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Ruin: Margot Robbie protagonista del film di Justin Kurzel

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Sarà Margot Robbie l’interprete principale di Ruin, nuovo lavoro di Justin Kurzel (Macbeth, Assassin’s Creed). Il film sarà ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale e la Robbie avrà il ruolo di una sopravvissuta all’Olocausto che si trova a vivere in una Germania ancora distrutta dalla battaglia. Stringerà un legame con un ex-militare delle SS pentito che per placare la sua sete di vendetta proporrà alla ragazza di mettersi sulle tracce del componenti dello squadrone della morte.

Insieme alla Robbie nel ruolo di co-protagonista anche Matthias Schoenaerts. La sceneggiatura è stata invece affidata ai fratelli Ryan e Matthew Firpo che avevano completato lo script anni fa ma non avevano avuto modo di vendere l’intero manoscritto. Per questo il script diventò famoso come uno dei migliori ancora da realizzare a Hollywood.

Ricordiamo che la bella Margot Robbie arriverà nei prossimi anni al cinema con molteplici progetti tra cui Mary Queens of Scots, Once Upon a Time in Hollywood di Quentin Tarantino, attualmente in fase di lavorazione, e Birds of Prey, cinecomic tutto al femminile di cui l’attrice è anche produttrice.

FONTE: ScreenRant

Halloween: il final trailer annuncia il ritorno di Michael Myers

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Come già annunciato in questi giorni, è stato finalmente pubblicato il final trailer di Halloween, nuova trasposizione cinematografica del classico dell’horror. Per la saga questo è il film numero undici che rivede come protagonista il folle assassino Michael Myers. Nella linea cronologica si tratta del sequel del primo capitolo, Halloween – La notte delle streghe, uscito nel lontano 1978 e diretto da John Carpenter, che qui ritorna come produttore esecutivo e compositore delle musiche. Del primo film negli anni furono fatti altri seguiti, ma in questo film non verranno considerati nella costruzione della trama.

La vicenda sarà ambientata quarant’anni dopo dalla serie di violenti omicidi di Michael Meyers che si troverà ad affrontare di nuovo Laurie Strode, sfuggita all’epoca alla sua furia. La regia è stata affidata a David Gordon Green mentre nel cast ritornerà l’iconica Jamie Lee Curtis a cui si aggiungerà Judy Greer, Virginia Gardner, Will Patton, Nick Castle, Jefferson Hall, Andi Matichak, Miles Robbins e Omar Dorsey.

Halloween uscirà nelle sale italiane il prossimo 25 Ottobre.

Halloween, la recensione del film di David Gordon Green

Avengers 4: Pom Klementieff si lascia scappare uno spoiler

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Avengers 4: Pom Klementieff si lascia scappare uno spoiler

L’interprete di Mantis nell’universo Marvel, Pom Klementieff, durante un’intervista si è fatta involontariamente sfuggire uno spoiler su Avengers 4. A sua discolpa si può dire che l’argomento di cui si stava parlando era del tutto lontano al mondo dei cinecomic: l’intervistatore le aveva chiesto un suo parere sul movimento #metoo che, come è noto, sta creando gravi problemi al mondo di Guardiani della Galassia. L’attrice ha così risposto:

Si tratta di una cosa spaventosa quanto bella. Mi ricordo di Brie Larson e Danai Gurira sul set di Avengers, sono venute da me e mi hanno parlato della lettera Time’s Up e l’ho trovata magnifica. E’ splendido sapere che ci sono donne, ma anche uomini, che stanno combattendo per un futuro migliore”.

Leggendo tra le righe, quindi, lei si trovava sul set con i personaggi di Captain Marvel e Okoye, facendo intuire che le tre condivideranno una scena insieme. Che ci sia una sommossa tutta al femminile nel prossimo film della saga? Sta di fatto che alcune riprese di Avengers 4 sono datate a circa un anno fa quindi le dichiarazioni di Pom Klementieff potrebbero non essere del tutto attendibili. Ci sarà da aspettare il prossimo maggio quando il film arriverà nelle sale.

FONTE: PaperMag

Apostle, Dan Stevens nell’immagine ufficiale del film

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Apostle, Dan Stevens nell’immagine ufficiale del film

La rivista Empire ha appena diffuso una foto ufficiale di Apostle, nuovo film Netflix con Dan Stevens. Nell’immagine che potrete trovare di seguito si vede l’attore di Legion nei panni di Thomas Richardson in una Londra di inizio ‘900. La trama ruota attorno al suo ritorno a casa ed alla scoperta che la sorella è stata rapita da una setta religiosa. L’uomo si mette in viaggio per l’isola in cui la setta vive sotto la leadership del carismatico Profeta Malcolm, la trova e riesce ad infiltrarsi nel gruppo scoprendo così come la corruzione dell’alta società ha infestato i suoi membri della setta.

Il film sarà diretto da Gareth Evans che ha anche scritto la sceneggiatura. La produzione invece è stata affidata, oltre a Netflix, a Adam Tertzakian ed Ed Talfan. Nel ricco cast, oltre a Stevens, anche Michael Sheen, Lucy Boynton, Mark Lewis Jones, Bill Milner, Kristine Froseth e Paul Higgins.

C’è molta attesa per questo film descritto come un tormentato racconto di occultismo che nasconde più di qualche segreto da svelare. La distribuzione sulla piattaforma è prevista per il prossimo 12 Ottobre.

FONTE: Empire

Captain Marvel: una prima occhiata agli Skrulls

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Captain Marvel: una prima occhiata agli Skrulls

VIDEO CORRELATO

Grazie all’esclusiva di Entertainment Weekly, che ha dedicato la cover alla Brie Larson di Captain Marvel, possiamo dare un’occhiata anche agli altri personaggi. In particolar modo c’era molta curiosità intorno agli Skrulls, creature dell’universo Marvel che daranno avvio all’intreccio di questo film. Infatti, come si apprende dalle pagine di EW, il nuovo cinecomic si aprirà con l’ex pilota Carol Danvers, già dotata di poteri, lontana dalla Terra. Un avviso che gli Skrulls sono sbarcati sul suo pianeta di origine la farà tornare a casa dove, tramite presumibilmente flashback, si ritornerà a ritroso a scoprire l’origine dei suoi poteri.

Nell’immagine che potrete trovare di seguito sono stati immortalati gli Skrulls che fanno il loro approdo sulla terra via mare, e tra questi si può riconoscere, sotto un accuratissimo make-up, il loro leader interpretato da Ben Mendelsohn.

Captain Marvel arriverà al cinema l’8 Marzo 2019 e avrà alla regia Anna Boden e Ryan Fleck. Nel cast anche Samuel L. Jackson, Lashana Lynch, Jude Law, Gemma Chan, Lee Pace e Djimon Hounsou. Il film ha già attirato l’attenzione di tutti gli appassionati in quanto si tratta della prima eroina donna a cui è stato dedicato un intero cinecomic all’interno dell’universo Marvel.

Captain Marvel: Brie Larson sulla cover di EW

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Captain Marvel: Brie Larson sulla cover di EW

Come era stato preannunciato, nella giornata di ieri si è potuta dare una prima occhiata alla Brie Larson di Captain Marvel (che potrete trovare in fondo). L’attrice nei panni dell’eroina è apparsa infatti sulla cover di Entertainment Weekly, dove ha rilasciato anche un’intervista spiegando la genesi del personaggio che arriverà nei cinema quest’anno.

Lei non può fare a meno di essere se stessa” ha dichiarato “Può essere aggressiva, può avere un temperamento forte. E’ veloce nel saltare le cose e questo la rende fantastica in battaglia perché è la prima che arriva e non aspetta gli ordini per agire. Essere in attesa di ordini per alcuni è difetto di carattere.”.

Non è un supereroe perfetto o ultraterreno perché ha qualche connessione divina” ha aggiunto la regista Anna Boden, prima regista donna dell’universo MarvelMa ciò che la rende speciale è quanto sia umana. E’ divertente, ma non fa sempre battute. E può essere testarda e spericolata, non sempre prende decisioni perfette per se stessa. Ma al suo interno, ha così tanto cuore e tanta umanità e tutta la sua confusione.”.

Captain Marvel arriverà al cinema l’8 Marzo 2019.

22 July: recensione del film di Paul Greengrass

22 July: recensione del film di Paul Greengrass

Il cinema è intrattenimento ma soprattutto arte che a volte si fa veicolo di informazione e verità. Quello che ci propone oggi Paul Greengrass, che presenta in concorso 22 July, è una ricostruzione fedele degli mostruosi attentati terroristi del 2011 in Norvegia.

Il giorno 22 luglio del 2011 un estremista di destra, un certo Anders Behring Breivik (Anders Danielsen Lie), ha compiuto due dei più insensati e orribili attentati terroristici degli ultimi anni. Dopo aver fatto detonare uno spaventoso ordigno alla sede del parlamento ad Oslo, Anders si è diretto sull’isola di Utoya, dove all’epoca centinaia di ragazzi erano impegnati in un campeggio di leadership giovanile. L’attentatore, vestito da poliziotto e munito di documenti falsi, arrivato sull’isola, ha aperto il fuoco sui ragazzi uccidendone sessantanove e ferendone più di cento. L’attacco è stato violento e repentino e quando la polizia è giunta sul luogo della strage era ormai troppo tardi. Anders è stato preso in custodia e arrestato.

Dopo gli acclamati United 93 e Bloody Sunday, Paul Greengrass torna a parlare di cronaca, stavolta raccontando del terribile attentato della Norvegia. Traendo ispirazione dal libro Uno di noi – La storia di Anders Breivik di Åsne Seierstad, il regista britannico fa un resoconto dettagliato e sufficientemente distaccato degli avvenimenti di quel terribile 22 luglio. Il film 22 July, partendo dalla preparazione di Breivik dell’attentato, ricostruisce ogni singolo momento di quelle ventiquattro ore di terrore e degli anni successivi. Il film quindi non è solo la cronaca degli attacchi di Oslo e Utoya ma anche di tutti quei momenti che precedono il processo di Breivik e il verdetto finale della corte norvegese.

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La conta dei feriti e dei deceduti, la disperazione delle famiglie, l’arresto e l’interrogatorio dell’attentatore e finalmente il processo; ognuno di questi momenti è descritto con incredibile accuratezza e sensibilità. Pur trattandosi di un film, però, Greengrass non dimentica la sua obiettività; il regista infatti, nonostante come molti non possa accettare né condividere gli ideali folli di Anders, non sale in cattedra, non fa propaganda ma semplicemente si limita a raccontare gli eventi e le due facce della stessa medaglia. Grazie ad un incredibile lavoro sulla sceneggiatura riusciamo ad entrare perfettamente nella mente dell’attentatore che, in preda ad un delirio di onnipotenza, oltre a non voler rinnegare le sue posizioni, sembra addirittura credere di essere il leader di una fantomatica e imminente rivoluzione socio politica.

Mentre i deliri di Anders sembrano essere assecondati dal suo avvocato – ognuno ha infatti il diritto di essere difeso in tribunale -, gli spettatori assistono anche a tutta la distruzione che l’attentatore si è lasciato alle spalle. Il film apre una porta sullo straziante dolore delle famiglie delle vittime e su quello dei sopravvissuti alla strage. Molti dei ragazzi scampati alle pallottole di Breivik, infatti, soffrono di un disturbo da stress post traumatico, hanno riportato danni seri e permanenti e vivono ogni giorno facendosi un’unica domanda: come mai sono ancora vivo? Con 22 July Greengrass punta i suoi riflettori anche sulle conseguenze meno ovvio di un attentato di tale portata come, per l’appunto, il senso di colpa dei sopravvissuti.

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22 July, a metà strada tra documentario e fiction, riesce ad equilibrare bene la sua parte didascalica a quella più emotiva. Il film segue infatti molto da vicino la storia di Viljar Hanssen (Jonas Strand Gravli) – sopravvissuto alla strage nonostante i cinque colpi d’arma da fuoco ricevuti – e della sua famiglia. Le operazioni subite, i danni permanenti, la lunga riabilitazione, gli incubi e la rabbia repressa, Greengrass racconta la lenta rinascita di questo adolescente, simbolo della forza di un’umanità che ancora non è pronta ad arrendersi. Come dice il Primo Ministro norvegese (Ola G. Furuseth) nel film, “dobbiamo combattere”.

Nell’ultima parte del film, affrontando anche il difficile processo a Breivik, Paul Greengrass invita lo spettatore a riflettere in maniera più ampia sui concetti di bene e male e soprattutto sull’importanza della giustizia in un paese democratico. Dopo un atto insensato come quello del 22 luglio 2011 in molti si farebbero travolgere dalla rabbia, chiedendo la testa dell’uomo autore di una tale strage: ma che senso avrebbe? La morte di un mostro come Anders potrebbe riportare in vita le vittime della strage o alleviare il dolore delle loro famiglie? L’unica cosa possibile è andare avanti perché, come dice lo stesso Greengrass, “la democrazia deve lottare per provare la sua esistenza”.

I villeggianti: trailer del film di Valeria Bruni Tedeschi

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I villeggianti: trailer del film di Valeria Bruni Tedeschi

Guarda il teaser trailer di I villeggianti, il nuovo film di e con Valeria Bruni Tedeschi, presentato oggi alla 75° Mostra del cinema di Venezia e in uscita nelle sale italiane il prossimo 20 dicembre.

Nel cast tra gli altri, anche Valeria Golino Riccardo Scamarcio.

Una grande e bella proprietà in Costa Azzurra. Un posto che sembra essere fuori dal tempo e protetto dal mondo. Anna arriva con sua figlia per qualche giorno di vacanza. In mezzo alla sua famiglia, ai loro amici e al personale di servizio, Anna deve gestire la sua recente separazione e la scrittura del suo prossimo film. Dietro le risate, la rabbia, i segreti, nascono rapporti di supremazia, paure e desideri. Ognuno si tappa le orecchie dai rumori del mondo e deve arrangiarsi con il mistero della propria esistenza.

La regista ha commentato: Da quando sono nata, ho sempre trascorso le vacanze in una grande e bella casa sulla Costa Azzurra. È un posto senza tempo e lontano dal resto del mondo. Con questo film, racconto la storia di un gruppo di persone in questa casa: la famiglia dei proprietari, gli amici e i dipendenti. Descrivo la solitudine di ognuno di essi, nonostante si trovino insieme, le dispotiche dinamiche nei rapporti, le paure, la vergogna, la rivolta, i desideri e gli amori. La mia intenzione è di raccontare come ogni persona scelga deliberatamente di ignorare il frastuono del mondo esterno, il tempo che passa, la morte in agguato; come ognuno sia solo di fronte al mistero della propria esistenza.

Sunset: recensione del film di László Nemes

Sunset: recensione del film di László Nemes

Presentato in concorso a Venezia 75, Napszállta (Sunset) di László Nemes, traducibile come “tramonto”, è il secondo lungometraggio del regista ungherese premio Oscar al miglior film straniero per Il figlio di Saul. Con la nuova opera Nemes segue i passi di una giovane donna, attraverso il cui sguardo osserviamo il tramonto di un epoca nell’appena sopraggiunto ventesimo secolo, in un’Europa alle soglie della prima guerra mondiale.

Nel 1913 la giovane Írisz Leiter (Juli Jakab) arriva a Budapest con il sogno di lavorare come modista nella cappelleria che apparteneva alla sua famiglia, ma viene cacciata dal nuovo proprietario. Írisz si mette allora alla ricerca del misterioso Kálmán Leiter, che sembra essere rimasto il suo ultimo legame con il passato.

Tra i film più attesi del Festival, quello di Nemes era un vero e proprio banco di prova per il giovane regista, chiamato a confermare la sua voce autoriale con l’opera seconda. Sunset si rivela invece essere un’opera al di sotto delle aspettative da un punto di vista prettamente narrativo, rivelando una sceneggiatura carente, labirintica, non in grado di portare a compimento l’intento del regista.

L’ambizione riposta in questo progetto si rivela essere una meta non pienamente raggiunta, e nella sua lunghezza (di 142 minuti), nonostante un ritmo ben sostenuto, la narrazione fatica a sciogliersi e risolversi, lasciando sospesi intrecci e risvolti criptici. Diviene così difficile anche immedesimarsi nella protagonista, nonostante la buona prova attoriale di Juli Jakab, e si costretti a rimanere al di fuori degli eventi narrati, senza riuscire a sentirsi davvero coinvolti da questi.

SunsetÈ guardando invece alla metafora che Nemes vuole mettere in scena, che si trovano gli spunti più interessanti. Írisz diviene così l’incarnazione dell’Europa, un’Europa smarrita tra strade e personaggi a lei ostili, che perde l’innocenza dinanzi ad una società sempre più corrotta e depravata. Una metafora che dovrebbe portare lo spettatore a riflettere sull’attuale situazione dell’Europa, costantemente minacciata e dilaniata internamente.

Punto di forza del film è invece certamente l’aspetto visivo del film, girato con grande classe e gusto per la messa in scena, con una ricercata attenzione per la composizione visiva, le scenografie e i costumi. Nemes concepisce e realizza splendidi long takes e piani sequenza, che pedinano ossessivamente la protagonista all’interno di una città specchio di un continente e una società al tramonto. Il prosperare di eventi drammatici viene altresì sottolineato da una fotografia che predilige via via toni più scuri, conferendo così al tutto un senso di claustrofobia adatto al tono del film.

Un mezzo passo falso, dunque, questa sua opera seconda, che rivela la sua debolezza principale in una narrazione che tenta di ricercare le cause di degrado morale e sociale che portarono ai grandi conflitti del ventesimo secolo. Il punto di vista che il regista sceglie di adottare per far ciò, si rivela tuttavia mal strutturato e non in grado di reggere l’ambizione del film. Sunset ridimensiona così le aspettative nei confronti del suo autore, che tuttavia mette a segno alcuni nuovi colpi da maestro che fanno ben sperare per il suo futuro.

Acusada: recensione del film di Gonzalo Tobal

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Acusada: recensione del film di Gonzalo Tobal

Tra il sontuoso horror di Guadagnino, il film artistico di Schnabel, il western di Audiard e dei Coen, con Acusada Gonzalo Tobal porta in Concorso a Venezia 75 un dramma processuale che sembra liberamente ispirato al caso di Amanda Knox e all’omicidio di Perugia. Protagonista è Dolores (Lali Esposito), una ragazza benestante, molto bella, ma con uno sguardo assorto, una severità nelle espressioni, ambigua. Proprio l’ambiguità è la cifra scelta da Tobal per proporre la sua versione del Caso Meredith: a poco a poco lo spettatore viene introdotto ai vari elementi della storia, non c’è nessun ricorso a spiegazioni o dialoghi che possano aiutare a orientarsi negli eventi. Un racconto minuzioso e uno svelarsi graduale degli aventi solletica l’attenzione dello spettatore che viene catapultato nel film alla vigilia del processo per un omicidio avvenuto due anni prima.

L’ambiguità del racconto, insieme a quella del volto della protagonista, permettono a Tobal di imbastire un giallo classico, fotografato in maniera patinata ma fredda, che conferisce al film un look molto definito che sembra indirizzato a non far simpatizzare lo spettatore con Dolores. Dopotutto fino alla fine non si riesce a capire se la ragazza sia effettivamente colpevole o innocente, e la giustizia del tribunale non soddisfa la curiosità e il desiderio di verità.

acusadaIl punto di forza di Acusada è però proprio la continua sensazione si svelamento, la tensione che permette al regista di accompagnare lo spettatore nella scoperta del crimine, dei suoi attori, delle dinamiche, tutto in bilico tra verità e menzogna, tra ciò che viene raccontato e ciò che invece è accaduto davvero.

Tobal riveste questa tensione narrativa con scelte formali ridondanti, a volte in netto contrasto con ciò che mostra, dalle aule del tribunale ai primi piani della misteriosa Dolores. Ma nonostante lo stridore che si genera tra forma e contenuto, Acusada riesce agganciare l’attenzione dello spettatore fino alla fine, che è poi tutto ciò che si chiede a un buon crime drama.

Slender Man, recensione dell’horror di Sylvain White

Slender Man, recensione dell’horror di Sylvain White

In uscita il 6 settembre, Slender Man non è certo il primo tentativo di portare il mitologico personaggio su grande (e piccolo) schermo.

Dopo una serie di corti, film indipendenti, documentari e due videogiochi di grande successo, anche Hollywood ha ceduto al fascino della creepypasta più famosa del web.

Per i non addetti ai lavori, una “creepypasta” è una leggenda metropolitana nata e sviluppatasi nel web, attraverso le menti degli utenti e la trasmissione orale. Nello specifico il personaggio di Slender Man (letteralmente “Uomo Esile”) fu ideato da Victor Surge (alias Erik Knudsen) durante un concorso fotografico online per il sito Something Awful, dove si incoraggiavano gli utenti a modificare talune fotografie immettendovi, con photoshop, dei particolari macabri.

La figura di questo inquietante personaggio altissimo, magro e senza volto che si accinge a rapire dei bambini innocenti, vinse il primo premio del contest e si diffuse in un baleno in tutto internet, incontrando un grande successo di pubblico.

Nella speranza di cavalcarne l’onda favorevole, Sony e Screen Gems ne hanno tratto un lungometraggio horror di stampo molto classico, e se vogliamo piuttosto démodé. Sì perché Slender Man– diretto dal regista televisivo Sylvain White – si caratterizza anzitutto per avere un’impostazione ormai vetusta. La struttura della trama guarda più agli horror anni ’90 che a quelli contemporanei. Il cinema dell’orrore attuale è stato decisamente rivoluzionato, a favore di nuove soluzioni stilistiche e visive. Basti pensare ai recentissimi capolavori come A Quiet Place, Hereditary e Get Out. Per non parlare dell’intero microcosmo del terrore creato da James Wan.

Invertendo questa positiva rotta, Slender Man sceglie la soluzione più banale, e mette in atto un film con quattro adolescenti (tutte neo promesse di Hollywood) che, presa visione di un filmato maledetto online, ne divengono ossessionate e quindi perseguitate (in quanto ignare, si vede, della stranota saga di The Ring). Se si escludono un paio di soluzioni stilistiche niente affatto banali (si veda il finale, nello specifico), la storia manca di cuore e originalità.

Il pubblico non gradisce (in America il film è già uscito da circa un mese) e la noia, dovuta al vuoto pneumatico di idee, è palpabile più della nebbia che avvolge le apparizioni dello Slenderman.

Peccato. Perché l’idea di partenza consentiva lo sviluppo di sottotrame molto interessanti, a partire dal fatto – nel film appena accennato – che il personaggio dell’incantatore e rapitore di bambini esiste fin da tempi lontani. Dal Großmann della mitologia tedesca fino al Pifferaio di Hamelin, il materiale da cui attingere non era poco.

Invece Slender Man di Sylvain White sceglie di concentrarsi sulle vicende delle quattro liceali e i relativi sconvolgimenti psicologici, ricordando troppo da vicino le pericolose ossessioni collettive come la ormai famosa Blue Whale Challenge, che hanno portato alla morte diversi ragazzi di tutto il mondo.

Forse per questo motivo, la produzione Sony e la Screen Gems si sono sentite in dovere di moderare la promozione e le pubblicità inerenti al film, memori delle azioni giudiziarie ancora in corso contro la creepypasta in questione. Nel solo 2014, negli Stati Uniti, sono avvenuti diversi casi di aggressioni e tentato omicidio nei quali gli adolescenti coinvolti erano ossessionati dal personaggio mitologico di Slenderman.

La profezia dell’Armadillo: recensione del film

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La profezia dell’Armadillo: recensione del film

Atteso dai tantissimi fan di Michele Rech, ovvero Zerocalcare, arriva a Venezia 75 La Profezia dell’Armadillo, il film basato sull’omonima grafic novel e presentato nella sezione Orizzonti. La lunga produzione travagliata non ha giovato alla buona salute del film, ma, tra detrattori e scettici, il film non è il naufragio che tutti annunciavano (e qualcuno si aspettava).

La profezia dell’Armadillo segue Zero, che insieme al suo amico Secco, cerca di rintracciare un’amica d’infanzia per riferirle che un’altra ragazza con cui un tempo passavano le giornate è prematuramente morta. Parallelamente, Zero fa i conti con la sua vita senza direzione, tra ambizioni artistiche, lavoro precario e ripetizioni a ragazzini ricchi.

Venezia 75: presentato La profezia dell’Armadillo, dal fumetto di Zerocalcare

A dirigere il film c’è Emanuele Scaringi, esordiente che film con una regia incolore una storia frammentata, che rispecchia molto poco l’originale del fumettista italiano e che narrativamente è inconcludente. Tuttavia, nonostante gli evidenti problemi, il film è genuinamente divertente, soprattutto nella prima parte, soprattutto per i dialoghi brillanti e i tempi comici ineccepibili messi in scena da Simone Liberati e Pietro Castellitto, soprattutto grazie al secondo, vera e propria stella del film.

A dare voce e corpo (sotto ad un ingombrante costume di cartapesta) all’armadillo del titolo è il sempre divertente Valerio Aprea, tuttavia la scelta di allontanarsi troppo dall’originale di cellulosa rende la presenza stessa dell’animale e della sua profezia una pure formalità che dà nome alla storia, senza avere poi un vero e proprio senso nella narrazione. Nel suo insieme, La profezia dell’Armadillo è un’onesta commedia che avrebbe giovato di un processo di ideazione e lavorazione più solido ma che riesce a farsi voler bene.

la profezia dell'armadillo

Opera senza autore: recensione di Florian Henckel von Donnersmarck

Dopo Eternity’s Gate di Schnabel, a Venezia si riflette ancora sul concetto di arte ne film di Florian Henckel von Donnersmarck Werk ohne Autor (Opere senza autore), presentato in concorso.

È la storia di Kurt, dalla sua infanzia, durante la Seconda Guerra mondiale, fino alla metà degli anni Sessanta. Trent’anni di vita, di traversie e di ricerca interiore ed espressiva, passando per i vari cambiamenti epocali che hanno caratterizzato quell’intenso e burrascoso periodo della storia del ventesimo secolo. Vengono attraversate tre epoche distinte della storia tedesca: il nazismo, l’occupazione sovietica post-guerra e la divisione tra le due Germanie.

Kurt,fin da bambino appassionato al disegno e alla pittura, diviene uno studente all’Accademia di Belle arti, dove si innamora di Ellie, studentessa del corso di moda. Il severo padre della ragazza, il professor Seeband, rinomato medico, specializzato in ginecologia e ostetricia, disapprova però l’amore sbocciato tra i due ragazzi e ordisce un orribile sistema per mettere fine alla loro relazione. Ma Kurt ed Ellie non possono minimamente immaginare quale terribile passato giace sepolto e minaccia nell’ombra la loro ricerca di serenità, ovvero un orrendo crimine di guerra compiuto dal professor Seeband, durante la messa in atto delle deliranti politiche di Hitler.

Parallelamente alla storia di Kurt e attraverso i suoi occhi si assiste al faticoso cammino dell’arte del ventesimo secolo, imbrigliata dalla politica, dall’ideologia e dalla follia della guerra; dalle avanguardie storiche del novecento, in particolare l’espressionismo tedesco, passando poi per le arti al servizio dei regimi, fino ad arrivare alla catartica liberazione delle idee e dell’espressività esplosa negli anni Sessanta.

Florian Henckel von Donnersmarck realizza un affresco potente, intrigante, velato di mistero e portatore di un messaggio crudele, raccontando tre decenni della storia tedesca attraverso personaggi chiave, costretti continuamente a adattarsi e a trasformarsi per sopravvivere agli ineluttabili cambiamenti imposti dalla guerra e dalla successiva occupazione da parte dei vincitori. Il regista aveva già sapientemente affrontato un periodo della sua Germania, con lo struggente e indimenticabile Le vite degli altri (2006), ambientato durante gli anni del Muro di Berlino, ma qui va ancora più indietro, addentrandosi nella oscura ascesa del nazismo, pur mantenendo un’ampia parte della vicenda il quel contesto storico a lui caro e congeniale narrativamente.

Von Donnersmarck affronta il tema del controllo genetico della razza ariana, mostrando in maniera spietata come anche sui cittadini tedeschi fosse operata una spietata selezione, in base allo stato di salute, mentale o alle tare genetiche. Ed è agghiacciante vedere come una giovane ragazza ritenuta schizofrenica viene prima sterilizzata e poi soppressa, per impedire alla razza perfetta di acquisire eventuali eredità sgradite. Il film si muove attorno a questo doloroso abominio, caricando le spalle del giovane protagonista, il bravissimo Tom Schilling, di un pesante fardello e di un intricato enigma che dovrà sbrogliare dolorosamente, al fianco della sua compagna, interpretata dalla convincente Paula Beer, parallelamente alla sua spasmodica e dolorosa ricerca come artista. Per spiegare il tormentato percorso di Karl, Florian Henckel von Donnersmarck si appropria di una frase di Elia Kazan: “Il talento dei geni è la crosta sulle ferite ricevute nella loro infanzia. Ciò significa che gli esseri umani hanno una capacità quasi alchemica di trasformare un trauma in qualcosa di glorioso.”

Il discorso operato attorno all’arte e alle sue trasformazioni è forse l’elemento più originale dell’opera di Florian Henckel von Donnersmarck. Si inizia con un’esposizione a Dresda sulla pittura degenerata, dove sono esposti e derisi i capolavori di Grotz, Dix, Kandisky, Picasso e tanti altri, passando poi per la pittura utilizzata a mero consumo dell’ideologia, prima nazista e poi comunista, che diviene così freddo mestiere, per arrivare alla necessaria rottura liberatoria e alla ricerca libera, istintiva, lontana dalla tecnica e da qualsiasi finalizzazione. Si giunge fino a quell’opera senza autore che darà una risposta e un punto di arrivo al cammino faticoso e irto di insidie percorso dal protagonista.

Opera senza autore è una storia potente, struggente, crudele, a tratti scabrosa, che costringe a ricordare un passato apparentemente lontano, ma purtroppo ancora così attuale. Costringe a riflettere profondamente sul concetto di arte, di come questa dovrebbe essere totalmente libera, ma invece continuamente soggiogata dall’ottusità di chi ha l’ardire di imporsi sugli altri.

American Horror Story: Apocalypse, ecco il teaser trailer

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American Horror Story: Apocalypse, ecco il teaser trailer

E’ stato pubblicato nella serata di ieri il suggestivo teaser trailer di American Horror Story: Apocalypse, nuovo capitolo della saga di Ryan Murphy. Già da queste prime immagini si intuisce il crossover, già precedentemente annunciato, tra Murder House e Coven. Si ritroveranno gli Harmon di Murder House e Michael Langdon, nipote di Constance Langdon e figlio di Vivian e delle spettro Tate. Michael è l’Anticristo e, visto il sottotitolo di questa stagione, si può ipotizzare che l’intera Apocalisse ruoti attorno a lui.

C’è grande attesa per dei grandi ritorni nel cast come quello di Jessica Lange nei panni di Constance Langdon e Emma Roberts in quelli di Madison Montgomery. Nel cast anche Connie Britton, Cody Fern, Evan Peters, Dylan McDermott, Joan Collins, Kathy Bates, Sarah Paulson, Billy Eichner, Leslie Grossman, Cheyenne Jackson, Adina Porter, Billie Lourd, Taissa Farmiga, Gabourey Sidibe, Lily Rabe, Frances Conroy e Stevie Nicks.

Questo il trailer:

Aquaman: Evangeline Lilly è una grande fan di Jason Momoa

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Aquaman: Evangeline Lilly è una grande fan di Jason Momoa

Evangeline Lilly, che è stata vista di recente nell’adattamento Marvel Ant-Man and The Wasp, si è detta però una grande fan di uno dei personaggi della scuderia avversaria: Aquaman. L’eroe che arriverà nei nostri cinema il 1 Gennaio 2019 con le fattezze di Jason Momoa l’ha da subito conquista, come si legge in una recente intervista dove elogia soprattutto l’attore: “Sono una grande fan di Jason Momoa. Amo il suo modi di vivere, il fatto che vive vicino alla terra e cresce i suoi figli come piccoli animali selvatici, lo adoro.”.

L’attrice ha espresso i più sinceri complimenti alla sensibilità che imprime Momoa nel suo modo di essere e come questo influenzi i film di cui fa parte. Non è sicuramente la prima ad avere questa impressione dell’attore: anche i suoi compagni di set in Aquaman hanno sempre manifestato il loro entusiasmo nel lavorare con una persona del genere. Uno di loro è proprio il regista James Wan che qualche mese fa in un’intervista ha parlato così del suo protagonista: “Jason Momoa ha portato all’interno del personaggio l’idea che un uomo possa essere intrappolato tra due mondi: non sente di appartenere alla superficie, ma neanche ad Atlantide, il mondo sottomarino.”.

Ci si aspetta dunque una grande interpretazione dell’attore che ha già fatto la sua entrata nell’universo DC lo scorso anno con Justice League di Zack Snyder.

FONTE: Comicbook

Knives Out: Rian Johnson dirige un thriller con Daniel Craig

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Accantonato per un istante il set di Star Wars e l’intera trilogia che gli è stata affidata, Rian Johnson ha preso in mano un altro interessante progetto. Si tratta di Cena con delitto – Knives Out, un thriller con protagonista Daniel Craig basato sulla sceneggiatura dello stesso Johnson. Dalle prime informazioni sulla trama è trapelato che il protagonista sarà un detective che dovrà risolvere un crimine, in un’atmosfera da giallo contemporaneo.

Le riprese inizieranno già da novembre, cercando di incastrare l’agenda di Craig che dovrebbe presto essere sul set anche di Bond 25 (attualmente in stato di stallo e senza regista dopo l’abbandono di Danny Boyle). Sulla bravura dell’attore così si è sbilanciato il regista: “Sono sempre stato un suo grande fan e ho sempre voluto lavorare con lui. Mentre scrivevo la sceneggiatura con Ram Bergman (anche produttore del film), abbiamo cominciato a pensare chi potesse interpretare il detective. Per caso poi c’è arrivata la voce che Daniel avesse un po’ di spazio in agenda e alla fine la cosa è andata in porto. E’ un attore che sa fare molte cose e non vediamo l’ora di lavorare su questo detective moderno e collaborare con Daniel per dare vita ad un nuovo Poirot.

FONTE: Collider

Captain Marvel: quali saranno i riferimenti del film?

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Captain Marvel: quali saranno i riferimenti del film?

Arriverà finalmente a marzo il tanto atteso Captain Marvel, nuovo film dell’universo espanso Marvel diretto da Anna Boden e Ryan Fleck ed interpretato da Brie Larson, Samuel L. Jackson, Ben Mendelsohn e Jude Law. Tranne qualche foto dei costumi circolata in questi mesi nel web, poco ancora si sa sulle scelte stilistiche del film, ma oggi alcune dichiarazioni del capo Marvel Kevin Feige fanno un po’ di chiarezza sui riferimenti visivi che bisognerà aspettarsi dal film.

Intervista da Total Film, il magnate ha dichiarato che Captain Marvel si ispirerà a molti film anni ’90 e l’atmosfera che bisognerà aspettarsi sarà quella di un moderno Terminator: “Ci saranno senza dubbio omaggi ai film d’azione degli anni ’90, come scene di inseguimenti d’auto e lotte in strada, questo è quello che si vedrà, prendendo spunto da pellicole come Terminator 2: Judgment Day. Sono molto fiero di quello che stiamo facendo e varrà tutta l’attesa di questi mesi.

Ricordiamo che Captain Marvel, seguirà le vicende di Carol Danvers, una pilota dell’esercito americano il cui DNA viene fuso con quello dell’alieno Kree dopo un incidente. La donna acquisterà cosi dei superpoteri grazie ai quali avrà la capacità di volare e proiettare energia. Il suo personaggio è considerato come l’eroina più potente dell’universo Marvel.

Guardiani della Galassia: Dave Bautista chiede un film su Drax

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Guardiani della Galassia: Dave Bautista chiede un film su Drax

In questi giorni stanno facendo il giro del mondo le dichiarazioni di Dave Bautista sul suo futuro nella saga Guardiani della Galassia in seguito al licenziamento di James Gunn. Dopo aver espresso il suo totale appoggio al regista, non si è detto preoccupato di rischiare di perdere il ruolo di Drax. In una recente intervista, però, ha dichiarato il desiderio di vedere prodotto uno spin-off sul suo personaggio, anche nel caso in cui non fosse lui ad interpretarlo.

Vorrei davvero che raccontassero qualcosa di più della storia della famiglia di Drax” ha detto l’attore “Credo che sia una bella storia che si è un po’ persa nei film passati. E’ un racconto bellissimo e commovente, con la moglie e la figlia che vengono uccise lasciandogli il cuore spezzato. Mi piacerebbe se approfondissero la cosa, credo piacerebbe anche ai fan. Naturalmente è molto tempo che cerco di spingere per un film su Drax, ma non credo succederà mai. Ma resto convinto del fatto che i fan vorrebbero vederlo e, anche se non sarò io ad interpretarlo, credo sarebbe una storia interessante da raccontare. Mi piacerebbe anche vedere qualcun altro dal passato di Drax, dare loro un aspetto, cioè, alla moglie, alla figlia, per esempio, mi piacerebbe che i fan riuscissero a vedere i personaggi nelle loro menti, insomma unire il nome al volto.”.

Questa è l’ennesima dimostrazione d’affetto dell’attore verso il personaggio che gli ha letteralmente cambiato la carriera, facendolo passare dai ring del wrestling ai tappeti rossi hollywoodiani.

FONTE: Comicbook

The Witcher: Henry Cavill nella serie Netflix

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The Witcher: Henry Cavill nella serie Netflix

Qualche mese fa è stato annunciato come Netflix avesse intenzione di produrre una serie basata sui romanzi scritti da Andrzej Sapkowski e sul relativo videogioco The Witcher. L’attore Henry Cavill si era detto da subito un grande fan di questo titolo ed aveva apertamente dichiarato che sarebbe stato “pronto per interpretare Geralt nella serie tv di Netflix”. Il magnate dello streaming deve averlo ascoltato e l’attore è stato accontentato, accaparrandosi il ruolo da protagonista.

La serie, che attualmente non ha né una data d’uscita né una data di inizio lavorazione, avrà come scrittrice, produttrice e showrunner Lauren Schmidt Hissrich, già artefice di progetti come (Daredevil, The Defenders e Umbrella Academy. Tra i registi si leggono invece i nomi di Alik Sakharov (quattro episodi tra cui il pilot), Alex Garcia e Charlotte Brandstorm, a cui sono stati affidati due episodi a testa.

The Witcher è conosciuta in tutto il mondo per essere una saga di otto romanzi incentrati sulle vicende cacciatori che sviluppano abilità soprannaturali in giovane età per combattere mostri mortali. I libri sono stati tradotti in tutto il mondo ed in più di 20 lingue. Questo grandissimo successo letterario ha dato vita a una lunga serie di videogiochi.

FONTE: Deadline

Vox Lux: recensione del film con Natalie Portman #Venezia75

Vox Lux: recensione del film con Natalie Portman #Venezia75

A inaugurare questo settimo giorno di festival oggi è Brady Corbet, alla sua seconda prova come regista, con Vox Lux, film che vanta una protagonista d’eccellenza, la bella Natalie Portman.

E’ il 1999 quando la piccola Celeste (Raffey Cassidy), di appena quattordici anni, sopravvive a una violenta tragedia. Dopo una lunga e lenta riabilitazione è chiamata a parlare alla commemorazione delle vittime di questa strage e il suo discorso si trasforma in una canzone, scritta a quattro mani con la sorella Eleanor (Stacy Martin). Il momento, ripreso dalle reti televisive, stuzzica la curiosità di un talent manager (Jude Law), che si impegna a trasformare Celeste in una famosa popstar. I due quindi cominciano a lavorare insieme e, mentre gli anni passano, la fama di Celeste cresce a tal punto da trasformare una semplice ragazzina in un’icona della musica pop. Arriviamo al 2017 con una Celeste adulta (Natalie Portman) ormai senza freni che, tra famiglia, lavoro e il suo nuovo tour Vox Lux, non riesce più a gestire lo stress…

leggi anche: Venezia 75: Dragged Across Concrete, recensione del film con Mel Gibson e Vince Vaughn

Dopo aver trionfato nel 2015 a Venezia nella sezione Orizzonti con la sua opera prima, Childhood of a Leader, Brady Corbet porta sul grande schermo della Mostra un nuovo film del tutto diverso dal precedente, complesso, inquietante e psichedelico. Vox Lux, a metà strada tra un biopic e dramma in musica – le canzoni sono tutte originali e scritte da Sia -, racconta l’ascesa al successo della piccola Celeste che, per puro caso, si ritrova a dover gestire una popolarità fin troppo ingombrante. Non a caso, infatti, il regista decide di ambientare la sua storia tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio, periodo prospero della cultura pop.

L’elemento che più attira e sconvolge del film è il paralellismo che Corbet sembra voler tracciare tra l’ossessiva ricerca della fama e la perdita di valori che spesso sfocia in violenza. La storia di Celeste viene spesso interrotta da inserti di cronaca nera degli ultimi venti anni; una sparatoria in una scuola, la tragedia dell’11 settembre a New York, un’altra sparatoria in una spiaggia della Croazia. Questi tragici avvenimenti colpiscono sempre in qualche modo la protagonista che, si trova a dover rivivere il trauma subito e a dover fare i conti con il disturbo da stress post traumatico.

Vox Lux

Vox Lux, in un certo senso punta il dito contro l’industria della musica che, pur di continuare a far soldi, tratta adolescenti come Celeste come carne da macello. Nonostante appaia sin dall’inizio molto calma e sicura di sé, la giovane protagonista, infatti, non ci mette molto a crollare sotto il peso dello stress e delle responsabilità. Passa in breve tempo da ragazzina tutta casa e chiesa a festaiola impazzita amante delle droghe e dell’alcol. Si parla quindi di perdita dei valori e della moralità in favore di una vita più eccitante e di una popolarità travolgente.

La prima parte del film, quella che segue la crescita e la formazione della protagonista, è senza dubbio la più completa e interessante sia dal punto di vista estetico che narrativo. E’ infatti solo nel quarto capitolo, dal titolo Rigenesi, che Vox Lux perde un po’ della sua originalità. Nell’ultima parte del film arriviamo finalmente ai giorni nostri nel 2017 e incontriamo una Celeste ormai cresciuta e formata che risplende della bellezza di una Natalie Portman purtroppo un po’ fuori ruolo. La sua celeste così eccessiva e quasi grottesca risulta in alcuni momenti fin troppo sopra le righe per essere davvero credibile. Ma a deludere più di ogni altra cosa è il finale così approssimativo da lasciare lo spettatore quasi disorientato; all’abbondanza di contenuti e virtuosismi registici della prima parte segue purtroppo un epilogo troppo sbrigativo e inconcludente.

Ready Player One dal 12 settembre in home video

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Ready Player One dal 12 settembre in home video

L’ultima epica avventura firmata dal regista Premio Oscar Steven Spielberg, Ready Player One, arriverà in home video il 12 Settembre nelle edizioni DVD, Blu-ray, Blu-ray 3D e 4k UHD, distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia.

Rivivete l’immersione nell’universo virtuale di READY PLAYER ONE, in arrivo dal 12 settembre in DVD, Blu-ray,  Blu-ray 3D e 4K Ultra HD, distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia. Il film sarà disponibile anche in un’esclusiva edizione Blu-ray™ con cover lenticolare. Con l’edizione Blu-ray, i fan di Steven Spielberg potranno unirsi al regista Premio Oscar e al cast per oltre 90 minuti di contenuti extra con esclusivi Easter Egg, tanti momenti iconici degli anni ’80 e molto altro, per scoprire tutti i segreti del film.

L’ultimo capolavoro del regista tre volte premio Oscar Steven Spielberg (Schindler’s list, Salvate il soldato Ryan, E.T. l’extra-terrestre) vede nel cast la presenza sia di attori affermati nel panorama cinematografico e televisivo sia giovani emergenti: Tye Sheridan (X-Men: Apocalypse, Mud), Olivia Cooke (Quel fantastico peggior anno della mia vita, Bates Motel), Ben Mendelsohn (Rogue One: A Star Wars Story, Bloodline), Lena Waithe (Master’s of None), T.J. Miller (Deadpool, Silicon Valley), Philip Zhao, Win Morisaki, Hannah John-Kamen (Star Wars: Il risveglio della Forza), Simon Pegg (Stark Trek, Mission Impossible) e il premio Oscar® Mark Rylance (Il ponte delle spie, Dunkirk).

READY PLAYER ONE, libro

Ready Player One blu-rayReady Player One è basato sull’omonimo romanzo di Ernest Cline (il quale ha partecipato alla sceneggiatura) diventato fenomeno mondiale restando per più di 100 settimane nella lista dei bestseller del New York Times ed è stato al primo posto nella classifica dei più letti su Amazon.com.

READY PLAYER ONE, la trama

Nel 2045, anno in cui il mondo sta per collassare sull’orlo del caos, le persone hanno trovato la salvezza nell’OASIS, un enorme universo di realtà virtuale creato dal brillante ed eccentrico James Halliday (Mark Rylance). A seguito della morte di Halliday, la sua immensa fortuna andrà in dote a colui che per primo troverà un Easter egg nascosto da qualche parte all’interno dell’OASIS, dando il via ad una gara che coinvolgerà il mondo intero. Quando un improbabile giovane eroe di nome Wade Watts (Tye Sheridan) deciderà di prendere parte alla gara, verrà coinvolto in una vertiginosa caccia al tesoro in questo fantastico universo fatto di misteri, scoperte sensazionali e pericoli.

READY PLAYER ONE, il DVD

  • Prezzo: 16,99 euro
  • Lingue: Dolby Digital: Italiano 5.1, Inglese 5.1, Francese 5.1, Tedesco 5.1.
  • Sottotitoli: Francese, Olandese. Non udenti: Italiano, Inglese, Tedesco.
  • Contenuti speciali: The ’80’s: You’re The Inspiration

READY PLAYER ONE, il blu-ray

  • Prezzo: 19,99 euro
  • Video: 1080p High Definition 16×9 2.4:1
  • Lingue: DTS-HD Master Audio: Italiano 5.1, Inglese 5.1. Dolby Atmos-TrueHD: Inglese.
  • Dolby Digital: Inglese 5.1, Spagnolo 5.1.
  • Sottotitoli: Spagnolo, Greco, Finlandese, Danese, Norvegese, Svedese. Non Udenti:
  • Italiano, Inglese.

Contenuti speciali:

  • The ’80’s: You’re The Inspiration
  • Game Changer: Cracking the Code
  • Effects for a Brave New World
  • Level Up: Sound for the Future
  • High Score: Endgame
  • Enrie & Tye’s Excellent Adventure

READY PLAYER ONE, il blu-ray 3D

  • Prezzo: 22,99 euro
  • Video: 1080p High Definition 16×9 2.4:1
  • Lingue: DTS-HD Master Audio: Italiano 5.1, Inglese 5.1., Francese 5.1; Dolby Digital: Inglese 5.1, Tailandese 5.1, Spagnolo 5.1.
  • Sottotitoli: Svedese, Tailandese, Spagnolo, Norvegese, Coreano, Francese, Finlandese, Olandese, Danese, Cinese. Non Udenti: Italiano, Inglese. 

READY PLAYER ONE 4K ULTRA HD + BLU-RA

  • Prezzo: 29,99 euro
  • Video: 2160p Ultra High Definition 16×9 2.4:1
  • Lingue: DTS-HD Master Audio: Italiano 5.1, Inglese 5. Dolby Atmos TrueHD:
  • Inglese. Dolby Digital: Inglese 5.1, Spagnolo 5.1, Portoghese 5.1, Polacco
  • 5.1, Francese 5.1, Ceco 5.1, Turco 5.1, Tailandese 5.1, Russo 5.1,
  • Ungherese 5.1.
  • Sottotitoli: Polacco, Portoghese, Spagnolo, Svedese, Ungherese, Rumeno,
  • Russo, Tailandese, Turco, Norvegese, Arabo, Cinese, Ceco, Danese,
  • Finlandese, Francese, Coreano. Non Udenti: Italiano, Inglese.
  • Contenuti speciali del disco Blu-ray:
  • The ’80’s: You’re The Inspiration
  • Game Changer: Cracking the Code
  • Effects for a Brave New World
  • Level Up: Sound for the Future
  • High Score: Endgame

Dragged Across Concrete: recensione del film – Venezia 75

Dragged Across Concrete: recensione del film – Venezia 75

A distanza di un anno dal suo Cell Block 99 – Nessun Può Fermarmi, presentato a Venezia 74, il regista Craig Zahler fa il suo ritorno in laguna con una nuova e controversa opera, il film Dragged Across Concrete, fuori concorso alla 75esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Dopo una retata in casa di un malvivente, i poliziotti Brett Ridgeman (Mel Gibson) e Anthony ‘Tony’ Lusaretti (Vince Vaughn) vengono accusati di aver usato troppa violenza e sospesi senza paga dal servizio attivo. In attesa di tornare operativo, Ridgeman decide di trovare una maniera alternativa per fare in fretta un po’ di soldi da mettere da parte; con una moglie affetta da sclerosi multipla e una figlia adolescente da crescere, la sospensione dello stipendio potrebbe avere gravi conseguenze su tutta la sua famiglia. Decide così di darsi alla criminalità coinvolgendo il suo partner Tony in un colpo a dir poco rischioso…

La scorsa edizione il film Cell Block 99 di Craig Zahler era stato accolto con entusiasmo dai cultori del genere a Venezia nonostante in molti si fossero lamentati dell’eccessiva violenza che accompagnava l’intera pellicola. Ebbene, il regista prova a fare il bis di consensi presentando quest’anno Dragged Across Concrete, un film poliziesco assai complesso e che porta la sua inconfondibile firma. Zahler ingaggia la stessa squadra di sempre, aggiungendo stavolta a Vince Vaughn, Don Johnson e Jennifer Carpenter anche il mitico Mel Gibson, per raccontare una storia di violenza e corruzione, di disperazione e redenzione.

Dragged Across Concrete

leggi anche: Venezia 75: La Quietud, recensione del film di Pablo Trapero

Grazie all’incredibile coppia Gibson/Vaughn, il regista imbastisce quello che potremmo definire un classico film poliziesco anni ottanta. Ai tempi eccessivamente dilatati del film, Zahler associa lunghe e claustrofobiche sequenze girate in scuri e angusti appartamenti o sui sedili anteriori delle auto. La monumentale sceneggiatura, inoltre, è la fiera del politicamente scorretto; ci sono commenti razzisti, omofobi e filo fascisti resi sopportabili unicamente da quell’ironia così sottile ma diretta in grado di trasformare quei brevi scambi di battute tra i protagonisti in vere e proprie citazioni cinematografiche. “Scrivo i miei testi seguendo i miei gusti personali e non per ingraziarmi il pubblico”; Zahler non cerca consensi edulcorando le sue storie, i suoi personaggi sono diretti e offensivi, a volte completamente senza filtro, cattivi e un tantino sadici e alla fine riescono a sfondare il muro della critica.

Dragged Across Concrete non è solo un semplice film poliziesco dove il bene che combatte il male alla fine cede al lato oscuro. Si parla di vari tipi di umanità e di come il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato spesso si confonda. Abbiamo un detective indurito dagli anni di servizio in strada (Mel Gibson) che cede sotto il peso delle responsabilità; il suo collega (Vince Vaughn), un uomo con una forte fibra morale che rinuncia a tutto pur di aiutare il suo amico; un ex galeotto (Tory Kittles) con una famiglia disastrata a carico in cerca di una seconda possibilità; una mamma (Laurie Holden), una volta liberale, che si abbandona a pensieri razzisti esasperata dalla criminalità di quartiere.

Dragged Across Concrete

leggi anche: Venezia 75: Doubles Vies, recensione del film con Guillaume Canet e Juliette Binoche

L’ultima fatica cinematografica di Craig Zahler è quindi un’opera decisamente complessa, piena di spunti di riflessione e di verità scomode, un film che andrebbe somministrato a piccole dosi. Ovviamente, in una pellicola così complessa non mancano di certo gli aspetti negativi. A causa delle scelte estetiche del regista – come quella ad esempio di inserire nella narrazione personaggi transitori e non funzionali alla trama -, i tempi della storia si dilatano a tal punto da appesantire il film che potrebbe esasperare lo spettatore meno paziente. Pur essendo un poliziesco, infatti, l’azione vera inizia solo a metà film e anche in quel caso la risoluzione dei conflitti finali non è per nulla sbrigativa. Anche le scene d’azione vera e propria, come rapine e sparatorie, sono violente e rumorose quanto brevi e fulminee.

Dragged Across Concrete è un film eccessivo in ogni sua parte, complicato, di non facile lettura e che darà del filo da torcere agli spettatori; tuttavia, se il pubblico avrà la pazienza necessaria per arrivare a leggere i titoli di coda, scoprirà un interessante spaccato di umanità che difficilmente riuscirà a dimenticare.

L’Amica Geniale: recensione della serie tratta dal romanzo di Elena Ferrante

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Sembra una storia figlia di questi mesi di fermento “femminista”, quella de L’Amica Geniale, eppure, Elena Ferrante aveva già da tempo acceso un bellissimo faro su una storia di donne, di amiche, di menti brillanti che trovano la loro strada verso la libertà e l’emancipazione, prima di tutto da loro stesse e dal loro bagaglio di nascita. Come ogni grande storia, anche questa di Lila e Lenu ha un inizio, trai banchi di scuola, dove le due bambine vengono aperte al mondo dalla maestra Oliviero.

La trama de L’Amica Geniale

Comincia così la prima puntata de L’Amica Geniale, la serie co-prodotta da Rai, HBO e Wildside e diretta da Saverio Costanzo, presentata, con la proiezione dei primi due episodi, alla Mostra del Cinema di Venezia, edizione 75. La serie è l’adattamento della tetralogia firmata da Elena Ferrante e racconta, appunto di un un’amicizia femminile, nata in un rione di Napoli negli anni ’50 e che si concluderà ai nostri giorni, nel 2016 per la precisione. Le protagonista sono Elena Greco e Raffaella Cerullo, Lenu e Lila, ma intorno a loro Costanzo ha riportato sullo schermo il brulicante mondo del rione: fratelli, genitori, vicini, compagni di classe. Un ritratto commovente di un mondo che non c’è più, una replica perfetta, nei più piccoli dettagli, di ciò che la Ferrante ha creato su carta.

Elisa Del Genio e Ludovica Nasti sono le piccole protagoniste assolute delle prime due puntate proiettate alla Mostra. Le interpretazioni genuine delle bambine restituiscono tutta l’energia dei personaggi del romanzo, in cui da una parte c’è la dolcezza di Elena e dall’altra la cattiveria di Lila, due estremi che si incontrano per caso e che non si lasceranno mai più. Intorno a loro una serie di interpreti relativamente poco noti, che si rivelano scelte perfette per le intenzioni del regista. Costanzo infatti non solo rende onore e fede all’originale, ma lo trasforma in una storia sua, conservando intatto lo spirito delle pagine, riportandone gli avvenimenti in maniera più o meno fedele, ma soprattutto avendo un profondo rispetto per il lavoro della Ferrante, con la quale ha avuto una fitta corrispondenza di email durante la lavorazione, e che ha sorvegliato la produzione e custodito i suoi personaggi.

Saverio Costanzo presenta L’Amica Geniale, la serie tratta da Elena Ferrante

Quello che Costanzo sceglie come fuoco del suo racconto, laddove nel romanzo i fili narrativi erano più ingarbugliati e numerosi, è l’educazione: la diligenza di Elena e l’intelligenza di Lila offrono a entrambe la possibilità di ambire a continuare gli studi, avvenimento insolito nella Napoli povera degli anni ’50. Così, comincia un’avventura quotidiana che nessuno aveva mai letto (né visto) prima.

Dopo The Young Pope, un altro autore italiano si cimenta con la grande serialità, in un progetto impegnativo e rischioso, che mette sul tavolo ambizioni e competenze e che, produttivamente parlando, testimonia l’apertura della RAI alle co-produzioni internazionali, presentando un biglietto da visita ragguardevole.

L’Amica Geniale è una storia epica, che attraversa la Storia e le storie e sembra che il lavoro di Costanzo e della sua squadra sia riuscito a creare qualcosa di davvero prezioso, in attesa di poter vedere, da ottobre, gli altri episodi della serie.

Venezia 75: Incontro con Francesco Zippel, regista di Friedkin Uncut

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Friedkin Uncut, documentario del giovane regista/documentarista Francesco Zippel, è stato presentato nella sezione Venezia Classici alla 75esima edizione della Mostra del Cinema.

William Friedkin come non lo avete mai visto, simpatico, allegro e goliardico, il papà de L’Esorcista si mette a nudo in un documentario colmo di interviste dei grandi nomi dei protagonisti del cinema, tutti vogliosi di lasciare una testimonianza di cosa rappresenti il lavoro del regista per loro. Testimonianze di Francis Ford Coppola, Quentin Tarantino, Wes Anderson, Matthew McConaughey e molti altri, impreziosiscono questo viaggio all’interno della carriera di Friedkin facendoci scoprire l’uomo dietro l’artista.

Abbiamo incontrato Francesco Zippel che firma la regia di questo lungometraggio e che ha passato con Friedkin circa un anno tra Stati Uniti e Italia.

Come è nata la vostra collaborazione?

“Ho conosciuto il regista due anni fa quando mi ha chiesto di collaborare con lui come producer per il suo ultimo film su Padre Amorth. Mentre eravamo insieme a Los Angeles, per finire il montaggio, ogni giorno, a pranzo o durante una pausa, raccontava episodi e aneddoti incredibili. Tutti hanno iniziato a dirgli che avrebbe dovuto fare un documentario, così mi sono subito proposto. Con mio grande stupore, ha accettato subito. I tempi sono stati lunghi, soprattutto per via di tutte le interviste che ho voluto realizzare e gran parte dei miei intervistati era su un set, ma nessuno mi ha dato un no come risposta. Matthew McConaughey mi ha addirittura chiesto di aspettarlo perché doveva molto della sua carriera al regista.”  

friedkin uncutC’è un altro aneddoto simpatico che ci puoi raccontare?

“Per esempio Quentin Tarantino vive nella casa di Los Angeles che fu di Friedkin negli anni ’70, l’intervista che vedete nel documentario, è stata girata nella sua sala cinema privata ricavata dal vecchio garage di casa. Oltretutto Tarantino è un grande fan e ha una collezione esclusivamente in pellicola, perché odia il digitale, di tutti i suoi film che custodisce gelosamente.”

Che cos’è il male per questo regista?

“Il male per lui è una curiosità. Qualsiasi scelta artistica possa aver fatto nella sua carriera è sempre stata generata da una curiosità specifica nei confronti di qualcosa. Il male per lui è il modo in cui ognuno di noi può decidere di comportarsi o di indirizzare la propria esistenza, è uno degli elementi ontologici che a lui interessano, al quale lega anche l’aspetto religioso. Spesso nelle sue opere lega il bene al male e a come ognuno di noi interpreti questi sentimenti, è un’analisi del male che nasce dalla sua sete di conoscenza e curiosità sugli innumerevoli aspetti della vita”.

L’Esorcista è ancora un evergreen?

Ellen Burstyn mi ha detto che di film dell’orrore che vogliono a tutti i costi spaventare ne vediamo tanti negli ultimi tempi, ma quello che differenzia le opere di Friedkin, come detto anche da Wes Anderson, è che nei suoi film non accade nulla di particolare, c’è un racconto veristico molto semplice, poi ad un certo punto la narrazione ha un twist degenerativo e tutto si evolve in maniera inaspettata. Questa caratteristica, unita all’idea che ognuno di noi ha del male e di quello che può innestarsi nell’animo e nella testa delle persone, credo sia un elemento stimolante. Per questo ancora oggi L’Esorcista è un evergreen.”

Il primo uomo: polemiche sulla mancanza della bandiera americana

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Il primo uomo: polemiche sulla mancanza della bandiera americana

Il primo uomo, ultima opera del premio Oscar Damien Chazelle, ha aperto la Mostra del Cinema di Venezia ancora in corso. Il film ha avuto un buon successo di critica ma ha scatenato qualche polemica oltreoceano dove non si sono fatti sfuggire qualche inesattezza storica sull’impresa di Neil Armstrong al centro della trama. Ad aver scatenato un vero e proprio putiferio sul web è stata la mancanza della bandiera americana portata dall’astronauta sulla Luna. Il regista ha giustificato questa scelta dicendo che ha girato il film facendo prevalere il lato umano di Armstrong e meno il suo status di eroe americano. Questo non vuol dire però che il film avesse delle venature anti-americane, come in molti hanno pensato.

La famiglia di Armstrong e l’autore della biografia James R. Hansen da cui è tratto il film hanno approvato tale approccio, appoggiando Chazelle in una recente intervista: “È un film molto personale sul viaggio di nostro padre, filtrato attraverso il suo sguardo. In poche parole, non riteniamo che questo film sia minimamente anti-americano. Magari il contrario. Diciamo a tutti di andare a vedere questo film straordinario”.

Della stessa opinione evidentemente non è stato Buzz Aldrin, il secondo uomo ad aver messo piede sulla Luna, che da giorni è molto attivo su Twitter per difendere il suo essere americano e qualche ora fa ha postato un foto evidentemente riferita alle polemiche sul film: Armstrong che punta la bandiera sulla Luna con l’hashtag “orgoglioso di essere americano”.

FONTE: Deadline

Dhaka: Chris Hemsworth si riunisce ai fratelli Russo per Netflix

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Dhaka: Chris Hemsworth si riunisce ai fratelli Russo per Netflix

Dopo il recente successo di Avengers: Infinity War, l’attore Chris Hemsworth si riunisce ai fratelli Russo, anche se i ruoli saranno leggermente diversi. Infatti il celebre duo che ha diretto i più grandi successi Marvel, da Avengers a Captain America, questa volta resterà fuori dal set nelle vesti di produttori insieme a Netflix di un nuovo action dal titolo Dhaka che vede proprio Hemsworth come protagonista. Joe Russo apparirà anche tra gli sceneggiatori, una novità per il regista che è sempre stato investito del ruolo di produttore. A dirigere invece il film sarà Sam Hargave, una vecchia conoscenza dei Russo che lo avevano già scelto come regista della seconda unità di Infinity War. Nel suo curriculum anche una lunga carriera come controfigura: fu Chris Evans nelle scene d’azione di Avengers e Captain America e diventò coordinatore degli stunt in Captain America: Civil War.

Sulla trama di Dhaka al momento non ci sono molte informazioni. Dalle prime indiscrezioni Chris Hemsworth dovrebbe interpretare un mercenario assunto da un ricco uomo d’affari per salvare suo figlio, fatto prigioniero proprio a Dhaka nel Bangladesh. Le riprese dovrebbero iniziare già a Novembre per concludersi a Marzo, quindi sarà altamente probabile che il film sarà disponibile sulla piattaforma già alla fine del 2019.

FONTE: Comicbook

Il Trono di Spade: ecco quando inizieranno le riprese del prequel

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Presumibilmente la prossima primavera dovremo dire addio a Il trono di Spade, che si appresta a concludersi con l’ottava stagione. Ma HBO sta già preparando il terreno per il futuro e, come già stato da tempo annunciato, è tempo di pensare al prequel. Da quello che è trapelato in queste ore, la nuova serie si svolgerà nel tempo di Westeros, durante l’era della Lunga Notte. La produzione dovrebbe iniziare già da Febbraio 2019, con i set collocati perlopiù a Belfast ed in altri territori dell’Irlanda del Nord. La showrunner designata a questa nuova saga è Jane Goldman che nel suo curriculum da produttrice vanta titoli come Kick-Ass, X-Men e Kingsman.

Nulla è stato invece rivelato sul cast e le poche informazioni sulla trama derivano ancora dal lancio pubblicitario della serie pubblicato mesi fa che recitava: “Ambientata migliaia di anni prima degli eventi di Il trono di Spade, la serie racconta la discesa del mondo dall’età dell’oro degli eroi all’ora più buia. E una sola cosa è certa: gli orribili segreti della storia di Westeros e la vera origine degli Estranei e i misteri dei leggendari Stark non è la storia che pensiamo di conoscere”. Su questo ampio periodo temporale gli spunti dati dai romanzi di George R. R. Martin di sicuro non mancano.

FONTE: Comicbook

Guardiani della Galassia: Glenn Close parla del suo rapporto con James Gunn

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L’esperienza nel mondo degli Avengers per Glenn Close sembra essersi conclusa già con Infinity War, ma non è ancora detta l’ultima parola per quel che riguarda il suo personaggio nel franchise di Guardiani della Galassia. Come tutti sanno però, la saga non sta godendo di un buon momento ed è molto probabile che il terzo capitolo verrà rimandato o del tutto cancellato. L’attrice non ha perso quindi l’occasione per parlare della sua esperienza sul set dei film di James Gunn, rivolgendo al regista recentemente licenziato dalla Disney parole di stima.

Stare sul set era come tornare all’infanzia. Prima di tutto, io ho sempre voluto far parte di un film come quello ed ero felicissima quando mi hanno scelto. Ero entusiasta di dover stare in una grande sala di controllo con la guerra che scoppiava fuori. Ma mentre giravamo non c’era niente, solo un ragazzo con una pallina da tennis che mi diceva ‘Guarda la palla e immagina’. E io ho pensato: ‘Posso farlo! Posso farlo! E’ facile.’ E’ stato molto divertente e devo dire che James Gunn è stato fantastico ed adorabile”.

L’attrice ha poi aggiunto “È difficile pensare al film senza di lui, è triste e fa emergere, credo, alcuni problemi molto spinosi intorno a questo movimento. Ne parlo con tutte le donne che conosco perché vogliono sapere cosa provano. E cosa dovremo fare? Specialmente in questo caso in cui qualcuno ha potuto rovinare la vita di una persona per qualcosa che ha scritto in un contesto completamente diverso dieci o dodici anni fa? Dovremo tornare tutti dietro nel tempo ed assicurarci che tutto quello che abbiamo detto sia politicamente corretto? Chi vorrebbe vivere così? C’è qualcosa di sbagliato in questo”.

Non esponendosi direttamente contro la Disney, Glenn Close ha fatto ugualmente intuire quale sia il suo pensiero in tutta questa situazione e dove propenda il suo appoggio. Si tratta dell’ennesimo membro del cast di Guardiani della Galassia a schierarsi con James Gunn, questo però non risolverà i problemi della serie che sicuramente per il terzo capitolo non riuscirà a mantenere la data d’uscita iniziale fissata per il 2020.

Star Trek: Tarantino punta a un film vietato ai minori

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Poco si sa dello Star Trek affidato a Quentin Tarantino. Anzi, alcune voci maligne vorrebbero che il progetto non sia più in lavorazione. C’è chi invece pensa positivo per il futuro. Si tratta dell’attore Karl Urban che ha dichiarato che non solo l’iconico regista è già al lavoro sul film, ma ha chiesto anche di avere piena libertà di rating. Non si può escludere infatti la violenza dai film di Tarantino e pare proprio che sia stato lo stesso regista a porre queste condizioni alla produzione del film. Urban ha infatti affermato: “Quentin Tarantino è andato nell’ufficio di JJ.Abrams e gli ha mostrato l’idea per un film di Star Trek. So solo qualche dettaglio al riguardo, ma non dovete preoccuparvi, sarà pieno di oscenità e cose del genere. Vuole un rating R per avere più libertà. Se non è PG e qualcuno viene risucchiato nello spazio potremmo vedere qualche sbudellamento prima, questo gli da più manovra d’azione per farlo.”.

Quelle di Karl Urban sembrano parole di un vero fan, ma non rispondono al quesito se il film sia o no veramente in produzione. L’impressione è che il franchise non stia passando un bel momento: Star Trek 4 è attualmente in fase di stop in quanto gli attori principali Chris Pine e Chris Hemsworth potrebbero non tornare a causa di un problema legato al loro compenso. Su i personaggi interpretati dai due (James T. Kirk e George Kirk) era stata costruita l’intera sceneggiatura, quindi sarà difficili allestire un set senza la loro partecipazione. Per quanto riguarda Tarantino, l’autore è al momento impegnato nelle riprese di Once Upon Time in Hollywood, ma c’è ancora la speranza che il prossimo anno riprendi in mano anche il progetto Star Trek.

FONTE: ScreenRant

Dave Bautista non ha paura di essere licenziato dalla Disney

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Sembra essere infinita la storia d’odio tra Dave Bautista e la Disney. Dopo l’intervista in cui l’attore ha continuato a difendere a spada tratta James Gunn anche dopo il licenziamento da Guardiani della Galassia 3 e le dichiarazioni in cui non si diceva sicuro di voler continuare il suo rapporto con la Disney, arriva ora un’ulteriore dichiarazione di intenti che pare lanciare una vera e propria sfida. “Ovviamente sono preoccupato che questo possa costarmi un lavoro al quale tengo ma allo stesso tempo è una questione di integrità, di lealtà. Non ho alcuna intenzione di stare qui a zittirmi, questo è come sono io come persona. Ho provato a selezionare il più possibile quello che dicevo e come lo dicevo. Non devo apparire irrispettoso a tutti i costi, ma devo comunque avere la possibilità di poter dire ciò che penso sia nella testa che nel cuore. Sono stato una persona onesta”.

E come se non bastasse poi ha aggiunto: “Sarà quel che sarà, se ci rimetterò il lavoro andrà bene comunque. Non si può minacciare con la povertà un uomo che è già povero. Sono cresciuto povero e so cosa significa. Non mi preoccupa perdere dei soldi, non valgono niente per me. Sono disposto a tornare a fare wrestler nei cortili davanti a 10 persone se costretto a fare qualcosa per vivere. Non ho intenzione di piagare la mia integrità“.

La Disney continua a rimanere in silenzio stampa su queste dichiarazioni anche se l’intero web sta empatizzando sempre di più con Bautista e si sta schierando dalla parte degli attori che già dai primi minuti della vicenda hanno offerto il loro appoggio pubblicamente a James Gunn. Le tempistiche per far uscire Guardiani della Galassia 3 nel 2020, come previsto, sono ormai scadute, ma con queste premesse è in pericolo l’intero futuro del franchise.

FONTE: Comicbookmovie

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