L’epopea di Napoleon del regista Ridley
Scott ha già una director’s cut di ben 4,5 ore che un
giorno gli piacerebbe proiettare. Parlando con Empire Magazine, secondo World of
Reel, Scott ha rivelato di avere un taglio “fantastico” di
Napoleon che
dura circa 270 minuti e dà al personaggio di Vanessa
Kirby più tempo sullo schermo. Secondo Empire
Magazine, Scott spera che Apple Studios alla fine
proietterà il montaggio di 4,5 ore. Tuttavia, è anche
entusiasta che il mondo veda la versione di 157 minuti uscire nei
cinema nel novembre 2023.
“È una storia
sorprendente“, ha detto Joaquin
Phoenix , che interpreta Napoleone
Bonaparte. “Speriamo di aver catturato alcuni dei momenti più
interessanti.” Joaquin Phoenix è il protagonista di Napoleone di
Ridley Scott
Accanto a Phoenix, Napoleon
vede Vanessa Kirby
nei panni dell’imperatrice Joséphine, Tahar Rahim
nei panni di Paul Barras, Ben Miles nei panni di
Caulaincourt, Ludivine Sagnier nei panni di
Theresa Cabarrus, Matthew Needham nei panni di
Lucien Bonaparte, Youssef Kerkour nei panni del
maresciallo Davout, Phil Cornwell nei panni di
Sanson ‘The Bourreau, Edouard Philipponnat nei
panni dello zar Alessandro, Paul Rhys nei panni di
Talleyrand, John Hollingworth nei panni del
maresciallo Ney, Gavin Spokes nei panni di Moulins
e Mark Bonnar nei panni di Jean-Andoche Junot.
Ridley Scott dirige da una sceneggiatura di
David Scarpa. Il film è una produzione congiunta
tra la produzione di Apple Studios e Scott Free Productions.
Ridley Scott e
Joaquin Phoenix
producono insieme a Kevin Walsh e Mark Huffam
mentre Michael Pruss e Aidan Elliott sono i
produttori esecutivi. Napoleon racconta
l’epica ascesa e caduta dell’imperatore francese Napoleone
Bonaparte, interpretato dal premio Oscar Joaquin Phoenix
e diretto dal leggendario regista Ridley Scott. Il film ripercorre
l’inarrestabile scalata al potere di Bonaparte attraverso la
burrascosa relazione con il suo unico vero amore, Giuseppina,
mostrando le visionarie strategie politiche e militari del grande
condottiero in alcune delle scene di battaglia più realistiche e
spettacolari mai realizzate.
L’horror per famiglie
Zombie Town che debutterà questa settimana negli
USA dell’autore di Goosebumps eFear Street, RL Stine, che
è un adattamento dell’omonimo libro dell’autore del 2012 ha
ricevuto un nuovo poster ufficiale
disegnato da Matthew Therrien.
Therrien ha
pubblicato il poster su Facebook e ha scritto: “Come fan di
Stine da sempre, non posso nemmeno iniziare a esprimere quale
progetto da sogno sia stato far parte di questo!” Di seguito
il bel poster del film!
Il film Zombie
Town
Zombie Town,
diretto da Peter Lepeniotis (The Nut Job),
presenta due importanti volti degli anni ’80: Dan
Aykroyd e Chevy Chase. Entrambi
si adattano bene a questa commedia horror, ma
Akroyd ovviamente ha molto peso nel genere come
acchiappafantasmi.
La storia del film vede Amy (Madi Monroe) e Mike (Marlon
Kazadi) scoprire un segreto vecchio di secoli quando decidono di
guardare un film esclusivo. Prima che se ne rendano conto, la
loro città è stata trasformata in una culla di non morti davanti ai
loro occhi. Il duo deve rintracciare un famigerato regista
(Dan Akroyd) e attraversare una città di zombi
affamati per spezzare la maledizione prima che sia troppo
tardi.Zombie Town uscirà
esclusivamente nelle sale USA questa settimana il 1 settembre
2023.
In occasione dell’uscita in Italia
di The
Equalizer 3 – Senza Tregua, il 30 agosto
distribuito da Eagle Pictures, abbiamo intervistato Eugenio
Mastrandrea, che fa parte del nutrito cast italiano del
film con protagonista
Denzel Washington e diretto da Antoine
Fuqua.
The
Equalizer 3 – Senza Tregua, il nuovo thriller
d’azione di Sony Pictures diretto da Antoine Fuqua
con
Denzel Washington. L’attore premio Oscar torna a
interpretare l’ex agente governativo Robert McCall nell’ultimo
capitolo della saga dell’inflessibile giustiziere. Il film, scritto
da Richard Wenk (Jack Reacher – Punto di non ritorno, The Equalizer 2 – Senza perdono) e ispirato
alla serie TV anni ‘80 Un giustiziere a New-York,
vede tra i protagonisti anche
Dakota Fanning e David Denman.
The
Equalizer 3 – Senza Tregua sarà solo al
cinema dal 30 agosto prodotto da Sony Pictures e Eagle Pictures,
distribuito da Eagle Pictures.
Da quando ha abbandonato la sua vita
di assassino governativo, Robert McCall (Denzel Washington) ha
lottato per rimediare alle orribili azioni compiute in passato e
trova una strana consolazione nel perseguire la giustizia in favore
degli oppressi. Sentendosi inaspettatamente a casa nel Sud Italia,
scopre che i suoi nuovi amici sono sotto il controllo dei boss
della criminalità locale. Quando gli eventi precipitano, McCall sa
cosa dovrà fare: difendere i suoi amici e sfidare la mafia.
Da quando il DCEU è
stato creato, la concorrenza con il MCU
è sempre stata motivo di accese e importanti discussioni. Il
franchise ha cercato continuamente di raggiungere gli stessi
livelli del suo “avversario”, con scarsi risultati. Intanto,
possiamo dire che il DCEU non è mai riuscito a
farsi una vera e propria strada nel mondo della cinematografia dei
fumetti, anche a causa delle varie turbolenze interne che lo hanno
caratterizzato fino alla sua conclusione. Inoltre, tutti i registi
che ne hanno fatto parte, hanno contribuito a renderlo nettamente
diverso dal
MCU, primo fra questi Zack Snyder.
Attenzione, ciò non significa che il
Marvel Cinematic Universe abbia
sempre presentato film degni di lode, ma in linea generale sono
stati molto piacevoli e capaci di fidelizzare il pubblico. Lo
stesso merito non ce l’ha invece il DCEU, il quale
è stato spesso al centro di polemiche, derivanti soprattutto
dall’aver preso nel tempo decisioni rischiose e portato alcuni dei
suoi personaggi in direzioni controverse. Scopriamo perciò quali
sono i principali momenti del DCEU che non sarebbero mai accaduti
all’interno del
MCU.
L’uccisione del Generale Zod
Quando nel 2013 uscì L’uomo
d’acciaio sotto la regia di
Zack Snyder, con Henry Cavill nei panni di Superman, i fan della DC
poterono avere una storia un po’ più approfondita sulle origini del
supereroe kryptoniano. Il focus era capire come l’umanità avrebbe
reagito alla presenza di qualcuno con i superpoteri, settando in
questo modo il tono del film, che si rivelò essere molto serio.
Nessun momento della pellicola però si può equiparare alla scena
riguardante la morte del Generale Zod, etichettata come la più
controversa.
Ad un certo punto della narrazione,
Superman si trova dinanzi ad una scelta: lasciare che Zod uccida
una famiglia umana oppure ucciderlo. La decisione finale che
prendere l’eroe è di uccidere lo zio, seppur questa mossa gli
faccia infrangere la sua regola suprema: non uccidere nessuno.
Passando al MCU, i superereoi
Marvel non sono (ovviamente)
estranei alle uccisioni dei loro nemici, ma avere un’assassinio
riluttante e vederli andare contro una delle componenti più
importanti della loro caratterizzazione è forse troppo oscuro per
il MCU.
L’introduzione di Batman
Prima che il
DCEU prendesse forma, abbiamo conosciuto
Batman diversi, fra cui quello
Michael Keaton tornato nei panni dell’eroe pipistrello in
The
Flash. Per quanto riguarda invece il Batman di questo
filone, il compito di portarlo in scena è stato affidato a Ben Affleck, e di lui facciamo la conoscenza
con il film
Batman v Superman: Dawn of Justice del 2016. Pur essendo
un supereroe ben accolto, tutto questo non lo ha comunque escluso
da alcune controversie. Intanto diciamo subito che il Batman di
Affleck è molto fedele ai fumetti della DC, ed è anche una delle
incarnazioni più violente del supereroe pipistrello in
live-action.
La sua introduzione nelle vesti di
Batman ne è un esempio. La sua prima apparizione è abbastanza
inquietante: lo vediamo infatti alle spalle di un agente di polizia
alle prime armi dopo aver brutalmente picchiato e marchiato a fuoco
un trafficante di esseri umani. La scena è molto intensa e, anche
se potrebbe essere adatta per un film horror, non la troveremmo in
un film del
MCU.
Batman e la regole del… non
uccidere
Lo abbiamo visto prima con Superman,
ma anche
Batman, proprio come lui, è mosso dalla stessa sua regola: non
uccidere. Il supereroe però la infrange numerose volte all’interno
di Batman v Superman: Dawn of Justice, e lo fa per
dimostrare che è pericolosamente vicino a trasformarsi in un
villain anche se, alla fine del film, torna ad essere l’eroe nobile
di sempre. Per quanto riguarda i supereroi del
MCU, la maggior parte di loro ha una grande inclinazione ad
uccidere e raramente ha un effetto sulla loro
caratterizzazione.
La riconciliazione di Batman e
Superman
Il
MCU e il DCEU condividono fra loro un film
molto simile a livello di dinamiche: parliamo (ancora) di
Batman v Superman: Dawn of Justice e Captain America: Civil War. Entrambi vedono ad un
certo punto della storia i loro supereroi principali scontrarsi. Da
una parte
Batman contro Superman, dall’altra
Capitan America contro Iron Man. Nel film del DCEU
c’è però una scena abbastanza controversa: c’è un momento in cui
Superman, visivamente indebolito, dice a Batman di “salvare
Martha”, riferendosi a sua madre.
Inizialmente, Batman è confuso dalle
sue parole, poiché anche sua madre, morta tempo addietro, aveva
quel nome. È poi Lois Lane a risolvere la questione, dicendogli che
Superman sta cercando di proteggere la propria madre. In
quell’occasione, con quella rivelazione, Batman capisce che il
supereroe non è un aspirante tiranno come pensava. Il MCU, però, ha gestito la rivalità
dei suoi eroi e l’eventuale riaccendersi della loro amicizia in
modo molto diverso.
La morte di Superman
Continuiamo a parlare di Batman v Superman: Dawn of Justice poiché il film si
porta sulle spalle un altro momento molto tragico: il sacrificio di
Superman per
sconfiggere Doomsday. Questa scelta farà poi sì che Wonder Woman e Batman formino la famosa Justice League, oltre a portare Steppenwolf a
invadere la Terra pensando che non sia più protetta.
Anche nel
MCU, precisamente in Avengers:
Endgame, assistiamo all’orribile morte di due Avengers
amatissimi, Iron Man e Black Widow, ma le loro morti sono gestite, anche
in questo caso, in maniera differente. La dipartita di Superman
aveva lo scopo di dare il via alla Justice League e all’invasione
apokoliptiana, con l’inevitabile resurrezione di Superman. Al
contrario, le morti di Iron Man e Black Widow sono permanenti e
irreversibili, e rappresentano la tragica conclusione delle loro
storie nel franchise e la fine della Saga dell’Infinito.
La disperazione di Cyborg
Fra i personaggi del
DCEU meglio sviluppati abbiamo Cyborg,
interpretato da Ray Fisher, e la sua evoluzione è stata quella più
percepita all’interno di Justice League di Zack Snyder, pur avendolo portato in
luoghi che nessun eroe del MCU avrebbe mai raggiunto. Victor
Stone è un ragazzo che subisce una serie di atroci traumi, fino a
quando non lo dichiarano legalmente morto.
Da lì, però, il personaggio subisce
una sostanziale trasformazione, venendo ricostruito con la
tecnologia apokoliptiana. Dopo essersi isolato dal resto
dell’umanità, Cyborg respinge anche l’invito di Wonder Woman che lo
chiama per unirsi a loro e salvare il mondo. Alla fine, Stone si
unisce alla Justice Legue ed è rappresentato come uno degli eroi
più altruisti, che fa di tutto per salvare gli altri. Ma, il suo
picco di disperazione, lo porta in un luogo molto più oscuro degli
eroi del
MCU.
La morte della Justice League
Un altro evento che accomuna il
DCEU e il
MCU è il viaggio nel tempo degli eroi, con l’obiettivo di
salvare i propri compagni. Lo vediamo in Justice League
per quanto riguarda il franchise della DC: all’inizio, la squadra
non riesce a sconfiggere Steppenwolf e l’Unità li spazza via quasi
all’istante. Flash, però, che può tornare indietro nel tempo,
riesce ad annullare l’avvenimento, riportando in vita tutti i
membri della Justice League che, alla fine, sconfiggono
Steppenwolf.
Una cosa simile avviene in Avengers: Endgame, solo che in quel caso il MCU fa prima compiere il disastro a
Thanos e, solo dopo, dividendo addirittura le dinamiche in due
film, fa in modo che gli Avengers saltino nel passato per salvare
coloro che sono stati annientati dallo suo schiocco di dita,
invertendo così la catastrofe. In questo senso, il MCU fa sì che i supereroi
sopravvivano al Titano, mentre nel caso della Justice League la
loro sconfitta risulta ben peggiore, salvo poi essere annullata
immediatamente.
Il cameo di Superman… senza
testa
Passiamo ad un altro film del
DCEU che, nel franchise, è quello dal tono più
comico e leggero. Parliamo di Shazam!, uscito
nel 2019 sotto la regia di David F. Sandberg. Il film si conclude
con l’arrivo di Superman, il quale va a trovare Shazam e Freddy nel
liceo, dimostrando ai bulletti della scuola che lui è davvero amico
dei supereroi. La sua apparizione non è però completa:
l’inquadratura, infatti, non mostra il volto del kryptoniano.
Le ragioni sono due: la prima è
l’indisponibilità di Cavill, la seconda riguarda i problemi legati
al suo ritorno nel DCEU. Anche il finale della
prima stagione di Peacemaker
e la trama di The Flash
hanno dovuto affrontare la stessa situazione. Il
MCU, al contrario, non ha mai dovuto confrontarsi con questo
tipo di scomodità e non avrebbe avuto difficoltà con un cameo del
genere.
Superman torna in Black Adam
Dopo la versione di Zack Snyder del
film Justice League, Henry Cavill ha rivestito i panni del
supereroe kryptoniano in Black Adam,
precisamente in una scena post-credits. Il suo ritorno era, in quel
momento, estremamente importante, in quanto avrebbe determinato il
futuro del DCEU.
Black Adam non è stato accolto nel
migliore dei modi, con dei risultati al box office non proprio
entusiasmanti, e alla fine invece di essere una ripresa per Cavill
come Superman, con la promessa da parte del DCEU
di rivederlo in futuro, la scena è diventata la sua ultima
apparizione. La promessa non mantenuta non si sarebbe mai
verificata all’interno del
MCU, poiché il franchise evita di prendere un impegno così
grosso se non sa di poterlo portare a termine.
Flash non può salvare
Flashpoint
L’ultimo film della DC, uscito
all’inizio dell’estate, è stato The Flash. Nella pellicola stand-alone del supereroe
scarlatto, Barry Allen si ritrova, ad un certo punto della storia,
a creare l’universo di Flashpoint, nel quale il pubblico incontra
nuovamente il tanto amato Batman di Michael Keaton. Il villain
principale di The
Flash è di nuovo il Generale Zod e verso la fine, per
tentare di sconfiggerlo, Allen forma una Justice League
improvvisata composta da lui, il suo doppelgänger di Flashpoint, il
Batman di Michael Keaton e
Supergirl.
In quella battaglia, Batman e
Supergirl muoiono, e così Flash torna ripetutamente indietro nel
tempo per impedire che questo avvenga. Alla fine, Barry si accorge
che tornare nel passato, anche solo di pochi minuti, non funziona,
ed è costretto ad assistere alla loro morte definitiva, rimuovendo
in seguito l’ universo di Flashpoint. Sebbene il
MCU non sia estraneo a narrazioni cupe, la battaglia non vinta
è troppo oscura per il franchise della Marvel: questo dimostra, in
conclusione, quanto il DCEU sia stato e sarà
sempre diverso rispetto al MCU.
Dopo il debutto
di Ahsoka
(recensione)
lo scorso 22 agosto, Disney+ ha annunciato che la
nuova serie Star Wars
di Lucasfilm è diventata ufficialmente il titolo più visto
sullo streamer la scorsa settimana. Il primo
episodio, “Master and Apprentice”, ha già ricevuto 14
milioni di visualizzazioni. In una dichiarazione, la presidente
della Lucasfilm Kathleen Kennedy ha condiviso la sua reazione al
raggiungimento del pubblico di Ahsoka ringraziando tutti i fan che hanno supportato
lo spettacolo.
“Ahsoka è diventata una delle
preferite dai fan tra persone di tutte le età ed è meraviglioso
vederla continuare a risuonare tra gli spettatori nella sua serie
da protagonista“, ha detto Kennedy. “Voglio
riconoscere il fantastico lavoro svolto dal nostro team creativo,
guidato da Dave Filoni e Jon Favreau, dall’incredibile cast guidato
da Rosario Dawson e dalla nostra talentuosa troupe – e a nome del
team e di tutta Lucasfilm, ringraziamo. a tutti i fan che sono
stati con Ahsoka in ogni fase del suo viaggio e a tutti coloro che
stanno imparando a conoscerla proprio adesso in Ahsoka su Disney+”.
Chi è il cast di Ahsoka?
Ahsoka
è interpretata da
Rosario Dawson, Natasha Liu Bordizzo,
Mary Elizabeth Winstead, Ray Stevenson, Ivanna Sakhno, Diana
Lee Inosanto, David Tennant, Lars Mikkelsen ed
Eman Esfandi. Gli episodi sono diretti da Dave
Filoni, Steph Green, Peter Ramsey, Jennifer Getzinger, Geeta Vasant
Patel and Rick Famuyiwa. Dave Filoni è il capo sceneggiatore e
produttore esecutivo insieme a Jon Favreau, Kathleen
Kennedy, Colin Wilson e Carrie Beck. Karen Gilchrist è la
co-produttrice esecutiva. Ambientata dopo la caduta dell’Impero,
Star
Wars: Ahsoka segue l’ex cavaliere Jedi Ahsoka
Tano mentre indaga su una minaccia nascente in una galassia ormai
vulnerabile.
Inoltre, secondo quanto riferito,
anche Temuera Morrison si è unita alla serie per interpretare la
versione live-action del Capitano Rex. Si prevede che anche
Hayden Christensen ritorni nei panni di Anakin Skywalker, il
maestro Jedi di Ahsoka Tano nella serie The Clone Wars.
Ahsoka
è scritto e prodotto da Dave Filoni, meglio conosciuto per il suo
lavoro sugli spettacoli animati di Star Wars
preferiti dai fan, The Clone Wars e Rebels. Ambientata nella stessa
sequenza temporale di
The Mandalorian, la serie ruota attorno alla ricerca Jedi
attraverso la galassia mentre indaga su una minaccia emergente in
seguito alla caduta dell’Impero.
Secondo World of Reel, la
produzione del sequel di
La Passione di Cristo diMel Gibson,, intitolato
Resurrection, a lungo in sviluppo, dovrebbe
iniziare il prossimo anno la lavorazione. Secondo il sito
precisamente a gennaio e avverrà dopo quasi due decenni
dall’uscita nelle sale del primo capitolo.
Resurrection sarà
ancora una volta diretto da Mel Gibson. Si prevede che il sequel
vedrà Jim Caviezel riprendere il
ruolo di Gesù, la cui miracolosa resurrezione sarà al centro del
prossimo capitolo. Il regista premio Oscar Mel Gibson ha recentemente parlato del
progetto, scherzando sul fatto di aver co-scritto due diverse
sceneggiature. Ha descritto una di queste sceneggiature
come “un viaggio acido” che porterà il pubblico in “altri
regni”. Al momento non è chiaro quale delle due sceneggiature
Gibson sceglierà.
La Passione di Cristo raffigurava
gli ultimi giorni della vita di Gesù Cristo e la sua
crocifissione. Oltre a Caviezel, ha interpretato Maia
Morgenstern nel ruolo di Maria, Monica Bellucci nel ruolo di Maria Maddalena,
Francesco De Vito nel ruolo di Pietro,
Luca Lionello nel ruolo di Giuda e altri
ancora. Il film ha incassato 612 milioni di dollari con un
budget di 30 milioni di dollari, diventando un enorme successo
finanziario. L’accoglienza della critica è stata mista, con i
critici divisi sulla brutale rappresentazione della crocifissione e
alcuni che hanno accusato il film di essere antisemita.
Cinefilos.it offre
la possibilità di vedere al cinema, gratis, NINA DEI LUPI,
presentato alle Giornate degli Autori 2023 e
diretto da Antonio Pisu, con Sergio
Rubini, Sara Ciocca, Sandra Ceccarelli, Cesare Bocci, Davide
Silvestri, in uscita il 31 agosto distribuito in Italia da
Genoma Films.
Ecco le città in cui sarà possibile
partecipare alle anteprime:
ROMA
CINEMA GIULIO CESARE
giovedì 31 agosto – 10 biglietti
venerdì 1 settembre – 10 biglietti
sabato 2 settembre – 10 biglietti
domenica 3 settembre 10 biglietti
CINEMA EURCINE
giovedì 31 agosto – 10 biglietti
venerdì 1 settembre – 10 biglietti
sabato 2 settembre – 10 biglietti
domenica 3 settembre 10 biglietti
FIRENZE
CINEMA FLORA
giovedì 31 agosto – 10 biglietti
venerdì 1 settembre – 10 biglietti
sabato 2 settembre – 10 biglietti
domenica 3 settembre 10 biglietti
BOLOGNA
CINEMA ROMA
venerdì 1 settembre – 10 biglietti
sabato 2 settembre – 10 biglietti
domenica 3 settembre 10 biglietti
I biglietti saranno validi per qualsiasi spettacolo dal 31 agosto
al 3 settembre e potranno essere richiesti, fino ad esaurimento,
inviando una email a[email protected]in
cui andranno specificati
il giorno
in cui si intende utilizzare i biglietti e un
secondo giorno alternativo
nel caso per il giorno prescelto non ci sia più disponibilità di
posto.
I biglietti dovranno essere richiesti improrogabilmente
entro e non oltre il 31 agosto e non saranno prese in
considerazioni eventuali richieste formulate successivamente alla
suddetta data. L’oggetto della e-mail
deve contenere il titolo del film.
NB: riceveranno risposta solo
gli assegnatari dei biglietti.
Gli orari delle proiezioni andranno consultati direttamente sui
siti dei cinema.
È di fondamentale importanza che nell’email venga evidenziato
che si sta chiedendo l’invito via CINEFILOS.
I biglietti potranno essere ritirati direttamente alla cassa dei
cinema presentando la email di conferma ricevuta unitamente ad un
documento di identità.
Da quando ha abbandonato la sua vita
di assassino governativo, Robert McCall (Denzel
Washington) ha lottato per rimediare alle orribili
azioni compiute in passato e trova una strana consolazione nel
perseguire la giustizia in favore degli oppressi. Sentendosi
inaspettatamente a casa nel Sud Italia, scopre che i suoi nuovi
amici sono sotto il controllo dei boss della criminalità locale.
Quando gli eventi precipitano, McCall sa cosa dovrà fare: difendere
i suoi amici e sfidare la mafia.
La 80.
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è organizzata
dalla Biennale di Venezia e diretta da
Alberto Barbera; si terrà al Lido di Venezia dal
30 agosto al 9 settembre 2023. La Mostra è riconosciuta
ufficialmente dalla FIAPF (Federazione Internazionale delle
Associazioni di Produttori Cinematografici).
La Mostra si propone di favorire la diffusione del cinema
internazionale in tutte le sue forme di arte, spettacolo e
industria, in uno spirito di libertà e di dialogo. Una sezione è
dedicata alla valorizzazione di operazioni di restauro di film
classici per contribuire a una migliore conoscenza della storia del
cinema.
1 di 11
Il film è una
produzione Indigo
Film con Rai Cinema, O’Groove,
Tramp LTD, VGroove e Wise. Prodotto da Pierpaolo
Verga, Nicola Giuliano, Attilio De Razza, Edoardo De
Angelis in collaborazione con Marina
Militare, Cinecittà e Fincantieri in coproduzione con
Beside Productions Film realizzato con il supporto del Programma
Europa Creativa – MEDIA dell’Unione Europea e della Direzione
Generale Cinema e audiovisivo del Ministero della Cultura con il
contributo allo sviluppo della Regione Campania Agenzia Turistica
Regionale Puglia Promozione con la collaborazione dell’Apulia Film
Commission Distribuito da 01 Distribution.
La trama di Il comandante
Durante la Seconda Guerra Mondiale
Salvatore Todaro comanda il sommergibile Cappellini della Regia
Marina alla sua maniera: prua rinforzata in acciaio per improbabili
speronamenti, colpi di cannone sparati in emersione per affrontare
faccia a faccia il nemico e un equipaggio armato di pugnale per
impossibili corpo a corpo. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in
Atlantico, nel buio della notte si profila la sagoma di un
mercantile che viaggia a luci spente, il Kabalo, che in seguito si
scoprirà di nazionalità belga e che apre improvvisamente il fuoco
contro il sommergibile e l’equipaggio italiano. Scoppia una una
breve ma violenta battaglia nella quale il Comandante Todaro
affonda il mercantile a colpi di cannone.
Ed è a questo punto che il
Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare
i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per
sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge
del mare. Per accoglierli a bordo sarà costretto a navigare in
emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e
mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini. Quando
il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle
Azzorre, gli chiede perché si sia esposto a un tale rischio
contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, il Comandante
Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda:
“Perché noi siamo italiani”.
Pre-apertura dell’80esima
Mostra
d’Arte Cinematografica di Venezia e come ogni
pre-apertura i primi arrivi sono quelli del Direttore della mostra,
Alberto Barbera e della madrina di questa edizione, l’attrice
italiana Caterina Murino.
La 80. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica è organizzata dalla Biennale
di Venezia e diretta da Alberto Barbera; si terrà al Lido di
Venezia dal 30 agosto al 9 settembre 2023. La Mostra è riconosciuta
ufficialmente dalla FIAPF (Federazione Internazionale delle
Associazioni di Produttori Cinematografici).
La Mostra si
propone di favorire la diffusione del cinema internazionale in
tutte le sue forme di arte, spettacolo e industria, in uno spirito
di libertà e di dialogo. Una sezione è dedicata alla valorizzazione
di operazioni di restauro di film classici per contribuire a una
migliore conoscenza della storia del cinema.
Eagle Pictures ha
diffuso il trailer di
Joika – A un passo dal sogno, il film scritto e
diretto da James Napier Robertson, con Diane Kruger e Talia Ryder al
cinema dal 20 ottobre.
Dopo essere stata ammessa
nell’Accademia di Balletto del Bolshoi, la quindicenne Joy
Womack, una promettente e talentuosa ballerina si trasferisce dal
Texas a Mosca con l’ambizioso obiettivo diventare la prima
ballerina della prestigiosa Compagnia del Bolshoi.
Joy si allena sotto la guida della leggendaria insegnante Tatiyana
Volkova in un contesto dove la competizione è estrema e feroce e la
stessa Volkova esige un impegno immenso dai suoi studenti.
Joy compie sacrifici sempre più
estremi per non arrendersi: una radicale perdita di peso, una
routine di allenamento ossessiva e un matrimonio di convenienza con
un uomo russo per ottenere il visto di ammissione al Bolshoi.
Dopo essere stata ripudiata dalla sua famiglia americana, Joy
riesce a diplomarsi all’Accademia del Bolshoi, Ma
per raggiungere il suo sogno e diventare prima
ballerina, dovrà sacrificare molto di più di quanto possa
immaginare.
Il 30 agosto esce al
cinema un nuovo capitolo sulle “quattro
tartarughe sempre pronte sempre all’erta”, come recitava
la sigla cantata alla fine degli anni ’80 da Gian Paolo
Daldello.
Tartarughe
Ninja: Caos mutante, con la regia di Jeff
Rowe e Kyler Spears, è prodotto da
Nickelodeon, com’era stato per le ultime due pellicole uscite nel
2014 e 2016, ma questa volta non si tratta più di un live action
con l’uso di tute per la motion capture della riproduzione degli
anfibi più umanoidi che si siano conosciuti, bensì di un film
di animazione vero e proprio.
I primi lungometraggi
sulle ninja turtles erano usciti poco dopo la nascita dei fumetti
originali, che erano stati pensati, creati e disegnati dagli
statunitensi Kevin Eastman e Peter
Laird. Nel 1984 i due avevano autofinanziato e fatto
sorgere dal nulla una casa editrice propria, la Mirage Studios, per
portare su carta il progetto di quattro supereroi molto poco
convenzionali e che, anzi, irridevano noti personaggi più o meno
volanti e mantellati, che in quegli anni avevano conosciuto una
nuova ondata di fama e distribuzione.
Così nel 1990 esce in
sala Tartarughe Ninja alla riscossa diretto da
Steve Barron, con lo stesso titolo della serie
animata andata in onda tre anni prima, e a questo fanno seguito due
ulteriori capitoli che arrivano in sala nel giro di altri tre anni:
il secondo diretto da Michael Pressman e il terzo
da Stuart Gillard. L’accoglienza è tra le più
entusiaste di quell’anno e il primo film incassa grandi numeri.
Allora la fattura delle tartarughe era stata fatta – si fa per dire
– in carne ed ossa: tutta la fisicità dei corpi era infatti stata
materialmente modellata in lattice di gomma, con quel tipico
effetto nostalgico delle creature fantastiche dei prodotti di
quell’epoca.
Tartarughe Ninja: Caos mutante, un nuovo punto di
vista
Tartarughe Ninja: Caos
mutante è lontano da tutto questo. Lontano dalla April
O’Neill della prima decade degli anni 2000 vestita dagli esplosivi
panni di Megan Fox, lontana dalle atmosfere un po’
cupe e umide dei mostri degli anni ’80. I mutanti stavolta sono
disegnati dal team artistico che ha lavorato a
Spider-Man: Across the Spider-Verse e hanno
una grafica dai colori squillanti e le linee imprecise, nelle quali
c’è il richiamo e l’evocazione di schizzi di matita, e la
dinamicità dei movimenti ricollega immediatamente al fumetto su
carta, facendo calare subito lo spettatore tra le pagine di
un’avventura per preadolescenti. Come dichiarato da uno dei due
registi, Jeff Rowe, l’ispirazione per il contesto
è stata una via di mezzo tra Stand by me di
Rob Reiner del ’89 e Lady
Bird del 2017 di Greta Gerwig e, da
quel punto di vista, c’è ancora una certa tonalità degli anni ’80:
ma quella più trasognata da camerette al secondo piano e amici con
cui condividere le sfighe, che tanto è stata ripresa e riproposta
da tutto il mondo dell’audiovisivo dell’ultimo periodo.
Leonardo, Raffaello,
Donatello e Michelangelo vorrebbero solo essere dei ragazzi
normali, andare al liceo. Così come April O’Neill che è
un’adolescente bullizzata per una reazione emotiva incontrollata
avuta mentre cercava di coronare il suo sogno, aspira a farsi
rispettare dai suoi compagni. E anche i cattivi, in ultima analisi,
soffrono perché non sono accettati da nessuno e, anche loro,
desidererebbero solo essere amati.
Non c’è un solo
personaggio di Tartarughe Ninja: Caos mutante che sia esente
dall’esposizione del proprio mondo emotivo, persino il vecchio
Splinter che cerca al meglio di fare il padre adottivo. In tutto
ciò, però, è ben presente la scrittura di
Seth Rogen con quella buona e adorabile dose di spasso
surreale che non manca mai e che arricchisce le battute dei
protagonisti di citazioni a non finire. È dunque molto piacevole,
questo nuovo capitolo delle ninja turtles. Riesce a regalare
qualcosa di nuovo in maniera intelligente. E tenera.
Ecco il teaser trailer di The
Killer, il nuovo film di David
Fincher con protagonista
Michael Fassbender e che sarà presentato in
Concorso alla prossima Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 80. Scritto da
Andrew Kevin Walker e diretto da
Fincher, il film è basato sulla graphic novel
“The Killer” scritta da Alexis Nolent (a.k.a Matz) e
illustrata da Luc Jacamon, originariamente pubblicata in francese
da Editions Casterman e vede protagonisti Michael
Fassbender, Charles Parnell, Arliss Howard, Sophie
Charlotte e
Tilda Swinton.
Dopo un tragico incarico quasi
fallito un assassino affronta i suoi mandanti e se stesso in una
caccia all’uomo internazionale che crede non sia affatto personale.
The
Killer sarà a ottobre nei cinema italiani e dal
10 novembre su Netflix.
Quando si parla di popolari
giustizieri e assassini del cinema, il primo nome che viene oggi in
mente è probabile sia quello di John Wick,
interpretato da Keanu Reeves.
C’è però un altro personaggio che da nove anni a questa parte si è
guadagnato una certa reputazione a riguardo, ovvero il
Robert McCall interpretato da Denzel
Washington nella trilogia di The Equalizer.
Dopo i primi due sorprendenti film diretti da Antoine Fuqua (anche regista di
Southpaw, I magnifici 7 ed Emancipation), arriva
ora in sala il capitolo conclusivo, dal titolo The
Equalizer 3 – Senza tregua.
Ed è proprio una tregua quella che
invece McCall va ricercando, dopo anni di sofferenze e violenza
inaudita. Ritroviamo infatti il personaggio in trasferta in Italia,
in Sicilia, dove è impegnato in una nuova missione che, chissà,
potrebbe essere anche l’ultima. Il letale protagonista sembra
infatti stanco della vita condotta fino a quel momento, stanco di
piangere i suoi cari e soprattutto stanco della violenza che
puntualmente si ripresenta davanti ai suoi occhi. Il Sud Italia si
rivela dunque un buon posto dove sparire, ritirarsi nell’anonimato
e vivere in pace. Naturalmente, sarà una vita che dovrà
conquistarsi con sangue e fatica.
The Equalizer3 – Senza tregua, un capitolo
sommesso
Come confermato da Washington e
Fuqua, The Equalizer 3 – Senza tregua è il film conclusivo
sulle vicende di McCall (anche se si parla già di prequel e
spin-off) e in effetti l’intero lungometraggio ha un tono
decisamente quieto, sommesso, quasi crepuscolare. Nei vicoli di
Atrani, in provincia di Salerno, il protagonista va dunque
riscoprendo i piaceri della vita, da una buona tazza di tè presa in
un bar che affaccia sulla piazza principale sino alle passeggiate
al porto, dalle visite ai monumenti storici fino alle chiacchiere
con i suoi nuovi amici italiani.
Fuqua e lo sceneggiatore
Richard Wenk seguono dunque McCall in queste sue
pacifiche escursioni, adeguando il ritmo del film a quello del
passo inizialmente zoppicante del personaggio, rimasto ferito nel
corso della sua ultima missione. Si assiste dunque ad un diradarsi
di eventi “d’impatto”, quelli che nei precedenti film permettevano
di costruire intrecci narrativi particolarmente densi e complessi.
Con The Equalizer 3 – Senza tregua ci si scontra invece
con una semplificazione delle vicende di McCall, proprio in quanto
è lui a ricercare una vita più semplice.
Ciò che fa di questo nuovo film
un’opera d’azione atipica, dove le esplosioni di violenza ci sono
ma sono meno frequenti e meno d’impatto, dove l’attesa di tali
momenti è di gran lunga più sottoposta alle attenzioni del regista
rispetto all’azione vera e propria. Se si riesce ad entrare in
questo mood, The Equalizer 3 – Senza tregua risulta ad
ogni modo un film particolarmente godibile, pur al netto dei soliti
stereotipi con cui gli statunitensi immaginano gli italiani (non
che ci sia qualcosa di particolarmente falso in essi). Di certo,
però, il film potrebbe facilmente scontentare i fan dei ritmi
forsennati.
Un film che non riesce ad essere incisivo
Il problema di The Equalizer 3
– Senza tregua non è però questo suo ritmo più pacato né
l’assenza di numerose scene d’azione, bensì il non proporre una
messa in scena votata all’intrattenimento visivo. Nei primi due
film della serie, Fuqua è riuscito a rendere epici anche i momenti
apparentemente più banali o complessi da far risultare tali. Così,
anche se non vi sono combattimenti in scena, si rimane comunque
attratti da ciò che si vede, provando un crescente senso di
trasporto verso poi gli epici scontri finali.
E le sequenze conclusive dei
precedenti lungometraggi, ambientate rispettivamente in un grande
magazzino e in una cittadina evacuata per via di un incombente
uragano, erano davvero spettacolari. Si traeva in quei casi il
meglio che quelle ambientazioni avevano da offrire, dando vita ad
gioco del gatto e del topo davvero coinvolgente. Una conclusione di
questo tipo è invece ciò che manca a questo terzo film, che si
risolve in modo piuttosto semplice e sbrigativo. Un peccato,
considerando le opportunità che in tal senso poteva dare il paesino
dove si svolge il tutto.
Complice di ciò è anche l’assenza
di un antagonista temibile quanto lo sono stati quelli dei
precedenti film. Nel tirare in ballo la camorra, regista e
sceneggiatore non riescono a renderla una presenza davvero
minacciosa, che avrebbe dovuto porre McCall ancor più in difficoltà
delle precedenti volte. Non si ha invece quasi mai questa
situazione di pericolo, ed è questo un altro dei punti deboli del
film. Certo, non mancano momenti degni della saga e McCall si
afferma nuovamente come un personaggio ricco di fascino, ma la
sensazione ultima è che questa “conclusione” sia più sotto tono del
dovuto.
Bonnie Wright,
interprete di
Ginny Weasley nella saga di Harry Potter, ha commentato le
lamentele nei confronti della saga che ha interpretato per 10 anni
e dei suoi sentimenti di delusione per il modo in cui è stato
trattato il personaggio. Basato sugli amati romanzi di J.K. Rowling, il primo film di Harry Potter è
uscito nel 2001, generando sei sequel. Wright è stata presentata
come Ginny, la sorella di Ron, nel primo film.
Ora, in una recente intervista con
Michael Rosenbaum sul suo podcast Inside
of You, Wright parla di cosa prova per
Ginny in Harry Potter, ormai più di un decennio dopo l’uscita
dell’ultimo film. Generalmente, si ritiene che Ginny sia stata
sottovalutata nei film e Wright rivela di condividere alcuni di
questi stessi sentimenti:
“Sento decisamente che ci fosse
ansia nell’esibirsi e nel fare la cosa migliore, per come il mio
personaggio era costruito, per esempio. Del tipo: “Oh cavolo,
renderò giustizia a questo personaggio che la gente ama?” Quindi è
sempre stato difficile da fare, soprattutto quando,
inevitabilmente, molte scene di ogni personaggio venivano tagliate
dal libro al film. Quindi non avevi molto da mostrare.
“A volte è stato un po’
deludente perché c’erano parti del personaggio che semplicemente
non riuscivano ad emergere perché non c’erano le scene per farlo.
Questo mi ha fatto sentire un po’ ansiosa o semplicemente
frustrata, immagino.
“Non c’era spazio per grandi
cambiamenti in quelle sceneggiature. C’erano un milione di
dirigenti che le esaminavano tutte. Penso che quello che forse ho
preso, cosa che non mi sta più a cuore adesso, è che ho sentito che
forse la mia ansia riguardava il fatto che poteva sembrare che la
responsabilità di una brutta rappresentazione del personaggio fosse
mia, piuttosto che di quei tagli, in seguito mi sono resa conto che
non mi era stata data davvero l’opportunità di farlo. Quindi non è
stata proprio colpa mia, esattamente.
“E quando i fan condividono
quella delusione e lo fanno in un modo del tipo: ‘Sappiamo che non
sei stato tu. Volevamo solo vedere di più da te’. E questo vale
allo stesso per ogni personaggio. Se solo i film potessero durare 5
ore”.
La cronologia del Marvel Cinematic Universe
sarà finalmente delineata in tutti i dettagli, 15 anni dopo
l’inizio del franchise con Iron Man
(2008). Data la natura di ampia portata dell’MCU, la sequenza temporale è uno
degli elementi più contorti nei moderni franchise di Hollywood.
Probabilmente solo Star
Wars rivaleggia con l’MCU per quanto riguarda una linea
temporale espansiva, sebbene per il franchise “cugino” dei Marvel Studios sotto l’ombrello Disney sia già
stato stilato un romanzo che esplora ampiamente in che modo ogni
fatto si incastra e quando si svolge ogni singola storia, evento e
momento.
Ora, i Marvel Studios promettono lo stesso
con l’uscita di Marvel StudiosThe
Marvel Cinematic Universe: An
Official Timeline, come pubblicizzato sull’account Twitter
di Marvel Entertainment (qui). Il post è
stato pubblicato annunciando che il libro è disponibile per il
preordine con una data di uscita ufficiale fissata al 24
ottobre 2023 per l’uscita. Per fortuna il romanzo esplorerà ogni
singolo elemento della sequenza temporale del franchise e stabilirà
l’ordine delle storie Marvel, tutti e 32 film, insieme
alle varie presentazioni speciali dei Marvel Studios e alle nove serie TV
Disney+ uscite finora, escludendo
Io sono Groot.
Per quanto riguarda il motivo per
cui l’MCU ha bisogno di una sequenza
temporale definitiva ufficialmente vergata, la risposta arriva
dalle dimensioni tentacolari dell’universo e dai vari salti
temporali di diversi film. Prima di Avengers:
Endgame, era abbastanza semplice stabilire quando
fosse ambientato ogni film del MCU, con la regola pratica comune
che l’anno di uscita dei rispettivi film era spesso quello in cui
ognuno di essi si svolgeva nell’universo. Tuttavia, Avengers:
Endgame prevedeva un salto temporale di cinque anni
nel futuro, mettendo in crisi quel parametro abbastanza facile per
orientarsi nel mondo MCU.
Inoltre, l’espansione dell’MCU nel mondo della TV ha aggiunto
ulteriori complessità alla sequenza temporale del franchise. Le
fasi 4 e 5 sono state molto meno interconnesse rispetto ai progetti
dell’Infinity Saga, lasciando molti a chiedersi quando
ciascun progetto si svolge. Pertanto, le aggiunte Disney+ hanno interrotto la sequenza
temporale dell’MCU espandendo il franchise in modo
significativo con poca o nessuna conferma da parte dei Marvel Studios sul posizionamento
di ciascuna storia. Con Marvel Studios The Marvel Cinematic Universe: An
Official Timeline, questo importante problema
post-Endgame
sarà finalmente risolto con una timeline MCU definitiva e arricchita che
allevierà la confusione dell’universo Marvel in continua
espansione.
A seguito delle accuse di
maltrattamenti e superlavoro diffuse in tutto il settore, i
lavoratori ai VFX della Disney hanno votato per la
sindacalizzazione. I lavoratori degli effetti visivi dei
Marvel Studios, filiale dei Walt
Disney Studios, hanno votato a favore della sindacalizzazione
all’inizio di questo mese.
Lo studio, che produce film e
programmi TV del Marvel Cinematic Universe, è stato
accusato dai suoi dipendenti di maltrattamenti. Si prevedeva che il
loro passaggio alla sindacalizzazione avrebbe creato un precedente
in grado di cambiare il settore, e gli effetti a catena si stanno
già vedendo.
Poche settimane dopo che i
Marvel VFX Workers hanno votato per la sindacalizzazione, le
troupe degli effetti visivi della Walt Disney hanno seguito
l’esempio. Secondo Variety, i lavoratori della
Disney VFX hanno compiuto un passo significativo verso la
sindacalizzazione richiedendo un’elezione attraverso il National
Labor Relations Board (NLRB). Oltre l’80% dei 18 membri della
squadra VFX impiegati direttamente dalla Walt Disney Pictures hanno
presentato i documenti di autorizzazione indicanti la loro
intenzione di formare un sindacato. Mark Patch, organizzatore IATSE
VFX, e Matthew D. Loeb, presidente internazionale dello IATSE,
hanno rilasciato le seguenti dichiarazioni:
Patch: Oggi, i
coraggiosi lavoratori degli effetti visivi della Walt Disney
Pictures hanno superato la paura e il silenzio che hanno impedito
alla nostra comunità di avere voce in capitolo per decenni. Con una
stragrande maggioranza di queste troupe che chiedono la fine del
“modo in cui gli effetti visivi sono sempre stati”, questo è un
chiaro segno che la nostra campagna non riguarda uno studio o una
società. Riguarda i lavoratori VFX di tutto il settore che
utilizzano gli strumenti a nostra disposizione per elevarci e
creare un percorso migliore da seguire.
Loeb: La
determinazione di questi lavoratori degli effetti visivi non è solo
encomiabile, è rivoluzionaria. La loro azione collettiva contro lo
status quo rappresenta un cambiamento epocale in questo momento
critico per il nostro settore. Il coro di voci che chiedono un
cambiamento non ha precedenti e dimostra che il nostro movimento
unito non riguarda una sola azienda, ma crea un precedente di
dignità, rispetto ed equità per tutti.
Da quando gli effetti visivi sono
stati introdotti dai film di Star
Wars negli anni ’70 e ’80, il settore non è mai stato
unificato sotto un sindacato. Questo fino a quando i lavoratori
della Marvel VFX hanno votato per la
sindacalizzazione all’inizio di questo mese, segnando una prima
volta a Hollywood che avrebbe dovuto creare un precedente
rivoluzionario per il settore. Lo studio di proprietà della Disney
è stato criticato da molti lavoratori VFX che hanno parlato delle
pessime condizioni di lavoro della Marvel, inclusi compensi ingiusti e
il carico di lavoro eccessivo, allo scopo di rispettare scadenze
impossibili.
La Disney non ha la stessa
reputazione di maltrattare i lavoratori degli effetti visivi,
sebbene abbiano contribuito a creare film da miliardi di dollari –
come La bella e la bestia,
Aladin e Il re leone – da cui lo
studio ha tratto enormi profitti. Come parte dei loro sforzi per
sindacalizzare, i lavoratori della Disney VFX stanno avanzando
richieste ragionevoli, che includono un equo compenso per tutte le
ore lavorate, un’adeguata assistenza sanitaria e benefici
pensionistici. Queste richieste fanno eco alle crescenti richieste
di miglioramenti nel settore degli effetti visivi.
Il voto dei lavoratori della Disney
VFX per la sindacalizzazione arriva anche mentre i sindacati degli
sceneggiatori e degli attori, WGA e SAG-AFTRA, continuano a
scioperare lottando per una retribuzione giusta e migliori
condizioni di lavoro.
Sebbene Zendaya sia principalmente conosciuta per
aver interpretato figure positive anche se a volte turbolente,
l’attrice ha raccontato che sarebbe interessata a interpretare un
villain.
Diventata famosa per la prima volta
nel 2010 grazie al ruolo di Rocky Blue in Shake It
Up su Disney Channel, Zendaya è ora una delle figure più
importanti di Hollywood, e ha all’attivo già la conquista di due
Emmy Awards e un Golden Globe per la sua interpretazione in
Euphoria.
In un’intervista con Elle (tramite
Variety) condotta prima dello
sciopero SAG-AFTRA in vista della promozione, poi saltata, di
Challengers,
Zendaya ha risposto a una serie di
domande relative alla sua carriera. Quando le è stato chiesto di
descrivere un ruolo che le piacerebbe interpretare, ha risposto:
“Mi piacerebbe interpretare una sorta di cattivo. Attingere
alle vibrazioni malvagie e da super cattivo. Qualunque cosa che si
manifesti come tale, non penso necessariamente a un personaggio da
film di supereroi, intendo solo in senso emotivo. Sento che di
solito interpreto la brava ragazza, quindi mi piacerebbe
interpretare il cattivo.”
Challengers, la trama
Dal visionario regista Luca
Guadagnino arriva Challengers,
con protagonista Zendaya nel ruolo di Tashi Duncan, un’ex
prodigio del tennis diventata allenatrice: una forza della natura
che non ammette errori, sia dentro che fuori dal campo. Sposata con
un fuoriclasse reduce da una serie di sconfitte (Mike
Faist – West Side Story), la strategia di Tashi per la
redenzione del marito prende una piega sorprendente quando
quest’ultimo deve affrontare sul campo l’oramai rovinato Patrick
(Josh
O’Connor – The
Crown), un tempo suo migliore amico ed ex fidanzato di Tashi.
Mentre il loro passato e il loro presente si scontrano e la
tensione sale, Tashi dovrà chiedersi quale è il prezzo della
vittoria.
The Idol di
Sam Levinson non tornerà per la seconda stagione
su HBO. Andato in onda per cinque domeniche a
partire da giugno, The Idol aveva come protagonisti Lily-Rose Deppe
The Weeknd, e seguiva una pop star tormentata
mentre si preparava per un tour mondiale e si imbatteva nel
misterioso leader di una setta. Anche prima della sua presentazione
in anteprima a Cannes, The Idol è stato oggetto di
numerose critiche e controversie riguardanti sia la sua creazione
che la storia che raccontava.
Ora, secondo The Hollywood
Reporter, la stagione 2 di The Idol non avrà
luogo perché la HBO ha cancellato il progetto. Le fonti affermano
che il destino della serie era in discussione fino a poco tempo fa
e che, sebbene non esistessero piani definitivi per continuare la
storia, Levinson aveva delle opzioni. HBO ha dichiarato in un
comunicato:
“The Idol è stato uno dei
programmi originali più provocatori della HBO e siamo soddisfatti
della forte risposta del pubblico. Dopo molte riflessioni e
considerazioni, la HBO, così come i creatori e i produttori, hanno
deciso di non andare avanti con una seconda stagione. Siamo grati
ai creatori, al cast e alla troupe per il loro incredibile
lavoro”.
Nato dal lavoro di collaborazione
del regista Philippe
Garrel con i figli Louis (The
dreamers,
piccole donne), Esther (Chiamami
col tuo nome) e Lena, Il grande
carro è una pellicola drammatica franco svizzera. Il film
è stato proiettato per la prima volta alla settantatreesima
edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, dove
partecipò per l’Orso d’Oro. Nel cast si ritrovano anche
Aurélien Recoing nel ruolo del padre,
Francine Bergé nei panni della nonna e
Damien Mongin come Pieter.
Il grande carro: un dramma
familiare
Louis, Martha e Lena gestiscono
insieme al padre un teatro di burattini fin dalla tenera età.
Nonostante la morte della madre, la famiglia si mantiene unita
grazie alla passione comune che li porta ad esibirsi insieme; altro
elemento di legame è sicuramente la nonna, a cui specialmente
Martha è molto legata. Al quadro familiare si aggiunge Pieter,
artista squattrinato che decide di abbandonare momentaneamente la
pittura per entrare a far parte della compagnia di burattinai.
Questa situazione di apparente perfetto equilibrio viene rotta
dalla improvvisa morte del padre: da questo momento in poi nulla
potrà essere come prima, il filo invisibile che li teneva insieme
sembra essersi rotto.
All’inizio, Louis cerca di mantenere
unita la compagnia, dando inizio ad una nuova tournee, ma si
insinua dentro di lui un sentimento di insoddisfazione verso gli
spettacoli di burattini e la propria vita così com’era.
Contemporaneamente, Pieter lascia Helene, con cui nel frattempo ha
avuto un figlio, per stare con Laura e riscoprire la sua passione
per la pittura, mentre Louis vuole dare una svolta alla sua vita
con il teatro. Il destino del teatro di burattini di famiglia
sembra essere segnato da un inevitabile declino.
Un intreccio di lentezza e
silenzio
Ne Il grande carro
non sono presenti grandi picchi nello scorrimento delle vicende: i
pochi eventi emblematici per la trama vengono presentati allo
spettatore in maniera alquanto piatta, tale da non instaurare alcun
sentimento di empatia nel pubblico verso i personaggi. Gli stessi
dialoghi vengono interpretati dagli attori con toni abbastanza
piatti. Un esempio è la separazione tra Helene e Pieter: un padre
decide di lasciare, la propria compagna, madre del proprio figlio,
subito dopo la nascita del bambino. Si dovrebbe trattare di un
momento denso di rabbia da parte di Helene, abbandonata, ma nessuna
emozione viene mostrata sullo schermo.
L’unico caso in cui viene trasmesso
più pathos allo spettatore è la morte del padre: questa avviene
durante uno spettacolo, vengono mostrate allo spettatore le
marionette che di punto in bianco cadono di colpo, con il sipario
che viene poi chiuso dopo pochi secondi.
A contribuire a questa condizione di
monotonia del film c’è anche la quasi totale assenza di musica. La
colonna sonora o comunque delle forme di background musicale
possono contribuire a trasmettere uno specifico stato d’animo allo
spettatore; l’assenza di questo elemento rende la pellicola ancora
più inespressiva.
Nonostante una trama interessante e
abbastanza originale, Il grande carro finisce per
non mantenere interamente l’attenzione del pubblico per la mancanza
di elementi che possano coinvolgere lo spettatore.
Un inizio comune, tanti finali
divisi
Il grande carro è
caratterizzato dalla presenza di tanti personaggi, tutti molto
diversi tra loro. Pur partendo da una situazione iniziale comune,
ovvero il teatro dei burattini, nel momento in cui le loro strade
si dividono mostrano le loro personali peculiarità caratteriali. Se
con il padre in vita tutti i figli e Pieter erano un collettivo
comune, una compagnia in cui contava l’insieme più che il singolo
soggetto, con la morte del padre ognuno prende strade differenti e
separate, facendo emergere le loro reali passioni.
Un esempio di ciò è sicuramente
Louis: quando il padre è in vita lui non ha problemi a lavorare
nella compagnia, perché naturalmente era bello e gratificante
potersi esibire insieme alla propria famiglia e contribuire a ciò
che il padre aveva creato. Con la sua morte però i burattini
diventano qualcosa di soffocante per Louis: si rende conto che ciò
che rendeva gli spettacoli di burattini così entusiasmanti per lui
era la famiglia al completo, ma oramai quella magia sembra svanita.
A questo punto Louis scopre la sua vera passione, il teatro, dove
riesce a farsi strada e ad ottenere un grande successo.
Al contrario, Lena e Martha
continuano ad aggrapparsi al teatro dei burattini, vedendola come
una sorta di eredità del padre. Le due cercano in ogni modo di
portare avanti la compagnia da sole, senza però ottenere il
successo degli anni passati.
In occasione dell’uscita in Italia
di The
Equalizer 3 – Senza Tregua, il 30 agosto
distribuito da Eagle Pictures, abbiamo intervistato Bruno
Bilotta, che fa parte del nutrito cast italiano del film
con protagonista
Denzel Washington e diretto da Antoine
Fuqua.
The
Equalizer 3 – Senza Tregua, il nuovo thriller
d’azione di Sony Pictures diretto da Antoine Fuqua
con
Denzel Washington. L’attore premio Oscar torna a
interpretare l’ex agente governativo Robert McCall nell’ultimo
capitolo della saga dell’inflessibile giustiziere. Il film, scritto
da Richard Wenk (Jack Reacher – Punto di non ritorno, The Equalizer 2 – Senza perdono) e ispirato
alla serie TV anni ‘80 Un giustiziere a New-York,
vede tra i protagonisti anche
Dakota Fanning e David Denman.
The
Equalizer 3 – Senza Tregua sarà solo al
cinema dal 30 agosto prodotto da Sony Pictures e Eagle Pictures,
distribuito da Eagle Pictures.
Da quando ha abbandonato la sua vita
di assassino governativo, Robert McCall (Denzel Washington) ha
lottato per rimediare alle orribili azioni compiute in passato e
trova una strana consolazione nel perseguire la giustizia in favore
degli oppressi. Sentendosi inaspettatamente a casa nel Sud Italia,
scopre che i suoi nuovi amici sono sotto il controllo dei boss
della criminalità locale. Quando gli eventi precipitano, McCall sa
cosa dovrà fare: difendere i suoi amici e sfidare la mafia.
Da sempre appassionato di
fantascienza, il regista Steven Spielberg è tornato a
raccontare della presenza aliena sulla terra con il film
La guerra dei mondi, distribuito
in sala nel 2005. Su sceneggiatura del fidato David
Koepp, questo è la trasposizione dell’omonimo, e
famosissimo, romanzo di H. G. Wells, pubblicato a
puntate nel 1897, e già divenuto film nel 1953 (qui la recensione).
Consapevole della notorietà della storia, il regista si assicurò
che nessuna notizia riguardante il film divenisse pubblica prima
del tempo. Ciò permise di rendere l’atmosfera, e soprattutto
l’aspetto degli alieni, un vero e proprio mistero, risoltosi
soltanto con l’arrivo in sala del titolo.
Interpretato da Tom
Cruise, il quale aveva giù lavorato precedentemente
con Spielberg per Minority
Report, il film vanta una grande cura negli effetti
speciali, vero cuore del film. Questi, sotto l’attenta supervisione
del regista, risultarono particolarmente stupefacenti, e il team di
realizzatori ottenne anche una nomination al premio Oscar.
Particolarmente favorevole fu anche il giudizio del pubblico, che
accorse a vedere il film al momento della sua uscita. Con un budget
attestato intorno ai 132 milioni di dollari, La guerra dei
mondi arrivò a guadagnarne circa 603 in tutto il mondo,
classificandosi come il quarto film più visto dell’anno.
Particolare elemento di attrattiva
sono ovviamente gli alieni presenti nel film. Questi, in realtà,
appaiono in forma diretta soltanto in poche scene. Molto più
presenti sono i mezzi grazie a cui si muovono, chiamati Tripodi.
Questi vennero realizzati con un aspetto che il regista ha definito
“elegante”, e ispirato alle forme di vita acquatiche. Il suo
obiettivo era di rendere talmente tanto affascinanti e minacciose
queste macchine, che gli spettatori si sarebbero interessati più ad
esse che non agli alieni al loro interno. Il risultato fu proprio
quello sperato, e ancora oggi questi esemplari sono ben presenti
nella memoria di chi ha apprezzato il film.
La guerra dei mondi: la
trama del film
Protagonista del film è Ray
Ferrier, operaio portuale divorziato e intento a dividersi
tra il lavoro e la cura dei suoi due figli, Rachel
e Robbie. Questi vengono a trovarlo un weekend al
mese, ed è proprio durante questo che Ray si accorge che qualcosa
non va. Nel cielo si è infatti formata una grande nube, dalla quale
si scagliano una serie di impressionanti fulmini. Questi sembrano
colpire il suolo senza apparenti danni. Riunitosi nel centro
cittadino insieme al resto della popolazione, Ray cerca di capire
cosa stia succedendo, preoccupato anche dalla presenza dei figli.
Improvvisamente, da sotto il suolo un imponente macchina robotica
si erge nella città. Le sue intenzioni diventano chiare nel momento
in cui inizia a sterminare i presenti, seminando il terrore.
Riuscito a sfuggire, Ray torna
rapidamente a casa e presi i figli inizia una disperata fuga senza
meta. Il panico generatosi è però fonte di ostacoli, e così l’uomo
si vedrà costretto a proteggere i figli tanto dagli alieni quanto
dagli altri umani. Consapevole di trovarsi in una situazione
disperata, in una vera e propria invasione aliena, Ray sembra non
avere altre possibilità che scappare. Ma ciò non sarà sempre una
possibilità percorribile, e rispondere all’attacco sarà l’unico
modo di poter recuperare la pace persa. Mentre tenta di studiare le
pericolose macchine, alla ricerca di un punto debole, Ray dovrà
però fare i conti anche con il suo ruolo di genitore, e con i
nascenti conflitti con i propri figli.
La guerra dei mondi: il
cast del film
Fu proprio Tom
Cruise a proporre a Spielberg l’idea per il film. L’attore
desiderava infatti lavorare nuovamente con il regista e gli suggerì
tre storie da poter adattare sul grande schermo. Il regista scelse
tra queste La guerra dei mondi, affascinato dai temi e dal
potenziale. Cruise ricoprì così il ruolo del protagonista, e si
preparò studiando il genere fantascientifico attraverso noti film e
romanzi. Ciò lo aiutò a calarsi ulteriormente nell’atmosfera
generale, da lui descritta come particolarmente cupa. Il film si è
poi rivelato l’ennesimo grande successo per lui, ed è stato il suo
sesto titolo consecutivo a superare i 100 milioni di dollari di
incassi, nonché il tredicesimo in tutta la sua carriera.
Per il ruolo di Rachel, la figlia
del protagonista, Spielberg scelse l’attrice Dakota
Fanning, conosciuta grazie alla serie fantascientifica
Taken, da lui prodotta. Grazie a questo ruolo l’attrice
ebbe modo di affermarsi ulteriormente, ottenendo un altro grande
successo cinematografico. L’attore Justin Chatwin,
noto anche per il film Dragonball Evolution, ricopre
invece il ruolo di Robbie, l’altro figlio del protagonista. Il
premio Oscar Tim Robbins interpreta invece Harlan
Ogilvy, un ex guidatore di ambulanze che dà riparo a Ray e i suoi
figli. L’uomo, però, rivelerà un profondo desiderio di vendetta
contro gli alieni, colpevoli di aver ucciso la sua famiglia.
L’attrice Miranda Otto, infine, ricopre il ruolo
di Mary Ann Ferrier, ex moglie di Ray. L’interprete è
particolarmente nota per il personaggio di Éowyn nella trilogia di
Il Signore degli Anelli.
La guerra dei mondi: le
differenze con il libro
Nell’adattare il celebre romanzo di
fantascienza, Spielberg richiese agli sceneggiatori di mantenere
l’idea di base ma di tralasciare tutti quei dettagli ritenuti
stereotipati o datati. Koepp, dunque, diede vita a degli
inevitabili tradimenti nei confronti del testo letterario.
Innanzitutto, egli decise di servirsi di una voce narrante, un
personaggio esterno agli eventi che potesse aprire e concludere il
film. All’interno di questo egli costruì una storia di resistenza
incarnata dal padre Ray e dai due suoi figli. Per Spielberg, questo
elemento si rivelò fondamentale. Non solo, infatti, egli vi
ritrovava elementi della sua vita privata, ma anche quelle
insicurezze che si potevano ritrovare nel popolo americano in
seguito agli attentati dell’11 settembre 2001.
Allo stesso modo, però, si evitò di
ricorrere all’espediente dell’arrivo degli alieni tramite
astronave. Spielberg e Koepp decisero di scostarsi da questo
elemento del romanzo preferendo una trovata più innovativa, che è
poi quella riscontrabile nel film. Le stesse modalità con cui gli
alieni conquistano la terra differiscono dal libro al film, come
anche le motivazioni a riguardo. Centrale è stata poi la decisione
di evitare una serie di elementi eccessivamente riportati al
cinema, come la distruzione di monumenti storici da parte degli
alieni. Oltre a ciò, alcuni eventi sono stati ovviamente ridotti o
condensati, così da poter narrare quanto più possibile di quanto
descritto nel libro.
A cambiare è la stessa
ambientazione. Tra il libro e il film passa infatti più di un
secolo, e per questo vennero adottate particolari soluzioni. Lo
sceneggiatore, infatti, mantenne la contemporaneità del nuovo
millennio con tutte le sue caratteristiche, ma costringendo i
personaggi a muoversi in un contesto sprovvisto di energie
elettrice e sistemi di comunicazione li riportò praticamente
all’Ottocento. Per quanto riguarda il finale, invece, si operarono
decise differenze rispetto al romanzo. Spielberg però ammise di non
essere rimasto soddisfatto da questo, poiché pur tentando altre
strade non riuscì a trovare un modo migliore per terminare la
storia.
La guerra dei mondi: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Per gli appassionati del film, o per
chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. La guerra dei
mondi è infatti presente su Rakuten TV, Chili
Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. In base alla
piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo
sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio
della qualità video. Il film è inoltre in programma in televisione
per lunedì 28 agosto alle
ore 21:00 sul canale 20
Mediaset.
Giunto alla sua terza regia
cinematografica, l’attore Ben
Affleck dimostra tutto il suo talento realizzando il
film Argo, ispirato dal
romanzo di memorie Master of Disguise: My Secret Life in the
Cia, di Tony Mendez e dall’articolo di Wired
intitolato The Great Escape: How the CIA Used a Fake Sci-Fi
Flick to Rescue Americans from Tehran. La storia dietro a
queste fonti è vera, e si riferisce alla cosiddetta Canadian
Caper, ovvero l’operazione segreta che portò alla liberazione
di sei cittadini americani nell’ambito della crisi degli ostaggi in
Iran.
Nel 2007, basandosi su tali
testimonianze, Chris Terrio scrisse la
sceneggiatura del film, che venne inserita nella Black
List dei migliori script ancora privi di una produzione. Non
passò molto però che il premio Oscar George
Clooney si interessasse alla storia, acquisendone i
diritti. Assunto il ruolo di produttore, con la sua Smokehouse
Pictures, egli affidò la regia ad Affleck. In breve, il film prese
vita, grazie anche al sostegno della Warner Bros. e alla
partecipazione di noti attori come John
Goodman e Alan
Arkin.
Al momento della sua uscita, il film
si rivelò un grandissimo successo. La critica lo indicò come uno
dei migliori film dell’anno, lodando in particolare la regia di
Affleck. Al box office il film arrivò a guadagnare più di 232
milioni di dollari in tutto il mondo, a fronte di un budget di
44,5, confermando anche il grande apprezzamento di
pubblico. Argo ottenne infine ben 7 nomination ai
premi Oscar, trionfando nelle categorie del miglior montaggio,
miglior sceneggiatura non originale e miglio film.
Argo: la trama del
film
La vicenda del film ha inizio il 4
novembre del 1979, quando gli islamisti iraniani assaltano
l’ambasciata americana a Teheran come rappresaglia contro il
presidente Jimmy Carter. Qui vengono presi in ostaggio 52
diplomatici, mentre sei funzionari riescono invece a scappare e
trovare rifugio presso l’ambasciata canadese. La loro presenza lì
mette però a rischio coloro che li hanno ospitati, e più passa il
tempo più la situazione rischia di precipitare. È a questo punto
che l’agente della CIA Tony Mendez viene convocato
dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che gli affida
l’incarico di recuperare i sei uomini.
Mendez, specialista in operazioni
sotto copertura, non riesce però a trovare un piano che possa
funzionare. Improvvisamente, l’ispirazione lo coglie. I sei uomini
dovranno fingere di essere una troupe cinematografica canadese alla
ricerca delle location per un nuovo film di fantascienza intitolato
Argo. Deciso a portare a termine il piano, Mendez e il suo
supervisore Jack O’Donnell contattano John
Chambers, truccatore di Hollywood, il quale li mette in
contatto con il produttore Lester Siegel. Il
gruppo riesce così ad ottenere il consenso per sviluppare
Argo, dando poi vita ad una società di produzione e ad una
sceneggiatura, il tutto per rendere credibile la copertura.
Fingendosi il produttore di
Argo, Mendez riesce ad atterrare a Teheran, dove raggiunge
i diplomatici. Forniti loro dei documenti falsi, ha inizio la
complicata operazione di estrazione. Il minimo passò falso può
portarli tutti alla morte, e per loro sarà dunque vitale seguire
scrupolosamente il copione prefissato. In mezzo alla rivolta, però,
riuscire a lasciare il paese sarà più complesso del previsto,
specialmente nel momento in cui l’operazione viene cancellata
all’improvviso.
Argo: il cast del
film
Oltre che regista, Affleck è anche
il protagonista del film. Egli decise infatti di ricoprire il ruolo
dell’agente Tony Mendez. Una scelta, questa, da molti criticata, in
quanto il vero Mendez ha origini ispaniche, assenti in Affleck. Il
vero agente, tuttavia, non si è mai lamentato a riguardo, e anzi ha
sostenuto l’attore dichiarandosi entusiasta della sua
interpretazione. Egli si incontrò inoltre più volte con Affleck, il
quale desiderava conoscerlo per capire meglio la storia e potersi
calare in modo realistico nei suoi panni. Mendez, inoltre, lo aiutò
ad ottenere permessi speciali per poter girare nei veri quartier
generali della CIA.
Il primo attore ad entrare a far
parte del cast è stato però il premio Oscar Alan
Arkin. Questi ricopre il ruolo del produttore Lester
Siegel. Per la sua interpretazione, tuttavia, l’attore ha
raccontato di essersi ispirato al celebre Jack L. Warner, che
insieme ai suoi fratelli fondò lo studios Warner Bros. Questi, a
sua detta, aveva infatti la personalità più idonea al tipo di
personaggio che occorreva per il film. La sua è stata una delle
performance più lodate di tutto il film, e ha permesso all’attore
di guadagnare una nuova nomination all’Oscar come non
protagonista.
Vi è poi l’attore John
Goodman, il quale interpreta il celebre truccatore John
Chambers, noto per aver realizzato il make-up del film Il
pianeta delle scimmie. Nel cast sono poi presenti anche altri
noti attori di Hollywood. Il primo di questi è Bryan
Cranston, che interpreta Jack O’Donnell, supervisore
dell’operazione ideata da Mendez. Vi è poi Kyle
Chandler, nel ruolo del funzionario di governo Hamilton
Jordan. Nel ruolo dei sei diplomatici da liberare vi sono invece
gli attori Tate Donovan, Scoot McNairy, Kerry Bishé,
Christopher Denham, Clea DuVall e Rory
Cochrane.
Argo: la vera storia
dietro al film
Per quanto il film si attenga
grossomodo alla realtà degli eventi, vennero tuttavia operati una
serie di significativi cambiamenti. Questi erano giustificati dalla
ricerca di una maggior drammaticità per gli eventi, come anche di
una costruzione che fosse più vicina ai canoni cinematografici. Nel
realizzare ciò, la principale accusa poi mossa al film di Affleck è
quella che indica come particolarmente ridotto il reale ruolo che
l’ambasciata canadese ebbe nella fuga dei sei americani. A loro si
è infatti dovuto molto della buona riuscita dell’operazione. Questa
stessa, contrariamente a quanto mostrato nel film, non incontrò
particolari ostacoli. Molto del dramma si era infatti già svolto
prima dell’arrivo di Mendez a Teheran.
Ad ogni modo, come mostrato nel
film, è vero che fu Mendez ad avere l’idea del finto film come
copertura per l’operazione. Egli era infatti da tempo legato
all’industria cinematografica, ed aveva realmente avuto contatti
con il truccatore John Chambers. Grazie alle pressioni di Mendez,
la CIA fondò davvero lo Studio Six Productions, i cui uffici furono
collocati nella zona di Hollywood. Mendez, poi, si occupò di
selezionare una reale sceneggiatura per dare credibilità al tutto.
La scelta ricadde su Lord of Light, di genere
fantascientifico, risultata perfetta per la sua complessa trama.
Egli scelse poi il titolo Argo in riferimento alla nave
che, nel mito greco, portò Giasone e gli Argonauti alla conquista
del vello d’oro.
Intanto a Teheran, contrariamente a
quanto raccontato nel film, il gruppo di diplomatici si trovò a
cambiare furtivamente location per cinque volte nell’arco di sei
giorni. Questi, infine, riuscirono ad entrare in contatto con
l’ambasciatore canadese Ken Taylor. Il gruppo, a quel punto, si
divise, continuando a mantenere la clandestinità. La mattina del 27
gennaio del 1980, Mendez e i sei diplomatici passarono facilmente i
controlli di sicurezza all’Aeroporto internazionale di Teheran,
mostrando i loro documenti falsi. Il gruppo si trasferì dunque in
Svizzera, giungendo infine negli Stati Uniti tre giorni dopo.
Argo: dove vedere il film
in streaming
Per gli amanti del film, o per chi
volesse vederlo per la prima volta, è possibile fruirne grazie alla
sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Argo è infatti
presente nel catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Google
Play, e Apple iTunes. È inoltre
disponibile all’interno delle piattaforme Infinity, Tim
Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
lunedì 28 agosto alle ore 21:00
sul canale Iris.
Ancora una volta la
Universal ricorre alla celeberrima squadra di
“mostri”
che ne hanno fatto la fortuna al botteghino lungo un arco
ammirevole di decenni. Con Demeter: Il Risveglio di
Dracula tocca ancora una volta a Dracula, più precisamente
a quello che il vampiro ha fatto all’equipaggio della nave che lo
ha trasportato dalla Transilvania a Londra, come racconta anche il
romanzo originale di Bram Stoker.
Demeter: Il Risveglio di Dracula, l’idea
L’idea di partenza di
questa nuova prospettiva non è affatto male: relegare il mostro e
le sue azioni all’interno di un’unità di luogo ben precisa e
soprattutto costruita a livello estetico con evidente coerenza. Il
veliero dove si svolge il 99% dell’azione dell’horror di
André Øvredal – di lui avevamo ammirato il
notevole the Autopsy of Jane Doe, imbastito
secondo la stessa idea di unità di setting – è a conti fatti un
altro protagonista del film, con i suoi angoli oscuri e le assi di
legno scricchiolanti. Qui si consuma un gioco al massacro
perpetrato dal vampiro che, al contrario dell’ambientazione, poco o
nulla possiede di efficace.
La sceneggiatura si
rivela infatti la parte nettamente più fragile dell’operazione, in
quanto affianca ad alcuni spunti potenzialmente interessanti una
serie quasi sterminata di banalità intrinseche al genere stesso,
gettando i
protagonisti/vittime in un costante labirinto di scelte
insensate ed errori di valutazione che proprio non sembrano
appartenere a figure delineate con saggezza e presenza di spirito.
Per rendere credibili personaggi che mai o quasi sembrano pensare a
fare la cosa maggiormente sensata servivano attori in grado di
eclissare tale mancanza, e il cast di Demeter: Il Risveglio
di Dracula non è a questo livello, pur contando su almeno
un paio di caratteristi di livello come Liam
Cunningham e David Dastmalchian. Meglio si muove
Corey Hawkins dentro i panni dell’antagonista
principale di Dracula, ovvero il dottor Clemens, anche perché il
suo ruolo viene costruito su una backstory maggiormente sviluppata
e in grado di sposare i discorsi che il film propone.
Qual è il problema dell’horror contemporaneo?
Passiamo ora ad
analizzare un punto dolente dell’horror contemporaneo, un errore di
valutazione oppure una strategia scelerata che questo genere sta
troppo spesso adoperando, ovvero la rappresentazione del “mostro”
come bestia che agisce prevalentemente seguendo i propri istinti
violenti e animaleschi. Perché anche Dracula, uno dei personaggi
più affascinanti, seducenti e per questo ancor più terrificanti,
viene in questo caso ridotto a un pipistrello succhiasangue dalle
fattezze vagamente antropomorfe? Cosa sta succedendo alla versione
del “mostro” come rappresentazione metaforica delle zone oscure
dell’essere umano, un “altro” che non si rivela poi così distante
da noi stessi?
L’horror come specchio
deformante della realtà e delle sue zone d’ombra ha sempre
posseduto una potenza ideologica e metaforica che si rischia di
perdere se non si torna a ridurre la distanza concettuale tra le
parti in causa, se non si riprende a mostrare che buono e cattivo
possono anche essere due facce della stessa medaglia. I contorni
sfumati per un genere come questo sono terreno fertile per discorsi
tutt’altro che retorici sul nostro presente…
Questa storia zeppa di
ovvietà e insensatezze rovina un film la cui messa in scena è
invece notevole: Øvredal conferma di avere un occhio per nulla
scontato per l’horror, riuscendo a trovare l’eleganza della forma
nello sfruttamento quasi ossessivo dell’ambientazione. Il risultato
diventa visivamente ricercato, un fattore che riesce ad entrare lo
spettatore nel film anche a discapito della pochezza della trama.
Anche il finale poi merita di essere promosso, nonostante sia in
fin dei conti una riproposizione (decisamente meno riuscita) di
quanto ammirato nella serie NetflixMidnight Mass, di gran lunga la miglior produzione
vista in questi anni quando si tratta di vampiri. Mentre per quanto
riguarda Demeter: Il Risveglio di Dracula,
potrebbe meritare la visione soltanto a patto di un enorme sforzo
di sospensione dell’incredulità. Lo spettacolo meramente
cinematografico c’è. E con esso poco altro…
Arriva la storia della controversa
compositrice e direttrice d’orchestra Lydia Tár: TÁR, pellicola
firmata da Todd Field con protagonista una
strepitosa Cate Blanchett sarà in prima tv
domenica 3 settembre alle 21.15 su Sky Cinema Due (e alle 21.45
anche su Sky Cinema Drama), in streaming su NOW e disponibile on
demand.
Premiato con la Coppa Volpi 2022
per la Migliore Interpretazione Femminile e il Golden Globe 2023
per la Miglior Attrice in un Film Drammatico – entrambi a Cate
Blanchett – e candidato a sei Premi Oscar, tra cui quelli per
Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Attrice Protagonista, il film
vede nel cast anche Noémie Merlant, Nina
Hoss, Sophie Kauer, Julian
Glover, Allan Corduner e Mark Strong.
La trama TÁR
Dal regista, scrittore e produttore
Todd Field arriva TÁR, con Cate Blanchett nel ruolo di Lydia Tár,
la rivoluzionaria direttrice di una delle principali orchestre
tedesche. Incontriamo Tár all’apice della sua carriera, impegnata
sia nella presentazione di un libro che in un’attesissima
esibizione dal vivo della Quinta Sinfonia di Mahler. Nel corso
delle settimane che seguono, la sua vita comincia a disfarsi di
fronte alle problematiche attuali. Il risultato è uno scottante
esame del potere, del suo impatto e della sua solidità nella
società odierna.
TÁR fa parte anche della programmazione
speciale FILM DA LEONI, che, in occasione della
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia, che si svolgerà dal 30 agosto al 9
settembre, proporrà in prima e seconda serata su
Sky Cinema Due, negli stessi giorni,16 film
premiati nelle precedenti edizioni. Oltre a TÁR sarà
proposto SPENCER, presentato in concorso a Venezia 78,
in onda giovedì 31 agosto alle 21.15, per rendere
omaggio a Lady Diana nel giorno della scomparsa.
Inoltre, l’adattamento del romanzo
di Jack London MARTIN EDEN; PADRENOSTRO, storia ispirata alla vita del
regista Claudio Noce, con Luca Marinelli, premiato con la Coppa
Volpi nel 2019, e con Pierfrancesco Favino, anche lui vincitore
della Coppa Volpi nel 2020; e ancora la pellicola che ha fatto
ottenere al regista Luca Guadagnino il Leone d’argento 2023,
BONES AND ALL con la vincitrice del Premio
Mastroianni 2023 Taylor Russell, Timothée Chalamet e Mark Rylance;
il film di Roman Polanski, vincitore del Gran Premio della Giuria
2019, L’UFFICIALE E LA SPIA con Jean Dujardin e
Louis Garrel; il musical di Damien Chazelle LA LA
LAND con Ryan Gosling ed Emma Stone, premiata con la Coppa
Volpi 2016 e vincitore di sei Oscar®; il film di Darren Aronofsky,
Leone d’oro a Venezia 2008, THE WRESTLER con
Mickey Rourke; PIETÀ, il dramma di Kim Ki-duk,
vincitore del Leone d’oro 2012; e SOMEWHERE di
Sofia Coppola (Leone d’oro 2010).
E poi PHILOMENA
con Judi Dench (miglior sceneggiatura 2013); THE
MASTER (Leone d’argento 2012 a Paul Thomas Anderson e
Coppa Volpi a Joaquin Phoenix); I FIGLI DEGLI
UOMINI di Alfonso Cuarón (premio Osella 2006 per la
miglior fotografia); L’ASSASSINIO DI JESSE JAMES PER MANO
DEL CODARDO ROBERT FORD (Coppa Volpi 2007 a Brad Pitt);
MARE DENTRO (Leone d’argento 2004 e Coppa Volpi a
Javier Bardem); IL PAPÀ DI GIOVANNA (Coppa Volpi
2008 a Silvio Orlando); e QUEI BRAVI RAGAZZI
(Leone d’argento 1990 a Martin Scorsese).
Prime Video ha
annunciato oggi la data di uscita e svelato il trailer ufficiale
dello show non-fiction Original italiano
The Ferragnez: Sanremo Special, un episodio
speciale che segue l’imprenditrice digitale e icona della moda
Chiara Ferragni nella sua avventura come
co-conduttrice al 73° Festival di Sanremo, tra lezioni di public
speaking, fitting d’alta moda, nuove esperienze e paura da
palcoscenico. The Ferragnez: Sanremo
Special è prodotto da Banijay Italia per Amazon
Studios e debutterà in esclusiva su Prime Video in oltre 240 Paesi e territori nel
mondo il prossimo 14 settembre.
The Ferragnez: Sanremo Special, il trailer
La settimana del Festival di Sanremo
sta per cominciare. Chiara, dopo essersi preparata per mesi, è
pronta per la sua prima esperienza come co-conduttrice televisiva
del Festival di Sanremo. L’imprenditrice racconta i lunghi mesi di
lavoro necessari per calcare un palco così importante. Anche
Fedez è nella “città dei fiori”, il seguitissimo
podcast Muschio Selvaggio approda a Sanremo, ma non è l’unico
impegno lavorativo che lo vede coinvolto durante la settimana del
Festival. Infine, un inaspettato colpo di scena scombina
l’equilibrio della coppia che si confronta su passato e futuro.
L’unico modo per scoprire davvero il dietro le quinte della vicenda
sarà vedere l’episodio speciale.
La giovane coppia più celebre del
panorama contemporaneo, ribattezzata i Ferragnez, è seguita da
milioni di follower su Instagram. Chiara Ferragni
è imprenditrice digitale e icona della moda con oltre 29 milioni di
follower su Instagram, incoronata da Forbes “Most Powerful Fashion
Influencer” a livello globale; Fedez è un
imprenditore e artista poliedrico con all’attivo oltre 86 dischi di
platino e più di 14,7 milioni di follower su Instagram, già
protagonista di Celebrity Hunted – Caccia all’UomoS1 e host del grande successo LOL:
Chi ride è fuori. Grazie alle due stagioni dello show
docu-reality Original The Ferragnez – La serie, pubblico e
fan hanno imparato a conoscerli oltre i social, grazie ad un
accesso esclusivo al dietro le quinte della loro quotidianità in un
periodo speciale e straordinario della loro vita insieme.
Maïwenn ha
lasciato un segno indelebile nel mondo del cinema francese. Anche
se la maggior parte del pubblico e dell’industria americana l’ha
conosciuta prevalentemente nel ruolo della seducente aliena
canterina, Diva Plavalaguna, nel film di Luc BessonIl quinto elemento (1997), i suoi successivi
sforzi come attrice, regista e sceneggiatrice hanno
indiscutibilmente eclissato questo piccolo ruolo interpretato da
adolescente. Negli ultimi dieci anni, ha diretto e sceneggiato un
cortometraggio e ben quattro lungometraggi. La duttilità che
Maïwenn ha messo al servizio della Settima Arte ne hanno messo in
evidenza il talento e la sua intuizione per la creazione di storie
e sequenze magistrali, dove ritmo narrativo e fluidità
dell’immagine si intersecano.
Tra i suoi film più
recenti, Polisse (2011) e Mon roi – il mio
re (2016) le sono valsi il plauso della critica e una
moltitudine di candidature molto ambite, tra cui il Gran premio
della giuria al Festival
di Cannes, il César per il miglior film, la migliore regia e la
migliore sceneggiatura. Con il suo ultimo film, Jeanne du
Barry – La Favorita del Re in uscita nelle sale
italiane dal 30 agosto grazie a Notorious Pictures, ripercorriamo
la carriera di Maïwenn, i momenti fondanti del suo percorso
artistico e la svolta che l’ha vista dedicarsi anche alla
sceneggiatura e alla regia.
ATTRICE
Maïwenn
è stata sotto i riflettori per la maggior parte della sua vita: la
sua infanzia è stata segnata dalla presenza della madre,
l’attrice e giornalista di origine cabila Catherine
Belkhodja, che spingeva affinché la figlia diventasse una star
del cinema: “non aveva fatto carriera e la voleva attrice a
tutti i costi”, ricorda l’agente Myriam Bru. Nel 1981, all’età
di 5 anni, fa la sua prima apparizione sul grande schermo in
L’anno prossimo se tutto va bene (1981) di Jean-Loup
Hubert. A 7 anni, interpreta il ruolo di Isabelle Adjani da bambina
in L’estate assassina (1983) di Jean Becker. In
Lacenaire (1990), accanto a Daniel Auteuil,
interpreta Hermione, personaggio che condivide con la sorella
minore Isild Le Besco. Il primo ruolo importante di Maïwenn è stato
in La Gamine, in cui ha interpretato un’adolescente
turbolenta, al fianco di Johnny Hallyday nel 1992. A 15 anni
incontra il regista Luc Besson, con cui si fidanza e che la
inserisce nel cast di Léon e Il quinto
elemento (1996). Maïwenn, all’epoca appena
sedicenne, rimane incinta e il fatto suscita non
poche polemiche in Francia. Dopo la fine del matrimonio con Besson,
abbandona momentaneamente la carriera di attrice. Durante
questo periodo, è apparsa solo in un ruolo di supporto in The
Perfect Killer (1994). Incoraggiata dalla sua insegnante di
teatro Corine Blue a fare un’improvvisazione su sua madre durante
una lezione, si è imbarcata poi nella scrittura di un one-woman
show in gran parte autobiografico, Le Pois
chiche, che ha portato in scena al Café de la Gare e il cui
successo tra pubblico e critica ne sancisce il ritorno anche sul
grande schermo. Nel 2023, Maïwenn è finalmente pronta a tornare al
cinema, interpretando una delle eroine dell’acclamato film horror
Alta tensione di Alexandre Aja, accanto a Cécile de
France. Sedotto dalla sua forte personalità, Claude Lelouch le
affida uno dei ruoli principali nel suo Les Parisiens
(2004) e nel sequel dell’anno successivo, Le Courage
d’aimer.
REGISTA
Seguito del suo
one-woman show e del suo cortometraggio I’m an
actress (in cui ha diretto la propria figlia Shanna Besson
nel 2004), Pardonnez-moi, il primo lungometraggio di
Maïwenn, è uscito nel 2006. In questo ritratto di
famiglia, che ha tutte le caratteristiche di un Festen –
Festa in famiglia (1998) alla francese, l’attrice-regista
confonde maliziosamente i confini tra realtà e
fantasia. Il film
le ha fatto guadagnare il premio come miglior promessa femminile e
la migliore opera prima ai César 2007. In un’ottica altrettanto
personale, nel 2009 realizza il suo secondo lungometraggio,
Le Bal des actrices, una riflessione divertente e
anticonformista sulle attrici e sui vari significati che la loro
figura assume, commedia musicale che evidenzia l’eleganza di
Maïwenn come regista. Il suo terzo film, quello che la consacra
definitivamente come artista a tutto tondo è
Polisse, in cui recita con Karin Viard, Marina Foïs e
Joey Starr: un film sospeso tra documentario e fiction, resoconto
molto realistico della vita quotidiana di una Brigade de Protection
des Mineurs (Brigata di Protezione dei Minori) di Parigi. Con
questo film, si è aggiudicata il Premio della Giuria al Festival di
Cannes 2011 e il plauso del pubblico, dato che è stato un grande
successo nei cinema francesi. Alla fine del 2015, esce il suo
quarto film da regista, Mon Roi – il mio re, con
Emmanuelle Bercot (premiata come migliore attrice al Festival di
Cannes) e Vincent Cassel nei ruoli principali, che segue una
tumultuosa storia d’amore tra due personaggi che si amano e si
distruggono a vicenda. In seguito, è tornata davanti e dietro la
macchina da presa per DNA – le radici dell’amore
(2020), in cui interpreta Neige, una madre divorziata di tre figli
che va regolarmente a trovare Émir, suo nonno algerino che vive in
una casa di riposo. Neige adora e ammira questo pilastro della
famiglia, che l’ha cresciuta e soprattutto protetta dalla tossicità
dei suoi genitori: ma i rapporti tra i numerosi membri della
famiglia sono complicati e ci sono molti rancori. Infine, nel 2023,
esce il suo sesto film, Jeanne du Barry – La favorita del
Re, che ha l’onore di essere presentato all’apertura del
Festival di Cannes. Questa prima incursione di Maïwenn nel film in
costume racconta la storia vera di Jeanne, una giovane proletaria
divenuta la favorita del re Luigi XV, interpretato da Johnny Depp e
la scandalosa relazione tra i due.
SCENEGGIATRICE
La carriera da
sceneggiatrice di Maïwenn è iniziata
parallelamente a quella di regista: è stata, infatti,
sceneggiatrice del suo cortometraggio e di tutti i suoi film, più
un’aggiunta seriale “Paris, etc” e il film Les
Miens (2022), diretto da Roschdy Zem e in cui recita anche.
Già dal corto I’m an actrice (2004) e
dall’esordio al lungometraggio Pardonner-moiinizia a emergere la
tendenza di Maïwenn a intendere
l’auto-fiction come veicolo prediletto per l’autoanalisi, tramite
cornici da psicodrammi incredibilmente affascinanti. Il nucleo
familiare diviene colonna portante della sua scrittura, dagli
albori fino all’appena citato Les Miens, presentato
in concorso al Festival di Venezia 2022. Un film
praticamente agli antipodi rispetto all’esplorazione sopra le righe
del trauma infantile e allo studio sul personaggio di un’attrice
narcisista: qui, Maiwenn si avvale di una penna chiara e sobria,
che si concentra in modo particolare e appropriato sugli attori e
sulle loro emozioni, permettendo agli spettatori di entrare
direttamente in empatia con i personaggi e al film di avere un
impatto intimo sul pubblico.
Importante menzione è
poi la serie televisiva Paris, etc., creata da Zabou
Breitman nel 2017 per Canal+, ritratto al contempo divertente ed
emozionante di cinque donne che vivono nella Parigi di oggi:
Marianne, Mathilde, Nora, Allison e Gil e che testimonia
l’attenzione di Maïwenn per il punto di
vista, incontrovertibilmente femminile. Lavoro, quello sulla
prospettiva femminile molteplice ed esaminata in tutte le sue
varianti e variabili già da Le Bal des actrices
esperimento dialogico e metacinematografico, in cui lo spettatore
viene messo alla prova intellettualmente cercando di capire i
diversi punti di vista, oggettivi e soggettivi, utilizzati dalla
regista. Dalla sperimentazione formale e di scrittura, Maïwenn è passata allo spaccato di realismo
efficacemente drammatizzato di Polisse, che cattura
le brutture delle squadra di protezione dei minori
della polizia di Parigi, mantenendo un certo grado di
libertà nel racconto, prediligendo un tipo di narrazione
essenzialmente patchwork, seppur molto precisa. Con il suo
naturalismo crudo e grintoso e la sua immediatezza, rifugge dalle
formule stantie dei procedural televisivi: la struttura episodica
sciolta, il vivido mix di personaggi e il realismo in stile cinema
verité hanno conquistato gran parte della critica. Infine,
Maïwenn si è buttata a capofitto in due
storie d’amore, una ambientata nel passato e l’altra che si snoda
nel presente. Con Mon Roi – il mio re ha abbracciato
il dramma
relazionale, imbastendo un discorso molto rilevante sul
ribaltamento dei ruoli di genere oggigiorno. Il film è
imprevedibile, caotico e familiare, proprio come i personaggi che
ospita, proprio come l’amore e la vita che consumano Tony e
Georgio. Infine, con Jeanne du Barry – La favorita del
re, la penna di Maïwenn rielabora il dramma storico per
consegnare al pubblico il ritratto di un’eroina femminista, sulla
stregua del Maria Antonietta di Sofia Coppola.
WANTED CINEMA
porterà nelle sale italiane dal 28 settembre il film Sick
of myself, il folgorante lungometraggio d’esordio scritto,
diretto e montato dall’artista norvegese Kristoffer Borgli
(che in seguito ha realizzato anche Dream Scenario).
Dopo l’anteprima
mondiale nella
sezione Un Certain Regard all’ultimo festival
di Cannes, Sick of myself, an unromantic comedy,
propone al pubblico italiano una commedia sentimentale particolare,
con un concept elegante ed estremo allo stesso tempo. Un film
atipico e originale che ha destato interesse di pubblico e critica,
completamente girato in 35 mm. La talentuosa protagonista,
Kristine Kujath Thorp – nota per film e serie tv come
Fanny (2018), Ninja Baby (2021), The North
Sea(2021) The Promised Land (2023) – interpreta
il personaggio di Signe, un’anonima cameriera che non esita a
utilizzare un mezzo molto pericoloso per farsi notare dal
mondo.
Il film è una
anti-storia d’amore, tossica e disfunzionale, un’illuminante
parabola contemporanea permeata di temi senza tempo quali il
narcisismo e l’invidia. “Volevo realizzare una storia spiacevole
nel modo più bello possibile”, racconta il regista,
“il tutto si è fortunatamente tradotto in un bellissimo
ritratto di cose terribili”.
Sick of myself, la trama
Signe e Thomas
vivono una relazione malsana, in costante competizione tra loro. Il
tutto si incrina ancora di più quando Thomas inizia ad affermarsi
come artista contemporaneo. In tutta risposta, Signe si lancia in
un disperato tentativo di attirare l’attenzione su di sé, anche a
costo della sua salute.
Sick of
myselfsarà nei cinemadal 28 settembre con
WANTED CINEMA.
Netflix annuncia l’inizio delle riprese della seconda
stagione di Tutto chiede salvezza, la serie prodotta da
Picomedia e diretta da Francesco Bruni, con
protagonisti
Federico Cesari (Daniele) e
Fotinì Peluso (Nina). Grandi new entry come
Drusilla Foer (Matilde), Valentina Romani (Angelica), Vittorio
Viviani (Armando), a cui si aggiungono Samuel Di
Napoli (Rachid) e Marco Todisco
(Paolo).
Dopo il successo della
prima stagione, liberamente tratta dall’omonimo romanzo di Daniele
Mencarelli, questa seconda stagione, in 5 episodi, offrirà un
seguito inedito al romanzo, continuando a seguire le vite dei
personaggi già conosciuti che si intrecceranno a quelle dei nuovi,
tra il reparto di psichiatria e il mondo esterno.
Scritta da
Francesco Bruni, Daniele Mencarelli e
Daniela Gambaro, la serie vedrà il ritorno nel
cast, oltre che di
Federico Cesari (Daniele) e
Fotinì Peluso (Nina), anche di Andrea
Pennacchi (Mario), Vincenzo Crea
(Gianluca), Lorenzo Renzi (Giorgio),
Vincenzo Nemolato (Madonnina) e Alessandro
Pacioni (Alessandro), che nella prima stagione
condividevano la stanza nel reparto di psichiatria insieme a
Daniele. Ricky Memphis (Pino), Bianca
Nappi (Rossana) e Flaure BB Kabore
(Alessia) tornano nei ruoli dell’infermiere e delle infermiere del
reparto, mentre Filippo Nigro (Dott. Mancino) e
Raffaella Lebboroni (Dott.ssa Cimaroli) in quelli
dei medici della clinica. Lorenza Indovina (Anna), Michele
La Ginestra (Angelo), Arianna Mattioli
(Antonella), Giacomo Mattia (Giovanni), madre,
padre, sorella e fratello di Daniele. Carolina
Crescentini (Giorgia) è la mamma di Nina.
Giunto alla 35ma
edizione torna anche quest’anno, nell’ambito dell’80ª
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, il LEONCINO D’ORO, uno dei Premi Collaterali più
significativi.
Saranno tredici i giovani studenti,
provenienti da diverse regioni d’Italia e selezionati grazie al
lavoro annuale del “David Giovani”, chiamati a decretare il loro
film preferito tra quelli presentati in Mostra che sarà assegnato
l’8 settembre.
Per la loro attività di giurati, i
giovani studenti appassionati di cinema oltre alla visione dei film
durante la Mostra incontreranno di persona registi e attori con cui
avranno la possibilità di confrontarsi e discutere
direttamente.
Giunto alla sua 35ma edizione, il
LEONCINO D’ORO è una delle attività promosse da
AGISCUOLA per perseguire l’importante obiettivo di avvicinare i
giovani al cinema, stimolando la partecipazione diretta di questo
gruppo di giovani appassionati che potrà vivere “dal di dentro”
l’esperienza di una delle manifestazioni cinematografiche più
prestigiose.
Le associazioni coinvolte nel
progetto Leoncino d’Oro lavorano nel corso dell’intero anno per
offrire cultura visiva e cinematografica agli studenti italiani, il
pubblico del futuro, e supportano l’idea di un sempre maggiore
impegno, anche pubblico, nell’ambito educational e formativo.