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Scarlett Johansson sull’addio a Vedova Nera: “Mi mancherà la mia famiglia Marvel”

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Scarlett Johansson ha detto che lasciarsi alle spalle il ruolo di Natasha Romanoff dopo aver recitato in Black Widow è stata una sensazione “dolceamara”. La Johansson è stata ospite dello show Good Morning America della ABC (via CBR) per promuovere il film di Cate Shortland e ha parlato dell’addio al personaggio che ha interpretato nel MCU per oltre un decennio.

“Penso che sia dolceamaro. Ho trascorso un decennio incredibile lavorando con la mia famiglia Marvel. Mi mancherà non vederli ogni 18 mesi o due anni, come quel tipo di milestone che attendi sempre con impazienza”, ha detto l’attrice. “Ma sono davvero orgogliosa di questo film e penso che sia fantastico concludere in bellezza. Questo film è molto diverso da qualsiasi altro film Marvel che abbiamo fatto finora, quindi sì… come ho già detto, è una sensazione dolceamara.”

Black Widow, che arriverà nelle sale il 7 luglio e su Disney+, con Accesso Vip, il 9 luglio, arriva dopo una serie di innumerevoli rinvii a causa della pandemia di Coronavirus. Il film può considerarsi a tutti gli effetti come il capitolo finale della storia di Natasha Romanoff, ambientato dopo gli eventi di Captain America: Civil War.

La regia di Black Widow è stata affidata a Cate Shortland, seconda donna (dopo Anna Boden di Captain Marvel) a dirigere un titolo dell’universo cinematografico Marvel, mentre la sceneggiatura è stata riscritta nei mesi scorsi da Ned Benson (The Disappearance of Eleanor Rigby). Insieme a Scarlett Johansson ci saranno anche David HarbourFlorence Pugh e Rachel Weisz. Il film arriverà nelle sale il 7 luglio e su Disney+ con Accesso Vip il 9 luglio.

In Black Widow, quando sorgerà una pericolosa cospirazione collegata al suo passato, Natasha Romanoff dovrà fare i conti con il lato più oscuro delle sue origini. Inseguita da una forza che non si fermerà davanti a nulla pur di sconfiggerla, Natasha dovrà affrontare la sua storia in qualità di spia e le relazioni interrotte lasciate in sospeso anni prima che diventasse un membro degli Avengers.

I Fantastici 4: Doug Jones svela che il suo Silver Surfer non era solo CGI

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L’attore Doug Jones, noto soprattutto per le sue partecipazioni a film fantasy, horror e sci-fi, ha interpretato Silver Surfer ne I Fantastici 4 e Silver Surfer del 2007. Di recente, l’attore ha condiviso via Twitter uno scatto inedito dal backstage del film, attraverso cui ha confermato che il personaggio non prese vita esclusivamente grazie alla CGI.

Nella didascalia che ha accompagnato lo scatto, Jones ha scritto: “Se pensavate che il mio Silver Surfer da I Fantastici 4 e Silver Surfer fosse solo CGI, questa foto dal backstage delle riprese, scattata 15 anni fa, dimostra il contrario. I miglioramenti in CGI furono aggiunti in post-produzione.”

Lo scorso aprile, il regista Adam McKay – noto per aver diretto La grande scommessaVice – L’uomo nell’ombra e l’attesissimo Don’t Look Up – aveva rivelato di essere ancora interessato a realizzare un film interamente dedicato a Silver Surfer. A tal proposito, aveva spiegato: “Silver Surfer è stato complicato. C’era qualcosa al riguardo, perché l’abbiamo approfondito un paio di anni fa. Poi qualcosa si è intromesso nel processo. Potrei ricordare male, ma c’era un motivo per cui alla fine non se n’è fatto nulla… forse qualcun altro ci stava già lavorando. Sarebbe molto facile, adesso, usare la sua storia per creare una sorta di allegoria ambientale. Penso che potrebbe essere un film incredibile. Visivamente parlando, potrebbe essere il film Marvel più sbalorditivo che sia mai stato realizzato. Non ho perso interesse nel progetto. In effetti, ora che me lo dici, forse farò una telefonata e cercherò di capire cosa sta succedendo…”

Il futuro de I Fantastici 4 sul grande schermo

A proposito de I Fantastici 4, dopo il due film usciti rispettivamente nel 2005 e 2007 (entrambi diretti da Tim Story) e dopo il disastroso reboot del 2005 di Josh Trank, ricordiamo che i Marvel Studios, dopo l’acquisizione di Fox da parte di Disney, hanno ufficialmente messo in cantiere un nuovo film dedicato alla prima grande famiglia Marvel, che sarà diretto da Jon Watts, regista della saga di Spider-Man con Tom Holland.

Animali Fantastici 3: Mads Mikkelsen voleva parlare di Grindelwald con Johnny Depp

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In una recente intervista con il Times, Mads Mikkelsen è tornato a parlare del ruolo di Gellert Grindelwald nell’attesissimo Animali Fantastici 3, rivelando che avrebbe voluto parlare con Johnny Depp prima di accettare la parte.

L’attore danese, visto di recente in Un altro giro di Thomas Vinterberg (premiato con l’Oscar al miglior film straniero), ha raccontato che il processo di casting è stato abbastanza frettoloso, poiché la Warner Bros. aveva bisogno nell’immediato di un sostituto di Depp. Mikkelsen ha spiegato che non era a conoscenza dei motivi per cui il collega fosse stato allontanato dal film e, soprattutto, se questi potessero ritenersi “validi”. Ha poi ammesso che gli sarebbe piaciuto discutere con lui del personaggio, ma semplicemente non lo conosceva abbastanza bene per poterlo fare.

“Non so cosa sia successo nella sua vita privata e non so se sia stato giusto che abbia perso il lavoro. Sapevo soltanto che dovevano andare avanti”, ha spiegato Mads Mikkelsen. “Mi sarebbe piaciuto parlare con lui del ruolo se ne avessi avuto la possibilità, ma semplicemente non lo conosco così bene. Mi hanno chiamato e avevano una certa fretta… ho amato la sceneggiatura e così ho accettato. So che la vicenda è stata controversa per molte persone, ma spesso le cose vanno in questo modo.”

Poi ha aggiunto: “Non ho mai voluto copiare quello che ha fatto Johnny. Lui è un attore magistrale, quindi copiarlo sarebbe stato un suicidio creativo. Dovevo pensare a come fare mio il personaggio e al tempo stesso creare una sorta di ponte tra le nostre due interpretazioni. Il mio approccio è stato diverso e anche il look è un tantino diverso. Tuttavia, dovrete aspettare l’uscita del film il prossimo anno per scoprirlo.”

La data di uscita di Animali Fantastici 3

Sappiamo che Animali Fantastici 3 è attualmente in produzione presso gli Studi Leavesden, siti a Nord-Ovest di Londra. Gran parte del cast de I Crimini di Grindelwald tornerà, inclusi Eddie RedmayneKatherine Waterston, Dan Fogler, Alison Sudol, Ezra Miller Jude Law nei panni del giovane Albus Silente. Animali Fantastici 3 uscirà il 15 luglio 2022.

John Wick 4: pubblicata la prima foto dal set

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John Wick 4: pubblicata la prima foto dal set

Lionsgate svela la prima foto dal set di John Wick 4, nei cinema il prossimo maggio. Keanu Reeves torna a vestire i panni del killer in abito scuro più ricercato di sempre, assetato di vendetta per il tradimento dell’amico Winston e con l’obbiettivo di smantellare la Gran Tavola.

L’uscita del quarto capitolo era già stata confermata durante le riprese di John Wick 3, ma sfortunatamente per via della pandemia di COVID-19 e degli impegni di Stahelski nel lavorare con Lana Wachowski su The Matrix 4 ha costretto i produttori a far slittare di un’anno il rilascio nelle sale cinematografiche. Le riprese partiranno a giugno e attraverseranno il mondo da Berlino a Parigi fino in Giappone. Non molto possiamo ipotizzare da questa foto, ma è interessante notare che il logo sulla sedia manca la parola “Capitolo”, cosa che invece nei film precedenti c’era.

John Wick 4 Officially Starts Production - The News Motion

John Wick un successo inaspettato

L’universo “John Wick” è destinato a espandersi dopo il grande successo riscosso con la prima apparizione nel 2014, arriva così la conferma di un quinto film e uno spin-off intitolato Ballerina. Pensate che con il primo film ha totalizzato a livello mondiale 89 milioni di dollari, con il secondo capitolo è riuscito a raddoppiare le cifre al botteghino arrivando a 170 milioni e ha concluso con John Wick 3 Parabellum con 76 milioni di dollari in solo una settimana. Ora si pensa già a una serie televisiva di tre episodi incentrata sul The Continental ambientata negli anni ’70.

John Wick 4, il film

John Wick 4 uscirà al cinema giovedì  il 27 maggio 2022. Distribuito da Warner Bros. Pictures.

Aquaman 2: al via alle riprese, ecco la prima foto di James Wan

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Aquaman 2: al via alle riprese, ecco la prima foto di James Wan

Le riprese di Aquaman 2: The Lost Kingdom sono iniziate, e a confermarcelo è una foto postata dallo stesso regista James Wan sul suo profilo instagram. Il secondo capitolo del cinecomic targato Dc comics proseguirà la storia di Arthur re di Atlantide interpretato da Jason Momoa assieme all’intero cast originale: Amber Heard, che tornerà nei i panni di Mera, Dolph Lundgren che sarà il padre di Mera, e poi ci sarà ancora Yahya Abdul-Mateen II nei panni di Black Manta che abbiamo visto riapparire nella scena post-credit del primo film su Aquaman.

Le riprese del film che dovevano partire a luglio nel Regno Unito, sembrano essere state anticipate ed è apparso questo emblematico titolo: Necrus. E’ evidente il collegamento alla città sottomarina dei fumetti DC Comics, che secondo la mitologia, esiste solo per brevi intervalli di tempo e non rimane mai nello stesso luogo. Che sia questo il regno perduto?

Al via le riprese di Aquaman and the Lost Kingdom: l'annuncio di James Wan • Universal Movies

Aquaman 2, il film

Aquaman 2 uscirà al cinema il 15 dicembre 2022 distribuito da Warner Bros Italia.  Vi ricordiamo che Jason Momoa è atteso di nuovo nei panni dell’eroe nel sequel di Aquaman, film che ha rilanciato in positivo le sorti dell’universo cinematografico DC. Diverse fonti fanno sapere che gli studios vorrebbero riportare James Wan dietro la macchina da presa per Aquaman 2 ad una condizione: che sia lui a scegliere il gruppo di sceneggiatori e a seguire da vicino il processo di sviluppo.

Tom à la ferme: trama, cast e curiosità sul film di Xavier Dolan

Tom à la ferme: trama, cast e curiosità sul film di Xavier Dolan

Ormai affermatosi come uno dei nomi più importanti e originali del nuovo cinema canadese e internazionale, il regista Xavier Dolan ha diretto nel 2013 il suo primo film non nato da una sua idea originale. Se J’ai tué ma mère, Les Amours Imaginaires e Laurence Anyways erano frutto di suoi soggetti, per Tom à la ferme (qui la recensione) egli ha invece tratto spunto dall’omonima opera teatrale scritta da Michel Marc Bouchard. Nonostante ciò, egli ha comunque dato vita a tutti i suo interessi come autore, dalla ricerca della propria identità alla fuga dagli opprimenti dettami borghesi. Tutto ciò contenuto all’interno di un’opera che nel suo indagare l’animo umano si fa racconto universale.

Scritto insieme allo stesso Bouchard, il film ha visto, rispetto al testo teatrale, l’introduzione di più personaggi e ambientazioni. Ciò ha permesso di ampliare la portata del racconto e il passato dei protagonisti. La volontà di dar vita a questo racconto nasce anche dal desiderio di Dolan di distaccarsi da quanto fino a quel momento prodotto. Se i tre precedenti film narravano di amori impossibili, con Tom à la ferme egli vira su un thriller psicologico intriso di violenza e brutalità, le quali nascondono ovviamente sentimenti e motivazioni particolarmente profondi. Attraverso la composizione delle inquadrature, i colori e le scelte di fotografia, egli dà così vita ad un nuovo racconto che scava in tutto ciò.

Presentato, a differenza dei suoi precedenti film, non al Festival di Cannes ma a quello di Venezia, il nuovo film di Dolan è stato accolto da grandi apprezzamenti di critica e pubblico. Ad oggi, si tratta di uno dei film più complessi e conturbanti del giovane regista, sempre più riconosciuto per il suo talento. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Tom à la ferme: la trama del film

Protagonista del film è Tom, un giovane editor pubblicitario di Montréal. La sua vita viene improvvisamente scossa dalla morte per un tragico incidente del suo amante Guillaume. Deciso a dare un estremo saluto al ragazzo, Tom intraprende un viaggio per recarsi nella campagna dove egli viveva, partecipando così al funerale di quello che era stato il suo grande amore. Una volta sul luogo, però, si imbatte in una comunità particolarmente chiusa, tanto geograficamente quanto mentalmente. In particolare, Tom rimane scioccato nello scoprire che nessuno sappia di lui e dell’omosessualità di Guillaume.

Nessuno ad eccezione del fratello di quest’ultimo, Francis, che avvicinatosi a Tom gli impone violentemente il silenzio. Tom è così costretto a presentarsi come un semplice amico, ignaro che la sua presenza lì sarà ben più che breve. La madre di Guillaume e Francis, Agathe, lo invita infatti a rimanere da loro per qualche giorno. Un invito che invece Francis applica con la forza. Tom si ritrova ben presto intrappolato in un contesto dal quale sembra impossibile scappare. Più il difficile rapporto con Francis si fa intenso, più Tom inizia però a provare dei sentimenti per il ragazzo, cosa che lo metterà in serio pericolo.

Tom a la ferme cast

Tom à la ferme: il cast del film

Ad interpretare il protagonista, Tom, vi è lo stesso Xavier Dolan, che torna a recitare per sé stesso dopo il non averlo fatto per il suo precedente film. Per assumere i panni del personaggio, egli decise inoltre di assegnare a questo una serie di colori dominanti, che potessero farlo confondere con quelli degli ambienti in cui si svolge la storia. Per questo, motivo, Dolan si tinse i capelli di un biondo dorato simile a quello che si ritrova nei campi di grano visibili nel film. Il personaggio di Guillaume, invece, non compare nel testo teatrale. Per il film, invece, questo è stato introdotto brevemente grazie ad alcuni flashback. Ad interpretarlo vi è l’attore statunitense Caleb Landry Jones, visto anche in Get Out e Tre manifesti a Ebbing, Missouri.

Per il ruolo di Agathe, la madre di Guillaume e Francis, egli ha poi scelto l’attrice Lise Roy, la quale aveva già interpretato il personaggio per la rappresentazione teatrale della storia. Dolan era infatti rimasto impressionato dall’interpretazione di lei dopo averla vista sul palcoscenico. L’attore Pierre-Yves Cardinal è invece il violento Francis. Questi si era già reso celebre grazie al film di Denis Villeneuve Polytechnique, ed ha poi recitato anche in Mommy, successivo film di Dolan. Per la sua interpretazione in Tom à la ferme è stato anche cadidato come miglior attore in un ruolo secondario ai Canadian Screen Awards. Infine, l’attrice Évelyne Brochu compare nei panni di Sarah, la ragazza che Guillaume spacciava per sua fidanzata.

Tom à la ferme: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Tom à la ferme è infatti disponibile nel catalogo di Chili e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà noleggiare il singolo film, avendo così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente, in prima TV assoluta, nel palinsesto televisivo di lunedì 28 giugno alle ore 21:15 sul canale Cielo.

Fonte: IMDb

Regina King: 10 cose che non sai sull’attrice

Regina King: 10 cose che non sai sull’attrice

A lungo nota principalmente per i suoi ruoli televisivi, l’attrice Regina King si è negli ultimi anni riaffermata come una delle interpreti più talentuose della sua generazione. Grazie ad una serie di ruoli importanti, si è così non solo consacrata a livello internazionale, ma è anche uno dei nomi di punta di cui con molta probabilità si parlerà di più nei prossimi anni. Capace di spaziare tra generi diversi e dare vita a personaggi sempre inediti, la King ha poi dimostrato abilità di ogni tipo, non limitandosi alla sola recitazione.

Ecco 10 cose che non sai di Regina King.

Regina King: i suoi film e le serie TV

1. È nota per i suoi tanti film. La King inizia a recitare per il cinema nel 1991 per Boyz n the Hood. Successivamente compare in celebri film come Jerry Maguire (1996), Nemico pubblico (1998), L’asilo dei papà (2003), Una bionda in carriera (2003), Ray (2004), con Jamie Foxx, Miss F.B.I. – Infiltrata speciale (2005), Year of the Dog (2007) e Matrimonio in famiglia (2010). Dopo un’assenza dal grande schermo di otto anni, vi torna recitando in Se la strada potesse parlare (2018), grazie al quale ottiene popolarità internazionale. Prossimamente l’attrice sarà protagonista del film wester The Harder They Fall, atteso per il 2021 e dove recita accanto a Zazie Beetz e Idris Elba.

2. Ha recitato in diverse celebri serie. L’attrice inizia la propria carriera grazie alla serie 227, dove recita dal 1985 al 1990. Successivamente, ottiene nuovi ruoli in televisione grazie a titoli come 24 (2007), Southland (2009-2013), The Big Bang Theory (2013-2019), con Jim Parsons, Shameless (2014), The Strain (2014) e nella serie antologica American Crime (2015-2017) recitando nelle prime tre stagioni nei ruoli di Terri LaCroix, Aliyah Shadeed e Kimara Walters. Successivamente compare anche in alcuni episodi di The Leftovers – Svaniti nel nulla (2015-2017), con Justin Theroux, e Seven Seconds. Nel 2019 è invece protagonista di Watchmen, serie sequel dell’omonima graphic novel.

3. Ha diretto un film molto apprezzato. Dopo aver ricoperto già in passato il ruolo di regista per alcuni episodi di varie serie televisive, l’attrice ha infine esordito alla regia del suo primo lungometraggio. Presentato in anteprima fuori concorso a Venezia, questo è Quella notte a Miami…, adattamento dell’omonima pièce teatrale del 2013, che narra le vicende prima reali e poi immaginarie di un incontro tra il pugile Cassius Clay, l’attivista Malcolm X, il cantante Sam Cooke e il giocatore di football Jim Brown. Il film ha poi ottenuto tre nomination all’Oscar.

Regina King Oscar

Regina King agli Oscar

4. Ha vinto l’ambita statuetta. Nel 2019 l’attrice si è consacrata a livello internazionale grazie alla sua vittoria del premio Oscar come miglior attrice non protagonista. Ad averle fatto ottenere il prestigioso riconoscimento è stata la sua struggente interpretazione nel film Se la strada potesse parlare, dove interpreta Sharon Rivers, la madre della protagonista Clementine. Nel ritirare il premio, l’attrice ha dedicato la sua vittoria allo scrittore e filantropo afroamericano e apertamente omosessuale James Baldwin, autore del testo su cui si basa il film.

Regina King in The Big Bang Theory

5. Ha avuto un ruolo ricorrente nella sit-com. Tra il 2013 e il 2019 l’attrice è comparsa in sei episodi della popolare sit-com The Big Bang Theory nei panni di Janine Davis. Questa è la responsabile del dipartimento risorse umane dell’Università, nonché oggetto di particolari lusinghe da parte dei quattro ragazzi protagonisti. La King ha interpretato il ruolo per la prima volta nell’episodio The Egg Salad Equivalency, il dodicesimo della sesta stagione. Compare poi per l’ultima volta in The Inspiration Deprivation, diciannovesimo episodio della dodicesima stagione.

Regina King in Watchmen

6. Si è preparata al personaggio in modo particolare. Per dar vita alla protagonista della serie, Angela Abar alias Sorella Notte, l’attrice ha seguito una serie di rigide richiesta da parte dell’ideatore Damon Lindelof. Questi le ha chiesto di non guardare il film del 2007 né di leggere la graphic novel su cui si basa la storia. Poiché il suo personaggio è totalmente inedito e non presente in queste opere, l’attrice avrebbe dovuto sapere tutto quello che le occorreva soltanto leggendo la sceneggiatura della serie. Nessuna altra fonte esterna è stata dunque da lei consultata, cosa che le ha anche dato buona possibilità di improvvisazione.

7. Ha vinto un importante premio per il suo ruolo. Grazie al personaggio di Angela Abar, la King ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Il più prestigioso di tutti è stato l’Emmy vinto nel 2020 come miglior attrice protagonista in una miniserie o film per la televisione. Per lei non si è trattato del primo premio di questo tipo, avendo già precedentemente vinto ben tre Emmy. Quest’ultimo, però, è il secondo come attrice protagonista.

Regina King Watchmen

Regina King è su Instagram

8. Ha un account personale. L’attrice è presente sul sociale network Instagram con un profilo verificato attualmente seguito da 2,1 milioni di follower. Qui, con oltre 300 post, l’attrice è solita condividere momenti della sua vita privata, che la ritraggono in momenti di svago o durante viaggi in compagnia di amici o della propria famiglia. Si possono però ritrovare anche numerose immagini o video relativi alla sua attività come attrice, permettendo così ai suoi fan di rimanere aggiornati sui suoi progetti. Infine, molti sono i suoi post relativi a cause sociali di cui lei è forte sostenitrice.

Regina King e Ian Alexander

9. È stata sposata con un attore. Della vita privata e sentimentale della King si sa molto poco. L’attrice è infatti solita non rivelare molto di tali aspetti della sua vita, preferendo tenere lontani i riflettori da tutto cio. È però noto il suo matrimonio dal 1997 al 2007 con l’attore Ian Alexander Sr.. La coppia, oggi divorziata senza aver fornito motivazioni in merito, ha anche avuto un figlio, oggi venticinquenne. Questo, chiamato Ian Alexander Jr., è anche stato visto in diverse occasioni come accompagnatore della madre sui red carpet a cui quest’ultima partecipava.

Regina King: età e altezza dell’attrice

10. Regina King è nata a Los Angeles, in California, il 15 gennaio del 1971. L’attrice è alta complessivamente 160 centimetri.

Fonte: IMDb

Loki: la clip dal finale di metà stagione

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Loki: la clip dal finale di metà stagione

Disney+ ha diffuso un nuovissimo ed emozionante sneak peek di metà stagione della serie Marvel Studios LOKI, in streaming in esclusiva sulla piattaforma. LOKI è la nuova serie originale targata Marvel Studios che ha debuttato lo scorso 9 giugno, con i nuovi episodi disponibili ogni mercoledì fino al finale di stagione che arriverà su Disney+ il 14 luglio.

LOKI segue le vicende del dio dell’Inganno quando esce dall’ombra di suo fratello, in una nuova serie che si svolge dopo gli eventi di Avengers: Endgame. Tom Hiddleston torna nei panni del protagonista, insieme a Owen Wilson, Gugu Mbatha-Raw, Sophia Di Martino, Wunmi Mosaku e Richard E. Grant. Kate Herron è la regista, mentre Michael Waldron è il capo sceneggiatore.

Songbird: recensione del film con KJ Apa

Songbird: recensione del film con KJ Apa

Con Songbird di Adam Mason, protagonisti KJ Apa e Sofia Carson, siamo alle prese con la produzione cinematografica dell’era Covid. Si tratta infatti di un film girato a Los Angeles durante la pandemia di Covid-19. Il regista e sceneggiatore Adam Mason promette di tuffarsi nel lato più inquietante della pandemia, proiettando lo spettatore in un futuro prossimo orwelliano di controllo e confinamento polizieschi, dove la speranza di un mondo diverso è nelle mani di due giovani innamorati.

La trama di Songbird

Los Angeles, 2024. Dopo quattro anni di lockdown, un virus mortale continua a mutare e ora la viariante Covid-23 fa il cinquanta per cento dei morti. Gli infetti vengono confinati in appositi dipartimenti senza contatto con l’esterno. Da qui difficilmente si esce vivi. Per tutti gli altri c’è il confinamento nelle proprie case, dalle quali non uscire per nessun motivo, in uno stato di polizia che non lascia scampo. Gli unici liberi di circolare sono gli immuni al Covid-23, muniti di braccialetti gialli di riconoscimento. Nico, KJ Apa, è uno di loro. Fa consegne in tutta la città in sella alla sua bicicletta ed è innamorato di Sara, Sofia Carson, che vive con la nonna, Elpidia Carrillo. I ragazzi sognano di poter fuggire lontano. Mentre Nico cerca un modo per pocurare i laciapassare per immuni alle due donne, la situazione precipita. Sara rischia di essere portata nella zona di quarantena e di non fare più ritorno. In una corsa contro il tempo, Nico cerca di impedirlo, chiedendo aiuto a Piper e William Griffin, Demi Moore e Bradley Whitford. Ci riuscirà?

Adam Mason e il suo cast

Adam AJ Mason, inglese di Cambridge, classe 1975, frequenta da un po’ i territori del thriller. Nel 2015 ha diretto Hangman, mentre è stato sceneggiatore di lavori come Conspiracy – La cospirazione di Shintaro Shimosawa con Al Pacino e Anthony Hopkins. È però anche un videomaker musicale. Ha lavorato con band come Alice in Chains e Korn. Per questo suo ritorno dietro la macchina da presa si avvale della produzione di Michael Bay – già regista a sua volta di film come Armageddon e Pearl Harbor  che lo affianca con la sua Platinum Dunes.

Songbird film recensione

Per interpretare i due protagonisti, Mason sceglie KJ Apa – l’Archie Andrews della serie tv Riverdale – e Sofia Carson – attrice e cantante che ha interpretato il ruolo di Evie nel film Disney per la tv Descendants ed è stata protagonista del musical Cinderella story: Se la scarpetta calza di Michelle Johnstone. Accanto a loro Bradley Whitford, Alexandra Daddario, Demi Moore e Peter Stormare.

Un film sul Covid oggi

Oggi si capisce fin troppo, dopo aver vissuto un anno e mezzo di pandemia, lo scenario dipinto da Mason. Esasperato e distopico sì, ma che adesso potrebbe apparire perfino realistico. Songbird ben descrive le paure, prima tra tutte quella del contatto umano, che porta l’uomo lontano dalla propria natura; il senso di costrizione e privazione cui conduce una pandemia. Questi sono poi accentuati dal tipo di gestione militare che viene messa in atto nel film. La legge marziale è in vigore e l’esercito spara a chi viola il coprifuoco. Uno scenario senz’altro per nulla rassicurante. C’era da aspettarsi che molti registi avrebbero attinto all’esperienza della pandemia per fare cinema. Un’esperienza globale e una sorta di “esperimento di massa” che non si poteva pensare sarebbe rimasto fuori dalla settima arte. Stigmatizzarli per questo o giudicare il loro lavoro perciò inopportuno, appare inutile. Semmai, quello che c’è da chiedere a un regista che si avvicina a una tale delicata materia, è cercare di non volare troppo basso. In questo periodo, infatti, con un tema così, Mason ha gioco facile ad accaparrarsi l’attenzione dello spettatore, che in parte si immedesima nella vicenda per forza di cose. Come ha gioco facile a immortalare una metropoli scenograficamente deserta. Sarebbe un vero peccato disperdere questo potenziale.

La strada più facile, meno originale e poco stimolante

 Quello che il film non fa è proprio approfittare di questo clima e dell’attenzione dello spettatore per raccontare una storia davvero interessante, o ripagare chi guarda con spunti di riflessione stimolanti. Inserisce dei cenni che potrebbe sviluppare meglio e che avrebbero meritato più attenzione: sulla gestione della pandemia, sugli oscuri traffici di chi vi lucra, ad esempio, ma poi banalizza. Il personaggio del capo dipartimento interpretato da Peter Stormare appare solo come un pazzo esaltato, un caso isolato, più che parte di un sistema. Così come la diabolica coppia Moore – Whitford gode almeno in parte di una inopinata quanto poco credibile conversione. Tutti e tre sono personaggi dal buon potenziale, interessanti da approfondire, interpretati dalla parte più succulenta e abile del cast, e avrebbero meritato uno sviluppo maggiore, insieme anche alla figura di Alexandra Daddario.

Un teen drama romantico con contorno di pandemia

Tutta questa parte, che poteva essere sostanziosa, è invece sacrificata in favore di una trama action e romantica prevedibile, che scorre senza guizzi, infilandosi a pieno nel cliché del cavaliere senza macchia che sfida mille pericoli per salvare la sua bella rinchiusa nella casa-fortezza. Un romanticismo smielato e retorico condisce il tutto, mentre KJ Apa e Sofia Carson fanno ciò che possono, anche loro senza guizzi. Infine, da notare la pretesa di infilare nel discorso narrativo anche il tema dell’Afghanistan e dei suoi reduci. La sceneggiatura di Mason assieme a Simon Boyes poteva essere pensata e gestita meglio. Il montaggio di Geoffrey O’Brien dà il giusto ritmo.

Mentre le musiche di Lorne Balfe sono adatte alla chiave romantico-adolescenziale scelta dal regista, ma tradiscono le aspettative di quanti speravano in qualcosa di più incisivo da chi frequenta Alice in Chains e Korn.

Dove e quando vederlo

L’uscita in sala di Songbird, prodotto da Platinum Dunes e STX Films, distribuito da Notorious Pictures, è prevista per il prossimo 30 giugno.

Tobey Maguire torna sul grande schermo in Babylon di Damien Chazelle

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Dopo 7 anni lontano dal grande schermo, Tobey Maguire torna a far parlare di se entrando a far parte del cast dell’ ultimo film del regista di La La Land: Damien Chazelle. Babylon sarà una ode alla vecchia Hollywood degli anni ’20 con un cast stellare composto da Brad Pitt, Margot Robbie, Olivia Wilde e Phoebe Tonkin. L’attore è stato al centro di un intenso dibattito dei fan Marvel sulla veridicità della sua presenza nel Spiderman No Way home, dove si ipotizzava l’esistenza di un multiverso alternativo che comprendesse tutti gli Spiderman dal 2002 a oggi. Questa notizia è poi stata smentita dall’attore stesso in una recente intervista. In tutti questi anni comunque Maguire ha prodotto alcuni progetti come Brittany non si ferma più, film di Paul Downs Colaizzo, Migliori nemici e Io sono nessuno.

Babylon, il film

Babylon uscirà al cinema il 25 dicembre 2022, in un numero limitato di sale (al fine di renderlo eleggibile per gli Oscar del 2023) per poi a partire dal 6 gennaio 2023 essere distribuito su scala nazionale da Eagle Pictures / Paramount Pictures Italia. Babylon in streaming arriverà circa sei mesi dopo l’uscita in sala.

Dante: al via le riprese del film di Pupi Avati

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Dante: al via le riprese del film di Pupi Avati

Sono iniziate oggi le riprese di Dante, il nuovo film di Pupi Avati che torna dietro la macchina da presa dopo il successo ottenuto con Lei mi parla ancora. Il film narra la vita del sommo poeta Dante Alighieri raccontato da Giovanni Boccaccio, primo biografo del padre della lingua italiana. Nel suo “Trattatello in Laude di Dante” Boccaccio ripercorre gli eventi della sua vicenda umana, una storia molto complessa in un succedersi di luci e ombre destinati in gran parte a rimanere tali.

Il soggetto e la sceneggiatura sono di Pupi Avati. Tra gli interpreti principali: Sergio Castellitto (Giovanni Boccaccio), Alessandro Sperduti (Dante giovane), Enrico Lo Verso (Donato degli Albanzani), Alessandro Haber (Abate di Vallombrosa), Gianni Cavina (Piero Giardina), Leopoldo Mastelloni (Bonifacio VIII), Ludovica Pedetta (Gemma Donati), Romano Reggiani (Guido Cavalcanti), Carlotta Gamba (Beatrice), Paolo Graziosi (Alighiero di Bellincione), Mariano Rigillo (Meneghino Mezzani), Valeria D’Obici (Suor Beatrice), Giulio Pizzirani (Dante anziano), Erica Blanc(Gemma Donati anziana), Morena Gentile (Donna gozzuta), Milena Vukotic (Rigattiera).

Le riprese di Dante dureranno undici settimane tra Umbria, Marche, Toscana, Emilia Romagna e Roma. Il film, prodotto da Antonio Avati, è una produzione Duea Film con Rai Cinema e sarà distribuito nelle sale italiane da 01 Distribution.

Dante, la trama

Dante muore in esilio a Ravenna nel 1321. Settembre 1350. Giovanni Boccaccio viene incaricato di portare dieci fiorini d’oro come risarcimento simbolico a Suor Beatrice, figlia di Dante Alighieri, monaca a Ravenna nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi. Nel suo lungo viaggio Boccaccio oltre alla figlia incontrerà chi, negli ultimi anni dell’esilio ravennate, diede riparo e offrì accoglienza al sommo poeta e chi, al contrario, lo respinse e lo mise in fuga. Ripercorrendo da Firenze a Ravenna una parte di quello che fu il tragitto di Dante, sostando negli stessi conventi, negli stessi borghi, negli stessi castelli, nello spalancarsi delle stesse biblioteche, nelle domande che pone e nelle risposte che ottiene, Boccaccio ricostruisce la vicenda umana di Dante, fino a poterci narrare la sua intera storia.

DICHIARAZIONE DEL REGISTA:

“Attendi tanto. Diciotto anni prima che ti sia concesso di realizzare un film. Lo avevi nitido nel 2003 quando hai scritto la prima versione del soggetto. Nel frattempo hai fatto altro, molto altro, ma quell’impegno con Dante ti è rimasto dentro, tampellante, facendoti avvertire come una colpa il trascorrere del tempo. Poi, finalmente, incontri chi ti ascolta e non rimanda, chi apprezza l’idea e ti trovi “impreparato” a quell’assenso, a quell’accoglienza. Questo il mio stato d’animo di oggi, a poche ore dall’inizio delle riprese.Che si realizzi nell’Italia di oggi in cui le gerarchie di cosa e di chi conti è dettato da ben altro, un film sulla vita di Dante Alighieri, ha dell’inverosimile. Non oso ancora crederci”.

Capitan sciabola e il diamante magico al cinema dal 5 agosto

Capitan sciabola e il diamante magico al cinema dal 5 agosto

Capitan sciabola e il diamante magico di Marit Moum Aune e Rasmus A. Sivertsen arriverà nelle sale cinematografiche dal 5 agosto grazie a Vision Distribution. Il film sarà inoltre presentato in anteprima ai juror +6 di #Giffoni50Plus, la cinquantunesima edizione del festival di cinema per ragazzi in programma dal 21 al 31 luglio.

Un diamante dai poteri misteriosi, il pirata più temuto dei sette mari, tre ragazzini coraggiosi, il tutto in un’ambientazione che ricorda L’isola del tesoro di Stevenson ma con un tocco di magia: questi gli elementi che rendono “Capitan sciabola e il diamante magico” un’avventura indimenticabile e ricca di divertimento per tutta la famiglia.

Il perfido principe della jungla Mago Kahn è riuscito a impossessarsi di un diamante magico che, secondo la leggenda, riesce a esaudire ogni desiderio. Ma il prezioso gioiello gli viene rubato da Marco, un ragazzino sveglio, orfano e senzatetto. Intanto, Pinky, il più giovane pirata mai esistito, si gode giorni tranquilli sulla terraferma insieme alla sua amica Veronica che, al contrario, sogna di vivere grandi avventure alla volta di lidi sconosciuti. L’occasione arriva inaspettatamente quando Capitan Sciabola, uno dei più grandi pirati dei Sette Mari, irrompe nella vita dei ragazzi per portarli con sé alla ricerca del diamante. Al fianco del celebre pirata i simpaticissimi gemelli Wally e Wimp e il fedelissimo Ditolungo, luogotenente di Capitan Sciabola e suo prezioso consigliere. Per l’allegra ciurma avrà così inizio una corsa ricca di colpi di scena, in cui tutti vogliono mettere le mani sul prezioso diamante magico.

Ispirato all’amatissimo personaggio ideato dallo scrittore, cantante, compositore e attore norvegese Terje Formoe, “Capitan sciabola e il diamante magico” è stato realizzato dalla QVisten Animation, uno degli studi di animazione più importanti del Nord Europa.  Grande successo nei cinema della Norvegia, il film è stato insignito del Public Choice Award agli Amanda Awards 2020, gli Oscar norvegesi, dove ha ricevuto anche due nomination come Miglior Film per ragazzi e Migliori Effetti Speciali.

La trama

l perfido principe della jungla ha finalmente ottenuto il diamante magico che, secondo la leggenda, è in grado di esaudire ogni desiderio quando viene esposto alla luce della luna piena. La gioia però dura poco: Marco, un ragazzino sveglio, orfano e senzatetto, riesce a rubare il diamante allo scopo di concedersi finalmente un buon pasto caldo. Intanto, Pinky, il più giovane pirata mai esistito, si gode giorni tranquilli insieme alla sua amica Veronica che, al contrario, sogna di vivere avventurose esperienze. L’occasione arriva inaspettatamente quando Capitan Sciabola, uno dei più grandi pirati dei Sette Mari, irrompe nella vita dei ragazzi per portarli con sé alla ricerca del diamante tanto bramato. Ognuno di loro ha una ragione diversa per volersene impossessare. Comincia così una corsa ricca di colpi di scena per mettere le mani sul prezioso diamante magico.

Apple ha svelato oggi teaser e uscita di Fondazione

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Apple ha svelato oggi teaser e uscita di Fondazione

Apple TV+ ha annunciato oggi la data d’uscita di Fondazione e ha svelato un nuovo teaser dell’epica saga del visionario showrunner e produttore esecutivo, David S. Goyer (“Batman Begins“, “L’Uomo d’Acciaio“). Il teaser anticipa la portata dell’attesissima nuova serie Apple Original, che segna il primo adattamento cinematografico in assoluto dell’iconica e pluripremiata serie di romanzi omonimi di Isaac Asimov. La prima stagione, composta da 10 episodi, debutterà a livello mondiale su Apple TV+ il 24 settembre con i primi tre episodi, seguiti da un episodio a settimana, ogni venerdì.

“Nei decenni trascorsi dalla prima stampa della serie “Fondazione“, il lavoro profetico di fantascienza di Asimov non è mai stato più attuale di quanto lo sia ora”, ha affermato Goyer. “Crescendo, ho divorato ‘Fondazione‘ e ho sognato di vederlo un giorno sullo schermo, ma un lungometraggio non sembrava sufficiente per abbracciare un progetto così ambizioso. Grazie alle prospettive più ampie offerte dallo streaming e ad una preziosa partnership con Apple e Skydance, siamo in grado di portare la serie sullo schermo in un modo che le rende davvero giustizia. “Fondazione” è sempre stata in cima alla mia lista dei desideri e sono onorato di aver contribuito dargli finalmente vita. Che tu sia un fan dei romanzi o hai semplicemente voglia vedere un’epopea strabiliante, sono entusiasta di condividere con te ciò che abbiamo creato”.

Quando il rivoluzionario Dr. Hari Seldon predice l’imminente caduta dell’Impero, lui e una banda di fedeli seguaci si avventurano ai confini della galassia per stabilire la Fondazione, nel tentativo di ricostruire e preservare il futuro della civiltà. Infuriati per le affermazioni di Hari, i Cleon – lunga stirpe di imperatori al potere – temono che il loro controllo sulla galassia possa indebolirsi, minato dal pericolo di perdere per sempre la propria eredità.

Con protagonisti i candidati all’Emmy Award Jared Harris e Lee Pace, insieme alle stelle nascenti Lou Llobell e Leah Harvey, questo viaggio monumentale racconta le storie di quattro personaggi-chiave che trascendono lo spazio e il tempo, superando crisi mortali, lealtà mutevoli e relazioni complicate da cui dipende il destino dell’umanità. Nel cast del dramma Apple Original troviamo anche Laura Birn, Terrence Mann, Cassian Bilton e Alfred Enoch. Dallo showrunner e produttore esecutivo David S. Goyer, Fondazione è prodotto per Apple da Skydance Television con Robyn Asimov, Josh Friedman, Cameron Welsh, David Ellison, Dana Goldberg e Bill Bost sono produttori esecutivi.

Karen Gillan si prepara per Nebula in Guardiani della Galassia Vol. 3

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Karen Gillan svela attraverso i social che il lavoro per la sua trasformazione in Nebula per Guardiani della Galassia Vol. 3 è iniziato. Attraverso alcune foto possiamo vedere l’attrice scozzese posare per i calchi del viso e della testa che serviranno a creare le protesi per il suo personaggio.

Karen Gillan si prepara per Nebula in Guardiani della Galassia Vol. 3

I fan della saga dei Guardiani della Galassia dovranno aspettare ancora fino al 23 maggio 2023, quando finalmente potremo vedere il terzo e ultimo capitolo delle avventure spaziali di questi fantastici e strampalati eroi. Ancora non si sa nulla sulla trama, ma questi scatti aumentano sempre più l’hype nei fan Marvel che non vedono l’ora di scoprire che fine ha fatto Gamora dopo gli eventi di Avengers Endgame e se i rumor sulla morte di uno dei personaggi principali verranno confermati. Guardiani della Galassia 3 sarà diretto dal regista James Gunn che tornerà a lavorare per la casa produttrice californiana dopo aver portato sul grande schermo The Suicide Squad – Missione suicida con la DCEU. Questa banda di fuorilegge galattici, però avrà prima una parte nel terzo capitolo di Thor (Thor Love and Thunder) in uscita al cinema la prossima estate, di cui abbiamo già potuto ammirare parte del merchandising per l’evento nei post pubblicati su twitter.

Quante ore di trucco per diventare Nebula in Guardiani della Galassia Vol. 3

Non tutti sanno che la Gillan è uno dei  membri del cast dei Guardiani della galassia che si sottopone a pesanti ore di trucco per rendere tutto più reale possibile. Per interpretare il personaggio di Nebula, che appare nel primo capitolo, ha deciso di compiere un atto estremo e di rasarsi la testa. Un gesto che pare averla aiutata molto, tanto da non riconoscersi una volta completato il make up e messo il costume.

Karen Gillan si prepara per Nebula in Guardiani della Galassia Vol. 3

Ritratto d’artista: Mario Monicelli

Ritratto d’artista: Mario Monicelli

Mario Monicelli nasce da una famiglia di origine mantovana il 16 maggio del 1915, cresce a Viareggio, secondo figlio del critico teatrale e giornalista Tomaso, fratello minore di Giorgio, vive nella Viareggio degli anni trenta, assorbendo appieno l’atmosfera magica ed il fermento culturale della città dell’epoca. Frequenta a Milano il liceo classico Giosuè Carducci e si laurea in storia e filosofia, accostandosi al cinema grazie all’amicizia con Giacomo Forzano, figlio del commediografo Giovacchino Forzano, fondatore a Tirrenia di moderni studios cinematografici sotto il nome di Pisorno, curiosa fusione dei nomi delle due città, eterne rivali, Pisa e Livorno, che Mussolini progettava di compiere.

In questi anni, in Mario Monicelli si va delineando quel particolare spirito toscano che sarà determinante per la poetica cinematografica delle commedia del regista (molti scherzi della trilogia di Amici miei sono episodi che fanno realmente parte della sua giovinezza). Il critico cinematografico Stefano Della Casa, nel suo volume dedicato al restauro di uno dei capolavori del regista toscano (L’armata Brancaleone – Quando la commedia riscrive la storia, edito da Lindau nel 2006), mette in dubbio le origini viareggine del regista, arrivando a sostenere che in realtà Mario Monicelli sia nato a Roma, nel quartiere Prati. Ovviamente supposizione falsa, anche se Roma è diventata sua città d’adozione e luogo in cui ha fatto vivere la maggior parte della sua umanità turbolenta. Assieme a Alberto Mondadori, amico (oltre che cugino, figlio della zia Andreina Monicelli e dell’editore Arnoldo) e collaboratore, dirige nel 1934 il cortometraggio Cuore rivelatore, a cui fa seguito, sempre nello stesso anno, un mediometraggio muto, I ragazzi della via Paal, presentato e premiato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Sotto uno pseudonimo, Michele Badiek, dirige nel 1937 il suo primo lungometraggio, insieme ad alcuni amici, Pioggia d’estate, con Ermete Zacconi ripreso nella sua villa di Viareggio.

Ritratto d’artista: Mario Monicelli

Mario MonicelliCritico cinematografico dal 1932, negli anni tra il 1939 ed il 1949 fu attivissimo come aiuto-regista e come sceneggiatore, collaborando a circa una quarantina di titoli. L’esordio registico ufficiale avviene in coppia con Steno, con una serie di film che i due registi realizzano su misura per Totò, tra i quali spicca il celebre Guardie e ladri (1951). Ma c’è da ricordare che con Totò cerca casa, Monicelli sigla il fruttuoso e magico incontro tra Totò e il neorealismo. Dopo i numerosi film girati in coppia con Steno, dal 1953 inizia a lavorare da solo, continuando la feconda attività di sceneggiatore, che lo porta a contatto con molti altri famosi cineasti dell’epoca. Monicelli ha firmato alcuni capolavori del dopoguerra italiano, contribuendo ad uno dei periodi più floridi del cinema del nostro paese, entrando di diritto nella storia.

Nella sua lunga carriera ha collaborato con tutti i più importanti attori italiani: Alberto Sordi, Totò, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Sophia Loren, Amedeo Nazzari, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Adolfo Celi, Walter Chiari, Elsa Martinelli, Anna Magnani, Nino Manfredi, Paolo Villaggio, Monica Vitti, Enrico Montesano, Gigi Proietti, Gastone Moschin, Giancarlo Giannini, Philippe Noiret, Giuliano Gemma, Stefania Sandrelli, Ornella Muti, Ivo Garrani e Gian Maria Volonté. I soliti ignoti del 1958 vanta un cast eccezionale, composto da Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Totò e Claudia Cardinale, ed è considerato quasi unanimemente il primo vero film del florido filone della commedia all’italiana, nel quale non a caso si verifica una morte, per la prima volta in una commedia italiana. I soliti ignoti inaugura anche la carriera del grande Vittorio Gassman come attore comico. L’anno successivo, Monicelli gira quello che molti considerano il suo capolavoro, il film che lo rende famoso oltre i confini italiani, La grande guerra, Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia del 1959 e sua prima nomination all’Oscar. Il film, lontano dagli stereotipi classici della commedia, ha un tono tragicomico, in pieno stile ‘italiano’, che tocca in maniera delicata un argomento molto difficile come la tragedia della Prima guerra mondiale è molto arricchito dalle interpretazioni di Alberto Sordi e Vittorio Gassman. La seconda nomination all’Oscar arriva nel 1963 con I compagni.

Nel dittico burlesco L’armata Brancaleone (1966) e Brancaleone alle crociate (1970), Mario Monicelli inventa un “nuovo” e personalissimo Medioevo, comico e condito da una assolutamente inverosimile lingua maccheronica che ha fatto epoca, insieme all’ennesima interpretazione di uno straordinario Vittorio Gassman. Tra gli altri film di rilievo vanno menzionati La ragazza con la pistola, che vede la grande Monica Vitti in un’interpretazione davvero notevole oltre che la terza nomination all’Oscar (1968), Romanzo popolare (1974) e i primi due capitoli della trilogia di Amici miei (1975, 1982) che hanno fatto epoca, vitatissimi da giovani e vecchi, punto di congiuntura tra diverse generazioni, e che testimonia l’universalità del suo linguaggio cinematografico. Il terzo capitolo conclusivo verrà diretto da Nanni Loy nel 1985. Assolutamente da ricordare anche Un borghese piccolo piccolo (1977) e Il marchese del Grillo (1981) entrambi con grandi interpretazioni di Alberto Sordi, che nel primo caso offre un saggio di recitazione drammatica che somiglia alla trasformazione che precedentemente Monicelli aveva realizzato per Gassman, ovviamente di senso inverso. Per il suo cinema degli ultimi anni spiccano Speriamo che sia femmina (1986) e Parenti serpenti (1992) e I Picari del 1988, che vede riuniti due dei grandi mattatori del nostro cinema passato: Gassman e Manfredi accanto alla bravissima Giuliana De Sio, a Giancarlo Giannini e ad Enrico Montesano. Occasionalmente si è prestato a qualche cammeo attoriale (L’allegro marciapiede dei delitti, 1979; Sotto il sole della Toscana, 2003; SoloMetro, 2007), dando anche la voce al nonno di Leonardo Pieraccioni nel Ciclone (1996): negli ultimi anni ha inoltre cercato nuove strade espressive, passando al documentario (Un amico magico: il maestro Nino Rota, 1999) e alla fiction televisiva (Come quando fuori piove, 2000).

È da considerarsi senza dubbio il regista che meglio di tutti ha interpretato lo stile e i contenuti del genere della Commedia all’italiana. Il suo attore di riferimento è stato Alberto Sordi, da lui trasformato in attore drammatico in La grande guerra e Un borghese piccolo piccolo, ma ha anche avuto il merito di scoprire le grandi capacità comiche di due attori nati artisticamente come drammatici: Vittorio Gassman nei Soliti ignoti e Monica Vitti nella Ragazza con la pistola. Il sorriso amaro che accompagna sempre le vicende narrate, l’ironia con cui ama tratteggiare le storie di simpatici perdenti, ne caratterizzano da sempre la sua opera. Forse non è un caso che molti critici considerino I soliti ignoti il primo vero film della commedia all’italiana, e Un borghese piccolo piccolo l’opera che, con la sua drammaticità, chiude idealmente questo genere cinematografico. Con l’avanzare dell’età la sua attività è gradualmente diminuita ma non si è mai fermata, grazie ad una forma fisica e mentale sempre buona. A dimostrazione di questo, a 91 anni è tornato al cinema con un nuovo film, Le rose del deserto (2006). In occasione della sua uscita ha confidato, in un’intervista a Gigi Marzullo, di non aver alcuna paura della morte, ma di temere moltissimo il momento in cui smetterà di lavorare, perché si annoierebbe moltissimo. In un’intervista del 2008 ha dichiarato di aver abbandonato definitivamente l’attività registica con il cortometraggio documentaristico Vicino al Colosseo… c’è Monti: nonostante ciò nel 2010 realizza un altro cortometraggio, La nuova armata Brancaleone, scritto con Mimmo Calopresti.

Tra gli avvenimenti che hanno segnato di più la sua vita c’è senz’altro il suicidio del padre, Tomaso Monicelli noto giornalista e scrittore antifascista, avvenuto nel 1946. A tal riguardo ha detto: «Ho capito il suo gesto. Era stato tagliato fuori ingiustamente dal suo lavoro, anche a guerra finita, e sentiva di non avere più niente da fare qua. La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena. Il cadavere di mio padre l’ho trovato io. Verso le sei del mattino ho sentito un colpo di rivoltella, mi sono alzato e ho forzato la porta del bagno. Tra l’altro un bagno molto modesto. »

altLa sua ultima compagna è stata Chiara Rapaccini. Quando si sono conosciuti lui aveva 59 anni e lei 19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lei ne aveva 34 e lui 74. Nel 2007, infatti, ha dichiarato di vivere da solo, di non sentire la lontananza di figli e nipoti (pur avendoli), di essere un elettore di Rifondazione Comunista e di avere pianto l’ultima volta alla morte del padre; mentre in un’intervista svela in particolare il motivo per cui a 92 anni vive da solo:

« Per rimanere vivo il più a lungo possibile. L’amore delle donne, parenti, figlie, mogli, amanti, è molto pericoloso. La donna è infermiera nell’animo, e, se ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona, non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto, uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti dieci anni di più. »

Il 25 marzo 2010 partecipa all’evento Raiperunanotte, dove si esprime in modo molto critico nei confronti della società odierna. Il 29 novembre dello stesso anno Monicelli si suicida gettandosi da una finestra del reparto di urologia dell’Ospedale San Giovanni in Roma, dove era ricoverato. Un atto di estrema e lucida coerenza, che lascia nel mondo della cultura e dello spettacolo, oltre che nei cuori di chi l’aveva conosciuto grande e profonda tristezza. Chi invece ha visto e amato i suoi film piange la scomparsa dell’ultimo grande regista dell’epoca d’oro italiana, quando si aveva il coraggio di raccontare al cinema la società.

Profondo Rosso: 40 anni di un mito firmato Dario Argento

Profondo Rosso: 40 anni di un mito firmato Dario Argento

Era infatti il 7 marzo del 1975 quando nei cinema approdò Profondo Rosso, quinto lungometraggio dell’allora trentacinquenne Dario Argento, regista italiano dalla rapida e folgorante carriera che nel giro di appena cinque anni dal suo esordio era di fatto riuscito ad affermarsi come una delle più originali e talentuose figure nel panorama della settima arte, in patria quanto all’estero.

Profondo Rosso, la trama

All’interno di un sontuoso teatro nel quale si sta svolgendo un convegno di parapsicologia, una medium avverte la presenza inquietante di un assassino celato fra il pubblico. Tornata nel suo appartamento la donna viene brutalmente uccisa a colpi di mannaia da un misterioso killer vestito di nero, finendo trafitta dalle schegge di una finestra rotta, mentre tutto si tinge del rosso livido del suo sangue. Tutti coloro che si interessano un minimo di cinema di genere, ma sicuramente anche coloro che non sono cinefili incalliti non potranno non avvertire un gelido e familiare campanello d’allarme nel leggere di sfuggita questa sintetica descrizione delle scene d’apertura di una delle pellicole che, alla metà degli anni ’70 del secolo scorso, contribuì a cambiare definitivamente i connotati del cinema horror, aprendo nuovi orizzonti all’arte di provocare la pelle d’oca attraverso le immagini.

Profondo Rosso trama

Prima del mito

Figlio del produttore cinematografico Salvatore Argento e già precoce e scapestrato critico cinematografico, Dario Argento diviene presto co-autore di numerosi soggetti e sceneggiature tra cui Cimitero senza croci (1968) di Robert Hossein, Scusi, lei è favorevole o contrario? (1966) di Alberto Sordi e del celeberrimo C’era una volta il West (1968) diretto da Sergio Leone e scritto assieme a Bernardo Bertolucci, prima di approdare alla regia nel 1970 con lo sconvolgente L’uccello dalle piume di cristallo, prima pellicola di una ideale “trilogia degli animali” proseguita con Il gatto a nove code (1971) e terminata con Quattro mosche di velluto grigio (1971). Con questi primi tre film Argento riuscì nell’intento di traghettare i generi del mystery e del giallo all’italiana, già sapientemente ammaestrati da autori come Mario Bava e Sergio Martino, verso una dimensione del tutto nuova, caratterizzata da trame sempre più complesse e ricche di implicazioni psicologiche e pulsionali, virando prepotentemente verso un gusto incentrato su inquadrature ricche di quei contenuti morbosi e splatter che saranno poi ripresi ed elaborati dal cinema gore di Lucio Fulci e Umberto Lenzi.

Sono ancora però le atmosfere urbane e psicologiche ad interessare il regista, atmosfere cariche di suggestioni del tutto lontane dal gotico letterario e molto più vicine ai psycho-triller. Una tradizione dai connotati tutt’altro che realistici e dal sapore di leggenda metropolitana vuole infatti che Hitchcock in persona, dopo aver visto il primo film del regista romano, abbia esclamato – Questo italiano mi preoccupa! – . In realtà questa trilogia d’esordio appare ancora del tutto ancorata ad un gusto di matrice appunto hitchcockiana nel quale permangono le linee guida del genere thrilling e poliziesco, come ad esempio la plausibilità delle azioni dell’assassino (che deve essere deducibile dallo spettatore) e la consueta indagine per scoprire il colpevole, anche se Argento ebbe modo di introdurre alcune importanti novità sia a livello narrativo che di tipo estetico, come l’ormai celeberrima soggettiva del killer (già sperimentata in realtà da Bava) provvista però di protesi corporee (mani guatate, oggetti contundenti, ecc…) oltre al marchio di fabbrica costituito dalle sequenze oniriche e psicologiche che permettono allo spettatore di inserirsi per brevi ma intesi attimi nella mente e nel corpo dell’assassino in una sorta di identificazione totale.

Siamo ancora nelle rigide maglie del thriller classico ma dove la plausibilità degli eventi non fa più da padrona e cede spesso al gusto per l’invenzione visiva e alla paura indotta, senza dimenticare poi che fu proprio Argento assieme ai colleghi sopra citati ad affermare la tradizione tutta italiana del killer di sesso femminile, una prerogativa in seguito ampiamente imitata a livello internazionale. Perciò, dopo l’inconsueta e stramba parentesi storica in costume della commedia Le cinque giornate (1973) con Adriano Celentano, Argento decise di concentrarsi su un nuovo soggetto che potesse finalmente costituire un passaggio fra le narrazioni thrilling del passato verso il genere dell’horror puro, che sarà successivamente concretizzato con l’esoterico Suspiria (1977) e lo psichedelico Inferno (1980). Dunque elaborò una prima stesura dal titolo “La tigre dai denti a sciabola”, pensata per l’appunto come un ulteriore capitolo dell’animalesca trilogia, ma alquanto insoddisfatto del suo lavoro decise di affidarsi alla collaborazione di Bernado Zapponi, riuscendo alla fine a sviluppare una sceneggiatura dal titolo provvisorio di Chipsiomega nella quale ci fosse un perfetto equilibrio fra dimensione concreta della vicenda e sguazzi visionari e vagamente soprannaturali.

Profondo Rosso streaming

Perturbante e allucinante

Furono proprio queste componenti che resero Profondo Rosso una pellicola nella quale un’atmosfera perturbante e allucinata viene incastonata in un contesto del tutto realistico in grado di aumentare esponenzialmente l’inquietudine e il terrore latente. Nacque così un vero e proprio cult della storia del cinema di genere, un film nel quale si narra di tremendi ed ingegnosi delitti dal sapore crudelmente realistico commessi da un inafferrabile uomo nero (erede dei killer in lattice nero di Bava) sullo sfondo di una Torino cupa ed esoterica nella quale si intrecciano inquietanti nenie infantili e oscure ville dal sapore gotico, ingredienti urbani e visivi che saranno ripersi in altri film futuri, come il disturbante Trauma (1993) e il poliziesco Non ho sonno (2001).

Il compito non ufficiale di investigare su questi atroci eventi viene assunto dal pianista Marc Daly (David Hemmings) che assieme all’irriverente giornalista Gianna Brezzi (Daria Nicolodi) riuscirà a risalire a una sconvolgente verità che si cela dietro terribili avvenimenti sepolti nella torbida tela dell’infanzia. Come già accennato, il film è ricco di sequenze e trovate straordinarie entrare a merito nella storia del cinema, fra qui la scioccante sequenza di apertura a suon di accoltellamento in silhouette; il ghignate pupazzo meccanico (progenitore del fantoccio della saga di Saw); l’omicidio di Giuliana Calandra affogata in una vasca di acqua bollente e ovviamente la sadica bambinetta Olga (Nicoletta Elmi) che si diverte a trafiggere le lucertole con spilli acuminati. Complice del culto nato attorno al film è sicuramente l’uso iperealistico della violenza brutale e l’impiego di creative tecniche di uccisione che saranno alla base anche del futuro thriller “alla luce del soleTenebre (1982) e del pretenzioso Opera (1987), veri e propri segni di riconoscimento di uno stile che diventerà col tempo inconfondibile e a suo malgrado ricco di plagi indegni. Dopo essersi separato dalla prima moglie Maria Casale e aver rotto la convivenza con Marilù Tolo, Argento decise di prendere in considerazione una giovane attrice fiorentina, già primadonna nelle commedie teatrali di Garinei e Giovannini e reduce da alcuni successi televisivi, e fu così che nacque un proficuo sodalizio professionale (e in seguito matrimoniale) con Daria Nicolodi, capacissima di dare il giusto tono nevrotico e suadente al personaggio di Gianna così come a futuri personaggi iconici dell’universo argentiano, primo fra tutti la terribile vicedirettrice Frau Brückner di Phenomena (1985). La Nicolodi si trova ad agire accanto al già noto David Hammings, attore scafato e reduce da grandi successi cinematografici del calibro di Blow-Up (1966) di Antonioni e Barbarella (1968) di Roger Vadim, anch’egli ottimo interprete del novello investigatore e musicista Marc. Per la parte della stramba madre dell’amico Carlo, interpretato da Gabriele Lavia, Argento volle un’attrice anziana ed un tempo molto nota, quasi sconosciuta alle nuove generazioni, e perciò optò con sicurezza verso Clara Calamai, eccellente interprete cinematografica italiana degli anni ’30 e ’40 divenuta celebre nel 1943 con Ossessione di Luchino Visconti accanto a Massimo Girotti.

Profondo Rosso colonna sonora goblin

La colonna sonora, dai Goblin ai Pink Floyd e i Deep Purple

Il culto del film viene inoltre accresciuto dalla tormentata genesi della sua celeberrima colonna sonora, in un primo momento affidata a Giorgio Gaslini (di cui rimangono le partiture jazz) ma che non convinse per nulla Argento, il quale, dopo aver ricevuto risposta negativa da alcune famose band del calibro dei Pink Floyd e i Deep Purple, consigliato dal suo editore musicale Carlo Bixio decise di affidarsi ad un giovane e sconosciuto complesso rock romano chiamato I Goblin, ragazzi diplomati al conservatorio che con sorpresa dello stesso regista riuscirono a creare una delle partiture musicali più incisive ed inquietanti di sempre, elaborando il famoso e ansiogeno tema principale nel corso di una sola notte nella cantina dove erano soliti provare. Iniziò così un sodalizio che sarebbe durato per anni e che avrebbe segnato il successo di altre intramontabili pellicole.

Profondo Rosso viene però anche ricordato dai suoi fans per le affascinati ed evocative ambientazioni, tutte concentrate fra Roma, Perugia e la già citata Torino, città cara al regista per le sue implicazioni magiche ed esotiche e teatro di alcuni luoghi simbolo del film, come ad esempio la gotica ed inquietante Villa del Bambino Urlante (in realtà chiamata Villa Scott e all’epoca convitto delle Suore della Redenzione); il famoso Teatro Carignano dove venne girata la sequenza di apertura del convegno di parapsicologia e la crepuscolare Piazza C.L.N nella quale venne allestito ex-novo il Blue Bar in cui si incontrano Carlo e Marc, plasmato sul famoso quadro Nighthawks di Edward Hopper. Prodotto dalla Rizzoli Film e girato in lingua inglese per aumentare la sua appetibilità di mercato, dopo una campagna pubblicitaria efficace e fortemente critica, Profondo Rosso venne finalmente rilasciato nei cinema nella primavera del 1975, riscontrando un clamoroso successo sia in patria che all’estero e dando vita ad un acceso dibattito critico.

In Italia ad esempio, dove il film incassò oltre 2 miliardi di lire e si posizionò al 10° posto nella classifica dei titoli della stagione, i critici si trovarono ancora una volta impreparati a recensire un’opera tanto destabilizzante e particolare, e come era accaduto per i film precedenti del regista vi furono molte riserve riguardo alla poca plausibilità della narrazione e per l’eccesso di violenza. Nel resto dell’Europa invece, soprattutto in Francia ed Inghilterra, il film venne accolto come una vera rivelazione, forse perché di fatto il pubblico era già abituato a digerire opere di genere particolari come i gialli anglosassoni o i film horror della Hammer. In Giappone, dove il film uscì solo nel 1978 dopo Suspiria, il suo successo fu clamoroso, tanto che venne rilasciato col titolo Suspiria – Parte 2. Quarant’anni sono passati dalla sua realizzazione e Profondo Rosso mantiene intatta la sua aura di inquietante opera di culto, tanto da essere stata ed essere ancora tuttora oggetto di numerose citazioni, parodie e riferimenti più o meno espliciti, oltre ad aver ispirato nel 2007 un musical omonimo per la regia di Marco Calindri con le musiche originali di Claudio Simonetti, interpretate dall’attore e cantante Michel Altieri nel ruolo di Marc.

Nel 2000, in occasione dei venticinque anni dall’uscita della pellicola, Dario Argento in persona con la collaborazione del gruppo dei Demonia realizzò un cortometraggio nel quale il regista stesso uccideva i singoli membri della band usando le ingegnose tecniche impiegate dall’assassino del film, una piccola auto-parodia oggi reperibile solo nella versione Bluray americana. Tutti noi grandi fans del maestro dell’horror attendiamo dunque con grande trepidazione, dopo la grande proiezione pubblica del film avvenuta nel corso del Fantafestival di Roma 2015, una qualche celebrazione in concomitanza con un nuovo decennio passato all’insegna del rosso sgorgare del sangue copioso della paura e della creatività emanata da una pellicola e da un regista che hanno saputo, tra alti e (scivolosi) bassi, attraversare il tempo continuando a tenerci svegli la notte, sempre col timore che qualche uomo nero possa piombare dall’oscurità e farci a pezzi in maniere stravaganti e brutali.

Profondo Rosso in streaming?

E’ possibile acquistare in streaming Profondo Rosso su Amazon Prime Video e su Infinity Tv

Titanus annuncia la nomina di Stefano Bethlen come nuovo Direttore Generale

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Titanus S.p.a. annuncia la nomina di Stefano Bethlen come nuovo Direttore Generale a partire dal prossimo 1° luglio. Fondata a Napoli nel 1904 da Gustavo Lombardo, poi condotta all’apice del successo dal figlio Goffredo fino agli anni duemila, ed ora nelle mani del nipote Guido Lombardo, Titanus è la più antica casa cinematografica italiana. Con sede a Roma, dove sono presenti anche gli studi di produzione cine-televisiva Titanus-Elios, la Titanus è la più celebre fabbrica italiana di “immagini in movimento” che continua a produrre emozioni per tutti gli appassionati.

Caratterizzata fin dagli inizi da una politica produttiva all’avanguardia, basata sulla ricerca e la sperimentazione, la Titanus è diventata in breve tempo il marchio di riferimento di centinaia di film. La sua library, che conta oltre 370 titoli, racchiude opere che hanno fatto la storia del cinema e rappresentano un vero e proprio patrimonio culturale: dal neorealismo italiano (“Rocco e i suoi fratelli”, “La Ciociara”), alla trasposizione cinematografica di romanzi letterari di incalcolabile successo (“Il Gattopardo”), fino ai lungometraggi cult-horror di Dario Argento e alle pellicole nazionalpopolari come “Poveri ma belli” o, ancora, il filone comedy-poliziesco che ha consacrato Bud Spencer tra le star italiane più apprezzate all’estero. Ai successi italiani si aggiunge la distribuzione di importanti film stranieri come “Apocalypse Now” e “C’era una volta in America” che hanno contribuito a rendere la Titanus un’icona anche a livello internazionale.

Stefano Bethlen approda alla Titanus come Direttore Generale dopo una luminosa carriera in The Walt Disney Company Italia iniziata nel 2003. Nel corso degli anni Bethlen ha assunto ruoli di sempre maggiore rilievo passando da Theatrical Business Manager per Italia, Turchia, Russia e Grecia, fino a diventare Head of Theatrical Distribution and Marketing e quindi Chief Marketing Officer. Dal 2016 al 2019, nel ruolo di CMO, Stefano Bethlen ha gestito a 360° il business di tutte le franchise Disney, determinandone la crescita e l’aumento del fatturato, così come i piani di marketing e comunicazione integrata di tutte le linee di business dell’azienda, fino al riposizionamento e rilancio in Italia dei brand Marvel e Star Wars. Un bagaglio di esperienza forte anche delle strategie di distribuzione di centinaia di titoli Disney, Pixar, Marvel e Star Wars che lo hanno portato a collezionare grandi risultati anche al box office.

Dopo aver lasciato The Walt Disney Company Italia, negli ultimi due anni Stefano Bethlen si è dedicato all’attività di consulente e produttore indipendente di film italiani, realizzando prodotti per il mercato europeo che arriveranno a breve sul grande schermo.

“La scelta di Stefano Bethlen, quale Direttore Generale della Titanus rappresenta un passo fondamentale per il futuro della nostra realtà”, ha detto Guido Lombardo Presidente della Titanus. “Abbiamo scelto Stefano in quanto manager con rapporti internazionali consolidati e in grado di interpretare in modo innovativo questo periodo di grande cambiamento per lo scenario dell’audiovisivo. Ci troviamo infatti in un’epoca in cui il mercato richiede un numero sempre crescente di contenuti e vogliamo rispondere in modo veloce e concreto”.

Emozionato per il nuovo incarico Stefano Bethlen ha dichiarato: “Da professionista, ma soprattutto da italiano, sono davvero orgoglioso di entrare a far parte di questa società italiana così ricca di storia e fascino. Già molto apprezzata anche all’estero la Titanusdovrà essere sempre più riconosciuta nel mondo come una realtà italiana di grande successo nella produzione e distribuzione di film e serie televisive. Non vedo l’ora di mettermi al lavoro per definire la nuova strategia del gruppo e di cogliere tutte le opportunità all’orizzonte”.

La Titanus è pronta per un nuovo capitolo della sua storia leggendaria.

L’esperienza sensoriale di Dario Argento

L’esperienza sensoriale di Dario Argento

Discorrere di Dario Argento è difficile se non si applica un parallelismo diretto con la sua vita e le sue influenze giovanili. Figlio d’arte, Dario nasce a Roma nel 1940 da Salvatore Argento, famoso produttore cinematografico, e Elda Luxardo, fotografa brasiliana. La propensione artistica cinematografica gli fu involontariamente imposta da due genitori che di pellicole e shot ne masticavano e se ne intendevano.

Questa base artistica fu implementata da una dedizione passionale verso l’arte fantastica e surrealista i cui rappresentanti principali sono da individuare in Alfred Hitchcock, Walt Disney, F.W. Murnau, Fritz Lang, le opere letterarie di Edgar Alla Poe, e gli scritti alienanti di Thomas De Quincy. Successivamente, nelle sue opere cominciarono ad apparire le chiare impronte dello stile del padre e del fratello Claudio, che produsse alcune delle sue opere. Il successo per Dario Argento non si fece attendere e subito la critica riconobbe in lui un talento particolare, tale da definire le sue opere un cult. Fama e successo lo avvolsero, ma anche critiche spietate e taglienti. Il suo tocco si caratterizza per una forte enfasi dedicata alla visualità, in cui stili diversi si mescolano, alterando gli schemi tradizionali imposti dal gusto del cinema. Egli utilizza la macchina da presa in maniera diversa ed elaborata, associandola ad effetti di luce e musicali che rappresentano la vera quintessenza del suo lavoro e il background perfetto per le scene di violenza sessuale.

Non è un caso se lo si considera il maestro europeo del concetto di macabro, in cui le immagini di violenza raggiungono il limite estremo della loro capacità espressiva. La sua carriera cinematografica inizia come osservatore e critico cinematografico per la testata romana Paese Sera e fu solo dopo, intorno agli anni ‘60, che si dedicò alla scrittura di sceneggiature di film western: Une Corde un colt (1969) e Commandos (1968), ma contribuì anche alla sceneggiatura di Sergio Leone di C’era una volta il West (1968) che gli permise di conoscere Goffredo Lombardo e produrre, quindi, il suo primo film L’Uccello dalle Piume di Cristallo (1970).

Nonostante l’etichetta horror che solitamente si attribuisce a quest’opera, essa nasce come un giallo in cui Argento narra le vicissitudini di un uomo, che inaspettatamente assiste ad una violenza e gli viene attribuita la colpa. Dalmas, il personaggio principale, per dimostrare la sua innocenza deve andare contro le leggi, e trovare da sé la strada verso la verità. Una verità inaspettata in cui la vittima si tramuta in carnefice. Lo stile adoperato dal regista sorprende gli spettatori, i quali applicando il metodo tradizionale di ricostruzione dei fatti, si trovano spiazzati nel ricondurre tutti gli indizi (solitamente associati ad una perversità e instabilità mentale maschile) nella figura di una donna. La confusione logica di ricostruzione degli eventi dei crimini sessuali generata negli spettatori sarà una caratteristica pregnante di molte sue opere, in cui la fine e la risoluzione di un dramma sconvolgerà la tradizionale analisi effettiva delle situazioni.

Il suo secondo film è Il Gatto a Nove Code (1971), considerato anche la sua seconda opera della trilogia degli “animali”, a causa della presenza nel titolo o nello svolgersi dei fatti di un animale. A differenza della prima opera, le due successive Il Gatto a Nove Code e Quattro Mosche di Velluto Grigio ricevettero critiche negative riguardo lo stile detective di cui fa uso il regista. Secondo la critica, Argento mise da parte il metodo razionale e deduttivo per dedicarsi interamente ad una visione eccessivamente libera e fantasiosa dei fatti.

Lo stile di Dario Argento risente a pieno dell’influenza dell’industria italiana, in cui l’enfasi costante sul genere si mescola ad un’attitudine più cerebrale, dominata da una visione critica e intellettuale dell’opera. La combinazione di elementi intellettuali con slanci istintivi è una caratteristica tipica dello stile italiano del dopoguerra, in cui si cerca di soddisfare le richieste di un audience sofisticato e le pretese di una popolazione più semplice e pragmatica e quindi ottenere, anche, un buon ritorno economico. Le tecniche che permisero di ampliare il suo range di pubblico, riuscendo a soddisfare le richieste più disparate, sono da ricondurre alla presenza di una descrizione politica o psicoanalitica unite a scoppi irrazionali di risa, suspence, eccitazione e violenza.

Se Profondo Rosso (1975) si caratterizza per la presenza di elementi sovrannaturali, questi aspetti troveranno la loro massima espressione con Suspiria (1977). Film di grande successo, Suspiria esprime in pieno l’evoluzione di Argento, passando dal filone del Giallo a quello di Horror, pur trattenendo nella sua essenza alcune caratteristiche di base. Un chiaro esempio ci viene fornito dalla contrapposizione tra uomini e donne, i primi con caratteri deboli e inutili le seconde aggressive e dominanti. Ciò che fa di questo film la pietra miliare dello stile di Argento è la tecnica impiegata per la narrazione delle scene. E’ proprio qui che il regista esprime in pieno il suo stile surreale con riprese che, disorientando lo spettatore, spostano l’osservazione su giochi di luce e di suoni che saranno in seguito il suo tratto caratteristico, nonché il valore aggiunto all’opera. Emblematica è la scena degli omicidi iniziali in cui il progredire drammatico dei fatti è in maniera crescente accompagnato da un carico di colori e da una colonna sonora incalzante e nevrotica.

Le sue opere successive non smentiranno la sua propensione verso l’esaltazione assoluta dei sensi, tramite l’utilizzo di luci- colori- suoni anche se conserveranno sempre quei tratti caratteristici della sua fase iniziale del periodo “giallo”.

Loki: la regista commenta le teorie sulla vera identità di Sylvie

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La serie Loki sta generando molto dibattito online, soprattutto dopo l’introduzione del misterioso personaggio interpretato dall’attrice Sophia Di Martino. Sappiamo che si tratta di una versione alternativa di Loki, ma la sua “reale” identità è ancora sconosciuta.

Nel terzo episodio il personaggio si identifica come “Sylvie”, cosa ha portato i fan a credere che si tratta di un sorta di ibrido tra Lady Loki e Incantatrice. Sebbene sia chiaro che la storia legata a questo personaggio riserverà ancora molte sorprese, la regista della serie, Kate Herron, è voluta intervenire sulla “scottante” questione in una recente intervista con Entertainment Tonight.

Herron ha confermato che c’è ancora molto altro da approfondire, prima di rivelare che la serie ha attinto da più fonti per costruire la sua storia. “Una cosa che posso dire è che lei è diversa dai fumetti. È un personaggio unico, ma ovviamente ci sono tante cose a cui ci siamo ispirati. È un personaggio in fuga: si chiama Sylvie e si è tinta i capelli. La bionda che associamo a Sylvie è stata portata nella serie in questo senso, ma si ricollega anche al suo personaggio all’interno della nostra storia. Ad un livello più profondo, direi che sì… c’è ancora molto altro da rivelare in merito al personaggio.”

Herron ha poi confermato che Sylvie è una variante di Loki, il che significa che non ci sarà una sorta di svolta in cui apprendiamo che sta solo agendo in qualità di versione femminile del cattivo. “La cosa più importante da dire è questa: Lady Loki nei fumetti è un personaggio molto diverso dal nostro personaggio. Adoro quel personaggio, ma penso che abbia fatto un viaggio molto diverso. La nostra Sylvie è una versione femminile di Loki. Nei primi due episodi sanno che si tratta di una variante. Ad ogni modo, penso che tutto questo faccia parte della discussione.”

La regista ha poi aggiunto che i prossimi episodi affronteranno domande come: “Perché non le piace essere chiamata Loki? Qual è il suo passato? Da dove viene?”. È chiaro che ci sia molto altro da rivelare… Tuttavia, sembra ormai chiaro che non dobbiamo aspettarci di vedere la classica Lady Loki dei fumetti nella serie.

The Suicide Squad e la relazione tra Harley Quinn e Joker, parla Margot Robbie

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Suicide Squad del 2016 ha trascorso molto tempo ad approfondire la relazione violenta di Harley Quinn con il Joker, ma quel film si è di fatto è concluso con la Mattacchiona che è rimasta dalla parte del Clown Principe del Crimine (forse avrebbe rifiutato il cattivo nella Ayer Cut? Ad oggi, è difficile dirlo!).

Quando Birds of Prey è arrivato nelle sale, Harley aveva rotto con il suo ex, ma ora la domanda sorge spontanea: come farà The Suicide Squad a gestire questo lato della storia di Harley? Non è un segreto che James Gunn non sia un fan dell’iterazione di Jared Leto, con il regista e sceneggiatore che ha già confermato che il suo Joker non apparirà nel film.

Durante una recente intervista con il Toronto Sun, l’attrice Margot Robbie ha spiegato come The Suicide Squad gestirà la questione relativa alla relazione tra Harley e il Joker. “Penso che nel primo film di Suicide Squad avesse una certa sicurezza e arroganza, sapendo di avere la protezione del Joker. Magari pensava: ‘Prenderò parte a questa missione, tanto lui mi tirerà fuori da qui in un secondo’. Era una specie di sua prerogativa in quel film”, ha spiegato Robbie. “Poi in Birds of Prey siamo passati a: ‘Oh m***a, è un mondo freddo e spaventoso. Forse non posso farcela da sola’.”

“In questo film, invece, il tempo è passato, non si collega direttamente a nessuno di quei due film, ma non è più qualcosa con cui Harley sta lottando”, ha detto l’attrice. “Non sta aspettando che Mr. J si presenti e la salvi. Non si chiede più se può farcela da sola o no. Lo sa e basta.”

Il cast ufficiale di The Suicide Squad comprende i veterani Margot Robbie (Harley Quinn), Viola Davis (Amanda Waller), Joel Kinnaman (Rick Flag) e Jai Courtney (Captain Boomerang), insieme alle new entry Idris ElbaMichael RookerNathan FillionTaika WaititiJohn CenaPeter Capaldi, Sean Gunn, David Dastmalchian Storm Reid. Nel film reciteranno anche Pete Davidson, Juan Diego Botto, Joaquin Cosio, Flula Borg, Tinashe Kajese, Jennifer Holland, Julio Ruiz, Alice Braga, Steve Agee e Daniela Melchior.

“Benvenuti all’inferno, ossia a Belle Reve, la prigione con il più alto tasso di mortalità negli Stati Uniti d’America. Qui sono confinati i peggiori supercriminali, disposti a tutto pur di evadere, anche unirsi all’oscura e super segreta missione della Task Force X. L’incarico del giorno? Metti insieme una serie di truffatori (tra cui Bloodsport, Peacemaker, Captain Boomerang, Ratcatcher 2, Savant, King Shark, Blackguard, Javelin e la psicopatica preferita di tutti, Harley Quinn). Armali pesantemente e abbandonali sulla remota isola di Corto Maltese infusa dal nemico. Mettili alla prova grazie ad una giungla brulicante di avversari militanti e forze di guerriglia ad ogni angolo. La squadra è impegnata in una ‘search and destroy’ guidata dal colonnello Rick Flag, mentre i tecnici del governo di Amanda Waller seguono ogni loro movimento grazie a dei sistemi impiantati nelle loro orecchie. Come sempre… una sola mossa falsa e chiunque può morire (per mano degli avversari, di un compagno di squadra o della stessa Waller).”

Doctor Strange 2 ci mostrerà lo Stregone Supremo dopo alcuni anni traumatici

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Dopo gli eventi di WandaVision e quello che ci stiamo preparando a vedere (e a scoprire) in Loki, l’entusiasmo attorno a Doctor Strange in the Multiverse of Madness è decisamente alle stelle.

Nonostante il sequel esplorerà il concetto di Multiverso e includerà anche il personaggio di Scarlet Witch, l’attenzione è comunque destinata a rimanere sullo Stregone Supremo interpretato da Benedict Cumberbatch. Dopo aver assunto quel ruolo nel primo Doctor Strange, Stephen ne ha passate davvero tante, incluso il fatto di essere responsabile (almeno in parte) della decisione di Iron Man di usare le Gemme dell’Infinito per porre fine alla furia di Thanos in Avengers: Endgame.

Durante una recente intervista con SYFY Wire, lo sceneggiatore del film, Michael Waldron, ha anticipato che Doctor Strange in the Multiverse of Madness esplorerà tutto ciò che l’eroe ha passato durante gli ultimi anni. “Come puoi approfondire il personaggio di Stephen Strange? Si tratta di un ragazzo che ne ha passate tante negli ultimi anni. Che effetto ha tutto questo su qualcuno così potente? È una prospettiva assai eccitante. Al di là di tutto questo, però, è sempre e comunque un grande avventuriero… un grande eroe dell’avventura che ci piace vedere in azione e prendere a calci la gente.”

Waldron ha anche descritto il sequel come un “viaggio da brivido” e ha elogiato il regista Sam Raimi. “È un viaggio da brivido con un suo cuore, come ti aspetteresti da un film di supereroi di Sam Raimi. Sam è un genio e il modo in cui usa la macchina da presa è davvero emozionante. Non ha paura di correre rischi. Penso che sarà un’esperienza davvero fantastica per tutti.”

Doctor Strange in the Multiverse of Madness vedrà Benedict Cumberbatch tornare nel ruolo di Stephen Strange. Diretto da Sam Raimi, il sequel vedrà anche Wanda Maximoff/Scarlet Witch (Elizabeth Olsen) assumere un ruolo da co-protagonista dopo WandaVision.

La sceneggiatura del film porterà la firma di Jade Bartlett e Michael Waldron. Oltre a Cumberbatch e Olsen, nel sequel ci saranno anche Benedict Wong (Wong), Rachel McAdams (Christine Palmer), Chiwetel Ejiofor (Karl Mordo) e Xochitl Gomez (che interpreterà la new entry America Chavez).

Doctor Strange in the Multiverse of Madness arriverà al cinema il 25 marzo 2022. Le riprese sono partite a Londra a novembre 2020 e avranno luogo anche a New York, Los Angeles e Vancouver. Nel sequel dovrebbe apparire in un cameo anche Bruce Campbell, attore feticcio di Sam Raimi. Al momento, però, non esiste alcuna conferma in merito.

Spiral – L’eredità di Saw: recensione del film con Chris Rock

Spiral – L’eredità di Saw: recensione del film con Chris Rock

Quella di Spiral – L’eredità di Saw, fin dagli albori, quando debuttò nei cinema nel 2004 con ben otto capitoli, è sempre stata una saga basata principalmente sulle torture sanguinanti e dalle immagini forti e attorno a queste veniva creata una storia. Oggi con Spiral – L’eredità di Saw diretto da Darren Lynn Bousman si cambia registro e ci si avvia verso un nuovo genere di Saw più virato al thriller poliziesco e meno splatter, con più giochi di inganno da svelare e meno macchine mortali.

Spiral – L’eredità di Saw, la trama

Questa volta ci troviamo a South Metro e un poliziotto insegue un borseggiatore lungo la metropolitana, ma a un certo punto viene cloroformizzato. Svegliatosi, si accorge di essere stato collegato a uno strano macchinario e di avere la lingua bloccata da una morsa. Su un televisore ai suoi piedi appare un pupazzo con le sembianze di un maiale (notiamo già il distacco dalla saga originale e vediamo che non viene più utilizzato il fantoccio Billy) che gli spiega che l’unico modo che ha per liberarsi è strapparsi la lingua, la stessa lingua che in tribunale ha usato per mentire. È solo l’inizio di una serie di avvenimenti che il detective Zeke Banks dovrà risolvere, perché sembra proprio che JigSaw sia tornato.

Zecke, figlio del capo della polizia dal passato glorioso, è l’unico poliziotto a essere sempre stato fedele al corpo, ma in un mondo corrotto è difficile essere onesti. Gli viene assegnato il caso del poliziotto trovato morto in metropolitana e presto scopre che l’uomo che credeva conoscere da una vita, in realtà era un uomo corrotto che mentiva regolarmente, motivo per cui Saw ha deciso di punirlo. Ma come è possibile che sia tornato realmente l’enigmista a mietere vittime in città dopo tutto questo tempo? Non era morto? Troppe cose non lo convincono e assieme al suo nuovo collega decide di proseguire le indagini ma sta per scoprire che quella è solo la prima di una moltitudine di attacchi mirati alla polizia.

Spiral - L'eredità di SawIl nuovo volto di Saw in Spiral – L’eredità di Saw

Darren Lynn Bousman, regista già di Saw 2 e Saw 3, decide di rilanciare definitivamente il franchise rinnovandolo, ma tenendo alcuni aspetti che lo hanno caratterizzato in passato e che tutt’ora lo contraddistinguono. Troviamo infatti tanti elementi vecchi ma con una veste nuova, la stessa colonna sonora che accompagnava ogni momento del film, come l’apparizione della macchina della tortura non è più così forte e ripetitiva, rimane di sottofondo giusto nel finale come per farci capire che sì è Saw ma un nuovo Saw. Nuove sono le dinamiche delle uccisioni, se prima JigSaw dava sempre una chance ai suoi prigionieri, questo nuovo Saw li intrappola per punirli delle cattive azioni fatte senza regalare loro la possibilità di redimersi. La stessa spirale simbolo del film è un segno del cambiamento, di nuovo inizio che si vuole dare nel creare una nuova saga puntando più sul genere poliziesco che sull’horror, dando più importanza alla trama.

Questo nuovo capitolo ha come protagonista un Chris Rock che riesce perfettamente a centrare l’obiettivo; attore dalla carriera prevalentemente votata al genere comico, Rock si cimenta ora in un genere per lui assolutamente nuovo, incuriosendo il pubblico. Pochi sanno infatti che l’attore è un grandissimo fan della saga e che questo lo ha aiutato nel calarsi meglio nel personaggio, mescolando la comicità che lo contraddistingue all’horror della saga. Altra figura importantissima nel film è Samuel L. Jackson, nei panni del padre di Zecke, ex-capo della polizia in congedo che man mano che la storia prosegue, assumerà sempre maggior peso nella trama.

Spiral – L’eredità di Saw sposta il suo occhio dalla degenerazione della società e si concentra sulla problematica della corruzione nella polizia e sulla vendetta per torti subiti da una giustizia marcia, sul cattivo funzionamento della giustizia, accompagnandoci lentamente per poi accelerare con un finale adrenalinico e mozzafiato aperto a un probabile sequel.

MCU: il significato dei nomi degli eroi principali

MCU: il significato dei nomi degli eroi principali

Da Captain America e Black Panther, il MCU comprende esseri sovrumani proveniente da vari background culturali, dimensioni e linee temporali. Anche se alcuni di loro possiedono nomi generici, altri potrebbero avere nomi di un’etimologia più varia. Per quanto riguarda i loro alias da supereroi, la maggior parte degli Avengers ha titoli semplici, presi in prestito direttamente dai fumetti originali. Tuttavia, siete davvero sicuri di conoscere l’origine dei nomi di alcuni degli eroi più famosi della Marvel?

Iron Man/Tony Stark

Dato il modo in cui Tony Stark indossa l’armatura per combattere, il titolo Iron Man sembra la scelta più ovvia. Per quanto riguarda il suo vero nome, Tony è l’abbreviazione di Anthony, mentre il suo nome completo è Anthony Edward Stark. Questo nome potrebbe essere basato su una scelta consapevole, dato che anche il secondo nome di suo padre Howard Stark era Anthony.

In termini puramente linguistici, Anthony deriva dal nome romano Antonius, che potrebbe tradursi approssimativamente in “inestimabile” in latino. Il nome Stark, invece, evidenzia tracce scozzesi e inglesi ed era spesso usato come nome per una persona potente e valorosa.

Captain America/Steve Rogers

I toni patriottici nel nome di Captain America hanno senso, dato il modo in cui è stato presentato come eroe americano al culmine della Seconda Guerra Mondiale. Indossando un costume a stelle e strisce, Cap è emerso da subito come un simbolo per lo sforzo bellico alleato.

Steve è l’abbreviazione di Steven, che di per sé è una variante del nome Stephen. Quest’ultimo deriva dal nome greco Stephanos, che si traduce approssimativamente in “ghirlanda”. Nell’antica Grecia, le ghirlande erano viste come un simbolo di vittoria in eventi sportivi come le Olimpiadi. Quanto a Rogers, il nome è stato probabilmente introdotto in Inghilterra e fu una scelta molto popolare tra i Normanni.

Thor Odinson

thor: love and thunderConsiderando che il personaggio di Thor è direttamente ispirato al dio scandinavo del tuono, il nome conserva le sue antiche radici norrene. Infatti, il giorno della settimana Thursday (corrispondente al nostro giovedì) è chiamato così in suo onore (Thor’s Day). Nei dialetti dell’antico inglese, era soliti riferirsi al dio usando anche Thunar.

Odinson è un cognome aggiuntivo nei fumetti Marvel che sottolinea le sue radici paterne, poiché il re asgardiano Odino era suo padre. Altri personaggi asgardiani portano cognomi simili, poiché anche il fratellastro antagonista di Thor, Loki, porta il cognome Laufeyson (il gigante di ghiaccio Laufey è il suo padre naturale).

Hulk/Bruce Banner

HulkOggi la bestia dalla pelle verde della Marvel Comics è sinonimo della parola “hulk”. La parola ha avuto curiosamente diversi significati negli ultimi secoli. In tempi antichi, hulk si riferiva a una delle prime navi costiere europee. La parola è usata anche per le navi moderne che sono a galla ma non possono essere mandate in mare; per lo più, riguarda navi che sono diventate obsolete con il tempo.

Al giorno d’oggi, hulk descriverebbe anche una persona fisicamente grande e un po’ goffa. Il nome Bruce è di origine scozzese e uno dei primi portatori ne fu il monarca scozzese Robert the Bruce. Il cognome di Hulk, Banner, è equivalente alla parola francese banere che si traduce con bandiera o insegna. 

Vedova Nera/Natasha Romanoff

black widowScelta come nome in codice per le sue operazioni segrete, Vedova Nera è un riferimento diretto al ragno con lo stesso nome. L’aracnide si trova in Nord America, principalmente negli Stati Uniti meridionali e occidentali. Questi ragni trasportano un veleno molto potente che può essere altamente velenoso per l’uomo. Secondo “The Web of Black Widow #1” di Jody Houser, Natasha ha acquisito il nome in codice a causa delle sue dimensioni e delle sue letali abilità di combattimento.

Il vero nome dell’ex agente del KGB e membro dello SHIELD è Natalia Alianovna Romanoff, con Natasha Romanoff come alias principale. Natasha è una parola di origine slava che si traduce come “compleanno del Signore”, mentre Romanoff è una versione russa del nome cristiano arcaico Romanus (un titolo probabilmente usato gli abitanti di Roma).

Occhio di Falco/Clint Barton

Occhio di Falco è un nome attribuito all’esperto tiratore scelto Clint Barton principalmente per la sua vista acuta e mirata. E poiché la sua visione è migliore rispetto alla media (secondo i fumetti Marvel), l’allusione al falco trova la sua ragion d’essere. I rapaci come falchi e aquile hanno una vista avanzata, che consente loro di individuare le loro prede da lunghe distanze.

L’origine di Clint potrebbe probabilmente risiedere nell’inglese antico, poiché la parola era usata come mezzo arcaico per riferirsi a una “scogliera”. Anche il cognome Barton ha più radici. In alcuni casi, è visto come una forma più breve di Bartolomeo, il nome di uno degli apostoli di Gesù. 

Spider-Man/Peter Parker

Con abilità da ragno e un fascino senza tempo, Spider-Man ha divertito il pubblico per molti decenni. A causa della sua impareggiabile popolarità, il suo alter ego Peter Parker è popolare quanto il suo nome da supereroe.

Il nome Peter è influenzato dal nome greco Petros e dal suo derivato inglese antico Piers, che di solito significa “pietra” o “roccia”. Allo stesso modo, Parker deriva da un termine francese antico che significa “custode del parco”. Per questo motivo, Parker era principalmente usato per indicare i guardacaccia nell’Inghilterra medievale. In effetti, nel caso di Spider-Man, il “parco” può riferirsi a New York City, in quanto spesso funge da guardiano della città.

Scarlet Witch/Wanda Maximoff

Scarlet WitchMentre Wanda Maximoff in WandaVision ha combattuto contro la strega Agatha, l’antagonista della serie ha rivelato che la dimostrazione della Magia del Caos di Wanda non è inferiore a quella di una strega simile a lei. Questo è ciò che spinge Agatha a battezzare Wanda come Scarlet Witch nel penultimo episodio.

Wanda come nome proviene dalla Polonia ed era spesso associato a un’eroina polacca molto popolare di nome Principessa Wanda. Considerando le sue radici nell’Europa orientale, le origini di Maximoff non sono chiare, ma suona simile al nome slavo Maxim (che potrebbe tradursi con “il più grande”).

Black Panther/T’Challa

Molti potrebbero pensare che il supereroe di Wakanda Black Panther sia stato chiamato così sulla scia del rivoluzionario gruppo socialista Black Panthers Party. Tuttavia, questo non sembra probabile dal momento che il personaggio è stato introdotto in un fumetto dei Fantastici Quattro del luglio 1966, che è stato pubblicato mesi prima del Black Panthers Party. Ad oggi, né Stan Lee né Jack Kirby hanno mai discusso da dove hanno preso il nome del supereroe.

Per quanto riguarda il suo vero nome, T’Challa, “Black Panther #3” (2018) rivela che si traduce in “colui che ha messo il coltello al suo posto”, nella lingua immaginaria di Wakanda. Negli stessi numeri, T’Challa pugnala Namor al cuore per proteggere il suo regno dalla vendetta di quest’ultimo.

Soldato d’Inverno/Bucky Barnes

Mentre James “Bucky” Barnes potrebbe essere un nome americano comune, il suo alter ego potrebbe derivare dal fatto che è stato usato come assassino nelle zone invernali dell’Unione Sovietica ed è stato spesso conservato nel ghiaccio. Tuttavia, il nome Soldato d’Inverno fa riferimento a molti contesti storici.

Durante la guerra del Vietnam, molti soldati americani restavano sconvolti dai crimini di guerra sponsorizzati dai militari e dalla perdita di vite americane. Sulla base di questo, molti veterani di guerra annunciarono un evento mediatico chiamato “Winter Solder Investigation”, sottolineando la necessità di rinunciare allo sforzo bellico di fronte a realtà così inquietanti. Secondo Vulture, è implicito che Bucky potrebbe “alludere alla relazione tesa che gli Stati Uniti hanno con i suoi veterani”.

Agente Speciale 117 al Servizio della Repubblica – Missione Cairo: una clip in esclusiva

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I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection sono liete di annunciare che porteranno per la prima volta in Italia la saga francese di grandissimo successo, divenuta ormai un cult, Agente Speciale 117, creata da Jean Bruce e precedente i noti romanzi di Ian Fleming sull’agente 007.

Una clip esclusiva dal film:

https://www.youtube.com/watch?v=r-ScdZAwy_E

Agente Speciale 117 al Servizio della Repubblica – Missione Cairo è il primo capitolo in arrivo nei cinema italiani a partire dall’1 luglio e ci introduce alla divertentissima trilogia dei Premi Oscar® – entrambi con lo straordinario successo di The ArtistMichel Hazanavicius, alla regia, e Jean Dujardin nei panni dell’Agente Speciale 117, la migliore spia francese in servizio e l’unica capace di intraprendere una missione di spionaggio senza precedenti.

Egitto, 1955. Il Cairo è un vero nido di spie. Tutti diffidano di tutti, tutti complottano contro tutti: gli inglesi, i francesi, i sovietici, la famiglia del deposto Re Farouk che lotta per riconquistare il suo trono e le Aquile di Cheope, una setta religiosa assetata di potere. Il Presidente francese, René Coty, ricorre al suo uomo migliore per mettere ordine in questa bolgia prima che si scateni l’inferno. Il suo nome: Hubert Bonisseur de la Bath, alias Agente Speciale 117… al servizio della Repubblica. 

AGENTE SPECIALE 117 AL SERVIZIO DELLA REPUBBLICA – Missione Cairo sarà nelle sale italiane dal primo luglio con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection e dal 29 luglio le avventure dell’Agente Speciale 117 proseguiranno con il secondo capitolo della saga intitolato AGENTE SPECIALE 117 AL SERVIZIO DELLA REPUBBLICA – Missione Rio ancora per la regia di Michel Hazanavicius. La trilogia vedrà la sua conclusione con l’ultimo capitolo diretto da Nicolas Bedos (La Belle Époque) dal titolo AGENTE SPECIALE 117 AL SERVIZIO DELLA REPUBBLICA – Allarme rosso in Africa nera, una sontuosa produzione da 19 milioni di budget che arriverà in Italia a settembre sempre distribuita da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection. 

La trama: Agente Speciale 117 al Servizio della Repubblica – Missione Cairo

Egitto, 1955. Siamo in piena guerra fredda e Il Cairo è il crocevia internazionale delle spie. Tutti complottano contro tutti, e non solo le grandi potenze mondiali. La famiglia del deposto Re Farouk vuole riprendersi il trono, ma deve fare i conti con le Aquile di Cheope, una setta religiosa assetata di potere. Il presidente della Repubblica francese, preoccupato per la situazione, decide di mandare sul posto la (peggior) miglior spia di Francia. Il suo nome: Hubert Bonisseur de la Bath, alias Agente Speciale 117… al servizio della Repubblica. Riuscirà a sventare una crisi mondiale dalle inimmaginabili conseguenze? O forse, il pericolo più grande sarà proprio lui? Primo capitolo della saga dell’Agente Speciale 117, Missione Cairo vede riuniti sul set Michel Hazanavicius, Jean Dujardin e Berenice Bejo, tutti protagonisti dello straordinario successo di The Artist.

Quentin Tarantino ironizza su un reboot de Le Iene come ultimo film

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È da molto tempo ormai che si parla del possibile ritiro di Quentin Tarantino dalle scene. Lo stesso regista, in più di un’occasione, ha affermato di voler chiudere la sua carriera con il decimo film, un progetto totalmente avvolto nel mistero sul quale non si conosce alcun dettaglio.

Il regista è attualmente impegnato con la promozione del romanzo basato su C’era una volta a Hollywood, il suo nono film uscito nel 2019, e in una recente ospitata all’interno del talk show Real Time with Bill Maher, Tarantino ha parlato proprio del suo futuro nell’industria cinematografica e del suo attesissimo decimo progetto. Maher ha elogiato l’ultima fatica di Tarantino, dicendo al regista che C’era una volta a Hollywood rappresenta la punta di diamante della sua carriera e che, proprio per questo motivo, non dovrebbe smettere di fare film.

Il regista, dal suo punto di vista, ha detto che è proprio quello il motivo per cui ha preso questa decisione, sottolineando che il momento giusto per decidere di fermarsi è quando si è ancora all’apice della proprio creatività. A quel punto il conduttore lo ha stuzzicato lanciando l’idea di un potenziale reboot de Le iene, il suo primo film, a chiusura della sua carriera. Questa la replica di Tarantino:

“Conosco la storia del cinema e so che, arrivati ad un certo punto, i registi non migliorano. Lavorare da 30 anni facendo i film che ho fatto io, anche se non sono quanti quelli fatti dai miei colleghi, è comunque una carriera lunga. Sento di aver dato già tutto. Prendiamo, ad esempio, Don Siegel… se avesse chiuso la sua carriera dopo Fuga da Alcatraz nel 1979, sarebbe stato splendido. Invece ha realizzato altri due film dopo che non sono proprio riuscitissimi. Ho pensato di chiudere la mia carriera con un reboot de Le iene. Sarebbe una di quelle cose tipo: ‘Catturare il tempo in un attimo’. Ovviamente, prima che internet esploda, lo chiarisco: non lo farò! Però l’ho considerato, davvero.”

Per quanto riguarda il romanzo basato su C’era una volta a Hollywood, il libro sarà disponibile in Italia, in libreria e online, dal 1 luglio, edito da La nave di Teseo. Il romanzo espanderà la storia dei protagonisti Cliff Booth e Rick Dalton e includerà anche diverse scene e personaggi che non abbiamo visto al cinema.

WandaVision: la scena post credits del finale è stata modificata!

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Arriva da Reddit la segnalazione che la scena post credits di WandaVision sia stata alterata. Stiamo parlando di quel momento in cui vediamo Wanda ritirata nella baita in montagna, mentre sembra studiare il libro che le ha “lasciato” Agatha Harkness e mentre in sottofondo si sentono le voci dei figli che chiedono aiuto.

Nella carrellata di avvicinamento alla baita, sulle montagne e attraverso i boschi è stata aggiunta una sagoma trasparente, una specie di fantasma o… proiezione astrale che potrebbe essere quella di Doctor Strange!

A coloro che diranno che è un effetto ottico e non una modifica deliberata, risponde  Murphy’s Multiverse che conferma non solo l’aggiunta della sagoma, ma anche dei ritocchi alla scena, con altri alberi dietro alla baita e un leggero viraggio dei colori della scena, un po’ più caldi adesso. Inoltre, nei titoli di coda è stato aggiunto ufficialmente Michael Giacchino, autore della colonna sonora di Doctor Strange e già intercettato nella scena finale nel momento della sua uscita.

Il finale di WandaVision modificato

Ecco il video a confronto con l’originale:

I found out what the “thing” coming down the mountain in the new after credit scene was
byu/Cinephobe inWANDAVISION

Sappiamo che Wanda Maximoff tornerà in Doctor Strange and the Multiverse of Madness, ma a questo punto ci aspettiamo davvero grandi cose dai Marvel Studios e dal film diretto da Sam Raimi!

Chris Hemsworth stava per perdere il ruolo di Thor a causa di Dancing with the Stars

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La fama di Chris Hemsworth è indissolubilmente legata al ruolo di Thor nel MCU, eppure l’attore australiano stava per perdere l’opportunità di interpretare l’iconico Dio del Tuono a causa di… Dancing with the Stars (il format statunitense basato sul britannico Strictly Come Dancing, su cui è basato a sua volta il nostro Ballando con le stelle).

In una recente intervista con PopCulture, infatti, il coreografo delle celebrità Derek Hough, che ha partecipato a diverse edizioni di Dancing with the Stars, ha rivelato che il coinvolgimento di Hemsworth nell’edizione australiana del reality (era il 2006), gli è quasi costato il ruolo di Thor. L’attore era stato da poco scelto per il ruolo quando i dirigenti dello studio incapparono in un video del futuro interprete del Dio del Tuono che ballava la samba nel celebre programma. All’epoca Hemsworth si stava già facendo un nome in Australia (anche grazie alla soap opera Home and Away), ma era ancora relativamente sconosciuto a Hollywood.

“Chris Hemsworth faceva parte del cast di Dancing with the Stars in Australia. Stava ballando la samba e loro lo avevano scelto… o lo stavano per scegliere. Penso che la gente abbia chiamato e abbia detto: ‘Lo hai visto ballare la samba? Questo non può essere il nostro Thor’.”

Chris Hemsworth potrebbe anche essersi lasciato l’esperienza di Dancing with the Stars alle spalle, ma le sue abilità nel ballo, alla fine, gli sono tornate utili per il ruolo di Thor: probabilmente, gli avranno permesso di essere molto più agile durante le innumerevoli sequenze acrobatiche dei vari film. Ad oggi, l’attore 37enne ha dimostrato ampiamente di essere stato la scelta perfetta per il ruolo, che ricoprirà nuovamente nell’attesissimo Thor: Love and Thunder.

Thor: Love and Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo da Natalie Portman, come confermato sabato durante il panel dei Marvel Studios al Comic-Con. L’uscita nelle sale è fissata invece al 6 maggio 2022.

Taika Waititi tornerà alla regia di un film dei Marvel Studios dopo Thor: Ragnarokcosì come Chris Hemsworth e Tessa Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers: Endgame. Nel cast anche Christian Bale nei panni del villain Gorr il Macellatore di Dei, e Russell Crowe in quelli di Zeus. L’ispirazione del progetto arriva dal fumetto “The Mighty Thor”, descritto da Waititi come “la perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.

Nightwing: Chris McKay svela nuovi dettagli sul film mai realizzato

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Molto tempo fa, un film dedicato a Nightwing sembrava fosse una priorità per la Warner Bros. Tuttavia, come molti altri progetti prima di lui, è caduto presto nel dimenticatoio. Ciò ha lasciato il regista Chris McKay (LEGO Batman – Il film) in una sorta di limbo: alla fine, lo stesso ha deciso di prendere le redini de La guerra di domani, in arrivo su Prime Video dal prossimo 2 luglio.

Proprio in occasione della promozione del film, parlando con The Bear Cave il regista ha svelato quali erano i suoi piani per l’ingresso di Dick Grayson nel DCEU: “Sarebbe stato uno studio sul personaggio… su questo ragazzo che è cresciuto con una specie di padre cattivo”, ha spiegato McKay, riferendosi a Batman. “Avremmo analizzato come quest’episodio lo ha spinto, in quanto giovane adulto, a cercare di combattere e allontanarsi il più umanamente possibile da quel mondo, per poi caderci di nuovo dentro.”

“Sarebbe diventato, quindi, un film sulla vendetta e sarebbe servito a introdurre Nightwing e il mondo di Blüdhaven”, ha continuato. “Ci sarebbero stati un sacco di cattivi”. McKay ha poi spiegato che il budget del film sarebbe stato inferiore ai 100 milioni di dollari. Il regista ha anche spiegato che la Warner Bros. non gli ha mai detto esplicitamente che il film non vedrà la luce: proprio per questo, il regista rimane ottimista sul fatto che possa ancora diventare una realtà.

Parlando invece di un possibile legame tra il suo film e il Batman mai realizzato di Ben Affleck, McKay ha spiegato: “C’erano ancora alcune cose che dovevano essere determinate su come sarebbe stato. Era un film su Nightwing che doveva prendere ispirazione da un fumetto di Nightwing. Non eravamo sicuri che Batman sarebbe apparso, ma poteva apparire, così come altri personaggi. Ma comunque era un film su Nightwing, ed era questo l’aspetto che mi piaceva di più.”

Zack Snyder’s Justice League: Nolan non ha mai dato consigli a Snyder

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Quando, all’epoca dell’uscita de L’uomo d’acciaio di Zack Snyder, venne rivelato che Christopher Nolan sarebbe stato produttore esecutivo del film, la notizia generò un certo entusiasmo tra i fan, soprattutto perché il regista britannico era reduce dal successo della trilogia de Il cavaliere oscuro.

In effetti, il film di Snyder ricevette la medesima attenzione (anche in termini di marketing) di uno dei film di Nolan dedicati a Batman, nonostante gli esiti siano poi stati totalmente differenti (soprattutto in termini di accoglienza). In seguito, Nolan sarebbe apparso come produttore esecutivo anche di Batman v Superman: Dawn of Justice e di entrambe le versioni di Justice League (quella cinematografica e la Director’s Cut di Snyder).

Durante una recente intervista all’interno del podcast Straight Up (via Screen Rant), Snyder ha rivelato di aver mostrato a Nolan la versione IMAX della Snyder Cut, prima che gli venisse chiesto se i due registi si fossero mai scambiati dei consigli. “No, ma c’è una cosa molto interessante che facciamo insieme. Fondamentalmente, quando gli mostro un mio film, gli dico: ‘Ok, questo è il film finito. Divertiti’. Anche lui me lo dice sempre, davvero, ogni volta. Che si tratti di Tenet o di un altro dei suoi film. E la verità è che io voglio solo vedere i suoi film e godermeli.”

Poi ha aggiunto: “Chris ovviamente è un genio e l’ultima cosa che voglio è dovergli dire cosa avrebbe o non avrebbe dovuto fare. La verità è che è davvero liberatorio poter andare da lui e dirgli: ‘Ok, fammi vedere il tuo film perché voglio che mi stupisca”. Dopo che il taglio di Justice League di Joss Whedon venne rilasciato nel 2017, è stato riferito che Christopher Nolan ha consigliato a Zack Snyder di non guardare il film, credendo che gli avrebbe “spezzato il cuore”.

Zack Snyder’s Justice League è uscito in streaming il 18 marzo 2021 su HBO Max in America e, in contemporanea, su Sky e TV in Italia. Il film ha una durata 242 minuti (quattro ore circa) ed è diviso in sei capitoli e un epilogo.

Justice League è il film del 2017 diretto da Zack Snyder e rimaneggiato da Joss Whedon. Nel film recitano Henry Cavill come SupermanBen Affleck come BatmanGal Gadot come Wonder WomanEzra Miller come Flash, Jason Momoa come Aquaman e Ray Fisher come Cyborg. Nel cast figurano anche Amber HeardAmy AdamsJesse EisenbergWillem DafoeJ.K. Simmons e Jeremy Irons. I produttori esecutivi del film sono Wesley Coller, Goeff Johns e Ben Affleck stesso.

BCT Festival di Benevento: interviste a Ezio Greggio, Ivana Lotito e Vinicio Marchioni

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Ezio Greggio, Ivana Lotito e Vinicio Marchioni sono tra gli ospiti del BCT Festival di Benevento, che si è svolto nel capoluogo di provincia campano dal 21 al 27 giugno. Ecco le nostre interviste:

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