuovo film diretto da Patrice Leconte
e tratto dal romanzo di Georges SIMENON “Maigret e la giovane
morta”. Protagonisti del film sono con Gérard DEPARDIEU,
Jade LABESTE, Mélanie BERNIER, Aurore CLÉMENT, André WILMS, Hervé
PIERRE (della Comédie Française), Clara ANTOONS, Pierre MOURE,
Bertrand PONCET.
La trama del film
Maigret indaga sulla morte di una giovane ragazza. Non c’è
niente che la identifichi, nessuno sembra conoscerla o
ricordarla. Durante le indagini Maigret incontra una
delinquente, che somiglia stranamente alla vittima, e risveglia in
lui il ricordo di un’altra scomparsa, più antica e più
intima…
Forse solo gli spettatori
più ‘esperti’ ricorderanno un detective di peso come
Maigret, che finalmente
rivedremo al cinema – magistralmente interpretato da Gérard Depardieu – nel film omonimo diretto da
Patrice Leconte e distribuito da Adler
Entertainment a partire dal 15 settembre. Un’impresa niente affatto
scontata, vista la concorrenza dei più saccheggiati o
presenzialisti Hercule
Poirot e Sherlock
Holmes, e senza considerare i tanti colleghi
televisivi, compresa la Miss Marple che promette di venire
mitizzata nel prossimo adattamento da Agatha
Christie progettato da Kenneth Branagh.
E dire che il commissario
creato nel 1929 dallo scrittore belga Georges Simenon vanta un
ampio curriculum cinematografico, con quindici film prodotti tra il
1932 e il 1967, e soprattutto televisivo. Numeri schiaccianti
(circa duecento tra telefilm, serie, sceneggiati televisivi e film
per la tv), che non temono confronti, e che non rendono giustizia a
un investigatore forse troppo comune e umano rispetto allo sfoggio
di superpoteri indagativi cui siamo abituati.
Un caso delicato, a
lungo atteso
Lo storia che vediamo
svilupparsi sullo schermo è quella tratta dal romanzo “Maigret e
la giovane morta” del 1954, occasione d’incontro perfetta per
due come Gérard Depardieu e Patrice Leconte (che non vedevamo dal
Tutti pazzi in casa mia del 2014) che in passato si erano solo
sfiorati, e che per la loro prima volta insieme approfittano della
mediazione di un altro grande francofono, incurante di stereotipi e
aspettative quanto amante di una narrazione ben costruita, a
prescindere da ritmo e concessioni.
Poche, tutto sommato, nel
caso della morte di una giovane ragazza. Non c’è niente che la
identifichi, nessuno sembra conoscerla o ricordarla, ma le cinque
coltellate che l’hanno uccisa, inferte in maniera disordinata,
forse rabbiosa, sono il
primo dettaglio che colpisce Maigret. Che seguendo le tracce
incontra una delinquente, stranamente somigliante alla vittima, che
risveglia in lui il ricordo di un’altra scomparsa, più antica e più
intima…
Una indagine diversa, da
seguire con attenzione
Dopo Gino
Cervi e Jean Gabin, non è solo il
physique du rôle di Depardieu a renderlo un interprete perfetto a
dare corpo al protagonista. Soprattutto ai suoi tormenti
esistenziali, all’interesse verso la vita altrui, e la discrezione
nell’esplorarne le ferite, per la paura di dover mostrare le
proprie. Ma quando si ricerca la verità non è sempre facile
accettarla, o nascondersi.
In quella che ci viene
presentata come “l’inchiesta più personale” di
Maigret, il consiglio è di predisporsi
all’attenzione – dote rara al giorno d’oggi, più della pazienza
(che pure il diseguale, ma costante evolversi del caso richiederà)
– e di sposare il metodo del commissario. E di usare con lui la
stessa empatia che lo vediamo riservare agli altri personaggi,
vittime e carnefici, più che a sé stesso. Rassegnato ad avere
sempre meno certezze, come forse dovremmo fare anche noi.
Dopo essere stata apprezzata
largamente negli Stati Uniti, la serie NetflixMaid ha finalmente ottenuto il successo meritato
anche in Italia. Il veterano della TV John Wells
(ER, Southland) si è messo al
lavoro con un team di produzione di tutto rilievo, che include
Molly Smith Metzler e Margot Robbie, per adattare il bestseller
Maid: Hard Work, Low Pay and a Mother’s Will to
Survive di Stephanie Land.
L’adattamento di un libro di memorie è riuscito a conferire a
Maid la credibilità, mai spettacolarizzata, che
molti progetti simili non riescono a raggiungere, filtrando la
verità di Land attraverso l’interpretazione delicatamente esplosiva
della giovane Margaret Qualley.
Maid: la concretezza visiva della storia di Alex
Alex
(Qualley), è una giovane madre che decide di
lasciare il marito violento Sean (Nick
Robinson) nel mezzo della notte. Con solo 18 dollari nel
portafoglio, lotterà di giorno in giorno cercando si racimolare
abbastanza soldi per un alloggio, cibo e sicurezza per lei e sua
figlia. Il suo viaggio la porterà a trovare lavoro come “maid”,
presso un’agenzia gestita da Yolanda
(Tracy Vilar) e trovarsi a che fare con la madre
bipolare Paula (Andie MacDowell,
che è la vera madre di Qualley, il che aggiunge un ulteriore
livello di realismo) assieme a quella del padre alienato
Hank (un efficace Billy Burke). Si incrocerà anche
con un’altolocata padrona di casa di nome Regina (un’incredibile
Anika Noni Rose), che finisce per essere molto più
di una semplice estranea.
L’incredibile successo di
Maid, che è rientrato quasi immediatamente tra i
titoli in tendenza su Netflix, risiede nel fatto che la serie non
ha mai la pretesa di parlare per nessuno, tranne che per la propria
protagonista; la storyline è talmente tanto incorporata nella
prospettiva personale di Alex che l’esperienza soggettiva
oltrepassa la realtà oggettiva, dimostrando che
Maid non è alla ricerca di uno studio
socio-culturale, bensì mira a dare concretezza visiva ai pensieri
di chi avrebbe sempre sperato di trasferire la sua storia in parola
scritta. La penna di Alex è sensibile, ma incisiva, fiorente di
un’interpretazione superba, che trova l’umanità anche nel più
freddo dei giorni, quando la rete di sicurezza sociale e un rifugio
tanto anelato sono ormai inafferrabili.
Il diario di Alex diviene libro
aperto per lo spettatore: è il volto dell’attrice a sancire l’arco
narrativo della protagonista, che combatte cercando di mantenere la
compostezza di fronte a una pressione psicofisica insopportabile, e
convoglia le traversie tramite gesti apparentemente impercettibili,
che assumono però valenza simbolica: un labbro che si contrae,
sbattere le ciglia, alzare il mento. Alex dovrà imparare un nuovo
linguaggio, corporalmente disagevole, per far fronte a una cerchia
di individui i cui rapporti sono già da tempo disarticolati: Paula
entra ed esce dalla vita di Alex con il caos irresistibile di un
tornado, un bipolarismo aggravante e un passato da rivalutare;
Robinson interpreta la dualità minacciosa insita nel carattere di
Sean, la cui storia dolorosa spiega, ma non scusa, il dolore che
lui stesso infligge nel presente.
È il legame madre-figlia – e
la tensione – a brillare di più per tutto l’arco narrativo della
serie. Qualley e MacDowell sono indubbiamente le migliori partner
di scena l’una per l’altra, con la giovane attrice che conferisce
alla produzione realismo emotivo e la veterana dello schermo che
probabilmente fa il lavoro più impressionante della sua carriera,
fluttuando repentinamente attraverso pensieri e stati d’animo, come
sfogliando le pagine di un libro.
Maid: il libro
di Alex filtrato dagli occhi di Margaret Qualley
Maid è un
avvincente racconto di guarigione e scoperta di sé, come non se ne
vedevano da tempo sulla piattaforma. “Non sono davvero sicura
di quello che mi è successo“, dice Alex al suo gruppo di
terapia. Nonostante abbia frequentato sei scuole superiori durante
un’infanzia in cui sua madre nomade è passata da un uomo all’altro,
è stata accettata al college ma non ci è andata. Quando sua figlia
dorme, scrive del suo nuovo lavoro e di quello che vede nelle case
mentre curiosa in giro, il che fornisce una gradita struttura
episodica allo show, così come la serie di situazioni abitative e
sistemazioni di fortuna che deve costantemente cercare per avere un
posto dove dormire la notte, che scandiscono un ritmo narrativo
specchio del disinganno routinario di Alex.
È la vivida immaginazione di Alex
che cerca di far fronte alla disillusione quotidiana, rifugiandosi
in un mondo tutto mentale, ricordo di ciò che non è potuto essere e
che è rimasto inspiegato, e prospetto immaginifico di una
dimensione di supporto che è sempre mancata nella vita della
giovane.
Maid conserva
l’elemento più importante della scrittura di Land, ovvero una
conoscenza duramente conquistata della nostra fragile rete di
sicurezza sociale e dei suoi inghippi, radicata nell’esperienza di
prima mano dell’autrice; la sceneggiatura non si dimentica comunque
mai di cosa significhi essere una giovane donna, con ambizioni e
voglia di riscatto, che ha reso lo studio e l’esperienza acquisita
funzionale a un escapismo mentale, per garantirsi un ruolo nel
libro della vita. Tutto è stato tolto ad Alex, ma non la sua
fantasia creativa, centro propulsivo di un ancoramento al bene e
all’affetto che non può dimenticarsi di ritagliare per sé
stessa.
In dieci episodi
Maid, o meglio il diario di Alex, offre uno
sguardo spietato su ciò che significa essere una giovane donna,
ritrovatasi improvvisamente in una condizione di povertà dilagante,
senza appigli o affetto alcuni su cui fare affidamento.
Maid è la storia individuale di un insieme
sovrapposto di problemi strutturali, che mostra come la spirale
della mobilità verso il basso è solo accelerata da fattori come il
genere, la paternità e la salute mentale.
Qualsiasi descrizione di
Maid rischia di suonare incessantemente cupa, ma
non lo è. Nei momenti di gioia che affiorano, le piccole vittorie,
le inaspettate dimostrazioni di sostegno, cementano il vero
messaggio di Maid: ognuno di quei piccoli atti di
gentilezza è davvero ciò che può far andare avanti Alex. E,
realmente, ognuno di noi.
Al giorno d’oggi ci sono molti
programmi da guardare attraverso i tanti servizi di streaming, e
molti di essi sono solo a scopo di intrattenimento o per spegnere
il cervello e non dover pensare per un po’. Tuttavia, alcuni
spettacoli lasciano un’impressione duratura e risuonano con molti
spettatori. Se si conosce qualcuno che ricorda il protagonista o se
ci si può relazionare personalmente con ciò che accade nello show,
si guarda e si sente tutto. Maid è una di queste serie.
Maid (la
recensione) è una
serie drammatica di Netflix del
2021 che segue Alex (Margaret
Qualley) e la sua giovane figlia Maddy (Rylea
Nevaeh Whittet) mentre sfuggono a una relazione abusiva
con il fidanzato di lunga data di Alex, Sean (Nick
Robinson).
Con pochissimo in tasca quando esce
dalla porta della roulotte che condivide con Sean, Alex sa di
essere sola ma è meglio che si occupi di Maddy. Diventa una
cameriera per provvedere a Maddy e aiutarla a costruirsi una vita
lontano dagli abusi.
La serie racconta alcuni alti e
bassi che Alex sperimenta come sopravvissuta a un abuso domestico e
madre single e come può progredire e sfuggire alla loro attuale
situazione. Basato sul libro di memorie di Stephanie Land,
Maid: Hard Work, Low Pay, and a Mother’s Will to
Survive, la miniserie in dieci episodi è davvero
avvincente da guardare.
Nel corso degli episodi, Alex e
Maddy finiscono in un centro di accoglienza per donne, dove Alex
lotta per ricevere i sussidi per l’assistenza all’infanzia o per
dimostrare di essere in grado di essere la badante principale di
Maddy. Alex è alle prese con la sua salute mentale, con Sean che la
maltratta mentalmente e fisicamente e con i clienti con cui deve
lavorare.
Mentre cerca di far crescere la sua
attività di cameriera, inizia a scrivere dei suoi clienti e alla
fine si unisce a un gruppo di terapia che le fa immaginare una vita
migliore per lei e Maddy. Questo spinge Alex a iscriversi al
college di Missoula, nel Montana, dove era stata accettata prima di
rimanere incinta. Alex viene ammessa e sa che è arrivato il momento
di mettere le cose a posto, in modo che le due possano lasciare
Washington. Cosa succederà alla fine per Alex e Maddy? Vediamo
l’episodio finale.
La base clienti e la crescita
personale di Alex
Nell’ultimo episodio di questa
serie emotivamente sconvolgente, Alex si libera dalle catene
dell’abuso e può finalmente respirare di nuovo. In quest’ultimo
episodio, Alex pulisce la casa di un’accaparratrice, anche se il
lavoro da svolgere è di gran lunga superiore a quello che il
cliente può pagare.
Poiché la cliente è anche una madre
single, Alex la aiuta a pulire tutta la casa senza pagare gli
straordinari. Grazie a ciò, la cliente presenta Alex al gruppo di
hoarder che frequenta, dandole una base di clienti con cui
lavorare. Alex tiene anche un corso di scrittura creativa ad altre
persone nel rifugio per violenze domestiche in cui era ospitata,
dimostrando la sua passione per la scrittura e come la scrittura
sia il suo biglietto d’uscita dall’abuso.
Sean si rende conto dei suoi veri
colori
Anche la battaglia per
l’affidamento in corso tra Sean e Alex giunge a una svolta. Con
l’aiuto di uno dei suoi clienti e dell’avvocato Regina
(Anika Noni Rose), i due notificano a Sean
un’ordinanza restrittiva a causa dei suoi abusi. Sean contesta la
mozione e ora Alex deve dimostrare che Sean era violento, il che la
spinge a chiedere a suo padre, Hank (Billy Burke),
di testimoniare sugli abusi.
Poiché Hank e Sean si stanno
entrambi disintossicando dall’alcol, Hank si rifiuta di
testimoniare contro di lui, anche se ciò potrebbe significare che
Alex non riuscirà ad arrivare in tempo in Montana per la scuola.
Alex si rende conto che Hank non testimonierà contro Sean perché
anche Hank in passato ha abusato della madre di Alex nello stesso
modo in cui Sean lo fa con Alex. Gli uccelli di una stessa piuma si
uniscono e Alex rompe i legami con il padre per il bene della sua
salute mentale.
Quando tutto sembra perduto per
riuscire a tenere Maddy lontana da Sean, le tendenze violente di
quest’ultimo traspaiono. Durante una visita in tribunale tra Maddy,
Sean e Paula (Andie MacDowell), la madre di Alex,
Sean perde le staffe. Maddy fa i capricci in un parco giochi e,
poiché Sean è stato 24 ore senza bere, perde le staffe con Maddy.
Quando Alex e Sean parlano dell’accaduto, Sean rivela che se non ci
fosse stata Paula, Sean avrebbe portato Maddy con sé in un negozio
di liquori o in un bar per bere. In quel momento, Sean si rende
conto di come sarebbe stata la relazione con Maddy e rinuncia ai
suoi diritti, dando la custodia completa ad Alex.
Paula cambia idea… Di nuovo
Alex cerca di convincere Paula a
venire con lei e Maddy in Montana dopo aver trovato la madre che
dormiva nella sua auto in un parcheggio di Walmart. Paula cerca di
dire che dorme lì perché le piace vivere uno stile di vita nomade,
ma Alex sa che non è così. Alex vuole aiutare a prendersi cura
della madre, visto che non può farlo da sola. Paula all’inizio
rifiuta, non volendo lasciare il luogo in cui hanno vissuto
generazioni della loro famiglia.
Dopo la visita a Sean e Maddy,
Paula cambia idea e dice ad Alex che verrà in Montana con la figlia
e la nipote. Ma la cosa dura poco, perché Paula decide di andare a
vivere con il suo fidanzato, Micah. Alla fine Micah butta fuori la
moglie per Paula e si trasferisce da lei. Anche se Alex sa che
Paula ha un’altra relazione che non durerà, smette di mettersi
all’ultimo posto e continua a progettare di trasferirsi in Montana
con Maddy.
La mossa finale di Alex e
Maddy
L’episodio si conclude in modo
molto sentito. Alex raccoglie le ultime cose dal rifugio e dalla
roulotte di Sean. Anche se Alex porge un ramoscello d’ulivo dicendo
che Sean può visitare i due quando vuole, lui dice che non lo farà
finché non sarà sobrio. Gli spettatori si rendono conto che Alex
non è l’unica ad essere cresciuta nel corso della stagione e che,
dopotutto, potrebbe esserci una speranza per Sean. Per tutta la
durata della puntata, sullo schermo appare un indicatore di denaro,
in modo che chi guarda possa tenere il conto di quanti soldi ha o
non ha Alex.
Alla fine dell’episodio, il
rilevatore di denaro si trasforma in un rilevatore di chilometri,
mentre Maddy e Alex salgono sulla station wagon e partono per il
Montana. Mentre stanno guidando, lo show torna indietro all’ultimo
giorno di terapia di gruppo di Alex, dove lei parla del suo giorno
più felice. Alex aveva scritto di un futuro giorno più felice
invece di scegliere un giorno felice del passato. Questo giorno
comprende un’escursione con Maddy sul monte Sentinel, dove possono
ammirare la loro nuova città e ricominciare da capo. Questa parte
va avanti e indietro tra la scrittura di Alex e la coppia
madre-figlia che vive realmente quel giorno più felice.
Ci sarà una seconda stagione di
Maid?
Lo spettacolo si conclude con una
nota così leggera e promettente, che lascia a chi lo guarda una
sensazione di speranza. Chiunque abbia vissuto un’esperienza simile
o conosca qualcuno che l’ha vissuta può capire che c’è una luce
alla fine del tunnel per tutti. Sebbene Netflix
non abbia in cantiere una seconda stagione, la storia di Alex e
Maddy è stata lasciata aperta. Anche se questa è la fine della
strada per Alex e Maddy, Maid è uno show che rimarrà impresso a
chiunque lo guardi.
È l’ultima settimana del
giugno 2009. I genitori di Andrea e Tommaso sono partiti per le
vacanze, e il sedicenne Andrea decide di sfruttare la loro assenza
per saltare il campo estivo e fare l’amore per la prima volta con
la ragazza più bella della scuola. Per riuscire nella sua impresa
innesca una serie di accadimenti a catena che lo portano, insieme
al fratellino di nove anni innamorato di Michael Jackson, e a un
anziano conosciuto in un ospizio, a vivere un’avventura carica di
imprevisti.
Prodotto da 999 Films con Rai
Cinema, e scritto e diretto da Francesco Calabrese ed
EnricoAudenino, Maicol Jecson è una commedia di formazione
che indaga le dinamiche del rapporto tra adolescenti, anziani e
bambini, ed esplora l’amore adolescenziale, l’amicizia, i rapporti
familiari al di là dei legami di sangue e la scoperta
dell’identità. È interpretato da Remo Girone, Tommaso Maria Neri e
Vittorio Gianotti (per la prima volta sullo schermo). In uscita il
17 luglio distribuito da Wider Films.
Estate 2009, ultima
settimana di giugno. La promessa fatta dalla ragazza dei suoi
sogni, Eva, è di quelle da far tremare le gambe: “Ok, va bene,
farò l’amore con te, per la prima volta”. Pur di non perdere
questa occasione il quindicenne Andrea (Vittorio
Giannotti) è pronto a tutto, anche ad ingannare i genitori
facendo loro credere di essere al campo estivo mentre loro sono in
vacanza. Il piano studiato nel dettaglio per avere campo libero in
casa è rovinato dall’inaspettata presenza del fratellino Tommaso
(Tommaso Neri), intelligente quanto originale.
Come liberarsi del piccolo guastafeste? Dopo vari tentativi
falliti, Andrea proverà a parcheggiarlo in un ospizio ma da
quell’ospizio il piccolo Tommaso scapperà insieme ad un altro
eccentrico personaggio, Cesare (Remo Girone), che
renderà le avventure dei due ancora più imprevedibili e
pazzesche.
Maicol
Jecson è un film diretto dal duo di trentenni
rampanti composto da Francesco Calabrese ed
Enrico Audenino. Commedia brillante e divertente
presentata e confezionata con una certa originalità dai due giovani
registi i quali propongono uno stile alquanto innovativo che
strizza spesso l’occhio al modello del video-clip televisivo.
Personaggi ben studiati e
adattati sulle spalle di attori giovani e meno giovani, al debutto
così come con una lunga carriera alle spalle, ma tutti egualmente
bravi e credibili nelle rispettive interpretazioni. Così si fanno
apprezzare i due giovani protagonisti, Vittorio
Giannotti nei panni del teenager tipico, un po’ ribelle e
insofferente al mondo degli adulti, e il piccolo Tommaso Neri,
bravissimo e talentuosissimo, che il regista Calabrese ha
fortemente rivoluto con lui dopo la comune esperienza in I
killer. Il titolo del film deriva proprio dalla grande
passione del personaggio di Tommaso per Micheal
Jackson, vero e proprio idolo che rimarrà sempre sullo
sfondo delle vicende, sino alla drammatica notizia che sconvolgerà
Tommaso, e con lui milioni di fan, proprio alla fine di
quell’estate di cinque anni fa.
A completare questo improbabile
terzetto inter-generazionale, ecco il sempre ottimo Remo
Girone, il quale si mette ammirevolmente in discussione
nei panni di un personaggio per lui insolito e in una scrittura per
lui insolita. Invece il vecchio leone da palcoscenico stupisce per
la potenzialità auto-ironica che raramente ha messo in mostra nel
corso della sua lunga quanto straordinaria carriera divisa tra
cinema e teatro. Maicol Jecson è quindi una bella storia, semplice
e gradevolissima, raccontata con gusto e senza eccessi; una storia
che affronta il tema dei rapporti giovani-adulti, un rapporto
spesso difficile, fatto di distanze che spesso appaiono incolmabili
e che invece, in fondo, non sono poi così inconciliabili.
Maicol
Jecson uscirà nelle sale italiane a partire dal
prossimo 17 di luglio, grazie ad una co-produzione Rai Cinema e 999
Films.
Il prossimo 3 gennaio arriva al
cinema, in 350 copie, l’ultima pellicola di Carlo ed
Enrico Vanzina, Mai Stati Uniti. Per la terza
volta nella loro carriera, dopo Vacanze in
Americanegli anni ’80 e Sognando la
California negli anni ‘90, i due tornano ad ambientare un
film negli Stati Uniti.
La storia di Mai Stati
Uniti vede protagoniste cinque persone che attraversano un
momento molto critico della loro vita, tra problemi lavorativi e
privati: Antonio (Vincenzo Salemme), un cameriere rovinato
dalla passione per il gioco, Angela (Ambra Angiolini), una
segretaria single divorata dall’ansia e dagli attacchi di panico,
Nino (Ricky
Memphis), un padre divorziato e senza lavoro, Carmen
(Anna
Foglietta), una precaria votata unicamente allo shopping e
alla palestra e, infine, Michele (Giovanni Vernia), un
giovanotto ingenuo che lavora da anni in un bioparco. Questi
sconosciuti, che all’apparenza non hanno niente in comune,
scopriranno di essere tutti figli di un uomo che, morto da poco, ha
lasciato loro una grande eredità. Ovviamente, prima di incassare il
denaro, dovranno fare qualcosa: andare in Arizona e gettare le
ceneri del defunto padre nel Lago Powell.
In collaborazione con
l’attore/sceneggiatore Edoardo Falcone, visto in entrambi i
film diretti da Massimiliano Bruno, i fratelli
Vanzina portano sullo schermo la semplicità della comicità italiana
con l’onestà della battuta romana e la fantasia di quella
napoletana, una comicità che, priva di volgarità, ma non di
parolacce, ci accompagna durante tutto questo film on the
road. Ci si dimentica ben presto dello scopo del viaggio, a
vantaggio della scoperta dei personaggi, di quello che li divide e
li unisce. La scena in cui quasi tutti i protagonisti s’imbattono
in Maurizio Mattioli, un romano ricco e rozzo in vacanza a
Las Vegas, è tra le poche veramente divertenti. Esilarante, forse
soprattutto per noi romani, è lo scambio tra lui e Ricky Memphis.
Buona prova anche per il giovanissimo Andrea Pittorino, che
interpreta il figlio di Nino, Roby.
Le bellissime location
americane (Gran Canyon, Las Vegas, Monte Rushmore, ecc.), le
disavventure e gli equivoci, gli omaggi venati di comicità ai
grandi film del passato, western e non, come Easy
Riders e Intrigo Internazionale, e i
riferimenti alle più recenti commedie made in USA, Una
Notte da Leoni e Parto col Folle, dimostrano
l’intenzione di voler proporre qualcosa di nuovo: un film che esce
nel periodo festivo ma che si allontana dal genere del
cinepanettone, una commedia che sfrutta i luoghi comuni americani
ma con i ritmi della comicità italiana, una storia che vuol far
ridere e pensare a ciò che ci può salvare in questo triste periodo
di crisi, la famiglia.
Insomma, le intenzioni dei Vanzina
sono delle migliori, ma il risultato non è niente di eccezionale.
Non basta andare all’estero con un buon cast e una sfilza di
strani, sfigati e, a volte, ridicoli personaggi per ottenere un
prodotto comico originale. Per chi si accontenta, è garantita più
di una risata.
Al Festival arriva il giorno del
primo film dal Sud America in Concorso, Mai
Morire, pellicola messicana diretta da
Enrique River, già autore nel 2008 del film
Parque vía.
Mai Morire
racconta la storia di Chayo che fa ritorno a Xochimilco, suo paese
natale, per prendersi cura dell’anziana madre e affrontarne la
morte. Circondata da amore e da una bellezza sublime, Chayo si
ritroverà a rinunciare a ciò che come donna e madre è
irrinunciabile. E sarà proprio questo il prezzo della sua
liberazione.
L’opera si presenta come
un’affascinante insieme di suggestioni, sensazioni e
tradizioni del Messico, che fa della suo misticismo una delle
peculiarità più sfruttate nel cinema ma anche uno degli aspetti più
sensazionali. Questo aspetto è così presente e invadente da
rappresentare anche il limite più grande del film, se pensiamo alla
difficile condizione nella quale la protagonista muove i suoi
passi, fatti non tanto di avvenimenti, quanto di sensazioni da
provare, luoghi da visitare, mani da sfiorare.
Quello che maggiormente colpisce
del film è l’incomunicabilità che accomuna gran parte dei
personaggi, salvo forse i due bambini, figli della protagonista,
che nel film rappresentano l’innocenza. E’ questa incomunicabilità
che rende più difficile affrontare i rapporti della protagonista
che ritorna nella sua terra natia per redimersi dal passato.
Enrique River al
suo secondo lungometraggio riesce nell’intento di trasporre in
immagini un mondo incredibile che fa della fede e del culto dei
morti una delle ragioni di vita, anche grazie ad una splendida
fotografia e ad un’amabile sensibilità per i piccoli gesti e
l’inafferrabile silenzio che contaminano tutto il lavoro. Non sarà
forse il film migliore del Festival ma di certo è il più coerente
dei lavori.
Guarda il trailer italiano di Mai
così vicini, il film di Rob Reiner con
Michael Douglas, Diane Keaton e Sterling Jerins,
che arriverà in Italia il 10 luglio distribuito da Videa.
Ci sono milioni di
ragioni per non provare simpatia nei confronti dell’agente
immobiliare Oren Little (Michael Douglas). Intenzionalmente
indisponente verso il genere umano, non desidera altro che vendere
un’ultima casa e andare in pensione in santa pace. I suoi piani
però vengono scombinati dal figlio che, inaspettatamente, gli molla
la nipote, della cui esistenza non sapeva nulla. Incapace di
prendersi cura della tenera bambina di nove anni, la affida alla
risoluta ed amabile vicina di casa Leah (Diane Keaton) e cerca di
tornare alla sua monotona quotidianità ma, un po’ alla volta e con
una certa riluttanza, Oren imparerà ad aprire il cuore alla
famiglia, a Leah e alla vita stessa. Una commedia esemplare
sull’esistenza e sull’amore dall’acclamato regista Rob Reiner
(Harry ti presento Sally, Non è
mai troppo tardi).
Arriva al cinema distribuito da
Videa Mai così vicini, la nuova commedia romantica diretto
da Rob Reiner, e con protagonisti Michael
Douglas e Diane Keaton.
In Mai così vicini
Oren Little è un agente immobiliare indisponente verso il genere
umano che non desidera altro che vendere la sua casa e andare in
pensione. I suoi piani però vengono scombinati dal figlio che,
inaspettatamente, gli lascia sua nipote per scontare una pena in
carcere e della cui esistenza non sapeva nulla. Incapace di
prendersi cura della bambina di nove anni, la affida alla risoluta
ed amabile vicina di casa Leah, cantante di locali, che pian piano
e incontrando una certa resistenza riuscirà a fare breccia nella
vita di Oren.
Rob Reiner
(Harry ti presento Sally – Non è mai troppo
tardi) regista che ha fatto della commedia il suo
genere ideale, torna al cinema con un film che esplora il genere
sentimentale riuscendo a dosare umorismo e romanticismo in chiave
“classica” ma ben riuscita. Seppur la storia possa sembrare vista e
in qualche modo scontata, due vicini che si odiano in un primo
momento e poi cominciano a conoscersi, qui diventa una peculiarità
predominante all’interno della storia. Il vicinato è un microcosmo
in cui tutti i personaggi interagiscono tra di loro con gli usuali
scambi di (s)cortesie e di saluti, nonché di pettegolezzi e
relazioni. Da questa struttura la sceneggiatura di
Mark Andrus (Qualcosa è cambiato) riesce
a inserire due protagonisti che, come in quasi tutte le commedie
del regista statunitense, si mettono in contrapposizione attraverso
forti scontri caratteriali e scene molto dialogate in cui emergono
uomini convinti di sapere esattamente quello che vogliono dalla
vita e donne principalmente più mature e coraggiose.
Queste doti sono messe in risalto
dalla qualità dei due premi Oscar, Michael Douglas e Diane
Keaton, il primo ama il suo perfetto stile di vita da
ricco snob fatto di una scintillante routine tra passeggiate in
macchina e martini, ma soprattutto occupato a non interessarsi
minimamente degli altri. Mentre la seconda, con la sua “solita
interpretazione” di personaggi nervosi e insicuri che l’hanno resa
la musa di Allen, riesce ad essere una donna ricca di interessi e
piena di amore come ci sottolineano le scene in cui ella canta. Del
cast chi riesce a ritagliarsi un posto con la forza della sua
incisività, è il due volte premio Tony Award Frances
Sternhagen nel ruolo di Claire, amica di Douglas e con cui
condivide esilaranti scene comiche che nascondono velate “morali”
di vita. Seppur la storia si concluda senza grandi peripezie, il
film riesce a trasmettere la risata e l’importanza delle seconde
possibilità.
Mai così vicini è
un buon film, che si ritaglia un posto nelle classiche commedie
sentimentali americane ma che si arricchisce del punto di vista di
Renier e dall’interpretazione, per la prima volta insieme, di due
mostri sacri di Hollywood quali Michael Douglas e Diane Keaton.
Al cinema dal 10 Luglio.
Arriva il poster di Mai
così vicini, il film di Rob
Reiner con Michael Douglas, Diane Keaton
e Sterling Jerins, che arriverà in Italia
il 10 luglio distribuito
da Videa.
Ci sono milioni di ragioni per non
provare simpatia nei confronti dell’agente immobiliare Oren Little
(Michael Douglas). Intenzionalmente indisponente verso il genere
umano, non desidera altro che vendere un’ultima casa e andare in
pensione in santa pace. I suoi piani però vengono scombinati dal
figlio che, inaspettatamente, gli molla la nipote, della cui
esistenza non sapeva nulla. Incapace di prendersi cura della tenera
bambina di nove anni, la affida alla risoluta ed amabile vicina di
casa Leah (Diane Keaton) e cerca di tornare alla sua monotona
quotidianità ma, un po’ alla volta e con una certa riluttanza, Oren
imparerà ad aprire il cuore alla famiglia, a Leah e alla vita
stessa. Una commedia esemplare sull’esistenza e sull’amore
dall’acclamato regista Rob Reiner (Harry ti presento Sally, Non
è mai troppo tardi).
“Non sono mai stato bravo a
parlare di me, per questo ho iniziato a scrivere canzoni”. Si
apre con questa dichiarazione d’intenti il documentario
Mahmood, diretto da Giorgio Testi e
scritto da Virginia W. Ricci. Dedicato al celebre
cantautore che a neanche trent’anni ha già vinto due volte il
Festival di Sanremo, il film, che fa parte delle proiezioni
speciali del Panorama Italia di Alice nella città,
sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di
Roma, ancor prima di essere un’opera celebrativa nei
confronti del cantante, vuole dar prova della sua umiltà, della sua
umanità e, soprattutto, della sua sensibilità.
Si ripercorrono dunque le principali
tappe della sua vita e del suo percorso artistico, dai primi
concorsi alla delusione di X Factor, dalla vittoria a Sanremo
Giovani con Gioventù bruciata a quelle a Sanremo Big con
Soldi e Brividi, dalle partecipazioni
all’Eurovision Song Contest fino al recente tour europeo andato
sold out. Quello di Mahmood è un percorso ricco di ostacoli,
speranze, incidenti di percorso, cadute e ripartenze che hanno
portato infine al successo tanto sperato, dietro il quale si
nascondono profondi dolori personali da metabolizzare attraverso la
musica e un forte amore, ricambiato, per la propria famiglia.
Mahmood: dallo sgabuzzino di casa
ai palchi d’Europa
Quello dedicato a Mahmood è solo
l’ultima di una serie di opere audiovisive dedicati a popolari star
della scena musicale italiana. Da Ferro, documentario su
Tiziano Ferro a Famoso, con protagonista il trapper Sfera
Ebbasta, fino al più recente Laura Pausini: Piacere di
conoscerti, che ripercorre la vita della celebre cantante
in modo molto particolare. Di Mahmood non si può certo
dire che proponga un approccio originale da un punto di vista
narrativo. Il film è infatti costruito seguendo un ordine
cronologico che se da un lato offre un ovvio e piacevole ordine,
dall’altro rischia di rendere il progetto scontato e
dimenticabile.
Se ciò non avviene del tutto lo si
deve in particolare a due precisi aspetti, il cui “merito” di
entrambi va prima di tutto allo stesso Alessandro
Mahmoud. Il primo è relativo alle riprese dei concerti
sostenuti nel 2022 dal cantante in alcune capitali europee. Come
ormai risaputo, Mahmood ha molta cura per le immagini che lo
riguardo, i look da sfoggiare, le luci e le scenografie con cui
interagisce. La sua attenzione per questi dettagli fa sì che i suoi
concerti risultino dei veri e propri spettacoli visivi e
riproponendo alcuni frammenti di essi anche lo stesso film
acquisisce un po’ per osmosi quel fascino.
Il secondo aspetto è dato dal
vissuto di Mahmood. Non sono infatti tanto i retroscena dietro i
suoi successi musicali a generare interesse, bensì i racconti che
egli offre riguardo il suo ardente desiderio di fare musica
nonostante le tante porte in faccia, riguardo il rapporto con
l’amata madre, con quel padre assente e con quel desiderio di
potersi sentire a casa. Di Mahmood si è detto che il suo sguardo
sembra sempre rivolto altrove, come se ogni volta dovesse partire
per una nuova meta o tornare a casa dopo un lungo viaggio, più
nello specifico magari in quello sgabuzzino di casa dove da piccolo
racconta di essersi sentito al sicuro, costruendo i propri mondi di
fantasia.
Lo sguardo di Mahmood
Il film offre dunque un maggior
approfondimento della vita di Alessandro Mahmoud prima di diventare
il Mahmood cantante capace di emozionare persone proveniente di
contesti diversi, infrangendo barriere linguistiche e culturali.
All’interno di un documentario dalla struttura canonica, dunque, si
cerca di far emergere quel mondo emotivo che Mahmood non ha mai
saputo esprimere se non attraverso le proprie canzoni, svelando
tutto di sé attraverso queste. Addirittura la madre, che fornisce
una delle testimonianze più belle del film, racconta di aver
conosciuto meglio suo figlio attraverso tali testi che non tramite
le loro conversazioni quotidiane.
Si può naturalmente scegliere di
credere o non credere all’umiltà che il cantante mette sul piatto
con questo documentario. Mahmood è notoriamente un artista molto
divisivo, controverso e spesso difficile da definire (cosa,
quest’ultima, non necessariamente negativa). Il film manca di
essere tutto ciò, non raggiungendo dunque quella somiglianza tra
artista e opera a lui dedicata che in altri casi simili si è
dimostrata vincente, ma è certamente emozionante nell’offrire il
racconto di un ragazzo che ha creduto talmente tanto nei propri
sogni da riuscire infine a realizzarli. Un discorso che certamente
toccherà l’animo di quanti, si spera molti, coltivano i propri
sogni con cura e impazienza.
MAHMOOD è il
racconto della vita di Mahmood tra Milano e l’Egitto, i suoi
affetti più cari, la musica, le vittoria a Sanremo, Eurovision, il
tour europeo, i backstage dei suoi lavori. Diretto da
Giorgio Testi, scritto da Virginia W.
Ricci e prodotto da Red Carpet, Società del Gruppo
ILBE, in collaborazione con Prime Video, il docufilm racconta,
attraverso la voce di Alessandro Mahmoud e le
testimonianze di artisti come Blanco, Carmen Consoli,
Dardust, il percorso che, da ragazzino nato e cresciuto
nella periferia milanese, l’ha portato al successo facendolo
diventare il fenomeno musicale MAHMOOD.
Due volte vincitore di Sanremo –
nel 2019 con “Soldi” e nel 2022 con “Brividi” in coppia con Blanco,
un tour europeo SOLD OUT, due fortunate partecipazioni
all’Eurovision Song Contest, miliardi di visualizzazioni e stream
dei suoi brani e video (tra le hit Soldi, Barrio, Brividi,
Rapide, Dorado), collaborazioni, anche in veste di autore, con
gli artisti più seguiti e rispettati della scena musicale
contemporanea pop, R&B, rap e trap – da Blanco a Carmen
Consoli, da Marco Mengoni a Elodie ed Elisa; da
Fabri Fibra a Guè Pequeno, Massimo Pericolo, Sfera Ebbasta. Tutto
questo è Mahmood.
MAHMOOD si spinge
oltre la pura e semplice celebrazione musicale per costruire una
narrazione intima, fatta di momenti solitari, di bagni di folla
durante le performance live e delle relazioni con le persone che
hanno lasciato un segno nella sua vita personale: la famiglia, da
sempre presente e suo punto di riferimento, gli amici, i
collaboratori. Un viaggio interiore che ha la musica come colonna
portante e dove l’amore e l’assenza trovano il loro modo di
coesistere. Grazie alla sua musica esploriamo il mondo di
Alessandro, la sua ricerca di qualcosa, che l’ha portato ad avere
più di quanto potesse sognare e che accompagna il suo sguardo
sempre lontano, come se ogni volta dovesse tornare a casa da un
viaggio o partire per una nuova meta.
Il documentario segue il cantautore
lungo tutto il suo tour europeo, ricostruendo per gli spettatori
cinematografici la storia di uno degli artisti italiani più amati
di questi anni: un percorso interiore che ha la musica come colonna
portante e dove l’amore e l’assenza trovano il loro modo di
coesistere. MAHMOOD è distribuito al cinema da Nexo Digital
solo dal 17 al 19 ottobre in collaborazione con i media partner
Radio DEEJAY e MYMovies.it.
Mahershala Ali è
uno di quegli attori che si è fatto una bella gavetta per trovarsi
dove è ora. Dopo aver partecipato a qualche serie televisiva di
successo, in ruoli prevalentemente minori, ha debuttato al cinema
nel 2008 grazie a Il curioso caso di Benjamin Button.
Da quel film in poi la sua carriera
non si è più fermata, vincendo anche un Oscar al Miglior Attore non
Protagonista per Moonlight. Nonostante ciò, Mahershala è
rimasto un uomo umile, conscio delle sue responsabilità e sempre
pronto a mettere tutto l’impegno possibile nel lavoro che
svolge.
Mahershala Ali: i suoi film e le
serie TV
1. Ha recitato in noti
film. Il debutto cinematografico dell’attore avviene nel
2008, con un ruolo marginale nel film di David
FincherIl curioso caso di Benjamin
Button. Da questo film in poi la sua carriera è tutta in
ascesa: entra nel cast di Crossing Over (2009), Predators (2010),
Come un tuono (2012) e in quello degli ultimi due film
della saga di Hunger Games, ovvero Il canto della
rivolta –
Parte 1 (2014) e Parte 2 (2015). Nel 2016 recita in Free State of Jones e in Moonlight, consacrandosi grazie a quest’ultimo.
Successivamente recita in Il diritto di contare
(2016), Green Book (2018) e
Alita – Angelo della
battaglia (2019). Prossimante reciterà in Swan Song,
Leave the World Behind e Blade.
2. Mahershala Ali e il
legame con le serie tv. Mahershala Ali ha iniziato la sua
carriera grazie alla televisione: infatti, la sua prima apparizione
avviene nella serie Crossing Jordan (2001-2002), per poi
continuare nel mondo delle serie con Codice
Matrix (2003-2004), 4400 (2004-2007) e
Lie To Me (2009). Parallelamente alla sua carriera
cinematografica, Ali ha poi continuato a recitare in diverse serie
tv, come Treme (2011-2012), Alcatraz
(2012), Alphas (2011-2012), House of Cards – Gli intrighi del potere (2013-2016) e
Marvel’s Luke Cage (2016). Nel
2019 interpreta il protagonista della terza stagione di True
Detective, Wayne Hays. Nel 2020 è invece Sheikh Malik in
Ramy.
Mahershala Ali: chi è sua
moglie
3. Mahershala Ali è sposato
ed è padre di una figlia. Maheshala Ali ha una relazione
con Amatus Sami-Karim, un’artista e compositrice.
I due si sono conosciuti mentre frequentavano la New York
University e si sono sposati nel 2013. La coppia ha poi avuto la
loro prima figlia il 22 febbraio del 2017, giusto qualche giorno
prima che l’attore conquistasse il suo primo Oscar. Mahershala e
sua moglie non sono poi soliti condividere dettagli sulla loro vita
privata, preferendo tenere questa lontana dai riflettori.
Mahershala Ali in Hunger Games
4. Ha recitato nella celebre
saga. Tra i primi ruoli cinematografici importanti di Ali
si annovera anche quello da lui avuto negli ultimi due capitoli
della saga di Hunger Games. In questi egli ha interpretato
Boggs, secondo in comando del presidente Coin, il quale diviene poi
il protettore di Katniss nel momento in cui questa assume il ruolo
di Ghiandaia Imitatrice, simbolo della rivoluzione. È stato proprio
grazie a questo ruolo che Ali ha potuto dimostrare la sua bravura
come interprete, ottenendo poi sempre più attenzioni.
Mahershala Ali in Green
Book
5. Mahershala Ali ha dovuto
imparare a comportarsi come un pianista. Per il film
Green Book, in cui Ali interpreta Don
Shirley, un pianista afromericano che sarà seguito nel suo
tour per gli Stati Uniti dall’italoamericano Tony
Lip (interpretato da Viggo Mortensen), Ali ha lavorato per alcuni
mesi con Kris Bowers, che è anche l’autore della
colonna sonora del film. Pur non essendo lui davvero a suonare la
musica del film, Ali ha voluto imparare l’atteggiamento giusto per
un pianista, il modo corretto di stare seduto al piano, e come
comportarsi con lo strumento. In 3 mesi, Ali ha imparato la postura
e la coreografia delle melodie da suonare.
Mahershala Ali è Blade
6. Interpreterà il vampiro
della Marvel. Tra la fine degli
anni Novanta e i primi del Duemila è stata realizzata una trilogia
cinematografica dedicata al vampiro Blade, appartenente
all’universo della Marvel. Il personaggio,
interpretato da Wesley Snipes,
è stato uno dei primi supereroi ad ottenere un buon successo sul
grande schermo. A circa vent’anni di distanza, Blade è ora pronto a
tornare al cinema con un nuovo film che lo farà ufficialmente
entrare a far parte del Marvel Cinematic Universe. Ad
interpretarlo ci sarà proprio Ali, giudicato dai fan come la scelta
perfetta per il ruolo. Il film, ancora in fase di pre-produzione,
dovrebbe essere realizzato nel corso del 2022.
Mahershala Ali è su Instagram
7. Mahershala Ali ha un
profilo ufficiale Instagram. Mahershala Ali ha un account
ufficiale sul social di Instagram, seguito da più di 800 mila
persone. Non è molto attivo sul social, ma la sua bacheca pullula
di post che si dividono tra quelli dedicati alla sua famiglia e
quelli che riguardano il contesto lavorativo. Il suo lavoro è la
sua passione e condivide volentieri i progetti ai quali partecipa.
Seguendo l’attore sul social, dunque, si potrà rimanere sempre
aggiornati sulle sue attività.
Mahershala Ali, gli Oscar e altri
premi
8. Mahershala Ali ha vinto
l’Oscar per Moonlight. Nel 2016, Ali è stato
lodato per la sua interpretazione in Moonlight. In questo
film, scritto e diretto da Barry Jenkins, Ali ha
interpretato il personaggio di Juan, uno spacciatore che prende a
cuore Chiron, bambino tormentato che vive con una madre
tossicodipendente. Per questa sua performance, Mahershala Ali è
stato candidato a numerosi premi, tra cui gli Oscar. A questi
ultimi ha poi vinto come Miglior Attore non Protagonista,
risultando anche il primo musulmano a vincere l’ambita
statuetta.
9. Ha vinto un secondo
Oscar. Nel 2018 Ali ha recitato in Green Book, il
nuovo film di Peter Farrelly che racconta la vera storia
dell’amicizia che nasce tra un buttafuori italoamericano e un
pianista afromericano, il tutto nell’America degli anni Sessanta.
Per la sua interpretazione, Ali ha ricevuto le candidature, come
Miglior Attore non Protagonista, al Satellite Award, al SAG e al
Golden Globe. Ha infine vinto, a soli due anni di distanza dal
precedente, un secondo Oscar come miglior attore non
protagonista.
Mahershala Ali: età e altezza dell’attore
10. Mahershala Ali è nato il 16 febbraio del 1974 a
Oakland, in California, Stati Uniti. L’attore è alto
complessivamente 1.88 metri.
Durante il Comic-Con di San Diego
dello scorso anno, Kevin Feige
annunciò ufficialmente che il premio Oscar Mahershala Ali avrebbe interpretato Blade in
un nuovo cinecomic del MCU. Da allora, però, non ci sono
mai stati aggiornamenti significativi sul progetto, se non un
concept ufficiale – condiviso via Instagram dallo stesso Alì –
che mostrava l’attore nei panni di Eric Brooks.
Adesso, in una recente intervista
con
The Tight Rope, Mahershala Ali ha finalmente parlato del
film e di come sia riuscito ad ottenere la parte, rivelando di aver
sempre voluto interpretare il personaggio fin da quando ha ottenuto
la parte di Cornell “Cottonmouth” Stokes nella serie MarvelLuke
Cage.
“Quando Luke Cage è stato
presentato per la prima volta, mi sono rivolto al mio agente e gli
ho detto: ‘Cosa stanno facendo con Blade?’. Sapevo che stavano
cercando un modo per riportare il personaggio al cinema. Per me è
stato eccitante entrare a far parte dell’universo Marvel alla televisione, ma la
verità è che il mio obiettivo è sempre stato il cinema.”
“Ci sono voluti un paio d’anni
prima che tutto si concretizzasse”, ha continuato l’attore.
“Volevo davvero interpretare quel personaggio e affrontare
quella responsabilità. Mi piace che sia un personaggio oscuro,
ovviamente in riferimento al tono. È decisamente più cupo rispetto
a tutti gli altri personaggi. Questo è stato l’elemento di maggior
interesse per me.”
Ali ha parlato anche dell’eredità
di Wesley
Snipes, che ha interpretato Eric Brooks/Blade
in ben tre film, realizzati tra il 1998 e il 2004: “Nella mia
mente c’era sicuramente un legame con Wesley Snipes. Quando ero al
liceo le persone mi dicevano che ci somigliavamo. Il lavoro di
Wesley mi ha sicuramente ispirato, tuttavia è stata la mia
partecipazione a Luke Cage a permettermi di pensare alla parte e di
capire cose stessero facendo al riguardo.”
Cosa sappiamo di Blade con Mahershala Ali?
Al momento su Bladevige
il mistero più assoluto: non sappiamo infatti né
chi si occuperà della regia, né chi della sceneggiatura e,
soprattutto, quali attori affiancheranno Ali nel cast.
Mahershala Aliè uno dei
nomi più “caldi” del momento, a Hollywood. Dopo il suo exploit nel
2016 con Moonlight, che gli ha
regalato il primo Oscar da non protagonista, Ali ha fatto doppietta
quest’anno con Green
Book, nella stessa categoria. Intanto ha continuato a
coltivare il cinema da blockbuster (è nel cast
di Alita: l’Angelo della Battaglia) e la
grande serialità televisiva (è stato protagonista della terza
stagione di True Detective).
Ali non è estraneo al cinema di
supereroi. Ha dato la voce a Prowler in Spider-Man: Un
Nuovo Universo ed è stato Cottonmouth nella prima
stagione di Luke Cage per Marvel/Netflix.
Mahershala Ali è
entrato a far parte del cast di Triple Frontier,
il prossimo progetto di J. C. Chandor,
che torna al cinema dopo 1981 – Indagine a New
York.
Il film doveva essere diretto
da Kathryn Bigelow che però ha ceduto il
progetto.
La storia si svolge sul confine tra
Paraguay, Argentina e Brazile, la cosiddetta “tripla frontera” del
titolo, dove, alla convergenza tra i fiumi Iguazu e Parana,
convergono una serie di attività criminali difficili da
controllare.
Al fianco
di Ali, nel film, sono stati confermati
Tom Hardy e Channing Tatum,
mentre Johnny Depp, che si era avvicinato al
progetto, ha poi declinato.
Mahershala
Ali miglior attore non
protagonistaè il frontrunner per la corsa all’Oscar
2017 nella categoria . L’Academy ha premiato la sua breve ma
intensa interpretazione in Moonlight, di
Barry Jenkins, film che arriva alla notte di
Hollywood con sei nomimation.
Tobey Maguire, Tom
Hardy e Leonardo DiCaprio produrranno un
film per la Warner Bros sul traffico di animali. La Warner Bros ha
messo in cantiere un nuovo progetto cinematografico che unisce un
trio di attori di prima linea: Leonardo DiCaprio, Tom Hardy e Tobey
Maguire. I tre produrranno un film che denuncia il traffico di
animali, basato su un’idea di Tom Hardy, attore di spicco
nell’ultimo periodo (da domani sugli schermi italiani ne
Il Cavaliere Oscuro – Il
Ritorno). L’idea iniziale è ispirata alla vicenda di un
amico di Hardy, che faceva parte delle Forze Speciali in lotta in
Sudafrica contro il bracconaggio.
Sulla linea di Traffic di
Steven Soderbergh, si tratta di un soggetto di attualità da
esplorare in maniera multiforme, dalla guerra condotta nella savana
africana contro i bracconieri sino al modo in cui il massacro degli
animali conduce alla vendita di prodotti di lusso da parte delle
imprese di moda di Parigi.
DiCaprio è notoriamente un
animalista e sarà affiancato dunque da due colleghi con cui ha già
lavorato di fronte alla camera da presa: in Il Grande Gatsby con l’amico di sempre
Maguire, in Inception con Hardy. Il progetto, ancora senza
titolo, è in cerca di uno sceneggiatore. Non sappiamo se oltre a
produrre i tre attori reciteranno nel film, anche se pare
plausibile.
La serie reboot di Magnum
P.I. è ufficialmente destinato a concludersi
su NBC con l’uscita della seconda parte della quinta stagione
che arriverà nel 2024. Come rivelato da Deadline , la NBC ha
deciso di non ordinare più episodi di Magnum P.I.
oltre la quinta stagione che è composta da ben 20 episodi che ha
commissionato lo scorso anno. Il noto sito americano riferisce che
la NBC dovrebbe “montare una campagna considerevole” per
quello che sarà commercializzato come il capitolo finale dello
show, composto dai restanti 10 episodi.
Basato sull’omonima serie del
1980-1988, Magnum P.I. è stato inizialmente presentato
per la prima volta su CBS nel 2018. La serie è interpretata da
Jay Hernandez nei panni di Thomas Magnum, un
ruolo occupato da Tom Selleck nell’incarnazione originale degli
anni ’80. A causa di disaccordi sui costi di licenza con la
Universal, la CBS ha annullato il riavvio di
Magnum P.I. nel 2022 dopo quattro stagioni. Poco
dopo, la NBC ha ripreso lo spettacolo per una quinta stagione di 20
episodi, che sarebbe stata divisa in due parti.
Perché la NBC ha appena cancellato Magnum
P.I.?
I 10 episodi che compongono
Magnum P.I. Stagione 5, Parte 1 sono stati
trasmessi su NBC da febbraio 2023 ad aprile 2023. La Stagione 5,
Parte 2 di Magnum P.I. dovrebbe attualmente andare in onda come
parte della mezza stagione 2024. Tuttavia, Deadline riferisce che i
nuovi episodi potrebbero potenzialmente arrivare prima, a seconda
dell’impatto dello sciopero in corso della Writers Guild of America
(WGA).
Mentre Magnum
P.I.Stagione 5, Parte 2 non andrà in onda fino al prossimo
anno, le opzioni sul cast scadranno nel giro di pochi giorni il 30
giugno. Secondo Deadline, questo “ha forzato il problema
ora“. Evidentemente, la NBC aveva tre opzioni: dare allo show
un rinnovo anticipato della sesta stagione,
estendere le opzioni sul cast o lasciare il cast e terminare lo
show.
Un rinnovo anticipato della sesta
stagione era improbabile, dato che le reti esitano a distribuire
pickup durante il suddetto sciopero WGA. Nel frattempo,
estendere le opzioni avrebbe imposto una lunga presa sul cast, dal
momento che – in quello scenario – la NBC non avrebbe dovuto
prendere una decisione sul rinnovo della sesta stagione per un
altro anno. Pertanto, la rete alla fine ha optato per
l’opzione numero tre.
Perdita Weeks, Zachary Knighton, Stephen Hill, Tim Kang e Amy
Hill recitano insieme a Hernandez nella serie. Lo
showrunner Eric Guggenheim, Justin Lin, John Davis e John Fox sono
i produttori esecutivi; dovrebbero anche tornare. La
serie continuerà ad essere una co-produzione tra Universal TV e CBS
Studios.
Magnolia di
Paul Thomas
Anderson, uscito nel 1999, è un tour de force
cinematografico che sfida la facile categorizzazione. La vasta
epopea melodrammatica intreccia le vite di diversi personaggi nella
San Fernando Valley, esplorando i temi del rimpianto, della
redenzione e dell’interconnessione dell’esperienza umana. Al centro
del film c’è una serie di eventi apparentemente non correlati che
culminano in un climax surreale e indimenticabile: una pioggia di
rane dal cielo. Prima di questo momento, Magnolia
si addentra però dunque nelle vite del suo cast corale di
personaggi, rivelando le loro lotte, i loro traumi e i loro momenti
di grazia inaspettata.
Da un poliziotto tormentato in cerca
di redenzione a un conduttore televisivo morente alla disperata
ricerca di perdono, la storia di ogni personaggio è un riflesso
toccante della condizione umana. Sullo sfondo della pioggia di rane
nel finale – un fenomeno bizzarro e inspiegabile – questi
personaggi affrontano il loro passato, fanno i conti con i loro
demoni e cercano un senso nel caos delle loro vite. Attraverso la
sua audace narrazione, il finale di Magnolia sfida
gli spettatori ad affrontare le incertezze della vita e ad
abbracciare il viaggio disordinato e bellissimo dell’esistenza.
La spiegazione del finale di
Magnolia
La pioggia di rane nel finale di
Magnolia è un evento surreale ed enigmatico che
funge da metafora centrale per l’esplorazione del film
sull’interconnessione, la redenzione e la caotica imprevedibilità
della vita. Il suo significato trascende l’interpretazione
letterale delle rane che cadono dal cielo, racchiudendo una
moltitudine di strati simbolici che risuonano con il viaggio di
ogni personaggio e con i temi generali della narrazione. A livello
letterale, le rane sfidano le spiegazioni razionali e mettono in
discussione la percezione della realtà dei personaggi. Si tratta
dunque di un’interruzione stridente dell’ordine naturale del mondo,
un fenomeno bizzarro che sfida la logica e la razionalità.
Al di là della sua manifestazione
letterale, la pioggia di rane ha però un profondo significato
metaforico. Nelle tradizioni bibliche e mitologiche, le rane sono
state associate a piaghe e interventi divini, simboleggiando il
caos, la trasformazione e la rinascita. In
Magnolia, la doccia di rane può essere invece
interpretata come una simbolica pulizia, un evento dirompente ma
trasformativo, che ha significati diversi per ogni personaggio,
riflettendo le loro lotte, le loro paure e i loro desideri
individuali. Per alcuni rappresenta un momento di resa dei conti e
di catarsi, mentre per altri funge da catalizzatore per
l’introspezione e la scoperta di sé.
Nel corso del film, Frank
T.J. Mackey (uno dei migliori personaggi di Tom Cruise) è ritratto come una figura
sfacciata e carismatica, un guru dell’auto-aiuto che predica una
filosofia iper-maschile di dominio e controllo. Si presenta come un
esempio di sicurezza e successo, insegnando agli uomini come
manipolare e sedurre le donne, mascherando le proprie profonde
insicurezze e ferite emotive. Tuttavia, Frank viene incoraggiato ad
affrontare il padre morente, Earl Partridge
(Jason Robards), da Phil
(Philip Seymour Hoffman). Questa scena culminante
rappresenta un cambiamento profondo per Frank, che si libera della
sua facciata da macho e affronta la vulnerabilità e il dolore che
si nascondono sotto di lui.
La pioggia di rane funge da sfondo
simbolico per il momento della resa dei conti di Frank. Mentre le
rane piovono, Frank si confronta con l’imprevedibilità e
l’impermanenza della vita, spingendolo a rivalutare le sue priorità
e ad affrontare le sue paure e i suoi rimpianti più profondi.
Questo momento rappresenta un’opportunità cruciale per Frank di
riconciliarsi con il padre e, per estensione, con sé stesso. Frank
mette dunque a nudo le sue insicurezze e le sue paure, liberandosi
della corazza difensiva del suo personaggio di macho per rivelare
il bambino ferito che c’è sotto. Entrando in contatto con il padre
a un livello profondamente emotivo, Frank trova un senso di
chiusura e accettazione che gli era sfuggito da tempo.
Le rane fungono da intervento
cosmico per Stanley
Stanley Spector
(Jeremy Blackman) è invece un bambino prodigio del
quiz show What Do Kids Know? La storia di Stanley esplora
le pressioni del suo successo precoce, lo sfruttamento dei genitori
e la ricerca dell’autonomia. È uno sguardo avvincente sul mondo
interiore di un bambino oppresso dalle aspettative. Fin
dall’inizio, Stanley è raffigurato come straordinariamente
intelligente, ma visibilmente a disagio con i riflettori. Le
aspettative riposte su di lui dal padre, Rick
(Michael Bowen), sono immense e soffocanti. Rick
vede Stanley non come un bambino, ma come un mezzo per ottenere
fama e benefici finanziari, spesso ignorando i bisogni emotivi e
sociali del figlio.
La pioggia di rane rappresenta un
punto di svolta cruciale per il bambino. Questo evento bizzarro e
caotico interrompe il normale corso della vita, fornendo a Stanley
una pausa metaforica e letterale dalla pressione incessante di
esibirsi. Per Stanley, le rane rappresentano un momento di
intervento cosmico, che gli dà la possibilità di affermare i propri
bisogni e desideri, cosa che fa affrontando direttamente il padre.
Questo confronto è un momento cruciale di responsabilizzazione per
Stanley, che finalmente dà voce alle sue frustrazioni e chiede di
essere trattato con considerazione e rispetto.
Dopo la doccia di rane, la
narrazione di Stanley si sposta verso una direzione più
introspettiva e autonoma. Torna sul set del quiz show, non per
soddisfare le aspettative del padre o del pubblico, ma per cercare
la comprensione del conduttore del programma, Jimmy
Gator (Philip Baker Hall in uno dei suoi
migliori ruoli). Questa interazione è fondamentale perché
rappresenta il tentativo di Stanley di trovare convalida ed empatia
da parte di un altro adulto, al di fuori del contesto di
sfruttamento del rapporto con il padre.
Jim Kurring
(John
C. Reilly) è un agente di polizia che incarna i temi
dell’onestà, dell’integrità e della semplicità. Si muove nel suo
ruolo di agente di polizia con il sincero desiderio di fare del
bene, nonostante le ambiguità morali che lo sfidano. Tuttavia, Jim
è un po’ ingenuo ed eccessivamente ottimista, un uomo che crede
profondamente nella bontà intrinseca delle persone e nella
chiarezza morale del suo ruolo. Questa visione viene ripetutamente
messa alla prova, prima attraverso le sue interazioni durante i
compiti di polizia e poi attraverso il suo coinvolgimento romantico
con Claudia Gator (Melora
Walters), una donna che lotta con problemi molto
profondi.
Man mano che
Magnolia procede, Jim viene sottoposto a prove che
mettono a nudo le sue vulnerabilità e i suoi limiti. Un momento
cruciale si verifica quando perde la pistola – simbolo della sua
autorità e competenza – evidenziando la sua fallibilità e fragilità
umana. Questo incidente getta le basi per le esperienze successive,
spingendolo a confrontarsi con le proprie imperfezioni e con la
realtà che la vita non sempre si attiene a giudizi morali netti. La
pioggia di rane rappresenta per lui un punto di svolta surreale e
caotico. In questo momento, la natura inspiegabile dell’evento lo
costringe a riconsiderare la sua fede nella comprensione del mondo
attraverso una lente strettamente razionale e ordinata.
Simboleggia una rottura con la sua
precedente visione del mondo, mettendolo di fronte alla pura
imprevedibilità della vita. Per Jim, le rane rappresentano un
momento di intervento divino o cosmico, che lo spinge ad
abbracciare l’ignoto e ad accettare che non tutto può essere
controllato o compreso. All’indomani della pioggia di rane, trova
un senso di risoluzione nel suo rapporto con Claudia. La loro scena
finale insieme, in cui Claudia sorride tra le lacrime, suggerisce
un futuro pieno di speranza. Per Jim, questo momento significa
accettare Claudia – e, per estensione, la vita stessa – con tutte
le sue imperfezioni e incertezze. Impara che l’amore e il legame
richiedono l’accettazione degli altri così come sono, proprio come
lui deve accettare sé stesso.
Jimmy Gator è l’unico personaggio
che non ha una chiara risoluzione
Jimmy Gator è il
carismatico conduttore di successo del quiz show What Do Kids
Know? la cui vita nasconde conflitti personali e oscuri
segreti, ma anche sensi di colpa e rimpianti. Mentre affronta una
diagnosi di cancro terminale, Jimmy è spinto a cercare il perdono
della figlia Claudia, da cui si è allontanato,
mentre si confronta con l’impatto delle sue azioni sulla famiglia e
sulla propria coscienza. I tentativi di Jimmy di raggiungere
Claudia si scontrano con ostilità e rifiuto, illustrando la
profonda frattura che li separa. La surreale pioggia di rane agisce
come manifestazione simbolica del caos interiore di Jimmy. Per lui,
le rane possono essere viste come una piaga biblica, una metafora
appropriata del suo confronto con i propri peccati e le relative
conseguenze.
Questo evento bizzarro sconvolge
l’ordine naturale, proprio come le rivelazioni e le accuse che
sconvolgono la vita e le relazioni di Jimmy. Nei suoi ultimi
momenti, Jimmy affronta un confronto solitario e doloroso con la
sua mortalità e la sua eredità. Il film non fornisce una chiara
risoluzione per lui, ma presenta un ritratto realistico di un uomo
che è allo stesso tempo imperfetto e simpatico. La sua storia
solleva domande sulla possibilità di redenzione e sulla natura
complessa delle relazioni umane. L’ambiguità che circonda le sue
azioni passate con Claudia (anche se il film implica pesantemente
un qualche tipo di abuso) costringe il pubblico a contemplare la
natura della verità e la difficoltà del perdono.
Il significato dell’inquadratura
finale con Claudia che guarda direttamente in camera
L’inquadratura finale di
Claudia che guarda direttamente in camera nel
finale di Magnolia è un momento di profondo
significato che racchiude i temi della vulnerabilità, della
resilienza e della ricerca della guarigione del film. Quando la
macchina da presa fa uno zoom sul volto di Claudia, catturando la
sua espressione piena di lacrime ma piena di speranza, il pubblico
è invitato a entrare nel suo mondo interiore. In questo momento,
Claudia diventa più di un semplice personaggio di una storia;
diventa un tramite per l’esperienza umana condivisa, invitando il
pubblico all’empatia e alla comprensione.
Il sorriso di Claudia tra le sue
lacrime indica un momento fragile ma genuino di speranza e
resilienza, un barlume di luce nell’oscurità dei suoi traumi e
delle sue lotte passate. Nonostante il dolore e l’incertezza che ha
sopportato, il sorriso di Claudia suggerisce la volontà di
abbracciare la possibilità di guarire e crescere, anche di fronte a
sfide mastodontiche. Inoltre, lo sguardo diretto di Claudia verso
lo spettatore funge da atto simbolico di empowerment e agency.
Rompendo la quarta parete e riconoscendo il pubblico, Claudia
afferma la sua presenza e il suo controllo sulla propria
narrazione.
Il finale di
Magnolia rappresenta dunque il culmine dei temi e
dei fili narrativi del film, offrendo una riflessione toccante e
aperta sulla complessità dell’esistenza umana. Sebbene la
conclusione del film sfugga a un’interpretazione univoca, il suo
vero significato risiede nell’esplorazione della redenzione,
dell’interconnessione e del potere duraturo della speranza in mezzo
al caos della vita. In fondo, il finale abbraccia l’ambiguità e
rifiuta di offrire risposte facili. Questo riflette la natura
disordinata e imprevedibile della realtà e la futilità di cercare
conclusioni definitive di fronte ai misteri della vita.
Nonostante la sua ambiguità, il
finale di Magnolia è pervaso da un senso di
redenzione e rinnovamento. Attraverso momenti di catarsi e
riconciliazione, molti dei personaggi trovano un barlume di
speranza in mezzo alle loro lotte e al loro dolore. Che si tratti
del timido sorriso di Claudia, della ritrovata accettazione delle
incertezze della vita da parte di Jim o dell’emozionante
ricongiungimento di Frank con suo padre, il finale suggerisce che
anche nei momenti più bui c’è spazio per la crescita, il perdono e
le seconde possibilità.
Presentato al Sundance Film Festival
di quest’anno, Frank, con protagonista
Michael Fassbender, è alla ricerca di una
distribuzione sul territorio nazionale. Il film pare essere stato
adocchiato dalla Magnolia Pictures che sarebbe vicina all’acquisto
dei diritti di distribuzione del film in America del Nord.
Eamonn
Bowles, presidente di Magnolia, ha detto questo in merito
al film: “Tutti noi di Magnolia siamo completamente presi dal
film. E’ la conferma del grande talento di Lenny Abrahamson, che ha
realizzato un film bello e divertente che parla a più livelli di
quello che vuol dire essere un artista. Che Michael Fassbender
riesca ad essere così straordinario anche indossando tutto il tempo
una maschera di cartone è la prova che ha fatto un grandissimo
lavoro da attore.”
Frank è
diretto da Lenny Abrahamson, e vede nel cast
Michael Fassbender,Maggie
Gyllenhaal e Domnhall
Gleeson.
La pellicola racconta di
una band musicale con leader il testone Frank, che è
anche un cervellone che ha inventato un nuovo sistema musicale,
nuovi strumenti naturali e ha ideato un regime fisico rigido per
mantenere in forma i suoi musicisti. Purtroppo è anche un po’
troppo severo e spesso va fuori di testa e l’unico modo per
fermarlo è gridargli contro la parola cincillà.
Ritorna al cinema Ferzan Ozpetek, dopo il suo ultimo
Mine Vaganti, e lo fa nuovamente con una storia
dalle tinte grottesche, al limite del teatrale; un film,
Magnifica Presenza che mescola divertimento,
lacrime e dramma. Nel cast del film
Elio Germano,
Margherita Buy, Beppe Fiorello,
Paola Minaccioni, Maria e
Vittoria Puccini.
Magnifica Presenza
vede protagonista Pietro, 28 anni, che arriva a Roma dalla Sicilia
con un unico grande sogno, fare l’attore. Tra un provino e l’altro
sbarca il lunario sfornando cornetti tutte le notti. E’ un ragazzo
timido, solitario e l’unica confusionaria compagnia è quella della
cugina Maria, apprendista avvocato dalla vita sentimentale troppo
piena. Dividono provvisoriamente lo stesso appartamento legati da
un rapporto di amore e odio in una quotidianità che fa scintille.
Ma arriva il giorno in cui Pietro trova, finalmente, una casa tutta
per sé, un appartamento d’epoca, dotato di un fascino molto
particolare e Pietro non vede l’ora di cominciare la sua nuova
esistenza da uomo libero. La felicità dura solo pochi giorni:
presto cominciano ad apparire particolari inquietanti. E’ chiaro
che qualcun altro vive insieme a lui. Ma chi?
Magnifica Presenza, il film
Nonostante le buone premesse e un
discreto coinvolgimento iniziale, Magnifica
Presenza è l’ennesima occasione persa per il nostro
cinema, che rimane confinato negli evidenti limiti di racconto, che
ormai, fatte pochissime eccezioni, attanagliano un po’ tutta la
produzione italiana. Le buone intenzioni di Ozpetek non bastano a
far decollare un film che ha nello sviluppo centrale della storia i
suoi problemi più grossi. Quello che di primo acchito sembra essere
un coinvolgente film dall’intricata trama e dalle innumerevoli
contaminazioni di genere, via via discorrendo risulta essere
l’ennesima farsa di un cinema che diventa un pretesto per
raccontare se stessi ed una realtà completamente teatralizzata di
una vita di disagio interiore.
Quella del regista di origine
turche è inoltre l’ennesima occasione per dispiegare un cinema
autoreferenziale che ripete la propria formula all’infinito,
esasperandone il significato e banalizzandone i concetti. Il tutto
amalgamato con un’idea un po’ presuntuosa di voler parlare di
troppi temi in un’unica rappresentazione che inevitabilmente
finisce per diventare un brodo dalle tinte riscaldate e mai
veramente originali. L’affresco che viene fuori è quello di
un’occasione troppo ghiotta per essere sprecata in malo modo, e
seppur rimangono di buona fattura le ambientazione e l’atmosfera,
la grande assente è proprio la capacità del regista di raccontare
una storia semplice e completa, che arrivi con immediatezza allo
spettatore senza appesantirne il senso e la portata. Sembra che il
nostro cinema abbia in un certo senso dimenticato la capacità di
sintesi e di racconto che può avere una magica sequenza, una
sottile smorfia di un viso o anche un elegante piano sequenza
rivelatore.
Il difetto più grande di
Magnifica Presenza, è proprio quello di
sottovalutare la capacità di comprensione dello spettatore e di
anteporre, a sequenze e inquadrature, l’interminabile farsa di
dialoghi “spiegoni” lunghi un giorno che non fanno altro che
appesantire il racconto, portandolo su binari morti e difficilmente
risollevabili. Su questo scenario nulla può il cast di attori di
tutto rispetto, dal protagonista Germano che contribuisce
all’occasione persa con una recitazione sempre enfatizzata e mai
sincera, fino alla Buy, Fiorello e Puccini, che ahimè rimangono
sullo sfondo, non certo aiutati da una sceneggiatura che li
accenna, limitandone la comprensione e l’approfondimento.
E’ online il nuovo full
trailer di Magnifica
Presenza, l’atteso film del regista Ferzan Ozpetek. Come
protagonista Elio Germano, uno degli attori più a lavoro del cinema
Italiano. Accanto a lui Margherita Buy, Giuseppe
Fiorello, Vittoria Puccini, Andrea Bosca, Alessandro
Roja, Claudia Potenza, Platinette e Daniele Pecci.
Ferzan Ozpetek racconta
il suo ultimo film, dal titolo Magnifica Presenza, prodotto dalla
Fandango di Domenico Procacci, con Elio Germano, Margherita
Buy, Vittoria Puccini, Beppe Fiorello, Paola Minaccioni, Cem
Yilmaz, Andrea Bosca, Claudia Potenza.
X-Men – Giorni di un futuro passato ha
letteralmente mescolato le carte in tavola e ha ridisegnato i
percorsi dei mutanti protagonisti del film, correggendo anche ciò
che di sbagliato era stato fatto in X-Men Conflitto
Finale. Ma adesso, dove dobbiamo aspettarci di
trovare i nostri protagonisti? A questa domanda ha risposto
Simon Kinberg. La relazione di Magneto e Xavier
alla fine di X-Men – Giorni di un futuro passato: “Alla
fine del film Magneto va via senza il suo elmo, con l’implicazione
che continuerà ad essere Magneto in qualche forma, anche se Charles
sarà capace di ritracciarlo telepaticamente. C’è una sorta di
tregua trai due, ma c’è una parte di Magneto che sarà sempre quella
che abbiamo imparato a conoscere nei fumetti.”
Come Wolverine riuscirà ad ottenere
i suoi artigli di adamantio, e se riuscirà ad averli: “Non lo
sappiamo, perchè nella scena finale del film, quado Wolverine
ritorna nel futuro, non sfodera gli artigli, quindi non sappiamo se
siano di osso o di adamantio. Ma forse li otterrà in un modo
diverso, alla fine tenderà verso la stessa destinazione.” Come
può Mistica essere ancora la madre di Nightcrawler in questa nuova
continuity: “Solo perchè Azazel è stato ucciso, non vuol dire
che Mistica possa far nascere Nightcrawler nel tempo che passa tra
L’Inizio e Giorni di un Futuro Passato? Tutto quello che dirò è che
sono passati dieci anni tra le vicende di X-Men L’inizio e quelle
di Giorni di un Futuro Passato (negli anni ’70, ndr), quindi tutto
è possibile. Mistica è una giovane donna tra i 20 e i 30 anni …
lascerò le cose come stanno.”
Magneto è davvero il padre di
Quicksilver: “E’ una relazione affascinante. Erik è cresciuto
senza una famiglia, il che condiziona moltissimo la sua missione e
il suo modo di essere. Così l’idea di esplorare cosa vuol dire per
Magneto essere padre e riconnetterlo con il figlio dopo tanti anni
dalla sua nascita, è affascinante e senza dubbio sarà interessante
esplorarlo nel futuro del film.” I personaggi del futuro di
Giorni di un Futuro Passato non
compariranno in X-Men Apocalypse:
“Apocalypse seguirà le storie che hanno vissuto i giovani
mutanti subito dopo Giorni di un Futuro Passato, così, nel futuro
del film sugli X-Men, forse anche in Apocalypse, ci sarà la nuova
generazione di mutanti.”
Sulla possibilità di un
X-Men 4: “Siamo al momento concentrati su
Apocalypse e speriamo che sia il miglior film del franchise. Ma
sarebbe bello riprendere le storie e i personaggi originali. Forse,
ma adesso c’è solo Apocalypse.”
Il film X-Men – Giorni di
un futuro passato
La trama di X-Men – Giorni di un futuro passato, tratta
dall’omonimo fumetto del 1981, ripercorre un arco temporale
ambientato in un imprecisato futuro in cui gli USA sono dominati
dalla Sentinelle, mentre i mutanti vivono confinati in campi di
concentramento. Kitty Pride torna indietro nel tempo e impedisce
dal passato che gli eventi precipitino a tal punto da trasformare
la vita dei mutanti del futuro in un inferno di reclusione.
Dopo averli visti
singolarmente, Michael
Fassbender alle prese con la levitazione
e Nicholas
Hoult in prova trucco, ecco i due attori
che interpretano rispettivamente le versioni giovani di Magneto e
Bestia alle prese con una scena di combattimento in quella che
sembra essere una fontana.
La trama di X-Men: giorni di un futuro
passato, tratta dall’omonimo fumetto del 1981,
ripercorre un arco temporale ambientato in un imprecisato futuro in
cui gli USA sono dominati dalla Sentinelle, mentre i mutanti vivono
confinati in campi di concentramento. Kitty Pride torna indietro
nel tempo e impedisce dal passato che gli eventi precipitino a tal
punto da trasformare la vita dei mutanti del futuro in un inferno
di reclusione.
Si
tiene da domani e fino al 7
agosto a Catanzaro la
diciannovesima edizione del Magna Graecia Film
Festival – ideato e diretto
daGianvito Casadonte e
che vede quest’anno come madrina l’attrice
e musicistaBeatrice
Grannò. Un fitto programma di proiezioni di
lungometraggi italiani e internazionali e di documentari, incontri
e masterclass di ospiti internazionali e la grande musica dal vivo
animeranno il festival, che in apertura vedrà come ospite
speciale Il Volo. Il trio eseguirà infatti un
paio di brani tra i più significativi della propria carriera.
Magna
Graecia Film Festival avrà ospiti, tra gli altri,
personaggi del calibro dell’attore Richard
Gere, del regista e sceneggiatore John
Landis, dell’attrice Stefania
Sandrelli, del regista e sceneggiatore Marco
Tullio Giordana e del regista e
attore Ricky Tognazzi, che introdurrà il
doc Ugo Tognazzi. La voglia matta di vivere, racconto
sul padre, omaggiato dal festival nel Centenario della sua nascita.
Altro omaggio, a Lucio Dalla, a dieci anni dalla morte, con la
proiezione del doc ‘Lucio chi sei tu? Il folletto
geniale‘, del giornalista di Rai1 Leonardo
Metalli che sarà ospite a Catanzaro. A questi nomi si
aggiungono anche quelli del regista, sceneggiatore e produttore
inglese Michael Radford, autore
de Il Postino (cinque nomination ai Premi
Oscar), Orwell 1984 e Il Mercante di Venezia, e
dell’attore americano Jeremy Piven,
interprete di oltre cinquanta opere fra film e serie tv, fra
cui Heat – La sfida di Michael
Mann, Black Hawk Down di Ridley Scott e il
cult Sin City di Robert Rodriguez e Frank
Miller.
Anche Radford e
Piven riceveranno la Colonna d’Oro alla
Carriera, premio come di consueto realizzato
daMichele Affidato. Ma
anche l’attore Marco Leonardi (Nuovo
Cinema Paradiso; Dal tramonto all’alba 3, Anime nere) che sarà
protagonista di una masterclass. Durante la serata di apertura
saranno premiate Ludovica Francesconi,
giovane protagonista di Sul più bello, con cui vince
il Premio Guglielmo Biraghi ai Nastri D’Argento 2021, quindi il
Next Generation Awards di Man in Town al Festival di Venezia e dei due
sequel Ancora più bello e Sempre più
bello, e Sara Lazzaro, già
in The Young Pope, Braccialetti Rossi
3 e In arte Nino, e protagonista della
serie Rai Doc–Nelle tue mani.
Anche
l’archeologia sbarca al Magna Graecia Film Festival, con il
doc Tutankhamon – L’ultima mostra, diretto da Ernesto
Pagano e con la voce di Manuel Agnelli, che sarà introdotto dal
celebre archeologo ed egittologo Zahi Hawass.
Spazio anche ai libri, con l’attore e
sceneggiatore Marco Bonini che presenta
il suo L’arte dell’esperienza, edito da La nave di
Teseo, riflessione sulla funzione pubblica dell’attore, con i
meccanismi intimi e filosofici che legano interprete, personaggio e
spettatore.
Oltre
all’esibizione de Il Volo, al Magna Graecia
Film Fest si esibiranno anche altri grandi talenti della musica fra
cui Malika Ayane e Giulia
Penna. Le serate del festival saranno presentate dalla
conduttrice radio e tv Carolina Di Domenico.
I concorsi dedicati alle sezioni di Opere prime
italiane e a quelle internazionali e di documentari,
curate rispettivamente da Silvia
Bizio e Antonio
Capellupo, presenteranno alcuni dei lavori più
apprezzati della stagione.
Una particolare
attenzione nella programmazione è stata dedicata alla situazione
della guerra in Ucraina, con due proiezioni.
Tra i documentari in concorso, Divided Ukraine:
What Language Do You Express Love
In? di Federico Schiavi e Christine
Reinhold, che saranno ospiti del festival. Un viaggio in
Ucraina, dopo i drammatici eventi di Kiev nel novembre 2013,
accompagnati da due fotografi, Giorgio Bianchi e Christopher
Occhicone, con diverse prospettive e idee politiche. Tra i
lungometraggi internazionali, invece,
l’ucraino Bad Roads – Le Strade del Donbass,
esordio alla regia di Natalya
Vorozhbit. Quattro storie di scioccante violenza
ambientate nel Donbass, dall’Ucraina ferita da una lunga guerra. Da
una pièce teatrale, un film disturbante per capire meglio le
origini del conflitto, attraverso la degenerazione dei rapporti
umani.
Le opere prime e seconde di lungometraggi
italiani saranno giudicate da
una giuria composta
da Pietro Marcello (Presidente di
giuria), Michele Alhaique, Giuseppe Zeno, Maria Sole
Tognazzi e Cristiana
Dell’Anna. Da Tra Le
Onde di Marco Amenta, che sarà ospite del
festival a Freaks
Outdi Gabriele Mainetti, che sarà
presentato dall’attrice Aurora Giovinazzo e dallo
sceneggiatore Nicola Guaglianone, passando per I
Nostri Fantasmi, presentato dal regista Alessandro
Capitani, ma anche Gli Anni Belli,
presentato dal regista Lorenzo D’Amico De Carvalho, dall’attore
Ninni Bruschetta e dalla sceneggiatrice Anne Riitta Ciccone.
Quindi, Una Femmina di
Francesco Costabile, con ospite l’attrice protagonista Lina
Siciliano. L’attore Vinicio Marchioni e il co-regista Alessio del
Leonardis presentano
quindi Ghiaccio,
mentre Gli Idoli Delle
Donne sarà presentato dall’attore e qui anche
co-regista Lillo e dal co-regista Eros Puglielli.
Le opere prime e seconde di lungometraggi
internazionali saranno giudicate da
una giuria composta da John
Landis (Presidente di giuria), Domenico
Vacca e Nadia Tereszkiewicz.
Tra i film in concorso, tutti proiettati in lingua originale con
sottotitoli in italiano, Lunana – A Yak In The
Classroomdel bhutanese Pawo Choyning
Dorji. La programmazione prevede anche lo
statunitense Princess Of The
Rowdi Van Maximilian Carlson, lo
spagnolo Alcarràsdi
Carla Simon, il finlandese Scompartimento
N.6di Juho Kuosmanen e
l’ucraino Bad Roads – Le Strade del
Donbass di Natalya Vorozhbit.
Le opere prime e seconde di
documentari saranno giudicate da
una giuria composta
da Agostino Ferrente (Presidente di
giuria), Roberto
Perpignani e Serena Gramizzi.
Le proiezioni al Chiostro del San Giovanni
prevedonoRue Garibaldi, che sarà
presentato dal regista Federico Francioni, Non
Sono Mai Tornata Indietrodi Silvana Costa,
ospite del festival, ma ancheDivided Ukraine:
What Language Do You Express Love In? di
Federico Schiavi e Christine Reinhold, che presenteranno il film.
La programmazione dei doc prevede anche Los
Zuluagas, presentato dalla regista Flavia Montini
e Una Squadradi Domenico
Procacci.
Il
Festival è sostenuto da una importante rete istituzionale guidata
da Ministero della Cultura, Calabria Straordinaria – brand della
Regione Calabria – Assessorato al Turismo -, Calabria Film
Commission, Comune di Catanzaro, Lilt – Lega Italiana per la lotta
contro il cancro.
ITA
Airways è uno degli sponsor della 19ª edizione del Magna Grecia
Film Festival, a Catanzaro dal 30 Luglio al 7 Agosto 2022. Questa
iniziativa rientra nella strategia della Compagnia di sostenere e
promuovere il turismo sostenibile in Italia, pilastro che ITA
Airways condivide con il Festival, attraverso un ecosistema
digitale, volto a valorizzare le eccellenze
locali.
Sono aperte le iscrizioni per la
prima edizione di Magicampus,
evento gemello del LARP (live action role-playing) ispirato alla
saga di Harry Potter Arcaniversitas, giunto ora
alla quarta edizione (prevista per novembre e già sold out) e
organizzato dall’Associazione Culturale no profit
Eryados.
“La tua grande occasione per
vivere da protagonista una storia originale ispirata alla saga di
Harry Potter. Dagli 11 ai 99 anni.” (così
recita la pagina Facebook ufficiale dell’evento).
Si svolgerà dal 1 al 4 marzo il
gioco di ruolo dal vivo in grande stile che per quattro giorni
trasformerà il Castello Orsini di Nerola (RM)
nell’Arcana Università di Magia e Stregoneria di Roccantica, dove
cento appassionati potterhead vivranno da
protagonisti una storia originale basata sulla saga di
Harry Potter; ci saranno lezioni, avventure, uno
sport magico, un Gran Ballo e decine di storie che coinvolgeranno
tutti i partecipanti in prima persona. I giocatori potranno
interpretare studenti, professori, personalità del Mondo
Magico e personaggi dalla reputazione sinistra in
un’avventura dal gusto cinematografico.
Per partecipare basta consultare il
sito ufficiale dell’evento, dove sono presenti tutte
le informazioni necessarie e tutte le indicazioni per poter
partecipare.