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Carol confessa il suo inganno nello sneak peek della seconda stagione di The Walking Dead: Daryl Dixon

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Carol (Melissa McBride) e Daryl (Norman Reedus) si sono finalmente riuniti nell’ultimo episodio della seconda stagione di The Walking Dead: Daryl Dixon. Tuttavia, dopo aver superato questo momento gioioso ma complicato, ora devono affrontare le conseguenze da vecchi. Tutte le bugie che Carol ha raccontato fino a questo momento stanno per giungere a un punto cruciale nell’episodio 5 di The Book of Carol, intitolato “Vouloir, C’est Pouvoir”, che vedrà i sopravvissuti, ormai provati dalla battaglia, tornare da Ash (Manish Dayal) per spiegare la situazione. In vista dell’episodio di domenica prossima, Collider può condividere in esclusiva uno sneak peek che vede Carol aprirsi finalmente con Daryl su come sia riuscita a convincere Ash a portarla in Francia.

Nel filmato, Carol e Daryl stanno camminando in un campo quando il primo le suggerisce di parlare da sola con Ash. Lei insiste che è per assicurarsi che Ash non sia spaventato da Daryl, ma lui non è convinto di non dover essere nella stanza quando parlano. Daryl non è sopravvissuto così a lungo senza essere prudente e non ha intenzione di lasciare che la sua amica corra più rischi del dovuto. A malincuore, la ragazza ammette finalmente di aver mentito ad Ash sul motivo per cui aveva bisogno di andare in Francia, anche se non arriva mai a dire la verità sulla natura della menzogna. Anche con questa rivelazione, Daryl vuole ancora affrontare Ash con lei, ma accetta almeno di lasciarla parlare quando sarà il momento.

The Book of Carol ha sempre avuto l’intenzione di far confessare a Carol la natura del suo viaggio in Francia a un certo punto, e l’episodio 5 sembra essere finalmente giunto il momento. Per convincere Ash, ha fatto leva sulle sue emozioni dopo la morte del figlio piccolo, mentendo che stava cercando sua figlia Sophia, che in realtà è morta nella seconda stagione della serie principale. Le cose si metteranno sicuramente male quando Carol arriverà alla porta con Daryl al seguito, ma questo non è l’unico problema di cui i due devono preoccuparsi. Una nuova fazione di sopravvissuti ha messo gli occhi su Laurent (Louis Puech Scigliuzzi). Data la promessa fatta da Daryl a Isabelle (Clémence Poésy) nell’episodio 4, la posta in gioco personale per salvare il ragazzo e riportarlo con loro nel Commonwealth è più alta che mai.

The Walking Dead: Daryl Dixon sta ancora affrontando le conseguenze di quella morte

Marvel Studios vorrebbe Billie Eilish per un ruolo importante? Ecco l’ultimo rumor

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Billie Eilish, vincitrice del Grammy e di due Oscar, ha fatto il suo debutto come attrice nel ruolo della leader del culto, Eva, in un episodio di Swarm di Prime Video, raccogliendo molti elogi per la sua prestazione inquietante. Ora potrebbe anche partecipare al grande carrozzone dei Marvel Studios.

“Ero a una riunione e ricordo che mi è stato detto: ‘C’è questa serie, ma è in un periodo di tempo in cui non sei disponibile. È un passaggio”, ha detto Eilish a Variety di aver colto la sua prima opportunità di recitazione.“Ero tipo, ‘Whoa, whoa, whoa, di che ca**o stai parlando? Questo è il mio sogno!”

“Alcuni fan hanno parlato di quanto amano Eva [e pensano che sia] così confortante”, ha detto Eilish del suo personaggio “Ragazzi, no! È una facciata! Vuole il peggio del peggio! E questo accade quando le persone ti coinvolgono e ti fanno sentire a tuo agio e al sicuro, e poi ne abusano a dismisura.”

Billie Eilish nel Marvel Universe?

Eilish ha affermato in diverse occasioni di voler continuare a recitare e Daniel Richtman riferisce ora che i Marvel Studios sono interessati a cantarla per un “grande ruolo nell’MCU”.

La canzone di Eilish “You Should See Me in a Crown è stata utilizzata in un recente episodio di Agatha All Along, il che potrebbe aver portato a una discussione sulla sua potenziale adesione al MCU.

Non si sa chi potrebbe interpretare Billie Eilish, ma ha parlato di voler diventare ancora più oscura rispetto a quanto fatto per il suo ruolo precedente, quindi forse potremmo vederla come un cattivo.

The Penguin: trailer del settimo episodio

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The Penguin: trailer del settimo episodio

Dopo la messa in onda dell’episodio 6, come di consueto MAX e HBO hanno diffuso il trailer dell’episodio 7 di The Penguin, l’acclamata serie tv di successo spin-off di The Batman.

Mi è piaciuto molto fare la parte nel film di Batman e l’idea che saremmo stati viziati dall’avere otto ore per approfondire la psicologia e la storia di questo personaggio”, ha detto Farrell. “I retroscena hanno un ruolo importante nella serie televisiva”.

Un’altra parte importante della sua storia sarà Sofia di Cristin Milioti, anche se non si sa molto del suo personaggio, Farrell ha rivelato: “Sono due sopravvissuti che sono stati immersi in mondi di doppiezza, sconfitta e violenza”, e ha aggiunto: “Sono molto sospettosi. Hanno anche un passato molto personale”. Sarà molto interessante vedere come si svilupperà questa storia.

Cosa aspettarsi da The Penguin?

La serie The Penguin ha debuttato il 20 settembre su SKY e NOW riprende subito dopo gli eventi di The Batman, c’è un vuoto di potere a Gotham dopo l’arresto di Falcone e Oz sta cercando di riempire questo spazio. Mentre il film ci dà una buona visione delle motivazioni del Pinguino, la serie in arrivo approfondirà aspetti che non abbiamo potuto vedere nel film, dai flashback della sua infanzia al suo attuale rapporto con la madre mentalmente disturbata (Deirdre O’Connell).

Mi è piaciuto molto fare la parte nel film di Batman e l’idea che saremmo stati viziati dall’avere otto ore per approfondire la psicologia e la storia di questo personaggio”, ha detto Farrell. “I retroscena hanno un ruolo importante nella serie televisiva”.

Un’altra parte importante della sua storia sarà Sofia di Cristin Milioti, anche se non si sa molto del suo personaggio, Farrell ha rivelato: “Sono due sopravvissuti che sono stati immersi in mondi di doppiezza, sconfitta e violenza”, e ha aggiunto: “Sono molto sospettosi. Hanno anche un passato molto personale”. Sarà molto interessante vedere come si svilupperà questa storia.

 

28 anni dopo: Ralph Fiennes conferma dei dettagli “spoilerosi” della trama

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La produzione di 28 anni dopo si è conclusa all’inizio di quest’anno, e sarà la prima puntata di una trilogia pianificata che riprenderà dopo gli eventi di 28 giorni dopo di Danny Boyle e 28 settimane dopo di Juan Carlos Fresnadillo.

Sebbene i dettagli della trama del film siano stati tenuti nascosti fino ad ora, sappiamo che Boyle tornerà a dirigere questo capitolo prima di cedere le redini a Nia DaCosta (The Marvels) per il sequel. Secondo la star Ralph Fiennes, il seguito è già stato girato!

“Si tratta di tre film, di cui due sono stati girati”, ha detto in una recente intervista con IndieWire (tramite FearHQ.com). “La Gran Bretagna è da 28 anni impegnata in questa terribile piaga di persone infette che sono esseri umani violenti e rabbiosi, con alcune piccole comunità non infette. E la storia è incentrata su un ragazzino che vuole trovare un medico per aiutare sua madre morente.”

“Conduce sua madre attraverso questo bellissimo territorio dell’Inghilterra settentrionale. Ma naturalmente, intorno a loro si nascondono nelle foreste, nelle colline e nei boschi gli infetti”, ha continuato Fiennes. “Ma trova un medico che è un uomo che potremmo definire strano, ma in realtà è una forza del bene.”

Ralph Fiennes
Ralph Fiennes sul red carpet della Festa di Roma 2024 – Foto di Aurora Leone © Cinefilos.it

La produzione del terzo capitolo non è ancora iniziata e non sappiamo ancora chi lo dirigerà. Tuttavia, il fatto che due di questi film siano stati girati ha fatto sì che la trilogia di Boyle diventasse realtà come aveva immaginato.

Chi altro è coinvolto in 28 anni dopo?

28 anni dopo sarà il terzo capitolo del franchise, dopo il seguito 28 settimane dopo, con Jeremy Renner nel 2007. Il film darà anche il via a una nuova trilogia scritta interamente da Garland che vedrà Nia DaCosta, regista di Candyman, occuparsi della regia del film centrale. Fiennes sarà uno dei tre nuovi protagonisti del primo film, insieme ad Aaron Taylor-Johnson e Jodie Comer. Per non essere escluso, anche il Jim di Cillian Murphy tornerà per la prima volta dopo il finale speranzoso del film del 2002, anche se è cresciuto notevolmente rispetto al corriere che si risveglia dopo un’epidemia di virus catastrofico. Sono confermati anche Erin Kellyman e Jack O’Connell. I dettagli sui personaggi e sulla trama sono stati tenuti nascosti, ma è probabile che ne sapremo di più con l’avvicinarsi dell’uscita del film.

James Gunn è convinto che il leak dei giocattoli non abbia rovinato nulla per Superman

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La fuga di notizie relative al merchandise dedicato al Superman di James Gunn non avrebbe rovinato nulla per i fan, stando a quello che dichiara il regista del film. All’inizio di questa settimana, è trapelato online un elenco di action figure per la prossima linea Superman di McFarlane Toys, confermando apparentemente che l’Uomo d’Acciaio di David Corenswet si affronterà effettivamente con Ultraman nel film.

Venom: The Last Dance è un successo nonostante gli incassi negli USA

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Anche se i numeri definitivi non saranno disponibili prima di stasera, sembra che Venom: The Last Dance sta sovraperformando dopo aver guadagnato 50,8 milioni di dollari da 64 location all’estero fino a venerdì.

Il threequel della Sony Pictures ha registrato una performance inferiore in Nord America, con un’apertura prevista di 52 milioni di dollari, un calo di 13 milioni di dollari rispetto al debutto previsto di 65 milioni di dollari. Tuttavia, grazie agli importantissimi numeri internazionali, Venom: The Last Dance aprirà comunque con 180 milioni di dollari a livello globale.

La Cina è stata di grande aiuto con un debutto di 22 milioni di dollari che dovrebbe raggiungere i 45 milioni entro la chiusura di oggi. Secondo quanto riferito dai media statali cinesi, il film è stato accolto con favore, mentre la Sony ha aumentato l’interesse scegliendo l’attore cinese Jia Bing come voce di Venom.

In definitiva, la prudenza con cui lo studio ha speso per Venom 3 contribuirà a evitare che questo film diventi un altro Joker: Folie à Deux. Il budget di produzione è stato di soli 120 milioni di dollari al lordo del marketing, quindi anche se il film finirà dietro a Venom e Venom: La furia di Carnage (ed è probabile che sia così), è probabile che il film riesca comunque a realizzare un profitto.

È interessante notare che Deadline ha anche rivelato che “Tom Hardy e il regista Ruben Fleischer si sono scontrati sul primo Venom. Andy Serkis non è potuto tornare alla regia dopo Carnage, a quanto si dice, a causa di problemi di programmazione e del lavoro sul suo prossimo lavoro da regista, la trasposizione cinematografica de La fattoria degli animali di George Orwell”.

Su Rotten Tomatoes, Venom 3 ha ottenuto un pessimo 36% dalla critica, ma un ben più salutare 79% dal pubblico. Nonostante un CinemaScore B-, questo potrebbe suggerire che i fan hanno apprezzato il film molto più dei recensori.

CORRELATE

Cosa c’è da sapere su Venom: The Last Dance

In Venom: The Last Dance, Tom Hardy torna a vestire i panni di Venom, uno dei più grandi e complessi personaggi della Marvel, per l’ultimo film della trilogia. Eddie e Venom sono in fuga. Braccati da entrambi i loro mondi e con la rete che si stringe, il duo è costretto a prendere una decisione devastante che farà calare il sipario sull’ultimo ballo di Venom e Eddie.

Il film è interpretato da Tom Hardy, Chiwetel Ejiofor, Juno Temple, Peggy Lu, Alanna Ubach, Stephen Graham e Rhys Ifans. Kelly Marcel dirige una sceneggiatura da lei scritta, basata su una storia di Hardy e Marcel. Il film è prodotto da Avi Arad, Matt Tolmach, Amy Pascal, Kelly Marcel, Tom Hardy e Hutch Parker. Il film è ora nelle sale.

Paul Bettany parla di Agatha All Along e rivela che le riprese della serie Vision inizieranno l’anno prossimo

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Paul Bettany ha rivelato alcuni dettagli sulla sua prossima serie Marvel, segnando il suo ritorno nei panni di Visione per lo show che dovrebbe arrivare su Disney+ nel 2026.

Bettany riprenderà il ruolo dell’androide che si è innamorato di Scarlett Witch (interpretata da Elizabeth Olsen) e poi è stato distrutto da Thanos in Avengers: Infinity War. In WandaVision è tornato attraverso la magia e il potere del dolore, ma anche come androide ricostruito, ora bianco come un fantasma.

Alla prima del suo nuovo film Here, tenutasi a Los Angeles venerdì scorso, Bettany ha dichiarato a The Hollywood Reporter che le riprese della serie inizieranno l’anno prossimo e che “stiamo preparando qualcosa di cui sono davvero entusiasta”, scherzando sul fatto di non poter rivelare di più perché “gli spioni finiscono nelle fosse”.

L’attore ha anche espresso il suo parere su Agatha All Along, una serie spinoff di WandaVision che segue l’Agatha Harkness di Kathryn Hahn. “La adoro. La adoro e sono così orgoglioso di [Jac Schaeffer, showrunner] e la guarderò di nuovo perché c’è molto da imparare per il mio contributo”, ha detto Bettany.

La serie Vision, ancora senza titolo, vedrà anche il ritorno dell’Ultron di James Spader, un essere senziente creato da Tony Stark, alias Iron Man, per agire come programma di difesa, ma che invece si è rivoltato contro l’umanità, come si vede nel film Avengers: Age of Ultron. Terry Matalas, sceneggiatore di Star Trek: Picard, sarà lo showrunner.

Per il momento, Bettany è impegnato al fianco di Tom Hanks, Robin Wright, Kelly Reilly e Michelle Dockery in Here di Robert Zemeckis, un film a inquadratura singola che si svolge interamente in una stanza e segue più generazioni di famiglie.

La star ha dichiarato di non aver mai letto un copione simile e “mentre lo leggo, comincio a capire che sto interpretando il padre di Tom Hanks, e nella mia testa c’è una cosa che dice: ‘Come funzionerà? Lo capiranno! E Bob Zemeckis l’ha capito. E poi abbiamo avuto modo di giocare e di divertirci così tanto a prendere in giro mio figlio Tom Hanks. Lui è il papà dell’America e io il nonno dell’America”.

Josh Brolin potrebbe essere in trattative per tornare nei panni di Thanos per Avengers: Secret Wars

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Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars saranno testimoni di enormi eventi nel MCU, e quest’ultimo, in particolare, potrebbe facilmente finire per essere il film di supereroi più ambizioso mai realizzato con tanto di ritorno di Josh Brolin nei panni di Thanos.

Anche se non è stata ancora confermata ufficialmente la comparsa di alcun personaggio, il film dovrebbe presentare un nuovo elenco di eroi più potenti della Terra (si dice che il team Thunderbolts* formi la base di questi Nuovi Vendicatori) insieme ai membri sopravvissuti della squadra originale. Abbiamo anche sentito che saranno coinvolte almeno alcune varianti, così come personaggi dei film Marvel della 20th Century Fox.

Oltre a Downey Jr. ci sarà anche Josh Brolin?

Naturalmente, sappiamo che Robert Downey Jr. tornerà, ma nei panni del Dottor Doom (che potrebbe o meno rivelarsi una variante di Tony Stark). Nel caso in cui Secret Wars non sembrasse già troppo affollato, MTTSH afferma di avere la conferma che Josh Brolin è in trattative per riprendere il suo ruolo di Titano Pazzo.

Resta ovviamente da vedere quanto sarà grande la parte di Thanos, ma con così tanti altri eroi e cattivi in ​​lotta per il tempo sullo schermo, non possiamo immaginare che avrà un ruolo significativo.

Avengers: Doomsday arriverà nei cinema il 1 maggio 2026, seguito da Avengers: Secret Wars il 7 maggio 2027. Entrambi i film saranno diretti dai Anthony e Joe Russo, che faranno anche il loro ritorno nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

Thanos Guardiani della Galassia

Tomb Raider – La leggenda di Lara Croft avrà una seconda stagione, la serie rinnovato da Netflix

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Netflix sta preparando una nuova serie di avventure per la sua versione di Lara Croft. Lo streamer ha rinnovato la serie animata Tomb Raider – La leggenda di Lara Croft per una seconda stagione. Il rinnovo è stato relativamente rapido, essendo arrivato solo due settimane dopo la prima stagione di otto episodi.

Basata sulla serie di videogiochi di lunga durata Tomb Raider – La leggenda di Lara Croft segue l’avventuriera (doppiata da Hayley Atwell) dopo gli eventi della trilogia reboot del videogioco di Square Enix. La serie mira a colmare un vuoto nella storia di Croft tra la trilogia reboot (che è servita come una sorta di storia delle origini per il personaggio) e i giochi originali.

Cosa aspettarci dalla seconda stagione di Tomb Raider – La leggenda di Lara Croft

La seconda stagione, secondo Netflix, vedrà Lara scoprire una scia di maschere orisha africane rubate. “Unisce le forze con la sua migliore amica Sam (doppiata da Karen Fukuhara nella prima stagione) per recuperare i preziosi manufatti”, recita la trama. “La nuova emozionante avventura di Lara la porta in giro per il mondo mentre approfondisce i segreti nascosti della storia degli Orisha, schiva le macchinazioni di un pericoloso ed enigmatico miliardario che vuole le maschere per sé e scopre che queste reliquie contengono oscuri segreti e un potere che sfida la logica. Un potere che potrebbe, in realtà, essere divino”.

Il cast vocale della prima stagione comprendeva anche Allen Maldonado e Earl Baylon in ruoli regolari, mentre Richard Armitage, Zoe Boyle, Roxana Ortega e Nolan North ricorrevano.

Legendary Television produce Tomb Raider – La leggenda di Lara Croft. Tasha Huo (The Witcher: Blood Origin) è sceneggiatrice e produttrice esecutiva; tra i produttori esecutivi figurano il fondatore e CEO di dj2 Entertainment Dmitri M. Johnson, Timothy I. Stevenson, Jacob Robinson (attraverso la sua società Tractor Pants), Dallas Dickinson e Noah Hughes dello sviluppatore di videogiochi Crystal Dynamics, Howard Bliss e Jen Chambers. Lo studio di animazione è Powerhouse Animation, con Brad Graeber in veste di produttore esecutivo.

C’era una volta in America torna al cinema, il 28, 29 e 30 ottobre

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Lucky Red riporta sul grande schermo il capolavoro gangster movie di Sergio Leone: C’era una volta in America torna in sala solo il 28, 29 e 30 ottobre per il suo 40° compleanno.

1 giugno 1984: Once Upon a Time in America, ultimo film di Sergio Leone, arrivava nei cinema statunitensi. A dispetto dei tagli che, come è noto, hanno spento il successo del suo esordio americano, il film era destinato a rimanere nella storia, imponendosi nel tempo come una delle pellicole più belle e acclamate di sempre.

A quarant’anni dal suo debutto, C’era una volta in America torna nei cinema italiani, con Lucky Red e Leone Film Group, per la prima volta in 4K, nella versione del 2012, che include le scene precedentemente tagliate. Il film sarà disponibile sia in versione originale con i sottotitoli che nella versione con il doppiaggio originale.

C'era Una Volta in America film 1984

Terzo capitolo della cosiddetta trilogia del Tempo dopo C’era una volta il West (1968) e Giù la testa (1971), il film è tratto da The Hoods, romanzo di Harry Grey del 1952 ed è l’ultimo film di Sergio Leone, da molti considerato il suo testamento cinematografico.

Con le indimenticabili musiche di Ennio Morricone e la fotografia di Tonino Delli Colli, il film vanta un cast di grandi attori come Robert De Niro, James Woods, Joe Pesci e giovani esordienti tra cui Jennifer Connelly.

La trama di C’era una volta in America

Anni Venti: due ragazzini ebrei, Max e Noodles, iniziano la loro carriera nella malavita facendo piccoli traffici. Noodles, innamorato di Deborah, finisce in prigione e ne esce durante il proibizionismo. La banda continua a fare affari d’oro, ma a poco a poco tra Max e Noodles il rapporto si guasta. Un giorno, Max muore in uno scontro a fuoco e Noodles resta solo. Ma trent’anni dopo riceve una lettera…

 

Come se non ci fosse un domani: intervista ai registi e alla produttrice

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Ecco la nostra intervista a Riccardo Cremona e Matteo Keffer, registi, e a Ottavia Virzì, produttrice di Come se non ci fosse un domani, il documentario sul movimento Ultima Generazione che sarà presentato in anteprima mondiale nella sezione Special Screenings della 19° edizione della Festa del Cinema di Roma e sarà prossimamente nelle sale italiane distribuito da Maestro Distribution.

Come se non ci fosse un domani, recensione del documentario di Riccardo Cremona e Matteo Keffer

Il documentario si concentra sulla vita di cinque giovani attivisti, offrendo uno spaccato dei sacrifici e delle sfide che affrontano nel tentativo di far emergere un’urgenza globale. Le loro azioni, spesso controverse e al limite della legalità, includono blocchi stradali, imbrattamenti di edifici istituzionali e opere d’arte. Questi gesti estremi, che hanno attirato l’attenzione di media e politica, sono espressione di una generazione che si definisce “l’ultima” in grado di invertire una situazione climatica prossima al punto di non ritorno. Attraverso un linguaggio diretto e senza filtri, Cremona e Keffer narrano i retroscena di una lotta in cui il sacrificio personale viene posto al servizio del bene comune, creando un racconto corale carico di empatia e profondità.

Persone: recensione del docufilm diretto da Carlo Augusto Bachschmidt #RoFF19

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Presentato in prima assoluta il 26 ottobre al MAXXI durante la diciannovesima edizione della Festa del cinema di Roma, Persone presenta il delicato tema della salute mentale, e dei trattamenti riservati ai malati. Il docufilm, diretto dal regista Carlo Augusto Bachschmidt, presenta il “Progetto Giuseppina”, insieme di attività di graduale reinserimento sociale che ha reso possibile la chiusura del manicomio di Santa Maria della Pietà a Roma. Persone è stato realizzato in collaborazione con l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD) e con Roma Capitale – Assessorato alla cultura – dipartimento attività culturali.

Persone: la “spersonalizzazione” dei malati

I pazienti dentro manicomi come il Santa Maria della Pietà cessavano di essere individui nel momento in cui varcavano la soglia dei cancelli. Ogni avere, che si tratti di oggetti pericolosi o semplici indumenti, gli veniva tolto: questi smettevano di essere persone e divenivano solo malati. Queste procedure venivano messe in atto per teoricamente indirizzare i soggetti verso una quotidianità diversa, inquadrata in delle precise regole istituzionali da seguire.

Ciò che sorprende da subito lo spettatore sono le testimonianze dell’ultimo direttore del manicomio di Roma. Durante un semplice giro tra i padiglioni del centro, nei primi giorni al Santa Maria della Pietà, l’uomo si ritrova di fronte a una pazienta, seminuda, legata a un termosifone: non si sta parlando però di ricordi risalenti agli anni 50 o 60 del secolo scorso, ma agli anni 90. E’ certamente incredibile pensare che circa trent’anni fa in un paese avanzato e democratico come l’Italia, con un fitto apparato normativo interno a tutela dei diritti umani e facente parte di numerose convenzioni internazionali come la stessa CEDU, fosse ancora possibile trattare dei pazienti in tal modo.  Quello è stato un momento di svolta anche per lo stesso direttore del manicomio: è così che ha inizio il Progetto Giuseppina.

La legge Basaglia e  il progetto Giuseppina

La chiusura del manicomio Santa Maria della Pietà avviene in applicazione della legge n.180/78, meglio nota come legge Basaglia, la quale prende il nome dallo psichiatra promotore della riforma. Il progetto Giuseppina si pone come obiettivo il graduale reinserimento dei pazienti in un contesto sociale. In Persone alcune infermiere che lavorarono nel progetto hanno raccontato le loro esperienze, i loro ricordi dei pazienti: i disegni di Anna, la parlata in calabrese stretto e veloce di Giuseppina.

I laboratori creativi, il totale cambiamento di abitudini e dell’atmosfera stessa all’interno del manicomio porta a dei cambiamenti radicali nei pazienti. Questi iniziano ad aprirsi, a vivere più  felici e più psicologicamente in pace con loro stessi. Fino a quel momento queste persone erano stati solamente malati, ora avevano la possibilità di potersi esprimere e di essere più della sola malattia.

La psicologia fenomenologica contro la violenza istituzionale

La teoria che sta alla base della legge Basaglia è la psicologia fenomenologica: questa corrente, con forti legami con la filosofia di Heidegger, punta a un analisi più diretta dei comportamenti e delle emozioni del paziente. Questa nuova visione ha certamente un modo di approcciarsi al soggetto e degli scopi opposti rispetto ai principi su cui si erano fondati i vecchi manicomi.

In Persone emerge come il manicomio fosse visto inizialmente come un luogo in cui il malato doveva essere raddrizzato, riformato in virtù delle dure leggi. Nel momento in cui il malato reagiva in modo violento e cercava di opporsi a ciò che gli veniva imposto, la risposta era altra violenza. Con la legge Basaglia, il paziente deve essere trattato con la stessa dignità che deve essere garantita a ogni altro essere umano. Ciò comporta anche la creazione di un legame personale tra i pazienti e gli infermieri: diventa così quasi commuovente vedere i collaboratori del Santa Maria della Pietà ricordare a distanza di anni i propri pazienti, tutti i momenti di felicità che gli sono stati regalati, avendoli accompagnati in alcuni casi fino alla morte.

Persone: l’IA per la cura dei malati

Un inquietante futuro sembra presentarsi dietro all’accattivante sorriso del presentatore. Quest’ultimo, interpretato da Gianluca Bottoni, presenta le prospettive future di cure avveniristiche per malati psichiatrici, usando lo strumento dell’Intelligenza Artificiale. Le scene che vedono il presentatore come protagonista trasmettono allo spettatore un certo senso di inquietudine. Nonostante le tecnologie avanzate, anche qui il soggetto viene visto solo come malato e non come un  individuo, il paziente sembra essere un problema che può essere risolto.

Persone riesce in poco più di un’ora a presentare la realtà dei vecchi manicomi, facendo comprendere allo spettatore quanto questi fatti non siano così tanto lontani dalla società di adesso come si potrebbe pensare. Persone racconta la storia degli individui dietro la malattia, dando gli strumenti allo spettatore di vedere oltre.

L’amica Geniale – Storia della bambina perduta: recensione dei primi due episodi

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Presentata in anteprima nel ricco programma della Festa di Roma 2024 con i primi due episodi proiettati alla presenza di cast e pubblico, L’Amica Geniale, tetralogia di Elena Ferrante, arriva alla sua quarta stagione che traspone per la tv il quarto e, appunto, ultimo libro della saga, Storia della bambina perduta.

Dove eravamo rimasti?

Avevamo lasciato le due donne distanti, entrambe alle prese con una nuova vita: Lila con Enzo, il piccolo Gennarino, e un obbiettivo preciso, quello di aprire un’azienda con le sue sole forze, di diventare finalmente il capo di se stessa; Lenù con Nino, quando si accorge che l’amore di tutta una vita è finalmente alla sua portata e non ci pensa troppo prima di lasciare marito e figlie e volare via con lui. La terza stagione dell’amica geniale era finita proprio lì, sul quel volo verso la libertà e una vita di peccato accanto a Nino (Fabrizio Gifuni), con l’immagine di quel riflesso che aveva finalmente svelato al mondo che l’ultima trasformazione di Elena Greco sarebbe stata affidata a Alba Rohrwacher che, a dire la verità, ne era sempre stata la voce, lenta e calda, che ha accompagnato gli spettatori nel fuori campo delle tre stagioni precedenti.

La separazione e Dispersione sono i capitoli 25 e 26 di questo lungo romanzo di formazione, le prime due puntate della quarta e ultima stagione de L’Amica Geniale, che andrà in onda dall’11 novembre su RaiUno per 5 serata, fino al 9 dicembre. E appunto di separazione parla il primo episodio, in cui seguiamo principalmente Elena alle prese con la sua nuova vita, mentre si è lasciata alle spalle il matrimonio con Pietro e, temporaneamente, persino le figlie Dede e Elsa, affidate alle cure della suocera. Per loro è necessario un ambiente regolare e rassicurante, con regole e rituali, cosa che lei, nella sua vita da amante di Nino Sarratore, non può garantire alle figlie.

Cortesia HBO-Rai Fiction

Elena è l’eroina tragica di un racconto drammatico, una donna che negli anni Settanta lascia marito e figlie perché “vuole bene a un altro”. Quella consapevolezza la travolge quando lo dice a alta voce a sua madre, intervenuta per cercare di farla riappacificare con Pietro, che in questo scenario viene dipinto forse come troppo mite e accondiscendente, se pure naturalmente contrariato. Lenù è divisa in due, tra senso del dovere di madre e ambizione professionale che può coltivare a pieno solo nella libertà accanto a Nino, il quale è per lei sogno e passione, ma anche dubbio e dolore.

L’Amica Geniale: storia di madri, di corpi, di lotta

La Elena di Alba Rohrwacher smette di subire le decisioni degli altri, ma questa risoluzione ha un prezzo, e lo vediamo nella fatica che fa il personaggio a tenere tutto insieme, non volendo rinunciare né all’amore per Nino né a quello per le figlie, che pian piano sembra ridestarsi più forte di quanto non sia mai stato. Dopotutto L’Amica Geniale è sempre stata una storia di donne, di amiche, certo, ma anche di madri, di corpi, di consapevolezza, rinuncia e lotta.

La lotta è molto presente nella serie, che sia personale o di classe, come per le altre stagioni, anche in questo caso L’Amica Geniale si fa megafono per la situazione storica del Paese e non risparmia nessun dettagli di quell’epoca turbolenta: i morti, la violenza, il rapimento Moro. Lo sfondo della vicenda di Elena e Lila è estremamente vivido e invadente e per questo, anche se la regista Laura Bispuri si concentra sui volti, le mani e le persone, sul suo nuovo cast, tra cui Stefano Dionisi, Lino Musella, Edoardo Pesce, la Storia viene sempre fuori e si fa sentire.

Cortesia HBO-Rai Fiction

Dispersione invece racconta principalmente la diaspora di Elena che lascia le sue certezze, ancora una volta e scappa a Milano da Maria Rosa, sorella di Pietro e sua grande amica, che la accoglie con le ragazze e le offre un posto sicuro. Non abbastanza da sfuggire però a Lila. L’amica che è rimasta al rione ed è diventata una imprenditrice invischiata con la camorra, la cerca di continuo per metterla in guardia da Nino. Anche lei è caduta nel suo inganno, ma questa volta ci sono di mezzo figli, matrimoni e soprattutto una moglie che l’uomo non accenna a lasciare. Il racconto si deve spostare a Napoli, nel rione, per poter finalmente dare corpo alla presenza ingombrante di Lila, che nel frattempo ha acquisito il volto di Irene Maiorino, nata per questo ruolo e per succedere a Gaia Girace. La somiglianza tra le due è davvero impressionante e il passaggio di testimone appare naturale, anche grazie alla capacità interpretativa di Maiornio che raccoglie la sua eredita e la sviluppa a modo suo.

La forza e la durezza di Lila non bastano a Elena per allontanare Nino. La donna accetterà di essere una compagna parallela, una moglie part-time, pur di stare con lui, e questa sua decisione, certamente non facile ma urgente, la riporterà a Napoli, vicino al rione, a sua madre, a quella miseria e quella ignoranza dalla quale pensava di essere scappata. Elena è di nuovo “a casa” e la prossimità con Lila tornerà a essere necessaria e ingombrante. Farà i conti con il suo passato e forse troverà la forza di essere indulgente verso quei luoghi e quella miseria che non conoscono altro che se stessi.

L’AMICA GENIALE 4

Piccole cose come queste: il trailer del film con Cillian Murphy

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Piccole cose come queste: il trailer del film con Cillian Murphy

Esce al cinema in Italia il 28 novembre Piccole cose come queste (Small Things Like These), il nuovo film interpretato da Cillian Murphy dopo l’Oscar per Oppenheimer, presentato questi giorni in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Titolo d’apertura della Berlinale, dove la coprotagonista Emily Watson è stata premiata con l’Orso d’Argento, il film è prodotto da Ben Affleck e Matt Damon e diretto da Tim Mielants (Peaky Blinders).

La trama di Piccole cose come queste

Irlanda, 1985. Bill Furlong (Cillian Murphy) è un commerciante di carbone, un uomo taciturno che ha dedicato la vita al lavoro, alla moglie Eileen e alle loro cinque figlie. Quando per caso scopre un terribile segreto nascosto nel convento locale, diretto da Suor Mary (Emily Watson), i ricordi più dolorosi del suo passato tornano a galla. Sarà il momento per Bill di decidere se voltarsi dall’altra parte o ascoltare il proprio cuore e sfidare il silenzio di un’intera comunità.

Film di straordinaria intensità e di grande valore civile, Piccole cose come queste è basato sul libro della scrittrice irlandese Claire Keegan (Piccole cose da nulla, Einaudi), già autrice del racconto The Quiet Girl, da cui è stato tratto il film omonimo candidato all’Oscar.

Alice nella città: i vincitori della XXII edizione

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Alice nella città: i vincitori della XXII edizione

Come la Festa di Roma 2024, anche Alice nella città, edizione numero XXII, ha proclamato i suoi vincitori. Eccoli di seguito!

PREMIO MIGLIOR FILM DEL CONCORSO DI ALICE NELLA CITTÀ
BIRD di Andrea Arnold

Il riconoscimento è stato assegnato da una giuria di trentacinque ragazzi di età compresa tra i 16 e 19 anni.

Motivazione – Una storia capace di rappresentare le sfide dell’adolescenza, rispecchiando la nostra visione e i nostri valori. Un racconto universale che esplora il complesso e solitario percorso di crescita, guidato dalla costante ricerca di libertà

PREMIO RAFFAELLA FIORETTA PER IL MIGLIOR FILM ITALIANO DEL PANORAMA ITALIA
NO MORE TROUBLE – COSA RIMANE DI UNA TEMPESTA” di Tommaso Romanelli

Assegnato dalla giuria composta da Riccardo Milani (Presidente), Lucia Ocone (attrice), Luna Gualano (regista), Annamaria Granatello (Premio Solinas), Federica Luna Vincenti (attrice, produttrice, compositrice). 

Il premio comprende un riconoscimento di 3.000 euro che sarà suddiviso in parti uguali tra il regista e il produttore.

Motivazione –  “No More Trouble” è la storia vera di un padre che non c’è più, raccontata da un bellissimo documentario di enorme impatto emotivo, dove i materiali di repertorio, spesso filmini di famiglia, hanno la stessa forza del materiale girato. Romanelli mostra una grande capacità di costruzione della tensione narrativa che si mescola e cresce con il dolore per un destino sconosciuto e terribile. Una storia dove si racconta che coltivare una passione autentica è anche coltivare l’amicizia, dove la costruzione di una barca diventa la continuazione della vita. Una storia di amore per il mare e sul tempo che passa e il dolore che non se ne va. Un documentario che colpisce così alla testa e al cuore.

Menzione speciale a: “IL MIO COMPLEANNO” di Christian Filippi

Motivazione – Un piccolo miracolo, opera prima sorprendente e universale del regista Christian  Filippi che mette in scena due esistenze dolorose e contemporanee: quella di una madre, con forti disturbi della personalità, e di suo figlio che troverà il coraggio e la forza di andare avanti e di ricostruire il suo mondo, da solo.

PREMIO COLORADO-RAINBOW MIGLIOR OPERA PRIMA

RITA di Paz Vega

Un premio per il sostegno alla distribuzione che punta alla ricerca del talento e del cinema che verrà, assegnato da uno dei player più attivi e attenti a nuovi generi, a nuovi target e a nuove platee internazionali.

PREMIO RB CASTING AL MIGLIOR GIOVANE INTERPRETE ITALIANO  

ZACKARI DELMAS per “Il mio compleanno” di Christian Filippi

Il premio è assegnato da una giuria composta da: Moira Mazzantini (Agente), Chiara Natalucci (Casting Director), Carlo Cresto – Dina (Produttore Cinematografico)

Motivazione – Per un’interpretazione imprevedibile eppure mai casuale.  Il suo personaggio attraversa, con la stessa autenticità, esplosioni di energia (a tratti anche distruttiva) e momenti di profonda tenerezza, coinvolgendo lo spettatore in un’esperienza di empatia straordinaria.

La grande naturalezza che ha dato al personaggio di Riccardo non nasconde tuttavia  l’attenta ricerca, lo studio e la formazione di un attore che, per quanto giovane, si distingue già come un solido professionista.

MENZIONE SPECIALE UNITA UNDER 35 AL MIGLIOR INTERPRETE DEL PANORAMA ITALIA

ZACKARI DELMAS per “Il mio compleanno” di Christian Filippi

Il riconoscimento è stato assegnato dal collettivo di UNITA per dare luce alle nuove generazioni.

Motivazione – Per l’intensità, la qualità emotiva e l’intelligenza attoriale che lo hanno abitato nell’interpretare il giovane e tormentato Riccardo. UNITA, particolarmente sensibile al talento e alla promozione delle nuove generazioni è felice di essere madrina di questo premio.

PREMIO DEL PUBBLICO CIAK D’ORO NELLA SEZIONE ONDE CORTE

AL BUIO di Stefano Malchiodi

Nella piccola isola di Lipari, Claudio, un ragazzo di vent’anni, vive alla giornata, occupando le case dei ricchi disabitate fuori stagione. Una notte incontra una coppia che sta litigando al porto. Claudio si offre di ospitare i due ragazzi, Giulia e Marco, non dicendogli che quella dove vive non è casa sua. Questo, unito a una sintonia immediata che nasce con Giulia, darà inizio a una serie di eventi che metterà in dubbio le certezze di ognuno di loro, cambiandoli per sempre.

PREMIO NOTORIOUS PROJECT MIGLIOR CONCEPT

Per la categoria Series: “UDON ALLA CARBONARA” di Edoardo Bigazzi

Motivazione – Con umorismo e un pizzico di disillusione, in un’arena originale, la serie vincitrice esplora le frustrazioni di un giovane neo-dottorato in bilico tra le altissime aspettative familiari e la precarietà del mondo lavorativo, offrendo così uno spaccato contemporaneo, giovane e multiculturale, di cosa significa avere trent’anni oggi. 

Per la categoria Movie: “RAINBOW GLOVES” di Andrea Gravagnuolo e Gianluca Cravero

Motivazione – A convincere è stato un racconto di formazione incredibilmente autentico e inaspettato.  Sfruttando l’arena sportiva già collaudata del pugilato, ha saputo trasformarla in un’occasione per raccontare la battaglia identitaria di un ragazzo, di una comunità e di un’intera generazione alla ricerca del proprio posto nel mondo.

PREMIO SIAE PER IL MIGLIOR PROGETTO UNBOX ITALIA
SPARARE ALLE ANGURIE di Antonio di Donato 

Assegnato nell’ambito degli Shorts Film Days al miglior progetto presentato nel corso del laboratorio Unbox. Al vincitore verranno riconosciuti 3000 euro per lo sviluppo del soggetto.

Festa del Cinema di Roma 2024: tutti i vincitori

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Festa del Cinema di Roma 2024: tutti i vincitori

Alla fine di 12 giorni di proiezioni e presentazioni di titoli provenienti da tutto il mondo, qualcuno in anteprima mondiale altri in anteprima nazionale, la Festa di Roma chiude i battenti con un bilancio positivo: l’affluenza del pubblico ha premiato la varietà e la ricchezza dell’offerta e anche le star sono state numerose, tra quelle italiane e internazionali, che hanno fatto la gioia del pubblico sul tappeto rosso della Cavea dell’Auditorium.

E, dal momento che la Festa del Cinema di Roma è ufficialmente riconosciuta come Festival Competitivo dalla FIAPF (Fédération Internationale des Associations de Producteurs de Films), ecco tutti i riconoscimenti assegnati sabato 26 ottobre, nel corso della cerimonia di premiazione che si è svolta all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone.

CONCORSO PROGRESSIVE CINEMA

Una giuria presieduta dal regista, sceneggiatore e produttore Pablo Trapero, affiancato dalla montatrice Francesca Calvelli, l’attrice francese Laetitia Casta, la produttrice Gail Egan e lo scrittore e sceneggiatore Dennis Lehane ha assegnato i seguenti riconoscimenti ai film del Concorso Progressive Cinema:

Miglior film: BOUND IN HEAVEN di Huo Xin

– Gran Premio della Giuria: LA NUIT SE TRAÎNE di Michiel Blanchart

Miglior regia: MORRISA MALTZ per Jazzy

Miglior sceneggiatura: CHRISTOPHER ANDREWS per Bring Them Down

Miglior attrice – Premio “Monica Vitti”: ÁNGELA MOLINA per Polvo serán

Miglior attore – Premio “Vittorio Gassman”: ELIO GERMANO per Berlinguer. La grande ambizione

Premio speciale della Giuria: al cast femminile di READING LOLITA IN TEHRAN (LEGGERE LOLITA A TEHERAN)

MIGLIORE OPERA PRIMA

Una giuria presieduta dalla regista e sceneggiatrice Francesca Comencini affiancata dalla produttrice, compositrice e scrittrice Kaili Peng e dall’attore Antoine Reinartz ha assegnato – fra i titoli delle sezioni Concorso Progressive Cinema, Freestyle e Grand Public – il Premio Miglior Opera Prima ai film:

– BOUND IN HEAVEN di Huo Xin (sezione Progressive Cinema) – ex aequo

– CIAO BAMBINO di Edgardo Pistone (sezione Freestyle) – ex aequo

È stata inoltre assegnata una Menzione speciale all’attore Liu Hsiu-Fu per Pierce di Nelicia Low.

PREMIO DEL PUBBLICO FS

Fra i titoli del Concorso Progressive Cinema, gli spettatori hanno assegnato il Premio del Pubblico FS, Official Sponsor della Festa, al film:

– READING LOLITA IN TEHRAN (LEGGERE LOLITA A TEHERAN) di Eran Riklis

Festa di Roma 2024: il red carpet di chiusura con Johnny Depp, Ralph Fiennes e il premio Oscar Edward Berger

Johnny Depp, Riccardo Scamarcio, Luisa Ranieri, e ancora Edward Berger con i suoi “due cardinali” Ralph Fiennes e Sergio Castellitto, la splendida Noemi Marlant e l’irresistibile Lillo. Il red carpet dell’ultima sera della Festa di Roma 2024 è stato ricchissimo di star e di film. Ecco di seguito le nostre foto della serata:

Architecton: recensione del documentario di Victor Kossakovsky – #RoFF19

C’è un forte contrasto in Architecton. Il nuovo documentario di Victor Kossakovsky, presentato alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Best Of 2024, tesse la fila del suo racconto partendo ancora una volta dal pianeta. In Vivan Las Antipodas! ci ha portato a esplorare luoghi della Terra agli antipodi, in Aquarela ci ha mostrato la bellezza e la potenza dell’acqua, e ora, con Architecton, ci fa immergere nell’architettura del mondo, contrapponendo le meraviglie naturali del passato alle creazioni moderne, dove l’uomo ha abusato talmente tanto della natura fino a generare dei danni. Chi ci ha dato il diritto di dominare la natura in questo modo? Chi siamo noi per sopraffarla? È davvero questo il volere di Dio? Domande esistenziali che Kossakovsky si pone mentre avvia un discorso che, nel suo incedere, si perde nella grandiosità delle immagini che compongono l’opera.

Architecton: che fine farà il nostro pianeta?

In Architecton, le parole sono rare. I pochi e brevi dialoghi sono affidati a Michele De Lucchi, architetto italiano scelto da Kossakovsky per rappresentare simbolicamente l’intera categoria. Lo vediamo apparire fugacemente, costituendo un intermezzo continuo in una una serie di immagini potenti, avvolte da musiche dall’atmosfera apocalittica. De Lucchi ha assunto due operai per creare nel suo giardino un “cerchio della vita” fatto di pietre, il materiale più antico del mondo. Nessuno, tranne il suo cane, potrà mai entrare in quell’area. L’obiettivo? Delimitare uno spazio in cui l’uomo non ci sarà l’invasione dell’uomo, lasciando la natura come unica protagonista.

Architecton

Tornare alla bellezza dei materiali naturali

Affidandosi al travelling aereo e al dolly, il regista comincia il suo racconto visivo con una serie di scene visivamente evocative. Filma prima l’architetto che posa le sue mani su un megalite nella cava di Baalbek, in Libano, per poi mostrarci i palazzi devastati dai bombardamenti in Ucraina, e concludere con le rovine lasciate dal terremoto che colpì la Turchia nel 2023. Il contrasto visivo si intensifica man mano che il film avanza: rocce, pietre grezze e sabbia, che scivolano e ruotano su se stesse in una danza ipnotica, rappresentano il passato e l’architettura ancestrale, fatta di materiali naturali. A fare da contraltare gru, cemento armato e calcestruzzo dominano le creazioni moderne, simbolo di una sofisticazione che sembra scollegata dalla natura. Un discorso che sembra più un filosofeggiare sulla nostra esistenza, ma privo di parole, che ritroviamo davvero solo alla fine, in uno scambio di battute più verboso fra lo stesso regista e l’architetto.

Architecton manca di fluidità e in molti punti diventa impegnativo da seguire con piena attenzione, ma le immagini magnetiche attraverso cui ci mostra la materia che ci circonda – quella a cui dovremmo tornare per evitare il collasso del pianeta – stregano all’istante. Al centro c’è una questione cruciale, che solo per la sua importanza merita la visione del documentario: l’impatto dei materiali moderni sull’ambiente. La sostenibilità è la chiave per invertire il disastro climatico e ambientale che si avvicina sempre più. Il pianeta soffre, ci ricorda Architecton, e ha bisogno di noi per guarire. Non dimentichiamolo, soffocati dalla nostra superficialità e indifferenza, ma facciamo il possibile per lasciare alle generazioni future un mondo migliore in cui vivere.

L’origine del mondo, recensione del film di Rossella Inglese – #RoFF19

Presentato ad Alice nella città 2024, sezione autonoma della Festa del Cinema di Roma, L’origine del mondo è l’opera prima di Rossella Inglese, già regista dei cortometraggi Denise ed Eva, intriganti analisi di figure femminili sfaccettate. In questo senso, la sua prima incursione nel lungometraggio sembra un coerente prolungamento delle sue passate riflessioni cinematografiche, un dramma esistenziale intenso e audace, con una convincente Giorgia Faraoni – già protagonista di Eva – a guidare la narrazione.

Una relazione inaspettata

La trama segue Eva, una diciannovenne italiana, e Bruno, un uomo francese di 45 anni, le cui vite si intrecciano tragicamente quando Eva causa un incidente che porta alla morte della moglie di Bruno. In preda al senso di colpa, Eva si avvicina a Bruno sotto falsa identità, dando inizio a un viaggio emotivo che porterà entrambi a confrontarsi con i propri fantasmi. Quando la verità emerge, quello che sembrava un vicolo cieco diventa l’inizio di una rinascita, mostrando loro che il perdono può essere più forte del dolore, dell’odio e persino della morte.

L’origine del mondo esplora le complesse dinamiche di una relazione moralmente ambivalente, mettendo in luce come il sentimento amoroso possa sia distruggere che rigenerare. Inglese, che già aveva lavorato nei precedenti corti sul corpo e sull’identità, dà qui vita a una riflessione sull’importanza delle connessioni umane, attraverso un linguaggio evocativo che valorizza la fisicità e celebra la complessità e la forza del mondo femminile.

Lo studio del femminile di Rossella Inglese

In questo percorso di riscoperta del sè, che unisce due anime affrante che, in qualche modo, cercano di trovare un appiglio per sopravvivere in un ambiente a cui non appartengono più, non c’è bisogno di comunicazione verbale. Ogni interazione tra Eva e Bruno passa, in primo luogo, dalla fisicità, dalla ricerca di un contatto che, in modi diversi, serve ai nostri protagonisti per distaccarsi momentaneamente dall’aridità del luogo che abitano e dai fantasmi nella loro testa, ma non solo.

Inglese mantiene il focus sul corpo della sua protagonista femminile, continuando un’indagine iniziata nei suoi corti, ma questa volta introduce anche una spalla maschile, Bruno, interpretato da Fabrizio Rongione. La sua presenza aggiunge una dimensione ulteriore alla storia, portando in scena una figura complessa e tormentata che, con il suo dolore trattenuto e sottile, si integra perfettamente nell’universo della regista.

Giorgia Faraoni veste i panni di Eva, personaggio di grande intensità che sembra portare su di sé tutta la tensione di una vita sull’orlo di un cambiamento inesorabile. La regista esplora i suoi protagonisti in profondità, permettendo al silenzio, agli spazi vuoti e ai dettagli dell’ambiente circostante di prendere vita e raccontare ciò che le parole non riescono a esprimere. Attraverso il buio della notte e i luoghi trascurati e ruvidi delle periferie, il film crea un contrasto visivo tra spazi urbani scrostati e lussureggianti ambienti naturali, lasciando che siano le immagini a trasmettere l’emozione, mentre i dialoghi si fanno volutamente essenziali.

L’origine del mondo sceglie di raccontare il tempo di Eva

L’ambientazione stessa, con la sua atmosfera cupa e suggestiva, diventa parte integrante della narrazione, abitata da una varietà di personaggi di sfondo che accennano a storie passate, come fantasmi che riemergono dai ricordi. In questo contesto si evolve l’incontro tra Eva e Bruno, un rapporto che si costruisce attraverso sguardi e gesti lenti, dove entrambi si scoprono vulnerabili e si confrontano con le proprie cicatrici, un percorso che li porta a sfiorare un’unità temporanea, fragile ma significativa. Rossella Inglese preferisce estendere il tempo del racconto, del presente che vivono i nostri personaggi, per permettergli di aprirsi e raccontarsi; un approccio più che comprensibile dal punto di vista narrativo che, tuttavia, potrebbe frustrare alcuni spettatori, soprattutto nella parte centrale dell’opera.

Al di là del suo approccio intimista e contemplativo, L’origine del mondo si distingue anche per la scelta coraggiosa di trattare tematiche delicate e quantomai attuali come il revenge porn, senza mai cedere alla retorica o alla denuncia esplicita, piuttosto riflettendo sul tutto con grande tatto. Ciascuna interazione che Eva ha con l’esterno, sia questo inteso come paesaggi o persone in carne ed ossa, serve per farci entrare ancora di più in contatto con la sua sensibilità, a farci comprendere da chi e da cosa sia stata urtata, e di cosa avrebbe semplicemente bisogno la nostra protagonista per rialzarsi. Sospeso tra una profonda indagine introspettiva e una riflessione sul punto di vista femminile anche all’interno del panorama cinematografico italiano, il primo lungometraggio di Rossella Inglese indaga le conseguenze di incontri casuali tra due anime inquiete, portando sullo schermo un’analisi sottile e poetica della vulnerabilità umana.

Hey Joe: recensione del film con James Franco – #RoFF19

Hey Joe: recensione del film con James Franco – #RoFF19

A Claudio Giovannesi appartengono alcuni dei più riusciti ritratti giovanili del recente cinema italiano. Con Fiore e La paranza dei bambini si è infatti imposto all’attenzione come abile narratore di coming of age. Il suo nuovo film, Hey Joe – presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public – propone stavolta un punto di vista adulto, che è però sempre rivolto verso le generazioni più giovani, dei figli e dei nipoti, e che si scontra con la consapevolezza di quello che potrebbe essere il loro futuro. Scritto insieme a Maurizzio Braucci e Massimo Gaudioso, il film è inoltre – come affermato dal regista – ispirato ad una vera leggenda.

Quella di un veterano americano torna a Napoli all’inizio degli anni ’70 per riprendersi il figlio avuto da una ragazza durante gli anni della guerra, scoprendo però che fa il contrabbandiere per il padre acquisito, boss della malavita. Un racconto che dunque si basa sulla nostalgia, sulla solitudine, ma anche sugli esiti che la guerra ha sull’anima oltre che sui luoghi. Il coming of age si svolge dunque stavolta al contrario, con un adulto affaticato che tenta di ritrovare la propria giovinezza e fornire gli strumenti a chi ancora la possiede ed è ancora in cerca del proprio posto nel mondo.

La trama di Hey Joe

New Jersey, Stati Uniti, 1971. Dean Barry  (James Franco), un veterano americano che ha avuto una relazione con una ragazza napoletana durante la seconda guerra mondiale, riceve una lettera partita tredici anni prima. in cui è scritto che la donna è morta ma che suo figlio è desideroso di conoscerlo. Dean decide allora di tornare in Italia, a Napoli, per conoscere suo figlio Enzo (Francesco Di Napoli). Vorrebbe recuperare venticinque anni di assenza, ma il ragazzo è ormai è un uomo, cresciuto nella malavita, ed adottato da un boss del contrabbando, don Vittorio (Aniello Arena). Non ha nessun interesse per il padre americano, ma Dean non si arrenderà facilmente.

James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe
James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe

Napoli ferita ma sempre viva

Quando gli Angloamericani sono arrivati a Napoli nel 1943, – racconta Giovannesi – gli italiani erano un popolo vinto e Napoli una città distrutta dalle bombe. Non c’era cibo, così Napoli si è trasformata in un gigantesco bordello. C’era il problema della sifilide, di conseguenza molti soldati, per non frequentare le prostitute, sceglievano ragazze povere: la relazione tra i militari angloamericani e le donne italiane si basava sulla fame e i sentimenti nascevano dal bisogno“. È questo il contesto su cui si apre Hey Joe, già raccontato innumerevoli volte al cinema ma qui rievocato per una storia che fa della nostalgia e della ricerca di una casa le proprie fondamenta.

Sono questi i motivi che spingono il protagonista Dean ad intraprendere il suo viaggio nel passato, consapevole di non avere più nulla nel presente che lo trattenga lì dov’è. Ritorna allora nel passato, alla riscoperta di luoghi e volti che ha conosciuto e che non sono cambiati poi molti nonostante i quasi trent’anni trascorsi dalla sua ultima visita. Similmente a quanto avviene in Nostalgia, il film di Mario Martone con Pierfrancesco Favino, anche in questo caso il nostro protagonista si aggira tra i vicoli di Napoli, più precisamente nei Quartieri Spagnoli, per ritrovare quel tempo perduto che porta il nome di Enzo, il figlio avuto e mai conosciuto.

Giovannesi ci porta così ad attraversare ambienti profondamente feriti ma pullulanti di vita. Dal nightclub dove Dean conosce Bambi (Giulia Ercolini) fino al bar dove Enzo svolge le proprie losche attività, la Napoli ritratta dal regista trasmette continuamente una sensazione di ruvidezza – merito della fotografia granulosa di Daniele Ciprì – che ben restituisce il sapore di quegli anni e le difficoltà incontrate da chi cercava di uscirne vivo, facendo di necessità virtù. Prostitute, malavitosi, anziane nciucesse e ancora padri, madri e figli, personaggi dotati di voce in un film che accoglie la coralità della città partenopea per restituircela in tutto il suo chiasso e calore, riempiendocene gli occhi.

Aniello Arena James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe
Aniello Arena James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe

Un malinconico James Franco alla ricerca dell’umanità

In questo animato, colorato ma anche violento contesto, si muove dunque il Dean di James Franco, attore che torna ad un ruolo da protagonista dopo qualche anno trascorso nell’ombra. Massiccio e appesantito dall’età, questo personaggio si trova a doversi ambientare in un contesto che non gli è proprio, con una lingua che parla a stento e tutte le difficoltà comunicative che questo comporta. Testardamente, però, Dean tenta di inserirvisi, aiutando come può e lasciandosi passare dalle mani denaro come fosse carta straccia. Perché, naturalmente, gli Stati Uniti hanno lasciato ben più di un semplice segno del proprio passaggio su Napoli (e l’Italia tutta).

La presenza in città di una Base Nato è solo una delle manifestazioni di quella città dei consumi che gli USA stanno esportando nel vecchio continente. Prodotti – di genere alimentare e non – altrimenti introvabili fanno la loro comparsa tra i vicoli di Napoli, divenendo dimostrazione di un certo status e fonte di potere. Ma a Dean tutto questo non interessa, è anzi completamente disinteressato ai beni materiali pur sfruttandoli a sua volta per cercare di raggiungere il proprio obiettivo: recuperare l’unico vero rapporto apparentemente rimastogli al mondo.

Il percorso che compie è allora appassionante e struggente proprio per questo suo non volersi arrendere e non darsi per vinto. Cosa che non farà neanche sul finale, potenzialmente prova di un suo apparente egoismo ma – almeno per chi scrive – dimostrazione della ritrovata fede nei rapporti, che è pronto a difendere ad ogni costo. Riflessioni che emergono a partire anche dalla straordinaria prova attoriale di Franco – circondato a sua volta da un gruppo di attori altrettanto convincenti – che Giovannesi guida all’interno di un racconto ben costruito, gestito con la giusta delicatezza nei toni e capace di lasciare quel prezioso calore nello spettatore.

Johnny Depp: 10 cose che forse non sai sull’attore

Johnny Depp: 10 cose che forse non sai sull’attore

Johnny Depp è semplicemente uno di quegli attori-divi noti anche a chi segue poco o nulla il mondo del cinema. Tra gli anni Novanta e i primi Duemila si è infatti distinto come protagonista di film estremamente popolari, dimostrando una capacità unica di passare da un genere all’altro con naturalezza, indossando sempre nuove maschere per dar vita ad alcuni dei personaggi più memorabili degli ultimi decenni. Anche oggi, momento in cui la sua carriera sembra prendere nuove direzioni, gode di una grandissima popolarità.

Ecco dieci cose da sapere su Johnny Depp.

I suoi film in ordine cronologico

 

1. I film e la carriera. La carriera dell’attore inizia nel 1984, quando prende parte al film Nightmare – Dal profondo della notte, per poi lavorare in Platoon (1986), Edward mani di forbice (1990), Buon compleanno Mr. Grape (1993), Ed Wood (1994) e Donnie Brasco (1997). La sua carriera continua con film come Paura e delirio a Las Vegas (1998), Il mistero di Sleepy Hollow (1999), Chocolat (2000), Blow (2001), La maledizione della prima luna (2003), Neverland – Un sogno per la vita (2004), La fabbrica di cioccolato (2005), Pirati dei Caraibi – La maledizione del forziere fantasma (2006) e Ai confini del mondo (2007), Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007), Nemico pubblico – Public Enemies (2009), Alice in Wonderland (2010) e The Tourist (2010). Tra i suoi ultimi film vi sono Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare (2011), Dark Shadows (2012), The Lone Ranger (2013), Transcendence (2014), Mortdecai (2015), Black Mass – L’ultimo gangster (2015), Alice attraverso lo specchio (2016), Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar (2017), Assassinio sull’Orient Express (2017), Arrivederci professore (2018), Animali fantastici – I crimini di Grindelwald (2018), City of Lies – L’ora della verità (2018), Arrivederci professore (2019) e Waiting for the Barbarians (2020). Nel 2021 è invece protagonista di Il caso Minamata, mentre nel 2023 recita in Jeanne du Barry – La favorita del re.

2. È anche doppiatore, produttore, regista e sceneggiatore. L’attore non ha svolto solo questa attività nel corso della sua carriera, ma ha intrapreso anche diverse strade nell’ambito del cinema, come quella di doppiatore. Infatti, ha prestato la propria voce per i film La sposa cadavere (2005), Rango (2011), Sherlock Gnomes (2018) e Johnny Puff: Secret Mission (2023). In quanto produttore, ha lavorato alla realizzazione di Hugo Cabret (2011) e poi a diversi di quelli anche interpretati, come The Rum Diary – Cronache di una passione (2011), Dark Shadows, The Lone Ranger e Il caso Minamata. Inoltre, ha lavorato alla sceneggiatura dei film Il coraggioso (1997), sua opera prima come regista. Nel 2024 ha poi diretto Modì – Tre giorni sulle ali della follia.

Johnny Depp presenta Modì a Roma

3. Ha partecipato alla Festa del Cinema di Roma. Il 26 ottobre Depp è arrivato a Roma per partecipare alla Festa del Cinema di Roma, dove ha presentato il suo nuovo film da regista, Modì – Tre giorni sulle ali della follia, con Riccardo Scamarcio nel ruolo del pittore e scultore Amedeo Modigliani. Depp ha dunque sfilato sul red carpet, per poi entrare in sala e ricevere il premio alla carriera. La sua presenza era stata sin da subito annunciata come il più grande evento di questa edizione della Festa.

Johnny Depp Jeanne du Barry
Johnny Depp in Jeanne du Barry. Foto di © Stéphanie Branchu

Johnny Depp da giovane ha iniziato a lavorare come musicista

4. Era membro di una popolare band. Prima di diventare l’attore popolare che oggi conosciamo, Depp aveva inizialmente intrapreso una carriera nella musica (che porta avanti tutt’oggi), fondando la sua prima rock band da garage chiamata The Flame, nome poi cambiato in The Kids, che acquistò una certa notorietà tanto che, negli anni ottanta, la venne ingaggiata per fare da apertura e da spalla ai concerti delle star più famose come i Talking Heads e Iggy Pop, idolo musicale di Depp. Tuttavia, il gruppo mancò di fare il salto di qualità e a quel punto Depp, grazie anche alla conoscenza con Nicolas Cage, entrò nel mondo del cinema.

Cosa fa oggi Johnny Depp?

5. Interpreterà Satana in un nuovo film. Negli ultimi anni Depp è apparso in meno film e ha limitato la sua partecipazione solo ad alcuni selezionati progetti. Ciò è dovuto alla causa giudiziaria contro la sua ex moglie come anche al suo parziale allontanamento da Hollywood. L’attore sembra infatti oggi interessato a spostarsi in Europa a livello lavorativo e si sta già preparando per un nuovo progetto: The Carnival at the End of the Days, dove interpreterà nientemeno che Satana.

Johnny Depp ha interpretato Gellert Grindelwald

 

6. Ha firmato senza leggere la sceneggiatura. L’attore desiderava talmente tanto di far parte delle serie di Animali fantastici da non curarsi della sceneggiatura. Infatti, si autodefinito come un grandissimo fan della serie. Quando gli fu proposto di interpretare Grindelwald, il villain di questa saga spin-off, egli ha dunque accettato senza il bisogno di ulteriori motivi.

Johnny Depp è Jack Sparrow in Pirati dei Caraibi

7. Si veste spesso da Jack Sparrow per i bambini. L’attore tiene molto alla felicità dei bambini e diverse volte ha vestito i panni del suo capitano per dare qualche momento di sollievo e gioia ai piccoli ricoverati in ospedale. Ha fatto lo stesso anche nel 2007 quando, dopo giorni difficili che hanno visto sua figlia tra la vita e la morte, con i reni non funzionanti a causa di un’infezione Escherichia Coli, ha deciso di ringraziare l’ospedale e di intrattenere i giovani pazienti ricoverati.

Johnny Depp e Orlando Bloom in Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo
Johnny Depp e Orlando Bloom in Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo. Foto di Stephen Vaughan – © Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.

I figli di Johnny Depp e Vanessa Paradis

8. Ha due figli. La storia più longeva e dell’attore è stata quella con la collega Vanessa Paradis, iniziata nel 1998 e conclusasi nel 2012. Dalla loro unione sono poi nati i figli Lily-Rose Depp (1999) e John “Jack” Christopher (2002). Lily-Rose, in particolare, sta oggi seguendo le orme del padre lavorando sempre più come attrice. La si è infatti vista nella serie The Idol e prossimamente sarà tra i protagonisti di Nosferatu.

Johnny Depp e Amber Heard

9. È nota la loro agguerrita battaglia legale. Nel 2012 Depp conosce la collega Amber Heard sul set di The Rum Diary e iniziano a frequentarsi, arrivando a sposarsi nel febbraio del 2015. Tuttavia, dopo neanche un anno e mezzo di matrimonio, la moglie ha chiesto il divorzio sostenendo di aver subito violenze domestiche da parte dell’attore mentre era ubriaco. È da lì partito un lungo processo che ha poi decretato la vittoria di Depp e la relativa condanna di Heard a risarcirlo con un totale di 10,35 milioni di dollari, ma che ha anche gettato un’ombra sulla loro carriera.

L’età e l’altezza di Johnny Depp

10. Johnny Depp è nato il 9 giugno del 1963 a Owensboro, nel Kentucky. La sua altezza complessiva corrisponde a 178 centimetri.

Fonti: IMDb, Biography, Daily Mail

L’ispirazione di Nicolas Cage per Longlegs è strana quasi quanto il personaggio stesso

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Longlegs sta per uscire finalmente in Italia, dopo aver incassato oltre 100 milioni di dollari al botteghino mondiale (il miglior risultato di sempre per il distributore Neon). Il film horror, di elegante fattura, vede protagonista Maika Monroe nel ruolo di una giovane agente dell’FBI a caccia del serial killer ossessionato dai codici cifrati interpretato da Nicolas Cage. Se avete visto il film, sapete che l‘interpretazione di Cage è profondamente inquietante. Dalla voce acuta alle labbra gonfie, fino al trucco bianco, il personaggio di Longlegs è assolutamente terrificante. Fin dalla prima del film, gli spettatori si sono chiesti cosa ci fosse esattamente dietro le scelte recitative di Cage. Come ha fatto Cage a creare un personaggio così strano? La risposta è inaspettata come il colpo di scena finale del film.

La risposta scioccante è stata rivelata durante la prima del film a Hollywood. In un’intervista sul red carpet per Extra (poi pubblicata da Forbes), a Cage è stato chiesto di spiegare il suo approccio al personaggio, e la sua risposta ha sollevato qualche sopracciglio. Cage ha effettivamente basato l’interpretazione sulla sua defunta madre, Joy Vogelsang, prestando i suoi modi e la sua voce all’antagonista androgino del film. Secondo le parole di Cage:

Quando stavo leggendo questo personaggio, è diventato una sorta di mia madre. Ho sentito la sua voce – non era satanica – ma ne ha passate tante“, ha spiegato a Extra, ‘ho sentito la sua voce e il modo in cui si muoveva e all’improvviso ho pensato: ’Sai, potrei metterlo in questo personaggio”. È un’ispirazione che devo a lei. Se sono bravo nel film, lo devo a mia madre”.

Anche Nicolas Cage ha preso in prestito da un classico film italiano la sua interpretazione di “Longlegs”

Longlegs Nicolas Cage
Nicolas Cage in Longlegs – Credits: NEON

Dopo aver deciso quale sarebbe stata la voce e i modi di fare di Longlegs, Cage ha cercato l’ispirazione visiva per il personaggio. Ha scelto Giulietta degli spiriti (1965), il classico di Federico Fellini incentrato su una donna offesa che trova la forza di lasciare il marito traditore. Il film, noto per i suoi forti temi di misticismo, è stato scelto da Cage quando si è ispirato a un personaggio in particolare, un profeta donna dall’aspetto unico. Ha spiegato a Hollywood Reporter:

Trovare questo personaggio molto androgino, con un look da lui e da lei, un look glam rock, era importante per me, in modo che non mi assomigliasse affatto e che trovassi liberatorio, che potessi parlare in questo modo, muovermi in questo modo e parlare di queste cose molto oscure. Volevo che il personaggio fosse un androgino quasi profeta, come nel film di Fellini Giulietta degli Spiriti”.

Il cattivo secondario di Longlegs è stato ispirato dalla madre di Osgood Perkins

Maika Monroe in Longlegs (2024)
Frame dal prologo di Longlegs – Credits: NEON

Per pura coincidenza, Cage non è stato l’unico membro della produzione a inserire sua madre nella narrazione. Il regista Oz Perkins (figlio del leggendario attore di Psycho Anthony Perkins) ha basato il cattivo secondario del film, Ruth Harker, sulla propria madre. Nel film, la modesta Ruth è costretta a mantenere segreta l’identità di Longlegs – un parallelo profondamente personale con la madre di Perkins, che ha mantenuto il segreto sulla sessualità del marito per decenni.

Mio padre era un attore che aveva una sorta di vita privata che non era accettabile nel mainstream, sia che lo si voglia chiamare gay o bisessuale”, ha spiegato Perkins a People, ‘Tua madre può proteggerti da una verità che lei ritiene sgradevole, e poi tu costruisci un film folle intorno a questo’. Quando gli è stato chiesto se prova risentimento nei confronti della madre per avergli tenuto nascosto il segreto del padre da bambino, Perkins ha risposto: “Neanche un po‘”. Ha poi aggiunto: “Nessuno lo fa bene. E mia madre è stata davvero fantastica… È quello che è, ed è quello che ti è stato dato, e cerchi di ricavarne qualcosa”.

Venom: The Last Dance, 6 modi per definire il futuro del simbionte

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Come Venom e Venom: La furia di Carnage prima di lui, Venom: The Last Dance si preannuncia un film divisivo. Tuttavia, ha mantenuto la promessa di concludere la storia di Eddie Brock e Venom, quindi bisogna dargli credito almeno per questo!

Naturalmente, quando si tratta di film di supereroi, sappiamo che questo non significa necessariamente nulla… soprattutto quando si parla di uno dei franchise più redditizi della Sony al di fuori di Spider-Man.

Venom: The Last Dance getta le basi per future storie che potrebbero o meno ruotare attorno a Eddie Brock. Il film, inoltre, fa pensare al futuro di Venom, a nuovi e terrificanti cattivi e a possibili conseguenze multiversali che potrebbero influire sui piani attuali dei Marvel Studios. È a tutti questi aspetti che oggi diamo un’occhiata più da vicino.

A New Symbiote Hero

A New Symbiote Hero

Nell’atto finale di Venom: The Last Dance, i simbionti acquistati dal governo americano vengono liberati e legati a vari scienziati e personale di sicurezza. La maggior parte viene uccisa dallo Xenofago, ma almeno uno sopravvive.

Juno Temple interpreta la dottoressa Payne, una scienziata amante dei simbionti che ha perso il fratello quando entrambi sono stati colpiti da un fulmine da bambini. Nei panni di Agony, sembra avere poteri basati sull’elettricità e una supervelocità che la rendono una formidabile e intrigante aggiunta a questo canone.

Visto che il film si è sforzato di darle una storia delle origini, saremmo scioccati se Agony non tornasse in futuro. Tuttavia, non siamo convinti che sia la scelta migliore per guidare un franchise tutto suo…

Eddie Brock a New York

Eddie Brock Tom Hardy

Il film si conclude con la morte apparente di Venom, che uccide l’invasore Xenophage e riesce a impedire a Knull di acquisire il Codex suo e di Eddie. Eddie, con il cuore spezzato, si reca da solo a New York, dove osserva la Statua della Libertà mentre piange l’amico caduto.

Il fatto che Eddie sia nella Grande Mela crea le premesse per iniziare a lavorare al Daily Globe e forse per entrare in una chiesa dove si riunirà con Venom… Tuttavia, dovranno essere apportate alcune modifiche importanti a questa storia in un mondo senza Spider-Man!

Mentre un altro viaggio nel Multiverso potrebbe riportare Eddie nella New York della Terra-616, questo sembra più un tentativo a metà da parte della Sony di mettere Venom nello stesso posto dei personaggi di Morbius e Madame Web per un eventuale crossover.

Il Re in Nero si è svegliato

Knull (Il re nero)

Knull vuole che il suo Xenofago gli porti Eddie e il Codice di Venom, perché è la chiave che aprirà la sua prigione su Kylntar. Il piano fallisce, ma il Re in Nero si è svegliato, il “Campione” della Terra è caduto e vuole distruggere tutto.

Onestamente, nonostante le recenti voci che suggeriscono che Spider-Man e Venom si uniranno per combattere Knull, non c’è nulla che suggerisca che questo sia il piano. Anzi, Knull sembra una minaccia per questa realtà e solo per questa.

Non è una cattiva idea dare all’Universo Marvel della Sony il proprio Thanos, soprattutto perché si sta creando una serie di personaggi che, volenti o nolenti, finiranno per riunirsi nei Sinistri Sei. Tuttavia, Venom, Morbius, Kraven il Cacciatore e Avvoltoio contro Knull? Considerateci non impressionati.

Venom… vive?

Spider-Man-Peter-Parker-Venom-black-costume-alien-symbiote

C’è una scena in Venom: The Last Dance vede un paio di personaggi discutere maldestramente di come gli scarafaggi possano sopravvivere praticamente a tutto. È un momento strano che si ripaga nella scena post-credits del film.

Tornando alle rovine dell’Area 51, vediamo uno scarafaggio volare in aria e atterrare vicino a uno dei contenitori rotti che prima contenevano un simbionte. Lo scarafaggio prende vita e si deduce che Venom potrebbe essere sopravvissuto legandosi all’insetto.

Se Venom non sta facendo un giro su questo insetto, allora questo è davvero il pungiglione più inutile che abbiamo mai visto. Tuttavia, crediamo che l’idea sia quella di lasciare aperta la porta alla possibilità che il simbionte si riunisca a Eddie.

Maximum Carnage

Venom: La furia Carnage

Mentre Venom: The Last Dance tratta il concetto di Symbiote Codex in modo molto diverso dai fumetti, il fatto che Carnage faccia parte della mente alveare del Simbionte è senza dubbio destinato ad aprire la porta al suo ritorno.

È quello che è successo sulla pagina (Cletus Kasady era persino in grado di controllare il suo costume alieno senza un corpo fisico) e, ammettiamolo, il cattivo è uno che meritava molto di più che essere mangiato in Venom: La furia di Carnage.

Vale anche la pena notare che, quando Venom ha consumato Carnage nei fumetti, alla fine ha dovuto espellere la sua potente progenie. Quello che ha passato in questo film “morendo” potrebbe essere sufficiente perché l’alieno assetato di sangue abbia una seconda possibilità. Forse è legato al Codice!

Il multiverso del tutto

spider-man

Venom: The Last Dance sembra prendere le distanze da Spider-Man: No Way Home, con Venom che dichiara di averne abbastanza di questo Multiverso di merda al suo arrivo a casa. Si tratta di un’anticipazione per il futuro o chiude la porta a un ritorno sulla Terra-616?

Non lo sappiamo. Onestamente, la Sony potrebbe aver girato queste scene post-credits per suscitare interesse nei confronti delle sue offerte per il 2021 e, anche se i teaser non hanno portato a nulla, hanno funzionato (e, ammettiamolo, è una cosa che fa molto Sony).

Spider-Man e Venom potrebbero unirsi per affrontare Knull? È possibile, certo, ma non c’è davvero nulla che crei le premesse perché ciò accada. Ma non c’è nemmeno nulla che suggerisca che non accadrà, quindi la decisione spetta ai Marvel Studios. Se c’è qualcuno che può sistemare Venom, sono loro…

Piccole cose come queste: recensione del film con Cillian Murphy – #RoFF19

Ci sono atti di umanità a cui non ci si può – o non ci si dovrebbe – sottrare. Anche quando compierli può compromettere la propria posizione, come ci si potrebbe guardare poi allo specchio o sedersi tra i propri cari facendo finta di nulla? Il protagonista di Piccole cose come queste, film diretto dal regista belga Tim Mielants e scritto dall’autore irlandese Enda Walsh (sceneggiatore di Hunger), di certo non può, e non vuole. È così che il ritorno sul grande schermo di Cillian Murphy dopo l’Oscar vinto per Oppenheimer avviene in nome della fermezza d’animo, dell’umanità e del fare ciò che è giusto.

L’occasione è una storia basata sul romanzo Piccole cose da nulla (2021) di Claire Keegan, in cui si racconta dello scandalo irlandese legato alle Case Magdalene, istituti femminili religiosi per donne ritenute immorali, dove queste ultime venivano sfruttate e maltrattate. Film d’apertura al Festival di Berlino 2024 (dove Emily Watson ha vinto l’Orso d’argento per la migliore interpretazione da non protagonista), Piccole cose come queste si costruisce dunque sui silenzi e gli sguardi di un’intera comunità, attraversando toni sommessi e la rigidità data dall’atmosfera invernale, che non può però raffreddare il cuore del protagonista.

La trama di Piccole cose come queste

Il film ci porta nell’Irlanda del 1985. Bill Furlog (Cillian Murphy) è un uomo silenzioso, dall’animo semplice, che ha dedicato la vita al lavoro (commercia e distribuisce legna e carbone), alla moglie Eileen (Eileen Walsh) e alle loro cinque figlie. Nei giorni che precedono il Natale, quando Bill entra nel cortile del convento locale, diretto da Suor Mary (Emily Watson), per consegnare del carbone, fa però un incontro che riporta a galla ricordi sepolti nella sua memoria. Non può ignorarli anche perché lo portano a scoprire segreti e verità che lo sconvolgeranno. Sarà il momento per Bill di decidere se voltarsi dall’altra parte o ascoltare il proprio cuore e sfidare il silenzio di un’intera comunità.

Cillian Murphy ed Eileen Walsh in Piccole cose come queste
Cillian Murphy ed Eileen Walsh in Piccole cose come queste. Photo Credits: Teodora Film

Il conflitto di un uomo

Ha il sapore di un racconto di Charles Dickens (Canto di Natale, Oliver Twist) il film di Tim Mielants. Non a caso l’autore britannico, celebre in particolare per i suoi romanzi sociali in cui denuncia i mali della società inglese ottocentesca, viene citato in più occasioni all’interno di Piccole cose come queste. Il motivo è la somiglianza tra ciò che entrambi vogliono restituire al proprio pubblico, con racconti che mirano non solo ad evidenziare certi orrori avvenuti nell’indifferenza generale, ma anche la necessità di compiere le giuste scelte quando ci si presenta il momento di farlo.

Con questo obiettivo, il film procede sommessamente tra grandi silenzi e una certa compostezza formale che sembra essere specchio delle emozioni soffocate del protagonista. Un’ora e mezza di racconto particolarmente densa, in cui tutto ciò che avviene accade dentro il cuore e la mente di Bill, con Cillian Murphy chiamato dunque a restituire tuttò ciò attraverso i suoi sguardi dolenti. Compito in cui l’attore è notoriamente un maestro, trasmettendo un senso di disagio crescente e che si svela a poco a poco con l’esplorazione del suo passato attraverso dei flashback.

Ma quello strano non è Bill, bensì chi – per un motivo o per un altro – gli suggerisce di rimanere in silenzio, di volgere altrove lo sguardo, di convincersi delle menzogne che gli vengono offerte. Per tutto il film il protagonista è  dunque continuamente scisso tra la tentazione di ascoltare questi consigli e l’ignorarli per fare ciò che sente moralmente giusto. Non è però il periodo natalizio a fare di Bill un uomo più buono, cresciuto sin da piccolo con la consapevolezza che aiutare chi è in difficoltà – come a suo tempo lo fu sua madre – è l’unico modo per far guarire un mondo malato.

Cillian Murphy in Piccole cose come queste
Cillian Murphy in Piccole cose come queste. Photo Credits: Teodora Film

Cose che non si possono ignorare

Non bisogna dunque aspettarsi particolari colpi di scena né tantomeno improvvisi cambiamenti di registro. Piccole cose come queste trova la sua forza proprio nella delicatezza con cui propone il proprio racconto, quasi come ci venisse sussurrato. Certo, c’è un evidente prima e dopo rispetto alla sequenza in cui Bill ha finalmente l’occasione di entrare nel convento di Suor Mary. Un momento del film che vira verso un registro da horror, con gli spazi scuri e angusti, oltre ai volti minacciosi delle suore (su cui spicca una mefistofelica Emily Watson). Ma è proprio in seguito a questo momento che i dubbi di Bill iniziano a sciogliersi.

Dopo aver visto l’orrore, ogni sospetto lascia il posto alla terrificante certezza, che gli impedisce di sedersi a tavola con le sue figlie sapendo di ciò che ragazze come loro subiscono. A questo punto lo spettatore giunge al massimo del coinvolgimento possibile, desideroso di scoprire quale scelta compirà il protagonista, poiché se da un lato scegliere fare la cosa giusta sembra scontato, dall’altra i motivi per non farla sarebbero molti e tutti apparentemente validi. Di certo, è anche nel portare lo spettatore a domandarsi cosa avrebbe fatto al posto di Bill che il film si dimostra riuscito nei suoi intenti.

Sono le piccole cose come queste a fare la differenza

Piccole cose come queste, come anticipato, ci narra una storia vera, ma andando oltre di essa risulta difficile non attualizzare il conflitto di Bill all’oggi, ad una società che, davanti a terribili guerre, si divide in chi volge lo sguardo altrove e in chi invece tende una mano al prossimo. Sono le piccole cose come queste del titolo a fare la differenza, molto più di quelle “grandi”. Azioni e gesti quotidiani che infondono speranza e salvano l’umanità, come specie e come natura. Il film ce lo ricorda con grande eleganza, regalandoci un protagonista tutt’altro che perfetto, ma che proprio per questo può essere di grande esempio.

The Fantastic Four: First Steps, Natasha Lyonne dice di aver finito le riprese… ma non può parlare del suo personaggio

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Poco dopo l’annuncio del cast principale di The Fantastic Four: First Steps, sono stati aggiunti diversi attori secondari al reboot dei Marvel Studios, ma i loro personaggi non sono stati resi noti.

Saremmo molto sorpresi se Paul Walter Hauser non interpretasse il cattivo Uomo Talpa e si ipotizza che John Malkovich possa essere stato scritturato per il ruolo del Dottor Franklin Storm. Per quanto riguarda Natasha Lyonne, la teoria più diffusa è che sia Alicia Masters, l’interesse amoroso di Ben Grimm, ma alcuni ritengono che possa fornire la voce del robot H.E.R.B.I.E.

Chiunque interpreti la star di Poker Face, ha finito di girare le sue scene per il film. Alla Lyonne è stato chiesto di entrare a far parte del Marvel Cinematic Universe durante una breve intervista con ET. L’attrice si è detta entusiasta di far parte del franchise, ma è stata molto attenta a non rivelare nulla del suo ruolo.

“Sono abbastanza grande da sapere che tutto questo è un dono, un sugo e una rarità e [lo] prendo con filosofia ”, ha detto al sito.

Tutto quello che c’è da sapere su The Fantastic Four: First Steps

Il film The Fantastic Four: First Steps è atteso al cinema il 25 luglio 2025. Come al solito con la Marvel, i dettagli della storia rimangono segreti. Ma nei fumetti, i Fantastici Quattro sono astronauti che vengono trasformati in supereroi dopo essere stati esposti ai raggi cosmici nello spazio. Reed acquisisce la capacità di allungare il suo corpo fino a raggiungere lunghezze sorprendenti. Sue, la fidanzata di Reed (e futura moglie), può manipolare la luce per diventare invisibile e lanciare potenti campi di forza. Johnny, il fratello di Sue, può trasformare il suo corpo in fuoco che gli dà la capacità di volare. E Ben, il migliore amico di Reed, viene completamente trasformato in una Cosa, con dei giganteschi massi arancioni al posto del corpo, che gli conferiscono una super forza.

Matt Shakman (“WandaVision”, “Monarch: Legacy of Monsters”) dirigerà The Fantastic Four: First Steps, da una sceneggiatura di Josh FriedmanJeff Kaplan e Ian SpringerPedro Pascal (Reed Richards) è noto al mondo per le sue interpretazioni in The MandalorianThe Last of Us e prima ancora in Game of ThronesVanessa Kirby (Sue Storm) ha fatto parte del franchise di Mission: Impossible e di Fast and Furious, mentre Joseph Quinn (Johnny Storm) è diventato il beniamino dei più giovani per la sua interpretazione di Eddie in Stranger Things 4Ebon Moss-Bachrach (Ben Grimm) sta vivendo un momento d’oro grazie al suo ruolo del cugino Ritchie in The Bear.

Fanno parte del cast anche Julia GarnerPaul Walter Hauser, John MalkovichNatasha Lyonne e Ralph Ineson nel ruolo di Galactus. Come confermato da Kevin Feige, il film avrà un’ambientazione nel passato, in degli anni Sessanta alternativi rispetto alla nostra realtà di Terra-616, per cui sarà interessante capire come i quattro protagonisti si uniranno agli altri eroi Marvel che conosciamo. Franklyn e Valeria Richards, figli di Reed e Sue, potrebbero comparire nel film.

Armor Wars: lo sceneggiatore parla della decisione dei Marvel Studios di trasformare la serie TV in un film

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Armor Wars è stata annunciata per la prima volta come serie TV Disney+ nel 2020. Yassir Lester è stato assunto come capo sceneggiatore nell’agosto del 2021, ma sono seguiti innumerevoli ritardi fino a quando, nel settembre del 2022, abbiamo appreso che il progetto era in fase di sviluppo come film.

Da allora non si è saputo più nulla del progetto, anche se Secret Invasion doveva gettare le basi per il film suggerendo che Rhodey era stato sostituito da uno Skrull mutaforma. Questo probabilmente è avvenuto dopo che è stato ferito da Visione durante la battaglia all’aeroporto di Captain America: Civil War”.

L’idea era carina in apparenza, ma i fan non sono stati contenti di come questo abbia sminuito il suo addio a Tony Stark in Avengers: Endgame. Lo Skrull Rhodey, inoltre, non ha fatto abbastanza durante il suo periodo come War Machine per rendere il passaggio di testimone così d’impatto come richiesto.

Cosa ha detto Don Cheadle su Armor Wars? 

Don Cheadle attore
Don Cheadle partecipa al photo call di “Miles Ahead” durante il 66° Festival Internazionale del Cinema di Berlino.
– Foto di tanka_v Via Depositphotos.com

Quando di recente è stato chiesto a Don Cheadle a che punto è la situazione con Armor Wars, ha risposto: “Potete scoprirlo e farmelo sapere. [Non lo so, non sono sicuro di come stiano le cose in questo momento. Penso che le cose stiano subendo molti cambiamenti, e vedremo cosa succederà, vedremo di cosa si tratta”.

“Penso che, come dire, la Marvel sia costantemente in uno stato di, tipo, ‘Qual è la cosa più interessante?’. E credo onestamente che alcuni dei loro film avrebbero dovuto essere delle serie e alcune delle loro serie avrebbero dovuto essere dei film ”, ha detto il regista a ComicBook.com. “E credo che ora ne stiano tenendo maggiormente conto, riflettendoci un po’ di più”.

“Finché non hanno ancora iniziato a girarlo, è come dire: chi se ne frega?”, ha aggiunto, prima di ammettere: “Penso che la storia che ho raccontato sia una serie molto divertente”.

Non è chiaro quanto Lester sia esattamente coinvolto in questa nuova iterazione di Armor Wars, anche se ha continuato a suggerire che la versione cinematografica arriverà al punto molto più rapidamente di quella che sarebbe stata più un’opera di carattere con la durata prolungata di uno show televisivo.

Come nel caso di Secret Invasion – tutte queste altre cose [come] il modo in cui la storia di Rhodey deve inserirsi nell’universo più grande, c’è una versione più rapida che lo proietta di nuovo nella storia un po’ più velocemente, invece di una meditazione su chi è il personaggio”.

Armor Wars non ha una data di uscita e probabilmente non avverrà prima di Avengers: Secret Wars… se mai verrà realizzato.

Venom: The Last Dance, la regista parla dell’assenza di Michelle Williams e dei piani per un Venom 4

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Venom: The Last Dance sposta l’azione fuori da San Francisco e, di conseguenza, saluta almeno alcuni personaggi secondari preferiti dai fan.

La signora Chen appare a Las Vegas, ma la Anne Weying di Michelle Williams – che si è trasformata in She-Venom in due occasioni – non si vede da nessuna parte. L’Hollywood Reporter ha chiesto alla sceneggiatrice e regista Kelly Marcel di spiegare questa decisione in una recente intervista.

“Volevamo davvero isolarli. Volevamo allontanarli dalla loro zona di comfort ”, ha spiegato la regista. “Volevamo allontanarli da tutto ciò che conoscevano e da tutti quelli che amavano, in modo che ora avessero solo l’un l’altro su cui contare”.

“Sapevamo che volevamo che raggiungessero una simbiosi l’uno con l’altra e che decidessero che sarebbero diventati i Protettori Letali e che avrebbero intrapreso questo viaggio insieme… tutti i personaggi dei film precedenti – a parte la signora Chen di Peggy Lu – non appartenevano a questa storia di viaggio”.

Alla domanda sul perché Eddie e Anne non abbiano mai riacceso la loro storia d’amore, Marcel ha aggiunto: “Noi ascoltiamo i fan. Dopo ogni film, torniamo indietro e guardiamo cosa è piaciuto e cosa non è piaciuto. Ed era molto, molto chiaro che la gente era molto legata alla relazione tra Venom ed Eddie”.

“Era quello che amavano, ma amavano anche il dottor Dan [Reid Scott] in Venom. Quindi ci siamo detti: ‘Beh, dobbiamo riportare Reid perché tutti lo amano’. L’asse su cui ruotano questi film è la relazione tra Venom ed Eddie, e si è sempre trattato di loro”.

Venom: The Last Dance inizia dove si era concluso Spider-Man: No Way Home, ma questo non significa che i Marvel Studios abbiano avuto un ruolo nel modo in cui si è svolta la storia. “Non sono stati [coinvolti] perché, dove ci troviamo nel MCU, è già qualcosa che avevamo girato ”, ha detto a proposito della scena di metà film di Spider-Man: No Way Home. “Sì, esisteva già”.

In altre parole, la Sony ha aggiunto quella e il cameo di Spidey in Venom: Let There Be Carnage, probabilmente senza il via libera dei Marvel Studio (come il ruolo dell’Avvoltoio in Morbius). Per quanto riguarda il piano per il pezzo di Simbionte rimasto sulla Terra-616, Marcel ha detto: “Credo che a questo punto sia un’ipotesi da non scartare”.

Cosa ha detto la regista su un potenziale Venom 4? 

Si è poi parlato di dove potrebbe andare il franchise di Venom e sembra ancora che Venom 4 sia più probabile di Spider-Man 4.

“Sì, è la fine di un contratto. Ci è stato chiesto di fare tre film, ne abbiamo fatti tre e chissà cosa ci riserverà il futuro”, ha detto il regista agli addetti ai lavori. “Spero che in questo terzo film abbiamo gettato le basi per loro, con altri personaggi, altri simbionti e cattivi con cui possono correre, se lo scelgono”.

“Ma questo è l’ultimo per Venom e Eddie”, ha sottolineato Marcel. “Abbiamo sicuramente pensato a questo, quindi sappiamo sicuramente quali potrebbero essere le storie, se le volessero”.

Il futuro di Venom è incerto, ma se questo è davvero l’ultimo ballo… beh, saranno contenti sia i fan che quelli delusi, visto quanto è stato divisivo il franchise da quando è stato lanciato nel 2018.

FOTO DI COPERTINA: L’attrice americana Michelle Williams arriva alla 75esima edizione dei Directors Guild Of America (DGA) – Foto di imagepressagency via Depositphotos.com

Thunderbolts*, la squadra avrà un ruolo “enorme” in Avengers Doomsday?

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Questa settimana sono mancate le notizie sui film a fumetti, ma abbiamo un paio di indiscrezioni sui prossimi due film Avengers: Doomsday e Secret Wars che ci accompagneranno nel fine settimana.

Secondo MTTSH, i personaggi che compongono la squadra del prossimo film sui Thunderbolts* avranno un ruolo “enorme” in Avengers: Doomsday. Questo confermerebbe una precedente indiscrezione secondo la quale questo “gruppo di disadattati meno atteso” si rivelerà in realtà come i New Avengers (da qui l’asterisco nel titolo).

Questo non significa necessariamente che questi personaggi da soli costituiranno la prossima incarnazione degli Eroi più potenti della Terra, ma sembra che il piano preveda che essi costituiscano la base di una nuova squadra, molto probabilmente sponsorizzata dal governo (vedremo quanto durerà), che si attiverà ufficialmente dopo (o forse durante) gli eventi di Avengers: Secret Wars.

Quali anticipazioni abbiamo invece su Secret Wars?

A proposito di Secret Wars, Daniel Richtman ha sentito che il film dovrebbe essere girato nel Regno Unito a partire da marzo 2026 “per dare spazio agli attori Marvel di girare altri progetti nel mezzo”. Lo scooper ha recentemente rivelato che le telecamere di Doomsday gireranno da marzo ad agosto del prossimo anno, mentre Spider-Man 4 dovrebbe iniziare la produzione a maggio e girare fino a ottobre.

Quando vedremo i vendicatori in azione?

Avengers: Doomsday arriverà nelle sale il 1° maggio 2026, seguito da Avengers: Secret Wars il 7 maggio 2027. Entrambi i film saranno diretti dai fratelli Russo, che fanno il loro ritorno nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

“Poter creare storie ed esplorare personaggi all’interno dell’Universo Marvel ha realizzato il sogno di una vita, e abbiamo scoperto una potente connessione con il pubblico in ogni film che abbiamo realizzato. Siamo entusiasti di collaborare ancora una volta con Kevin, Lou e tutto il team Marvel per portare questa epica avventura narrativa in luoghi nuovi e sorprendenti sia per i fan che per noi stessi”, hanno dichiarato i Russo in un comunicato dopo il panel del SDCC.

I registi hanno rivelato che Doomsday e Secret Wars non saranno girati back-to-back durante il NYCC della scorsa settimana.

“Sarà simile, ma avremo una pausa più ampia tra i due film rispetto a quella che abbiamo fatto”, ha detto Joe. “Credo che siano state quattro settimane forse? Erano quattro settimane tra Infinity War e Endgame?”. “Penso che siano state un paio di settimane ”, ha aggiunto Anthony. “Ma no, questi non sono separati come normalmente si separano due film di questa portata, ma sono più sostanzialmente separati [rispetto a Infinity War e Endgame] da un anno o giù di lì”.

Venom: The Last Dance, la regista rivela quando e perché Andy Serkis è stato scelto per il ruolo di Knull

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Venom: The Last Dance introduce finalmente Knull, Dio dei Simbionti. Il cattivo è stato definito come una minaccia multiversale e ora è considerato il più grande nemico di Eddie Brock.

Non sappiamo quale sarà il futuro di Knull; se Venom 4 si realizzerà, allora quella è probabilmente la destinazione più probabile per il personaggio. Tuttavia, se le notizie recenti sono attendibili, potremmo vedere il Re in Nero combattere contro Spider-Man e Venom nella prossima uscita in solitaria di Venom.

In occasione dell’uscita del film CBM ha parlato con lo sceneggiatore/regista di Venom: The Last Dance abbiamo parlato con lo sceneggiatore/regista Kelly Marcel e gli abbiamo chiesto della decisione di ingaggiare Venom: La furia di Carnage e la star di The Batman Andy Serkis nel ruolo di Knull.

Knull è stato il primo personaggio che abbiamo progettato per questo film ”, spiega la regista. “Prima di Venom-Cavallo… Xenofago e Knull sono stati i primi due [personaggi] che abbiamo progettato. Sapevamo che dovevamo fare bene Knull. È uno dei personaggi più amati dai fan. Volevamo che il suo aspetto si avvicinasse il più possibile a quello dei fumetti”.

venom the last dance cavallo
Venom: The Last Dance

Per quanto riguarda la prima volta che Andy Serkis è stato scelto per interpretare il Re in Nero, Marcel ha detto: “Sapevamo che Andy Serkis sarebbe stato Knull fin da Venom 2. Era il nostro regista in Venom 2; Tom e io parlavamo sempre in Venom 2 di come sarebbe stato Venom 3 e sapevamo di voler introdurre Knull nel modo in cui lo abbiamo fatto. Allo stesso tempo, guardando Andy Serkis ogni giorno mentre dirige, [ci siamo detti] ‘Beh, è il più grande’”.

“Knull è composto da CGI mo-cap e da un sacco di doppiaggio e c’è solo una persona per questo. È il più grande. Abbiamo sempre saputo che sarebbe stato Andy. Amiamo Andy e ci sembrava giusto ”, ha continuato. “Abbiamo portato con noi la maggior parte della nostra squadra per tutti e tre i film, quindi vogliamo che sia una famiglia. Andy è una parte enorme della famiglia di Venom”.

È difficile immaginare qualcuno migliore di Serkis per interpretare Knull e si è detto più volte che Venom: The Last Dance è solo un assaggio per le storie future. Se il Dio dei Simbionti dovesse essere al centro della scena in Spider-Man 4, Serkis si riunirà ai Marvel Studios dopo essere apparso in Avengers: Age of Ultron, Black Panther e What If…?

Anora: recensione del film di Sean Baker #RoFF19

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Anora: recensione del film di Sean Baker #RoFF19

Arriva alla 19° Festa di Roma con in mano già la Palma d’oro dell’ultimo Festival di Cannes Anora, la commedia di Sean Baker che riscrive le regole del romance e porta nella contemporaneità la fiaba di quella “gran culo di Cenerentola” che nel 1990 aveva il sorriso e le gambe lunghissime di Julia Roberts e che nel 2024 ha invece il corpo minuto e sensuale di Mikey Madison, stripper e prostituta newyorkese che cerca la fortuna tra una lap dance e un privé.

La storia di Anora, Cenerentola moderna

La vita di Ani (come le piace farsi chiamare) procede in maniera abbastanza regolare, tra vita notturna nello strip-club di Manhattan, e giornate passate a dormire e a recuperare energie. Una sera al locale dove lavora, data la sua capacità di parlare russo per via delle sue origini (la nonna era un’immigrata uzbeka), le viene affidato un cliente molto ricco: il suo coetaneo Ivan, detto “Vanja”, viziatissimo rampollo di un oligarca russo, che, attratto dalla ragazza, le offre 15 000 dollari per essere la sua fidanzata per una settimana. I due trascorrono dei giorni folli, divertendosi come non mai, guidati dal brio di Ani e dai soldi di Vanja, dediti solo a soddisfare le proprie voglie, di ogni tipo.

Fino a che a Las Vegas i due decidono di sposarsi: in questo modo lui non sarà costretto a rientrare in Russia dai genitori preoccupati, e lei avrà finalmente una vita agiata e serena, che le permetterà di lasciare il suo lavoro. Sembrerebbe proprio la fiaba di Pretty Woman citata sopra, se non fosse che siamo nel 2024 in un film di Sean Baker, e quindi qualcosa va storto e per Ani e Vanja arriva il momento di pagare il conto di quella settimana di baldoria e di quel matrimonio avventato.

Anora film (2024) – Sean Baker – Cre Film, FilmNation Entertainment

Dopo lo splendido Red Rocket, Sean Baker torna a raccontare uno degli aspetti del mondo della prostituzione attraverso la vita e l’indole di Anora, una giovane donna consapevole e presente a se stessa, che conosce la vita ma che si concede un piccolo spazio per sognare, nel momento in cui la sua storia personale sembra prendere una piega vantaggiosa. È pratica e diretta, capace di contrattare il prezzo del suo corpo e del suo tempo, vende se stessa con sfrontatezza e si batte per quello che ritiene suo. Una furia, una forza della natura, un involucro indistruttibile che nasconde un corpo morbido di tenerezza e fragilità e che per tutto il film cercherà di tenere nascosto.

Quella gran culo di Cenerentola” non va più di moda

La commedia di Baker rivede il classico romantico con Julia Roberts e Richard Gere, sostituendo ai due affascinanti e intramontabili miti di Hollywood due ragazzini dal fascino contemporaneo e sbarazzino che non saranno certo fatti l’uno per l’altra ma che sono altrettanto indimenticabili. E intanto il regista continua il suo racconto fiabesco di un’umanità ai margini che cerca il suo posto in Paradiso: una gita a Disneyland, un ritorno glorioso nel mondo del cinema per adulti, una vita ricca e agiata che escluda una volta per tutte la precarietà di doversi vendere per soldi.

Sia chiaro, Anora non è mai vittima delle sue scelte di vita. Come accennato sopra, il suo modo di affrontare il suo lavoro è consapevole e divertito, approccio raccontato con riuscitissime sequenze in cui la giovane donna si confronta con una sua collega prendendosi gioco dei clienti, delle loro perversioni, dei loro versi di piacere, del loro sentirsi forti e virili quando sono costantemente loro stessi vittime del loro lombi, posizionando Anora (e le sue colleghe) in una posizione di assoluto potere. È proprio questa consapevolezza che rende la protagonista tanto irresistibile, nonostante la sua talvolta irritante sicurezza.

Jurij Borisov in Anora – Cortesia di Universal Pictures International Italy

Jurji e Anora: travolti da un insolito destino

Sean Baker gioca con i suoi personaggi e con il genere, realizzando sequenze mozzafiato e regalando al pubblico personaggi indimenticabili, su tutti l’Igor di Jurij Borisov, che resta travolto dall’energia di Anora e crea da subito con lei un’alchimia isterica e violenta e allo stesso tempo tenera e accogliente. Igor rappresenta ciò che Anora non ha mai conosciuto e per questo non capisce mai fino in fondo, mai fino quell’ultima straziante scena che conclude la notte folle attraverso la quale è stato trascinato lo spettatore.

Se dal punto di vista formale e narrativo Anora di Sean Baker è nient’altro che una commedia convincente (anche se forse troppo dilatata nella seconda parte), con questo film il regista americano compie un passo in avanti verso l’immortalità della sua filmografia, riuscendo a tratteggiare dei personaggi indimenticabili con una precisione emotiva disarmante e tutta la bellezza delle scoperte lente e preziose: Ani si dischiude nella sua essenza di fronte allo spettatore, e pian piano, mentre il film avanza, si mette a nudo completamente, nell’intimo, facendo sentire nudo, vulnerabile e esposto anche chi la guarda e, inevitabilmente, alla fine, si innamora.

Anora – Cortesia di Universal Pictures International Italy
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