I Pixar Animation Studios tornano al
Festival
di Cannes 76 il 27 maggio per l’anteprima mondiale del
loro nuovissimo lungometraggio Elemental. Presentato Fuori Concorso,
il film uscirà nelle sale il 16 giugno negli Stati Uniti e il 21
giugno in Francia. Elemental è il quarto
lungometraggio dei Pixar Animation Studios ad essere presentato
nella Selezione Ufficiale, dopo Up, Inside
Out e Soul.
A Element City fuoco,
acqua, terra e aria convivono in perfetta armonia. È qui che vivono
Ember, una giovane donna impavida e arguta con una forte
personalità, e Wade, un ragazzo sentimentale, amante del
divertimento e che segue il flusso. La loro amicizia sfida le
convinzioni di Ember sul mondo in cui vivono…
Pete Docter, chief creative officer della Pixar, ha dichiarato
che il ritorno di quest’anno a Cannes è particolarmente speciale
per lo studio. «Mentre emergiamo tutti dai nostri bozzoli
pandemici e ci riuniamo nelle stanze delle storie, nelle giornate
di animazione e nelle sessioni di brainstorming improvvisate, è una
gioia e un onore riavere la Pixar sulla Croisette. Diretto dallo
straordinario narratore Peter Sohn, ‘Elemental’ è divertente, pieno
di cuore e, francamente, sbalorditivo da vedere. È stato creato per
essere visto dal pubblico sul grande schermo e mi piace che sarà
presentato in anteprima mondiale a Cannes».
La Disney ha chiesto agli attori
Adèle Exarchopoulos e Vincent
Lacoste di prestare le loro voci agli incredibili
personaggi di Element City, Flam (Ember) e Flack (Wade) nella
versione francese.
Thierry Frémaux,
Delegato Generale del Festival: «Per molti anni, il Festival di
Cannes ha accolto film d’animazione provenienti da tutto il mondo.
Pixar Animation Studios, con Up, diretto da Pete Docter, ha fatto
la storia di Cannes aprendo la 62a edizione del Festival nel 2009.
È stato un evento meraviglioso! Questa è un’altra grande
opportunità, per presentare l’incredibile Elemental, per la “Last
Screening” di questo 76° Festival di Cannes, e per pensare alle
nostre vite in modo così potente».
Il film Disney e Pixar Elemental, dal 21
giugno nelle sale italiane, sarà presentato in anteprima mondiale
il 27 maggio come film di chiusura della 76esima edizione del
Festival
di Cannes.
Elemental
è diretto da Peter Sohn e prodotto da Denise Ream
p.g.a., mentre Pete Docter è il produttore
esecutivo. La sceneggiatura è di John Hoberg & Kat
Likkel e Brenda Hsueh, con un soggetto di
Sohn, Hoberg & Likkel e Hsueh. La colonna sonora originale del film
è stata composta e diretta da Thomas Newman.
Il film introduce Ember, una
tenace, acuta e “ardente” giovane donna, la cui amicizia con un
ragazzo di nome Wade, divertente, sdolcinato e “che segue la
corrente”, mette alla prova le sue convinzioni sul mondo in cui
vivono. Nella versione italiana del film, Valentina
Romani è la voce di Ember, una brillante
ragazza di fuoco sulla ventina con un grande senso dell’umorismo
che ama la sua famiglia ma che a volte si infiamma
facilmente; Stefano De
Martino è Wade, un attento ed empatico ventenne
di acqua che non ha paura di mostrare le proprie emozioni, che sono
difficili da non notare; Serra Yilmaz è la
voce della mamma di Ember, Cinder; e Hal
Yamanouchi del padre di Ember prossimo alla pensione,
Bernie.
Elemental
arriverà il 21 giugno nelle sale italiane insieme al nuovo
cortometraggio Pixar L’Appuntamento di Carl.
Agli inizi del nuovo millennio una
serie di primi film dedicati ai supereroi si sono manifestati sul
grande schermo, anticipando il grande successo che i
cinecomic avrebbero ottenuto a partire dal 2008. Tra
queste pellicole si annoverano Blade, X-Men, Spider-Man, Daredevil ed
Elektra. Diretto nel 2005 da Rob
Bowman, quest’ultima pellicola è uno spin-off proprio di
Daredevil, dove il personaggio della supereroina
protagonista compariva tra i protagonisti. A interpretare il ruolo
vi è anche in questo caso l’attrice Jennifer
Garner, che dà qui piena centralità ad un personaggio
ancora oggi confinato a quell’unico lungometraggio.
Il film, scritto da Zak
Penn, Stuart Zicherman e Raven
Metzner, è stato realizzato principalmente perché così
previsto da obblighi contrattuali. Durante la realizzazione di
Daredevil, infatti, la volontà dei produttori era quella
di dar vita ad un primo tentativo di universo narrativo
rappresentato da più personaggi in più film. Elektra
doveva rappresentare il primo di questi, ma il suo risultato fu più
deludente del previsto. A fronte di un budget di 40 milioni di
dollari, questo arrivò ad incassarne pochi di più, affermandosi
come un cocente flop.
Mal giudicato sia dal pubblico che
dalla critica, è stato a lungo visto come il film che ha rallentato
la presenza di supereroine protagoniste al cinema. Ad oggi
Elektra è ricordato principalmente come uno scult, il
quale potrebbe anche per questo attirare alcuni spettatori amanti
del genere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Elektra: la trama del film
Le vicende del film si svolgono
successivamente agli eventi di Daredevil. Elektra
Natchios, l’assassina brutalmente uccisa dal sadico
Bullseye viene ora riportata in vita da
Stick, maestro cieco di arti marziali e capo della
setta ninja dei Casti. L’uomo prende dunque con sé la donna,
addestrandola come sua allieva e introducendola alla via del
Kimagure, un’antichissima arte che conferisce a coloro che la sanno
usare varie abilità, come la preveggenza e il potere di far
risorgere i defunti. In breve tempo, Elektra diventa la più abile
tra i discepoli di Stick, sino al giorno in cui questa non la
allontana da sé senza alcuna spiegazione.
Ferita da ciò, Elektra decide di
sfruttare le abilità acquisite per diventare una letale ed
infallibile assassina a pagamento. Dopo aver ucciso senza
troppe difficoltà il criminale De Marco e le sue
guardie del corpo, l’assassina viene poi contattata da un anonimo
per uccidere due persone, di cui ancora non sa l’identità. In
attesa di ricevere istruzioni, Elektra si trasferisce
temporaneamente su una piccola isola, dove conosce Mark
Miller e sua figlia Abby. Quando scoprirà
che sono proprio loro i suoi due bersagli, Elektra dovrà compiere
una serie di complesse scelte tra bene e male, consapevole che
ribellarsi potrebbe portarla a scontrarsi con pericoli
inimmaginabili.
Elektra: il cast del film
Ad interpretare Elektra vi è
l’attrice Jennifer
Garner, che riprende così il ruolo dopo averlo
interpretato in Daredevil. L’interprete, però, ha in
seguito rivelato di odiare profondamente il film e di essere stata
costretta a prendervi parte per via di obblighi legali conseguenti
alla sua partecipazione a Daredevil. Nel corso delle
riprese l’attrice andò anche incontro a diverse problematiche. Per
il ruolo l’attrice avrebbe dovuto bucarsi le orecchie per poter
portare i vistosi orecchini previsti come parte del costume di
Elektra. La Garner rifiutò però di farsi i buchi e così tale
accessorio venne scartato.
Inoltre, durante le riprese del
combattimento tra spade, Jennifer Garner si è fatta accidentalmente
tagliare le nocche da Will Yun Lee, interprete di
Kirigi. L’attrice si è poi fatta sistemare le nocche e quando lei e
Lee hanno ripreso le riprese, lui l’ha colpita di nuovo nello
stesso identico punto. Nel film sono poi presenti gli attori
Goran Visnjic nei panni di Mark Miller e
Kirsten Prout in quelli di Abby Miller. Il celebre
attore Terence Stamp ricopre invece il ruolo di
Stick, il maestro di Elektra, mentre Cary-Hiroyuki
Tagawa è Roshi, leader del gruppo di assassini noto come
la Mano. Originariamente era previsto anche un cameo di Ben Affleck
nuovamente nei panni di Daredevil, ma questo è stato poi eliminato
in fase di montaggio.
Elektra: il trailer e dove
vedere il film in streaming e in TV
È possibile vedere o rivedere il
film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari
piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Elektra è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV,Chili, Google Play e Apple
iTunes. Per vederlo, in base alla piattaforma scelta,
basterà iscriversi o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo
di poter fruire di questo per una comoda visione casalinga. È bene
notare che in caso di solo noleggio, il titolo sarà a disposizione
per un determinato limite temporale, entro cui bisognerà effettuare
la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno
martedì 3maggio alle ore
21:20 sul canale Rai 4.
Il personaggio di Jennifer Garner
entrerà ufficialmente a far part del MCU in Deadpool 3
dopo aver già interpretato il personaggio in Daredevil
(2003) e Elektra (2005). Dopo
Wolverine
(Hugh Jackman)
un altro personaggio del passato franchise MCU entrerà in questa nuova Fase. Questi due
arrivi confermati annunciano che il film avrà a che fare con il
multiverso. Ecco le cose più importanti da ricordare su
Elektra Natchios in Daredevil
(2003) e Elektra (2005) prima
dell’ingresso del personaggio nel MCU in Deadpool
3.
La madre di Elektra fu uccisa
quando era bambina
Quando il pubblico conosce per la
prima volta Elektra
Natchios in Daredevil (2003), il personaggio
menziona che sua madre è morta quando era bambina.
Daredevil non spiega cosa sia successo alla madre, ma è
implicito che sia stata uccisa a causa degli affari di Nikolas
Natchios con la mafia. Quando Wilson Fisk ha
annunciato che avrebbe ucciso Nikolas Natchios,
Kingpin ha detto che “la storia si ripete”. Il film del 2005 ha
spiegato meglio cosa è successo alla madre, rivelando che è stata
uccisa da Kirigi, un tirapiedi di The Hand
L’addestramento di Stick
Il film di
Daredevil non presenta
Stick, né affronta l’addestramento di Matt Murdock
per diventare un vigilante. Tuttavia, Stick è
apparso in Elektra (2005). Il film rivela
che Elektra è stata addestrata da
Stick, che ha preparato lei e i suoi studenti ad
affrontare The Hand. Stick addestrò
Elektra nel Kimagure, uno stile progettato per
contrastare le forze del Male e sconfiggere il cattivo. Sebbene
Daredevil non suggerisse che il
personaggio avesse poteri soprannaturali, il film del 2005
stabilì che il personaggio poteva usare il suo addestramento
Kimagure per vedere il futuro e persino resuscitare una
persona.
Elektra e Matt si sono
innamorati
Elektra Natchios e
Matt Murdock si sono conosciuti durante gli
eventi di Daredevil (2003). La famigerata lotta
al parco giochi tra Matt e Elektra è stata l’inizio della loro
relazione, che si è evoluta nel corso del film ed è quasi finita in
tragedia. Il personaggio interpretato da Jennifer Garner credeva
che Daredevil avesse ucciso suo padre. Il finale di
Daredevil ha confermato che
Elektra era viva, ma lei e Matt non si sono mai
riuniti sullo schermo. Il Daredevil di Ben Affleck non
è apparso nel film del 2005 e Matt Murdock non è
mai stato citato. Resta da vedere se il Daredevil
di Ben Affleck apparirà in Deadpool 3.
Il padre è stato ucciso da
Bullseye
Wilson Fisk, Kingpin, ha ingaggiato
Bullseye per uccidere Nikolas Natchios in
Daredevil. Ben Urich è stato vicino a
rivelare l’esistenza di un Kingpin del crimine a Hell’s Kitchen, il
che ha spinto Fisk a trovare qualcuno che si prendesse la colpa. Il
padre di Elektra, che era un socio di Fisk, stava
cercando di uscire dal giro. Tuttavia, Bullseye ha
raggiunto l’auto di Nikolas prima che potesse
lasciare la città con Elektra. Sebbene Elektra non sia riuscita a
sconfiggere Bullseye e a vendicare suo padre, il
cattivo è stato successivamente ucciso da Daredevil.
Elektra è morta in Daredevil
Elektra è morta in
Daredevil (2003), più o meno.
Bullseye aveva pugnalato il personaggio al petto
rendendo praticamente scontata la sua dipartita. Tuttavia, alla
fine di Daredevil, Matt Murdock trova una collana
che solo lei avrebbe potuto dargli, e che è stata messa lì dopo la
notte in cui Elektra sarebbe morta. Daredevil (2003) non chiarisce se il
personaggio sia effettivamente sopravvissuto o se sia stata
resuscitata in qualche modo. Il ritorno in vita di Elektra non è
insolito nei fumetti e si sarebbe ripetuto sullo schermo anni dopo,
durante la saga di NetflixThe
Defenders.
Il film del 2005 spiega come
Elektra è tornata in vita
Il film del 2005 ha
confermato che il personaggio è morto in
Daredevil (2003). Tuttavia, tra il
combattimento con Bullseye e la fine del film, Stick ha resuscitato
Elektra usando Kimagure. Sebbene Elektra
sia una storia per lo più autonoma, il cui unico riferimento a
Daredevil è un dipinto su una parete, il
film riconosce gli eventi di Daredevil (2003). Una scena di
flashback della notte in cui è morta la vede indossare l’esatto
costume usato in Daredevil, ad esempio. Nella sequenza di apertura
del film, Elektra dice di sapere cosa significhi
la morte perché è già morta una volta. In seguito il suo
personaggio userà questo potere di resurrezione per riportare
in vita Abby.
Gli eventi dopo Daredevil
Non viene spiegato molto della vita
del personaggio interpretato da Jennifer GarnerDaredevil (2003), ma non sembra che
lavorasse come mercenaria durante gli eventi del film.
Presumibilmente, Elektra è diventata un’assassina
dopo la sua morte e il suo ritorno. Nel film del 2005 la si vede
proprio uccidere senza pietà, ed è implicito che a quel punto abbia
ucciso decine o addirittura centinaia di persone. Il rigore morale
del personaggio è una questione che viene affrontata per tutto il
film, in particolare quando Elektra deve decidere
se uccidere o meno un padre e sua figlia.
Elektra ha affrontato The Hand
The Hand era
l’antagonista principale del film su Elektra. In
questa versione della storia Stick era un nemico giurato del
cattivo e ha addestrato Elektra per combattere e
sconfiggerla. The Hand era alla ricerca del
Tesoro, una persona speciale con il potenziale per essere più
potente di qualsiasi altro guerriero e spostare l’equilibrio tra
bene e male. Una trama simile è stata affrontata nello show
Daredevil di Netflix e in The Defenders. È interessante notare
che il personaggio non era l’obiettivo di The Hand, ma Abby.
Elektra aveva un apprendista nel
suo film in solitaria
Il film del 2005 era incentrato sul
fatto che Elektra doveva proteggere un padre e sua
figlia da The Hand, che per qualche motivo li
voleva morti. Più avanti nel film, viene rivelato che Abby è il
Tesoro che il cattivo stava cercando. Abby e suo
padre ne erano consapevoli, anche se la loro storia non viene
affrontata nel film. In ogni caso, dopo aver rifiutato di uccidere
Abby e suo padre, il personaggio di Jennifer Garner ha preso con riluttanza la
ragazza come sua apprendista. Abby sapeva già combattere ma si è
legata con Elektra in una dinamica di
maestro/apprendista. Abby è stata anche addestrata da Stick.
L’Elektra di Jennifer Garner in
Deadpool 3 deve essere collegata al Multiverso
Il modo in cui Jennifer Garner apparirà in Deadpool 3 deve necessariamente
essere collegato al multiverso. La Saga del
Multiverso del MCU ha già utilizzato
questo concetto per riportare in vita i personaggi Marvel del passato. Tra questi, le
versioni di Spider-Man di Tobey Maguire e
Andrew Garfield in Spider-Man: No Way
Home e i camei degli Illuminati in Doctor Strange nel Multiverso della
follia. La storia di Deadpool 3 probabilmente vedrà
Deadpool visitare diversi universi, in modo simile
a come Wade Wilson ha visitato diverse linee temporali in
Deadpool 2. Anche se i precedenti film di
Elektra si concludono con l’addio del personaggio
ad Abby e Mark, ora Deadpool
3 può rivelare cosa è successo 20 anni dopo.
Insieme a Mank, a
Il processo dei Chicago 7 e ad altri titoli
che arriveranno a breve sulle piattaforme dell’on demand,
Elegia Americana di Ron Howard è
trai titoli che più di tutti stanno mirando alla stagione dei premi
2021, che, per ragioni “pandemiche”, è stata spostata alla
primavera del prossimo anno invece che al tradizionale periodo di
fine inverno. Dunque, anche il film di Howard, adattamento
dell’omonimo romanzo autobiografico, arriva direttamente nelle
nostre case, su Netflix, a partire del 24 novembre.
La storia è raccontata da J.D.
Vance, secondogenito di Bev, donna sola e problematica, che cerca
di crescere alla bell’e meglio i due figli, con J.D. c’è Lindsay,
una ragazza intelligente e concreta, più grande di lui. Ad aiutare
Bev con il suo carattere turbolento, la tendenza a fare le scelte
sbagliate e i due figli, c’è Mamaw Vance, madre della donna
difficile e nonna burbera ma che profonde un solido e testardo
impegno nella salvaguardia dei ragazzi dalla sua stessa figlia. La
storia ripercorre a ritroso l’adolescenza di J.D., la sua lotta
personale per sollevarsi e staccarsi dall’eredità della famiglia,
la sua ferma volontà di laurearsi a Yale, uno dei college più
prestigiosi d’America, e l’ambizione di diventare avvocato. Tutto
nell’arco di una sola giornata in cui è costretto a tornare a casa
perché la madre è andata in overdose ed è in ospedale.
L’Elegia Americana che ha fatto
flop negli USA
Accompagnato da una scia di critiche
negative che arrivano da Oltreoceano, Elegia Americana è un realtà
un bel film, una storia di riscatto solida, un racconto che fila
dritto senza colpi di scena, un affresco familiare lungo tre
generazioni, tutto raccontato dal punto di vista del protagonista e
autore del romanzo da cui il film è tratto. Ma allora perché dagli
USA si sono levate voci contrarie? Semplicemente perché Ron Howard,
e con lui la sceneggiatrice Vanessa Taylor, mette
da parte tutto l’aspetto sociale del romanzo originale e si
concentra solo su quello intimo e personale, per cui il pubblico
europeo è meglio disposto a raccogliere un racconto che si
concentra su sentimenti universali e lascia da parte l’analisi
sociale di un Paese straniero.
Il titolo stesso del film (e del
romanzo) ci dà la chiave di lettura del racconto originale, ovvero
Hillbilly Elegy: A Memory of a Family and a Culture in
Crisis. Hillbilly è il nomignolo dispregiativo con cui in
gergo si indicano le popolazioni originarie degli Appalachi, e
Vance è un figlio delle montagne del Kentuchy, che per luogo comune
sono considerate il luogo più arretrato di tutti gli Stati Uniti.
Ebbene, il romanzo dà molta importanza quindi non solo al riscatto
sociale di J.D. ma anche all’aspetto sociologico della sua presenza
in un college di prestigio, con il suo retaggio familiare e
culturale, aspetto che nel film è stato liquidato semplicemente da
una battuta all’inizio della storia.
Con buona pace di J.D.,
interpretato da Gabriel Basso, che è il
protagonista e la voce narrante, il film si fonda principalmente
sulle interpretazioni di Glenn Close e Amy Adams. Le due grandi attrici sono alle
prese con due ruoli duri e difficili, sopra le righe, sono entrambe
imbruttite, rese goffe dal personaggio che incarnano, messe alla
prova da un ruolo gridato, in cui alzare la voce, picchiare duro,
essere sgradevoli è quanto richiesto dalla storia. E nonostante
entrambe siano in grado di dare vita a grandi interpretazioni
misurate ed eleganti, anche di fronte alla ferocia delle due donne
che interpretano, non fanno una piega e consegnano allo spettatore
uno spettacolo di altissima qualità artistica.
L’apporto di Ron
Howard è come al solito “invisibile”, il regista si mette
completamente al servizio della storia, sceglie in molti momenti,
soprattutto in alcune delle sequenze di colluttazioni, che sono
anche le più dolorose emotivamente, di rimanere vicinissimo ai
personaggi, ai loro volti feriti, alla loro sofferenza, risultato
di un disagio sociale che però non viene mai davvero raccontato. Ad
impreziosire questo lavoro discreto e impeccabile c’è Hans
Zimmer, che per una volta mette da parte le sue musiche
trionfali e, insieme a David Fleming, accompagna
con delicatezza tutta la storia di J.D., la sua tenacia, il suo
riscatto, la sua forza di volontà nello staccarsi e guardare avanti
per non affogare e per darsi una possibilità.
Elegia Americana
racconta gli affetti, la famiglia, nella sua declinazione
problematica e turbolenta, ma allo stesso tempo racconta il
coraggio di lottare per se stessi, nonostante quella famiglia, la
forza che ci vuole a costruirsi una vita tutta nuova per sé, a
realizzare un sogno, senza rinnegare se stessi ma lottando per
quello in cui si crede.
Risale all’ormai lontano 2013
l’annuncio di El Presidente,
commedia prodotta dalla Warner Bros che
avrà come protagonista Tom Cruise. Da allora
sono trapelate ben poche notizie inerenti il progetto, ma, in
giornata, The Hollywood
Reporterha svelato in esclusiva non solo il
nome di colui che si occuperà della regia, ma anche i piani
di Cruise per il ruolo di Presidente.
Secondo quanto evidenziato,
Tom Cruise, che sembra acquisire sempre più potere
nell’economia della produzione, non solo per la regia ha voluto
puntare fortemente su Doug Liman, con cui ha
già lavorato in Edge Of Tomorrow, film
d’azione dalle tematiche sci-fi che vedrà la luce entro il prossimo
anno, ma starebbe addirittura tentando di
coinvolgere Jack Nicholson a vestire i
panni del Presidente. Sembrerebbe che l’opera di
convincimento sia culminata in una visita a domicilio in
cui Cruise, con
cui Nicholson collaborò
in Codice d’Onore, avrebbe
addirittura affermato che in caaso di rifiuto avrebbe rinunciato a
prendere parte alla pellicola.
In attesa di sciogliere le riserve
circa la volontà di Nicholson, vi ricordiamo
che la sceneggiatura, firmata Jesse Armstrong
e Daniel J. Goor e revisionata
da Paul Attanasio, racconta di un agente del
Secret Service Americano (Tom Cruise) il cui
compito sarà quello di proteggere un alcolizzato, rude e donnaiolo
ex-Presidente degli Stati Uniti.
Un uomo se ne sta appoggiato alla
porta del bagno delle donne, dal quale esce poi una distinta
signora che capiamo essere la madre di lui. Prima di tornare sulla
pista da ballo del locale in cui si trovano, l’uomo blocca la donna
e con fare amorevole le pulisce il naso da un velo di cocaina che
le era sfuggito. Inizia così El paraíso,
il nuovo film di Enrico Maria
Artale presentato nella sezione
Orizzonti della Mostra del Cinema di
Venezia. Una prima scena che ci descrive già con
grande precisione il rapporto intenso, a tratti morboso, esistente
tra la madre e il figlio protagonisti.
Sulla loro relazione si costruisce
dunque un film che Artale scrive ricercando percorsi inaspettati ed
emozioni sincere, con l’obiettivo di indagare la sottile linea che
distingue amore e follia, ma anche semplicemente di offrire una
buona storia, che dimostri la forza di rimanere nella mente dello
spettatore ben oltre la visione. E di momenti particolarmente
toccanti ce ne sono in El paraíso, che piano piano porta
alla luce le proprie vere intenzioni e si rivela essere un’opera di
genere che utilizza il melodramma e la telenovelas sudamericana
come punti di partenza per identificare le emozioni dei propri
personaggi.
El paraíso, la trama del film
Proagonista del film è Julio
Cesar (Edoardo Pesce), un uomo di quasi
quarant’anni che vive ancora con sua madre (Margarita Rosa
De Francisco), una donna colombiana dalla personalità
trascinante. I due condividono praticamente tutto: una casetta sul
fiume piena di ricordi, i pochi soldi guadagnati lavorando per uno
spacciatore della zona, la passione per le serate di salsa e
merengue. Un’esistenza ai margini vissuta con amore, al tempo
stesso simbiotica e opprimente, il cui equilibro precario rischia
però di andare in crisi con l’arrivo di Ines
(Maria Del Rosario), giovane colombiana reduce dal
suo primo viaggio come “mula” della cocaina.
Ossessioni e possessioni
A partire dall’arrivo di questa
figura estranea, dunque, si sviluppa una crescente gelosia che da
una parte porta alla luce tutta l’ossessione della madre nei
confronti del figlio, mentra dall’altra permette a Julio Cesar di
assaporare una libertà che gli è nuova. Ines risulta dunque essere
il mezzo di contrasto per far emergere tutta una serie di non
detti, segreti, ossessioni, paure ma, soprattutto, sentimenti.
Perché El paraíso vuole prima di tutto essere questo, un
film di emozioni ricercate e raccontate con sincerità, provate da
personaggi che non sanno come esprimerle e nel cercare di farlo
sono pronti anche a sbagliare.
Proprio per via di questa loro
incapacità nel gestire le proprie emozioni, ciò che li circonda
sembra venire in loro soccorso, dando forma al loro mondo emotivo
attraverso colori, luci, sapori e odori. Artale ha infatti rivelato
di aver concepito la messa in scena del film non solo come un
richiamo ad un contesto altro, la Colombia, sempre nei pensieri dei
protagonisti per svariati motivi, ma anche per raccontare
attraverso le immagini ciò che essi non sanno dirsi. Assistiamo
dunque ad un film dai toni molto caldi, talvolta acidi, che ci
descrivono bene il senso di ossessione che si sviluppa tra Julio
Cesar, sua madre e Ines, senza che debbano esternarlo loro a
parole.
I corpi tragici di El paraíso
Ma se è vero che i personaggi non
comunicano davvero tra loro, di certo lo fanno i loro corpi. Artale
mantiene una certa vicinanza nei loro confronti, ma non stringe mai
troppo su di loro così da lasciargli libertà di movimento ed
espressione. Ed è così che i protagonisti hanno modo di trovare la
loro dimensione nello spazio, nella casa angusta e labirintica
costruita per loro. I loro corpi parlano, si esprimono, manifestano
intenzioni ed impulsi, come si può notare ad esempio dal lavoro
compiuto dall’attrice Margarita Rosa De Francisco,
che con il ruolo della madre dà vita ad una grande prova
attoriale.
I corpi dunque comunicano molto più
delle parole in El paraíso, ma sono anche lo strumento
attraverso cui si esprime il più forte dei legami possibili, che
non manca di manifestarsi in un paio di scene che si assesteranno
come duri colpi per stomaci deboli. Probabilmente ad essere
ricordate saranno in particolare questo tipo di scene, che lo
stesso regista ha affermato essere state le immagini da cui si è
poi costruito il racconto dell’intero film, ma in El
paraíso c’è molto di più, a partire da una generale atmosfera
di malinconia, data dal cambiamento più sù descritto e che ci
presenta una madre e suo figlio in tutta la loro tragicità di
esseri umani.
Julio Cesar ha quasi quarant’anni e
vive ancora con sua madre, una donna colombiana dalla personalità
trascinante. I due condividono praticamente tutto: una casetta sul
fiume piena di ricordi, i pochi soldi guadagnati lavorando per uno
spacciatore della zona, la passione per le serate di salsa e
merengue. Un’esistenza ai margini vissuta con amore, al tempo
stesso simbiotica e opprimente, il cui equilibrio precario rischia
di andare in crisi con l’arrivo di Ines, giovane ragazza colombiana
reduce dal suo primo viaggio come “mula” della cocaina. Tra
desiderio e gelosia la situazione precipita rapidamente, al punto
che Julio si troverà a compiere un gesto estremo, in un viaggio
doloroso che lo porterà per la prima volta nella sua terra di
origine.
El Paraìso di Enrico Maria Artale,
con Edoardo Pesce (David di Donatello
per Dogman di Garrone), Margarita
Rosa De Francisco, Maria del Rosario e
Gabriel Montesi, presentato in Orizzonti alla 80a Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia, dove è valso il Premio Orizzonti per la Miglior
Sceneggiatura a Enrico Maria Artale e il Premio Orizzonti per la
Miglior Interpretazione Femminile a Margarita Rosa De Francisco,
sarà in sala il 6 giugno distribuito
da I Wonder Pictures.
Il film ha vinto anche
il Premio Arca – Cinema Giovani come
Miglior Film Italiano a Venezia, votato da una giuria di giovani
tra i 18 e i 26 anni, ed è stato presentato in numerosi festival in
tutto il mondo, tra cui quelli di Santa Barbara, Haifa, San
Paolo.
Julio Cesar ha quasi quarant’anni e
vive ancora con sua madre, una donna colombiana dalla personalità
trascinante. I due condividono praticamente tutto: una casetta sul
fiume piena di ricordi, i pochi soldi guadagnati lavorando per uno
spacciatore della zona, la passione per le serate di salsa e
merengue. Un’esistenza ai margini vissuta con amore, al tempo
stesso simbiotica e opprimente, il cui equilibro precario rischia
di andare in crisi con l’arrivo di Ines, giovane ragazza colombiana
reduce dal suo primo viaggio come “mula” della cocaina. Tra
desiderio e gelosia la situazione precipita rapidamente, al punto
che Julio si troverà a compiere un gesto estremo, in un viaggio
doloroso che lo porterà per la prima volta nella sua terra di
origine.
«Il film – afferma il
regista – è una storia d’amore tra una madre e un figlio,
una tragedia colorata che affonda i propri eroi nelle sfumature
cangianti dei loro umori più intimi, nella delicatezza e nella
violenza. È il racconto quasi mitologico di un legame basato sul
sangue che ho tentato di sottrarre al giudizio, senza voler
stabilire se ciò che unisce profondamente i due protagonisti sia un
atto di amore, più forte delle convenzioni sociali, o un atto
psichico disfunzionale che dimostra l’impossibilità di accettare
una naturale separazione. Possiamo davvero tracciare una linea che
distingua amore e follia, la forza irriducibile del sentimento
dalla paura profonda di restare soli per sempre?».
EL PARAISO è una
produzione Ascent Film, Young
Films con Rai Cinema, prodotto
da Matteo Rovere, Andrea Paris, Carla Altieri, Roberto De
Paolis.
Arriva a Roma nella
Selezione Ufficiale della Festa
delCinema il nuovo film del regista
premio Oscar con Belle Époque,
Fernando Trueba. El olvido que
seremos vuole coniugare pubblico e privato in un
affresco familiare, sociale e politico della Colombia recente,
mostrando un esempio di rara virtù ma anche di profonda umanità e
umiltà. A interpretare il medico e attivista per i diritti umani
Hector Abad Gomez, un bravissimo JavierCámara (Parla con lei,
Truman – Un vero amico è per sempre).
El olvido que seremos, la
trama
Colombia 1983. Héctor Jr,
Juan Pablo Urrego, studia all’università di Torino
quando viene richiamato in Colombia, dove vive la sua famiglia, per
la cerimonia d’addio del padre, Héctor Abad Gómez, Javier
Cámara, all’insegnamento universitario. Medico impegnato
in campagne di salute pubblica, insegnante ad Antiochia e noto
attivista per i diritti umani, Abad Gómez è sempre stato inviso
alle autorità per le sue aspre critiche al governo e alle sue
politiche e viene spedito in pensionamento anticipato. Il viaggio
verso casa è l’occasione per il figlio di ripensare all’infanzia a
Medellín nei primi anni ’70, allo stretto rapporto col padre, alla
felice vita di famiglia con la madre e le sorelle. Un periodo aureo
in cui la figura del padre è stata per Héctor un punto di
riferimento indiscusso. Il presente non è altrettanto roseo e
mentre il clima in città si fa pesante, con uccisioni e sparizioni
ad opera di gruppi paramilitari, che mirano a colpire qualsiasi
forma di dissenso o opposizione sociale e politica, anche Abad
Gómez è sempre più a rischio.
Héctor Abad Gómez,
l’apostolo dei diritti umani
Sembra lo chiamassero così gli
abitanti di Antiochia, soprattutto i meno fortunati, perché è stato
il primo ad occuparsi di loro, a dire che la salute pubblica doveva
essere un diritto di tutti e ad impegnarsi in prima persona
affinché ciò si realizzasse: per far avere a tutti l’accesso
all’acqua potabile, con massicce campagne di vaccinazione e di
igiene pubblica, ma anche fornendo quando poteva, un aiuto che
andava al di là della sua professione. Héctor Abad Gómez è
descritto come un uomo dalla sconfinata bontà, che faceva del bene
con estrema naturalezza e spontaneità. È con altrettanta facilità e
naturalezza che sarà ucciso da gruppi paramilitari in una Colombia
dominata dalla violenza. Attraverso le sue scelte Abad Gómez era
entrato a far parte di un’opposizione libera: con la fondazione del
Comitato per la difesa dei diritti umani ad Antiochia; con la sua
attività di editorialista per diversi giornali del paese, in cui
denunciava le condizioni di arretratezza e di mancanza delle più
elementari misure sanitarie in molta parte della Colombia; con
l’attività di politico nel Partito Liberale; fino alla candidatura
a sindaco di Medellín per questo stesso partito.
Tuttavia, ciò che interessa a
Fernando Trueba non è etichettare politicamente il
personaggio. Infatti nel film – adattamento ad opera di
David Trueba, fratello del regista, del romanzo
El olvido que seremos, scritto dal figlio di Abad Gómez e
diventato un testo di culto in America Latina – il protagonista
lamenta di essere bersaglio di critiche sia da destra che da
sinistra. Intento del regista è dipingere un uomo che aveva a cuore
la sua professione e il prossimo e solo in virtù di questo, dei
valori umani più alti, non di una appartenenza politica, si
impegnava.
Un saga familiare e uno
sguardo ampio alla collettività
Si potrebbe dire che il
padre domina sull’attivista in questo ritratto, che si sarebbe
potuto esaltare di più la lotta e l’impegno del protagonista. Non è
poi così vero, Trueba trova un equilibrio tra pubblico e
privato. Ed è proprio attraverso il secondo che riesce a
coinvolgere lo spettatore, facendo presa anche su chi era
politicamente lontano dal protagonista. Abad Gómez è un
padre di famiglia premuroso e gioviale, con un rapporto
privilegiato con l’unico figlio maschio, ma che adora la moglie e
le figlie. La vicenda della famiglia nella prima parte del film ha
toni allegri e leggeri, e il personaggio principale non può non
creare empatia, grazie ad una interpretazione di grande livello da
parte di Javier Cámara. La gioiosità del suo
personaggio, pur costretto ad operare in contesti difficili in un
paese dalle forti criticità, è contagiosa e va di pari passo con la
scelta dell’immagine a colori.
Nella seconda parte domina invece il
bianco e nero. In quell’universo sereno si affaccia il dolore, la
scomparsa di una figlia. L’allegria dell’inizio lascia il posto a
una malinconia che non impedisce però al protagonista di dedicarsi
a ciò in cui crede. Cámara dà al personaggio moltissime sfumature e
tocca diversi registri.
L’ultima parte, la più poetica, è
quella in cui sembra essere contenuto il messaggio principale del
film. Molti come Abad Gómez sono diventati eroi loro malgrado:
volevano solo fare del bene alla collettività, non avevano nessun
desiderio di apparire, di essere riconosciuti, non erano mossi da
ambizioni personali. Il protagonista, insomma, non fa ciò che fa
per essere ricordato. È questo il senso della poesia Aquì,
hoy, un testo attribuito a Jorge Luis Borges, che compare nel
film e contiene le parole del titolo, El olvido que
seremos – l’oblio che saremo.
Tutto il cast del film offre buone
prove: un gruppo di donne che si muovono quasi all’unisono intorno
a Héctor e Héctor Jr: la moglie Cecilia, interpretata da
Patricia Tamayo, le figlie Mariluz, Maria
Teresa Barreto, Clara, Laura Londoño ,
Vicky, Elizabeth Minotta, Martha, Kami
Zeha e Sol Camila Zárate. Anche i
due bambini che interpretano Hector e Sol da piccoli,
Nicolás Reyes Cano e Luciana
Echeverry, sono molto spontanei e credibili, cosa non
facile da ottenere.
El olvido que
seremos è prodotto da Caracol
Televisión e Dago García Producciones.
Per il momento è prevista un’uscita in Francia a primavera. La
speranza è di vederlo presto anche in Italia.
El Nido, opera
prima di Mattia Temponi è una coproduzione
italo-argentina, ed è prodotto da Alba Produzioni
per l’Italia, 3C Films Group per l’Argentina. Il
film sarà disponibile dal 20 giugno (distribuito da
Minerva Pictures) sulle migliori piattaforme
digitali: SKY PRIMAFILA, CHILI, RAKUTEN, GOOGLE PLAY,
AMAZON, APPLE TV.
El Nido è un
horror psicologico, che utilizza un genere popolare per mostrarci
le distorsioni del nostro mondo. Una riflessione attorno alla
nostra contemporaneità e a certe alienazioni dei rapporti umani. Il
film, interpretato da Luciano Cáceres (Gato Negro)
eBlu Yoshimi(Piuma), è
un racconto a più livelli, ricco di colpi di scena, climax e
tensioni, sullo sfondo un mondo di finzione immersivo e credibile
dove prendono vita personaggi tridimensionali.
El Nido, la
trama
Dentro un “EL NIDO”, un rifugio
moderno e accogliente, due sconosciuti si incontrano…SARA
(Blu Yoshimi): una ragazza problematica e di buona
famiglia. IVAN (Luciano
Cáceres): un uomo
all’apparenza anonimo e innocuo, ma che nasconde un passato
oscuro.Sono al sicuro e protetti dal mondo esterno, però
la ragazza è stata infettata e si sta lentamente trasformando in un
mostro. Ma invece di ucciderla, IVAN decide che proverà a curare
SARA. Così comincia la loro discesa in una spirale di manipolazione
e inganni.
Sony Pictures ha annunciato il suo
primo film Marvel con un protagonista latino,
il rapper/attore Bad Bunny infatti reciterà in
El
Muerto. Dopo aver riavviato Spider-Man come parte del
Marvel Cinematic Universe, Sony ha
lavorato per trovare altri film Marvel da realizzare utilizzando le
centinaia di personaggi dei fumetti a cui ha accesso. Venom
con Tom Hardy è stato l’inizio di questa ricerca
nel 2018, che da allora ha visto uscire un sequel, seguito da
Morbius
con Jared Leto. Questi film sono solo l’inizio dei
piani di Sony per il proprio universo Marvel con protagonisti i cattivi
di Spider-Man e personaggi secondari.
L’attuale lista di film per
Spider-Man Universe di Sony ha diversi progetti
che hanno ufficialmente una data di uscita nelle sale, a partire da
Kraven
the Hunter con Aaron Taylor-Johnson
all’inizio del 2023. Lo studio ha anche recentemente confermato che
Madame Web con Dakota Johnson e
Sydney Sweeney uscirà nei cinema nell’estate
del 2023. Oltre ai piani per due sequel di Spider-Man: Into
the Spider-Verse, Sony sta anche sviluppando film
indipendenti per personaggi Marvel come
Spider-Woman, Nightwatch,
Silver Sable, Black Cat,
Jackpot e altri.
Ora, la Sony ha confermato la sua
intenzione di realizzare un altro film Marvel, incentrato su El
Muerto. Come parte del panel Sony al CinemaCon
a cui Screen Rant ha partecipato, lo studio ha annunciato che
il rapper/attore Bad Bunny interpreterà il cattivo
di Spider-Man, che è anche un wrestler. El
Muerto debutterà nelle sale il 12 gennaio 2024.
Bad Bunny ha condiviso una breve dichiarazione sul
casting al panel:
Amo il wrestling e ora sono un
wrestler. È il ruolo perfetto. Sarà epico.
SONY Pictures ha deciso di rimuovere
dalla sua schedule di uscite El Muerto, il
film affidato a Jonas Cuaron che doveva avere
come protagonista Bad Bunny. A causa dello
sciopero degli sceneggiatori, il film è ora sospeso, anche se lo
studio sembra intenzionato a portarlo avanti.
Sebbene El Muerto non sia stato ancora cancellato del
tutto, il frenetico programma di tournée del rapper e wrestler
professionista Bad Bunny potrebbe ulteriormente
rendere difficile la realizzazione del film, quindi questo potrebbe
essere un ulteriore difficoltà sulla via della realizzazione.
Il cast di supporto non era stato
finalizzato, ma secondo quanto riferito lo studio stava
corteggiando Mercedes Varnado, la wrestler
prestata alla serialità con The Mandalorian, per un ruolo
sconosciuto, e Marvin Jones III per interpretare
il malvagio Tombstone.
Il progetto dovrebbe essere il
primo, tratto dai fumetti Marvel, a vedere protagonista un
personaggio latino, il che potrebbe essere invece un incentivo
importante per portare avanti la produzione, nonostante le
difficoltà.
“Un lottatore ottiene il super
potere attraverso una maschera mistica che originariamente ha
combattuto Spider-Man in un incontro di wrestling di beneficenza in
cui ha quasi smascherato il webslinger prima di essere punto da
Spider-Man con un veleno paralizzante“, si legge nella sinossi
ufficiale.
Oggi arriva un aggiornamento
importante per El Muertoe
riguarda la sua data di inizio produzione. Questo prossimo film di
supereroi che diventerà il quinto
film
dell’universo di Spider-Man di Sony, che è
iniziato con i duefilm di
Venom,
Morbius, e il film di prossima uscitaKraven
the Hunter, non aveva ricevuto aggiornamenti da un
pò. El Muerto sarà interpretato dal
cantante Bad
Bunny nei panni di Juan Carlos Sanchez,
un lottatore con una forza sovrumana.
Secondo quanto
riferito, El Muerto inizierà la produzione il 7
agosto 2023 a Los Angeles, in California. Anche se al momento non
sappiamo se questa data sarà confermata considerando lo sciopero
degli sceneggiatori ad Hollywood che sta paralizzando molte delle
produzione in corso.
Quando è la
data di uscita di El Muerto?
El
Muerto uscirà il 12 gennaio 2024 per Sony Pictures.
Gli unici dettagli attualmente noti su El Muerto sono il
team creativo del film. Jonás Cuarón sarà
il regista, mentre Garreth Dunnet-Alcocer è
stato assunto per scrivere la sceneggiatura.
“Un lottatore ottiene il
super potere attraverso una maschera mistica che originariamente ha
combattuto Spider-Man in un incontro di wrestling di beneficenza in
cui ha quasi smascherato il webslinger prima di essere punto da
Spider-Man con un veleno paralizzante“, si legge nella sinossi
ufficiale.
Nell’aprile 2022 era stato rivelato
che un inatteso film spin-off di
Spider-Man era in lavorazione alla
Sony, basato su un personaggio di Spider-Man
particolarmente poco conosciuto, apparso solo in due numeri dei
Marvel Comics: El Muerto. Ad
interpretare questo ruol era stato scelto Bad
Bunny, rapper e musicista portoricano. Ora però, El Muerto, previsto per il
2024, ha ricevuto un aggiornamento che non promette bene. Sembra
infatti che il film stia affrontando alcune battute d’arresto e Bad
Bunny ha recentemente rilasciato un’intervista con Time nel corso
della quale si è discusso brevemente di ciò.
L’attore ha infatti rivelato che le
riprese non sono ancora effettivamente iniziate. L’addetto stampa
di Bad Bunny ha chiarito in seguito che El Muerto sarebbe
“a un punto morto” ma che si trova ancora in fase di
sviluppo. I rappresentanti della Sony hanno però rifiutato di
commentare la situazione. A parte la data di uscita del film,
fissata al 12 gennaio 2024, gli unici dettagli attualmente noti su
El Muerto sono il team creativo del film. Jonás Cuarón sarà
il regista, mentre Garreth Dunnet-Alcocer è
stato assunto per scrivere la sceneggiatura.
Dall’annuncio iniziale dello
spin-off, però, non ci sono stati aggiornamenti ufficiali, il che,
alla luce anche delle affermazioni di Bad Bunny, lascia immaginare
che sicuramente la data d’uscita preannunciata non potrà essere
rispettata. È possibile che Sony stia rivalutando i suoi piani per
El Muerto, data la risposta piuttosto mista ricevuta
all’annuncio del progetto nel 2022, e non sarebbe una gran sorpresa
se il film venisse eliminato del tutto. La poca notorietà del
personaggio, infatti, avrebbe fatto dubitare i fan circa la necessità di questo progetto al
posto di altri più attesi. Non resta dunque che attendere
aggiornamenti, per scoprire se El Muerto si inserirà nei
piani dell’Universo di Spider-Man della Sony o meno.
All’inizio di quest’anno al
CinemaCon, la Sony Pictures ha annunciato che era
in fase di sviluppo un film incentrato sul personaggio
relativamente oscuro di
Spider-Man,El
Muerto, e il progetto ha ora arruolato uno
sceneggiatore e un regista. Secondo The
Wrap, il regista messicano Jonás
Cuarón dirigerà il film, mentre Gareth
Dunnet-Alcocer (Blue
Beetle) sta attualmente lavorando alla
sceneggiatura. Jonás, figlio del premio Oscar Alfonso Cuarón, ha già diretto nel
2015 Desierto con Gael García Bernal.
L’audace spin-off di
Spider-Man sarà interpretato dal vincitore del Latin
Grammy e dall’artista discografico platino Bad
Bunny, nel ruolo del superpotente Luchador Juan Carlos
Sanchez. Il personaggio ha fatto solo alcune apparizioni nei
fumetti, ma lo studio evidentemente ha deciso di espandere la sua
storia per accogliere Bad Bunny, che si diceva
stesse cercando la “proprietà da supereroe giusta per se stesso”.
El
Muerto sarà il primo supereroe latino a essere il
protagonista del suo film nell’Universo Marvel di Sony, che include
anche le prossime uscite Madame Web,
Kraven the
Hunter e Spider-Woman. È
stato anche confermato che un terzo film
di Venom è in fase di sviluppo,
insieme a Spider-Man: Across the
Spider-Verse, parti
1 e 2.
Bad Bunny, alias
Benito Antonio Martínez Ocasio, ha debuttato come attore nel
recente film d’azione Bullet
Train e ha anche una certa esperienza di
wrestling avendo gareggiato in due partite di alto profilo in WWE.
El
Muerto può sembrare una scelta insolita per
dirigere il suo film autonomo, ma i fan sono abituati al fatto che
la Sony Pictures prenda decisioni strane in questa
fase. Forse c’è ancora speranza per quel film da solista di
zia May?
L’anno scorso al CinemaCon,
Sony Pictures ha annunciato che era in fase di sviluppo un film
incentrato sull’oscuro personaggio di Spider-Man, El
Muerto, con il regista messicano Jonás
Cuarón alla regia e Gareth Dunnet-Alcocer
(Blue
Beetle) a scrivere la sceneggiatura.
Lo spin-off di Spider-Man aveva
arruolato il vincitore del Latin Grammy e del disco di platino
Bad Bunny per interpretare il superpotente
Luchador Juan Carlos Sanchez, ma in seguito
abbiamo appreso che l’attore di Bullet Train è stato
costretto ad abbandonare il progetto a causa di un conflitto di
programmazione. “È pazzesco. A volte non riesco ancora a
crederci, ma è il risultato del mio lavoro”, ha detto
Bad Bunny parlando dell’ingresso nell’Universo
Marvel in quel momento.
“Per come sono, per come lavoro,
sono così orgoglioso, molto felice di questo personaggio, di questa
opportunità di essere il primo latinoamericano. Non si tratta di
‘sarò il primo latinoamericano ad interpretare un ruolo’, si tratta
di riguardare il primo personaggio principale latinoamericano,
questa è la cosa importante. Quindi è qualcosa di enorme e sarà
epico. So che le persone saranno orgogliose del mio
lavoro.”
Report successivi hanno indicato che
il film era stato accantonato (o forse addirittura scartato del
tutto), ma secondo Variety,El
Muerto è ancora molto in fase di sviluppo, con lo
studio attualmente alla ricerca di un altro attore per interpretare
il protagonista.
Si ritiene che la rimozione di
El
Muerto dal programma della Sony sia dovuta ai recenti
scioperi di Hollywood, poiché la sceneggiatura aveva ancora bisogno
di un po’ di lavoro prima che le riprese potessero iniziare. Una
volta risolti gli scioperi, sembra che i piani per il progetto
siano ripresi.
Secondo quanto
riferito,Bad Bunny è uscito dal film
El Muertodi Sony.È stato
recentemente annunciato che l’imminente film dell’universo di
Spider-Man di Sony, El Muerto, sarebbe stato posticipato a tempo
indeterminato dalla data di uscita originale del 12 gennaio 2024.
Il film era impostato per vedere l’interpretare il cantante /
attore Bad Bunny nei panni di Juan-Carlos Sánchez e essere diretto
da Jonás Cuarón.
Secondo One
Take News, Bad Bunny non interpreterà più il ruolo
principale nel film. Tuttavia, il film è ancora nei piani e
Sony cercherà un altro attore per riformulare il ruolo da
protagonista del film. Non è noto se Bad Bunny rimarrà nel progetto
come produttore esecutivo. Il motivo della sua partenza al
momento non è stata resa nota, ma si dice che sia il risultato del
suo fitto programma di tournée e dei continui ritardi durante lo
sciopero degli sceneggiatori.Lo sviluppo del progetto
è iniziato quando i dirigenti di Sony sono rimasti colpiti dalla
sua interpretazione in Bullet Train del 2022 e
hanno voluto costruire un altro progetto attorno a lui.
Quello che sappiamo sul film El
Muerto
Il cast di supporto non era stato
finalizzato, ma secondo quanto riferito lo studio stava
corteggiando Mercedes Varnado, la wrestler
prestata alla serialità con The Mandalorian, per un ruolo
sconosciuto, e Marvin Jones III per interpretare
il malvagio Tombstone. Il progetto dovrebbe essere
il primo, tratto dai fumetti Marvel, a vedere protagonista un
personaggio latino, il che potrebbe essere invece un incentivo
importante per portare avanti la produzione, nonostante le
difficoltà.
Il film dovrebbe essere il sesto
film
dell’universo di Spider-Man di Sony, che è iniziato con i due
film di Venom, è proseguito
conMorbius,
poi con Kraven – Il
Cacciatoredel quale abbiamo visto di recente il
trailer, e infine Madame
Web, attualmente in fase di riprese. “Un lottatore
ottiene il super potere attraverso una maschera mistica che
originariamente ha combattuto Spider-Man in un incontro di
wrestling di beneficenza in cui ha quasi smascherato il webslinger
prima di essere punto da Spider-Man con un veleno
paralizzante“, si legge nella sinossi ufficiale.
Di recente si è diffusa la notizia
inaspettata che il popolare rapper Bad Bunny si
sarebbe unito allo Spider-Man Universe della Sony
con il film El
Muerto, nel ruolo del protagonista,
Juan-Carlos Sánchez, che è apparso in alcuni
fumetti assieme a Spider-Man, ma non è comunque
tra gli eroi più popolari di casa Marvel. Il film arriverà nelle sale
il 12 gennaio 2024 e, sebbene si sappia ancora poco riguardo alla
produzione, sono già iniziate le supposizioni riguardo agli altri
eroi che potrebbero presentarsi in questo adattamento.
El Muerto (Marcus Estrada De La
García)
Il
personaggio di
Bad Bunny,
Juan-Carlos,
non è il primoEl Muerto
e potrebbe non essere l’ultimo: segue infatti le orme del
padre,
Marcus Estrada de la García,
che ha indossato la maschera prima di lui. Tuttavia, come nei
fumetti, probabilmente non durerà a lungo nel film, poiché Marcus
viene ucciso poco dopo la sua introduzione.
Questa sarà probabilmente una forza
trainante nella storia di Juan-Carlos, proprio come la morte dello
zio Ben ha costituito un momento fondamentale per la crescita di
Peter Parker. Essendo parte integrante delle origini di El
Muerto è estremamente probabile che il
personaggio di Marcus sarà presente nel film.
El Dorado
El
Muerto ha un legame interessante con
Moon Knight, eroe introdotto di recente nel MCU, in quanto anche lui è legato a
una sorta di dio protettore. In questo caso, si tratta di
El Dorado, una figura misteriosa coinvolta nel
rituale di passaggio del titolo di El
Muerto di padre in figlio.
Come Khonshu, può
essere una figura crudele – ed è colui che ha ucciso Marcus per il
fallimento di Juan-Carlos nel rituale iniziale – ma non controlla
completamente il suo avatar. Per questo motivo, sarebbe logico
supporre che El Dorado sarà l’antagonista principale del film,
costringendo El Muerto a entrare in scena come eroe.
Arácnido
Uno
dei maggiori interrogativi sul futuro dello
SSU
è se incorporerà mai Spider-Man. Questo poteva essere il piano, ma
dopo la scarsa risposta a
Morbius,
sembra sempre meno probabile cheTom Holland
– o ancheAndrew Garfield
oTobey Maguire
– si uniscano a questo franchise.
Tuttavia, si potrebbe adottare un
approccio alternativo e introdurre una delle sue versioni
alternative, Áracnido: come El Muerto, è il figlio di un luchador
che assume il ruolo di supereroe dopo la morte del padre. Se
dovesse accadere qualcosa del genere, probabilmente si tratterebbe
di un ruolo limitato o di un cameo, per non togliere spazio a
El Muerto come protagonista.
Madame Web
Ci sono due film dello
SSU che dovrebbero uscire prima di El Muerto: Kraven The
Hunter e
Madame Web, che sarà interpretata da Dakota
Johnson. Madame Web non è mai stata protagonista di un
proprio fumetto, anche se, rispetto a Kraven, ci sarebbe molto
materiale da cui attingere per le storyline di Madame
Web.
Per ampliare e chiarire il futuro
dello SSU, è probabile che la Johnson appaia anche
in El Muerto: questa scelta potrebbe servire a
creare una sorta di team-up in futuro, magari contro i Sinistri
Sei, se questo progetto dovesse mai realizzarsi.
Kraven il cacciatore
Il prossimo film dello
SSU sarà Kraven il cacciatore, in
uscita nelle sale il 13 gennaio 2023, con Aaron Taylor-Johnson nei panni del più grande
cacciatore del mondo. Mentre Venom e
Morbius sono divenuti più simili ad antieroi,
Kraven il Cacciatore è rimasto fedele al suo
ritratto da villain, anche se i fan dovranno vedere se il film si
soffermerà su questo aspetto del suo carattere.
Al fine di preservare l’incerta
continuità del franchise in crescita, sembra possibile che Kraven
comparirà in El Muerto: sarebbe estremamente sorprendente
vederlo in qualcosa di più di un cameo, di un easter egg e/o una
scena post-credits.
Il Camaleonte
AaronTaylor-Johnson sarà affiancato da diversi
attori importanti e popolari in Kraven il
cacciatore, tra cui Christopher Abbott
nel ruolo dell’antagonista principale – che si dice sia lo Straniero – il premio Oscar Ariana DeBose nel ruolo di
Calypso e Fred Hechinger nel
ruolo del Camaleonte.
È importante notare che
Dmitri Dmerdyakov, alias il
Camaleonte, è il fratellastro di
Kraven, il primo supercriminale di Spider-Man, ed
è già apparso nel MCU, anche se i fan
potrebbero non saperlo. Mentre Kraven il cacciatore potrebbe
introdurre il personaggio, El Muerto potrebbe integrarlo come cattivo a
tutti gli effetti e gettare le basi per un film o una serie
televisiva tutta sua.
L’avvoltoio
La scena mid-credits di
Morbius ha scioccato e confuso molti spettatori
riportando in scena l’Avvoltoio di Michael
Keaton direttamente da
Spider-Man: Homecoming – e il MCU nello
SSU. È stato ipotizzato che si tratti di una
ramificazione inaspettata dell’incantesimo di Doctor Strange andato in tilt in
Spider-Man: No Way Home.
Si sta comportando come
Nick Fury durante la Fase Uno del MCU, reclutando altri
cattivi o antieroi per un team-up – probabilmente per i Sinistri
Sei o qualcosa di simile. Pertanto, forse Keaton riprenderà il suo
ruolo ancora una volta in El Muerto. Tuttavia, questo potrebbe diventare
più difficile dal momento che l’attore tornerà anche nel
DCEU grazie a The Flash.
Black Cat
Poco dopo l’annuncio che
Dakota Johnson avrebbe interpretato
Madame Web, è stato rivelato che anche
Sydney Sweeney di Euphoria si unirà al cast, anche se il suo ruolo
rimane ad oggi segreto. Immediatamente si sono scatenate
speculazioni e teorie su chi l’attrice potrebbe interpretare,
suggerendo Ana Kravinoff, sorella di
Kraven, e GwenStacy.
L’idea che va per la maggiore è che
l’attrice interpreterà Felicia Hardy, alias
Black Cat, con cui Spider-Man ha un tira e molla
continuo, e che è un’antieroina che i fan hanno sperato da tanto
potesse apparire in live-action, cosa che potrebbe accadere in
El Muerto.
Silk
El
Muerto potrebbe trovarsi in una situazione difficile
cercando di conquistare già in partenza una fetta di pubblico, dato
che si tratta di un personaggio sconosciuto ai più, che ricordano
probabilmente solo i fan più appassionati di fumetti. Logicamente,
il film potrebbe decidere di includere alcuni eroi o villain di
successo per attirare più spettatori, ma è anche vero che questi
potrebbero distrarre dal focus di El muerto come
protagonista.
Per questo motivo, se il film
volesse introdurre altri alleati dell’Uomo Ragno, probabilmente
vorrebbe limitarsi ad alcuni dei meno conosciuti, il che potrebbe
significare Cindy Moon, alias
Silk, un personaggio unico nella famiglia di
Spider e non molto conosciuto al di fuori dei fan sfegatati dei
fumetti. Questo potrebbe essere un buon pretesto per avviare poi
una serie televisiva con Silk come protagonista – oppure El
Muerto potrebbe continuare parte della sua storia se la
serie dovesse uscire prima.
Se speravate che la Sony
Pictures potesse rilasciare annunci su
Spider-Woman, Black Cat, o anche
The Amazing Spider-Man 3 al
CinemaCon, allora rimarrete senza dubbio molto
delusi. Abbiamo ottenuto alcuni aggiornamenti sul franchise animato
Spider-Verse e la conferma che Venom 3 è in arrivo, ma la
“grande” notizia dello studio è che il rapper (e wrestler
professionista) Bad Bunny sarà il protagonista di
El
Muerto.
Personaggio le cui apparizioni nei
fumetti si possono contare sulle dita di una mano,El
Muerto è uno dei più oscuri alleati/nemici
dell’Uomo Ragno, e questo non è sicuramente un film che i fan
Marvel hanno richiesto a gran voce.
Tuttavia, non sarebbe la prima volta che Hollywood ha realizzato un
cinecomic “non richiesto“: grazie a ComicBookMovie,
diamo un’occhiata agli altri predecessori, o meglio film non
proprio riusciti e neanche richiesti, di casa Marvel e
DC.
Morbius
Potremmo partire proprio
dalla Sony perché, anche se lo studio ha reso intelligentemente
Venom una priorità, non c’era nessuno che volesse
disperatamente vedere Morbius portato sul grande schermo in un film
tutto suo. È sempre stato un cattivo di serie C dell’Uomo Ragno, e
anche se il personaggio ha del potenziale come nemico
dell’arrampica-muri, ci sono molti eroi e cattivi più meritevoli di
uno spinoff prima del Vampiro Vivente.
La prova è arrivata solo poche
settimane fa, quando Morbius è uscito nelle sale. La Sony ha
faticato a trovare una storia che giustificasse la messa sotto i
riflettori di questo antieroe succhiasangue e, dopo le recensioni
negative e i numeri deludenti al botteghino, la permanenza di
Jared Leto nei panni di questo personaggio della
Marvel Comics sembra destinata ad essere ancora
più breve del tempo che ha passato interpretando il
Joker del DC
Extended Universe.
Superman Returns
Anche se i fan erano
sicuramente impazienti di vedere un altro film di
Superman a metà degli anni 2000, la Warner
Bros. ha fatto un grosso passo falso decidendo di far
girare a Bryan Singer un sequel dei classici film
di Richard Donner. Al tempo, il genere era ancora
agli albori per certi aspetti, e cercare di riconquistare
l’innocenza degli anni ’70 è servito solo a far percepire l’Uomo d’Acciaio più antiquato e noioso che
mai.
È stata anche una decisione che non
ha fatto bene al protagonista di Superman Returns, Brandon
Routh. Costretto a emulare un’icona amata, questa versione
mansueta e per lo più priva di azione dell’iconico supereroe si è
rivelata un errore ancora più grande di quanto previsto
inizialmente. Naturalmente, abbiamo ottenuto il film su Superman
che volevamo con Man of Steel del
2013, anche se le decisioni creative prese in sede di produzione
hanno portato a un bel po’ di critiche anche in
quell’occasione.
I Fantastici Quattro: Rise of the
Silver Surfer
La cosa divertente del film
dei Fantastici Quattro del 2005 è che, per molti
versi, è piuttosto accurato dal punto di vista fumettistico.
Ovviamente non stiamo parlando della storia delle origini del
Dottor Destino o del personaggio eccessivamente
sessualizzato di Susan Storm ma, dal punto di
vista creativo, la visione di Tim Story era
piuttosto precisa. Questo non compensa le molte cose che il
blockbuster ha sbagliato, naturalmente, ed ha ottenuto recensioni
talmente negative che nessuno ha sentito bisogno di un sequel o lo
ha mai richiesto.
La Fox chiaramente sperava che
gettare Galactus e Silver Surfer
nel mix sarebbe stato sufficiente a placare i fan e così
effettivamente è stato, ma solo per un certo periodo di tempo.
Infatti, una serie di grosse disattenzioni nei confronti del
personaggio di Galactus tramutatosi in nuvola hanno fatto sì che i
fan fossero talmente insoddisfatti del franchise che lo studio è
stato costretto a metterlo in stand-by fino al 2015. Il fatto che
Fantastic Four: Rise of the Silver Surfer sia mai
stato realizzato è davvero sbalorditivo.
Dark Phoenix
L’operato di Simon
Kinberg era già stato criticato per il trattamento
riservato alla “Saga
di Dark Phoenix” in X-Men: The Last
Stand, ma ha continuato a scrivere questi film e in
qualche modo è riuscito a farsi strada sulla sedia del regista per
girare Dark Phoenix, film con cui ha deciso di
“rimediare” agli errori del passato rielaborando l’iconica trama di
quello che è stato definito uno dei “peggiori disastri del
2019”.
Non solo questo film è stato
ritenuto persino peggiore di quello uscito oltre un decennio prima,
ma i fan pensano che Kinberg sia riuscito soltanto a rovinare di
nuovo la trama. Hanno infatti affermato che non stavano affatto
cercando un’altra versione della Fenice (certamente non così presto
in questo franchise), e questo è il motivo per cui la Marvel ha messo gli X-Men da parte
finché il pubblico si sarà tolto l’amaro di bocca.
Suicide Squad
Suicide Squad
del 2016 è stata una grande delusione per i fan, anche se molto di
questo può essere attribuito alle interferenze della
Warner Bros.
Infatti, in preda al panico dopo l’accoglienza mista diBatman v Superman: Dawn of
Justice,
lo studio ha apportato una serie di cambiamenti radicali alla
visione di
David Ayer,
che hanno condotto alla delusione dei fan. Di conseguenza, sia i
fan che i cinefili occasionali erano abbastanza contenti di non
dovere più vedere la
Task Force X.
James
Gunn ha realizzato un grandissimo film con The Suicide Squad. Tuttavia, a causa
dell’uscita concomitante su HBO Max, il film ha
dovuto lottare molto al box office, e l’unico risultato che è
riuscito a guadagnarsi è la certezza che il pubblico non voleva
passare altro tempo con nessuna iterazione di questa squadra.
Questo è un sentimento che i fan avevano espresso in precedenza, in
particolare a causa dei pochi chiarimenti sulla forma che questo
progetto avrebbe assunto, se si presentasse come un sequel o un
reboot.
Elektra
Daredevil
è stata un’altra delusione per i fan e, anche se ha preso qualche
ispirazione dai fumetti di
Frank Miller,
l’esecuzione del film è stata percepita come estremamente
difettosa. La morte diElektra
è un buon esempio di questo in quanto, anche se visivamente
accurata, non è mai funzionata bene come svolta. Con
Jennifer Garner
(un totale errore di casting, secondo i fan), obbligata per
contratto a tornare per uno spinoff, l’attrice ha recitato in un
film a cui teneva ancor meno di noi.Questo è dunque un esempio di
film di supereroi della metà degli anni 2000 ben lontano da ciò che
i fan avrebbero desiderato di vedere. Qui è morto il franchise
di
Man Without Fear
fino a quando i diritti sono tornati aiMarvel Studios
e abbiamo avuto la serie Netflix che, ironicamente, ha anche ucciso
Elektra
in modo altrettanto insoddisfacente.
X-Men: First Class
Inizialmente i fan
desideravano che X-Men: First Class venisse realizzato, almeno
fino a quando non è venuto alla luce che questo fosse più un
prequel che un reboot e che la vera “Prima Classe” non avrebbe
fatto parte del progetto: è diventato subito chiaro che, di tutte
le strade che la Fox avrebbe potuto percorrere, questa era la più
impopolare.
Tutto sommato, il film di
Matthew Vaughn è andato abbastanza bene, ma è
giusto dire che nessuno ha chiesto un prequel di una serie che
aveva già esaurito il suo potenziale. Dopo la dipartita del regista
dal franchise, i tentativi di collegare questa serie con la
trilogia originale sono diventati più confusi, contorti e ridicoli:
un nuovo inizio sarebbe stato decisamente meglio.
Birds of Prey
Sarebbe
sbagliato dire che i fan non hanno chiesto un film diBirds of Prey:
è meglio dire che non hanno chiesto questa versione della squadra.
C’era molto da amare in questo film grazie ad alcune grandi
interpretazioni, scenografie memorabili e il ritmo eccentrico, ma
con alcune caratterizzazioni piuttosto bizzarre dei personaggi (la
strana
Huntress,
un’irriconoscibile
Cassandra Cain
e una debole b), il film non è riuscito a colpire i cuori di
tutti.
La Warner Bros.
avrebbe fatto meglio a prendere nota di ciò che i fan avrebbero
effettivamente desiderato, così Birds of Prey probabilmente sarebbe stato
fantastico. Invece, questo palese tentativo di sfruttare la
popolarità di Harley Quinn si è ritorto contro lo
stesso progetto, e ha messo fine ad un altro promettente franchise
prima che potesse partire.
Per analizzare al meglio
El Jockey, il nuovo film di Luis
Ortega in Concorso all’81esima
edizione della Mostra
del Cinema di Venezia, possiamo iniziare da Luigi
Pirandello e il suo concetto di maschere. Queste rappresentano le
molteplici identità che ogni individuo adotta per vivere e
integrarsi nella società, ma non sempre la maschera che si indossa,
o in cui ci si è trasformati, ci soddisfa. Quando la crisi
esistenziale bussa alla porta, l’unica via d’uscita sembra essere
la liberazione da quell’identità costruita nel tempo, per evitare
l’autodistruzione e ricominciare d’accapo. “Morire per
rinascere”, come afferma Abril a Remo in El
Jockey, è il cuore pulsante dell’intera pellicola, tema
cardine che funge da apertura e chiusura di una storia destinata,
però, a ripetersi all’infinito.
Scritto a sei mani dal regista
insieme a Rodolfo Palacios e Fabián Casas, il film offre una
potente riflessione sull’importanza di cercare il proprio
io, anche a costo di trasformarsi profondamente,
esplorando il bisogno di spogliarsi di quelle identità imposte
dalla vita, quegli abiti che, col tempo, smettono di calzare a
pennello, soffocandoci. Nel cast spiccano l’argentino Nahuel Pérez
Biscayart, premiato come Migliore promessa maschile ai César 2018,
e
Úrsula Corberó, che dopo il successo de La Casa di Carta è riuscita a guadagnarsi nuovi ruoli
di valore, impedendo così di rimanere impigliata nel solo
personaggio di Tokyo.
El Jockey, la trama
Remo Manfredini è un fantino di
grande successo, acclamato da tutti e considerato la carta vincente
di Sirena, un gangster e imprenditore che gestisce la scuderia per
cui Remo gareggia. Se sul piano delle performance Remo è
imbattibile, il suo animo è tutt’altro che saldo. Ed è proprio
questo che lo conduce in una spirale autodistruttiva, segnale di un
crollo imminente, il quale si manifesta in tutta la sua
drammaticità il giorno della gara più importante della sua
carriera—quella che potrebbe liberarlo dai debiti. L’incidente che
subisce durante la competizione, invece di segnare la fine, si
trasforma però in un’opportunità: dall’ospedale in cui viene
ricoverato, Remo fugge, determinato a cercare il suo vero io.
Cercare se stessi, cersarsi in
altre vite
I novantasette minuti di El
Jockey si fanno sentire intensamente. Fin dalle prime
inquadrature, il film ci immerge nella vita di Remo, intrappolato
in un’identità che non gli appartiene. Questo dramma
surreale, ricco di metafore e simboli, dipinge il ritratto
di un uomo che vede nel suo incidente un’opportunità irripetibile:
abbandonare il vecchio sé per esplorare nuove versioni di
sé stesso, nella speranza di trovare la
libertà. Libertà, soprattutto, dal dolore profondo
generato da una frattura interiore che non sa come sanare.
La fuga dall’ospedale, con indosso
un cappotto e una borsa da donna, segna il punto di svolta in
un’esistenza ormai al collasso, che solo una trasformazione
radicale può salvare. Il peso che lo ha consumato e logorato ha un
nome: Sirena, il gangster a capo della scuderia per cui lavora. È
proprio quando Remo inizia a distaccarsi dalle dinamiche del mondo
equestre e, soprattutto, dalla mafia che gli ruota attorno, che
ritrova forza e determinazione. Si sente così leggero che persino
una bilancia non registra più il suo peso, che ritorna solo quando
gli scagnozzi di Sirena salgono con lui: una metafora tagliente di
una società che tiene tutti in una morsa spietata.
El Jockey ci dice dunque
che combattere per riconquistare sé stessi è possibile, sia
sperimentando nuove sfaccettature della propria personalità, sia
riscoprendo versioni passate di chi eravamo, o riprendendo il filo
da dove si era spezzato. Nonostante ciò, questo processo è
ciclico, perché prima o poi sentiremo di nuovo il bisogno
di cambiare. È una spirale infinita, parte integrante dell’essere
umani. Il film ci suggerisce così che la continua scoperta di sé
non si interrompe nemmeno con la morte, perché c’è sempre una
rinascita. E il gioco ricomincia. Ma non per questo bisogna
smettere di farlo.
Arriva il 19 febbraio su
Prime
VideoEl internado: Las Cumbres, una serie
spagnola, che mescola teen drama e horror, remoto di una famosa
serie trasmessa da Antenna 3 all’inizio degli anni 2000. La serie è
prodotta da Globomedia insieme ad Atresmedia Studios e si candida a
diventare uno dei prodotti di punta della piattaforma streaming per
la fine dell’inverno, dato il suo innegabile appeal sul pubblico
dei più giovane e l’importante impronta horror/mistery che attira
un pubblico più adulto.
El Interando: Las Cumbres, la trama
La storia è ambientata
all’intero del collegio Las Cumbres, situato nell’imponente
edificio di un vecchio monastero, a picco su una rupe. L’edificio è
circondato da un bosco che sembra nascondere segreti e insidie.
Incentrato sulle vicende di un ristretto gruppo di ragazzi,
El Interando: Las Cumbres vede dei giovani
turbolenti rinchiusi in questo istituto dove la disciplina è ferrea
e le punizioni sono anche corporali. Ma naturalmente questo non
basta a sedare l’animo naturalmente ribelle dei protagonisti che,
tra una festa clandestina e un furbo contrabbando con l’esterno
grazie al quale riescono ad ottenere sigarette o altri beni
proibiti in collegio, progettano addirittura la fuga. Tuttavia,
queste scorribande e infrazioni delle regole non solo verranno
scoperte e punite, ma si intrecceranno con un mistero che aleggia
su tutto l’edificio, un mistero che arriva da lontano, quando quel
posto era un luogo monastico. Presto i ragazzi capiranno che in
pericolo ci sono le loro vite e che le presenze misteriose di
quelle storie non sono soltanto spauracchi, ma minacce concrete
alla loro sicurezza. Si faranno quindi carico di svelare i misteri
dell’istituto.
Creato e sviluppato da
Laura Belloso e Asier Anduezasulla serie originale andata in onda tra il 2007 e il 2010,
El internado: Las Cumbres è un ottimo prodotto di
intrattenimento che riesce a fare della mescolanza dei generi il
suo punto di forza. La serie ha per protagonisti degli adolescenti,
che quindi portano con sé tutte le problematiche e i turbamenti da
cui è caratterizzata quell’età. Primi amori, prime esperienze
sessuali, ma anche invidie, vendette, legami viscerali, sentimenti
ed emozioni polarizzanti, che solo l’adolescenza conosce.
Parallelamente a questa macro trama, si sviluppa l’aspetto mistery,
il sangue, le leggende, le maledizioni, una componente thriller e
horror che si sviluppa in maniera preponderante man mano che la
serie va avanti, nel corso dei suoi otto episodi, e assume il
massimo della rilevanza a metà stagione.
Interpreti carismatici e convincenti
Questo fa dello show un
interessante crocevia di generi, caratteristica che desterà
sicuramente interesse. Unitamente a questa componente narrativa,
c’è anche quella qualitativa: la serie si presenta realizzata con
cura, sia da un punto di vista della messa in scena che della
concezione di regia e fotografia, nonostante qualche ingenuità nel
reparto degli effetti visivi. Tutto però viene messo sulla retta
via dalle interpretazioni dei protagonisti; gli attori scelti hanno
tutti volti bellissimi e riescono a caratterizzare al meglio i
personaggi che portano in scena. Volti giovani ma molto
carismatici, capaci di bucare lo schermo e far affezionare lo
spettatore immediatamente alle loro vicende.
El internado:
Las Cumbres è certamente un prodotto che si porta dietro
l’eredità di precedenti show spagnoli, che se da una parte hanno
avuto grande successo, hanno anche raccolto opinioni negative molto
feroci. Tuttavia dare una possibilità a questa serie è d’obbligo,
perché riesce a intrattenere, a incuriosire, a portare lo
spettatore in un altra dimensione, quella ristretta e claustrofobia
del collegio, e mantiene sempre l’equilibrio tra l’aspetto da soap
opera e quello legato al mistero sanguinoso da
risolvere.
Un’ombra si staglia ancora oggi sul
Cile, anche a decenni di distanza dal suo momento di maggior
nitidezza. È l’ombra di Augusto Pinochet, il noto
generale che l’11 settembre del 1973 prese il potere con un golpe,
dando vita ad un regime dittatoriale tra i più crudeli della
storia. Difficile dimenticare quella triste e nera pagina di
storia, durata fino al 1990 e mai realmente voltata. Un horror a
tutti gli effetti, ed è proprio così che in ElConde il regista Pablo Larraín sceglie
di raccontare Pinochet, come un vampiro centenario che continua a
succhiare il sangue cileno anche a distanza dalla propria caduta
politica.
Questo suo nuovo film, presentato in
concorso all’80ª Mostra Internazionale
d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia, è dunque un ritorno a quello che è stato
l’argomento che ha reso celebre Larraín e il suo cinema, ovvero la
dittatura di Pinochet. Da prima affrontata attraverso i suoi
effetti sul popolo cileno con Tony Manero e Post
Mortem e in seguito nel racconto del referendum che ha portato
alla sua caduta in No – I giorni
dell’arcobaleno. Una trilogia dove Pinochet non viene
dunque mai affrontato di petto e che proprio per via di questa
presenza-assenza risulta ancor più spaventoso. Con El
Conde, è però giunto il momento di affrontarlo
direttamente.
El Conde, tra satira e rilettura storica
El Conde è una commedia
dark che ipotizza un universo parallelo ispirato alla storia
recente del Cile. Il film ritrae Augusto Pinochet,
un simbolo del fascismo mondiale, nei panni di un vampiro che vive
nascosto in una villa in rovina nella fredda estremità meridionale
del continente: nutre il suo desiderio di malvagità al fine di
perpetuare la propria esistenza. Dopo duecentocinquanta anni di
vita, Pinochet decide però di smettere di bere sangue e di
abbandonare il privilegio della vita eterna, non potendo più
sopportare che il mondo lo ricordi come un ladro. Con sua sorpresa,
però, troverà una nuova ispirazione per continuare a vivere una
nuova vita di passioni attraverso una relazione inaspettata.
Pinochet il vampiro
Pinochet non era mai stato
rappresentato al cinema, un tabù a lungo preservato che gli ha
permesso di acquisire ancor di più un’aura controversa,
considerando anche il suo essere morto nel 2006 senza aver mai
scontato neanche un giorno di carcere per i suoi crimini o le sue
frodi. Larraín, mostrandolo ora per la prima volta, punta non solo
a rivelare la sua vera natura – quella di vampiro – ma anche a
scalfire questa sua immagine rimasta ad oggi quasi inviolata o,
peggio ancora, dimenticata. Ci viene così presentato questo anziano
debilitato, isolato e apparentemente innocuo. Caratteristiche dalle
quali però non bisogna lasciarsi ingannare, perché oltre a tutto
ciò egli è prima di tutto un vampiro.
Una natura qui usata sì in senso
letterale ma, ovviamente, più forte nel suo senso metaforico. Non
bisogna infatti aspettarsi un film di vampiri come si è abituati a
pensarli, per quanto non manchino spargimenti di sangue e
mutilazioni. El Conde è prima di tutto un’opera
satirica – unico modo per non scivolare nell’empatia, come affermato dal regista – che
deride Pinochet in ogni modo possibile, a partire dal suo essere
più preoccupato di venire ricordato come un ladro che non come un
assassino. Si costruisce così un racconto che scena dopo scena va
ad attaccare il dittatore, ma anche la sua famiglia, da ogni punto
di vista possibile.
Il film più politico di Larraín
Larraín, insieme a Guillermo
Calderón, scrive dunque una “origin story” per
Pinochet, facendolo divenire l’emblema del male che ciclicamente
ritorna e proponendo dunque un monito nei confronti di tale
rischio. Per arrivare a far emergere tale avvertimento, egli ci
introduce al racconto con una voce narrante – che all’inizio
può far storcere il naso, ma che trova poi spiegazione una volta
giunti al finale – dalla quale si viene accompagnati lungo la
casa-museo di Pinochet alla scoperta di questa personalità tanto
controversa. A dargli volto troviamo l’attore
JaimeVadell, che si fa carico di
questo pesante ruolo riuscendo a renderlo sia tragico che buffo,
portando così a compimento l’intento del regista.
Certo, rispetto alla trilogia
poc’anzi citata, El Conde risulta un film dal minor
impatto emotivo (per quanto via sia una costruzione estetica di
grandissima eleganza), e forse con qualche libertà artistica di
troppo, ma di certo dimostra che Larraín ha ancora da dire a
riguardo, proponendo una propria personale interpretazione che, già
dalla sua premessa, si può definire irresistibile. Da un punto di
vista politico, invece, il film è tanto esplicito quanto feroce e
in ciò trova la sua forza. Forse il suo finale potrebbe apparire
estraneo alle caratteristiche ad oggi note del cinema del regista,
ma forse è così che andrebbe inquadrato El Conde, come un
punto d’arrivo che potrebbe dar vita ad una nuova fase nella
carriera del regista, per la quale si possono avere grandi
aspettative.
Ecco il primo trailer di El
Conde, il film di Pablo Larrain che sarà
presentato a Venezia 80. Il film immagina la figura di Pinochet
nelle vesti di un vampiro.
El Conde è stato
presentato come una commedia dark/horror che mostra una storia
romanzata del Cile. Il film mostra un Pinochet vampiro, il conte
del titolo, appunto, che vive nascosto in una villa in rovina nella
fredda punta meridionale del continente. Il film sarà presentato
nel Concorso della
Selezione Ufficiale della Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia 2023.
Quattro uomini vivono in una casa
sperduta su di una costa del sud del Cile, dove il sole sembra
apparire una volta all’anno. Le loro attività includono bere vino,
guardare la televisione e allenare un levriero per le corse. I
quattro sono dei preti inviati in reclusione in quel luogo a causa
delle loro azioni disdicevoli. La loro quotidianità verrà sconvolta
dall’arrivo di un quinto clerico, seguito dal suo passato. Questo
innescherà un processo di revisione della vita del gruppo.
Pablo Larrain è uno
dei migliori registi in circolazione. Questo è il suo quinto film,
che solo apparentemente si discosta dalla trilogia della dittatura,
costituita da Tony Manero, Post-Mortem, e
No. Tutti film che analizzavano, senza metterla in
primo piano, la dittatura di Pinochet, attraverso gli effetti che
questa aveva sulla gente comune. La solita banalità del male.
Il volto che accomunava questi tre
episodi e che è presente anche in questo film, è quello di Alfredo
Castro, che in tutte e tre le pellicole è un uomo apparentemente
semplice ma che non riesce a distaccarsi dal male, rappresentato
dalla dittatura, nei primi tre film, e dalla perversione in
questo.
Presentato allo scorso festival di
Berlino, dove ha vinto l’Orso d’argento, El
club narra le vicende e l’indagine su quattro uomini
corrotti dalle loro stesse pulsioni, che non riescono ad inquadrare
il male che è dentro di loro. Ogni loro azione è volta a sfruttare
il prossimo per il proprio piacere, nonostante, a causa dell’abito
talare che hanno deciso di indossare, la missione dovrebbe essere
l’opposto.
La rarefazione di questa realtà
reclusa, in un club esclusivo sul bordo del niente, è ben
fotografata da Sergio Armstrong, che inserisce i
protagonisti in una specie di nebbia.
Unica interprete femminile, la
moglie del regista, Angela Zegers, nel ruolo della
perpetua che custodisce i segreti dei quattro preti, strenuamente
contro l’indagine dell’inviato della Chiesa, Garcia.
Come nei film precedenti, il male
agisce impunemente. E chi lo commette non si rende conto
dell’entità di ciò che fa, mentre esiste un ordine superiore, in
questo caso la Chiesa, che, messo in imbarazzo dall’evidenza di
queste azioni, che per curare, preferisce cancellare, escludere,
piuttosto che educare e riparare.
Giunti al giro di boa, arriva
l’autentica sorpresa di questo
Venezia 73. Stiamo parlando de El
Ciudadano Ilustre (The Distinguished Citizen), film
della coppia di registi argentina Mariano Cohn e
Gastón Duprat, accolto molto positivamente dalla
critica.
La pellicola ha al centro la figura
fittizia di Daniel Mantovani, uno scrittore argentino che abita in
Europa da oltre trent’anni e che ha raggiunto la definitiva
consacrazione dopo aver ricevuto il premio Nobel per la
letteratura. Un giorno gli viene recapitata una lettera spedita dal
comune di Salas (città in cui è nato e dove sono ambientati tutti i
suoi romanzi) con la quale viene invitato a ricevere il più alto
riconoscimento del suo paese: la medaglia al Cittadino Onorario.
Sorprendentemente (essendo una personalità alquanto schiva), Daniel
decide di accettare l’invito e di recarsi per qualche giorno al
paese. Le conseguenze della sua permanenza saranno tanto
imprevedibili quanto devastanti.
Girato in maniera asciutta,
realistica e profondamente ispirata, e interpretato da un
Oscar Martínez davvero memorabile, la vera forza
de El Ciudadano Ilustre sta tutta nella
sceneggiatura. Attraverso la storia di Mantovani si raccontano
tutta una serie di dibattitti ancora aperti nella cultura e nella
società dell’Argentina, e si mettono in parallelo due modi opposti
di vedere il mondo, rappresentati uno dallo sguardo paesano del
Salas, l’altro dalla personalità cosmopolita di Daniel.
Tutte queste tematiche vengono
affrontate con disarmante intelligenza e spirito beffardo, senza
mai tralasciare quella vena malinconica e amara che la geniale
opera di Cohn e Dupart si porta dietro, avvalorando così la celebre
massima che recita “Nessuno è profeta in patria!”.
Attraverso un’ideale suddivisione
in capitoli assistiamo al viaggio di un’artista che vede il fascino
esercitato sui suoi concittadini tramutarsi in disprezzo, e che
prende gradualmente consapevolezza di quante insormontabili
differenze esistano tra la sua figura e quel paese che da sempre
rappresenta la sua fonte primaria di ispirazione.
In questo senso, El
Ciudadano Ilustre diventa una riflessione mai
scontata e lungimirante sul rapporto tra uomo e produzione
artistica, e sull’utilizzo della realtà e della finzione come
strumenti per dare vita alla propria opera (la scrittura, in questo
caso).
Un’esilarante commedia dai risvolti
narrativi travolgenti, intrisa di realismo mai grottesco e di
misurata malinconia che si candida a mani basse tra i titoli che
andranno a formare il palmarès di questa edizione 2016 del
Festival.
La Casa di Carta e Elité
ne hanno fatto un volto amatissimo in tutto il mondo, ma, dopo aver
lavorato con e per Netflix, Jaime Lorente è pronto per passare ad Amazon Prime Video, con un nuovo progetto seriale
che affonda le sue radici nella tradizione spagnola e presta il suo
volto a El Cid, il condottiero medievale,
leggendaria figura della Reconquista spagnola. La serie sarà
disponibile sulla piattaforma a partire dal 18 dicembre 2020, in
tempo per far compagnia agli spettatori in questo insolito periodo
natalizio che si sta approssimando.
La serie tv, che prende proprio il
titolo dal condottiero, El Cid, racconta la sua
storia, il suo epico viaggio, da ragazzino, a eroe di guerra e
scudiero del re, alla ricerca del proprio posto nella monarchia,
nel mondo, mentre si trova a vivere in un periodo storico che lo
mette a contatto con le diverse comunità religiose spagnole. Amore,
lealtà e coraggio forgiano lo spirito di un guerriero che è
diventato leggenda.
A creare la serie c’è José
Velasco, insieme a Luis Arranz e
Head Writer, mentre alla regia dei cinque episodi
c’è Adolfo Martínez. Zebra Producciones ha
affiancato Prime Video per realizzare un racconto storico, epico,
che infonde grande cura nei dettagli della messa in scena ma che,
come tutte le produzioni spagnole per la tv, sembra proporre una
recitazione stentorea che si allontana dai gusti più naturalistici
a cui il pubblico è abituato.
El Cid dal 18
dicembre su Amazon Prime Video
Nel cast, assieme a Jaime Lorente nel ruolo di El
Cid, ci sono anche José Luis
García-Pérez, nel ruolo di Re Ferdinando Primo Il Grande,
Elia Galera nei panni della Regina Sancha La
Bella, Juan Echanove nei panni del Vescovo,
Alicia Sanz nel ruolo dell’Infanta
Urraca, Juan Fernández nei panni di Rodrigo,
nonno del Cid, Pablo Álvarez nel ruolo di
Orduño, l’antagonista di Ruy, Ginés García Millán
nei panni del Re Ramiro di Navarra e Zohar Liba,
che interpreta Abu Bakr.
Indirizzata ad un pubblico che ama
la ricostruzione storica e il poema cavalleresco, El
Cid non trascura nemmeno un pizzico di modernità nella
messa in scena dei suoi personaggi, dai tratti eroici dei
protagonisti, e degli antagonisti, al tratteggio delle figure
femminili, volitive e passionali.
Sembra tuttavia scontato che la
serie avrà tutto il successo e il pubblico che il Denver de
La Casa di Carta riuscirà a trascinare, fino alla
fine del primo ciclo narrativo, perché se l’impegno produttivo e
artistico dello show si vede sin dalle prime battute, è anche vero
che il volto trascinatore di Lorente rappresenta almeno della metà
dell’interesse intorno al progetto.
EL CHICANO, diretto
da Ben Hernandez Bray (stuntman con una carriera
di 25 anni alle spalle) e scritto con Joe Carna
(regista e autore di The Grey, Narc, A- Team), sarà
disponibile dal 6 agosto (distribuito da Cloud 9
Film) sulle migliori piattaforme digitali: SKY
PRIMAFILA, CHILI, RAKUTEN, TIM VISION, APPLE TV, INFINITY TV,
GOOGLE PLAY, CG DIGITAL e THE FILM CLUB.
EL CHICANO è un
film d’azione old school, un tuffo nella Los Angeles dei latinos,
delle gang immersa nei rituali, nei combattimenti e nelle vendette
vecchio stile.
Il cast è interamente latino
americano; gli interpreti principali sono Raúl
Castillo(Quando eravamo Fratelli),Aimee
Garcia(Dexter serie TV) eGeorge
Lopez.
SINOSSI
Quando al detective del
dipartimento della polizia di Los Angeles, Diego Hernandez
(interpretato da Raul Castillo), viene assegnata un’indagine su un
pericoloso cartello della droga messicano, si scoprono i legami col
presunto suicidio di suo fratello e contemporaneamente affiora una
lotta in atto per il territorio che sta devastando il suo
quartiere. Combattuto tra il dovere di attenersi alle regole e le
ricerca della giustizia, Diego fa risorgere la leggenda di El
Chicano e innesca una sanguinosa guerra per difendere la sua città
e vendicare l’omicidio di suo fratello.
In El Campo
Santiago (Leonardo Sbaraglia) ed Elisa (Dolores Fonzi) sono una
giovane coppia che decide di trasferirsi in una casa di campagna e
concedersi un periodo di tempo lontano dalla frenesia della città e
del lavoro. Santiago ed Elisa hanno una bambina di un anno e mezzo,
Matilda, che nella nuova abitazione mostra immediatamente di
trovarsi a disagio. Di notte, al loro arrivo, la casa si presenta
con il decadente fascino di una casa da lungo tempo disabitata.
Santiago ne è entusiasta mentre Elisa avverte, senza riuscire a
spiegarselo, uno strano senso di inquietudine, destinato a crescere
e diventare sempre più opprimente nei giorni seguenti.
Presentato durante lo scorso
Festival di Venezia nella sezione
collaterale La Settimana Internazionale della Critica, El
Campo di Hernan Belon è un thriller psicologico votato al
minimalismo, che fa della rarefazione degli spazi e degli
accadimenti, nonché della dilatazione dei tempi, la sua cifra
stilistica.
El Campo è il
racconto di una crisi interiore, quella di una donna, Elisa che
sradicata dalla grande città e confinata nella desolazione di una
tenuta campestre. Il disagio e la frustrazione della donna
diventano sempre più palpabili e finiscono col minare il rapporto
con il marito, oltre a mettere in discussione le certezze di Elisa
su ciò che può essere considerato reale o meno. A poco a poco, nel
momento in cui inizia a percepire la crisi di Elisa e ad esserne
coinvolto, Santiago diventa un osservatore ravvicinato attraverso
cui lo spettatore dovrebbe vedere e vivere l’interiorità scossa e
smarrita della donna.
Il riferimento principale di
El Campo pare essere il cinema di Roman
Polanski (in modo particolare Rosemary’s
Baby e L’inquilino del terzo piano per la
presenza di vicini inquietanti e potenzialmente diabolici), con i
piani di realtà e di allucinazione che si (con)fondono, rendendo
impossibile una lettura certa e univoca di quanto accade sullo
schermo.
Il regista argentino Hernan Belon
però non è Roman Polanski (e ci mancherebbe!) e
gestisce assai male il potenziale narrativo di cui dispone,
perdendosi in lungaggini, inutili reiterazioni e cadute di ritmo
che fanno di una pellicola di soli ottantacinque minuti una litania
arrancante, priva di mordente e poco ispirata. Completamente
decentrato a livello di costruzione narrativa, El Campo soffre di
una premessa estenuante, tirata inutilmente per le lunghe, priva di
tensione (anche solo latente) e capace di tenere desta l’attenzione
dello spettatore in attesa della risoluzione. Quando poi la storia
sembra entrare nel vivo, tutto si risolve frettolosamente, in
maniera pasticciata, superficiale, prevedibile (un costante senso
di deja vu permea la pellicola dalla prima all’ultima inquadratura)
e assai poco interessante.
Poche idee e ben confuse quindi per
Hernan Belon che con El Campo confeziona un prodotto di esiziale
mediocrità. Nota di demerito per il pessimo doppiaggio italiano, al
limite del dilettantismo.
Dopo il primo sguardo a Jesse
Pinkman durante i Primetime Emmy Awards, Netflix pubblica il trailer ufficiale di El
Camino: il film di Breaking Bad a seguito del post
esclusivo di Aaron Paul. L’evento televisivo
targato Netflix verrà lanciato a livello globale l’11
ottobre.
EL CAMINO: IL FILM DI
BREAKING BAD riunisce i fan della serie con Jesse Pinkman
(il vincitore dell’Emmy Aaron Paul). Sulla scia della sua
drammatica fuga dalla prigionia, Jesse deve fare i conti con il suo
passato per costruire un qualche tipo di futuro. Questo avvincente
thriller è stato scritto e diretto da Vince Gilligan, il creatore
di Breaking Bad. Il film è prodotto da Mark Johnson,
Melissa Bernstein, Charles Newirth, Diane Mercer, Vince Gilligan e
Aaron Paul, in associazione con la Sony Pictures Television.
Di recente è stato anche annunciato che Matt Jones e Charles
Baker riprenderanno il loro ruoli di Badger e Skinny Pete, gli
amici delinquenti di Jesse.
Non è chiaro se Bryan Cranston, che
ha interpretato il personaggio principale di Walter White nella
serie, apparirà nel film. Mark Johnson, Melissa
Bernstein, Charles Newirth, Diane Mercer e Aaron Paul
stanno producendo con la Sony Pictures Television.