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The Nun – La vocazione del male: la spiegazione del finale del film

Il finale di The Nun – La vocazione del male (qui la recensione) è uno dei più scioccanti della serie The Conjuring, sorprendendo con una retcon del film originale per rivelare un legame oscuro e di lunga data. È diventata una tradizione per gli spin-off del franchise collegarsi direttamente ai film precedenti della serie: Annabelle ha spostato la bambola nella direzione di Ed e Lorraine Warren (Patrick Wilson e Vera Farmiga), mentre il prequel Annabelle: Creation ha portato direttamente alla scena iniziale del primo film. Ma questo film fa di meglio, collegandosi direttamente alla serie principale di The Conjuring e rendendo Valak il vero grande cattivo di essa.

La forza malvagia e demoniaca conosciuta come Valak è stata introdotta per la prima volta in The Conjuring – Il caso Endfield, dove appare più comunemente sulla Terra sotto forma di una suora spettrale. Nel sequel del 2016 di James Wan, ha complottato per uccidere Ed Warren come mezzo per pacificare la sensitiva Lorraine e possedere una ragazza adolescente come parte della vera storia di Enfield. Fortunatamente, i Warren scoprirono il complotto e, pronunciandone finalmente il nome, Lorraine riuscì a bandire Valak all’inferno. Annabelle: Creation ha poi stabilito che la suora proveniva da un convento in Romania, con una scena post-crediti che anticipava il suo spin-off completo.

Il film esplora infatti le origini di Valak e della sua forma spettrale. Diretto da Corin Hardy, The Nun – La vocazione del male segue padre Burke e suor Irene, due inviati del Vaticano che indagano sul suicidio di una suora in Romania. Ben presto diventa evidente che nell’abbazia sta accadendo qualcosa di misterioso e i due iniziano a indagare. Naturalmente, il pubblico sa esattamente cosa sta succedendo grazie alle precedenti esperienze con Valak. Ciò che nemmeno i fan più accaniti di Conjuring potrebbero aspettarsi, tuttavia, è dove ci porta il finale del film.

The Nun - La vocazione del male cast

La spiegazione dell’origine di Valak e il travestimento della suora

Tutto ciò che The Conjuring – Il caso Endfield ha rivelato su Valak è che si trattava di un demone dell’inferno il cui nome completo – Valak, il Profanatore, il Marchesato dei Serpenti, lo avrebbe bandito. Questo ha lasciato a The Nun – La vocazione del male ampio spazio per spiegare le sue origini e le sue motivazioni, e il film non delude. Come rivelato da suor Oana (o, meglio, da un suo fantasma ricreato da Valak), nel Medioevo un duca di St Cartha tentò di usare l’abbazia per aprire un varco verso l’inferno e scatenare un male indicibile sulla Terra. Quel male era Valak, che quasi riuscì a sfondare la barriera prima che la Chiesa cattolica uccidesse il duca e sigillasse il portale usando il sangue vero di Cristo (con qualcosa di simile al Santo Graal).

Durante questa sequenza del film, intravediamo nuovamente la vera forma di Valak dopo un flash in The Conjuring – Il caso Endfield, mostrata anche nei libri studiati da padre Burke: è una figura demoniaca nera, non dissimile dal demone della serie Annabelle. Naturalmente, questa non è la sua forma conosciuta: Valak assume le sembianze di una suora inquietante nel tentativo di mimetizzarsi nel convento. Questo non spiega del tutto perché mantenga quell’aspetto quando si avventura nel mondo esterno, anche se una spiegazione potrebbe essere che la paura che suscita vale le illogicità.

Sappiamo infatti da The Conjuring – Il caso Endfield che le creature si nutrono delle paure, per cui tale forma sarebbe derivata dalla paura di una commistione tra sacro e maledetto. Valak è stato liberato solo durante la seconda guerra mondiale, quando le bombe hanno danneggiato l’abbazia e rotto il sigillo fisico che lo tratteneva. Da allora, le suore hanno pregato senza sosta per tenere a bada il male. Alla fine, però, la loro veglia è stata interrotta, Valak è stato liberato e tutte le suore sono state uccise… portando così agli eventi di The Nun – La vocazione del male.

The Nun - La vocazione del male Valak

Come suor Irene e le altre “sconfiggono” Valak

La maggior parte della trama di The Nun – La vocazione del male riguarda dunque Burke e Irene (con l’aiuto del franco-canadese Frenchie) che indagano sul convento per scoprire cosa è successo. Alla fine, scoprono la verità: nonostante trovino un convento semi-attivo, il luogo è deserto, con solo Valak lì a giocare con loro. Deducono anche che il demone sta cercando un nuovo ospite, quindi, una volta completata la missione di confermare ciò che è successo per la chiesa, decidono di sconfiggere la suora una volta per tutte. Il metodo è piuttosto semplice, con il terzo atto del film che consiste principalmente in una serie di brevi scene horror piuttosto che in un intricato schema.

Irene ottiene la fiala del sangue di Cristo usando le sue premonizioni divine e, dopo una lotta con Valak, sputa sangue sulla creatura (un richiamo al disgusto dei paesani per la creatura), apparentemente bandendola. Tuttavia, questo è un film della serie Conjuring, e uccidere il male non è mai così semplice. Una volta creduto sconfitto Valak, il trio seppellisce le suore nella terra tornata sacra che circonda il convento. Tuttavia, mentre se ne vanno, la telecamera rivela che Frenchie – il cui vero nome è Maurice, che ora sta progettando di diventare un coltivatore di pomodori – ha una croce capovolta sulla nuca.

Valak è dunque sopravvissuto, prendendolo come nuovo ospite per liberarsi finalmente dai confini dell’abbazia rumena per la prima volta! Sebbene questo colpo di scena sia piuttosto sorprendente – l’ultima volta lo abbiamo visto salvare Irene e diventare timido mentre le praticava la respirazione bocca a bocca – in realtà ha perfettamente senso in base a ciò che The Nun – La vocazione del male ci ha mostrato. Irene viene catturata in un pentagramma e presa da Valak. Viene liberata quando Maurice le spruzza del sangue addosso, con lo spirito che va verso il franco-canadese e chiude fuori la suora.

Quello che segue non viene mostrato – Valak emerge, seguito più tardi da Frenchie – ma evidentemente, a questo punto, era posseduto. Sembra che sia stato preso immediatamente, il che spiega perché Valak giochi con Irene – si diverte a ucciderla, sapendo che l’obiettivo principale è già stato raggiunto – e significa che lo spruzzo di sangue era superfluo (anche se sappiamo già da The Conjuring – Il caso Endfield che la vera debolezza di Valak è sentire il suo nome). In seguito, non vediamo cosa succede a Burke e Irene, anche se la risoluzione delle loro vicende vede la loro fede ricompensata.

The Nun - La vocazione del male storia vera

Valak era presente fin dall’inizio in The Conjuring

L’epilogo di The Nun – La vocazione del male fa poi un salto in avanti al 1971. Vediamo i Warren tenere la loro presentazione sulla possessione (alla presenza della futura vittima Carolyn Perron), sottolineando i danni causati da Valak a Maurice, ora identificato come un contadino franco-canadese. Questa è l’apertura di L’evocazione – The Conjuring, il primo film della serie del 2013, con alcune scene rimontate in modo che l’attore Jonas Bloquet appaia come vittima. Il film continua, mostrando lui che attacca Lorraine Warren, dandole una visione di Valak (qualcosa che in precedenza si vedeva solo nei flashback).

Questa scena collega apparentemente l’intera serie Nun/Conjuring, portandola dall’abbazia rumena ai Warren e avviandoli sul percorso verso The Conjuring – Il caso Endfield. Qui entrano in contatto per la prima volta con Valak, con l’attacco di Maurice che dà a Lorraine la prima di una serie di visioni che preannunciano la morte di Ed. Il demone è rimasto una presenza minore nelle loro vite – al momento della presentazione non sono a conoscenza della sua vera storia – fino agli eventi ambientati nel 1976 di The Conjuring – Il caso Endfield, quando ha mostrato nuovamente a Lorraine una premonizione importante.

Il futuro di Valak nella saga

Naturalmente, sappiamo già dove finisce Valak: dopo aver preso di mira una famiglia a Enfield, Londra, Lorraine riesce a rispedire il demone all’inferno, questa volta presumibilmente senza alcun legame con la Terra. Tuttavia, dato che The Nun – La vocazione del male identifica Valak come grande nemico del franchise, si prevedeva già un suo ritorno per renderlo tale. Nel 2019 è infatti stato annunciato che un sequel con il titolo The Nun 2, poi distribuito nelle sale nel settembre 2023. Taissa Farmiga riprende il ruolo di Suor Irene in un racconto ambientato quattro anni dopo il primo film e che la vede nuovamente scontrarsi con il demone Valak.

Questo sequel si svolge ad ogni modo circa venti anni prima di The Conjuring – Il caso Endfield, per cui ci sarebbe ancora spazio per raccontare altre manifestazioni di Valak. Al momento, però, il momento più in avanti nella storia in cui compare è proprio quello del secondo film della saga principale. Non è però escluso che possa rivelarsi una delle minacce principali del prossimo The Conjuring – Il rito finale, che concluderà la serie principale del franchise. Ambientato nel 1986, il film arriverà al cinema a partire dal 4 settembre 2025.

Olympo, la spiegazione del caotico finale della serie Netflix

Olympo, la nuova serie di Netflix, è un’esperienza ricca di colpi di scena. Prodotta dagli stessi produttori di Elite, lo show segue un gruppo di giovani che si allenano al Pirineros High Performance Center in Spagna, con il sogno di titoli di Coppa del Mondo e ori olimpici. Un cast di tutto rispetto, in competizione non solo per la gloria, ma anche per la sponsorizzazione del marchio di abbigliamento Olympo, che sceglie solo gli atleti più promettenti per rappresentarli, offrendo un riconoscimento fondamentale che li porta al livello successivo.

Nessuno arriva alle Olimpiadi senza sponsorizzazioni“, come dicono i giovani atleti. Tra loro c’è la protagonista, Amaia (Clara Galle), che si allena senza sosta per diventare la migliore nuotatrice sincronizzata di tutta la Spagna e, alla fine della stagione, ha scoperto alcune informazioni chiave sui suoi compagni.

La scoperta del farmaco

Il penultimo episodio di Olympo conferma uno dei sospetti di Amaia: a diversi atleti del Pirineros sono stati somministrati farmaci per migliorare le prestazioni. L’HPC non è l’unico coinvolto; stanno lavorando con Olympo per testare il farmaco sui migliori prospetti. Il farmaco è impercettibile, un fatto che minaccia di distruggere per sempre lo sport agonistico. E alla fine dell’episodio, Charly (Martí Cordero) si rivolge a parole al vetriolo e omofobe al suo compagno di squadra di rugby, Roque (Agustin Della Corte), dichiaratamente gay. Roque (a cui erano stati somministrati i farmaci per curare la mano fratturata) reagisce violentemente, quasi picchiando a morte Charly e rimanendo con un grosso pezzo di vetro conficcato nel braccio. L’episodio si conclude con Charly e Roque sdraiati a terra, sanguinanti.

Il finale vede gli atleti prepararsi per i rispettivi eventi che decideranno chi parteciperà ai campionati mondiali. Amaia sta ancora cercando di smascherare la scuola e l’organizzazione sportiva Olympo per aver dopato gli atleti, avvisando la direzione antidoping e convincendola a sottoporre gli atleti a esami del sangue.

Durante la convalescenza, Roque si sveglia e scopre di non sentire più la mano. Implora Hugo di fargli annullare tutto quello che gli hanno fatto, ma Hugo (Sergio Álvarez), ex campione di rugby e giocatore di punta dell’Olympo, lo minaccia, dicendogli che la sua carriera rugbistica è finita per sempre se continua a lamentarsi. I medici convincono Hugo che non ha nulla di cui preoccuparsi, anche se lo avvertono che potrebbero essere trovate tracce del farmaco se lo cercano. Ma gli esami del sangue alla fine risultano negativi, il che significa che Nuria (Maria Romanillos) e gli altri atleti che hanno assunto il farmaco possono partecipare.

OLYMPO. Maria Romanillos è Nuria Borges nell’ episode 01 di OLYMPO. Cr. Matías Uris/Netflix © 2024

Gli eventi sportivi sono in corso e Zoe (Nira Oshaia) vince la sua gara, ritrovando nuova energia dopo che la sua amica Renata (Andy Duato) si è infortunata. La vita di Amaia viene sconvolta dall’arrivo di sua madre, ex campionessa olimpica, che la costringe a tornare a gareggiare. Cerca di ricorrere a misure estreme per non gareggiare, come l’assunzione di lassativi, ma viene trovata da Fátima (Najwa Khliwa), che la ferma. Mentre Fátima se ne va, cade dalle scale e si intuisce che sia stata Amaia a spingerla. Fátima ha preso il suo posto in sincronia e, eliminandola, Amaia è tornata in gara, avvicinandosi di un passo al suo sogno di una vita: l’oro olimpico.

Solo che Nuria, la migliore amica di Amaia, le si è rivoltata contro. Sceglie la collega nuotatrice Peque (Laura Ubach) al suo posto. È una mossa che devasta Amaia, ma si scopre che non è stata una scelta di Nuria. È stata costretta a prendere questa decisione dalla collega dirigente di Olympo, Jana (Melina Matthews), che sta lavorando con Hugo per espellere gli studenti che cercano di denunciare l’uso improprio di droghe nella scuola. Tra questi studenti c’è Zoe, che perde la sua sponsorizzazione da Olympo nonostante abbia vinto la gara, perché si è rifiutata di prendere la droga.

Roque, che vuole anche far fuori Olympo per il trattamento che gli hanno riservato, sia in quanto atleta gay che per avergli somministrato i farmaci. Roque ritiene che Olympo stia commettendo un pinkwashing, riducendolo alla sua omosessualità e usandola per nascondere la realtà del loro programma antidroga. Riesce a lasciare la struttura, trovando il suo compagno di squadra e fidanzato Sebas (Juan Perales) e Zoe in una baita lì vicino, dove gli atleti spesso si rifugiano per divertirsi. Non sono soli nel loro desiderio di far fuori Olympo, e sono raggiunti dal collega sponsor di Olympo, Cristian (Nuno Gallego). Zoe rivela il loro piano per eliminare Olympo: si è procurata un campione del farmaco che hanno usato per dare ai loro atleti un vantaggio sleale.

OLYMPO. Clara Galle è Amaia Olaberria, Agustin Della Corte è Roque Pérez, Nira Osahia è Zoe Moral nell’ episodio 01 di OLYMPO. Cr. Matías Uris/Netflix © 2024

Cosa succede ad Amaia in Olympo?

È giorno di gara per le nuotatrici sincronizzate e Olympo ci sorprende con un’altra sorpresa: Amaia ha riconquistato il suo posto in gara, esibendosi al fianco di Nuria, cosa che fanno da anni insieme. Durante la loro performance epica, Amaia e Nuria sono impeccabili, perfettamente in sintonia. È uno spettacolo sbalorditivo e alla fine fanno l’impensabile. Eseguono un’acrobazia subacquea incredibilmente difficile da eseguire e ripeterla più e più volte richiede un controllo del respiro disumano.

Nuria è quasi morta nel tentativo di battere il record nel primo episodio, ma qui, sia lei che Amaia lo superano facilmente. Può significare solo una cosa: Amaia si è arresa a Olympo e ha rinunciato a combattere contro di loro, assumendo il farmaco per raggiungere la perfezione. Mentre tutti tributano al duo una standing ovation, Zoe e compagnia sono devastate, conoscendo la verità. Amaia ha assunto il farmaco e si è rivoltata contro di loro nella lotta contro Olympo. Amaia è passata dall’essere una capofila nella lotta per la giustizia a crollare sotto l’immensa pressione esercitata su di lei da lei e da sua madre per raggiungere la grandezza.

Zoe lascia l’arena e trova l’addetta al test dell’associazione antidoping e le dà un campione del farmaco non rintracciabile. Mentre Amaia esce dalla piscina, guarda negli occhi il suo fidanzato Cristian, vedendo la sua devastazione. Ma prima che Amaia possa uscire dalla piscina, inizia ad avere una reazione al farmaco. Perde l’equilibrio e cade in piscina. Mentre affonda sul fondo, la stagione finisce. La lotta contro Olympo potrebbe non essere finita, ma la caduta di Amaia e la prova di Zoe sicuramente riapriranno l’intera lotta nella prossima stagione di Olympo.

Le 10 domande più importanti rimaste senza risposta dopo il finale della prima stagione di Matlock

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Matlock è stato rinnovato per la seconda stagione dopo la messa in onda dei primi due episodi sulla CBS, grazie agli ottimi ascolti e al successo di critica. Kathy Bates è la protagonista del cast di Matlock nei panni di Madeline Matlock al lavoro e Madeline Kingston a casa. Il finale della prima stagione di Matlock risponde alla domanda principale su chi abbia nascosto lo studio Wellbrexa: Julian (Jason Ritter) lo ha fatto su ordine di suo padre, e Olympia (Skye P. Marshall) è innocente proprio come Matty credeva fermamente.

Tuttavia, il finale in due parti della prima stagione di Matlocklascia anche molti fili sospesi che i fan saranno ansiosi di riprendere nella seconda stagione. Il padre di Alfie (Aaron D. Harris) appare inaspettatamente alla fine della prima stagione, il che sarà un altro ostacolo nel matrimonio tra Matty ed Edwin (Sam Anderson). Al lavoro, Olympia conosce la vera identità di Madeline, ma Billy (David Del Rio) e Sarah (Leah Lewis) sono ancora completamente all’oscuro. Ma soprattutto, la posta in gioco è più alta che mai per Olympia, e la sua promozione a socia potrebbe metterla in contrasto con la ricerca di giustizia di Matty.

Come reagirà Edwin all’incontro con il padre di Alfie?

Edwin e Matty avranno probabilmente reazioni molto diverse all’improvvisa apparizione del padre biologico di Alfie alla fine del finale della prima stagione di Matlock. Quando discutono su chi dovrebbe ottenere la custodia di Alfie se dovesse succedere loro qualcosa nella Matlock stagione 1, episodio 10, Edwin è contrario all’idea di ricontattare il padre di Alfie, vedendola come un’occasione pericolosa per Alfie di essere ferito o deluso ancora una volta.

È stato Alfie stesso a contattare il suo padre biologico.

Matty ribatte che si tratta di una posizione egoista, poiché potrebbe essere più difficile per loro, ma potrebbe essere meglio per Alfie a lungo termine. Alla fine, è stato Alfie stesso a contattare il padre biologico, togliendo loro la decisione in un colpo di scena scioccante nella scena finale del finale.

Il padre di Alfie è un tossicodipendente?

Non sappiamo molto del padre di Alfie (Niko Nicotera) perché Matty ed Edwin non lo hanno mai conosciuto. Ha contattato Edwin tramite la sua e-mail universitaria dopo la morte di Ellie (Marnee Carpenter), anche se Edwin non ne ha parlato a Matty fino a poco tempo fa. Matty ed Edwin presumono che sia un tossicodipendente (o in fase di recupero) come lo era la loro figlia.

Visivamente, l’attore scelto per il ruolo incarna alcuni stereotipi: appare un po’ vuoto e smunto, con un aspetto consumato e segnato che suggerisce una vita difficile. Penso che molto probabilmente sia un tossicodipendente in fase di recupero, sobrio da anni, ma con Edwin e Matty già in disaccordo sul fatto che lei debba rimanere alla Jacobson Moore, introdurre questo estraneo nella vita del loro nipote non allevierà le tensioni coniugali.

Il matrimonio di Edwin e Madeline potrà sopravvivere alla sua decisione di restare?

Per gran parte della prima stagione di Matlock, Edwin sembra un coniuge davvero solidale, che tiene Matty sotto controllo ma è d’accordo con la sua missione sotto copertura. Tuttavia, nel finale, è chiaro che lui la vedeva come una soluzione a breve termine, non come un cambiamento permanente. Se Matty vuole rimanere nello studio, questo causerà una vera tensione tra loro.

Edwin chiarisce che non ha accettato di crescere Alfie da solo, ma mostra poca compassione per il fatto che, anni fa, Madeline abbia rinunciato alla propria carriera quando lui glielo ha chiesto. Edwin è pronto a vendere la loro casa e tornare indietro, ma con Matlock già rinnovato per la seconda stagione, è ovvio che ciò non accadrà, il che significa che le crepe nel loro matrimonio non potranno che approfondirsi.

Madeline dirà la verità a Sarah e Billy?

Sarah, Billy e Matty hanno costruito un vero senso di cameratismo in questa stagione, lavorando in perfetta sintonia come una squadra e fidandosi l’uno dell’altro. Quel legame andrà in frantumi quando si renderanno conto che Matty ha mentito su se stessa, nel migliore dei casi, e, nel peggiore, ha mentito apertamente. Per Sarah, che è orgogliosa delle sue capacità di ricerca, sarà umiliante aver trascurato una cosa così importante.

Anche il rapporto di mentore di Sarah con Olympia diventerà più complicato, poiché sarà difficile ignorare il fatto che Olympia probabilmente conosceva la verità e ha scelto di nasconderla. La doppia vita di Matty distruggerà le solide fondamenta dell’amicizia tra i tre collaboratori di Olympia costruite nella prima stagione, che è uno dei motivi per cui Matlock ha avuto così tanto successo.

Come si vendicherà Simone contro Sarah?

Simone incolperà Sarah per il fatto che Billy voglia mantenere la loro relazione informale

Simone (Andrea Londo), nemica di Sarah sin dai tempi dell’università, cercherà senza dubbio vendetta una volta che Billy le dirà di voler mantenere le cose informali. Sarah non è paranoica, dato che Simone ha già giocato con la sua mente in passato. Sarah non stava attivamente facendo campagna contro Simone e Billy, ma Simone la incolperà comunque per il fatto che Billy si sia allontanato.

Dopo settimane passate a capire che una relazione aperta non fa per lei, non vediamo come si svolge la conversazione.

Nel frattempo, la rottura di Sarah con Kira (Piper Curda), specialista IT della Jacobson Moore, è stata gestita in modo deludente fuori dallo schermo. Dopo settimane passate a capire che una relazione aperta non fa per lei, non vediamo come si svolge la conversazione, minando la consapevolezza che Sarah ha faticosamente acquisito, ovvero che merita qualcuno che voglia solo lei.

Senior sa qualcosa, e questo ha a che fare con la promozione di Olympia?

Sebbene Matlock non abbia offerto molti indizi concreti, è possibile che Senior (Beau Bridges) sospetti delle vere intenzioni di Madeline e della complicità di Olympia. La sua decisione di promuovere Olympia al posto di suo figlio Julian potrebbe essere una mossa strategica piuttosto che un puro riconoscimento del suo talento. Senior vede chiaramente Julian come saldamente sotto il suo controllo, quindi legare il destino di Olympia a quello di Jacobson Moore potrebbe essere il suo modo di neutralizzare una minaccia.CorrelatiIl vero cattivo di Matlock potrebbe essere stato svelato prima del finale grazie a un aggiornamento di Jason RitterJason Ritter ha ottenuto un nuovo progetto in un ruolo ricorrente, suggerendo come finirà la trama del cattivo Wellbrexa nella stagione 1 di Matlock.3

Se Olympia aiutasse Matty a smascherare un illecito, danneggerebbe la propria carriera e il proprio investimento nell’azienda. Sembra una tattica del tipo “tieni vicini gli amici e ancora più vicini i nemici”, che garantisce che qualsiasi ribellione avrà un costo personale per Olympia.

Quali rimedi legali avrebbe Jacobson Moore contro Matty?

Se Jacobson Moore scoprisse che Madeline Kingston ha fornito false informazioni su se stessa per essere assunta, potrebbe intraprendere un’azione legale seria. Sebbene Matty sembri sicura che il suo cambio di nome legale da Kingston a Matlock la protegga, la frode riguarda l’intenzione, non solo l’identità. Se l’azienda riuscisse a dimostrare che ha nascosto fatti rilevanti, ovvero che è stata assunta con false pretese per raccogliere informazioni contro di loro, potrebbe citarla in giudizio per frode, violazione del contratto o false dichiarazioni.

Data la levatura degli avvocati della Jacobson Moore, questi probabilmente sosterrebbero che l’inganno di Matty ha causato un danno alla reputazione e finanziario. Anche se tecnicamente ha rispettato la lettera della legge, le sue azioni potrebbero esporla a una significativa responsabilità civile e a potenziali ripercussioni che potrebbero porre fine alla sua carriera.

Come ha pagato Julian l’appartamento?

È strano come il finale della prima stagione di Matlock abbia dato così tanta importanza al modo in cui Julian ha pagato l’appartamento dove lui e Olympia stanno crescendo i loro gemelli, senza mai chiarire effettivamente la risposta. La spiegazione più probabile è che Senior abbia pagato Julian per aver preso il fascicolo Wellbrexa, soprattutto perché Julian lo teneva nascosto nella sua cassetta di sicurezza. Tuttavia, Olympia sta cercando specificamente documenti finanziari, non fascicoli, e la serie lascia deliberatamente le cose ambigue.

La serie della CBS ipotizza anche la possibilità che la madre di Julian gli abbia dato accesso anticipato al suo fondo fiduciario, ma la descrive come una persona troppo volubile per ricordarsene. È un filo conduttore frustrante che sembra lasciato intenzionalmente in sospeso per la seconda stagione.

Qual è il futuro della relazione tra Olympia e Julian?

La relazione tra Olympia e Julian è stata un po’ altalenante per tutta la stagione. Olympia sembra sul punto di chiedere a Julian di tornare a vivere nel condominio per crescere insieme i loro gemelli, lasciando intendere un vero e proprio disgelo emotivo dopo la loro riconciliazione fisica nella stagione 1, episodio 6 di Matlock. Ma la rivelazione di Matty che Julian ha illegalmente nascosto delle informazioni cambia completamente l’opinione che Olympia ha di lui. La loro fiducia, che stava lentamente ricostruendosi, va nuovamente in frantumi.

La loro dinamica è ulteriormente complicata dal triangolo di potere con il padre di Julian, Senior, che ha promosso Olympia all’interno della Jacobson Moore mettendo da parte Julian. Il futuro di Olympia è ora legato a quello di Senior, rendendo il suo rapporto con Julian ancora più carico emotivamente e politicamente in vista della seconda stagione.

Quanto sono ricchi i Kingston?

Non sappiamo ancora esattamente quanto siano ricchi Madeline ed Edwin. Matty finge di vivere alla giornata per giustificare il suo ritorno al lavoro, ma in realtà prende l’autobus solo per una fermata prima di essere prelevata dal suo autista.

Edwin pensava che questa operazione sotto copertura, che è la trama centrale di Matlock, sarebbe stata temporanea, eppure hanno comunque comprato e arredato magnificamente un’intera villa, e nel finale Edwin discute di quanto sarà complicato venderla. La ricchezza dei Kingston potrebbe diventare importante in seguito, soprattutto se Olympia lascerà la Jacobson Moore e avrà bisogno di un finanziatore, o se Matty si troverà a combattere contro Senior e avrà bisogno di fondi ingenti per affrontarlo in tribunale nella seconda stagione di Matlock.

The Walking Dead: Dead City – Stagione 2, la spiegazione del finale

Dopo otto episodi emozionanti, la seconda stagione di The Walking Dead: Dead City è finalmente giunta al termine e ci sono molti aspetti da approfondire riguardo all’avventura di Maggie e Negan a Manhattan. Dopo che la Dead City stagione 1 si è conclusa con Maggie che ha liberato Hershel in cambio di Negan, la serie ha accennato al fatto che la loro rivalità sarebbe continuata nella seconda stagione. Maggie aveva ancora dei conti in sospeso con l’assassino di suo marito, e Negan aveva molti motivi per sentirsi offeso dalla donna che lo aveva tradito, ma i loro percorsi sono rimasti separati per gran parte della seconda stagione. Tuttavia, tutto è cambiato con l’episodio finale.

Maggie ha iniziato “If History Were a Conflagration” sotto la custodia della Dama, ma è stata rilasciata dopo aver promesso a Hershel che avrebbe ucciso Negan in modo che potessero finalmente superare il trauma che lui aveva causato. Nel frattempo, Negan si preparava allo scontro con la fazione di Bruegel, mentre il gruppo di criminali era impegnato in una silenziosa lotta di potere con i Burazi per il controllo delle operazioni di estrazione del metano a Manhattan. Con molti altri fattori in gioco, il finale della seconda stagione di Dead City ha affrontato la faida tra Maggie e Negan mettendoli l’uno contro l’altro un’ultima volta, ma il loro scontro non è andato come molti fan si sarebbero aspettati.

Perché Maggie non ha ucciso Negan nel finale della seconda stagione di The Walking Dead: Dead City

Nonostante sia uno dei due personaggi principali dello spin-off, il ruolo di Maggie nella seconda stagione di Dead City è stato piuttosto passivo, dato che inizialmente non voleva recarsi a Manhattan, ma il finale l’ha messa nuovamente contro Negan, che però ha rifiutato di uccidere il suo nemico di lunga data. Considerando l’importanza di Negan per la serie, non è una grande sorpresa che Maggie abbia mostrato pietà, soprattutto perché l’ultimo scontro tra i due non era il primo. Tuttavia, la posta in gioco era senza dubbio più alta che mai e la motivazione di Maggie andava oltre la semplice vendetta.

Il tradimento di Negan era uno dei motivi per cui la Dama era quasi morta, quindi non sorprende che volesse sbarazzarsi dell’ex leader dei Salvatori. Inoltre, Hershel era tormentato da ciò che l’ex cattivo aveva fatto a suo padre, quindi ha chiesto a Maggie di uccidere Negan nel finale della seconda stagione di Dead City. Maggie ha accettato, in parte per chiudere quel difficile capitolo della sua vita e in parte per riaccendere il rapporto con suo figlio. Di conseguenza, si è recata alla base operativa dei Burazi ed è arrivata proprio mentre Negan stava tornando alle sue vecchie abitudini.

Ha costretto Bruegel e Perlie a inginocchiarsi prima di eseguire il suo classico gioco “ambarabà ciccì coccò” per decidere chi uccidere per primo. Nonostante la scelta fosse caduta su Perlie, ha deciso invece di uccidere Bruegel, costringendolo a respirare del metano prima di dargli fuoco alla bocca. È stato un destino brutale che ha suggerito che la personalità malvagia di Negan fosse tornata nello spin-off di The Walking Dead, mentre Maggie assisteva a tutto. Negan aveva intenzione di uccidere anche Perlie, ma il maresciallo è riuscito a fuggire, dando vita a un’intensa sequenza di caccia.

Maggie ha capito perché Negan era ricaduto nella malvagità e ha deciso che risparmiarlo e andare avanti insieme era l’unica strada da seguire.

Prima che potesse uccidere Perlie, che una volta gli aveva salvato la vita, Negan è stato pugnalato da Maggie, che ha poi raccolto la sua mazza da baseball e lo ha inseguito attraverso l’edificio. Negan si è trascinato nelle celle sotterranee dove ha cercato di controllare Ginny, solo per scoprire che era morta e si era trasformata in uno zombie. Con il suo acerrimo nemico debole, vulnerabile e con il cuore spezzato, Maggie ha avuto la possibilità di finirlo, ma ha rifiutato.

Capì perché Negan era ricaduto nella malvagità e decise che risparmiarlo e andare avanti insieme era l’unica strada da seguire.

Se non fosse stato per la morte di Ginny, Maggie avrebbe sicuramente vendicato Negan. Tuttavia, la sua decisione suggerisce che potrebbero finalmente essersi lasciati il passato alle spalle e, anche se non diventeranno mai amici, la loro faida sembra essere finita ora che saranno costretti a lavorare insieme per andare avanti.

Cosa ha causato la morte di Ginny

Dato che la morte di Ginny è stata un punto di svolta importante nel finale, è importante capire cosa ha causato la sua morte, considerando che è avvenuta fuori dallo schermo. Durante la stagione 2, episodio 5, si temeva che Ginny fosse stata morsa da uno zombie, ma in realtà la sua ferita era stata causata da un oggetto con cui era stata trafitta mentre combatteva contro i vaganti. È riuscita a mettersi in salvo, ma ha tenuto segreta la ferita, che ha portato a un’infezione. Dopo aver finalmente affrontato Negan per l’omicidio di suo padre, ha puntato la pistola rubata contro di lui, ma è presto collassata, spingendo Negan a cercare di salvarla.

Nonostante l’odio di Ginny verso Negan, i due avevano ancora un legame quasi familiare, con Negan che la vedeva come una figlia. Di conseguenza, ha rischiato la vita e ha combattuto in un ospedale infestato dagli zombie per trovare le provviste che potevano salvarle la vita nel penultimo episodio della seconda stagione. Dopo averla collegata a una macchina, Negan veglia su di lei fino al momento di affrontare Bruegel e i suoi uomini, quando lascia Ginny da sola. Purtroppo, senza nessuno che la sorvegli e senza cure mediche adeguate, la giovane donna finisce per soccombere alle ferite.

Ginny e Bruegel sono stati gli unici personaggi ricorrenti a morire nel finale della seconda stagione di The Walking Dead: Dead City.

È stata una rivelazione straziante vedere il suo corpo zombificato avvicinarsi alla porta della cella mentre era ancora attaccato alla macchina. Negan l’ha pugnalata alla testa con grande commozione, pieno di rimpianto per averla lasciata sola nei suoi ultimi istanti. Per quanto parte della colpa possa essere attribuita a Negan per averla trascurata mentre combatteva, non c’era nulla che potesse fare per salvarla senza un medico, portando a una delle morti più tragiche di The Walking Dead degli ultimi anni.

Come Negan e i Burazi hanno sconfitto Bruegel

Sebbene Bruegel e la sua fazione fossero arrivati alla chiesa dei Burazi per negoziare, entrambi i gruppi avevano l’unico intento di combattere l’altro. Sfortunatamente per Bruegel, Negan era un passo avanti al cattivo. Come regalo di benvenuto, Negan ha offerto a Bruegel e alla sua gente un buffet con abbondanza di cibo fresco. La scena sembrava riferirsi a una storia raccontata dal croato all’inizio della stagione su come Negan avesse organizzato un banchetto per un gruppo nemico pieno di veleno, ma Bruegel ha gentilmente rifiutato il cibo, dicendo che avrebbe aspettato mentre Negan e i Burazi mangiavano.CorrelatiSimon ha tradito Negan in The Walking Dead stagione 8 – Ora Negan sta facendo lo stesso con un altro cattivoSimon ha tradito Negan in The Walking Dead stagione 8, e ora Negan sta facendo lo stesso con un altro cattivo in The Walking Dead: Dead City stagione 2.

Con grande sorpresa del cattivo, Negan e i suoi uomini si sono gustati il cibo prima di rovesciare il tavolo, rivelando un gruppo di vaganti nascosti sotto. Dopo aver consegnato le armi all’ingresso, la maggior parte dell’esercito di Bruegel è stata sopraffatta quando i Burazi hanno dato fuoco alla chiesa con lanciafiamme e benzina, senza lasciare loro alcuna via di fuga. Tuttavia, Perlie è riuscito a rompere la statua che Bruegel aveva portato in dono e che era piena di armi, dando alla fazione la possibilità di contrattaccare. Ci sono state vittime da entrambe le parti, ma Bruegel ha presto acquisito un lanciafiamme, inseguendo Negan fino alle celle.

Mentre il personaggio di Kim Coates pensava di avere il sopravvento, Perlie lo affrontò, preoccupato che l’antagonista stesse per attaccare Ginny. Prima che potessero risolvere le loro tensioni, i due furono affrontati dai Burazi e, nonostante Bruegel fosse il miglior cattivo di Walking Dead introdotto negli ultimi anni, fu brutalmente ucciso da Negan, ponendo fine al suo regno a New York. Naturalmente, Perlie è poi fuggito e ha avuto un confronto con Negan prima che i due alla fine appianassero le loro divergenze, ma non faceva realmente parte del gruppo di Bruegel, il che suggerisce che la fazione è stata ufficialmente sconfitta per sempre.

Come New Babylon è arrivata a Manhattan e qual è il suo obiettivo

Dopo la morte di Narvaez all’inizio della stagione, sembrava che la Federazione New Babylon di The Walking Dead non fosse più una minaccia importante, ma “If History Were a Conflagration” ha confermato che era ancora molto pericolosa. Durante lo scontro tra i Burazi e la fazione di Bruegel, New Babylon è arrivata a Manhattan con un numero di soldati apparentemente più numeroso che mai. Mentre Narvaez e Perlie avevano precedentemente guidato un gruppo di modeste dimensioni sull’isola, New Babylon sembra aver gettato tutte le sue forze per conquistare Manhattan nel finale della seconda stagione di Dead City, trovando l’occasione perfetta per arrivare.

Le principali fazioni della città si stavano distruggendo a vicenda mentre attraccavano e, anche se non è chiaro se New Babylon fosse a conoscenza della battaglia in corso, sono riusciti a navigare verso Manhattan mentre nessuno guardava. Il loro obiettivo principale rimane lo stesso di prima: impossessarsi dell’operazione metano, e sembra che ci siano già riusciti. Le scene finali dell’episodio 8 hanno mostrato il gruppo che trova il metano e inonda l’isola di soldati, il che significa che conquisteranno sicuramente Manhattan e imporranno le loro leggi ai sopravvissuti, diventando i principali antagonisti della serie.

Cosa succederà a Hershel e alla Dama

Con Maggie che non è riuscita a mantenere la promessa di uccidere Negan, Hershel ha mostrato più risentimento nei confronti della madre, scegliendo di rimanere con la Dama piuttosto che ricucire il loro rapporto. Era una decisione che Maggie sembrava prevedere, dicendo a suo figlio che sarebbe rimasta a Manhattan nel caso Hershel avesse avuto bisogno di lei. Anche se questo è un modo amaro per concludere la loro storia nella seconda stagione di Dead City, solleva interrogativi su quale sarà il nuovo piano di Hershel e della Dama. La Dama non ha più il sostegno dei Burazi, il che rende il duo relativamente impotente a New York.

Tuttavia, continueranno sicuramente a impegnarsi per rimodellare la città a loro immagine, che è stato il loro obiettivo fin dall’inizio della seconda stagione. L’alleanza tra Hershel e la Dama in The Walking Dead sembra nascere da una visione condivisa del futuro, e sebbene sia stata presentata in modo relativamente inquietante, non è ancora chiaro come intendano cambiare la città. Indipendentemente da ciò, probabilmente rimarranno una presenza malvagia a New York e cercheranno di sfruttare chiunque resista a New Babylon, creando potenzialmente una nuova fazione per cercare di riprendere il controllo di Manhattan.

Dov’era il Croato durante il finale della seconda stagione?

Forse uno dei più grandi misteri della seconda stagione di Dead City è stata l’assenza del Croato durante l’episodio 8. È stato visto l’ultima volta con Maggie mentre la aiutava a raggiungere il teatro dove si trovava Hershel, ma dopo di ciò ha preso la sua strada e non è più stato visto. Sembrava inevitabile che avrebbe avuto un ruolo nel finale, ma con mia grande sorpresa è rimasto scomparso. Sebbene sia impossibile sapere con certezza cosa gli sia successo, l’ipotesi più plausibile è che stesse cercando un modo per lasciare Manhattan e tornare a casa in Croazia.

Dopo che il croato ha lasciato i Salvatori in The Walking Dead, ha tentato di tornare nel suo paese natale, ma è finito invece a Manhattan, dove ha incontrato la Dama. Tuttavia, dopo essere stato bandito dai Burazi, è rimasto senza uno scopo e sembrava pronto a morire, finché Maggie non lo ha costretto ad aiutarla. Con il cattivo ormai solo, sembra che la sua ultima possibilità di felicità sia da qualche parte in Croazia, ma potrebbe essere impossibile lasciare l’isola ora che è arrivata New Babylon, il che suggerisce che il croato potrebbe avere un ruolo nella terza stagione, se ci sarà.

Come il finale di The Walking Dead: Dead City – Stagione 2 prepara la terza stagione

Sebbene una terza stagione non sia stata confermata, il finale della seconda stagione di Dead City conferma quasi certamente che ci sarà un altro capitolo, dato che molte trame sono rimaste in sospeso. Innanzitutto, Maggie e Negan sono ancora a New York e, considerando il loro ruolo nella narrazione più ampia di Walking Dead, è impossibile che la loro storia finisca qui. Il finale ha indicato che Maggie e Negan lavoreranno insieme in futuro e, sebbene abbiano già collaborato nella prima stagione, la loro prossima avventura potrebbe porre fine alla loro faida decennale una volta per tutte.

La presenza di Hershel con la Dama prepara anche il terreno per la seconda stagione, poiché Maggie sarà determinata a impedire che suo figlio scivoli nella malvagità e a mostrargli un futuro migliore.

Inoltre, la presenza di Hershel con la Dama getta le basi per la trama della seconda stagione, poiché Maggie sarà determinata a impedire che suo figlio scivoli nella malvagità e a mostrargli un futuro migliore. L’arrivo di New Babylon rende Manhattan un territorio ancora più ostile di prima e conferisce alla fazione più potere, fornendo a Maggie un’ulteriore motivazione per sconfiggerla, dato che ha una forte influenza sulla sua comunità. Il senso di colpa di Negan per la morte di Ginny probabilmente influenzerà il suo percorso futuro, poiché ha molto da redimersi dopo essere ricaduto brevemente nelle vecchie abitudini.

Ha quasi ucciso Perlie, il che suggerisce che trascorrerà la seconda stagione cercando di ottenere il perdono del maresciallo e dimostrando a Maggie che è cambiato. Negan non si è mai riunito con Annie e Joshua nella seconda stagione di Dead City, il che significa che ha ancora un obiettivo generale da raggiungere. Anche se lo spin-off ha dato una conclusione definitiva a nuovi personaggi come Bruegel e Narvaez, ci sono ancora molte storie che necessitano di una conclusione adeguata, il che suggerisce che la conferma della terza stagione di Dead City è solo una questione di tempo.

The Walking Dead: Dead City – Il vero significato della seconda stagione

The Walking Dead: Dead City La seconda stagione è stata ricca di azione, violenza e dramma, ma il suo vero messaggio era quello di andare avanti. Maggie ha trascorso anni della sua vita lottando per superare la morte di Glenn, e il suo risentimento verso Negan l’ha resa più ostile e divisiva, anche agli occhi di suo figlio. Piuttosto che portare avanti quel rancore, Maggie sembrava aver finalmente raggiunto una sorta di chiusura nella sua faida con Negan e, anche se ci vorrà ancora del tempo prima che lei riesca a perdonarlo veramente, il finale ha suggerito che ci arriveranno insieme.

Anche la storia di Negan ha sottolineato l’importanza di lasciarsi il passato alle spalle. Nel tentativo di salvare Ginny, è stato consumato dal suo personaggio di Salvatore, cercando di uccidere tutti quelli che gli ostacolavano il cammino, invece di essere più pragmatico. Le sue visioni di Lucille nell’episodio precedente hanno dimostrato che era ancora aggrappato al suo ricordo come guida, e anche se è comprensibile che lei fungesse da sua bussola morale, è chiaro che la sua morte lo ha guidato per tutto il finale.

The Walking Dead: Dead City è disponibile in streaming su AMC+.

Imparare a lasciar andare sembra essere l’unico modo per creare un futuro migliore, cosa che sia Maggie che Negan alla fine capiscono nel finale. Di conseguenza, la capacità di perdonarsi a vicenda e andare avanti dal proprio passato sembra essere la migliore possibilità per Maggie e Negan di sconfiggere Dama e New Babylon nella terza stagione di Dead City, motivo per cui questi temi hanno avuto un ruolo così importante nel finale.

J.K. Rowling dice la sua sulle prime sceneggiature della serie tv di Harry Potter

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La creatrice di Harry Potter, J.K. Rowling, ha offerto un primo commento alle sceneggiature del prossimo reboot dell’amata serie, in produzione su HBO, e ha descritto il suo livello di coinvolgimento. La produzione dell’attesissima serie di Harry Potter della HBO dovrebbe iniziare entro la fine dell’estate e l’autrice J.K. Rowling ha espresso il suo entusiasmo per i progressi del progetto.

In un post su X, J.K. Rowling ha rivelato di aver già letto le sceneggiature dei primi due episodi e le ha descritte come “così belle“, esprimendo grande approvazione per la direzione che la serie sta prendendo.

Quando i fan le hanno chiesto se avrebbe scritto personalmente alcuni episodi, Rowling ha confermato che non li avrebbe sceneggiati direttamente, ma ha sottolineato di aver lavorato a stretto contatto con il team di sceneggiatori della serie per garantire che l’adattamento rimanesse fedele allo spirito dei libri.

Cosa sappiamo della serie HBO su Harry Potter

HBO descrive la serie come un “adattamento fedele” della serie di libri della Rowling. “Esplorando ogni angolo del mondo magico, ogni stagione porterà ‘Harry Potter’ e le sue incredibili avventure a un pubblico nuovo ed esistente”, secondo la descrizione ufficiale. Le riprese dovrebbero avere inizio nel corso dell’estate 2025, per una messa in onda prevista per il 2026.

La serie è scritta e prodotta da Francesca Gardiner, che ricopre anche il ruolo di showrunner. Mark Mylod sarà il produttore esecutivo e dirigerà diversi episodi della serie per HBO in collaborazione con Brontë Film and TV e Warner Bros. Television. La serie è prodotta da Rowling, Neil Blair e Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV, e David Heyman di Heyday Films.

Come già annunciato, Dominic McLaughlin interpreterà Harry, Arabella Stanton sarà Hermione e Alastair Stout sarà Ron. Altri membri del cast includono: John Lithgow nel ruolo di Albus Silente, Janet McTeer nel ruolo di Minerva McGrannitt, Paapa Essiedu nel ruolo di Severus Piton, Nick Frost nel ruolo di Rubeus Hagrid, Luke Thallon nel ruolo di Quirinus Quirrell e Paul Whitehouse nel ruolo di Argus Gazza.

Power Book IV: Force conferma l’uscita della terza e ultima stagione per l’autunno 2025 con un nuovo teaser

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Il trailer di Power Book IV: Force stagione 3 rivela la finestra di lancio dell’ultima stagione della serie. Incentrato sul personaggio di Tommy Egan (Joseph Sikora), lo scorso giugno è stato annunciato che Power Book IV: Force – stagione 3 sarebbe tornato per un’ultima apparizione. Ma anche se lo spin-off di successo di Power sta volgendo al termine, Tommy potrebbe non sparire per troppo tempo.

STARZ ha pubblicato un nuovo teaser per Power Book IV: Force stagione 3, confermando che l’ultima puntata uscirà nell’autunno 2025. Non è stata confermata una data di uscita più precisa, ma il teaser mostra Tommy sorridente e impassibile nonostante le pressioni crescenti e i pericoli sempre più gravi. Guarda il teaser qui sotto:

Cosa c’è da sapere su Power Book IV: Force stagione 3

La nuova stagione riprenderà da dove Power Book IV: Force – stagione 2 si era interrotta, con Tommy che deve affrontare una lista sempre più lunga di nemici. I federali lo stanno seguendo e le gang di strada continuano a cercare di eliminarlo. Questo porta Egan, più che mai, a pianificare strategicamente le sue prossime mosse per proteggere le persone che ama.

Correlati10 cose che Power Book IV: Force deve fare prima che la terza stagione concluda la serieIl prossimo capitolo di Power Book IV: Force concluderà lo spin-off e ci sono diverse cose che la serie deve fare prima che la terza stagione giunga al termine.✕Rimuovi pubblicità

Tommy deve sottrarre clienti alle fazioni rivali, il tutto mentre combatte contro l’influenza e il potere crescenti dei suoi avversari. È una situazione sempre più pericolosa per Tommy, che deve giocare sia in difesa che in attacco. Sikora è affiancato nel cast di Power Book IV: Force da Isaac Keys nel ruolo di Diamond Sampson, Kris D. Lofton nel ruolo di Jenard Sampson e Manuel Eduardo Ramirez nel ruolo di Miguel Garcia, che avrà un ruolo significativo nella prossima puntata.

Gary Lennon è showrunner e produttore esecutivo di Power Book IV: Force, mentre l’universo di Power è prodotto da Courtney A. Kemp, che ha creato la serie originale Power attraverso la sua società di produzione End of Episode, insieme al produttore esecutivo Curtis “50 Cent” Jackson attraverso la G-Unit Film and Television e Mark Canton attraverso la Canton Entertainment. Terri Kopp e Chris Selak sono produttori esecutivi, mentre Lionsgate Television produce la serie per STARZ.

Adrienne Walker interpreta Shanti “Showstopper” Page, insieme a Miriam A. Hyman nel ruolo del procuratore federale Stacy Marks, Anthony Fleming III nel ruolo di JP e Lucien Cambric nel ruolo di D-Mac. Indipendentemente da ciò che accadrà a Tommy, però, potrebbe non essere l’ultima volta che gli spettatori lo vedranno. Recenti indiscrezioni indicano che tornerà con un altro attore che è stato assolutamente cruciale per l’universo di Power.

The Sandman – Stagione 2, ecco a voi gli Eterni!

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La Stagione 2 di The Sandman sarà l’ultima

In seguito alla controversia riguardo le accuse di violenza sessuale e cattiva condotta contro Neil Gaiman, che ha co-sviluppato e prodotto la serie TV basata sui suoi fumetti DC, è stato annunciato a gennaio che la seconda stagione di The Sandman sarebbe stata l’ultima, anche se secondo Netflix era previsto già da prima che emergessero le accuse contro Gaiman che il secondo ciclo di episodi sarebbe stato conclusivo.

La seconda stagione di The Sandman adatta infatti le trame di molti fumetti, tra cui Season of Mists, Brief Lives, The Kindly Ones e The Sandman: Overture, insieme a storie singole come “Tales in the Sand”, “A Midsummer Night’s Dream”, “The Song of Orpheus”, “Thermidor” e “The Tempest”, tra le altre.

The Sandman è interpretato da Tom Sturridge nel ruolo di Sogno, Gwendoline Christie nel ruolo di Lucifero, Vivienne Acheampong nel ruolo di Lucienne, Kirby Howell-Baptiste nel ruolo di Morte, Patton Oswalt nel ruolo di Matthew il Corvo, Jenna Coleman nel ruolo di Johanna Constantine, Mason Alexander Park nel ruolo di Desiderio, Donna Preston nel ruolo di Disperazione e altri ancora.

Gli altri fratelli di Sogno sono: Destino (Adrian Lester), Delirio (Esmé Creed-Miles) e il Prodigo (Barry Sloane), che partecipano a una “cena di famiglia” con il resto degli Endless, Morte (Kirby), Desiderio (Mason Alexander Park) e Disperazione (Donna Preston).

Daredevil: Rinascita – Stagione 2: nuove foto dal set che forse collegano la serie a Spider-Man: Brand New Day

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Le speculazioni sulla trama di Spider-Man: Brand New Day continuano a dilagare, e le ultime foto e filmati dal set di Daredevil: Rinascita – Stagione 2 potrebbero gettare un po’ di luce sullo status quo di New York.

Venerdì abbiamo appreso che Jon Bernthal riprenderà il ruolo di The Punisher in Spider-Man: Brand New Day. L’abbiamo visto l’ultima volta in azione nei panni di Frank Castle in Daredevil: Rinascita, mentre è prevista anche una Presentazione Speciale per il vigilante.

Al momento, Bernthal non è stato ancora annunciato per Daredevil: Rinascita – Stagione 2, il che rende più probabile che la suddetta Presentazione Speciale colmi il divario tra i due progetti MCU.

Ogni foto e video dal set della seconda stagione ha mostrato Matt Murdock e Karen Page in incognito e con la testa bassa, grazie alla Task Force Anti-Vigilante che pattuglia la Grande Mela. Tuttavia, il nostro ultimo sguardo alla serie mostra i due personaggi molto felici e chiaramente non più nascosti.

POTETE VEDERE LE IMMAGINI A QUESTO LINK

La teoria prevalente tra i fan è che questa sia una scena ambientata verso la fine della seconda stagione, il che significa che Fisk è stato sconfitto e la città è libera dal suo regno tirannico. Questo libera Spider-Man: Brand New Day dal dover essere vincolato agli avvenimenti della serie.

Resta da vedere se la terza stagione avrà luogo, anche se il capo della Marvel Television, Brad Winderbaum, ha lasciato intendere che gli piacerebbe esplorare la Mano e la Gilda degli Assassini in futuro.

Bridgerton: annunciate le riprese della quarta stagione in un video dietro le quinte

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Netflix ha celebrato la fine delle riprese della quarta stagione di Bridgerton con un nuovo video dal dietro le quinte, che svela un dettaglio impercettibile sul ruolo che Penelope continuerà a ricoprire nella storia. La quarta stagione di Bridgerton vedrà finalmente il secondo genito Benedict (Luke Thompson) protagonista di una storia d’amore, dopo essersi innamorato di una misteriosa donna mascherata al famoso ballo in maschera organizzato da sua madre. Sebbene Benedict e il suo amore alla Cenerentola, Sophie Baek (Yerin Ha), saranno al centro dell’attenzione di Bridgerton e della prossima stagione londinese, anche il resto del clan Bridgerton avrà un ruolo da svolgere.

Tra questi c’è Penelope, interpretata da Nicola Coughlan, che ha trovato il suo lieto fine con il fratello minore di Benedict, Colin (Luke Newton), nella terza stagione di Bridgerton. Il video del dietro le quinte della quarta stagione di Bridgerton mostra quasi tutti i membri del cast principale della serie, compresi i nuovi arrivati come Yerin Ha, Michelle Mao, Isabella Wei, Katie Leung e Masali Baduza, mentre si cambiano i loro elaborati costumi dell’epoca regency con abiti contemporanei (e infinitamente più comodi). Tuttavia, un piccolo dettaglio ha attirato l’attenzione dei fan più attenti, poiché il trailer di Nicola Coughlan è ora etichettato come “Penelope Bridgerton” invece che “Penelope Featherington”. Potete guardare il video qui sotto:

Cosa significa questo per la quarta stagione di Bridgerton

Dato che Bridgerton è una serie corale, è logico che i protagonisti delle stagioni precedenti tornino per brevi apparizioni nelle stagioni successive. Nonostante la sfortunata assenza di Daphne (Phoebe Dynevor) nella terza stagione (e quella di suo marito dalla prima stagione), sappiamo almeno che Penelope, Colin, Anthony (Jonathan Bailey) e la moglie di Anthony, Kate (Simone Ashley), torneranno nella quarta stagione di Bridgerton. Forse il cambio di nome nel trailer di Penelope non dovrebbe sorprendere più di tanto. Tuttavia, è un gradito promemoria di come la sua storia stia andando avanti ora che ha sposato Colin, ha rivelato la sua doppia identità ed è diventata madre.

Dato il ruolo più ampio di Penelope nella società – si può dire che abbia più influenza dell’intera famiglia Bridgerton messa insieme – ha senso che Coughlan possa avere un ruolo più importante nella quarta stagione di Bridgerton.

Dato il ruolo più ampio di Penelope nella società – si può dire che abbia più influenza dell’intera famiglia Bridgerton messa insieme – è logico che Coughlan possa avere un ruolo più importante nella quarta stagione di Bridgerton. Potrebbe persino essere in grado di aiutare Benedict e Sophie nel lungo periodo; l’opinione di Penelope come Lady Whistledown ha un certo peso, e il background familiare non convenzionale di Sophie causerà senza dubbio scalpore tra i pettegoli più importanti di Londra. Riuscirà ad aiutarli a evitare lo scandalo? Tutto è possibile.

Ultron potrebbe comparire spesso nei prossimi progetti Marvel, dopo Vision

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James Spader riprenderà il ruolo di Ultron nella prossima serie Vision, ma sembra che i Marvel Studios abbiano in mente progetti molto più ambiziosi per il personaggio in futuro. Non vediamo il potente supercriminale noto come Ultron da Avengers: Age of Ultron del 2015, e da allora i fan sperano di vedere la megalomane IA tornare nell’MCU.

Ad agosto, è emersa la notizia che James Spader riprenderà il ruolo nella serie Vision in arrivo su Disney+, descritta come “la terza parte di una trilogia iniziata con WandaVision e proseguita con Agatha Christie”.

Ultron fu creato da Tony Stark e Bruce Banner per far parte di un programma di mantenimento della pace che avrebbe dovuto “mettere uno scudo attorno alla Terra” come difesa contro l’invasione, ma l’IA finì per rivoltarsi contro l’umanità e fu infine distrutta da suo “figlio” Visione verso la fine di Age of Ultron. Resta da vedere come verrà reintrodotto, ma si prevede che Spader interpreterà Ultron in forma umana insieme a diversi altri personaggi IA di ritorno.

Si è ipotizzato che il ritorno di Ultron potrebbe essere un “uno e basta” (beh, tecnicamente sarebbe un due e basta), ma secondo l’indiscreto Daniel Richtman, la Marvel “ha in programma il ritorno di Ultron per diversi progetti dopo Vision Quest”.

Ovviamente resta da vedere come si evolveranno questi progetti, ma non saremmo sorpresi se Ultron venisse preso in considerazione nella serie Young Avengers (che si ritiene si intitolerà The Champions) attualmente in lavorazione.

Vision Quest

La serie Vision

Il progetto Vision, ancora senza titolo ufficiale, che potrebbe o meno essere intitolato Vision Quest, è stato descritto come “la terza parte di una trilogia iniziata con WandaVision e che continua con Agatha All Along“.

Oltre a Paul Bettany, James Spader di Avengers: Age of Ultron riprenderà il ruolo di Ultron (“non è chiaro se Ultron tornerà come robot o in forma umana”). Non c’è stato alcun accenno al potenziale coinvolgimento di Elizabeth Olsen, ma la serie sarà ambientata dopo gli eventi di WandaVision, “mentre il fantasma di Visione presumibilmente esplora il suo nuovo scopo nella vita”. T’Nia Miller è stata confermata per il ruolo di Jocasta. Kerry Condon apparirà nei panni di F.R.I.D.A.Y. in forma umana, mentre Emily Hampshire sarà E.D.I.T.H.

Il finale di WandaVision ha rivelato che la Visione con cui avevamo trascorso del tempo nel corso della stagione era in realtà una delle creature di Wanda, ma la vera “Visione Bianca” è stata ricostruita dalla S.W.O.R.D. e programmata per rintracciare e uccidere Scarlet Witch. Questa versione del personaggio si è allontanata verso luoghi sconosciuti verso la fine dell’episodio, dopo essersi dichiarata la “vera Visione”.

Per quanto riguarda Wanda, l’ultima volta che abbiamo visto la potente strega era mentre devastava gli Illuminati e si faceva crollare una montagna addosso in Doctor Strange in the Multiverse of Madness.

Anche l’attore di Picard, Todd Stashwick, è nel cast, nei panni di “un assassino sulle tracce di un androide e della tecnologia in suo possesso”. Vision – o Vision Quest – debutterà su Disney+ nel 2026.

28 Anni Dopo: ecco a voi il Sir Jimmy Crystal di Jack O’Connell

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Prima dell’uscita di 28 Anni Dopo di Danny Boyle e Alex Garland (qui la nostra recensione), tutto ciò che sapevamo del misterioso personaggio di Jack O’Connell era che si faceva chiamare Sir Jimmy Crystal e che era (molto probabilmente) responsabile dell’incisione di quelle iniziali sull’uomo infetto che Jamie (Aaron Taylor-Johnson) e Spike (Alfie Williams) trovano appeso e in fin di vita durante il loro viaggio sulla terraferma.

Jimmy ha solo un ruolo marginale nel film. Lo incontriamo per la prima volta da bambino nella scena iniziale, quando perde l’intera famiglia in un attacco infetto, e torna negli ultimi momenti del film per salvare Alfie che viene messo alle strette da un gruppo di Ragers. Jimmy adulto e i suoi seguaci – che si fanno chiamare tutti Jimmy – sono vestiti come il famigerato DJ e presentatore televisivo britannico Jimmy Savile, morto nel 2011 dopo una lunga storia di abusi sessuali su minori.

“Ha a che fare tanto con la cultura pop quanto con l’abbigliamento sportivo, con il cricket, con il sistema di onorificenze”, ha detto Boyle a Business Insider a proposito della decisione di far adottare a Crystal e al suo culto il look distintivo di Savile. “È tutto un po’ come un intreccio in questo ricordo parziale, aggrapparsi a cose e poi ricrearle come immagine per i seguaci”. “È un caleidoscopio, vero?” ha aggiunto Garland a proposito del personaggio di O’Connell. “Una specie di caleidoscopio psichedelico, strafatto”. “Il problema del guardare indietro è quanto sia selettiva la memoria”, ha continuato lo scrittore. “Sceglie a caso, soffre di amnesia e, soprattutto, ricorda male. Viviamo in un’epoca dominata da un passato ricordato male“.

Jimmy Crystal (O’Connell) e la sua banda dovrebbero avere un ruolo molto più importante nel sequel di Nia DaCosta, 28 Years Later: The Bone Temple, girato contemporaneamente a questo film e la cui uscita è prevista per il prossimo anno.

Secondo la sinossi ufficiale, “Sono passati quasi tre decenni da quando il virus della rabbia è sfuggito a un laboratorio di armi biologiche e ora, ancora in una quarantena imposta senza pietà, alcuni hanno trovato il modo di sopravvivere tra gli infetti. Uno di questi gruppi di sopravvissuti vive su una piccola isola collegata alla terraferma da un’unica strada rialzata pesantemente difesa. Quando uno del gruppo lascia l’isola per una missione nel cuore oscuro della terraferma, scopre segreti, meraviglie e orrori che hanno mutato non solo gli infetti, ma anche altri sopravvissuti.”

The Gilded Age: la terza stagione dal 23 giugno su SKY e NOW

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Una città che cresce, che si trasforma e, mentre guarda al futuro, continua a nascondere dietro ogni palazzo sfarzoso una crescente rivalità tra vecchia e nuova aristocrazia. La New York di fine XIX secolo, in cui il potere si sposta dalle famiglie dell’old money a quelle emergenti, fa da sfondo alle vicende della terza stagione di The Gilded Age, il period drama HBO e Sky Exclusive nominato agli Emmy firmato da uno fra i più celebrati maestri del dramma in costume, sir Julian Fellowes (Downton Abbey, Belgravia). Il nuovo capitolo della serie, in otto episodi, in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 23 giugno, in contemporanea con gli US.

Cosa succede nella terza stagione di The Gilded Age

Fra ambientazioni sontuose, costumi spettacolari e riferimenti storici reali, nei nuovi episodi il vecchio è stato soppiantato dal nuovo: la vecchia guardia è uscita indebolita dalla Guerra dell’Opera e, ormai affermati nei salotti più esclusivi, i Russell sono pronti a prendere il loro posto alla guida dell’alta società di New York. Imponendosi come la nuova Mrs. Astor, Bertha (Carrie Coon) punta a un premio che eleverebbe la famiglia a livelli inimmaginabili, mentre George (Morgan Spector) rischia tutto in un’impresa che potrebbe rivoluzionare l’industria ferroviaria, sempre che non lo rovini prima. Dall’altra parte della strada, la famiglia Brook viene gettata nel caos quando Agnes (Christine Baranski) si rifiuta di accettare la nuova posizione di Ada (Cynthia Nixon) come padrona di casa. Peggy (Denée Benton) incontra un affascinante medico di Newport, ma la famiglia di lui è ben poco entusiasta della carriera della giovane. Mentre tutta New York si affretta verso il futuro, le ambizioni dei protagonisti potrebbero andare a scapito di ciò che hanno di più caro.

La serie vanta un cast stellare che include Carrie Coon, Christine Baranski, Cynthia Nixon, Morgan Spector, Louisa Jacobson, Denée Benton, Taissa Farmiga, Harry Richardson, Blake Ritson, Ben Ahlers, Ashlie Atkinson, Dylan Baker, Kate Baldwin, Victoria Clark, John Ellison Conlee, Michael Cumpsty, Kelley Curran, Jordan Donica, Jessica Frances Dukes, Claybourne Elder, Amy Forsyth, Jack Gilpin, LisaGay Hamilton, Ward Horton, Simon Jones, Celia Keenan-Bolger, Ben Lamb, Nathan Lane, Andrea Martin, Audra McDonald, Brian Stokes Mitchell, Debra Monk, Hattie Morahan, Donna Murphy, Kristine Nielsen, Paul Alexander Nolan, Kelli O’Hara, Patrick Page, Rachel Pickup, Taylor Richardson, Douglas Sills, Bobby Steggert, Erin Wilhelmi, John Douglas Thompson, Leslie Uggams, Merritt Wever. Con Bill Camp e Phylicia Rashad.

THE GILDED AGE è creata, scritta e prodotta da Julian Fellowes; produttori esecutivi, oltre a Fellowes, anche Gareth Neame e David Crockett; regista e produttore esecutivo Michael Engler; produttore esecutivo Bob Greenblatt; sceneggiatrice e produttrice esecutiva Sonja Warfield; regista e produttrice esecutiva Salli Richardson-Whitfield. La serie è una co-produzione HBO e Universal Television, divisione di Universal Studio Group.

Ironheart: il conflitto tra Riri e The Hood nel nuovo spot tv

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“Non mi farò fregare da un pistolero invisibile con proiettili magici.” Un filmato di Ironheart diffuso da qualche giorno rivelava che, al ritorno di Riri Williams dal suo “tirocinio in Wakanda”, verrà reclutata da The Hood per unirsi alla sua banda di criminali per una serie di furti ad alto rischio.

Non è esattamente la storia delle origini eroiche di Riri che la maggior parte si aspetterebbe, ma sembra che alla fine riesca a rimettersi in carreggiata e a decidere di opporsi al malvagio demone, come si vede nell’ultimo filmato diffuso.

The Hood era un villain piuttosto importante della Marvel Comics qualche anno fa, durante la storia di Dark Reign, come membro della Cabala di Norman Osborn, una versione malvagia degli Illuminati. Tuttavia, il personaggio è scomparso dai riflettori negli ultimi anni. Forse una performance avvincente di Anthony Ramos (Transformers: Rise of the Beasts, Twisters) potrebbe riportare il personaggio alla ribalta?

Quello che sappiamo di Ironheart

Ambientata dopo gli eventi di Black Panther: Wakanda Forever, la serie Ironheart di Marvel Television mette a confronto la tecnologia con la magia quando Riri Williams (Dominique Thorne), una giovane e geniale inventrice determinata a lasciare il segno nel mondo, torna nella sua città natale, Chicago.

La sua innovativa interpretazione della costruzione di armature di ferro è brillante, ma nel perseguire le sue ambizioni, si ritrova coinvolta con il misterioso ma affascinante Parker Robbins, alias “The Hood” (Anthony Ramos).

La serie vede la partecipazione anche di Lyric Ross, Alden Ehrenreich, Regan Aliyah, Manny Montana, Matthew Elam e Anji White. Chinaka Hodge è la sceneggiatrice e produttrice esecutiva; gli episodi sono diretti da Sam Bailey e Angela Barnes.

I primi tre episodi di Ironheart debutteranno su Disney+ il 24 giugno 2025.

Hawkeye: un aggiornamento sul futuro di Jermey Renner, dopo il suo rifiuto per la seconda stagione

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In seguito alle indiscrezioni secondo cui la star di Avengers: Endgame, Jeremy Renner, avrebbe rifiutato la seconda stagione di Hawkeye a causa di un’offerta irrisoria da parte dei Marvel Studios, abbiamo un importante aggiornamento sulla situazione attuale tra le due parti.

Da tempo circolano voci sui piani per una seconda stagione di Hawkeye, con una storia fortemente ispirata a The Raid. In questa, Clint Barton e Kate Bishop si confronteranno con Barney Barton, alias Trickshot.

Con grande sorpresa dei fan, Jeremy Renner ha scartato l’idea di un’altra stagione dopo aver rivelato che i Marvel Studios gli hanno offerto metà di quanto guadagnato per la prima stagione (per quelle che sarebbero state lunghe riprese di 9 mesi). Si prevede inoltre che i Marvel Studios si concentreranno meno sui personaggi del grande schermo in streaming, creando una linea di demarcazione più netta tra ciò che le persone possono vedere al cinema e a casa.

Renner ha chiuso con l’MCU? È difficile scrollarsi di dosso questa sensazione, soprattutto ora che non è stato annunciato per Avengers: Doomsday. Ma stando a quello che riporta l’indiscreto Daniel Richtman, non sembra una decisione definitiva: “La Marvel è ancora in trattative con Jeremy Renner per tornare per una seconda stagione di Occhio di Falco”.

Se le due parti riusciranno a trovare un compromesso tra denaro e tempo allora non vediamo perché Renner non possa impugnare di nuovo l’arco degli Avenger. La prima stagione di Hawkeye è servita come passaggio di testimone a Kate, interpretata da Hailee Steinfeld, quindi probabilmente potrebbe reggere il confronto anche senza un ruolo da protagonista.

Renner è entrato a far parte dell’MCU nel 2011, con un cameo a sorpresa in Thor. Non possiamo credere che il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, gli abbia permesso di lasciare il franchise senza un saluto degno, ma solo il tempo ci dirà come si evolveranno queste discussioni.

“Penso che sia più la volontà di prendere le distanze”, ha recentemente dichiarato Renner a proposito di un passo indietro dall’MCU. “Mia figlia è la priorità. Non è nemmeno una scelta. Sarò un padre per mia figlia. Se continueranno a girare a Londra o [qualsiasi altra cosa], non funzionerà.”

Quando gli sono state presentate le voci su The Raid e Trickshot, l’attore ha risposto: “Forse qualcosa di vero c’è, non lo so. Ci siamo addentrati un po’ nella trama e cose del genere. Tutti erano interessati. Non direi di no. Penso che ci siano ancora molte idee e che debbano capire un sacco di cose.”

“Sono sempre pronto a farlo, amico”, ha confermato Renner. “È un mondo divertente e adoro farne parte. Egoisticamente, mi piace il valore di farlo per ciò che significa per i ragazzi della fondazione che dirigo.”

Superman: nuovi spot tv vedono in difficoltà l’Uomo d’Acciaio

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Sono stati pubblicati quattro nuovi spot televisivi da 15 secondi per Superman. In questi, vediamo l’Uomo d’Acciaio atterrato dal braccio di Kryptonite di Metamorpho, insieme ad altre scene di volo e azione.

La redazione del Daily Planet riceve un po’ di attenzione, vediamo Lois Lane pilotare il T-Craft di Mister Terrific in quella che sembra essere una sequenza divertente. L’Uomo d’Acciaio, pur essendo formidabile, sembra aver trovato pane per i suoi denti in Ultraman, un cattivo che abbatte l’eroe con facilità.

A James Gunn è stato chiesto di Ultraman durante una recente intervista con Entertainment Weekly. Alla domanda se il misterioso cattivo faccia parte del tentativo di Lex Luthor di creare una “figura in stile Superman“, ha risposto: “Ci va vicino. Sì, credo di sì. Ultra Man è una specie di scagnozzo di Lex ed è piuttosto potente“.

Il regista ha anche confermato che Hammer of Boravia ha legami con la LuthorCorp. “Sì, assolutamente. Lex è connesso a tutto. Non succede nulla di male a Metropolis durante questo film che non abbia un qualche legame con Lex Luthor.

Molti fan hanno sottolineato che il color grading di Superman ha abbandonato la pesante tinta blu vista nei primi trailer. Sui social media si è speculato se questo sia finalizzato ad allineare il film a quello che sarà il DCU in senso più ampio. Tuttavia, Gunn non considera il reboot una “prova di concetto” per il franchise.

“Non la vedo affatto in questo modo“, ha detto al sito. “La vedo come se stessi girando un altro film. Sto cercando di fare il miglior film possibile. E sto imparando molto. Per me, questo processo è stato più simile a quello dei primi Guardiani che a qualsiasi altra cosa, perché sto imparando moltissimo su come girare scene con Superman, che è molto diverso.”

“Sai, volare, capire tutto questo e capire la semplicità e l’eleganza di questo personaggio, che è così diverso da chiunque altro per cui abbia mai scritto un film prima. Sto imparando molto lungo la strada”, ha concluso Gunn.

Potete guardare tutti gli spot a questo link.

J.J. Abrams torna alla regia: prime foto di Glen Powell dal set di Glasgow

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Glen Powell è al lavoro su un nuovo entusiasmante film d’azione con J.J. Abrams! L’attore 36enne è stato avvistato con un costume futuristico mentre girava il film fantasy senza titolo mercoledì 18 giugno a Glasgow, in Scozia.

Glen è stato visto lavorare insieme a un gruppo di comparse, alcune delle quali sembravano vestite da alieni, per la scena.

Al momento non si sa nulla della trama del film, ma sappiamo che Jenna Ortega, Emma Mackey e Samuel L. Jackson reciteranno al fianco di Glen. Abrams è il regista, sceneggiatore e produttore del film per la Warner Bros.

Glen ha molti progetti in cantiere: ha appena firmato per un film sui vigili del fuoco con Ron Howard, reciterà in una commedia di Judd Apatow, in un film di fantascienza di Barry Jenkins e nel remake del film The Running Man.

J.J. Abrams presto tornerà con un film originale al cinema

Il famoso regista J.J. Abrams sta attualmente sviluppando un nuovo film con un cast incredibilmente stellare e, per una serie di motivi, questo è il progetto più entusiasmante del regista degli ultimi anni. Abrams ha fatto il suo ingresso nel mondo del cinema e della televisione all’inizio degli anni ’90 come sceneggiatore. Tuttavia, la sua grande occasione è arrivata nel 2004, quando ha co-creato la serie fantascientifica Lost, che è ancora considerata una delle migliori serie degli anni 2000. Da lì, Abrams ha iniziato a dirigere grandi successi hollywoodiani, ma dopo alcuni ostacoli lungo il percorso, il regista è rimasto in silenzio negli ultimi anni.

Per la prima volta dal 2019, Abrams torna alla regia con un film originale inedito. Al momento, si sa molto poco di questo film, a parte il genere e il cast eccezionale. A quanto pare, il film è un mistery e avrà come protagonisti Glen Powell, Jenna Ortega, Emma Mackey e Samuel L. Jackson. Inoltre, il film è prodotto dalla società di Abrams, la Bad Robot. Anche con così poche informazioni a disposizione, il nuovo film di Abrams è incredibilmente emozionante, soprattutto se si considera la storia unica del regista a Hollywood.

J.J. Abrams sta finalmente girando un nuovo film originale

Il nuovo film di Abrams è così emozionante perché è il primo film originale che dirige dal 2011. Dei sei film diretti da Abrams, solo uno è una storia originale, non appartenente a un franchise, scritta dallo stesso Abrams. Quel film è Super 8, che racconta la storia di un gruppo di adolescenti che stanno girando un film quando assistono a un incidente catastrofico e ultraterreno. Nonostante abbia incassato 260 milioni di dollari al botteghino e abbia ottenuto recensioni entusiastiche dalla critica, è stato il primo e ultimo film originale realizzato da Abrams, fino ad ora.

Molti si chiederanno perché ci sia voluto così tanto tempo. La risposta più semplice è che Abrams è diventato famoso un po’ troppo in fretta. Dopo aver diretto con successo Mission: Impossible III, Abrams ha avuto la possibilità di dirigere due grandi franchise di fantascienza: Star Trek e Star Wars. Sebbene i film di Abrams abbiano incassato molto e ottenuto un grande successo di critica, hanno anche ricevuto reazioni negative da parte dei fan che non apprezzavano la direzione che stava prendendo la serie. Alla fine, questo gli ha impedito di portare avanti i propri progetti e persino di realizzare film per alcuni anni.

Lo squalo: la spiegazione del finale del film di Steven Spielberg

Compie 50 anni Lo squalo, capolavoro di Steven Spielberg, un thriller ricco di tensione, con un finale terrificante in cui il protagonista e una piccola squadra si trovano faccia a faccia con un micidiale squalo bianco. Il film suscitò grande clamore già dalla sua scena di apertura, in cui una giovane donna entra in mare per nuotare, ma viene presto trascinata sott’acqua e scompare. Un inizio agghiacciante che rese subito chiaro di come questo film era qui per cambiare le carte in tavola. Il tutto prosegue poi con il capo della polizia, Martin Brody, che viene a sapere che l’incidente è stato causato dall’attacco di uno squalo e decide di chiudere la spiaggia per condurre ulteriori indagini ed eliminare la minaccia.

Tuttavia, il sindaco Larry Vaughn lo spinge a tenere aperta la spiaggia, poiché Amity Island sta per entrare nella sua stagione turistica più intensa e, senza alcuna garanzia che ci sia uno squalo, causare il panico generale sarebbe dannoso per gli affari. Tuttavia, quando lo squalo ritorna e uccide un ragazzino, Vaughn è costretto ad ascoltare il poliziotto. Brody recluta quindi un ricercatore esperto di squali, Hooper, e Quint, un eccentrico cacciatore sicuro di poter uccidere lo squalo, per andare in barca e portare a termine il lavoro. Tuttavia, le cose non andranno come previsto.

Apparentemente, il film di Spileberg che ha dato vita al concetto di blockbuster sembra un classico caso di man vs. nature, eppure ci sono altri significati nascosti all’interno del film e del suo finale, con lo stesso squalo che diventa metafora del male e della paura che in quegli anni – successivi agli sconvolgimenti degli anni Sessanta – regnava negli Stati Uniti e nel mondo intero. In questo approfondimento, esploriamo dunque tanto i colpi di scena finali di Lo squalo quanto i significati più profondi del film.

LEGGI ANCHE: Lo squalo: dal cast alle differenze con il romanzo, tutte le curiosità sul film

Lo squalo libro

Cosa succede nel finale di Lo squalo

La barca con cui i tre uomini si sono spinti in mare aperto non era in ottime condizioni, poiché era chiaramente vecchia. Tuttavia, nonostante una grave falla nello scafo, sembrava che Brody e l’equipaggio sarebbero stati in grado di tornare a casa e occuparsi dello squalo in un secondo momento. Sfortunatamente, Quint ha spinto troppo i motori e il surriscaldamento, combinato con la falla nello scafo, ha causato la combustione dei motori. Con l’equipaggio bloccato in acqua, lo squalo ha a quel punto attaccato e distrutto la parte posteriore della barca fino a quando questa ha iniziato ad affondare.

Nel finale del film, dopo essersi quindi avvicinati al grande squalo bianco in diverse occasioni e aver attaccato dei grandi barili alla creatura nel tentativo di tenerla vicino alla superficie, lo squalo passa all’offensiva. Riesce a danneggiare lo scafo della barca, facendo entrare acqua all’interno e danneggiando ulteriormente i motori. Brody, Hooper e Quint decidono quindi di passare a loro volta all’offensiva e cercano di uccidere lo squalo con ogni mezzo possibile. Tuttavia, Quint viene ucciso in una lotta serrata con lo squalo, prima che Brody riesca a ucciderlo.

L’uomo viene infatti sopraffatto dal grande squalo bianco quando la sua nave viene parzialmente trascinata sott’acqua. Quint viene quindi mostrato mentre viene morso lungo le gambe e il torso, prima di essere trascinato sott’acqua, decretando la sua morte. Resta invece per un po’ ignoto il destino di Hopper, il quale in precedenza era stato mandato sott’acqua con una gabbia nel tentativo di uccidere lo squalo. Quando quest’ultimo attacca e distrugge la gabbia, siamo portati a credere che anche per Hopper non ci sia più nulla da fare. Scopriamo solo all’ultimo, però, che si era in realtà nascosto, tornando in scena al momento opportuno.

 

Nel finale, dunque, lo squalo addenta una delle bombole piene di aria compressa, cosa che Brody sperava di riuscirgli a far fare. A quel punto spara alla bombola per provocare un’esplosione. A questa distanza, con un’esplosione intensa che avviene direttamente nella bocca dello squalo, si può supporre che tutta la parte superiore della creatura sia stata vaporizzata. Di conseguenza, lo squalo viene definitivamente abbattuto, senza alcuna possibilità che possa essere altrimenti.

Lo squalo sequel

Senza ulteriori minacce da parte dello squalo, si può tranquillamente supporre che i ricongiuntisi Brody e Hooper siano riusciti a tornare ad Amity Island. Lo squalo era noto per attaccare vicino alla spiaggia, quindi era improbabile che la barca fosse molto lontana dalla riva. Con la barba affondata, Hooper e Brody hanno dunque usato un pezzo della nave danneggiata per galleggiare e hanno nuotato fino all’isola, idealmente senza incontrare altri pericoli.

Il vero significato del finale del film

Il tema centrale del film vede dunque lo squalo come simbolo della paura. È implacabile, si nasconde sotto la superficie e può sopraffare facilmente chi lo incontra. Lo squalo, nel film di Spielberg, è dunque pensato per essere una forma di puro male e paura, incarnazione di tutto ciò che non conosciamo e che ci terrorizza, come anche della forza bruta della natura che facilmente può reclamare il suo potere su di noi. Tuttavia, sebbene la paura possa essere implacabile e causare danni considerevoli, può essere superata se affrontata a testa alta.

Personaggi come Vaughn hanno scelto di ignorare la loro paura e concentrarsi su altre cose, ma questo ha solo messo più persone in pericolo. È stato solo quando Hooper, che ha una conoscenza approfondita degli squali, Quint, che ha il coraggio e la forza necessari, e Brody, che ha una speranza incrollabile, hanno unito i loro sforzi per affrontare lo squalo e ucciderlo. Alla fine di Lo squalo sono rimasti molti danni e cicatrici, ma una volta compresa e affrontata, la paura poteva essere superata.

Emergency Declaration: la spiegazione del finale del film

Il film sudcoreano del 2021 Emergency Declaration, diretto da Han Jae-rim, si colloca in un momento in cui il cinema coreano sta vivendo una fase di grande riconoscimento internazionale, grazie a opere che sanno coniugare spettacolarità e riflessione sociale. Il film si inserisce nel filone del disaster movie, declinato però secondo i canoni della tradizione cinematografica coreana: forte tensione narrativa, attenzione ai personaggi e un sottotesto etico che spinge lo spettatore a interrogarsi su temi complessi (vedi anche Parasite o Special Delivery). Presentato fuori concorso al Festival di Cannes, questo film rappresenta un esempio significativo di come l’industria cinematografica sudcoreana riesca a misurarsi con i generi più popolari senza rinunciare a uno sguardo autoriale.

Il film si ispira al classico genere dei thriller catastrofici con ambientazione aerea (7500 58 minuti per morire – Die Harder), ma ne rielabora gli elementi per raccontare una storia che parla di paure globali molto attuali. Il regista riesce così a costruire un racconto corale che fonde suspense e dramma umano, mantenendo viva la tradizione del cinema coreano di combinare spettacolo e riflessione sociale. Il risultato è un film che coinvolge emotivamente e offre anche uno spunto per riflettere sulle dinamiche del panico collettivo e della responsabilità etica di fronte a un’emergenza.

Nel corso di questo articolo ci concentreremo in particolare sul finale di Emergency Declaration, un epilogo che ha diviso il pubblico per la sua intensità e per le scelte morali che i protagonisti si trovano a compiere. Analizzeremo come si sviluppano le ultime scene, quale significato esse assumono rispetto ai temi portanti del film e in che modo il regista abbia voluto chiudere un racconto che parla di sacrificio, paura e speranza. Un finale che, come vedremo, si collega profondamente alla tradizione del cinema catastrofico ma con uno sguardo tipicamente coreano.

Song Kang-ho in Emergency Declaration
Song Kang-ho in Emergency Declaration

La trama di Emergency Declaration

Il film vede il volo KI501, partito dalla cittadina sudcoreana di Incheon e diretto alle Hawaii, costretto a dichiarare lo stato di emergenza, dopo che il detective Gu In-ho (Song Kang-ho) scopre che un uomo minaccia di fare un attentato bioterroristico a bordo. Il terrorista, Ryu Jin-seok (Im Si-wan) ha manifestato le sue intenzioni con un video messaggio e prontamente il veterano In-ho cerca di indagare sull’identità dell’attentatore. A complicare la situazione ci sono le tensioni diplomatiche tra la Corea del Sud e altri governi, che non permettono all’aereo di atterrare sul loro territorio per evitare che il virus contratto dai passeggeri e dal personale di bordo nell’attentato si diffonda anche all’esterno.

La spiegazione del finale del film

Nel corso del film scopriamo la storia di Ryu Jin-seok attraverso il suo essere l’unico sopravvissuto agli effetti del virus in BRICOM. Fin da bambino, Ryu era stato sottoposto a forti pressioni da parte della madre, una microbiologa, e questo lo aveva profondamente segnato. Quando era sotto stress, sfogava la sua rabbia uccidendo animali: un modo distorto per vendicarsi del comportamento oppressivo della madre. Questo atteggiamento si era protratto anche durante la sua esperienza in BRICOM, dove, nonostante gli avvertimenti ricevuti, Ryu aveva esposto tre colleghi al virus mutato SC-1, traendo piacere nel vederli soffrire. Alla fine, spinto dalla follia, decise di alzare la posta e pianificò di uccidere un intero aereo pieno di persone.

Il motivo? I traumi inflitti dalla madre. Lei lo aveva spinto a diventare microbiologo, e così era stato, ma invece di contribuire alla scienza, Ryu aveva scelto di usare le sue conoscenze per distruggere. Questo dimostra quanto l’infanzia possa plasmare un individuo: spesso un bambino che subisce abusi finisce per riversare quel male sul mondo. Dopo la morte della madre, Ryu perse ogni senso della propria identità e iniziò a sfogare la sua rabbia sugli altri, questa volta senza più nessuno a imporgli cosa fare. BRICOM, da parte sua, negò ogni accusa e rifiutò qualsiasi perquisizione senza un mandato. L’azienda sapeva di aver ricevuto il virus mutato SC-1 dal Medio Oriente e aveva sviluppato un antidoto.

Kim Nam-gil in Emergency Declaration
Kim Nam-gil in Emergency Declaration

Non si può escludere che BRICOM stesse tentando di ottenere un monopolio, forse con l’intento di rilasciare il virus per poi trarre profitto dalla vendita dell’antidoto. Questo potrebbe spiegare perché Ryu venne licenziato senza che venissero presentate denunce: denunciarlo avrebbe rischiato di compromettere anche l’azienda. Inoltre, non bisogna dimenticare che l’acquisizione del virus è avvenuta in segreto. Se BRICOM non avesse acquistato quel virus, Ryu non avrebbe potuto impossessarsene. Il film offre dunque un quadro realistico e intenso di come il mondo potrebbe reagire a un attacco biologico su un aereo: passeggeri terrorizzati, dibattiti sui media, governi divisi e un’azienda biotecnologica che tenta di nascondere la verità, fino ad arrivare a un sacrificio necessario.

Gli Stati Uniti e il Giappone negano l’autorizzazione all’atterraggio per evitare la diffusione del virus. Gli USA interrompono ogni comunicazione con la Corea, mentre il Giappone afferma che un governo deve prima di tutto proteggere i propri cittadini. In questo scenario, il primo ufficiale Choi mette da parte l’odio verso Park e lo autorizza a pilotare l’aereo se lui dovesse morire. In-ho, disperato perché anche sua moglie è a bordo, si inietta il virus per testare l’antidoto fornito da BRICOM. I passeggeri, uniti, decidono intanto che è meglio non atterrare per non mettere a rischio altre vite. Park però, con grande abilità, riesce a manovrare l’aereo quasi senza carburante, spegnendo i motori per risparmiare e atterrando con una manovra rischiosa ma geniale.

Choi,  invece, ormai gravemente malato, perdona Park, riconoscendo che senza di lui nessuno si sarebbe salvato. Nonostante il dolore, entrambi accettano la verità e le conseguenze delle proprie azioni. Alla fine, BRICOM accetta di consegnare l’antidoto. All’inizio ci sono dubbi sulla sua efficacia, ma il sergente In-hu inizia a migliorare dopo l’iniezione. A quel punto Park riceve l’ordine di atterrare: l’antidoto funziona. In un momento di alta tensione, Park riesce a far atterrare l’aereo con tecniche precise per risparmiare carburante. Lo Sky Korea Flight 501 atterra così sano e salvo e nonostante le vittime, molti si salvano grazie al coraggio e all’ingegno di Park.

Lee Byung-hun e Kim Bo-min in Emergency Declaration
Lee Byung-hun e Kim Bo-min in Emergency Declaration

Emergency Declaration, pur offrendo un finale positivo, resta un racconto tragico. Ryu Jin-seok è morto sull’aereo: non aveva alcuna intenzione di sopravvivere e, purtroppo, è riuscito nel suo intento, colpendo più persone di quanto avesse previsto. Verso la fine del film, Sook-Hee, il ministro dei Trasporti, dice alla giuria che ci sono persone guidate da un vizio irrazionale: non cercano un motivo, non si possono comprare, ricattare o convincere. Alcuni uomini vogliono soltanto vedere il mondo bruciare. Ed è proprio questo che ha portato al disastro che conosciamo come “Emergency Declaration”.

Il finale ruota così attorno ai temi della solidarietà e della responsabilità etica. Il film sottolinea come, in una situazione di emergenza, la sopravvivenza non possa basarsi su decisioni individualistiche, ma debba scaturire da un impegno condiviso. La scelta dei protagonisti di rischiare la propria vita per salvare quella degli altri rappresenta un messaggio di speranza e di altruismo, in netto contrasto con l’egoismo del bioterrorista che ha scatenato la crisi. Anche il cambio di posizione del governo, inizialmente paralizzato dalla paura, mostra come il coraggio e l’empatia possano prevalere sulla pura logica della sopravvivenza a tutti i costi.

Infine, come già accennato, Emergency Declaration riflette sulla fragilità delle istituzioni di fronte a una catastrofe e sul ruolo fondamentale della pressione collettiva e del senso civico nel determinare le decisioni più giuste. Il regista costruisce un epilogo in cui il vero eroismo non è solo quello dei piloti, ma anche quello di una comunità che riscopre la propria umanità nel momento più buio. Il film si chiude quindi con un messaggio universale: nelle emergenze globali, la salvezza non dipende solo dalla tecnologia o dalle autorità, ma soprattutto dal coraggio e dalla solidarietà di ciascuno.

Lo stalker della stanza accanto: la storia vera a cui si ispira il film

Lo stalker della stanza accanto (il cui titolo originale è Within These Walls) è un thriller psicologico che si inserisce nel filone delle storie di ossessione e paura domestica, un genere sempre apprezzato da chi ama i brividi legati alla quotidianità. Diretto con uno stile teso e minimalista, il film riesce a costruire un’atmosfera claustrofobica e carica di tensione, portando lo spettatore a interrogarsi su quanto siano realmente sicuri gli spazi che consideriamo nostri rifugi. La regia punta su ambientazioni ristrette e sguardi inquietanti, trasformando il familiare in qualcosa di minaccioso. Fin dalle prime scene, il pubblico viene trascinato in un vortice di inquietudine che non lascia respiro.

Uno degli aspetti più interessanti del film è la scelta di concentrarsi su temi attuali e universali come l’invasione della privacy, la vulnerabilità all’interno delle mura domestiche e la sottile linea che separa il senso di sicurezza dal terrore. Lo stalker della stanza accanto non si limita a raccontare la classica storia di un persecutore, ma indaga le paure più profonde legate alla solitudine e alla difficoltà di fidarsi degli altri. La protagonista si ritrova progressivamente intrappolata in una spirale di sospetti e minacce sempre più angoscianti, mentre lo spettatore è costretto a chiedersi chi sia davvero il nemico e quali siano le sue vere intenzioni.

Nel corso dell’articolo ci soffermeremo in particolare sullo scoprire se il film è basato su una storia vera o, in caso non lo sia, sul confrontarlo con episodi simili in quanto a dinamiche realmente avvenuti. Come già detto, gli autori si sono impegnati per dar vita ad una situazione estrema ma non implausibile, che porta a provare terrore proprio per il suo essere tale e costringendo a riconsiderare gli spazi che crediamo di poter controllare. Tutto questo, lo si vedrà in questo approfondimento dopo una prima descrizione della trama.

Jen Landon e Joshua Close in Lo stalker della stanza accanto
Jen Landon e Joshua Close in Lo stalker della stanza accanto. Foto di Incendo – © Incendo 2019 Film Productions Inc

La trama di Lo stalker della stanza accanto

Il film racconta la storia di Mel Carver (Jen Landon), una madre single realizzata, con una brillante carriera da architetta e una figlia adolescente, Brook (Tara Redmond Van Rees). Conduce una vita apparentemente serena accanto al fidanzato Ben (Joshua Close), conosciuto durante dei lavori di ristrutturazione nella sua abitazione di periferia. Dopo la morte del marito, Ben è stato il primo uomo che Mel abbia accolto nella sua casa, cercando di ricostruire una stabilità familiare e offrire a Brook una parvenza di normalità. Ma con il tempo, quella relazione si rivela poco solida. Ben si trasferisce troppo in fretta, invadendo spazi e abitudini, e Mel inizia a sentirsi intrappolata.

Quando poi la relazione con Ben finisce, l’atmosfera in casa cambia. La tranquillità svanisce, lasciando spazio a presenze ambigue, rumori inspiegabili, ombre fugaci e oggetti che sembrano spostarsi da soli. Mel inizia a dubitare della propria lucidità, mentre Brook percepisce un’energia sinistra e crescente inquietudine. Il sospetto si insinua nella mente di Mel, che inizia a domandarsi se Ben non fosse davvero chi diceva di essere. Tra tensioni psicologiche, segreti nascosti e presenze inquietanti, Mel dovrà affrontare la verità. Il confine tra amore e controllo diventa sempre più sottile, e mette alla prova una donna determinata a proteggere la propria casa, sua figlia e la sua salute mentale.

La storia vera che ha ispirato il film

Diciamo subito che il film Lo stalker della stanza accanto, diretto da , non è tratto da una specifica storia vera. Si tratta di un’opera di fiction che, come già riportato, sfrutta elementi classici del thriller psicologico, ispirandosi a dinamiche e paure universali legate alla violazione della privacy e alla minaccia rappresentata da uno stalker. Tuttavia, anche se il film non si basa su un caso reale, i suoi spunti narrativi ricordano fatti di cronaca che hanno avuto risonanza internazionale e che presentano un’inquietante somiglianza con le vicende raccontate sullo schermo.

Jen Landon e Tara Redmond van Rees in Lo stalker della stanza accanto
Jen Landon e Tara Redmond van Rees in Lo stalker della stanza accanto. Foto di Incendo – © Incendo 2019 Film Productions Inc

Uno dei casi più noti che si avvicina alla tematica del film è quello di Theodore Edward Coneys, passato alla storia come il “Denver Spiderman”. Nel 1941, Coneys si nascose per mesi nel sottotetto della casa di un conoscente e scendeva di notte per procurarsi cibo, finché non fu scoperto e uccise il padrone di casa. Questo episodio ha ispirato negli anni numerose storie e film sul terrore domestico e sulla minaccia nascosta tra le pareti della propria casa, un tema centrale anche in Lo stalker della stanza accanto. Similmente, casi più recenti hanno riportato alle cronache storie di individui che hanno occupato abusivamente spazi nascosti in case altrui, scoperti solo dopo mesi grazie a coincidenze o incidenti.

Un altro caso reale che riecheggia nel film è quello del cosiddetto “stalker di Honolulu” avvenuto nel 2019, quando un uomo si introdusse più volte nell’appartamento di una donna senza che lei se ne accorgesse subito, installando telecamere nascoste e lasciando segni inquietanti della sua presenza. La vicenda sottolinea come la paura di essere osservati o minacciati all’interno delle proprie mura domestiche abbia radici reali, alimentando un immaginario collettivo di vulnerabilità e pericolo. Questi episodi reali forniscono il terreno fertile su cui il film costruisce la propria tensione.

Sebbene dunque Lo stalker della stanza accanto non prende spunto da una storia vera singola e documentata, si inserisce però in un filone narrativo che trae ispirazione da fatti realmente accaduti e dalle paure profonde che essi evocano. La violazione dello spazio intimo della casa, la minaccia invisibile nascosta dietro una facciata di normalità e l’incapacità iniziale di riconoscere il pericolo sono tutti elementi che si ritrovano sia nella finzione che nella realtà. Questo contribuisce a rendere la storia del film ancora più inquietante e credibile per lo spettatore.

“Sono passati alcuni secoli”: Russell Crowe ha una risposta brillante al casting del reboot del film Highlander

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Russell Crowe è ufficialmente entrato nel cast del nuovo film Highlander e ha dato una risposta brillante. L’attore premio Oscar, che ha ottenuto il riconoscimento per il suo ruolo in Il gladiatore (2000), interpreterà l’immortale Juan Sánchez-Villalobos Ramírez, che nel film originale era la figura mentore di Connor MacLeod, interpretato da Christopher Lambert. Crowe reciterà al fianco di Henry Cavill, che interpreterà MacLeod nel reboot di Highlander, l’epico film del 1986.

In un post sul suo account Twitter personale, Crowe ha pubblicato un link all’annuncio di casting di Variety e ha confermato la notizia. Spiegando che “sono passati alcuni secoli”, il vincitore dell’Oscar ha sottolineato che “tornerà nelle Highlands con una spada” quando il film uscirà ufficialmente. Date un’occhiata al suo post qui sotto:

Negli hashtag alla fine del suo post, la star ha accennato al coinvolgimento del clan Fraser of Lovat di Wemyss, così come del clan Macdonald of Clanranald. Ha anche promesso che “ce ne può essere solo uno”, alludendo alla missione singolare di tutti gli Immortali nella saga di Highlander.

Cosa significa questo per il casting di Crowe in Highlander

Se questo post è indicativo, Crowe sta già dimostrando di essere all’altezza del suo casting, il che non è particolarmente sorprendente. Come ha dimostrato la sua interpretazione vincitrice di un Oscar in Il gladiatore, è un attore straordinario, capace di conferire gravitas ai suoi ruoli con apparente facilità. È perfetto nei film storici epici, avendo recitato in ruoli importanti in 3:10 to Yuma (2007), Master and Commander: The Far Side of the World (2003), American Gangster (2007) e nel prossimo Nuremberg (2025). Crowe ha anche recitato in film horror, dimostrando di avere la versatilità necessaria per questo ruolo.

Il ruolo del mentore in Highlander è particolarmente importante, dato che sarà proprio Crowe a introdurre MacLeod, interpretato da Cavill, alla realtà dell’immortalità. Ramírez è anche una figura fondamentale per la motivazione del personaggio, poiché MacLeod è costretto a vendicare il suo mentore dopo l’attacco di Kurgan. Il secolare Ramírez non ha molto tempo a disposizione sullo schermo, il che significa che deve mantenere una forte presenza per rimanere impresso nella memoria del pubblico. Crowe è l’attore perfetto per dare un’interpretazione intensa a un ruolo limitato.

Mercoledì – Stagione 2: Star conferma che il nuovo cattivo ha un “legame profondo” con un membro della famiglia Addams

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La seconda stagione di Mercoledì si avvicina rapidamente e l’attore che interpreta un personaggio che quest’anno riceverà maggiore attenzione ha svelato un altro mistero da svelare. La prima stagione di Mercoledì è stata un enorme successo per Netflix, con la straordinaria Jenna Ortega nel ruolo dell’iconica figlia della famiglia Addams. Nella seconda stagione di Mercoledì, Mercoledì dovrà affrontare alleanze e rivalità più complicate tra il personale e i docenti della Nevermore. Inoltre, suo fratello Pugsley (Isaac Ordonez) entrerà a far parte del corpo studentesco di Nevermore, come rivelato nel primo trailer della seconda stagione di Mercoledì.

Parlando con ScreenRant, Isaac Ordonez ha rivelato che “Pugsley ha un legame molto profondo con il cattivo principale. Chi sia questo cattivo è ancora un mistero, anche se molti attori di primo piano si uniranno al cast della seconda stagione e potrebbero interpretare questo personaggio. Ecco i commenti di Ordonez:

Isaac Ordonez: I miei poteri e il cattivo principale di questa stagione sono collegati. Pugsley ha un legame molto profondo con il cattivo principale. C’è qualcosa che faccio con i miei poteri [che ci collega], penso di poterlo dire. Si immergono davvero nel loro legame e nella loro storia insieme.

In questa stagione ho sicuramente un bel po’ di scene con Eugene, e poi c’è un altro nuovo personaggio che vedremo.

Cosa significa l’anticipazione di Isaac Ordonez su Pugsley per la seconda stagione di Mercoledì

Mercoledì - Stagione 2 Netflix

La storia si ripete in Mercoledì?

Nel marketing, viene rivelato che Pugsley ha la capacità di generare elettricità, poiché viene mostrato mentre emette scintille. I fan più accaniti della Famiglia Addams non associerebbero immediatamente questo potere a un misterioso cattivo, poiché i poteri elettrici di Pugsley richiamano quelli dello zio Fester (Fred Armisen) nelle precedenti adattamenti dei personaggi. Ordonez afferma che “qualcosa [che Pugsley fa] con i [suoi] poteri” è ciò che lo collega al cattivo, suscitando ancora più curiosità.

Forse Pugsley favorisce accidentalmente i piani del cattivo, oppure il cattivo è attratto da lui perché potrebbe sfruttare i suoi poteri. Tuttavia, ciò che è interessante è che questo indizio sembra creare un parallelo con la prima stagione. Mercoledì era sinceramente affezionata a Marilyn Thornhill (Christina Ricci), la cattiva della prima stagione; ora Mercoledì non si farà ingannare di nuovo. Ma potrebbe non essere in grado di impedire a un Pugsley più ingenuo di legarsi a un altro cattivo nascosto, alimentando ancora una volta il tema delle esperienze simili tra eroi e cattivi.

Avvocato di difesa – The Lincoln Lawyer, la storia del vero avvocato che ha ispirato Mickey Haller

Sebbene Mickey Haller possa sembrare un personaggio incredibile nato interamente dalla fantasia, ovvero dal libro omonimo di Michael Connelly, il protagonista della serie Netflix Avvocato di difesa – The Lincoln Lawyer è in realtà ispirato a due avvocati reali. Avvocato di difesa – The Lincoln Lawyer è una serie televisiva basata su un thriller legale di Michael Connelly. La storia segue Mickey Haller, un avvocato sfortunato che lavora dal retro della sua Lincoln Town Car e che riesce ad accettare casi legali importanti, tra cui omicidi.

Sia nel romanzo di Connelly che nell’adattamento Netflix, la storia di Mickey Haller inizia con lui che lavora come avvocato nella contea di Los Angeles dal retro della sua Lincoln Town Car, guidata da un ex cliente che sta pagando le sue spese legali. Mentre Haller si occupa solitamente di casi comuni di spacciatori e gang, decide di correre un rischio accettando il caso di un ricco agente immobiliare accusato di aggressione e tentato omicidio. Il caso non solo è sconcertante, ma Haller inizia anche a esaminare casi passati e se stesso per risolverlo.

Avvocato di difesa – The Lincoln Lawyer è ispirato all’avvocato di Los Angeles David Ogden

Avvocato di difesa - The Lincoln Lawyer - stagione 2
© Netflix

Il protagonista del cast di The Lincoln Lawyer, Mickey Haller, è stato originariamente ispirato dall’avvocato di Los Angeles David Ogden. Secondo un articolo di Tudum di Netflix, Mickey Haller può essere un personaggio immaginario ideato da Michael Connelly, ma l’autore è stato ispirato a scrivere Haller così com’è dopo aver incontrato David Ogden. Come scritto dal Washington Post, Connelly stava scrivendo “The Lincoln Lawyer” nel 2001 e ha incontrato Ogden tramite un amico comune durante una partita di baseball. Dopo aver chiesto a Ogden della sua professione, l’avvocato ha rivelato che non lavorava in un ufficio normale, ma dalla sua auto, guidata da un ex cliente.

Da lì, con alcuni dettagli molto interessanti forniti da David Ogden, il personaggio di Mickey Haller ha cominciato a prendere forma. Connelly è stato giornalista di cronaca nera per oltre un decennio prima di scrivere “The Lincoln Lawyer”, e quindi la sua esperienza nel mondo del crimine ha contribuito a plasmare la storia di Haller e il suo importante caso legale.

Inoltre, Connelly ha rivelato che, oltre alla storia di Ogden, gli piaceva l’idea di scrivere di un avvocato che “fa la cosa giusta mettendo a rischio se stesso e la sua famiglia”. Connelly è stato particolarmente ispirato da “Il buio oltre la siepe”. In questo modo, Mickey Haller ha iniziato a prendere forma da diverse fonti.

La carriera di Mickey Haller è stata ispirata anche da Dan Daly

Avvocato di difesa - The Lincoln Lawyer - Stagione 3
Lara Solanki/Netflix

Il secondo avvocato che ha ispirato Haller è stato Dan Daly. Daly e Connelly si sono conosciuti quando entrambi lavoravano al Daytona Beach News Journal e, quando Daly è diventato avvocato, Connelly ha tratto ispirazione dal suo percorso. In particolare, Connelly incontrava Daly e il suo socio Roger Mills in un bar della Florida e i due avvocati parlavano del loro lavoro e dei loro casi a Connelly, che prendeva appunti sui tovaglioli. L’esperienza di Daly come avvocato impegnato e sempre in movimento ha avuto una grande influenza sul modo di operare di Mickey Haller in “The Lincoln Lawyer”.

Sebbene Mickey Haller sia basato su David Ogden e Dan Daly, alla fine è un personaggio unico. The Lincoln Lawyer è un thriller legale di fantasia con un tocco molto più drammatico rispetto alla vita dei due avvocati reali. Tuttavia, è innegabile che i frammenti di verità che Connelly ha aggiunto al personaggio di Mickey Haller ispirandosi a Ogden e Daly siano stati fondamentali per renderlo un personaggio onesto e interessante, che sicuramente continuerà ad esserlo nella seconda stagione di The Lincoln Lawyer. Mickey Haller può sembrare un personaggio hollywoodiano, ma questo è solo perché per crearlo sono state utilizzate verità uniche.

Chi è Jimmy Savile? Ecco perché il finale di 28 Anni Dopo ha lasciato gli spettatori britannici sconvolti

28 Anni Dopo presenta un finale incredibilmente inaspettato che prepara il terreno per 28 Years Later: The Bone Temple, ma nel Regno Unito si sta rivelando particolarmente divisivo e decisamente controverso. Ecco perché.

Abbiamo analizzato il finale di 28 Anni Dopo, ma in questo caso, grazie a fearhq.com spiegheremo bene il vero significato del personaggio interpretato da Jack O’Connell, come “Jimmy Crystal”.

Nel finale a sorpresa, l’attore si presenta con una parrucca bionda, una tuta sgargiante e gioielli di cattivo gusto. La sua setta indossa abiti simili e procede a eliminare gli infetti in una sequenza in stile grindhouse con lance, nunchaku e un’azione diversa da qualsiasi cosa abbiamo visto fino a quel momento.

A prima vista, si potrebbe pensare che si tratti di un gruppo di sopravvissuti molto bizzarro e squilibrato. Potrebbe anche essere vero, ma chi di voi conosce il Regno Unito saprà che la setta di Jimmy ha basato la propria apparizione su Jimmy Savile. E si sta rivelando piuttosto controversa da quelle parti.

Chi è Jimmy Savile? Era un personaggio televisivo e radiofonico britannico di spicco, rivelatosi uno dei predatori sessuali più prolifici del Regno Unito dopo la sua morte nel 2011. Abusava di bambini e adulti di entrambi i sessi, usando la sua fama e il suo impegno benefico per raggiungere individui vulnerabili.

I suoi crimini sono stati commessi in scuole, ospedali e persino in televisione. Alla fine sono state identificate 400 vittime, la più piccola delle quali aveva solo 8 anni. Lo scandalo che ne è seguito ha portato a diffuse riforme nella tutela dei minori e ha portato alla luce sistematici insabbiamenti all’interno della BBC e di altre organizzazioni.

28 giorni dopo è ambientato molto prima che Savile venisse smascherato come un abusatore, e il fatto che questi sopravvissuti siano rimasti sostanzialmente intrappolati nei primi anni 2000 (il Regno Unito è isolato dal resto del mondo quando inizia 28 anni dopo) significa che il conduttore di Jim’ll Fix It è probabilmente ancora considerato una figura amata.

“Il ruolo del personaggio di Jack O’Connell e della sua famiglia, che in realtà sostituisce la famiglia biologica che perde all’inizio del film, è quello di reintrodurre il male in quello che è diventato un ambiente compassionevole”, ha spiegato il regista Danny Boyle.

“Ho chiesto ad Alex [Garland, sceneggiatore] fin dall’inizio di spiegarmi la natura di ciascuno dei film, e lui ha detto che la natura del primo film riguarda la famiglia”, ha continuato. “Il secondo film parla della natura del male. E ne incontrerete molti di più quando sarà più appropriato parlarne nel secondo film.”

Saville era malvagio, e 28 Years Later: The Bone Temple ruota attorno a una setta che venera un’icona televisiva britannica caduta in disgrazia. In 28 anni dopo (qui la nostra recensione), sono passati quasi tre decenni da quando il virus della rabbia è sfuggito a un laboratorio di armi biologiche e ora, ancora in una quarantena imposta spietatamente, alcuni hanno trovato il modo di sopravvivere tra gli infetti. Uno di questi gruppi di sopravvissuti vive su una piccola isola collegata alla terraferma da un’unica strada rialzata pesantemente difesa.

Quando uno del gruppo lascia l’isola per una missione nel cuore oscuro della terraferma, scopre segreti, meraviglie e orrori che hanno mutato non solo gli infetti, ma anche altri sopravvissuti.

Avvocato di difesa – The Lincoln Lawyer 4: fine delle riprese e anticipa nuovi personaggi con immagini dal dietro le quinte

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La quarta stagione di The Lincoln Lawyer ha finalmente terminato le riprese, regalando ai fan alcune emozionanti foto dal dietro le quinte. Dopo tre stagioni, la serie legale di Netflix è diventata una delle preferite dai fan, che chiedono regolarmente quando uscirà la prossima stagione. Gli aggiornamenti sul cast di The Lincoln Lawyer non hanno fatto altro che aumentare l’entusiasmo.

Fortunatamente, il 19 giugno, i co-showrunner Dailyn Rodriguez e Ted Humphrew hanno confermato su Instagram che le riprese della quarta stagione di The Lincoln Lawyer sono ufficialmente terminate, avvicinando il pubblico al prossimo capitolo della storia di Mickey Haller.

La foto mostra il poster di The Lincoln Lawyer con un’emoji che festeggia e coriandoli, accompagnata dalla didascalia: “Congratulazioni! The Lincoln Lawyer ha ufficialmente concluso le riprese della stagione!” Il post di Ted Humphrey su Instagram riportava la stessa immagine con il messaggio: “Grazie al nostro incredibile cast, alla troupe e al team di produzione per una fantastica quarta stagione! Non vediamo l’ora di farvela vedere molto presto!” Sebbene nessuno dei due abbia fornito foto dal dietro le quinte, una nuova membro del cast di The Lincoln Lawyer, Constance Zimmer, ha fornito alcuni piccoli indizi su ciò che ci aspetta.

Le foto dal dietro le quinte, divertenti ma insignificanti dal punto di vista narrativo, la mostrano mentre imita le foto del poster di Manuel Garcia-Rulfo per The Lincoln Lawyer, Garcia-Rulfo che gioca a ping-pong, il team di parrucchieri e truccatori e la porta del suo camerino. Tuttavia, tre foto mostrano l’aula di tribunale in cui lei e Mickey si affronteranno nella quarta stagione di The Lincoln Lawyer. Inoltre, il suo post offre un primo assaggio di Scott Lawrence nei panni del giudice Stone, il giudice che si occupa del caso di Mickey Haller.

 

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Cosa significa la conclusione delle riprese della quarta stagione di The Lincoln Lawyer

C’è stata molta tensione intorno alla quarta stagione di The Lincoln Lawyer, perché non è apparsa in nessuna delle liste di Netflix dei programmi in uscita nel 2025. Inizialmente, l’uscita era prevista per l’inizio del 2026, costringendo i fan ad aspettare un anno e mezzo tra una stagione e l’altra. Tuttavia, la notizia che la quarta stagione di The Lincoln Lawyer è stata completata suggerisce che i fan potrebbero vedere la serie prima del previsto. Anche se non c’è una data di uscita, Ted Humphreys ha promesso che sarà “molto presto”. Sebbene si tratti di un termine relativo, più di sei mesi non sembrano corrispondere a questa definizione.

Inoltre, le ultime stagioni 2 e 3 di The Lincoln Lawyer hanno avuto solo 4 e 3 mesi, rispettivamente, tra la fine delle riprese e l’uscita della stagione. Pertanto, la migliore stima della data di uscita della quarta stagione di The Lincoln Lawyer è settembre o ottobre 2025. Anche se ci volesse un po’ più di tempo, dovrebbe comunque arrivare prima della fine dell’anno, a meno che non ritardino l’uscita per qualche motivo imprevisto.

The Waterfront non è ancora stato rinnovato, ma il creatore dello show rivela di avere già in programma tre stagioni.

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Sebbene non ci siano ancora conferme sul rinnovo di The Waterfront, lo sceneggiatore della serie ha già in mente un futuro per essa. The Waterfront è stata trasmessa per la prima volta su Netflix il 19 giugno e è già diventata un successo immediato in streaming, raggiungendo il primo posto nelle classifiche della piattaforma. Nonostante il punteggio del 67% assegnatole dalla critica su Rotten Tomatoes, la serie ha immediatamente dimostrato di essere molto apprezzata dal pubblico. Il cast è composto da Jake Weary (Animal Kingdom), Melissa Benoist (Supergirl), Holt McCallany (Mindhunter) e Maria Bello (Prisoners). Lo showrunner Kevin Williamson è noto per il suo lavoro nella serie Scream, Dawson’s Creek, The Vampire Diaries e altro ancora.

Durante un’intervista con ScreenRant per The Waterfront, il creatore Kevin Williamson ha rivelato di avere già in programma una seconda e una terza stagione. Williamson è evidentemente appassionato della serie e, dopo l’esperienza di scrittura della prima stagione, ha acquisito una certa sensibilità nei confronti degli attori e dei loro personaggi, sapendo dove portarli in futuro. Ha dichiarato: “Penso che la serie possa solo migliorare”, indicando che sa come alzare il livello dopo il finale della prima stagione. Leggi la sua citazione completa qui sotto:

Qual è il tuo piano generale o cosa ne pensi di The Waterfront? Onestamente, penso che sarà un grande successo. Personalmente, mi ha molto coinvolto, l’ho guardato tutto d’un fiato senza alzarmi. Quindi sono curioso di sapere cosa ne pensi. Finisce con un “e adesso?”.

Kevin Williamson: È proprio un “e adesso?”. Spero davvero che la gente lo guardi e reagisca, così potremo avere una seconda stagione. Ho appena capito chi sono questi attori nei loro ruoli e mi piacerebbe avere la possibilità di scrivere per loro e approfondirli. Penso che la serie possa solo migliorare. Ho già in mente un’intera seconda stagione e, francamente, anche una terza. Quindi spero di avere la possibilità di raccontare quelle storie. Penso che sia una serie divertente, diversa da qualsiasi cosa abbia mai fatto. Spero solo che piaccia al pubblico.

Cosa significano i piani di Kevin Williamson per più stagioni di The Waterfront

Gli ingredienti chiave per una serie di lunga durata sono la passione creativa e il successo in termini di audience, e la citazione di Kevin Williamson sulla serie soddisfa il primo requisito. Mentre molte serie falliscono a causa della mancanza di una pianificazione a lungo termine, il veterano produttore cinematografico e televisivo sa già dove vuole portare questa storia, e questo continuerà ad essere vantaggioso man mano che la serie andrà avanti. Al momento, le recensioni della critica non sono fantastiche, ma questo potrebbe non avere importanza se la serie continuerà ad avere successo su Netflix.

Il successo in termini di audience è il secondo requisito, spesso più difficile da soddisfare, poiché dipende dalla benevolenza dell’algoritmo di una piattaforma di streaming. Tuttavia, solo un giorno dopo l’uscita della serie, The Waterfront è al primo posto nella classifica degli Stati Uniti, superando titoli come Ginny & Georgia, Tirese Sirens, che hanno dominato la classifica per settimane. La serie dovrà mantenere questo successo, ma è senza dubbio un inizio promettente.

KPop Demon Hunters, la spiegazione del finale del film d’animazione Netflix

KPop Demon Hunters apre la strada a una serie di possibili sviluppi futuri grazie a una rivelazione importante sul protagonista del film, Rumi. Il film d’animazione Netflix è incentrato su Huntrix, un fenomeno K-Pop che nasconde in realtà un trio di cacciatori di demoni impegnati a impedire la diffusione del re dei demoni Gwi-Ma tra gli esseri umani. KPop Demon Hunters vanta un cast eccezionale, con alcune grandi star della musica che completano il roster e forniscono al film una colonna sonora perfettamente in sintonia con la musica K-Pop.

L’azione brillante e i personaggi affascinanti sono solo il fascino superficiale di KPop Demon Hunters, che dimostra anche di avere una trama fantasy avvincente, molti misteri intriganti e un antagonista centrale ingannevolmente simpatico. Tutto questo è racchiuso in un arco emotivo per Rumi in uno dei film d’animazione più attesi dell’estate, in cui lei lotta con il suo vero io e alla fine impara ad accettare se stessa. Ecco come il finale di KPop Demon Hunters prepara il terreno per l’arco narrativo di Rumi e getta le basi per un potenziale sequel.

Il colpo di scena demoniaco di Rumi in KPop Demon Hunters spiegato

Il grande colpo di scena in KPop Demon Hunters è la rivelazione che Rumi è in realtà in parte demone, il che quasi fa naufragare la sua collaborazione con Mira e Zoey. Presentata all’inizio del film come la figlia di un ex cacciatore di demoni morto quando lei era solo una bambina, il padre senza nome di Rumi si rivela essere un demone. Rumi ha fatto tutto il possibile per nasconderlo grazie all’aiuto della madre adottiva Celine, con la speranza che completando l’Hanmoon si possa respingere l’influenza demoniaca sulla Terra e liberare Rumi da quella parte di sé.

Un aspetto importante del nucleo emotivo di KPop Demon Hunters è l’odio di Rumi per il suo lato demoniaco, che genera empatia nell’ex umano Jinu. L’arco emotivo di Rumi è radicato nell’accettazione di entrambi i lati di sé stessa, che sembra placare l’influenza corruttrice del suo lato demoniaco proprio in tempo per il climax del film. Sebbene il film tralasci molti dettagli sulla metà mistica di Rumi (inclusa la storia completa di ciò che è successo ai suoi genitori), il suo lato demoniaco diventa gradualmente uno degli elementi trainanti di KPop Demon Hunters.

Gwi-Ma, The Hanmoon e la mitologia di KPop Demon Hunter spiegata

Il mondo di KPop Demon Hunter è intriso di mitologia coreana, attingendo dalla tradizione popolare sul lato invisibile del mondo. Mentre Jinu funge da antagonista simpatico per il film, la minaccia principale è Gwi-Ma. Gwi-Ma è un antico e potente re demone, al quale sono fedeli tutti i vari spiriti malvagi che compaiono nel film. Oltre alle orde che scatena dagli inferi, Gwi-Ma dimostra anche di essere un maestro della manipolazione, capace di convincere le persone a stringere patti che le corrompono progressivamente trasformandole a loro volta in demoni.

Al centro della tradizione dei KPop Demon Hunters ci sono i cacciatori che danno il nome alla serie, che nel corso della storia si riuniscono per proteggere l’umanità. Dotati di voci meravigliose in grado di ispirare le anime degli altri, i cacciatori sono in grado di sfruttare il potere che infondono nelle persone per creare armi mistiche, compiere imprese straordinarie e persino creare una barriera in grado di arginare il flusso di demoni sulla Terra. Questa barriera è conosciuta come Hanmoon, che funge da fonte di potere e motivazione principale per Huntrix. Se la barriera può essere rafforzata a sufficienza, diventerà la Golden Hanmoon e potrà fermare i demoni per sempre.

Simile alla tradizione di altri franchise come Buffy l’ammazzavampiri, questi poteri sembrano rinascere continuamente in ogni nuova generazione. Nel corso del tempo, tre cacciatori sono diventati un numero fondamentale, con bande di tre donne cacciatrici di demoni che proteggono i villaggi nel XVII secolo, cantano alla radio negli anni ’20 e tengono concerti pop sold out ai giorni nostri. Questo stabilisce il concetto di un trio musicale come elemento fisso di questo mondo attorno al quale ruota tutta una mitologia avvincente.

Perché Jinu lavora per Gwi-Ma e perché salva Rumi

Nel corso di KPop Demon Hunters, Jinu rivela gradualmente il suo passato. Invece di essere il cattivo spietato e astuto che inizialmente si presenta al pubblico, la scoperta che Rumi è per metà demone suscita qualcosa in lui. Come lei, deve fare i conti con la sua metà umana e il suo lato demoniaco. Originariamente musicista secoli prima degli eventi del film, un Jinu disperato ha stretto un patto con Gwi-Ma per una vita migliore. Tuttavia, questo è avvenuto a costo di condannare la sua famiglia a un destino terribile e di trasformarsi lui stesso in un demone.

La decisione di Jinu deriva dal legame che ha instaurato con Rumi, rinunciando alla possibilità di liberarsi dal dolore umano a causa del legame personale che hanno sviluppato nel corso del film.

È attraverso Jinu che Rumi (e il pubblico) scopre che Gwi-Ma può parlare alle menti delle persone, influenzandole affinché entrino al suo servizio. Jinu vuole che Gwi-Ma cancelli i suoi ricordi, distruggendo ciò che resta della sua umanità per liberarlo dal senso di colpa per le sue azioni passate. Tuttavia, Rumi fa emergere l’umanità di Jinu e i due sviluppano un legame quasi romantico che non ha mai la possibilità di concretizzarsi. Nonostante abbia inizialmente tradito Rumi, Jinu sacrifica se stesso durante la battaglia finale per salvarle la vita.

Prendendo una raffica di colpi di Gwi-Ma destinata a lei, Jinu sembra essere distrutto. Tuttavia, il suo spirito umano rimane abbastanza a lungo da permettere a Rumi di utilizzarlo nella battaglia, che alla fine porta Gwi-Ma ad essere costretto a ritirarsi dalla Terra mentre viene costruito un nuovo Harmoon. La decisione di Jinu deriva dal legame che ha instaurato con Rumi, rinunciando alla possibilità di liberarsi dal dolore umano a causa del legame personale che hanno sviluppato nel corso del film.

Come KPop Demon Hunters prepara il terreno per un sequel

KPop Demon Hunters si conclude con una nota piuttosto conclusiva per il trio principale, con il gruppo che trionfa su Gwi-Ma e le sue orde di demoni. Con un nuovo Hanmoon al suo posto, il mondo sembra essere al sicuro, almeno per un po’. Tuttavia, l’Hanmoon si rivela blu, suggerendo che non è la difesa perfetta che i cacciatori come Celine speravano. Questo potrebbe facilmente consentire a Gwi-Ma o ad altre parti della sua orde di demoni di tornare in storie future. Anche al di là di questa possibilità, ci sono alcuni altri luoghi in cui un potenziale sequel di KPop Demon Hunters potrebbe ambientarsi.

Ci sono alcuni altri fili conduttori rimasti dopo la conclusione del climax, tra cui i due Saja Boys. Mentre Mystery e Abs del gruppo Saja vengono uccisi rispettivamente da Zoey e Mira nella battaglia finale, Romance e Baby non vengono effettivamente uccisi sullo schermo. Poiché Rumi e Jinu credevano che potesse essere sfuggito a Gwi-Ma trovandosi sulla Terra quando l’Hanmoon è stato rafforzato, è possibile che gli ultimi due membri dei Saja Boys siano scappati dalla battaglia e possano potenzialmente tornare in un seguito. Anche altre epoche dei Cacciatori potrebbero avere le loro storie.

Joel Kim Booster interpreta Romance Saja, uno dei due Saja Boys sopravvissuti alla fine di KPop Demon Hunters. Questo potrebbe consentire a Booster di tornare con un ruolo più importante in un eventuale sequel.

C’è anche uno dei più grandi misteri del film, ovvero la storia che circonda la nascita di Rumi. Nel montaggio iniziale che introduce le Huntrix, viene stabilito che la madre di Rumi era una cacciatrice prima di lei e che è morta quando Rumi era solo una bambina. Tuttavia, non c’è una spiegazione completa su chi sia il padre di Rumi, su come sua madre si sia innamorata del demone e su cosa sia successo loro. È persino possibile che il padre di Rumi sia ancora vivo, il che potrebbe facilmente costituire la trama principale di un sequel.

Il vero significato di KPop Demon Hunters

Ci sono due morali fondamentali in KPop Demon Hunters, entrambe radicate nell’arco narrativo di Rumi. Quando il pubblico incontra la cantante principale delle Huntrix, lei è profondamente impegnata nel suo lavoro, ma incapace di sfuggire all’odio verso se stessa per il suo lato demoniaco. Attraverso Jinu, impara che i demoni non devono essere necessariamente malvagi. Questo la porta a confrontarsi con Celine sulla convinzione instillata in lei di dover odiare una parte di sé, una metafora versatile sull’accettazione di sé che vede Rumi negare quel modo binario di pensare, pur continuando a costruire una nuova Honmoon per combattere Gwa-Ma.

L’altro aspetto di questo tema è il modo in cui sottolinea l’importanza dell’amicizia e della fiducia. I piccoli indizi sul passato di Mira e Zoey indicano le loro ansie e paure, che anche loro cercano di reprimere grazie agli insegnamenti di Celine. La rivelazione dei segreti di Rumi rischia di dividerle, lasciando Zoey e Mira vulnerabili all’influenza di Gwi-Ma. Solo unendosi e rinvigorendo il loro legame possono ritrovare fiducia in se stesse e l’una nell’altra. È un dolce messaggio morale che KPop Demon Hunters trasmette con chiarezza senza diventare opprimente.

Terminator – Destino oscuro, la spiegazione del finale

Il finale di Terminator – Destino oscuro rivela che Sarah Connor e Dani Ramos sono intrappolate in un altro loop temporale, ma conferma anche che le macchine non vinceranno mai. Il leggendario regista James Cameron è tornato come produttore per regalare agli spettatori il sequel che aspettavano da 30 anni, riunendo Arnold Schwarzenegger e Linda Hamilton in un film di fantascienza ricco di azione che spera possa dare il via a una nuova trilogia di Terminator.

Il film si apre con un colpo di scena scioccante, rivelando che un ultimo T-800 ha completato con successo la sua missione di uccidere John Connor nel 1998. Da allora, Sarah Connor ha intrapreso una missione solitaria per viaggiare in tutto il mondo e distruggere i Terminator prima che possano raggiungere i loro obiettivi. Questa volta, però, deve affrontare la sfida più pericolosa di sempre, mentre lotta per proteggere la nuova figura messianica della saga, Dani Ramos interpretata da Natalia Reyes, dal nuovo Terminator Rev-9. Il futuro può sembrare cupo, ma Dani è destinata a portare speranza al genere umano nella sua guerra apparentemente inevitabile contro le macchine, e la nuova IA malvagia, chiamata Legion, non può permetterlo.

Terminator – Destino oscuro sarà anche pieno zeppo di azione, ma la sceneggiatura è intelligente e brillante. Contiene innumerevoli riferimenti tematici e strutturali ai primi due film di Cameron e si conclude con il trionfo degli eroi, che però rimangono cauti. Ora sanno che il futuro riserva loro sfide molto familiari, ma anche che la razza umana è in grado di superarle.

Il finale di Terminator – Destino oscuro è un NUOVO loop temporale

Ancora una volta, la chiave del franchise di Terminator risiede nella sua intrigante meccanica temporale. Terminator – Destino oscuro rispecchia The Terminator del 1984 creando un nuovo loop temporale, in cui il presente e il futuro si alimentano a vicenda. Nel primo Terminator, il loop temporale era incentrato su Sarah Connor, che era rimasta incinta del futuro leader della resistenza John solo grazie a un viaggiatore del tempo proveniente dal futuro. Sarah inizialmente presume che lo stesso valga per Dani, identificandosi troppo nella giovane donna, ma questo particolare loop temporale è leggermente diverso. Dani stessa è la nuova figura di “John Connor” e occupa quel ruolo a causa del tentativo dell’IA Legion di riscrivere la storia. Alla fine di Terminator – Destino oscuro, Dani ha perso tutto, compresi suo padre e suo fratello, e si è impegnata in una vita di conflitti. È sulla strada per diventare l’eroina di cui l’umanità avrà bisogno.

Questo particolare loop temporale coinvolge anche un altro personaggio: Grace, una donna potenziata artificialmente inviata dal futuro per proteggere Dani dal Rev-9. Terminator – Destino oscuro rivela alla fine che la Dani più anziana sapeva chi era Grace fin dal loro primo incontro, quando la salvò dai saccheggiatori che avrebbero ucciso la bambina per mangiarla. Grace era destinata a diventare un essere cibernetico e ad essere inviata in una missione nel tempo per impedire a Legion di cambiare il passato. Quando Grace riceve l’incarico, la Dani del futuro si assicura che abbia tutte le informazioni necessarie per portare a termine la missione, comprese le coordinate di longitudine e latitudine impresse sul suo corpo per guidarla verso l’aiuto.

La redenzione di Carl vede la vecchia linea temporale di Terminator aiutare la nuova

Arnold Schwarzenegger and Gabriel Luna in Terminator - Destino oscuro (2019)
Foto di Kerry Brown/Kerry Brown – © 2018 SKYDANCE PRODUCTIONS AND PARAMOUNT PICTURES

Quell’aiuto cruciale arriva da una fonte inaspettata: Carl, l’ultimo modello T-800 della vecchia linea temporale di Skynet, interpretato dallo stesso Arnold Schwarzenegger. Carl era il T-800 che nel 1998 era finalmente riuscito nella sua missione di uccidere John Connor, e ha trascorso gli ultimi 20 anni vivendo in un passato sconosciuto. Il classico Terminator sembra essere stato trasformato dall’esperienza, immergendosi nella società umana e diventando gradualmente più umano. Anche se Carl insiste che si tratta solo di affettazioni e che non può davvero provare le emozioni che simula, in realtà non sembra essere vero; è motivato da un desiderio di redenzione che sembra troppo radicato per essere semplice programmazione.

Carl ha cercato segretamente di redimersi per anni, monitorando il mondo alla ricerca di anomalie temporali e inviando di nascosto le coordinate a Sarah Connor affinché potesse neutralizzare i Terminator. Si sente responsabile per tutto ciò che Sarah ha sofferto e vuole rimediare dandole uno scopo. Quando Dani e Sarah si presentano alla sua porta, abbandona ogni programma di autoconservazione e si impegna a salvare Dani, anche a costo di sacrificare tutto.

È interessante notare che questo significa che la linea temporale della Legione è compromessa a causa delle ultime reliquie della vecchia Skynet ormai defunta; in un certo senso, il piano di redenzione di Carl riscatta implicitamente l’intero futuro apocalittico.

La rappresentazione di Carl in Terminator – Destino oscuro è un nuovo affascinante sviluppo per la saga di Terminator, ma tematicamente si adatta perfettamente al T-800 di Terminator 2: Giudizio finale. Quel Terminator riprogrammato mostrava di sviluppare un affetto quasi paterno per John Connor e alla fine del film sembrava più un personaggio che una macchina senz’anima. Terminator – Destino oscuro conferma che un Terminator, se lasciato a se stesso, può davvero costruirsi una vita propria. Il film sfuma i confini tra intelligenza artificiale ed esseri viventi, e questo è sicuramente uno sviluppo che verrà esplorato nei film futuri, soprattutto considerando che i Rev-9 sono in grado di simulare l’umanità in modo molto più efficace dei T-800.

Dani e Sarah riusciranno a fermare il futuro di Grace?

Mackenzie Davis in Terminator - Destino oscuro (2019)
Foto di Kerry Brown/Kerry Brown – © 2018 SKYDANCE PRODUCTIONS AND PARAMOUNT PICTURES

Naturalmente, la domanda più importante di Terminator – Destino oscuro è se il futuro sia già scritto. A prima vista, la simmetria tra The Terminator e Terminator – Destino oscuro sembra suggerire che questo particolare loop temporale sia stabile; Dani e Sarah semplicemente non ne sanno abbastanza per cambiare la linea temporale. Sanno che l’IA del futuro si chiama Legion e che si tratta di un progetto militare, ma non sanno nemmeno quale paese lo svilupperà. È persino possibile che sia in corso una “corsa agli armamenti” segreta tra diverse nazioni per sviluppare un’intelligenza artificiale di livello militare e, in tal caso, è impossibile dire quale di esse sia destinata a ribellarsi. Nel frattempo, il nome in codice “Legion” potrebbe semplicemente riferirsi all’esercito di robot che l’intelligenza artificiale è destinata a comandare; in alternativa, potrebbe essere un riferimento biblico, che suggerisce che il codice dell’intelligenza artificiale “vive” nel cloud, sparso su innumerevoli server in tutto il mondo. Se fosse quest’ultimo il caso, Legion sarebbe molto più difficile da fermare di Skynet, perché non si tratterebbe solo di far saltare in aria un edificio.

Il loop temporale potrebbe essere stabile al momento, ma, proprio come nei film originali di Cameron, basterà l’introduzione di un nuovo evento temporale per interromperlo. È lecito supporre che Legion continuerà a cercare di cambiare la linea temporale tentando di uccidere Dani, il che significa che altri Rev-9, o peggio, saranno inviati indietro nel tempo. Sebbene ogni tentativo di assassinio metta a rischio la vita di Sarah e Dani, ha anche il potenziale di fornire loro più dati, le informazioni cruciali di cui hanno bisogno per cambiare la linea temporale e cancellare Legion dalla storia, proprio come Sarah ha fatto con Skynet.

Sarah Connor compie il suo destino e addestra un nuovo “John”

Linda Hamilton in Terminator - Destino oscuro (2019)
Foto di Kerry Brown/Kerry Brown – © 2018 SKYDANCE PRODUCTIONS AND PARAMOUNT PICTURES

In Dark Fate, Sarah Connor ha trovato un nuovo scopo. In precedenza, era la “madre del futuro”, la figura mariana destinata a dare alla luce e crescere il Messia. Quando ha appreso il destino di John, si è dedicata ad apprendere tutte le abilità necessarie per addestrarlo a sopravvivere in un mondo in guerra. Tragicamente, nonostante i suoi sforzi, John è stato ucciso e così il destino di Sarah sembrava essere stato ostacolato. Carl le ha dato il meglio di sé, offrendole vendetta contro i Terminator, ma questo ha lasciato Sarah Connor come l’ombra della donna che avrebbe dovuto essere.

Alla fine di Terminator – Destino oscuro, Sarah Connor è diventata la “mentore del futuro”. Il suo ruolo è quello di addestrare Dani Ramos, di trasmetterle tutta la conoscenza che ha accumulato in una vita di conflitti continui. Forse non ha dato alla luce questa nuova figura messianica, ma è comunque lei che la crescerà, che la addestrerà a diventare la leader di cui l’umanità ha bisogno. In un certo senso, il destino di Sarah ha compiuto un cerchio.

Terminator – Destino oscuro suggerisce che le macchine perderanno sempre

Natalia Reyes in Terminator - Destino oscuro (2019)
Foto di Kerry Brown/Kerry Brown – © 2018 SKYDANCE PRODUCTIONS AND PARAMOUNT PICTURES

Il primo Terminator era un’esperienza inesorabilmente cupa e fatalista, che preannunciava la fine dell’umanità. Curiosamente, anche se si intitola “Dark Fate”, questo film termina con una visione più positiva del futuro. È vero che la guerra con le macchine sembra ormai una parte inevitabile della storia; la società umana sembra predestinata ad arrivare a un punto in cui costruisce sofisticate intelligenze artificiali, che poi si ribellano. Ma è fondamentale notare che, in entrambe le linee temporali, una resistenza umana reagisce. Inoltre, in entrambe le occasioni la resistenza ha così tanto successo che l’IA è costretta a ricorrere all’opzione nucleare per cercare di cambiare la storia. Un’intelligenza artificiale basata sulla logica sarebbe consapevole dei rischi associati a tale strategia, quindi questa sembra una soluzione estrema.

Nel frattempo, il fatto stesso che John Connor possa essere sostituito da Dani Ramos offre un altro motivo di speranza. Suggerisce che, per quanto le IA possano sforzarsi, ci sarà sempre un altro leader della resistenza, un altro salvatore che si farà avanti per guidare gli umani nella guerra contro le macchine. John Connor sarà anche morto, ma Dani Ramos può ora prendere il suo posto; e sembra probabile che, se i Terminator del futuro riusciranno a uccidere Dani, lei sarà semplicemente sostituita da qualcun altro. Sia John che Dani sono simboli della natura umana stessa, resiliente e invincibile, capace di resistere ai migliori sforzi delle macchine per distruggerla. Questo è il motivo fondamentale per cui Sarah e Dani possono affrontare il futuro con speranza alla fine di Terminator – Destino oscuro.

Terminator – Destino oscuro è uno specchio del primo Terminator

James Cameron non intende che Destino Oscuro sia un’entità separata; piuttosto, il suo obiettivo è quello di rilanciare il franchise, di essere l’inizio di una trilogia di Terminator. È interessante notare che ci sono somiglianze concettuali tra l’approccio di Cameron e quello adottato da J.J. Abrams quando ha tentato di rilanciare Star Wars nel 2015 con Il risveglio della Forza. In entrambi i casi, i leggendari registi hanno creato film che sono essenzialmente uno specchio di un film classico e hanno riportato in scena il cast originale per passare il testimone a nuove star più diverse. Sebbene questo abbia portato alcuni critici a criticare entrambi i rilanci per la loro mancanza di originalità, in teoria è un modo intelligente per ottenere il consenso dei nostalgici. Terminator – Destino oscuro è probabilmente il più originale dei due rilanci; come i migliori specchi, pur presentando delle somiglianze, ci sono anche delle inversioni, come il finale che è ricco di speranza piuttosto che cupo e fatalista.

Questo non significa però che James Cameron continuerà il tema dello specchio nell’inevitabile sequel di Terminator – Destino oscuro. Per quanto Terminator 2: Judgment Day sia eccellente come film a sé stante, in un certo senso è stato un passo falso come franchise, proprio perché il finale era troppo soddisfacente e concludeva tutto in modo troppo netto. Questa volta, James Cameron intende realizzare una trilogia, il che significa che dovrà inevitabilmente discostarsi da quel particolare schema, se Dark Fate avrà un successo al botteghino tale da giustificare un sequel.

Il Nibbio: la spiegazione del finale del film con Claudio Santamaria

Il Nibbio, con la regia di Alessandro Tonda e un’intensa interpretazione di Claudio Santamaria, è uno di quei film che non si dimenticano facilmente. Ispirato a fatti realmente accaduti, il film racconta gli ultimi giorni di Nicola Calipari, uomo dei servizi segreti italiani morto a Baghdad nel 2005 durante una delicata missione di salvataggio. La narrazione si costruisce attorno a una tensione crescente, culminando in un finale tragico ma denso di significato.

Molti spettatori si sono chiesti come interpretare quell’ultimo atto, apparentemente semplice ma ricco di implicazioni. In questo articolo cercheremo di spiegare il finale di Il Nibbio, collegandolo al percorso del protagonista e alla realtà storica che lo ha ispirato. Se ti interessa approfondire la storia vera dietro il film, puoi leggere il nostro articolo dedicato qui.

Di cosa parla Il Nibbio

Il Nibbio racconta gli ultimi 28 giorni di vita di Nicola Calipari, funzionario del SISMI, il servizio segreto militare italiano. Ambientato tra l’Italia e l’Iraq, il film segue l’uomo mentre lavora a una missione estremamente delicata: il salvataggio della giornalista Giuliana Sgrena, rapita a Baghdad da un gruppo armato. Calipari si muove in un contesto instabile, tra pressioni istituzionali, pericoli costanti e dilemmi morali legati al suo ruolo e alla sicurezza nazionale.

Al di là della componente geopolitica, il film si concentra anche sul lato umano del protagonista: un uomo silenzioso, riflessivo, profondamente consapevole della responsabilità che grava sulle sue spalle. Il ritmo narrativo è asciutto e teso, con una regia che punta al realismo e a un coinvolgimento emotivo profondo, senza mai scadere nella retorica. Il Nibbio è tanto un thriller civile quanto un ritratto intimo di un servitore dello Stato che ha anteposto il bene al personale.

Cosa succede nel finale di Il Nibbio

Nel finale di Il Nibbio, Nicola Calipari riesce a ottenere la liberazione della giornalista rapita, Giuliana Sgrena. Dopo giorni di trattative estenuanti e movimenti sotto copertura, l’uomo dei servizi segreti italiani sale a bordo di un’auto insieme alla donna e a un collaboratore per accompagnarla in sicurezza verso l’aeroporto di Baghdad. Il clima è ancora teso, ma l’operazione sembra ormai conclusa.

Improvvisamente, lungo il tragitto, il convoglio viene colpito da una raffica di proiettili sparata da un posto di blocco americano. I colpi attraversano l’abitacolo e Calipari si getta d’istinto sul corpo di Sgrena per proteggerla. Viene colpito a morte. L’ultima scena del film è costruita con estrema sobrietà: non c’è enfasi melodrammatica, solo silenzio e senso di vuoto, mentre le luci dell’ambasciata si avvicinano e il buio cala sull’inquadratura. È una chiusura cruda, asciutta, che lascia lo spettatore senza parole.

La spiegazione del finale: un sacrificio consapevole

Il finale di Il Nibbio non è solo la rappresentazione fedele di un fatto storico, ma anche il punto culminante di un percorso interiore. Nicola Calipari, lungo tutta la narrazione, è mostrato come un uomo che conosce perfettamente i rischi del suo lavoro e ne accetta ogni implicazione con sobrietà. La sua scelta di proteggere con il corpo la vita di un’altra persona non è un gesto impulsivo, ma l’espressione di un’etica radicata: quella del dovere, del servizio, della responsabilità.

Nel silenzio che chiude il film non c’è solo la morte di un uomo, ma anche la denuncia implicita di un sistema opaco, in cui le catene di comando possono diventare labirinti pericolosi. Il regista Alessandro Tonda non cerca l’emozione facile: costruisce un finale privo di retorica, ma carico di tensione morale. Il pubblico non è spinto a commuoversi, ma a riflettere. Calipari non viene presentato come un eroe nel senso classico, bensì come un uomo che ha compiuto un gesto estremo in nome di un principio più grande di lui.

Chi era Nicola Calipari

Nicola Calipari è stato un alto dirigente del SISMI, il servizio segreto militare italiano, con una lunga carriera all’interno delle forze dell’ordine e delle strutture di sicurezza dello Stato. Nato a Reggio Calabria nel 1953, aveva lavorato in polizia prima di entrare nei servizi, dove si era specializzato in operazioni delicate, anche in contesti internazionali. Era conosciuto per la sua discrezione, il rigore etico e la capacità di muoversi con intelligenza e umanità in scenari complessi. Non era un uomo da copertine: gran parte del suo lavoro si svolgeva nell’ombra, al servizio dello Stato e della sicurezza collettiva.

Il suo nome è salito tragicamente agli onori della cronaca il 4 marzo 2005, quando fu ucciso a Baghdad da soldati americani, mentre riportava in salvo la giornalista Giuliana Sgrena, liberata dopo settimane di prigionia. Calipari fu colpito a morte da una raffica di proiettili sparata da un check-point statunitense. La sua morte suscitò un enorme impatto pubblico, oltre che tensioni diplomatiche tra Italia e Stati Uniti. A lui fu conferita la medaglia d’oro al valor civile alla memoria, e la sua figura è oggi ricordata come quella di un uomo delle istituzioni che ha dato la vita per salvare un’altra. Il film Il Nibbio contribuisce a restituire voce e memoria a un servitore dello Stato spesso dimenticato.

Coraggio fatto di silenzio, azione e sacrificio

Il finale di Il Nibbio non è solo la rappresentazione della morte di un uomo, ma una riflessione profonda sul senso del dovere e sulla fragilità delle verità ufficiali. Scegliendo di raccontare questa vicenda con toni misurati e realismo rigoroso, il film porta lo spettatore a interrogarsi non solo su ciò che è successo, ma anche su ciò che spesso viene taciuto. In un mondo in cui il coraggio si misura spesso con le parole, Il Nibbio ci mostra un coraggio fatto di silenzio, azione e sacrificio.

Il Nibbio: la storia vera che ha ispirato il film con Claudio Santamaria

Con il suo debutto su Netflix, Il Nibbio ha subito catalizzato l’attenzione del pubblico grazie alla potente interpretazione di Claudio Santamaria e a un racconto denso di tensione, dolore e ricerca di giustizia. Ambientato negli ultimi 28 giorni della vita di Nicola Calipari, il film — diretto da Alessandro Tonda — esplora gli angoli più intimi della sua figura, tra ombre personali e impegno professionale.

Questa intensità emotiva e la messa in scena asciutta hanno fatto sorgere una domanda: Il Nibbio è ispirato a una storia vera? In questo approfondimento analizzeremo le fonti storiche, gli interventi della famiglia Calipari e le scelte sceneggiative che hanno trasformato una vicenda reale in una spy‑story italiana avvincente e rispettosa dei fatti.

Cosa accade in Il Nibbio

Il film Il Nibbio segue gli ultimi 28 giorni di vita di Nicola Calipari, funzionario del SISMI, il servizio segreto militare italiano. La narrazione si concentra sul periodo immediatamente precedente alla sua tragica morte avvenuta a Baghdad nel 2005, durante un’operazione delicata per il recupero dell’ostaggio Giuliana Sgrena, giornalista del Manifesto rapita in Iraq.

Attraverso un ritmo teso e misurato, il film ci introduce nella vita quotidiana di Calipari: non solo un agente esperto, ma anche un uomo diviso tra il dovere verso lo Stato e le responsabilità familiari. La pellicola non indulge in eroismi forzati, ma costruisce il personaggio attraverso le sue esitazioni, le sue relazioni e le sue scelte etiche, mostrando il lato più umano di chi agisce in contesti ad altissima pressione.

Il racconto si muove tra Italia e Medio Oriente, alternando momenti di strategia politica e operazioni militari a scene intime e riflessive. L’atmosfera è sempre carica di tensione, ma anche di grande dignità. Il Nibbio non è un classico film d’azione: è un dramma civile, una ricostruzione che cerca di rendere giustizia a una figura chiave della storia recente italiana, troppo spesso dimenticata.

Il Nibbio è ispirato alla storia vera di Nicola Calipari: i fatti reali

Il Nibbio si basa su una storia reale e profondamente drammatica: quella di Nicola Calipari, dirigente del SISMI, ucciso il 4 marzo 2005 a Baghdad da soldati americani durante un’operazione segreta per liberare la giornalista Giuliana Sgrena, rapita in Iraq da un gruppo jihadista. Calipari, 51 anni, era uno degli uomini più riservati e stimati dell’intelligence italiana, ed è morto da eroe: si è infatti gettato con il corpo sulla giornalista per proteggerla dai colpi d’arma da fuoco. Il caso suscitò un’ondata di emozione e polemiche, sia in Italia che negli Stati Uniti, con forti interrogativi sull’operato dei militari americani e sul coordinamento tra i servizi di sicurezza dei due Paesi [fonte: La Repubblica, 2005].

Quella notte, Calipari aveva appena ottenuto la liberazione di Sgrena e stava viaggiando con lei e un collega su un’auto diretta all’aeroporto. Secondo la ricostruzione italiana, il convoglio non era stato avvisato di alcun posto di blocco e l’auto fu colpita improvvisamente da una raffica di mitra da parte di un check-point statunitense. I soldati USA sostennero di aver sparato per autodifesa, temendo un attentato suicida. Tuttavia, le versioni discordanti e l’assenza di piena trasparenza da parte del governo americano alimentarono la tensione diplomatica. Un’indagine interna degli Stati Uniti scagionò i militari coinvolti, ma le autorità italiane contestarono apertamente le conclusioni, generando una frattura nei rapporti istituzionali.

La figura di Nicola Calipari divenne simbolo di servizio e sacrificio silenzioso. Nel corso degli anni, il suo nome è stato spesso dimenticato dal dibattito pubblico, se non in occasioni commemorative. Il Nibbio, scegliendo di raccontare la sua storia con rispetto e profondità, riaccende l’attenzione su un episodio cruciale della nostra storia recente, sollevando riflessioni sul ruolo dell’Italia nei conflitti internazionali, sul lavoro spesso invisibile dell’intelligence e sul valore della memoria in una società che tende a rimuovere piuttosto che elaborare.

Il cinema come strumento di memoria

Il Nibbio non è solo un film ispirato a una storia vera: è un atto di restituzione, un tentativo di riaccendere i riflettori su una figura che ha agito lontano dalla ribalta, ma che ha pagato con la vita il prezzo della sua missione. In un’epoca in cui l’informazione tende a consumare rapidamente anche le tragedie più gravi, il cinema assume un ruolo fondamentale nel preservare la memoria collettiva. Il film di Alessandro Tonda, evitando sensazionalismi o retorica, offre uno sguardo umano e rispettoso su una pagina dolorosa della nostra recente storia nazionale.

Raccontare Nicola Calipari oggi significa interrogarsi anche sul rapporto tra Stato e cittadini, sulla trasparenza delle istituzioni e sull’etica della sicurezza. Il Nibbio ci ricorda che dietro ogni nome c’è una vita, una famiglia, una scelta. E che il dovere di ricordare non è solo un fatto privato, ma un atto civile. Un film come questo, grazie anche alla sua diffusione su Netflix, può raggiungere un pubblico ampio e trasversale, contribuendo a restituire dignità a una vicenda troppo a lungo rimasta ai margini della memoria pubblica.

Russell Crowe si unisce a Henry Cavill in Highlander

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Una grande star si è unita al reboot di Highlander con Henry Cavill, ovvero l’ex gladiatore Russell Crowe. Il film originale, uscito nel 1986, vedeva protagonisti Christopher Lambert e Sean Connery in una battaglia tra guerrieri immortali attraverso lo spazio e il tempo. Da allora sono stati realizzati diversi sequel e spin-off, e il franchise si è anche ampliato fino a includere una serie TV. Recentemente, Amazon MGM e United Artists hanno iniziato a collaborare per una nuova versione, con Chad Stahelski di John Wick alla regia e Cavill come protagonista.

Secondo Collider, dunque, Russell Crowe si è ora unito al progetto, dove interpreterà un ruolo chiave al fianco di Cavill (il che segna anche una reunion per i due, già padre e figlio in L’Uomo d’Acciaio). Secondo quanto riportato poi da Deadline, la star di Il gladiatore è stata scelta per interpretare Ramirez, il mentore immortale di MacLeod, un ruolo che era stato interpretato da Connery nell’originale del 1986.

Ramirez è nato nell’898 a.C. in Egitto, con il nome di Tak-Ne. In quanto immortale che ha preso MacLeod sotto la sua ala protettrice, ha un ruolo cruciale nell’aiutare l’immortale protagonista a prepararsi per la sua battaglia contro Kurgan, interpretato da Clancy Brown nel film originale. La scelta di Crowe significa che ci sarà un po’ di tempo condiviso sullo schermo tra lui e Cavill. In una passata intervista con Collider, Stahelski ha anticipato “un ampio arco narrativo” con il McLeod di Cavill, che è stato addestrato per oltre 500 anni.

Il ruolo di Crowe comporterà senza dubbio molta azione. Noto per aver interpretato il gladiatore protagonista nel film di Ridley Scott vincitore dell’Oscar nel 2000, l’attore è apparso in diversi film d’azione, tra cui Master and Commander, Quel treno per Yuma e il recente Land of Bad. Il vincitore dell’Oscar apparirà prossimamente in Nuremberg, dove reciterà al fianco di Rami Malek e Michael Shannon. Nel frattempo, è anche previsto che interpreti una spia nel thriller sulla Guerra Fredda Billion Dollar Spy e che appaia come proprietario di un club nel thriller d’azione Bear Country di Derrick Borte.

Cosa sappiamo del nuovo Highlander con Henry Cavill Russell Crowe

Il regista di John Wick, Chad Stahelski, stava lavorando duramente dietro le quinte, determinato a definire ogni dettaglio per il suo reboot di Highlander, in gestazione da tempo. Stahelski Stahelski ha poi confermato che le riprese inizieranno “a metà settembre, a partire da Londra“. Al momento il film è previsto per un’uscita nelle sale cinematografiche nel 2026.

Highlander sarà prodotto dalla United Artists insieme a 87Eleven Entertainment, la casa di produzione di Stahelski, Josh Davis della Davis Panzer Productions e Louise Rosner. La United Artists si è assicurata tutti i diritti dell’originale del 1986, sviluppato dalla Lionsgate, con la possibilità di sviluppare anche una nuova serie. Il film originale vedeva come protagonista Christopher Lambert ed era incentrato su un gruppo di guerrieri quasi invincibili e senza età.

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