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Trieste Science+Fiction Festival: al via la 19° edizione

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Trieste Science+Fiction Festival: al via la 19° edizione

Comincia domani, martedì 29 ottobre, la 19° edizione del Trieste Science+Fiction Festival, in programma fino a domenica 3 novembre. Appuntamento nel capoluogo giuliano con la principale manifestazione italiana dedicata alla fantascienza, tra anteprime, eventi e ospiti internazionali.

La giornata inaugurale del festival triestino comincia alle 10.00 presso la Mediateca, con il Fantastic Film Forum: un programma di tre giorni denso di incontri specialistici, eventi di networking e workshop ad alta formazione professionale.

Alle 17.00 appuntamento al Politeama Rossetti con la proiezione in versione restaurata del film “Alien” (1979), capolavoro di Ridley Scott e fortunatissimo cult fantascientifico che quest’anno compie i suoi primi 40 anni.

Alle 19.00 sempre al Rossetti inaugura la mostra “L’ingenua curiosità di Jacopo Starace”, esposizione dedicata alle opere visionarie dell’illustratore e fumettista italiano Jacopo Starace, autore dell’immaginifico poster 2019 del trieste Science+Fiction Festival. Sempre al Rossetti alle ore 20.00 si terrà la cerimonia d’apertura del festival, a cui seguirà la proiezione in anteprima italiana del film “Little Big Joe” di Jessica Hausner, una versione ipnotica e visivamente affascinante del cult “L’invasione degli ultracorpi”.

Alle 22.30 la serata prosegue con l’anteprima italiana di “Depraved” del regista e attore di culto Larry Fessenden, qui alle prese con una riflessiva rivisitazione del Frankenstein di Mary Shelley.

Trieste Science+Fiction Festival

Trieste Science+Fiction Festival è il più importante evento italiano dedicato ai mondi della fantascienza e del fantastico. Cinema, televisione, new media, letteratura, fumetti, musica, arti visive e performative compongono l’esplorazione delle meraviglie del possibile. Fondato a Trieste nell’anno 2000 ha raccolto l’eredità dello storico Festival Internazionale del Film di Fantascienza di Trieste svoltosi dal 1963 al 1982, la prima manifestazione dedicata al cinema di genere in Italia e tra le prime in Europa.

La selezione ufficiale del Trieste Science+Fiction Festival presenta tre concorsi internazionali: il Premio Asteroide, competizione internazionale per il miglior film di fantascienza di registi emergenti a livello mondiale, e i due Premi Méliès d’argento della Méliès International Festivals Federation per il miglior lungometraggio e cortometraggio di genere fantastico europeo. La sezione Spazio Italia ospita il meglio della produzione nazionale. Immancabili, infine, gli Incontri di Futurologia dedicati alla scienza e alla letteratura, in collaborazione con le istituzioni scientifiche del Sistema Trieste, e la consegna del premio alla carriera ad un maestro del fantastico.

Trieste Science+Fiction Festival è organizzato da La Cappella Underground, storico cineclub triestino fondato nel 1969. La manifestazione si avvale del contributo, collaborazione e sostegno dei seguenti enti promotori: MiBAC – Direzione Generale Cinema, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Comune di Trieste, Fondazione CRTrieste, Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali, ARPA FVG LaREA, Università degli Studi di Trieste, e dei principali enti scientifici del territorio, AREA Science Park, ICGEB, ICTP, INAF – Osservatorio Astronomico di Trieste, IS Immaginario Scientifico – Science Centre, SISSA, Università Popolare di Trieste.

Trieste Science+Fiction Festival è membro ufficiale del board della Méliès International Festivals Federation e fa parte dell’AFIC – Associazione Festival Italiani di Cinema. Il Festival è riconosciuto dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia tra i progetti triennali di rilevanza regionale di interesse internazionale in campo cinematografico. La manifestazione si avvale del patrocinio dei principali enti scientifici del territorio e partecipa al programma proESOF in vista di ESOF2020 – Euroscience Open Forum Trieste.

The Witcher al Lucca Comics & Games: tutte le attività

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The Witcher al Lucca Comics & Games: tutte le attività

Tra i titoli protagonisti dell’edizione 2019 di Lucca Comics & Games, la nuova serie originale Netflix The Witcher, ispirata all’omonimo best-seller fantasy, parteciperà al festival con diversi appuntamenti, tra cui la mostra Le vesti del Continente, un viaggio alla scoperta dei costumi della serie. Realizzata in collaborazione con Lucca Comics & Games, questa esposizione è il risultato di un sodalizio che ha dato vita ad un’attività inedita, legata ad una delle serie più attese del momento.

Dal 30 ottobre al 3 novembre infatti, presso Baluardo San Pietro, i visitatori potranno toccare con mano il making of dell’iconica serie, dagli eleganti abiti alle possenti armature, dai tessuti pregiati alle armi realizzate da artigiani. Attraverso il racconto delle tecniche utilizzate e di alcuni aneddoti legati alla produzione dei costumi, i visitatori avranno l’opportunità di dare un primo sguardo dietro le quinte di The Witcher, scoprendo l’importanza di ogni singolo costume nella definizione di ciascun personaggio.

THE WITCHER al LUCCA COMICS & GAMES

Tutti gli appuntamenti dedicati a The Witcher a Lucca Comics & Games 2019:

  • 30 ottobre: apertura della mostra Le vesti del continente.
  • 31 ottobre:  due panel dedicati alla serie, il primo con la showrunner e produttrice esecutiva Lauren Schmidt Hissrich e lo scrittore del libro da cui è tratta la serie Andrzej Sapkowski, il secondo sempre con Lauren Schmidt Hissrich, questa volta accompagnata dalle attrici protagoniste Anya Chalotra e Freya Allan. Tra un panel e l’altro sarà mostrato in anteprima mondiale il trailer.
  • 1 novembre: il produttore esecutivo Tomek Baginski, il costume designer Tim Aslam e il production designer Andrew Laws racconteranno al pubblico aneddoti e curiosità sulla creazione della serie.

Inoltre, per tutta la durata del Festival, la città di Lucca diventerà il Continente, iconica ambientazione della serie, e il Sotterraneo San Paolino il suo ingresso principale, per un’esperienza immersiva nel suggestivo mondo di The Witcher.

The Witcher, trama e cast della serie originale Netflix

Ispirata al best-seller fantasy, The Witcher è una fiaba epica. Geralt di Rivia, un solitario cacciatore di mostri, lotta per trovare il suo posto in un mondo in cui le persone spesso si dimostrano più malvagie delle bestie. Ma quando il destino lo spinge verso una potente strega e una giovane principessa con un pericoloso segreto, i tre devono imparare a convivere per affrontare insieme un viaggio. Nel cast della serie: Henry Cavill (Geralt di Rivia), Freya Allan (Ciri, la principessa di Cintra), Anya Chalotra (la maga Yennefer), Jodhi May (la Regina Calanthe), Björn Hlynur Haraldsson (il cavaliere Eist),  Adam Levy  (il druido Saccoditopo), MyAnna Buring (Tissaia), Mimi Ndiweni (Fringilla), Therica Wilson-Read (Sabrina) e Millie Brady (la Principessa Renfri).

Quattro episodi, tra cui il primo, saranno diretti da Alik Sakharov (House of Cards, Il Trono di Spade), mentre Alex Garcia Lopez (Marvel – Luke Cage, Utopia), Charlotte Brändström(Outlander – L’ultimo vichingo, Counterpart e Disparue) e Marc Jobst (Tin Star, Marvel’s The Punisher) dirigeranno due episodi ciascuno.

MCU: tutti i momenti che hanno diviso i fan

MCU: tutti i momenti che hanno diviso i fan

Inaugurato nel 2008 da Iron Man, il MCU ha costruito un pezzo importante della storia del cinema battendo qualsiasi record (l’ultimo, con Avengers: Endgame, diventato il maggiore incasso di sempre). Tuttavia questo successo non ha escluso qualche controversia…

Ecco allora di seguito i momenti che hanno diviso i fan nell’intero franchise:

Steve Rogers e il flirt con Sharon Carter

Iniziamo con quella che è a tutti gli effetti l’intreccio amoroso più improbabile e controverso del MCU: Steve Rogers e Sharon Carter, che gli scrittori di Captain America: Civil War hanno inspiegabilmente deciso di rendere una “coppia” senza una base concreta. Durante la seconda guerra mondiale infatti, Cap si era innamorato di Peggy, e il fatto che flirtasse con sua nipote baciandola dopo il funerale della zia è sembrato alquanto strano…Forse l’attrazione per il dna ha preso il sopravvento?

Star-Lord e l’errore contro Thanos

Chris Pratt

Una buona fetta di fan ha rivolto critiche piuttosto aspre alle azioni di Star-Lord in Avengers: Infinity War sostenendo che il personaggio fosse la causa principale della sconfitta degli eroi contro Thanos. Prima della battaglia finale nel Wakanda infatti, Vendicatori e Guardiani della Galassia si trovano su Titano e stanno per sfilare il guanto dell’infinito dalla mano del Titano Pazzo quando quest’ultimo, rivolgendosi a Peter Quill , confessa di aver ucciso Gamora. La reazione del ragazzo è così violenta da permettere a Thanos di liberarsi dalla presa e fuggire.

Sulla questione sono tornati anche i fratelli Russo, spiegando che “Si, è stata colpa sua ma pensate che quel momento è il punto di svolta di quella scena. Stiamo pur sempre parlando di esseri umani imperfetti che fanno scelte emotive, anzi, scelte umane. Se Peter non l’avesse fatto, il film avrebbe potuto finire lì il suo corso…

Il casting di Tilda Swinton

I Marvel Studios sono stati ampiamente criticati anche dopo il casting di Tilda Swinton in Doctor Strange, dove avrebbe ricoperto il ruolo dell’Antico, e non soltanto a causa del gender swap, ma anche per il fatto che non si trattasse di un attore asiatico. Nei fumetti il personaggio è nato nelle zone dell’Himalaya, mentre la scelta fu giustificata dicendo che l’obiettivo era evitare qualsiasi stereotipo razziale favorendo la versione della Swinton e il suo innegabile talento.

La sostituzione di Terrence Howard

Dopo la lavorazione di Iron Man, Terrence Howard ha lasciato il ruolo di James Rhodes a Don Cheadle in Iron Man 2 con grande delusione dei fan, scelta motivata in seguito da problemi di natura economica (a quanto pare l’attore aveva chiesto più soldi). Tuttavia questa non è la versione integrale dei fatti: Howard, che aveva aiutato Robert Downey Jr. ad ottenere la parte nel 2007, fu “privato” di una porzione di stipendio promessa dallo studio e finita nella busta paga del collega!

Il ritorno di Coulson

captain marvel Vendicatori

Phil Coulson viene ucciso da Loki nel corso di The Avengers, momento straziante che ispira gli eroi più potenti della Terra a lavorare insieme e salvare il pianeta dall’attacco alieno, ma per il personaggio la vita continua: Coulson resuscita infatti più tardi nella serie Agents of S.H.I.E.L.D. e non è più stato menzionato nei film (tranne in Captain Marvel, che però è ambientato negli anni novanta). Per quanto ne sappiamo, i Vendicatori pensano ancora che sia morto, così come i fan reclamano a gran voce una spiegazione di questo strano evento…

La scena eliminata di Valchiria

Durante la produzione di Thor: Ragnarok, Tessa Thompson ha suggerito al regista Taika Waititi di includere una scena in cui avremmo visto una donna lasciare la camera da letto di Valchiria, confermando così la sua bisessualità come canone nel MCU. Waititi ha persino girato la scena, ma a quanto pare i Marvel Studios sono intervenuti per eliminarla dal montaggio finale. Il motivo? Avrebbe rallentato il ritmo del film. Peccato, perché sarebbe stata un’opportunità per ampliare il discorso LGBT…

La morte di Vedova Nera

L’endgame è stato letterale per due dei membri originali dei Vendicatori nel quarto capitolo sugli Avengers, in cui i fan hanno dovuto salutare Iron Man e Vedova Nera. Ma se per Tony Stark la fine dei giochi è sembrata la giusta conclusione del suo arco narrativo, lo stesso non si può dire per l’eroina di Scarlett Johansson. Si, la morte di Natasha Romanoff è stata epica e commovente, ma totalmente inaspettata…

Il falso Mandarino

Arriviamo alla più grande delusione di tutto il franchise e al momento che ha maggiormente deluso buona parte dei fan: la rivelazione, in Iron Man 3, del “falso” Mandarino e dell’assenza del reale leader terrorista e iconica nemesi di Tony Stark nei fumetti nel MCU. Questo attore di nome Trevor Slattery ha infatti recitato il ruolo nel terzo capitolo del franchise, rimandando l’ingresso del personaggio al film su Shang-Chi.

Leggi anche – MCU: 10 crossover che vorremmo vedere al cinema

Fonte: Screenrant

Downton Abbey: quando inizieranno le riprese del sequel?

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Contro ogni previsione, il film di Downton Abbey che ha portato sul grande schermo le storie e i personaggi creati da Julian Fellowes, si è rivelato un incredibile successo al box office americano (e non solo), confermando non soltanto l’affetto dei fan ma anche un innegabile potenziale per quanto riguarda lo sviluppo di un sequel.

Il pubblico vuole vedere un’altra “puntata” dedicata alla famiglia Crawley, e a quanto pare le cose si stanno giù muovendo nella giusta direzione.

A dichiararlo è uno dei produttori esecutivi di Downton Abbey, Gareth Neame, suggerendo la data di inizio riprese in un’intervista con Forbes: “Ovviamente siamo ancora nelle fasi iniziali del progetto, ma stiamo andando avanti con il nostro pensiero su quale sarebbe la prossima storia e quando potremo essere in grado di realizzarla. Non abbiamo il semaforo verde, non è confermato, ma il film è stato fatto così bene che credo che tutti, compresi gli attori, tornerebbero sul set con piacere. Quindi cercheremo sicuramente di andare avanti e, speriamo, entro il prossimo o due anni, ne faremo un altro.

Dowton Abbey, la recensione del film

Downton Abbey – Il film segna il ritorno della “saga” familiare dei Crawley e del personale al loro servizio, esplorata già nell’omonima serie tv e ambientata nel suggestivo contesto della loro casa in stile edoardiano situata nella campagna inglese. Nel corso delle sei stagioni, lo show ha ottenuto 3 Golden Globes, 15 Emmy, 69 candidature complessive agli Emmy, diventando il programma televisivo non-americano più nominato nella storia degli Emmy.

Tornano nel cast Maggie Smith, Hugh Bonneville, Laura Carmichael, Michelle Dockery e Elizabeth McGovern più alcune new entry come Tuppance Middleton, Simon Jones e Imelda Staunton. Scritto da Julian Fellowes, il creatore dello show, Downton Abbey – Il Film è stato diretto da Michael Engler. Di seguito trovate il trailer in lingua originale.

Downton Abbey: l’intervista a Michelle Dockery

Fonte: Forbes

Shang-Chi: aggiunto un altro cattivo? Nuovi dettagli della storia

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Con l’inizio della produzione di Shang-Chi e The Legend of the Ten Rings, iniziano a girare alcune voci molto interessanti sul casting. Mentre il Mandarino è, ovviamente, il cattivo principale del film, si dice ora che la Marvel sia interessata ad aggiungere al film nuovi personaggi, antagonisti dell’eroe (tramite MCU Cosmic).

Il primo è Steel Claw e l’attore che lo interpreta dovrà conoscere le arti marziali. Nei fumetti non c’è personaggio con questo nome ma potrebbe trattarsi di un nome in codice per Tiger-Claw. Poi ci sono Moving Shadow, Razor-Fist e Ghostmaker. Questo trio si è scontrato con Shang-Chi molte volte nel corso degli anni e sembra che l’eroe avrà un bel da fare.

È interessante notare che il sito riporta anche “che il film potrebbe comprendere un torneo di combattimento sotterraneo in stile Bloodsport”. Questo spiegherebbe perché ci sono così tanti possibili cattivi.

Secondo ulteriori dettagli, Steel Claw dovrebbe essere una sorta di maestro, un martial artist prodigio, fuggito da suo padre, il Mandarino, e questo potrebbe implicare seri sviluppi narrativi per il nostro eroe.

Il film si intitolerà Shang-Chi and the Legend of the Ten Rings e vedrà protagonisti Awkwafina e Tony Leung nei panni del Mandarino. Il regista, Destin Daniel Cretton, ha parlato dell’essere cresciuto alle Hawaii: “È grandioso che Kevin Feige stia facendo film che riflettono bei color in questa sala”.

Il protagonista è interpretato da Simu Liu. Del suo casting, Liu ha commentato: “Mi sento come se fossi un esperimento sociale della Marvel che prende un ragazzo normale di Toronto per un suo film.” 

Dal titolo ufficiale del film immaginiamo che Shang-Chi renderà giustizia al Mandarino e all’organizzazione dei Dieci Cerchi, vista in Iron Man e in Ant-Man.

Vi ricordiamo che il fumetto originale è stato creato da Steve Englehart e Jim Starlin nel 1973, e come “Maestro del Kung-Fu” Shang-Chi si serve della sua straordinaria abilità nelle arti marziali per combattere il male e in particolare suo padre Zheng Zu. Si unirà perfino ai Vendicatori, ottenendo il potere di creare innumerevoli duplicati di se stesso.

Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, confermato il ritorno di [SPOILER]?

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Arriva in esclusiva dal sito Showbiz411 il rumor definitivo su Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia che arriverà nelle nostre sale tra meno di due mesi. Secondo il report Hayden Christensen tornerà a sorpresa nei panni di Anakin Skywalker sotto forma di fantasma della forza, proprio come accaduto con Yoda  nel finale di Gli Ultimi Jedi; a quanto pare l’attore avrebbe girato le sue scene in gran segreto lo scorso anno.

Da mesi si specula sul possibile ritorno del personaggio nel franchise dopo l’ultima apparizione in Episodio III: La vendetta dei Sith, anche alla luce delle numerose occasioni in cui Christensen si è fatto vedere in pubblico in compagnia di McDiarmid. Di recente il video diffuso da KUTV (via Comicbook.com) che mostrava i due attori durante la visita all’ospedale pediatrico di Salt Lake City in concomitanza con il Fan Comic Convention di Salt Lake, sembrava suggerire l’inizio di una studiata strategia di marketing prima dell’improvvisa cancellazione del panel da parte della Disney.

Ma non finisce qui: un’altra voce riporta che Harrison Ford potrebbe indossare per l’ultima volta i panni di Han Solo. Sarà davvero così?

Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, 10 teorie sul ritorno di Anakin

Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, capitolo conclusivo della nuova trilogia del franchise diretto da J.J. Abrams, arriverà nelle sale a dicembre 2019. Nel cast Daisy RidleyOscar IsaacJohn BoyegaKelly Marie TranNaomi AckieJoonas Suotamo, Adam Driver, Anthony DanielsBilly Dee Williams Lupita Nyong’o, Domhnall Gleeson, Billie Lourd e il veterano del franchise Mark Hamill. Tra le new entry c’è Richard E. Grant.

Il ruolo di Leia Organa sarà interpretato di nuovo da Carrie Fisher, usando del girato mai visto prima da Star Wars: Il Risveglio della Forza“Tutti noi amiamo disperatamente Carrie Fisher – ha dichiarato Abrams – Abbiamo cercato una perfetta conclusione alla saga degli Skywalker nonostante la sua assenza. Non sceglieremo mai un altra attrice per il ruolo, né mai potremmo usare la computer grafica. Con il supporto e la benedizione della figlia, Billie, abbiamo trovato il modo di onorare l’eredità di Carrie e il ruolo di Leia in Episodio IX, usando del girato mai visto che abbiamo girato insieme per Episodio VII.”

Leggi anche:

Star Wars: L’ascesa di Skywalker, le previsioni per il destino dei personaggi

Fonte: Showbiz411

Avengers: Endgame, gli sceneggiatori volevano far tornare Arnim Zola

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Gli sceneggiatori di Avengers: Endgame, Christopher Markus e Stephen McFeely, si sono recentemente seduti a parlare con Cinema Blend per discutere del film. La conversazione ha ovviamente riproposto molte informazioni che ormai conosciamo bene, ma tra queste c’è anche una rivelazione: il personaggio di Arnim Zola sarebbe dovuto ritornare.

“Torno sempre al me stesso ragazzo quando penso a ciò che voglio vedere sullo schermo, e ho pensato a MODOK – ha spiegato Markus – Inoltre, parte di me avrebbe voluto… dunque, è difficile dire se fosse stato ufficialmente distrutto o no, ma non mi dispiacerebbe vedere una terza incarnazione di Zola. Ora in un corpo robotico. Siamo partiti che era un essere umano, e poi lo abbiamo visto come immagine su uno schermo, magari adesso è impiantato in un robot! Non posso dire che succederà, ma sarebbe divertente.”

MODOK è un personaggio dei fumetti che i fan avrebbero voluto vedere in azione da molto tempo, ma che data la sua natura e forma, è complicato da rendere a schermo in maniera credibile. Per quanto riguarda Arnim Zola, invece, sarebbe molto divertente vederlo interagire ora con Bucky e con Cap!

Un anno dopo la folle corsa agli Oscar di Black Panther (il primo cinecomic della storia ad essere candidato nella categoria Miglior Film capace di conquistare ben tre statuette) Disney e Marvel Studios lanciano ufficialmente la campagna a sostegno di Avengers: Endgame.

Film evento del decennio, Avengers: Endgame è riuscito in un’impresa che sembrava impossibile: ricapitolare un discorso narrativo iniziato nel 2008 da Iron Man riunendo sul grande schermo tutti i personaggi del Marvel Universe. Gli incassi hanno premiato lo studio di Kevin Feige, raggiungendo e superando in cima alla classifica Avatar di James Cameron.

Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Gli Eterni: emergono nuove foto dal set

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Gli Eterni: emergono nuove foto dal set

Sono state rubate nuove foto dal set de Gli Eterni, uno dei prossimi appuntamenti con gli eroi Marvel al cinema. Ricordiamo che nel cast del film ci sono anche Angelina Jolie e Kit Harington.

Le immagini trapelate non mostrano nuovi personaggi ma fanno luce sul tipo di ambientazioni antiche che possiamo aspettarci di vedere nel film. È stato detto che il debutto sul grande schermo del team coprirà un arco narrativo di migliaia di anni, e questo lo rende certamente uno dei progetti più ambiziosi mai realizzati dai Marvel Studios.

Ecco le immagini:

Online sono già trapelate le prime foto dal set con Angelina Jolie nei panni di Thena e Gemma Chan in quelli di Sersi, oltre alla costruzione della porta d’ingresso di Babilonia (una delle location più famose dei fumetti).

Il film, diretto da Chloe Zhao, vedrà nel cast anche Richard Madden (Ikaris),  Kumail Nanjiani (Kingo), Lauren Ridloff (Makkari), Brian Tyree Henry (Phastos), Salma Hayek (Ajak), Lia McHugh (Sprite) e Don Lee (Gilgamesh).

Secondo gli ultimi aggiornamenti, il cinecomic includerà nel MCU gli esseri superpotenti e quasi immortali conosciuti dai lettori come Eterni e i mostruosi Devianti, creati da esseri cosmici conosciuti come Celestiali. Le fonti hanno inoltre rivelato al The Hollywood Reporter che un aspetto della storia riguarderà la storia d’amore tra Ikaris, un uomo alimentato dall’energia cosmica, e Sersi, eroina che ama muoversi tra gli umani.

La sceneggiatura è stata scritta da Matthew e Ryan Firpo mentre l’uscita nelle sale de Gli Eterni è stata fissata al 6 novembre 2020.

Martin Scorsese e i film Marvel, ecco la risposta degli sceneggiatori di Endgame

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Le recenti dichiarazioni di Martin Scorsese sui film Marvel hanno scatenato una serie di reazioni polemiche (molte delle quali animate dalla totale mancanza di comprensione del vero significato di quelle parole) e spinto diverse personalità legate al mondo dei cinecomic a rispondere con toni molto più pacati (vedi Bob Iger o James Gunn).  Gli ultimi a commentare sono stati gli sceneggiatori di Avengers: Endgame sul red carpet dei Governors Awards ieri sera, difendendo i progetti a cui hanno lavorato per quasi dieci anni.

Tutti hanno diritto alla loro opinione” hanno spiegato Christopher Markus e Stephen McFeely a Variety, “Chiaramente questo film – Endgame – ha raggiunto un gran numero di persone e ne ha soddisfatte altrettante, e questo in un modo che non si vedeva da tempo. Se questo non è cinema…È un’esperienza collettiva, emotiva, che abbraccia tutto il mondo. Inoltre Hollywood è una realtà inclusiva per varie persone e c’è spazio per ogni genere di film o pubblico.

Martin Scorsese e i cinecomic: ecco la verità

Questi blockbuster, i cinecomic, sono parchi a tema, anche se molti sono realizzati davvero bene“, aveva dichiarato il regista in una recente intervista con Entertainment Weekly, chiarendo una volta per tutte la sua posizione per nulla “ostile” contro questa tipologia di prodotto. “È una forma differente di cinema o una nuova forma. Speriamo ci siano cinema che mostrino anche film che non siano di quel genere“.

Interessante anche il pensiero di Olivier Assayas, espresso pochi giorni fa durante la Festa del cinema di Roma, che ha posto l’accento sulle differenze tra fonte originale e film e offerto un punto di vista alternativo a quello di Martin Scorsese: Penso che i film Marvel, e lo dico da lettore e appassionato di fumetti, abbiano smarrito tutto quello che mi piaceva di quelle storie, dalla violenza al sesso, dalla vita all’originalità, che non vedo mai in queste produzioni. Non mi piacciono perché artisticamente e visivamente mi sembrano molto poveri, si assomigliano tutti e ho difficoltà a identificarmi con personaggi come Captain America o Thor”.

Leggi anche:

Fonte: Variety

Avengers: Endgame, una morte alternativa per Iron Man

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Avengers: Endgame, una morte alternativa per Iron Man

La morte di Iron Man in Avengers: Endgame è il coronamento di un’esperienza cinematografica lunga dieci anni, il sigillo sulla vita di un eroe che ha faticato a diventarlo e che poi ha dato tutto per il bene del mondo. Insomma, con il sacrificio di Tony Stark per battere Thanos, siamo dalle parte del momento iconico.

Secondo Jeff Ford, il montatore del film, la scena finale è passata attraverso numerose versioni, prima di diventare quella definitiva che abbiamo visto in sala. Parlando con Collider ha detto: “Quando stavamo mettendo insieme la fine del film, quando abbiamo girato l’ultimo momento di Tony, abbiamo girato un sacco di opzioni alternative. Robert aveva idee diverse … Gli abbiamo dato spazio per farlo. Joe e Anthony sono molto bravi ad improvvisare e così abbiamo girato diverse volte la scena con alternative, alcune delle quali davvero folli. Alcune non le vedremo mai.” Ha spiegato.

Ha continuato dicendo che la sua versione preferita prevedeva che Thanos e Iron Man non dicessero nulla e si scambiassero invece solo uno sguardo, prima della fine. Tuttavia, è stato deciso che il Titano Pazzo aveva bisogno che il tema dell’ineluttabilità, che si era portato dietro per tutto Avengers: Infinity War, trovasse un posto anche nella sua ultima scena.

Per fortuna questa decisione ci ha dato modo di assistere a quel “Io sono Iron Man” che tanto ci ha fatti piangere ed emozionare.

Un anno dopo la folle corsa agli Oscar di Black Panther (il primo cinecomic della storia ad essere candidato nella categoria Miglior Film capace di conquistare ben tre statuette) Disney e Marvel Studios lanciano ufficialmente la campagna a sostegno di Avengers: Endgame.

Film evento del decennio, Avengers: Endgame è riuscito in un’impresa che sembrava impossibile: ricapitolare un discorso narrativo iniziato nel 2008 da Iron Man riunendo sul grande schermo tutti i personaggi del Marvel Universe. Gli incassi hanno premiato lo studio di Kevin Feige, raggiungendo e superando in cima alla classifica Avatar di James Cameron.

Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Light of My Life: recensione del film di Casey Affleck #RomaFF14

Light of My Life: recensione del film di Casey Affleck #RomaFF14

Si apre con una favola della buonanotte il film Light of My Light, scritto, diretto e interpretato dal premio Oscar Casey Affleck. Una favola raccontata ancor prima che venga svelato il contesto in cui ci troviamo e chi siano i due protagonisti che vediamo sullo schermo. All’interno di questo racconto, apparentemente banale, che un padre fa al figlio, si racchiude il senso del film. E ben presto scopriamo che quel figlio è in realtà una figlia, forse l’ultima femmina rimasta sulla terra.

Presentato nella sezione “Panorama Internazionale” di Alice nella Città, durante la Festa del Cinema di Roma, il film è l’esordio alla regia di un film di fiction dell’attore. Già autore del mockumentary Joaquin Phoenix – Io sono qui!, Affleck stavolta si confronta con una storia dal sapore intimo, ambientata nella cupa atmosfera di un mondo post-pandemico, dove una pestilenza ha sterminato in maniera quasi totale il genere femminile. Un padre (Casey Affleck) e una figlia di nome Rag (Anna Pniowsky) cercano allora di sopravvivere nascondendosi nei boschi, lontano dagli uomini divenuti ormai esseri pericolosi. Proteggere sua figlia da questo contesto è l’unico obiettivo dell’amorevole papà.

Light of My Life, un film sul delicato rapporto tra padre e figlia

Le prime inquadrature, fisse, del film si protraggono per diversi minuti, dilatando un tempo che viene completamente riempito dalla parola e dalla presenza dei due attori protagonisti. Attraverso questa scelta stilistica Affleck sembra anticipare la sua intenzione di non realizzare un classico survival movie, bensì un film che sfrutta la sua ambientazione come un pretesto per raccontare una storia intima come quella del rapporto tra un padre e sua figlia. Ognuna delle peripezie vissute dai due appaiono infatti come dei processi di crescita, che portano a maturare il loro rapporto all’interno della narrazione.

Non ci si imbatte dunque in sequenze d’azione o in momenti particolarmente incisivi, bensì nel solidificarsi di un rapporto in un suo delicato momento di passaggio. Dai tentativi del padre di intrattenere la figlia fino ai primi discorsi sul sesso e sulle mestruazioni, si esplora in modo spontaneo, e di conseguenza impacciato, la natura di questo legame, che all’occorrenza può tingersi anche di sangue. Nei momenti di maggior crisi, infatti, il padre protagonista non esiterà a passare dalla tenerezza alla violenza, dimostrando un innato istinto di protezione nei confronti della propria bambina.

Ed è proprio nel momento in cui entra in gioco la lotta per la sopravvivenza che Affleck rivolta il punto di vista adottato fino ad ora dal film. Richiamando la favola raccontata ad inizio film, dove originariamente il protagonista era un personaggio femminile poi posto in secondo piano da uno maschile, ci si rende conto che Light of My Life non è la storia di un padre che protegge la figlia, bensì della figlia che diventa grande a tal punto da diventare in grado di prendersi cura del proprio padre. Un risvolto emozionante, che trova nello sguardo duro e amorevole della giovane Anna Pniowsky la sua miglior conclusione.

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 Una metafora sul ruolo della donna

La sceneggiatura scritta da Affleck si dimostra più elaborata di quello che potrebbe apparire. La messa in scena fatta di tempi distesi e riflessivi non deve infatti ingannare. Se da una parte si tende a costruire il già citato rapporto tra padre e figlia, dall’altro emerge inaspettatamente una riflessione sul ruolo della donna. Sempre racchiusa nella favola raccontata ad inizio film, vi è infatti l’usurpazione da parte dell’uomo di una storia originariamente pensata per una donna. Affleck sembra sottolineare, attraverso questa metafora, di come la predominanza dell’uomo sia ormai divenuta pericolosamente tossica. Non è dunque un caso il contesto del film, dove il genere femminile è completamente scomparso o esistente solo nel fuori campo dell’inquadratura.

Potrebbe sembrare un discorso buonista, ma la bravura di Affleck sta nel non ostentarlo. Questo raggiunge lo spettatore in modo indiretto, sulla base di riflessioni riguardanti la natura del film e la sua costruzione. Un film non privo delle classiche tappe del genere, che rischiano di rendere ripetitiva e appesantita la narrazione, ma che riesce a dar vita ad una propria originalità. Come già evidenziato, non è ciò che accade in torno ai personaggi ciò che realmente conta, quanto ciò che accade dentro di loro e tra di loro.

Festa del Cinema di Roma 2019, red carpet: Viola Davis

Festa del Cinema di Roma 2019, red carpet: Viola Davis

È stata Viola Davis il super ospite che ha chiuso, nella serata di sabato, la Festa del Cinema di Roma 2019, l’edizione numero 14 della kermesse capitolina dedicata al cinema e agli spettatori.

Ecco le immagini dal red carpet su cui la Davis ha sfilato per ritirare il suo premio alla carriera e incontrare il pubblico dell’Auditorium:

“Il silenzio è una lingua universale”, Jia Zhang-Ke e Zhao Tao per al pubblico #RomaFF14

Figura portante della sesta generazione del cinema cinese, il regista Jia Zhang-Ke è stato protagonista, insieme alla moglie e attrice Zhao Tao, di un incontro ravvicinato con il pubblico all’interno della Festa del Cinema di Roma. Per questa occasione, la coppia è stata intervistata riguardo gli esordi nell’industria cinematografica, arrivando poi a parlare nel dettaglio dei film che li hanno resi celebri.

“Dall’inizio degli anni novanta mi sono avvicinato al mondo del cinema. – esordisce Jia Zhang-KeA quel tempo c’era un grande fervore all’interno dell’industria cinematografica cinese. In quel periodo, attraverso le opere della quinta generazione di registi, mi resi conto di come il cinema poteva essere un strumento di incredibile valore. Decisi così di dedicarmi a quest’arte, ma c’era solo un modo per farlo, ovvero entrare all’accademia del cinema di Pechino.”

“Sono nato alla fine della rivoluzione culturale che si diffuse in Cina tra gli anni sessanta e settanta. – continua il regista – Questo ha permesso l’arrivo nel Paese di alcuni film stranieri che mi segnarono profondamente. Il primo fu senz’altro Ladri di Biciclette, di Vittorio De Sica. Non mi era mai capitato di vedere protagonisti di un film dei ladruncoli, come quelli che potevo incontrare abitualmente per le strade della mia città. Erano personaggi di vita quotidiana, e pur appartenenti ad una cultura diversa li sentivo a me particolarmente vicini.”

Il regista passa poi a raccontare delle prime difficoltà incontrate nel realizzare i suoi primi film. Più di una volta infatti si è trovato ostacolato dalla censura ancora vigente negli anni novanta. “All’epoca in Cina c’erano soltanto sedici studi cinematografici, ed erano tutti a gestione pubblica. Pertanto era difficile che questi permettessero di raccontare storie di ladri, di gente ai margini, insomma storie di vita quotidiana. Mi resi conto che fare i film che volevo era più difficile del previsto. Perciò intrapresi la strada dei film indipendenti, trovando i mezzi e i metodi per esprimere le mie idee.”

Jia Zhang-Ke passa poi a raccontare dell’incontro con Zhao Tao, divenuta attrice dei suoi film, musa ispiratrice e sua moglie. “Il mio secondo film si intitolava Platform. Per poter girare questo film mi occorreva un’attrice protagonista che corrispondesse ai miei criteri. Occorreva infatti che sapesse parlare il dialetto della provincia di cui sono originario, perché desideravo girare lì il film. Dopo alcune ricerche, incontrai proprio Zhao Tao.”

“Capii che era perfetta per i miei film quando durante il set decisi di non seguire più il copione, che non trovavo più soddisfacente, e di proseguire sulla base di un improvvisazione il più spontanea possibile. La spontaneità per me è tutto. Tao seppe adattarsi senza problemi a tutto ciò, anzi in più di un’occasione mi aiutò a gestire e indirizzare il film sulla strada giusta.”

È poi proprio l’attrice a raccontare dal proprio punto di vista l’incontro che le cambiò la vita: “Ero terrorizzata quando Jia mi scelse per il suo film. Non avevo mai recitato prima, non sapevo cosa mi aspettasse. Però decisi di provare, ed evidentemente il mio non essere professionista si sposò a meraviglia con la sua ricerca di spontaneità. La collaborazione si rivelò così un successo.”

jia-zhangke

Il regista spiega poi la sua attrazione per gli attori non professionisti, particolarmente ricorrenti all’interno dei suoi film. “Ci sono diversi motivi per cui preferisco lavorare con attori non professionisti. Il primo è che voglio che recitino in dialetto. La Cina è un paese grandissimo, con numerosissimi dialetti. Si tendeva però a recitare esclusivamente in cinese mandarino così da poter essere compresi in ogni angolo del Paese.”

“Questo però non faceva per me, io volevo che si usassero i dialetti e le loro sottili sfumature. Ciò poteva essere ottenuto solo con attori non professionisti. Un altro motivo è che questi sanno essere spontanei, sono dotati di una naturalezza tipica della vita quotidiana. Con loro posso poi sapere se la sceneggiatura è sufficientemente realistica o se ha bisogno di essere modificata. Anche i movimenti di macchina sono dipendenti dai loro movimenti naturali, non il contrario. Tutto deve mirare ad una sincera fedeltà della vita a cui si assiste ogni giorno per strada.”

A prendere la parola è poi nuovamente Zhao Tao, che racconta dell’esperienza avuta sul set italiano del film Io sono lì, girato nel 2011 dal regista Andrea Segre. Per la sua interpretazione nel film l’attrice ha vinto un David di Donatello come miglior attrice protagonista. “Fino a quel momento le mie esperienze cinematografiche si limitavano ai film di Jia, e lui raramente lavora con una sceneggiatura. Per cui ero spaventata dal dovermi confrontare con un metodo diverso di regia.”

“Con Andrea facemmo prove per un mese intero. Era un lavoro completamente diverso da quello a cui ero abituata, ma mi permise di entrare in stretto contatto con gli altri attori, finendo con il sentirmi sempre meno una straniera. Alla fine quel mese di prove, unito alla recitazione spontanea a cui ero abituata, si combinarono particolarmente bene e riuscì a dar vita ad un mio metodo, fatto di preparazione ma allo stesso tempo di naturalezza.”

Per concludere l’incontro, l’autore cinese parla di uno dei temi più ricorrenti nel suo cinema: quello del silenzio. “Il silenzio per me è la lingua che contiene il maggior numero di informazioni. Questo è legato anche ad una caratteristica tipica del popolo cinese e di come esprimono o meno i propri sentimenti. L’abitudine, nel parlare di questi, è quella di rimanere in silenzio, e fare in modo che siano gli altri a cercare di comprenderne il contenuto. Quello che tento di fare è portare sullo schermo questo particolare modo di esprimersi. Il non detto è fondamentale, permette agli altri, agli spettatori, di cercare una spiegazione tramite le proprie emozioni. Solo così può crearsi un’interazione attiva con il film.”

Festa del Cinema di Roma 2019: Santa subito vince il “Premio del Pubblico BNL”

Santa subito di Alessandro Piva si aggiudica il “Premio del Pubblico BNL” alla quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.

Il “Premio del Pubblico BNL”, in collaborazione con il Main Partner della Festa del Cinema, BNL Gruppo BNP Paribas, è stato assegnato dagli spettatori che hanno espresso il proprio voto sui film in programma nella Selezione Ufficiale utilizzando myCicero (attraverso l’app ufficiale della Festa del Cinema, Rome Film Fest, realizzata da Pluservice), e sul sito della Festa.

SINOSSI

Bari, fine anni ‘80. Santa ha poco meno di vent’anni e come ogni ragazza custodisce sogni e apprensioni, che affida al suo diario. Nel suo cuore ardono fede cristiana e fame di vita: è ferma nel voler assecondare la sua vocazione spirituale, non prima però di aver conseguito la laurea, come ha concordato con i suoi. Qualcuno però si intromette tra Santa e le sue aspirazioni. Un uomo incrociato per caso negli ambienti parrocchiali prende a farle appostamenti, a inviarle lettere deliranti, a pedinarla ovunque per tre lunghi anni, proseguendo di fatto indisturbato nonostante le ripetute denunce. Il 15 marzo del 1991 tredici coltellate mettono fine alla vita di Santa. Si sarebbe potuto evitare un epilogo come questo?

NOTE DI REGIA

Sono venuto a conoscenza della vicenda di Santa Scorese nel corso di un evento pubblico al quale era intervenuta Rosa Maria, sua sorella, della quale mi aveva colpito soprattutto la riflessione conclusiva: Santa non è stata l’unica vittima di quella tragedia. In un’ammirevole presa d’atto, Rosa Maria notava come il persecutore di sua sorella poteva essere messo per tempo in condizione di non nuocere agli altri e a se stesso. Le istituzioni dell’epoca si fecero però trovare impreparate ad affrontare temi quali la violenza di genere e lo stalking, lasciando di fatto spazio a un finale già scritto. Ho deciso così di raccontare questa storia attraverso le voci di amici e parenti di Santa, chiedendo loro di parlarne come fosse ancora in vita, tornando agli anni in cui progettava il suo futuro. Il racconto vira di tono nel momento in cui irrompe la figura del persecutore e il racconto dei protagonisti si fa dolente e partecipe. Questa storia è dedicata proprio a chi rimane solo con il suo dolore, dopo lo sgomento di un lutto subitaneo e assurdo. Tra femminicidio e martirio, Santa subito racconta la storia di un destino annunciato. Paradigma di troppe altre storie dallo stesso finale: il mio piccolo, personale appello affinché le donne siano lasciate meno sole, quando si ritrovano in balìa di una psicosi travestita da amore.

BIOGRAFIA

Alessandro Piva arriva alla regia attraverso un percorso da fotografo, montatore e sceneggiatore. Per i suoi lavori come documentarista gli sono stati riconosciuti il Premio Libero Bizzarri e una Menzione Speciale Premio Fedic a Venezia, insieme a una nomination ai David di Donatello. Come regista di cinema ha all’attivo quattro lungometraggi: LaCapaGira, presentato al Festival di Berlino, vincitore di numerosi premi tra i quali il David di Donatello e il Ciak d’Oro 2000; Mio cognato, presentato al Festival di Locarno, tre candidature ai Nastri d’Argento 2004; Henry, presentato al Festival di Torino 2010, Premio del Pubblico; Milionari, presentato alla Festa del Cinema di Roma, una candidatura ai Nastri d’Argento 2016.

Star Wars: L’ascesa di Skywalker, le previsioni per il destino dei personaggi

Manca ormai poco più di un mese all’uscita di Star Wars: L’Ascesa di Skywalker e i tempi sono maturi per fare qualche previsione sul film che chiuderà la saga familiare e sui protagonisti. Quale sarà il loro destino al termine di Episodio IX? Cosa possiamo aspettarci?

Ecco le teorie:

Lando Calrissian

Iniziamo con Lando Calrissian, uno dei personaggi preferiti dei fan della saga, oltre che uno degli ultimi baluardi della vecchia guardia: non c’è traccia della sua storyline nei trailer, quindi è possibile che gli sceneggiatori gli abbiano riservato un finale aperto o comunque in linea con gli altri “veterani”. Forse lo vedremo ricongiungersi con la sua famiglia e volare verso nuove avventure?

Leia Organa

Sappiamo che Carrie Fisher sarà in Episodio IX grazie a filmati d’archivio scartati dal precedente capitolo, il che implica chiaramente che l’attrice avrà un limitato numero di scene. Forse le verrà affidato un momento chiave nella storia, oppure una morte dignitosa fuori dallo schermo, anche se c’è chi pensa che un lieto fine, per la principessa Leia, sia ancora possibile…

Imperatore Palpatine

Il ritorno di Palpatine è stato il più grande shock del primo teaser trailer, e non è chiaro in che modo il personaggio sia stato reintegrato nella storia. A cosa alludeva la sua risata malvagia e come è possibile che sia sopravvissuto agli eventi di Episodio VI? Tutto è possibile nel mondo di Star Wars, ed è evidente che qualsiasi sia il piano del villain, non porterà nulla di buono…

C-3PO

L’immagine ufficiale di un nuovo personaggio che conosceremo nel corso di Star Wars: L’Ascesa di Skywalker sembra aver confermato una delle teorie riguardo il destino di C-3PO, il droide che nel trailer del film appariva con due misteriosi occhi rossi, dando così adito a chi sostiene che subirà nel prossimo capitolo un “cambio di look” grazie alla ri-programmazione delle sue funzioni. E se fosse proprio Babu Frik, la misteriosa creatura che vediamo nella foto, l’autore di questo upgrade?

Finn

star wars the rise of skywalker

Introdotto come FN-2187, Finn ha lasciato il Primo Ordine e si è unito alla Resistenza e come suggerito dai trailer, in Episodio IX si imbarcherà in importanti missioni con altri leader del team come Poe. Ma per quanto riguarda il suo futuro, cosa possiamo aspettarci? Supponendo una vittoria dei ribelli, Finn potrebbe continuare la sua storia d’amore con Rose e viaggiare per la galassia…

Poe Dameron

poe dameron star wars gli ultimi jedi

Poe Dameron è ormai pronto per assumere un ruolo importante all’interno della Resistenza, e come Finn, non è chiaro cosa accadrà quando la guerra con il Primo Ordine sarà finita. Magari guiderà un nuovo plotone di allievi insegnandogli a volare oppure proseguirà una carriera politico-militare sulla scia di Leia.

Chewbacca

chewbacca star wars han solo

Chewbacca è uno dei personaggi più amati della saga, con e senza Han Solo, diventando un mentore per Rey e partecipando ad alcuni dei momenti più eroici. Forse L’Ascesa di Skywalker riuscirà a mettere davvero in pericolo il destino del wookie? C’è spazio per una nuova generazione di Chewie nella prossima trilogia? Noi speriamo di si.

Rose Tico

star wars

Criticata dalla frangia più ostile dei fan, Rose Tico è stata una gradita e felice aggiunta al cast di Star Wars iniziando come umile meccanico della Resistenza e proseguendo come vera eroina senza paura al fianco di Finn. Sappiamo che il suo ruolo è cambiato, e che ora è un comandante, ma cosa possiamo aspettarci da lei? Un matrimonio con Finn o la guida del nuovo gruppo politico?

Kylo Ren

adam driver Force of Darkness

Personaggio complesso e contraddittorio, Kylo Ren ha ottenuto probabilmente l’arco narrativo più interessante di tutti i nuovi personaggi della trilogia. Figlio delle leggende Han Solo e Leia Organa, il ragazzo una volta noto come Ben Solo ha scelto il lato oscuro tradendo gli insegnamenti dello zio Luke Skywalker, e ora sembra che sia pronto a servire un altro potente villain: Palpatine. Quale sarà allora il suo endgame? Riscoprirà il bene e tornerà a combattere per un giusto scopo?

Rey

Da quando l’abbiamo incontrata in Il Risveglio della Forza, Rey ha subito una notevole trasformazione: la ragazza figlia di nessuno, abitante vagabonda del pianeta Jakku, è ora la figura più importante della Resistenza e ultimo e unico Jedi della galassia, per quanto ne sappiamo. Nel trailer di Episodio IX la vediamo lottare con tutta se stessa…forse il lato oscuro riuscirà a corteggiarla, o forse questa eroina è davvero destinata alla luce…non lo sapremo fino a dicembre!

Leggi anche – Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, tutti i segreti del trailer finale

Fonte: Screenrant

Share: recensione del film di Pippa Bianco #RomaFF14

Share: recensione del film di Pippa Bianco #RomaFF14

Esiste una legge invisibile tra gli adolescenti di oggi ritratti in Share di Pippa Bianco, che se da una parte giustifica ogni azione, soprattutto le più disdicevoli, dall’altra stipula in loro una sorta di tacito accordo per cui chi parla è un traditore. Mandy (Rhianne Barreto) ha sedici anni e si risveglia sul vialetto di casa senza ricordare nulla della sera precedente, ma le abrasioni che trova sul suo corpo e un video inviatole dai compagni di scuola sono la testimonianza di un abuso incosciente; decide così di confessare l’accaduto ai genitori, e avendo “tradito” quel patto si trasforma nella colpevole da perseguitare. Questo vuol dire che nel momento in cui diventi l’eccezione, sei fregata. Non è forse la più grande contraddizione del nostro tempo, l’omologazione nel senso più malato e negativo?

Nel 2019 il cinema documenta la vita che a sua volta viene già documentata da telefoni cellulari in nome di una condivisione ossessiva, svuotata di significato, come lo erano le immagini riprese dalle telecamere di sicurezza dei giovani ladri di Bling Ring di Sofia Coppola: la verità è ormai un’idea da plasmare a seconda del momento e delle necessità, e sta all’arte – attraverso lo sguardo degli autori – trovare una guida nel buio. E’ ciò che riesce abbastanza bene alla giovane regista ampliando il tema dell’omonimo cortometraggio con un ritmo riflessivo, per niente martellante, dove la tensione drammatica non viene mai suggerita da esplosioni verbali o scene madri quanto invece dal dialogo tra personaggi e lunghi silenzi. Il tono sembra volutamente dimesso nel film della Bianco, che fin dalla prima scena induce lo spettatore a perdere l’orientamento: chi ha lasciato la ragazza in quello stato, cosa è successo, chi guida la macchina, chi è l’autore dei video virali?

Share: il potere dello sguardo e il vuoto della generazione Z

Ma questa è anche un’opera in grado di contemplare, evitando il giudizio, il vuoto pneumatico della generazione z poco consapevole delle proprie scelte, che spesso non prende sul serio alcune decisioni (giuste o sbagliate), riflettendo al tempo stesso sull’idea di voyeurismo e sul consumo che ne deriva, accessibile a tutti tramite dispositivi di uso quotidiano e incontrollato. E in contrasto con la normale programmazione di HBO – che produce insieme a A24 e che di recente ha lanciato Euphoria, il suo teen drama formalmente provocatorio e artisticamente rilevante per un’infinità di ragioni (la Bianco ha diretto un episodio), Share è un oggetto di studio contenuto, quasi minimale per le scelte fotografiche e scenografiche. Niente viene esplicitato (la violenza ripresa dagli smartphone, il sesso fuori campo) ma reso espressivo attraverso l’agonia interiore della sua protagonista.

Interessante il modo in cui vengono mostrati i genitori, che non sono archetipi dell’universo teen, o peggio, dei conservatori eredi di un cinema d’altri tempi: il padre non riesce a comprendere pienamente il comportamento di sua figlia, come quando le dice “Non credi di essere uscita abbastanza?” mentre più tardi si riscatterà con grande tatto; la madre invece riassume in poche frasi il peso del trauma alludendo ad abusi subiti e denunciando come in passato le donne non avessero tutti i mezzi necessari per ribellarsi e denunciare il sistema. L’ultima inquadratura, a detta della Bianco, è aperta a interpretazioni: forse è vero che la maggior parte delle aggressioni a quell’età sono compiute con le migliori intenzioni, o almeno non consapevolmente, ma di certo gesta del genere non devono restare impunite. Ognuno ha le sue colpe e le sue responsabilità, e c’è un mondo intorno che potrebbe testimoniare il vero (cellulari, persone, memoria), eppure Share sceglie di mostrare solo quello “interno” alla mente di Mandy, di cui otteniamo la sua verità, i suoi pensieri, la sua anima. Share andrà in onda in prima tv su Sky Cinema Due il prossimo 6 novembre alle 21.15.

Avengers: Endgame, la storyline cancellata del Vice Presidente

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Avengers: Endgame, la storyline cancellata del Vice Presidente

Nonostante siano passati diversi mesi dall’uscita in sala di Avengers: Endgame, il film evento per i Marvel Studios e per milioni di fan in tutti il mondo non ha ancora svelato tutti i suoi segreti.

In un’intervista con ComicBook.com, uno dei due sceneggiatori del film, Christopher Markus ha rivelato il potenziale cambio di ruolo di Rhodey / War Machine nei progetti iniziali del film:

“L’abbiamo eliminato perché non aveva peso per la storia, ma credo che durante una bozza, nel salto di cinque anni, Rhodey sia diventato vicepresidente.” Ha anche spiegato che nessuna delle decisioni prese in Infinity War o Endgame è stata presa in modo da rendere un servizio alle storie future dell’MCU, spiegando quindi che per loro Endgame è stato davvero un punto di arrivo, e che il futuro è tutto da scrivere.

Un anno dopo la folle corsa agli Oscar di Black Panther (il primo cinecomic della storia ad essere candidato nella categoria Miglior Film capace di conquistare ben tre statuette) Disney e Marvel Studios lanciano ufficialmente la campagna a sostegno di Avengers: Endgame.

Film evento del decennio, Avengers: Endgame è riuscito in un’impresa che sembrava impossibile: ricapitolare un discorso narrativo iniziato nel 2008 da Iron Man riunendo sul grande schermo tutti i personaggi del Marvel Universe. Gli incassi hanno premiato lo studio di Kevin Feige, raggiungendo e superando in cima alla classifica Avatar di James Cameron.

Nel cast del film Robert Downey Jr.Chris HemsworthMark RuffaloChris EvansScarlett JohanssonBenedict Cumberbatch, Don Cheadle, Tom HollandChadwick Boseman, Paul Bettany, Elizabeth Olsen, Anthony Mackie, Sebastian Stan, Letitia Wright, Dave Bautista, Zoe Saldana, Josh Brolin, Chris Pratt, Jeremy Renner, Evangeline Lilly, Jon Favreau, Paul Rudd, Brie Larson.

Alice nella città 2019: Lorenzo Mattotti vince per la migliore regia, tutti i premiati

Sono stati consegnati oggi i premi di Alice nella città 2019 che quest’anno ha registrato una crescita esponenziale dei numeri: + 26 % di biglietti emessi a fronte dell’aumento della capienza delle sale che dai 199 posti del 2018 ha raggiunto i 456 posti del 2019 (380 posti per la Sala Alice TIMVISION e 126 posti per la Sala Raffaella Fioretta). Un aumento sostanziale dell’affluenza del pubblico di Alice che ha registrato il tutto esaurito a quasi tutti gli eventi in programma.

La giuria di Alice ha decretato i vincitori di questa edizione annunciando oggi il Premio al Miglior Film, alla Miglior Regia e il Premio Speciale della giuria.

Il premio per il MIGLIOR FILM è andato a “THE DAZZLED” di Sarah Suco con la seguente motivazione: “per la capacità di raccontare una storia cruda e coinvolgente, attenta ai dettagli di una realtà tragica, cogliendo al tempo stesso in modo intelligente le sfumature comiche di una vita imprigionata. Un film travolgente che emoziona e fa riflettere su un contesto lasciato spesso in ombra, qui descritto dalla luce accecante di una lotta interiore verso la salvezza”.

Vince il PREMIO ALLA MIGLIOR REGIA a Lorenzo Mattotti per “LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA “con la seguente motivazione: “una favola senza tempo destinata ad adulti e bambini raccontata con efficacia, delicatezza e maturità. Una regia che eredita lo straordinario talento compositivo delle illustrazioni di Lorenzo Mattotti ed immerge lo spettatore nella magica Sicilia di Buzzati”.

Il PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA è andato a “SON-MOTHER” di Mahnaz Mohammadi “per la messa in scena lucida e partecipe di emozioni profonde e coinvolgenti, calate in una dimensione di denuncia culturale, sociale e politica. Un film in cui l’assenza di parole è un urlo alla libertà d’espressione”.

Il PREMIO TIMVISION è andato a “CLEO” di Eva Cools che sarà possibile vedere in esclusiva sulla piattaforma. Questa la motivazione: “Cleo è un film drammatico e autentico che sceglie la strada più difficile per raccontare l’elaborazione del lutto e il senso di colpa incrociando sullo stesso piano la vittima e il carnefice. Le atmosfere malinconiche di Bruxelles scandite dalla musica di Segej Rachmaninov contribuiscono a rendere il tutto ancora più sospeso e introspettivo”.

TUTTI I PREMI DI ALICE NELLA CITTA’:

MIGLIOR FILM
The Dazzled di Sarah Suco

MIGLIOR REGIA
Lorenzo Mattotti per La Famosa Invasione degli Orsi in Sicilia

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA
Son-Mother di Mahnaz Mohammadi

PREMIO RAFFAELLA FIORETTA PER IL CINEMA ITALIANO – ROMA LAZIO FILM COMMISSION
Buio di Emanuela Rossi

PREMIO TIMVISION
Cleo di Eva Cools

PREMIO RBCASTING
Beatrice Grannò per Mi chiedo quando ti mancherò di Francesco Fei

PREMIO DO RISING STAR AWARD
Anna Franziska Jaeger per Cleo

MENZIONE SPECIALE PER L’INTERPRETAZIONE
Nora Stassi per L’Agnello

PREMIO PIETRO COCCIA PER LA FOTOGRAFIA
Tullio Trotta

PREMIO INSTANT STORIES CINEMOTORE ALLA SCENEGGIATURA
Marcello Giovani per Bang Bang

PREMIO LOTUS AL MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
3 sleeps di Christopher Holt

PREMIO MYMOVIES OPERA PRIMA
Cleo di Eva Cools

Carrie Fisher: una biografia non autorizzata crea polemiche

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Carrie Fisher: una biografia non autorizzata crea polemiche

C’è una biografia non autorizzata di Carrie Fisher che il padre di Billie Lourd, Bryan Lourd, non approva. Fisher è morta il 27 dicembre 2016, quattro giorni dopo essere stata colpita da un infarto mentre viaggiava da Londra a Los Angeles.

Carrie Fisher ha lottato tutta la sua vita adulta con le dipendenze da sostanze, e questa sua lotta privata la formata anche caratterialmente, tanto che era nota ed è ricordata anche per il suo carattere pungente e il suo modo di fare molto schietto.

Onestà e gentilezza l’hanno resa una delle persone più amate di Hollywood e l’hanno consolidata come una sorta di modello per le persone alle prese con problemi simili. La biografia non autorizzata di Bryan Lourd ha ora acceso i riflettori sulla vita privata di Carrie Fisher, di nuovo, in un modo che secondo Billie, sua figlia, la madre non avrebbe approvato.

Bryan Lourd ha affermato di non dell’esistenza di Carrie Fisher: Life on the Edge di Sheila Weller fino a quando non ne ha letto in un articolo del Los Angeles Magazine. Ha rilasciato una dichiarazione a Deadline con la quale disconosce il contenuto del libro:

Una persona di nome Sheila Weller si è impegnata a vendere e scrivere una biografia non autorizzata basata sulla madre di mia figlia, Carrie Fisher. Non conosco la signora Weller. Billie non conosce la signora Weller. E, per quanto ne so, Carrie non la conosceva. La signora Weller ha venduto questo libro da sola senza il nostro coinvolgimento.

Per tutti i fan e gli amici di Carrie, ho pensato che fosse necessario che si conoscessero queste informazioni prima di decidere di acquistare questo libro o di considerare ciò che verrà detto nelle prossime interviste con la stampa che Weller farà mentre cerca di venderlo. Per essere chiari, non ho letto il libro. Gli unici libri su Carrie Fisher che vale la pena leggere sono quelli scritti da Carrie. Ci ha detto perfettamente tutto ciò che dovevamo sapere.

Da parte sua, Weller ha risposto alla dichiarazione di Lourd dicendo al Los Angeles Times che aveva contattato il rappresentante della famiglia Fisher per informarli del libro e ottenerne l’approvazione, e che “era stata respinta – ma in un email gentile – la prima volta, e poi re-inviata più tardi. I miei due tentativi non hanno avuto risposta.”

La prossima e ultima apparizione di Carrie Fisher al cinema sarà con Star Wars: L’Ascesa di Skywalker, in cui la principessa/generale Leia tornerà con del materiale d’archivio girato da J.J. Abrams in occasione delle riprese di Episodio VII. Nessuno ha mai avuto il desiderio di ricostruire in digitale il volto e le espressioni di Carrie Fisher, per cui sarà interessante vedere in che modo il materiale d’archivio sia stato modellato per la storia.

Thor: Love and Thunder sarà “più rumoroso ed esplosivo” di Ragnarok

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In molti ancora non si capacitano che i Marvel Studios abbiano accettato di affidare a Taika Waititi il terzo capitolo della storia cinematografica del Dio del Tuono, ma sembra che Thor: Love and Thunder rappresenterà uno step successivo, ancora più selvaggio e irriverente.

A dichiararlo è Taika Waititi in persona, alle prese con la promozione del suo ultimo film, la satira anti-nazista Jojo Rabbit. Il regista ha parlato con Wired del suo coinvolgimento nel progetto Marvel Studios, dopo il successo delle precedenti collaborazioni, e ha dichiarato:

“Sarà più grande, più rumoroso e più esplosivo. Per me è interessante solo se la posta in gioco è raddoppiata, rispetto a quanto fosse già pazzo Ragnarok.” Sappiamo quindi che dovremo aspettarci grandi cose.

Per quanto riguarda invece chi ha timore che Waititi possa snaturare troppo la storia dei fumetti che vede invece Jane Foster alle prese con un tumore al seno, possiamo mettere sul tavolo il fatto che le recensioni di Jojo Rabbit parlano di un film irriverente e folle, ma anche molto dolce e commovente, elementi che quindi il regista si dimostra capace di maneggiare.

Thor: Love And Thunder, spiegati i motivi del ritorno di Natalie Portman

Thor: Love and Thunder è il titolo ufficiale del quarto capitolo sulle avventure del Dio del Tuono nel MCU, ma ad impugnare il Mjolnir stavolta sarà Jane Foster, interpretata di nuovo da Natalie Portman, come confermato sabato durante il panel dei Marvel Studios al Comic-Con.

Taika Waititi tornerà alla regia di un film dei Marvel Studios dopo Thor: Ragnarok, così come Chris Hemsworth e Tessa Thompson riprenderanno i rispettivi ruoli di Thor e Valchiria dopo l’ultima apparizione in Avengers: EndgameL’ispirazione del progetto arriva dal fumetto The Mighty Thor, descritto da Waititi come “la perfetta combinazione di emozioni, amore, tuono e storie appassionanti con la prima Thor femmina dell’universo“.

L’uscita nelle sale è fissata invece al 5 novembre 2021.

Thor: Love and Thunder, le domande sul MCU a cui il film potrebbe rispondere

No Time to Die: concluse le riprese di Bond 25

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No Time to Die: concluse le riprese di Bond 25

Si sono ufficialmente concluse le riprese di No Time to Die, il Bond 25 che segna l’ultima volta di Daniel Craig nei panni di James Bond.

A comunicare ufficialmente la notizia è stato l’account Twitter ufficiale del film che ha pubblicato una foto che ritrae il protagonista Craig, accanto al regista, Cary Fukunaga, che ha assunto la regia del film dopo l’abandono di Danny Boyle. Fukunaga è, ad oggi, l’unico regista non britannico ad aver diretto un film della serie.

Il film, atteso nelle sale l’8 aprile 2020, vede nel cast anche Ralph Fiennes (M), Naomie Harris (Eve Moneypenny), Ben Whishaw (Q), Rory Kinnear (Bill Tanner) e Jeffrey Wright (Felix Leiter). Le new entry del cast sono invece Rami Malek, Billy Magnussen, Lashana Lynch e Ana de Armas.

Vi ricordiamo che la produzione ha assunto Phoebe Waller-Bridge per “ravvivare” lo script di Bond 25 sotto speciale richiesta di Craig, grande fan di Fleabag e Killing Eve, le due serie prodotte e scritte dall’attrice. Era dal 1963 (l’ultima fu Johanna Hardwood con Dr. NoFrom Russia With Love) che la casa di produzione non assumeva una donna per dare voce ai personaggi del franchise, una scelta oggi più che mai “rilevante”.

Leggi anche – Bond 25 – No Time to Die: Christoph Waltz tornerà nei panni di Blofeld

Martin Scorsese e i cinecomic: ecco la verità

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Martin Scorsese e i cinecomic: ecco la verità

Ci è voluta un’intervista di Entertainment Weekly e parecchi giorni di sterile polemica per permettere a Martin Scorsese di trovare “giustizia” e di far sì che tutti capissimo qual è il cuore della questione intorno alle sue dichiarazioni relative al cinecomic Marvel.

Il regista ha infatti rilasciato una lunga intervista al magazine in cui spiega chiaramente la sua posizione, che era manifesta sin dall’inizio ma che il “gioco del telefono” che spesso si fa on-line ha fatto passare per battute e parole differenti, naturalmente estrapolate dal contesto.

Ecco cosa ha detto Martin Scorsese sui cinecomic Marvel a EW:

“Questi blockbuster, i cinecomic, sono parco giochi, anche se molti di questi sono fatti molto bene. È una forma differente di cinema o una nuova forma. Speriamo ci siano cinema che mostrino anche film che non siano di quel genere.E se non lo fanno, i registi devono rivolgersi allo streaming: cambia sicuramente l’esperienza, ma l’alternativa è che tra due-tre anni non si facciano più film come il mio. Un bravo regista che viene dall’Italia o dalla Francia che va all’estero non può fare nessun film all’infuori di un franchise”.

La posizione è chiara: non si tratta di un moto contro quei film, ma un monito all’industria e alla sala, alla distribuzione, affinché il cinema possa essere preservato anche nella sua forma tradizionale, ovvero quella legata allo storytelling.

Il regista era stato molto chiaro già alla Festa del Cinema di Roma 2019, dove aveva parlato effettivamente di un problema di distribuzione e di spazio, giustificando così il suo stesso rivolgersi a Netflix per la produzione di The Irishman (qui il resoconto dell’incontro).

The Irishman recensione – leggi tutto

La diatriba “grandi registi contro cinecomic Marvel” dunque non sussiste in questi termini ma è senz’altro un discorso interessante da affrontare da un punto di vista industriale e distributivo, senza che l’esistenza dei blockbuster Marvel minacci quella dei film di narrazione e d’autore e senza che le due categorie di cinema (diversissime tra loro) si ostacolino e si annullino a vicenda.

Very Ralph: il doc HBO su Ralph Lauren in onda il 16 novembre

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Very Ralph: il doc HBO su Ralph Lauren in onda il 16 novembre

Presentato in anteprima alla quattordicesima edizione Festa del Cinema di Roma, sabato 16 novembre alle 21.15 arriva in prima visione assoluta su Sky Arte Very Ralph, il documentario HBO realizzato sullo stilista Ralph Lauren, inventore di un marchio che ha definito lo stile americano.

Prodotto e diretto da Susan Lacy, vincitrice di Emmy e produttrice di titoli come Jane Fonda in Five Acts e Spielberg, Very Ralph cerca di raccontare l’uomo che si cela dietro l’icona della moda e uno dei più grandi brand di successo nella storia della fashion industry. Con un’innata abilità di convertire i suoi sogni in realtà, Ralph Lauren ha trasformato le sue aspirazioni in un impero mondiale e multimilionario, diventando la prova vivente dell’ottimismo americano e dell’American Dream. Per più di cinquant’anni egli ha celebrato l’iconografia dell’America ridefinendone lo stile, traducendo la sua visione e la sua ispirazione in uno dei brand più conosciuti al mondo.

Very Ralph: il documentario

Nel documentario Very Ralph, alla vigilia del suo sessantesimo anno di attività, Lauren riflette sul suo viaggio da quando era un giovane ragazzo del Bronx che non sapeva cosa fosse uno stilista, fino a diventare l’emblema dello stile americano in tutto il mondo. Nel corso del film condivide alcuni aspetti inediti della sua vita e del suo lavoro e racconta, durante diverse interviste, la sua infanzia, i suoi cinquant’anni di matrimonio, gli albori della sua società di moda, le sue reazioni alle critiche, le sue creative campagne pubblicitarie e la sua visione pioneristica della moda. Lauren è stato infatti il primo stilista a creare una linea completa dedicata alla vita di tutti i giorni e a portarla nelle case; uno dei primi a sapersi contraddistinguere nel mondo della moda e in quello della pubblicità e infine il primo stilista ad aver creato delle catene di abbigliamento all’avanguardia capaci di trasformare l’esperienza stessa dello shopping.

Il documentario offre inoltre una vera e propria full immersion nell’archivio del marchio, con interviste alla sua famiglia, ai colleghi di vecchia data e agli esponenti più influenti del fashion biz come Anna Wintour, Karl Lagerfeld, André Leon Talley, Hillary Clinton, Jason Wu, Naomi Campbell, Martha Stewart, Calvin Klein, Diane von Furstenberg, Tyson Beckford, Tina Brown, Jessica Chastain, Vanessa Friedman e Paul Goldberger.

Very Ralph è un documentario prodotto e diretto da Susan Lacy; trasmesso da HBO arriva in Italia in esclusiva su Sky Arte (canale 120 e 400 di Sky) sabato 16 novembre alle 21.15 ed è disponibile on demand su Sky e NOW TV.

 

Joker: Ryan Reynolds si congratula a nome Deadpool, Gesù e Pennywise

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Joker è ufficialmente il film con un rating R che ha incassato di più nella storia del cinema. Il film con Joaquin Phoenix ha stabilito un nuovo record mondiale, battendo sia Deadpool, che deteneva quel record, sia Deadpool 2, che seguiva.

Il film di Todd Phillips è arrivato a circa 771 milioni in tutto il mondo, una cifra davvero incredibile per un film vietato alla fascia di pubblico più giovane, che costituisce a tutti gli effetti la linfa vitale del film in sala.

In risposta a questo successo economico del film, che molto probabilmente corrisponderà a un successo anche nella prossima stagione dei premi, Ryan Reynolds, protagonista dei due film su Deadpool e noto a tutti per il suo spirito provocatorio e irriverente, ha “ringraziato” il film Joker da parte di tutti i protagonisti di film campioni di incassi e con un Rating R.

Ecco di seguito il tweet di Reynolds che scomoda, oltre al “suo” Deadpool, anche Neo di Matrix, Pennywise il Clown di ITHugh Jackman per Logan, il Branco in riferimento a Una notte da Leoni Parte II, persino il Gesù de La passione di Cristo, ma anche Mr. Grey di Cinquanta sfumature e l’orsacchiotto Ted, dell’omonimo film.

Ecco l’immagine:

Leggi la recensione di Joker

Joker diretto da Todd Phillips vede nel cast Joaquin PhoenixZazie BeetzFrances ConroyBrett CullenDante Pereira-OlsonDouglas Hodge e Josh Pais ed è arrivato nelle sale il 4 ottobre 2019. Contrariamente alle altre apparizioni del personaggio nei Batman di Tim Burton, nella trilogia del Cavaliero Oscuro di Christopher Nolan e in Suicide Squad, il film è ambientato negli anni Ottanta e racconta l’evoluzione di un uomo ordinario e la sua trasformazione nel criminale che tutti conosciamo.

Da sempre solo in mezzo alla folla, Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) desidera ardentemente che la luce risplenda su di lui. Cercando di cimentarsi come comico di cabaret, scopre che lo zimbello sembra invece essere proprio lui. Intrappolato in un’esistenza ciclica sempre in bilico tra apatia, crudeltà e, in definitiva, tradimento, Arthur prenderà una decisione sbagliata dopo l’altra, provocando una reazione a catena di eventi.

Ho amato il Joker di The Dark Knight, e anche quello di Jared Leto di Sucide Squad che è venuto dopo, così come il ritratto di Jack Nicholson“, ha dichiarato Phillips parlando dei possibili riferimenti alle vecchie versioni del clown principe del crimine e dell’eredità che il suo Joker si porta dietro. “Negli Stati Uniti, i fumetti sono il nostro Shakespeare, e come esistono varie versioni dell’Amleto, così noi potremmo offrire varie versioni di Joker in futuro.” “Onestamente non riusciamo ancora a credere alla vittoria di Venezia. Ci vorrà del tempo per realizzare“, ha commentato il regista nell’intervista con Variety.

Joker: tutti gli indizi per un possibile sequel

Pirati dei Caraibi: il creatore di Chernobyl scriverà il reboot

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Pirati dei Caraibi: il creatore di Chernobyl scriverà il reboot

La notizia viene riportata in esclusiva dall’Hollywood Reporter: il riavvio del franchise di Pirati dei Caraibi è ufficiale e a scrivere il nuovo capitolo saranno il “veterano” Ted Elliott e il creatore della pluripremiata serie Chernobyl Craig Mazin. Lo scorso febbraio era stato confermato l’addio al progetto, che vi ricordiamo sarà orfano di Jack Sparrow, dei due sceneggiatori Rhett Reese Paul Wernick.

Mesi fa era stato lo stesso Bailey a dichiarare sempre all’Hollywood Reporter che l’idea dello studio era quella di “Portare nuova energia e vitalità al pubblico”. Del reboot sappiamo che è stata esclusa la presenza di Johnny Depp, e che quindi il personaggio di Sparrow potrebbe essere sostituito in cabina di comando da una piratessa che ne possa ricalcare lo stile e la fama. Il suo nome, secondo alcune voci, corrisponderebbe a Reed, l’ultimo arrivo nel parco a tema di Disneyworld.

Jerry Bruckheimer dovrebbe tornare al timone come produttore. Elliott ha già firmato la storia di La maledizione della prima luna e delle tre successive pellicole Dead Man’s Chest, At World’s End e On Stranger Tides con l’allora partner Terry Rossio.

Pirati dei Caraibi: 10 curiosità sul franchise con Johnny Depp

Fonte: THR

Where’s My Roy Cohn?, recensione del doc di Matt Tyrnaure #RomaFF14

Criptico, scaltro e manipolatore, Roy Cohn è stato una delle figure di spicco del mondo della politica americana dagli anni cinquanta agli anni ottanta. Con il documentario Where’s My Roy Cohn?, diretto dal giornalista e documentarista Matt Tyrnaure, e presentato alla Festa del Cinema di Roma, si riporta alla luce una figura ancora oggi di difficile comprensione nelle sue numerose sfaccettature. Una figura forse poco conosciuta al di fuori dei confini statunitensi, ma che ha contribuito a ridefinire il modo di fare politica a livello mondiale.

Il film ripercorre in ordine cronologico i principali casi a cui si lega il nome di Cohn, dalla condanna a morte per spionaggio contro i Rosenberg alla battaglia anticomunista della commissione McCarthy e sino agli anni in cui divenne avvocato di Donald Trump. Costruito sulla base di interviste a conoscenti, parenti e studiosi, ma anche e soprattutto con materiali d’archivio come vecchi filmati, interviste televisive, immagini e registrazioni, si arriva a delineare un profilo della controversa figura in questione. Il ritratto di Cohn diventa inoltre l’occasione per ricostruire le origini della destra reazionaria contemporanea.

Where’s My Roy Cohn?, attaccare per non essere attaccato

È affascinante ritrovare nel modo di comunicare di Cohn molto dell’attuale linguaggio politico. Un linguaggio aggressivo, intimidatorio, costruito sull’utilizzo spietato del proprio potere. Da ciò che il documentario permette di apprendere, infatti, Cohn ha sempre aspirato ad ottenere il controllo di quanto lo circondava, ponendosi sempre in una situazione di superiorità rispetto all’altro.

Il suo motto era “attaccare per non essere attaccato, non chiedere mai scusa, negare sempre anche davanti alle prove evidenti”. Durante la sua intera vita ha infatti portato avanti con convinzione queste leggi morali, che sa da una parte gli hanno permesso di diventare uno dei più temuti avvocati e strateghi politici, dall’altra lo hanno reso spesso vulnerabile, vittima delle sue stesse menzogne.

Quello di Tyrnauer è un ritratto tutt’altro che neutrale, che mira a mostrare i numerosi aspetti malvagi del personaggio attraverso una sorta di processo postumo. Per quanto classico nella forma e nella struttura, il documentario pone l’accento su precisi dettagli della vita di Cohn, assumendo toni particolarmente incisivi. Per la negatività suscitata dal personaggio, sembrerebbe quasi di star guardando un thriller, alla ricerca dell’indizio che possa smascherare una personalità tanto corrotta come quella dell’avvocato in questione. Nei suoi occhi, in quello sguardo vitreo, in molti affermano infatti sia possibile rintracciare pura malvagità.

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Where’s My Roy Cohn?, ritratto avvincente della vita pubblica e privata

Nel suo ritrarre sotto più punti di vista Cohn, il regista si concentra soprattutto nella scelta di materiali volti a svelarne tanto la vita pubblica quanto quella privata. Oltre ai numerosi casi di cui si è reso protagonista, preponderante è l’aspetto legato all’omosessualità sempre negata di Cohn. Anche attraverso il suo rapporto con questa è possibile conoscere meglio il suo modo di pensare.

Anche sotto il profilo della vita privata si ottengono notevoli sorprese. Se in pubblico Cohn amava dare un’idea composta di sé, nel privato viveva in modo dissoluto. Una dissoluzione che tuttavia gli si è ritorta contro in modo definitivo nel momento in cui contrae l’AIDS, da lui negato fino alla morte.

Per svelare poi l’ombra ancora oggi presente di Cohn sull’attualità, il documentario mostra i suoi rapporti con Donald Trump, e di quanto questi abbia appreso dall’avvocato la spregiudicatezza con cui oggi è celebre. Pur se il coinvolgimento emotivo dello spettatore appare limitato, la condanna portata avanti nel film risulta chiara. Nuovamente viene ribadito quanto il potere nelle mani sbagliate possa essere pericoloso, e Roy Cohn ne è un esempio perfetto.

Waves, recensione del film di Trey Edward Shults #RomaFF14

Waves, recensione del film di Trey Edward Shults #RomaFF14

Waves don’t die, le onde non muoiono, canta Kanye West nella decima traccia di The Life of Pablo, un album che parla di fede, famiglia e del ruolo dell’uomo nero nel mondo occidentale, oscillando tra spavalderia e frammentarietà fino a sconfinare nella paranoia. La copertina, guarda caso, spicca su una delle pareti della camera da letto di Tyler, il protagonista del terzo lungometraggio di Trey Edward Shults: una rappresentazione chiara dell’idea di successo e onnipotenza perpetuata dal rapper di Atlanta e di un nuovo modello di giovane afroamericano che avanza sotto il segno del privilegio e della ricchezza conquistate grazie al sudore dei genitori.

Tyler vive in una grande villa, è la stella della squadra di wrestling della scuola, ha una bellissima ragazza e i capelli tinti di biondo (tanto per ribadire il bisogno di paragonarsi ai bianchi e il fatto che non esiste più differenza), ma per qualche motivo deve continuamente dimostrare e provare agli altri che quel successo è meritato. Una vita apparentemente perfetta può essere distrutta per sempre? Proprio come le onde, quando pensi che si siano ritirate, ne arrivano altre più violente che cancellano ogni cosa.

Waves, tra teen drama e tragedia familiare

Dopo l’intimo ritratto familiare di Krisha (2015) e l’horror postapocalittico di It comes at night (2027), Shults alza la posta in gioco e punta all’impresa, girando un film lunghissimo, con cambi di formato e punti di vista che vuole essere un commento sull’empatia e sull’ interconnessione della natura umana. Siamo davvero tutti parte di un disegno e le decisioni che prendiamo, giuste o sbagliate, influenzano l’esperienza delle persone intorno a noi?

Waves è racconto universale e cronaca privata, che inizia nei classici – ma anche distorti – schemi del teen drama, girato come una puntata di Euphoria, per poi diventare tragedia familiare, e similmente alla serie di Sam Levinson, la forma, la musica e l’estetica riflettono uno stato d’animo e sono un mezzo per restituire le gioie e i dolori dei personaggi. I paesaggi sensuali della Florida, la gioventù, l’entusiasmo, un infortunio, la fidanzata incinta, il futuro che va a rotoli: c’è un film su Tyler e un film su coloro che proveranno ad andare avanti.

Waves “verso” la meraviglia

La sicurezza con cui il regista gira e, attraverso il montaggio e le note di Trent Raznor e Atticus Ross (più brani del già citato Kanye West, Kendrick Lamar, Radiohead e Frank Ocean), introduce la sequenza d’apertura è da brividi. Un disagio misto a eccitazione di movimenti senza tregua che cresce preannunciando guai; come se volesse riprodurre il rumore dell’onda che va a infrangersi sullo scoglio, o farci sentire in bilico a bordo di uno strapiombo con la voglia di spiccare il volo.

Shults fa girare vorticosamente la macchina da presa, ci investe della rovina del protagonista che è causa del suo male e di quello che arreca al padre, alla matrigna, alla sorella, e fino a quando mantiene l’attenzione su di lui, Waves viaggia sui binari della meraviglia (e “verso” la meraviglia, citando il titolo dell’opera del maestro che l’ha tenuto a battesimo sul set, Terrence Malick). Lentamente, quando si apre ad altre prospettive giocando con i formati, perde il focus e sfalda la tensione costruita fino a quel punto, tra strascichi del cinema di Barry Jenkins e la volontà di osare senza avere ancora la maturità per toccare la cima.

The Vast of Night, recensione del film di Andrew Patterson #RomaFF14

La camera da presa esce con eleganza dalla centralina telefonica dove lavora la giovane Fay e si muove indipendente e minacciosa tra le strade della silenziosa città. La sua corsa appare inarrestabile, animata di vita propria, accompagnata da una cupa e incalzante colonna sonora. Con grande virtuosismo entra all’interno di una palestra dove si svolge un importante partita di pallacanestro.

Si sofferma per qualche istante su questa. Poi, oltrepassando una finestra, è di nuovo è sulla strada. Presenza inquieta ed inquietante, si dirige senza sosta alla stazione radio dove incontriamo Everett, l’altro protagonista di The Vast of Night. Basterebbe questo straordinario piano-sequenza a raccontare tutto del film dell’esordiente Andrew Patterson.

Presentanto al Festival di Toronto, e successivamente nella sezione “Tutti ne parlano” della Festa del Cinema di Roma, il film porta un chiaro omaggio alla serie televisiva di culto Ai confini della realtà e ai racconti fantascientifici dello scrittore H. G. Wells, costruendo da queste basi propria originalità e forte attrattiva. Protagonisti del film sono Fay (Sierra McCormick) e Everett (Jake Horowitz), i quali durante una sera d’estate, mentre gli abitanti di Cayuga sono radunati per una partita di pallacanestro, scoprono sulle onde radio della cittadina una misteriosa e agghiacciante frequenza. I due inizieranno così ad investigare sulla sua origine, cambiando per sempre le loro esistenze.

The Vast of Night: si ha più paura di ciò che si sente ma non si vede

Il film diretto da Patterson dimostra profonda devozione verso quell’immaginario fantascientifico edificato nel corso degli anni cinquanta tramite il cinema, la letteratura e la televisione. Lo dimostra a tal punto da introdurre la macchina da presa, e con lei lo spettatore, proprio all’interno di un televisore d’epoca, il quale trasmette un programma fantascientifico la cui puntata del giorno porta lo stesso titolo della pellicola.

Da qui ha inizio il film, costruito attraverso una messa in scena che mira a tenere lo sguardo dello spettatore costantemente stregato dallo schermo, stordito dai rapidi scambi di battute e i dispersivi spostamenti nello spazio. Il regista utilizza la camera per pedinare i suoi personaggi, con una costruzione dell’inquadratura che suggerisce davvero la presenza di un occhio esterno che osserva gli eventi da lontano. Qualcosa di invisibile, percepibile soltanto attraverso l’udito.

Si entra nel vivo nel momento in cui la giovane Fay, al lavoro nella sua postazione di centralinista, scopre la misteriosa frequenza, ricevendo inoltre numerose chiamate di persone allarmate da qualcosa avvistato nel cielo. Con un unico, lungo, primo piano della ragazza in ascolto, e senza mostrare altro che questo, il regista riesce a costruire un crescente senso di inquietudine ed oppressione. Non si vede nulla, ma è ciò che sentiamo a rendere il tutto più vivo e minaccioso.

Un trucco particolarmente vincente, accentuato dal contrasto tra l’ambiente cupo e ristretto nel quale si trovano i protagonisti, e noi con loro, in confronto alla vastità degli spazi aperti e dell’intero universo. Una costruzione della messa in scena che il regista ripropone più volte in modi sempre nuovi. Passando la palla da Fay ad Everett, è ormai indubbio il ruolo privileggiato riservato all’atto dell’ascoltare, a cui si affiancano idee di regia in grado di aggiungervi valore.

Dall’interno della stazione radio si concretizza il terrore che sempre più si fa spazio nella storia, rivisitato attraverso il media della radio e del suo potenziale, ben noto già ad Orson Welles quando nel 1938 terrorizzò gli USA con la sua realistica lettura del romanzo La guerra dei mondi.

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The Vast of Night, l’esordio di un talento da tenere d’occhio

È indicativo come proprio nel momento in cui la minaccia acquisisce un nome, “le persone dal cielo”, essa diventi progressivamente meno inquietante. Nell’avvicinarsi al finale, diventando sempre più concreta, questa sembra perdere quell’aura di mistero che l’aveva caratterizzata fino a quel momento. Una risoluzione inevitabile forse, che mantiene ad ogni modo il suo fascino pur sgonfiando in parte quanto fino a quel momento costruito.

Ciò tuttavia non intacca il valore del film. Impreziosito anche dalle ottime prove attoriali dei due protagonisti, nella sua interezza The Vast of Night dimostra le capacità narrative e di costruzione dell’immagine di Patterson. Un talento capace di prendere una storia tutt’altro che originale e di renderla tale, tanto da un punto di vista visivo quanto uditivo.

Ron Howard: intervista al regista del documentario su Pavarotti

Ron Howard: intervista al regista del documentario su Pavarotti

In occasione della presentazione alla Festa del Cinema di Roma 2019, ecco la nostra intervista a Ron Howard, regista di Pavarotti, il documentario sulla leggenda della lirica mondiale.

Pavarotti è il secondo documentario che il regista premio Oscar Ron Howard dedica a grandi miti della musica. Nel 2016 era toccato ai Beatles, con The Beatles: Eight Days a Week – The Touring Years, mentre viene ora presentato alla quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma il film sulla vita del celebre tenore italiano.

Tra i temi centrali del film vi è quello della famiglia, grande e insostituibile valore nella vita di Pavarotti, che nel film appare ricorrente attraverso interviste alle due mogli e alle tre figlie. “La storia della famiglia è la chiave del film, quella con cui è possibile identificarsi di più. Questa gli ha dato tutto, e lui si è sempre speso molto per i suoi cari. Era un uomo generoso, ma portava negli occhi anche il dolore per la convinzione di non essere stato il padre che avrebbe voluto essere. Credo che da simili sofferenze possa nascere la vera arte, e Pavarotti ne è un esempio perfetto.”

Pavarotti, il documentario evento sulla superstar internazionale che ha trasformato il mondo dell’Opera, arriverà nei multisala The Space Cinema solo per tre giorni il 28, 29 e 30 ottobre. Lo speciale contenuto racconta la storia, la voce, i segreti che hanno reso Luciano Pavarotti una leggenda, ripercorrendo il suo incredibile percorso, da figlio di un fornaio a stella dei palcoscenici mondiali capace di trasformare per sempre l’universo operistico.

Il documentario firmato dal regista premio Oscar Ron Howard, è realizzato con filmati inediti e immagini delle performance più iconiche del tenore che offrono un ritratto intimo ed emozionante dell’artista e dell’uomo, diventato il più amato cantante d’opera di tutti i tempi con oltre 100 milioni di dischi venduti nel corso della sua carriera. Ron Howard ha scelto un approccio intimo per raccontare la storia del tenore andando oltre l’iconica figura pubblica per svelare l’uomo. Grazie all’accesso esclusivo agli archivi di famiglia e al vasto materiale musicale ripreso dal vivo, il documentario evento fa emergere la storia personale dell’artista e attraverso le immagini e la musica di Pavarotti, gli spettatori viaggeranno in tutto il mondo in compagnia del tenore conoscendo l’artista sensibile e l’uomo.

Suicide Squad: David Ayer rivela i look inediti di Margot Robbie

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Suicide Squad: David Ayer rivela i look inediti di Margot Robbie

Arrivano direttamente da David Ayer alcuni scatti inediti di Margot Robbie nei panni di Harley Quinn e scartati dalla versione finale di Suicide Squad, il cinecomic del 2016 che ha definitivamente consacrato l’attrice australiana. Il regista ha infatti diffuso tramite il suo profilo Instagram alcune foto che la ritraggono con i costumi del personaggio poco prima dell’inizio della lavorazione del film.

Secondo Ayer, i look “fanno parte di un vasto processo di trucco e guardaroba che ha visto Margot sopportare tentativi ed errori infiniti per arrivare al perfetto aspetto finale di Harley.

Margot Robbie tornerà nei panni di Harley Quinn in Birds of Prey, spinoff diretto da Cathy Yan in arrivo nelle sale il 7 febbraio 2020. Nel cast anche Mary Elizabeth Winstead, Jurnee Smollett-Bell (rispettivamente Cacciatrice e Black Canary), Rosie Perez (Renee Montoya) e Ella Jay Basco (Cassandra Cain). Ewan McGregor interpreta invece uno dei due principali villain del film, Maschera Nera, alter ego di Roman Sionis. Chi conosce i fumetti lo ricorderà come uno dei più grandi nemici di Batman (negli anni Ottanta esplose proprio come nemesi del Cavaliere Oscuro) nonché temibile boss mafioso di Gotham City.

Leggi anche – Birds Of Prey: tutti gli easter egg presenti nel trailer

La prima sinossi del film riporta: Dopo essersi separata da Joker, Harley Quinn e altre tre eroine – Black Canary, Cacciatrice e Renee Montoya – si uniscono per salvare la vita della giovane Cassandra Cain da un malvagio signore del crimine.

Prossimamente sarà invece sul set di The Suicide Squad, riavvio della celebre Task Force della DC Comics affidato a James Gunn con alcuni membri del cast originale e moltissimi volti nuovi. Della trama sappiamo pochissimo, così come sono ancora da definire i personaggi che figureranno in questa elettrizzante avventura.

Vi ricordiamo che il cast ufficiale di The Suicide Squad comprende i veterani Margot Robbie (Harley Quinn), Viola Davis (Amanda Waller), Joel Kinnaman (Rick Flag) e Jai Courtney (Captain Boomerang) insieme alle new entry Idris Elba, Michael Rooker, Peter Capaldi, Nathan Fillion, Sean Gunn, David Dastmalchian, Storm Reid, Taika Waititi and John Cena. Other cast additions include Pete Davidson, Juan Diego Botto, Joaquin Cosio, Flula Borg, Tinashe Kajese, Jennifer Holland, Julio Ruiz, Alice Braga, Steve Agee e Daniela Melchior.

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