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Carrie: Matthew Lillard in trattative per unirsi alla serie di Mike Flanagan

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La serie televisiva Carrie di Mike Flanagan riceve un nuovo aggiornamento, che rivela che un’icona dell’horror è in trattativa per unirsi al cast. Basata sull’omonimo romanzo di Stephen King, l’imminente serie horror di Flanagan è stata annunciata per la prima volta l’anno scorso, e in seguito è stato rivelato che Summer H. Howell interpreterà il personaggio principale. Come i precedenti adattamenti, tra cui il film del 1976 del regista Brian De Palma e il film del 2013 con Chloë Grace Moretz, la serie racconterà la storia di una studentessa liceale vittima di bullismo di nome Carrie White che scopre di avere poteri telecinetici.

Secondo quanto ora riportato da Deadline, Matthew Lillard sarebbe in trattative per unirsi alla serie televisiva in un ruolo sconosciuto. Lillard è noto a molti per il ruolo di Stu Macher nel film originale Scream (1996), ma è anche apparso nel recente adattamento di Five Nights at Freddy’s (2023) della Blumhouse. Se l’attore verrà ufficialmente scritturato, si unirà così a Howell e Siena Agudong, con quest’ultima interpreterà Sue Snell, la nemesi scolastica di Carrie. Si tratterebbe di una nuova incursione nell’horror per Lillard, che tornerà a vestire i panni di Stu Macher nel prossimo Scream 7 e che tornerà anche per Five Nights at Freddy’s 2.

Recentemente Lillard ha anche collaborato proprio con Flanagan a un altro adattamento di King, The Life of Chuck. Anche se in questa fase iniziale non è chiaro chi Lillard interpreterà nella serie televisiva Carrie, un potenziale personaggio che potrebbe interpretare è Mr. Morton, il vicepreside della Ewen High School. Poiché la serie televisiva di Flanagan è però stata descritta come una rivisitazione, è anche possibile che Lillard interpreti una versione di genere diverso di un altro personaggio esistente. Non resta dunque che attendere maggiori informazioni a riguardo.

Mike Flanagan adatterà Carrie di Stephen King

Basata sull’omonimo romanzo d’esordio di Stephen King, la serie è descritta come una “rivisitazione audace e tempestiva della storia della liceale disadattata Carrie White (Howell), che ha trascorso la sua vita in isolamento con la madre dominatrice. Dopo l’improvvisa e prematura morte del padre, Carrie si trova a dover affrontare il paesaggio alieno del liceo pubblico, uno scandalo di bullismo che sconvolge la sua comunità e l’emergere di misteriosi poteri telecinetici“.

Negli ultimi anni Flanagan è diventato una delle voci più influenti nel genere horror degli ultimi anni. Ha ricevuto notevoli elogi per i suoi programmi TV “The Haunting of Hill House“, “Midnight Mass” e “The Fall of the House of Usher” su Netflix, così come per film come “Doctor Sleep” e “Gerald’s Game“, un altro adattamento del romanzo di King. Più di recente, Flanagan ha adattato il racconto del 2020 di King “The Life of Chuck” in un film con Tom Hiddleston.

Carrie è stato il primo romanzo di King ed è stato originariamente pubblicato nel 1974. Il libro è diventato un best seller ed è stato successivamente adattato in un film nel 1976 con Sissy Spacek nel ruolo del titolo. Diretto da Brian DePalma, il film ha incassato oltre 30 milioni di dollari con un budget dichiarato inferiore ai 2 milioni di dollari. È ampiamente citato come uno dei migliori film horror di tutti i tempi. Nel 1999 è uscito un sequel intitolato “The Rage: Carrie 2“, senza nessuno del cast originale, seguito da un remake per la TV nel 2002 e da un altro remake nel 2013 con Chloe Grace Moretz.

I morti non muoiono: la spiegazione del finale del film

I morti non muoiono: la spiegazione del finale del film

I morti non muoiono è un film di zombie con una sottile prospettiva filosofica del tutto affascinante da esaminare. Diretta dall’iconico regista indie Jim Jarmusch, questa commedia tocca temi sociali attuali esplorando il dramma di una piccola città durante un’apocalisse zombie, mentre gli agenti di polizia Cliff Robertson (Bill Murray) e Ronnie Peterson (Adam Driver) indagano sull’omicidio di due persone in una tavola calda di Centerville. Il fatto è stato commesso da due zombie (Iggy Pop, Sara Driver) – personaggi non morti meno interessati alla carne e più al caffè, a dimostrazione che non si tratta del tipico film di zombie.

Si preannuncia infatti da subito l’imminente apocalisse. Di atto in atto, il Ronnie Peterson di Driver afferma con enfasi che “finirà tutto male”. Il Robertson di Murray cerca invece di capire perché la fine stia arrivando. Alla fine, i due vengono consumati da concetti che non riescono a comprendere appieno, mentre un emarginato della società (Tom Waits nel ruolo di Hermit Bob) sopravvive all’intera prova, osservando da lontano i due agenti combattere fino alla morte. Il finale vede anche Zelda Winston (Tilda Swinton), salvata da un UFO, il che aumenta la complessità del finale, di cui forniamo però qui una spiegazione.

Cosa ha causato l’insurrezione degli zombie in I morti non muoiono

A Centerville, gli zombie emergono a causa del “fracking polare” e del conseguente spostamento dell’asse terrestre. Mentre molti dei migliori film post-apocalittici si concentrano sull’esposizione, Jarmusch non esplora i dettagli, forse per far capire che gli esseri umani sono ignari degli eventi collettivi che hanno portato allo sfruttamento del territorio e allo spostamento dell’asse. A un certo punto, il personaggio di Driver ribadisce questo concetto ricordando ai conoscenti (e al pubblico) che ci sono due cause, e solo due, per la situazione in cui si trovano.

I morti non muoiono cast

In superficie, la rivolta degli zombie può essere spiegata, ma la vera causa è la fondamentale mancanza di conoscenza dei personaggi sul mondo in cui vivono. L’idea della conoscenza diventa un fattore ricorrente in tutto il film. Il proprietario di una stazione di servizio, Bobby Wiggins, non emana fascino sociale, ma la sua “impressionante” comprensione del cinema viene riconosciuta dalla Zoe di Selena Gomez, poco prima che il suo gruppo di hipster lo lasci al suo mondo e si avvii verso la morte inevitabile. Ma nonostante l’educazione cinematografica di Bobby – e la sua comprensione di mondi artificiosi – alla fine anche lui viene ucciso dagli zombie.

 Chi sopravvive in I morti non muoiono e come

Alla fine, solo due abitanti di Centerville sopravvivono alla rivolta degli zombie: Zelda e Hermit Bob. Il personaggio di Waits sopravvive perché è l’unica cosa che sa fare. Nel nuovo mondo, non avrà bisogno di un titolo ufficiale o di molti soldi. Invece, si limiterà all’essenziale, un concetto che gli è più che familiare. Il suo commento finale può essere interpretato in diversi modi. L’eremita Bob parla di “anime perdute” e di persone infatuate da “cose nuove” in questo “mondo fottuto”. È quasi come ascoltare una figura paterna che dice “Te l’avevo detto!”.

La Zelda della Swinton, invece, è il personaggio jolly di Jarmusch in I morti non muoiono. Se ne sta per conto suo, si concentra sul lavoro e persegue hobby artistici. È strana, certo, ma è anche la più efficiente nell’uccidere gli zombie. In un altro film, Zelda potrebbe essere un personaggio cattivo; qualcuno che ha familiarità con i morti e si ribella ai vivi. Ma nel film di Jarmusch, questo personaggio altamente competente capisce che gli esseri umani non sono il nemico; sono solo mal consigliati e mal educati. Di conseguenza, l’apocalisse zombie sembra un passo logico successivo, una punizione per essere stati stupidi e ingenui.

Selena Gomez in I morti non muoiono

La spiegazione del commento metaforico del film

Dall’inizio alla fine, I morti non muoiono presenta una qualità metacinematografica. I personaggi riconoscono apertamente di essere in un film e la canzone country di Sturgill Simpson “The Dead Don’t Die” (titolo originale del film) diventa un motivo musicale ricorrente. L’Hermit Bob di Waits sembra un lontano parente del cercatore d’oro che interpreta nel film Netflix dei fratelli Coen del 2018, La ballata di Buster Scruggs, e non è un caso che entrambi i personaggi emergano come sopravvissuti dei rispettivi mondi.

In I morti non muoiono, l’Eremita Bob può sembrare un emarginato irrilevante, ma è preparato e dà priorità alla vita pratica rispetto alle piccole lamentele. Allo stesso modo, l’enigmatica Zelda Winston di Tilda Swinton, veterana del cinema horror, è un’impresaria di pompe funebri che comprende le verità fondamentali sulla vita e sulla morte, ed è anche una sopravvissuta. A differenza di Hermit Bob e di tutti gli altri, però, Zelda vede il quadro più ampio e sfugge all’inferno sulla Terra con l’aiuto di esseri extraterrestri.

Jarmusch ha poi scelto Selena Gomez (celebre pop star) come figura hipster che alla fine viene uccisa dagli zombie e decapitata dall’agente Ronnie Peterson. “Uccidi la testa”, dicono spesso i personaggi de I morti non muoiono. Tagliando la testa della Gomez e mostrandola al pubblico, Jarmusch sembra implicare che la cultura della celebrità non significherà nulla quando il mondo finirà – o forse la lezione è che l’adorazione delle celebrità contribuisce a un senso distorto della realtà.

La Zelda Winston di Tilda Swinton è un alieno?

Tornando a Zelda, abbiamo detto che sembra essere una sorta di infiltrata aliena, come dimostrano una sequenza di hacking e il suo salire a bordo di un UFO. Una visione multipla potrebbe rivelare motivazioni alternative, ma è chiaro che ha organizzato una fuga e non sembra affatto turbata dagli zombie. In alternativa, forse Zelda non è un’aliena. Forse è solo un personaggio altamente intelligente destinato a sopravvivere mentre i personaggi stupidi muoiono. Proprio come l’agente Peterson sa di essere in un film e che le cose finiranno male, Zelda potrebbe rendersi conto che sopravviverà perché ha letto il copione e sa di essere il personaggio intelligente.

I morti non muoiono film

È qui che risiede la bellezza di I morti non muoiono, poiché l’approccio narrativo unico di Jarmusch consente diverse interpretazioni. Funziona sia in senso letterale che figurato: Zelda potrebbe essere un essere extraterrestre o un’umana altamente intelligente. O forse è solo Tilda Swinton che recita in un film di zombie consapevole e ammiccante. Dopotutto, il nome Zelda Winston assomiglia molto a quello di Tilda Swinton, contribuendo ad un ulteriore gioco metacinematografico.

Il significato del finale di I morti non muoiono

Il finale de I morti non muoiono suggerisce dunque che il consumismo di massa ispira comportamenti tossici. La maggior parte dei personaggi sono egocentrici e ingenui, motivo per cui non sopravvivono. Gli zombie di Jarmush sono inoltre caratterizzati dai vizi avuti in vita, che siano questi relativi a sostanze stupefacenti o a strumenti tecnologici come gli smartphone. Più che incutere timore, dunque, i suoi zombie diventano specchio di ciò che l’essere umano è già, perso nelle tante distrazioni che vengono oggi propinate. Inoltre, ogni personaggio va ad incarnare un preciso aspetto dell’America, da chi si dimostra conservatore e razzista a chi risolverebbe tutto con la violenza.

Da chi è vigliacco e rifugge ogni decisione fino alle comunità hipster e nerd, colpevoli di essere gi ignavi di questo secolo. Ognuno viene dal regista messo alla berlina e solo chi si dimostra capace di vivere al di fuori degli schemi della società può aspirare a mantenere intatta la propria testa, il proprio pensiero, e a sopravvivere. Coloro che vengono uccisi, invece, è perché si concentrano principalmente sugli interessi personali, rimanendo ingenui di fronte a verità sotto gli occhi di tutti. Quando l’agente Peterson vede inizialmente le vittime della tavola calda, la sua reazione è eloquente: “Che schifo!”. Reagisce alla scena del crimine come se fosse il set di un film, il che ha senso visto che sembra capire di vivere all’interno di un film.

Con I morti non muoiono, Jarmusch sottolinea dunque che avere opinioni forti non conta molto se si rimane ingenui e passivi quando la posta in gioco è alta. I personaggi si sentono fortemente legati a particolari nozioni e ideali, ma il film suggerisce che l’umanità non ha una comprensione più ampia del mondo, il che mette tutti a rischio. Questo potrebbe anche essere una metafora del cambiamento climatico o delle questioni sociali in generale: I morti non muoiono accusa la società dei consumi e l’avidità di essere i principali fattori di rischio per la longevità umana.

Mission: Impossible – Rogue Nation, come Tom Cruise ha realizzato lo stunt dell’aereo

Contro ogni previsione, Tom Cruise ha superato sé stesso ancora una volta con la sua pericolosa acrobazia aerea in Mission: Impossible – Rogue Nation (qui la recensione), ma come ci è riuscito? L’attore ha una lunga lista di film di grande successo, ma le sue abilità non sono l’unico strumento per mantenere il suo status di superstar di Hollywood. Nel corso degli anni, ha infatti compiuto molte acrobazie folli che hanno ripetutamente messo a rischio la sua vita – si veda quella sul Burj Khalifa in Mission: Impossible – Protocollo fantasma – ma ogni volta che l’attore sembra aver raggiunto il suo limite, se ne esce con una dimostrazione ancora più folle di coraggio e abilità fisica.

Tom Cruise è dunque ormai diventato il volto di elaborate sequenze d’azione, attirando folle enormi sempre desiderose di vederlo scalare una montagna a mani nude (Mission: Impossible 2) o gettarsi con la moto da un dirupo (Mission: Impossible – Dead Reckoning). Per il quinto film della saga, sia Cruise ha dunque deciso di alzare la posta in gioco. Ma andiamo con ordine. In questo film, l’agente dell’MF Ethan Hunt è alle prese con una nuova missione, con la quale viene a conoscenza dell’attività criminale internazionale chiamata il Sindacato, un gruppo addestrato di spie rinnegate che hanno intenzione di riscattarsi creando un nuovo programma che intimorisca la civiltà.

Come Tom Cruise ha girato la scena dell’aereo in Mission: Impossible – Rogue Nation

Nel tipico stile della saga, Mission: Impossible – Rogue Nation si apre con l’agente William Brandt (Jeremy Renner) che guida una missione per intercettare un aereo cargo a Minsk, in Bielorussia. Quando lo specialista informatico Benji Dunn (Simon Pegg) e l’agente dei servizi segreti Luther Stickell (Ving Rhames) non riescono a penetrare nel sistema dell’aereo, Ethan Hunt arriva in soccorso. L’agente salta dunque sull’aereo, afferrando una delle porte laterali proprio mentre decolla. Come ci si aspetterebbe da lui, è stato davvero Tom Cruise ad appendersi all’aereo, senza quasi nessun aiuto da parte della CGI e con misure di sicurezza minime. L’acrobazia è risultata così intensa che è stata inserita in tutti i contenuti promozionali del film, compreso il poster principale.

Tom Cruise in Mission Impossible - Rogue Nation
Tom Cruise in Mission: Impossible – Rogue Nation. Foto di Christian Black – © 2015 – Paramount Pictures

Curiosamente, l’intera sequenza è stata inserita nella sceneggiatura solo dopo che il regista Christopher McQuarrie ha immaginato Cruise che penzolava da un aereo cargo. L’attore, da temerario atletico qual è sempre stato, ha proposto di eseguire l’acrobazia senza schermi verdi o controfigure. Così, lui, il regista e il coordinatore degli stunt Wade Eastwood hanno girato otto diverse riprese, elevando l’aereo a un’altitudine di circa 5.000 piedi e inclinandolo con un’angolazione più pronunciata rispetto a quella che avrebbe normalmente un normale aereo cargo quando decolla. Naturalmente, nessuno è abbastanza forte da aggrapparsi alla porta di un aereo a 260 miglia orarie.

Nonostante si tratti dell’acrobazia più estrema di Tom Cruise in un film di Mission: Impossible, egli era in realtà legato a un’imbracatura integrale che a sua volta era cablata e imbullonata all’interno dell’aereo. Tuttavia, un’acrobazia a una velocità così elevata sarebbe comunque potuta incorrere in molti rischi. È stato necessario fare alcune prove in anticipo senza la star per trovare le condizioni giuste per le riprese. La troupe si è quindi assicurata che l’aereo decollasse con il tempo ideale e con l’ambiente più limpido, in modo che l’attore potesse godere del volo più fluido possibile. Inoltre, ha dovuto indossare speciali lenti a contatto per proteggere gli occhi dal vento e dai detriti.

Dopo che Tom Cruise è atterrato sano e salvo per l’ottava volta, l’unica cosa che è rimasta da fare al regista è stato il montaggio dei cavi e delle telecamere aggiuntive che erano attaccate all’aereo. Mission: Impossible – Rogue Nation ha dunque mantenuto la tradizione del franchise di alzare la posta in gioco fin dall’inizio. Pochissime altre saghe tengono il pubblico sul filo del rasoio con rischi reali di questo genere. Tutto questo grazie a Tom Cruise, che continua a ingannare la morte sullo schermo e fuori dallo schermo con un livello di audacia che nessun altro attore importante ha mai eguagliato.

Penélope Cruz e Javier Bardem insieme in Bunker di Florian Zeller

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I premi Oscar e coniugi Javier Bardem (Non è un paese per vecchi) e Penélope Cruz (Vicky Cristina Barcelona) si riuniranno sul grande schermo nel thriller psicologico Bunker dello scrittore e regista premio Oscar Florian Zeller (The Father). FilmNation Entertainment lancerà le vendite internazionali per conto di Blue Morning Pictures e MOD Producciones al prossimo mercato di Cannes, mentre CAA Media Finance e WME Independent si occuperanno dei diritti nazionali.

Stando a quanto riportato da Deadline, il film ruota intorno ad un architetto che accetta un progetto moralmente ambiguo – la costruzione di un bunker di sopravvivenza per un miliardario della tecnologia – e sua moglie inizia a mettere in discussione il loro matrimonio dopo 17 anni insieme. Il film è descritto come “un thriller che si addentra nelle sfide emotive e morali che una coppia deve affrontare tra le tensioni del mondo circostante, esplorando le paure, i dubbi e i dilemmi che definiscono la nostra epoca”.

Zeller ha scritto il progetto in lingua inglese appositamente per Penélope Cruz e Javier Bardem, che sono sposati da quasi 17 anni. Il regista ha dichiarato: “Volevo raccontare la storia di un matrimonio ed ero profondamente obbligato a lavorare con una coppia reale. Sono stato immediatamente attratto dall’idea di lavorare con Javier Bardem e Penélope Cruz, due degli attori più dotati che lavorano oggi, che sono anche una delle coppie più iconiche. Ho scritto Bunker per loro. Questo film si spingerà oltre i confini della narrazione e della verità emotiva, confondendo i confini tra realtà e finzione in un modo emozionante e profondamente umano”.

L’iconica coppia spagnola ha già recitato l’una di fronte all’altra più volte in oltre tre decenni, tra cui nei film Prosciutto, prosciutto, Vicky Cristina Barcelona, Loving Pablo e Tutti lo sanno.

Thunderbolts*: 10 cose da sapere sui precedenti film e serie TV Marvel

Thunderbolts* (leggi la nostra recensione) riunisce alcuni dei personaggi più complessi e moralmente ambigui del Marvel Cinematic Universe, ognuno dei quali ha legami con le precedenti trame dell’MCU. Questo film corale vede protagonisti personaggi come Yelena Belova, Bucky Barnes, U.S. Agent e Red Guardian. Pertanto, Thunderbolts* dell’MCU si basa su sviluppi chiave dei personaggi nei precedenti film Marvel.

A differenza degli Avengers, i Thunderbolts sono composti da criminali redenti, ex nemici e antieroi che operano nell’area grigia della moralità. Questo gruppo è stato anticipato per la prima volta nella Fase 4, quando vari personaggi sono stati reclutati o indirizzati in modo subdolo verso missioni governative. L’idea fa parte di una più ampia risposta degli Stati Uniti alle conseguenze globali del Blip e all’assenza degli Avengers, con il governo che cerca di creare una propria task force dotata di super poteri.

Valentina Allegra De Fontaine è la direttrice della CIA

Introdotta in The Falcon and the Winter Soldier e ampliata in Black Widow e Black Panther: Wakanda Forever, Valentina Allegra de Fontaine è emersa come una delle principali burattinaie nel panorama politico post-Endgame del MCU. Maestra manipolatrice e reclutatrice, Valentina è direttrice della CIA al tempo di Wakanda Forever, posizionandosi al centro di giochi di potere globali che coinvolgono il Vibranio, agenzie di intelligence e individui dotati di poteri.

Il suo reclutamento dell’agente statunitense (John Walker) e l’interesse per Yelena Belova rivelano un piano più ampio per formare una squadra in grado di portare a termine missioni che gli Avengers non avrebbero mai potuto o voluto compiere. È fredda, calcolatrice e moralmente flessibile, il che la rende un’architetta chiave dei Thunderbolts.

Bucky Barnes è stato graziato ed è ora membro del Congresso degli Stati Uniti

In seguito agli eventi di The Falcon and the Winter Soldier, Bucky Barnes – precedentemente Soldato d’Inverno – è stato ufficialmente graziato per le sue azioni passate come assassino dell’Hydra sottoposto a lavaggio del cervello. La serie Disney+ si è concentrata sul suo tentativo di fare ammenda attraverso la terapia, la giustizia e la consapevolezza di sé. Da allora, Bucky ha preso una svolta sorprendente nel mondo della politica e, con il suo cameo in Captain America: Brave New World, si è candidato al Congresso degli Stati Uniti.

Questo nuovo ruolo rappresenta un cambiamento radicale per il personaggio, ma non è privo di tensione. Il passato di Bucky come arma di guerra, unito alla sua evoluzione morale, lo pone in una posizione unica: sia un decisore politico che un agente.

Yelena Belova è in lutto per la perdita della sorella, Natasha Romanoff

L’arco narrativo di Yelena Belova è profondamente segnato dalla perdita di Natasha Romanoff, la Vedova Nera originale. Come visto in Black Widow, Yelena era la sorella adottiva di Natasha, liberata dal controllo mentale della Stanza Rossa, che si è riunita brevemente con la sorella prima che Natasha si sacrificasse in Avengers: Endgame. Il dolore di Yelena è complesso e ancora vivo, soprattutto considerando che è stata manipolata per prendere di mira Clint Barton.

L’instabilità emotiva e il trauma irrisolto di Yelena la rendono un personaggio di spicco all’interno dei Thunderbolts. A differenza di sua sorella, Yelena non idealizza l’eroismo, considerando spionaggio e violenza come strumenti di sopravvivenza. Pur portando ancora dentro di sé i valori di Natasha, il suo dolore e il suo cinismo la rendono imprevedibile, soprattutto all’interno di una dinamica di squadra già piena di obiettivi contrastanti.

Yelena Belova lavora come agente per Val

Yelena-Belova-Valentina-in-Black-WidowDa quando è apparsa in Black Widow, Yelena Belova ha lavorato silenziosamente come agente sotto il comando di Valentina Allegra de Fontaine, occupandosi di missioni segrete e omicidi. Questa alleanza è stata rivelata nella scena post-credits di Black Widow, dove Valentina manipola Yelena inducendola a prendere di mira Clint Barton, insinuando che fosse lui il responsabile della morte di Natasha. Sebbene Yelena possa non fidarsi completamente di Val, sembra accettare la natura del suo lavoro e lo stipendio che ne deriva.

Lo status di sicario di Yelena dimostra che opera al di fuori della legge, ma comunque all’interno di un sistema organizzato. Quando la squadra si riunisce, Yelena è già abituata a operazioni segrete ad alto rischio. Ciò che rimane poco chiaro è per quanto tempo sia disposta a rimanere sotto il controllo di Val, soprattutto dopo la disinformazione sulla morte di Natasha.

Red Guardian era il padre di Yelena in una lunga operazione sotto copertura

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David Harbour è Red Guardian in Black Widow

In Black Widow, Alexei Shostakov, meglio conosciuto come Red Guardian, si è rivelato essere la risposta dell’Unione Sovietica a Capitan America. Durante gli anni ’90, fu inviato negli Stati Uniti come parte di un’operazione sotto copertura al fianco di Melina Vostokoff, con le giovani Natasha e Yelena che si spacciavano per loro figlie. Sebbene la missione fosse una farsa, Alexei imparò ad amare sinceramente le ragazze.

Dopo la fine della missione, Alexie fu imprigionato in Russia e in gran parte dimenticato dal governo che serviva. Quando si riunisce con Yelena anni dopo, il loro rapporto è teso ma intriso di affetto. Red Guardian è una reliquia imperfetta e vanitosa dei giochi di superpotenze della Guerra Fredda, ma il suo istinto paterno rimane genuino. La sua dinamica con Yelena – in parti uguali un momento di svago comico e un’ancora emotiva – è essenziale in Thunderbolts*.

Dopo aver perso lo scudo di Capitan America, John Walker viene reclutato da Val

Falcon and the Winter Soldier John Walker MCUJohn Walker fece il suo debutto in The Falcon and the Winter Soldier come successore di Capitan America scelto dal governo degli Stati Uniti. Pur essendo un soldato decorato, si dimostrò rapidamente instabile sotto pressione, culminando in un violento omicidio pubblico di uno Spezzabandiera usando lo scudo di Cap. Caduto in disgrazia e privato del titolo di Capitan America, Walker era al suo punto più basso quando fu avvicinato dalla misteriosa Valentina Allegra de Fontaine.

Val gli offrì una seconda possibilità, questa volta come Agente degli Stati Uniti, una versione di Capitan America più oscura e allineata al governo. La sua proposta di reclutamento lasciava intendere la formazione di una nuova squadra per gestire missioni che gli Avengers non avrebbero toccato. Walker accettò, in cerca di redenzione e di uno scopo.

Ghost ha lavorato come agente segreto per lo SHIELD per molti anni

ant-man mcuPrima degli eventi di Ant-Man e Wasp, Ava Starr era un agente altamente addestrato per lo SHIELD, sebbene tenuto fuori dai registri. Cresciuta e istruita dallo scienziato dello SHIELD Bill Foster, Ghost è stata utilizzata per missioni segrete in cui la sua capacità di sfasamento le ha conferito un vantaggio unico. Era essenzialmente un fantasma vivente, in grado di infiltrarsi in aree ad alta sicurezza, raccogliere informazioni ed eliminare obiettivi con un rilevamento minimo. Tuttavia, il suo lavoro non era guidato dal patriottismo: era per la sopravvivenza.

Lo SHIELD le aveva promesso cure per la sua condizione in cambio del servizio, ma dopo il collasso dell’agenzia durante Captain America: The Winter Soldier, Ava si è ritrovata senza supporto. Questo tradimento ha contribuito alla sua sfiducia nelle istituzioni e alla sua disperazione in Ant-Man and the Wasp.

Il governo degli Stati Uniti ha una lunga storia di tentativi di creare super-soldati

Chris Evans Steve RogersDa quando Steve Rogers è diventato Capitan America durante la Seconda Guerra Mondiale, il governo degli Stati Uniti è stato ossessionato dalla replicazione del Siero del Super Soldato. Questa ricerca ha portato a esperimenti moralmente discutibili, programmi ombra e tragici fallimenti nel corso della storia dell’MCU. Isaiah Bradley, rivelato in The Falcon and the Winter Soldier, fu sottoposto a test crudeli negli anni ’50, mentre la trasformazione di Bruce Banner in Hulk derivò dai tentativi di ricreare il siero.

John Walker è il destinatario ufficiale più recente, sebbene lo ottenne illegalmente. In L’incredibile Hulk, il generale Ross guidò gli sforzi per creare Abominio. L’ossessione rivela uno schema ricorrente: il desiderio dell’America di controllare il potere attraverso soldati potenziati, indipendentemente dal costo umano. La squadra di Val in Thunderbolts* sembra il prossimo capitolo di questa eredità: un’unità sacrificabile composta da agenti potenziati o disonesti in grado di fare il lavoro sporco che gli eroi ufficiali non possono fare.

Un altro piccolo favore: la spiegazione del finale del film con Anna Kendrick

Ammettiamolo… ma davvero Un piccolo favore aveva bisogno di un sequel? A quanto pare sì, perché il finale sconvolgente di Un altro piccolo favore dimostra che c’erano ancora molte cose da raccontare.

Attenzione: seguono spoiler!

Alla fine del primo film, grazie a una diretta segreta di Stephanie (interpretata da Anna Kendrick), Emily (Blake Lively) finiva in prigione. Viene rivelato che il suo vero nome è Hope McLanden, e che in passato ha ucciso sia il padre violento che, da adulta, la sorella gemella Faith.

Sembra un finale perfetto per un thriller, con la colpevole dietro le sbarre… ma non è così semplice. Sette anni dopo, la storia riprende: Emily è uscita dal carcere grazie a un ricorso e si trova a Capri, pronta a sposare un mafioso affascinante, Dante (Michele Morrone). E Stephanie? Anche lei è lì, invitata al matrimonio per motivi misteriosi.

Un altro piccolo favore – Prime Video

Una nuova sorella spunta fuori: Charity è viva

Il colpo di scena più grosso arriva nel finale: scopriamo che Hope (Emily) e Faith avevano una terza sorella, una gemella omozigote nata insieme a loro e creduta morta alla nascita. Il suo nome è Charity, ed è stata cresciuta segretamente dalla zia Linda (Allison Janney). Linda, presente anche lei al matrimonio, vuole che Charity rubi l’identità di Emily per avere accesso ai soldi della Mafia.

Durante la festa di nozze, c’è tensione e mistero. Dante viene ucciso quella sera da una persona sconosciuta e anche Sean (Henry Golding), ex marito di Stephanie, viene trovato morto. Stephanie è tra le prime sospettate.

Emily inscena il suicidio… ma le cose si complicano

Emily si comporta in modo strano e durante un confronto privato con Stephanie si taglia la gola, facendo sembrare che si sia tolta la vita. Stephanie viene arrestata, ma grazie all’aiuto di un agente dell’FBI e di una cameriera, riesce a fuggire. Tuttavia, viene catturata dalla madre di Dante, Portia, e tenuta prigioniera.

Portia la interroga con un siero della verità: scopre che Stephanie non ha ucciso Dante, ma decide comunque di sbarazzarsene. A sorpresa, Emily torna e la salva.

Un altro piccolo favore – Prime Video

La verità su Charity e Linda viene a galla

A questo punto si scopre tutto: Linda ha rubato Charity da neonata, mentendo alla madre Margaret dicendo che era morta. Charity è cresciuta nella criminalità, manipolata da Linda.

Charity è anche responsabile delle morti di Sean e Dante, mentre Emily era stata minacciata. Le cose si complicano quando Charity prende in ostaggio il figlio di Emily, Nicky, durante una delle dirette di Stephanie.

Il confronto finale avviene su un balcone: Linda punta una pistola a Nicky e cerca di convincere Charity a uccidere Stephanie. Ma Charity, desiderosa di avere un vero legame con la sorella, si rifiuta… e spinge Linda giù da una scogliera.

Il colpo di scena finale: chi è davvero in prigione?

Alla fine, Emily e Charity stringono un patto: Emily fingerà di essere arrestata, ma in realtà è Charity a prendere il suo posto in prigione. Stephanie torna a casa e decide di crescere Nicky, cercando di dargli una vita normale.

Un altro piccolo favore – Prime Video

Un piccolo favore 3 è possibile? Il finale lascia la porta aperta

E Emily? È viva e nascosta a Roma. Lì incontra Portia, la madre di Dante, che la considera ormai “di famiglia”. Portia le consegna una busta con dentro un nuovo “favore” da fare – probabilmente un altro omicidio o un’azione criminale. Non vediamo mai cosa c’è dentro, ma il messaggio è chiaro: la storia non è finita.

Questo finale lascia spazio a un possibile terzo capitolo, in cui Emily potrebbe tornare a colpire, magari più pericolosa e imprevedibile che mai. La frase “ho bisogno di un altro piccolo favore” è un evidente richiamo al titolo e un gancio perfetto per continuare la saga.

James Gunn sul prossimo trailer di Superman: “Non avete ancora visto il trailer 1.0”.

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James Gunn fornisce un nuovo aggiornamento sul DC Universe, sul trailer del prossimo film di Superman e sulla sua uscita. Il Capitolo 1 della DCU, “Gods and Monsters”, è finalmente pronto a fare un grande salto nel 2025, a partire dal film di Gunn su Superman. Ma mentre il debutto di David Corenswet nella DCU sul grande schermo si avvicina, molti stanno ancora aspettando di vedere altre immagini del film su Superman e di saperne di più sulla sua trama.

Oggi, Gunn ha condiviso una nuova immagine di Mr. Terrific nel film Superman per celebrare l’anniversario del personaggio, e un fan ha risposto chiedendo: “Trailer 2.5?” Molti si sono chiesti quando uscirà il prossimo trailer del film DCU. Gunn ha risposto con quanto segue:

Gunn ha spiegato che i fan “non hanno ancora visto nemmeno il trailer 1.0”, ricordando a tutti che il filmato pubblicato nel dicembre 2024 era il Superman teaser trailer. Il co-CEO della DC Studios ha anche aggiunto che il trailer BTS era più che altro un’anteprima e ha detto: “Non vedo l’ora di mostrarvi il trailer!”

Cosa significa l’aggiornamento di James Gunn sul trailer di Superman per il film

Superman 2025

Sebbene Gunn non abbia fornito una data precisa per l’uscita del prossimo trailer di Superman, è fondamentale ricordare che la campagna di marketing di un blockbuster hollywoodiano di questo calibro è pianificata nei minimi dettagli. Vale anche la pena considerare che Superman ha avuto una presenza importante al CinemaCon di quest’anno, che si è tenuto all’inizio di questo mese. In seguito, i fan hanno potuto vedere il trailer BTS di Superman, presentato al mondo in occasione del Superman Day (18 aprile) e che ha svelato molte nuove immagini del film.

Considerando che mancano circa tre mesi all’uscita di Superman nelle sale, c’è ancora molto tempo per la campagna di marketing della DCU, e maggio sarà il momento perfetto, dato che precede l’inizio della stagione cinematografica estiva. A giudicare da tutto il merchandising di Superman presentato nelle ultime settimane, la DC Studios non sta affatto rallentando la promozione del film. Stando all’ultimo aggiornamento di Gunn, non sarebbe sorprendente se fosse ancora impegnato nel montaggio del trailer “1.0” di Superman e fosse vicino al completamento.

Florence Pugh parla della differenza di Yelena Belova in Black Widow e in Thunderbolts*

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Mentre Yelena Belova si prepara a tornare nel Marvel Cinematic Universe, Florence Pugh esamina la progressione dell’arco narrativo del suo personaggio da Black Widow a Thunderbolts*. Fin dal suo debutto nella Fase 4, la Saga del Multiverso si è concentrata sull’affermazione di Yelena Belova come la nuova Black Widow. Dato che Pugh è un membro chiave del cast di Thunderbolts*, con un cast ricco di volti noti e non, questo film segna la più grande progressione nel percorso del personaggio di Yelena dal suo debutto fino a oggi.

Joe Deckelmeier di ScreenRant ha recentemente incontrato Pugh per discutere di Thunderbolts*, e le è stato chiesto quali siano, a suo avviso, le maggiori differenze per Yelena nel film della Fase 5 rispetto alle sue apparizioni in Black Widow e al suo ritorno nella serie TV Hawkeye. Sebbene Thunderbolts* non sarà un sequel diretto di Black Widow, questo film rende omaggio alle origini di Yelena, motivo per cui era importante per Florence Pugh vedere il suo personaggio esplorare un nuovo lato, pur rimanendo fedele alle sue origini, come ha affermato lei stessa:

Penso che ci sia un’enorme differenza tra dove si trova ora e l’ultima volta che l’abbiamo vista, persino in Hawkeye. Una cosa che ho adorato interpretare e che mi è piaciuto molto introdurre con lei è il suo entusiasmo per la vita, e la sua eccitazione di poter fare le sue scelte. In Black Widow, è una persona che è entusiasta delle tasche che ha sul gilet. Non vede l’ora di prendere un cane, Fanny Paciock. Non vede l’ora di esplorare il mondo. È così pronta a vivere. Ma poi perdere sua sorella la mette davvero, davvero in ginocchio. Le toglie completamente il gusto della vita. Non ha più uno scopo, non sa più perché è qui, e credo davvero che stia faticando a capire qual è il suo posto.

Una delle cose che era così importante per me interpretare era che dovessimo vedere quella luce in lei un po’ affievolirsi. Dovevamo vedere che non è più la ragazza piena di vita che era in Black Widow. Anche questa è una cosa davvero emozionante per me da fare: mostrare davvero il cambiamento in qualcuno. Che aspetto ha il dolore? Che aspetto ha il trauma? Che sensazione ha l’abbandono? Che aspetto ha la perdita di passione e di scopo? È stato davvero bello tornare a questo e sapere che si sono fidati di me per interpretarlo.

Tutto quello che c’è da sapere su Thunderbolts*

Diretto da Jake Schreier (Paper Towns), il cast di Thunderbolts* comprende Sebastian Stan nel ruolo di Bucky Barnes, Hannah John-Kamen nel ruolo di Ava Starr alias Ghost, Wyatt Russell nel ruolo di John Walker, David Harbour nel ruolo di Alexei Shostakov alias Red Guardian, Olga Kurylenko nel ruolo di Antonia Dreykov alias Taskmaster, Harrison Ford nel ruolo del Generale Thaddeus ‘Thunderbolt’ Ross e Lewis Pullman nel ruolo di Bob alias Sentry.

In Thunderbolts*, i Marvel Studios riuniscono una insolita squadra di antieroi: Yelena Belova, Bucky Barnes, Red Guardian, Ghost, Taskmaster e John Walker. Dopo essersi ritrovati nel mezzo di una trappola mortale orchestrata da Valentina Allegra de Fontaine, questi emarginati disillusi devono affrontare una missione pericolosa che li costringerà a confrontarsi con gli aspetti più oscuri del loro passato. Questo gruppo disfunzionale si distruggerà dall’interno o riuscirà a trovare redenzione, unendosi e trasformandosi in qualcosa di più grande, prima che sia troppo tardi?

Florence Pugh riprende il ruolo di Yelena Belova, sorella di Vedova Nera (e una delle parti migliori della serie MarvelDisney+ Occhio di Falco). Inoltre, Julia Louis-Dreyfus interpreta Valentina Allegra de Fontaine, con Geraldine Viswanathan nei panni di Mel, la sua assistente (che sostituisce una Ayo Edebri estremamente impegnata e piena di impegni).

Lo sceneggiatore di Black Widow e Thor: Ragnarok Eric Pearson si unisce agli sceneggiatori di Beef Lee Sung Jin e Joanna Calo. Un trailer è stato mostrato a porte chiuse al San Diego Comic-Con. Thunderbolts* arriverà nelle sale il 30 aprile 2025, in ritardo rispetto alla precedente data di uscita del 20 dicembre 2024 a causa degli scioperi della WGA e della SAG-AFTRA. Nel frattempo, restate aggiornati sul MCU con la nostra guida alla storia della Fase 5 della Marvel e con uno sguardo a ciò che deve ancora venire nella Fase 6 della Marvel.

Thunderbolts* è diretto da Jake Schreier e Kevin Feige è il produttore. Louis D’Esposito, Brian Chapek, Jason Tamez e Scarlett Johansson sono i produttori esecutivi.

L’esorcista (The Exorcist, 1973), la spiegazione del finale

L’esorcista (The Exorcist, 1973), la spiegazione del finale

L’esorcista (The Exorcist, 1973) di William Friedkin è un argomento complesso da spiegare in modo esaustivo. La saga è nota per il suo profondo simbolismo e l’uso di esseri soprannaturali lascia spesso spazio ad allegorie relative alla condizione umana attraverso la capacità di provare paura. L’esorcista segue Regan MacNeil (Linda Blair), una ragazzina che incontra un potente demone malvagio che prende il controllo del suo corpo. La madre di Regan, Chris (Ellen Burstyn), temendo per la figlia e disperata dopo una serie di consulti medici senza esito, si rivolge alla Chiesa per chiedere aiuto.

I padri Merrin e Karras arrivano a casa dei MacNeil per tentare di salvare la vita di Regan dal demone che abita il suo corpo. Scoprono che si tratta di un essere potente chiamato Pazuzu e si mettono all’opera per eseguire il pericoloso ma fondamentale esorcismo che è l’unica possibilità di sopravvivenza per Regan dopo il suo incontro con il male. Sebbene l’esorcismo costi la vita a entrambi i sacerdoti, Pazuzu viene bandito. La traumatica esperienza riavvicina Regan e Chris e rinnova la loro fede nella Chiesa in vista dei sequel di L’esorcista.

La spiegazione dell’ispirazione reale de L’esorcista

L’esorcismo originale fu quello di Roland Doe

Sebbene possa non sembrare il candidato più probabile per l’etichetta “basato su fatti reali”, L’esorcista era in realtà basato su una storia vera. Il film di Friedkin è stato adattato dall’omonimo romanzo di William Peter Blatty. Tuttavia, il libro di Blatty è stato ispirato dalla lettura da parte dell’autore del rapporto su Roland Doe, successivamente identificato come l’ingegnere della NASA Ronald Hunkeler. La vera storia de L’esorcista era quella di Roland Doe, un ragazzino di Cottage City, nel Maryland, che negli anni ’40 avrebbe subito un’ossessione demoniaca e un esorcismo molto simili a quelli del film.

La storia di Roland Doe coinvolge una tavola Ouija che gli era stata regalata da una zia morta poco dopo e numerosi eventi inspiegabili, tra cui strani rumori, oggetti volanti e rumori all’interno delle pareti. Roland divenne in seguito insolitamente aggressivo nei confronti di un prete in visita e presentava graffi innaturali sul corpo prima che venisse finalmente eseguito un esorcismo.

L’esorcismo di Roland ebbe presumibilmente successo e il ragazzo continuò a vivere una vita significativa.

Proprio come nel film, l’esorcismo di Roland avrebbe avuto successo e il ragazzo avrebbe continuato a vivere una vita significativa. Il fatto che abbia un fondamento nella realtà non fa che rafforzare l’affermazione che L’esorcista è il film horror più spaventoso mai realizzato. Nonostante la sua drammatizzazione, la storia del film sarebbe basata su una storia vera.

Il vero significato del medaglione di padre Karras

Ellen Burstyn in L'esorcista (1973)
© 1973 – Warner Bros. Entertainment

Il medaglione protegge padre Karras dai demoni

L’importanza del medaglione di padre Karras non è esplicitamente esplorata in L’esorcista, ma è suggerita attraverso sottintesi e indizi visivi. Il medaglione di Karras funge da protezione contro la possessione, poiché Pazuzu non è in grado di fargli del male prima di strapparglielo. Una volta che il medaglione non è più al collo di Karras, ma nelle mani di Regan, Pazuzu lascia il corpo di Regan ed entra in Karras, permettendo al prete di saltare dalla finestra, uccidendo sia se stesso che Pazuzu.

Il ruolo di Giuseppe nella vita di Gesù rispecchia quello di Karras nella vita di Regan

È interessante notare che il medaglione indossato da padre Karras in L’esorcista raffigura l’immagine di San Giuseppe, padre adottivo di Gesù. Giuseppe è il santo patrono della morte santa, il che è particolarmente appropriato considerando il destino finale di Karras, che muore mentre uccide un demone per salvare una bambina. Il ruolo di Giuseppe nella vita di Gesù rispecchia anche quello di Karras nella vita di Regan: il prete funge da sostituto simbolico del padre assente della ragazza, e il suo medaglione suggerisce che il suo sacrificio dovrebbe essere considerato parte di quel ruolo.

L’esorcista vede la scienza soccombere alla fede

Linda Blair and Ellen Burstyn in L'esorcista (1973)
© 1973 – Warner Bros. Entertainment

I medici non sono riusciti a salvare Regan

Uno dei temi chiave de L’esorcista è il trionfo della fede. Il primo istinto di Chris MacNeil quando Regan viene posseduta è quello di contattare medici e altri professionisti sanitari, ma questi non riescono a trovare una soluzione per curarla. La storia de L’esorcista vede il male assediare Regan MacNeil, e solo la fede la salva.

Questo tema si estende anche a padre Karras. Egli mostra di aver avuto una crisi di fede, ed è solo riaffermando la sua religione che riesce a salvare Regan nel finale de L’esorcista. Il sottotesto non è puramente religioso, però: è più un’analisi dell’idea che non tutti gli aspetti dell’esperienza umana possono essere spiegati dalla scienza.

L’esorcista parla della disgregazione della famiglia tradizionale

Il film sostiene che un bambino ha bisogno di una famiglia completa

Forse il tema più significativo e profondo de L’esorcista è il simbolismo della famiglia. Regan inizia il film come parte di una famiglia distrutta, con un rapporto particolarmente teso con la madre. L’esorcista spiega che, senza una figura paterna nella sua vita, le forze del male assillano Regan, e solo abbracciando il calore paterno di Merrin e Karras il potere di Pazuzu sulla ragazza viene spezzato. C’è un simbolismo evidente nella vita familiare di Regan.

Ciò implica che i bambini hanno bisogno di una famiglia unita per superare indenni l’infanzia. L’esorcista esplora alternative alla genitorialità tradizionale: alcuni bambini cadono preda di influenze dannose, mentre altri trovano un senso di appartenenza in istituzioni o organizzazioni, come la Chiesa. La presenza di due sacerdoti, padre Merrin e padre Karras, rende il simbolismo evidente: l’orrore de L’esorcista deriva dalla nozione obsoleta che il crollo della tradizione possa avere un effetto negativo sui bambini.

Il vero significato del finale de L’esorcista

Il finale de L’esorcista spiega molto del messaggio generale del film. L’assenza del padre di Regan crea un vuoto nella sua vita, che, nonostante le migliori intenzioni della madre, viene riempito da un demone. Gli sforzi di un genitore single non sono sufficienti a liberare Regan da Pazuzu: per salvarla dalla dannazione eterna è necessario il potere delle figure paterne della Chiesa. Il finale de L’esorcista vede Regan e Chris riconciliarsi con la loro fede contro il crollo moderno della tradizione e trovare una fonte di conforto nella loro fede.

Il finale de L’esorcista suggerisce che i bambini bisognosi di guida possono trovarla in molti luoghi, ma la fede e il sacrificio delle figure genitoriali sono fondamentali per proteggere i bambini dalla corruzione delle forze del male e dal crollo dei valori tradizionali. La trama del film L’esorcista può riguardare principalmente un demone che possiede una ragazzina, ma il suo messaggio è in realtà molto più profondo di quanto suggeriscano le iconiche scene horror del film.

Come il finale de L’esorcista si confronta con i film successivi della serie

I sequel hanno ripreso l’idea originale e l’hanno resa più contorta

L’esorcista è un’opera fondamentale del cinema horror e ha creato un precedente che non solo ha influenzato l’intero genere horror, ma anche i successivi film della stessa serie hanno cercato di emulare. I film successivi di L’esorcista hanno cercato di costruire su queste basi, ma hanno faticato a raggiungere lo stesso livello di risonanza emotiva e profondità tematica. L’esorcista II – L’eretico ha approfondito la mitologia del demone e il suo legame con Regan, ma la sua narrazione astratta e la deviazione dal tono dell’originale lo hanno reso meno apprezzato.

L’esorcista III, pur tornando a una narrazione più incentrata sull’horror, intrecciava la storia con quella di un serial killer e riportava Karras in modo contorto. I prequel L’esorcista: L’inizio e Dominion: Prequel all’esorcista – essenzialmente due montaggi diversi dello stesso film – cercano di esplorare le origini del demone Pazuzu e il primo incontro di padre Merrin con esso.

Tipico dei sequel di successo, il finale di The Exorcist: Believer del 2023 riporta in scena Regan, interpretata da Linda Blair, ma non basta a salvare il modo contorto in cui il film cerca di preparare il terreno per altri due film. I finali di questi film offrivano prospettive diverse sulla battaglia eterna tra il bene e il male, ma nessuno è riuscito a catturare l’intensità cruda e la profondità emotiva della conclusione dell’originale L’esorcista.

Come è stato accolto il finale de L’esorcista

I fan erano divisi sul fallito esorcismo e sul sacrificio

Per quanto riguarda il finale de L’esorcista, c’era confusione sul fallito esorcismo e sul sacrificio di padre Karras. Un thread su Reddit è iniziato con una persona che chiedeva perché Karras non avesse iniziato con questo invece di perdere tempo con l’esorcismo. Tuttavia, l’utente Redditor MrAnonymous117 ha scritto: “Un demone ha bisogno del permesso per entrare nella vita di una persona e possederla… Ovviamente Karras non avrebbe voluto lasciare entrare subito il demone nel suo corpo: era l’ultima risorsa. L’esorcismo è fallito, ma salvare Regan non”.

C’è stato un altro thread su Reddit che ha analizzato una differenza che ha reso il libro migliore del film sotto un certo aspetto. L’utente Cautious-Promise-663 ha scritto:

“Dopo la morte di padre Merrin, padre Karras perde completamente il controllo, salta addosso a Regan posseduta e la picchia fino a quando il demone passa nel suo corpo. Poi usa i suoi ultimi momenti di autocontrollo per sacrificarsi, portando con sé il demone.

Nel libro, invece, padre Karras non picchia Regan. In realtà convince il demone a possederlo provocandolo e insultando il suo orgoglio. Penso che questo sia più interessante della versione del film perché sottolinea l’intelligenza di padre Karras come psichiatra e la contrappone alla vanità del demone”.

A prescindere dalle critiche o dai paragoni con il libro, il finale de L’esorcista è stato uno dei motivi per cui il film è diventato il primo film horror candidato all’Oscar e uno dei migliori film horror di tutti i tempi. Roger Ebert ha scritto: “L’ultimo capitolo del romanzo non ha mai spiegato in dettaglio gli eventi finali nella camera da letto della ragazza torturata, ma gli effetti speciali del film nelle scene finali lasciano pochi dubbi sul fatto che in quella stanza ci fosse un vero spirito maligno e che esso abbia trasferito i corpi. È giusto? Credo di sì; nella finzione l’artista ha licenza poetica.

X-Files: Gillian Anderson parla del reboot di Ryan Coogler e se tornerà o meno

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Con Ryan Coogler pronto a tuffarsi negli incredibili misteri dell’universo di X-Files, la star della serie originale Gillian Anderson ha espresso la sua opinione sulla possibilità di partecipare al reboot in arrivo. La serie originale, incentrata su una coppia di agenti dell’FBI, è andata in onda dal 1993 al 2002 per nove stagioni e 202 episodi, prima di tornare nel 2016 con una continuazione di sei episodi. In X-Files, Anderson interpretava Dana Scully, la partner scettica di Fox Mulder, il personaggio più aperto interpretato da David Duchovny.

Durante la sua apparizione al programma This Morning di ITV, Anderson ha affrontato la questione della sua partecipazione al reboot di X-Files, da tempo in fase di sviluppo, diretto da Coogler. Ha confermato di aver parlato con il regista di Sinners per augurargli buona fortuna nella rivisitazione della serie, affermando anche che sarebbe disposta a tornare se Coogler la contattasse e se personalmente ritenesse che il ruolo fosse adatto a lei. Ecco la risposta completa di Anderson:

Gli ho parlato e gli ho detto: “Se qualcuno dovesse farlo, penso che tu sia la persona perfetta e ti auguro buona fortuna, chiamami”. A un certo punto, se il telefono squilla e la proposta è buona e mi sembra il momento giusto, forse.

Cosa significa la risposta di Gillian Anderson per il reboot di X-Files

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La serie potrebbe non riunire la coppia protagonista

In precedenza, Coogler aveva espresso la sua opinione sul possibile coinvolgimento di Anderson in un’intervista con Last Podcast on the Left, in cui aveva dichiarato di sperare di poter lavorare con la star della serie originale e di essere ottimista sul futuro della serie. Pertanto, sebbene né Coogler né Anderson abbiano confermato esplicitamente il coinvolgimento della star, è chiaro che entrambi i creativi sono aperti alla possibilità che lo sviluppo proceda in una direzione che preveda il ritorno di Scully. Tuttavia, mentre Scully potrebbe tornare, il ritorno dell’altra metà del duo dell’FBI è meno certo.

Sebbene non abbia dichiarato apertamente che tornerà nel ruolo di Mulder, Duchovny ha affermato in un’intervista del 2024 di essere meno determinato a tornare e che la possibilità non pesava troppo sulla sua mente.

Sebbene abbia affermato di essere certo che gli sceneggiatori della serie sarebbero stati in grado di creare un degno seguito in un contesto moderno, ha anche dichiarato di essere più concentrato sul vedere lo show svilupparsi da outsider. Pertanto, non è chiaro se la serie potrà tornare allo status quo con Mulder e Scully come protagonisti.

Il motivo per cui Kevin Costner ha accettato Yellowstone è quello che ha reso il western di Taylor Sheridan così bello

Kevin Costner è stato uno dei motivi principali del grande successo di Yellowstone, ma ciò che lo ha spinto ad accettare di partecipare alla serie è anche il motivo per cui è stata un trionfo. La serie TV creata da Taylor Sheridan e John Linson ha debuttato nel 2018 ed è andata in onda per cinque stagioni e 53 episodi prima di concludersi nel 2024. Naturalmente, alcune parti di Yellowstone erano migliori di altre. Tuttavia, la serie ha avuto un enorme successo complessivo, poiché ha dato il via a un franchise, è stata amata da milioni di persone e ha rivitalizzato il genere western. Quindi, Costner ha fatto una buona scelta quando ha accettato di interpretare John Dutton III.

Taylor Sheridan ha in cantiere molti spin-off di Yellowstone, tra cui The Madison, uno spin-off senza titolo su Beth Dutton e Rip Wheeler, uno spin-off senza titolo su Kayce Dutton, 1944 e 6666.

Purtroppo, Costner ha lasciato Yellowstone prima della seconda parte della quinta stagione, causando di fatto la sua cancellazione. La serie semplicemente non funziona senza l’attore e il suo iconico personaggio, come hanno dimostrato gli ultimi sei episodi. Ciononostante, Yellowstone rimane una delle serie TV più influenti e rivoluzionarie degli ultimi tempi, e Costner ne ha riconosciuto la grandezza ancora prima che fosse trasmessa.

Kevin Costner ha accettato di partecipare a Yellowstone perché era “cruda” e “disfunzionale”

Sienna Miller e Kevin Costner - Venezia 81
Sienna Miller e Kevin Costner – Venezia 81 – Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Costner è rimasto colpito dalla sceneggiatura

Durante un’intervista con Variety nel 2022, Kevin Costner ha spiegato perché ha detto “sì” a Yellowstone. Il suo ragionamento è esattamente il motivo per cui la serie ha avuto così tanto successo e perché la sua eredità continuerà a vivere anche dopo la sua fine. Costner ha rivelato di essere rimasto affascinato da Yellowstone dopo aver letto la sceneggiatura del pilot per la prima volta. Ha detto a Variety:

“Ho visto che i dialoghi avevano un approccio divertente e realistico. Erano crudi. Erano disfunzionali. E il tutto era ambientato sullo sfondo di montagne, fiumi, valli e persone a cavallo, il che è molto affascinante”.

L’autenticità “cruda” e “disfunzionale” di Yellowstone è il motivo per cui ha attirato così tante persone. Non era una rappresentazione glorificata del West, né si basava su stereotipi e temi western per guidare la trama e definire i personaggi. Al contrario, Yellowstone ha modernizzato il genere western, rendendolo più accessibile (in una certa misura, dato che la serie era pur sempre un dramma e doveva intrattenere). Quindi, il motivo per cui Costner ha accettato di interpretare John Dutton III è anche il motivo per cui la serie ha avuto così tanto successo.

L’approccio unico di Yellowstone al western potrebbe aver cambiato per sempre il genere

yellowstone kevin costner

Hollywood sta vivendo una rinascita del western

Sulla scia del successo di Yellowstone, stanno nascendo sempre più serie TV e film western. I servizi di streaming e le case di produzione stanno cercando di ricreare il successo della serie di Taylor Sheridan, dimostrando come questa abbia completamente reinventato il western nell’era moderna. La serie della Paramount Network ha combinato personaggi complessi e dinamiche familiari con temi classici, garantendo un appeal per un pubblico variegato. In definitiva, se non fosse stato per questa serie, non è chiaro quale sarebbe lo stato attuale del genere western. Tuttavia, grazie a Yellowstone, il genere sta vivendo una rinascita a Hollywood.

Nel finale di 1923 c’è un’altra tragedia di Alex Dutton di cui nessuno si rende conto

Oltre alla sua morte, c’è un’altra tragedia per Alex Dutton (Julia Schlaepfer) nel finale della seconda stagione di 1923. Lo sceneggiatore di Yellowstone Taylor Sheridan descrive in dettaglio la vita dei Duttons durante il proibizionismo nel prequel della sua serie originale, spiegando che proteggere il ranch Yellowstone è sempre stata una sfida per la famiglia di John Dutton (Kevin Costner). Spencer Dutton (Brandon Sklenar) finalmente torna a casa nel finale per porre fine alla lunga guerra che Banner Creighton (Jerome Flynn) ha iniziato contro la famiglia di Jacob Dutton (Harrison Ford) nella prima stagione di 1923.

Mentre Spencer aiutava suo zio alla stazione ferroviaria di Bozeman e sua zia Cara Dutton (Helen Mirren) al ranch, in un momento esplosivo e memorabile, la fine della seconda stagione di 1923 è anche piena di tragedie per Spencer e sua moglie Alexandra. Nonostante Spencer sia riuscito a saltare dal treno e a salvare sua moglie mentre passava, vedendo Alex chiedere aiuto, Alex è morta in ospedale dopo aver dato alla luce il suo bambino, che ha chiamato John. Si spera che Alex sia riuscita a trasmettere al figlio il suo coraggio, ma non è chiaro se John verrà mai a conoscenza dell’incredibile storia di sua madre.

Alex Dutton non riesce a tramandare la sua incredibile storia nella seconda stagione di 1923

Brandon Sklenar and Julia Schlaepfer in 1923 (2022)
Foto di Lo Smith/Paramount+ – © Paramount+ 2025

Alex ha una storia incredibile da raccontare, ma non la racconta mai

Mentre incontra persone disposte a intervenire per salvarla nel finale della seconda stagione di 1923, un commento ricorrente nell’ultimo capitolo della serie è che Alex Dutton deve avere una storia incredibile da raccontare. Quando Alex racconta la sua storia a Paul (Augustus Prew) e Hillary (Janet Montgomery) nella loro accogliente casa di Winnetka, Paul scherza dicendo che la storia è così fantastica che vorrebbe raccontarla a Edgar Rice Burroughs, un autore di spicco dell’epoca, autore di Tarzan. Tuttavia, Paul non ne avrà mai l’occasione, poiché lui e Hillary muoiono durante il viaggio verso Emigrant, nel Montana.

Con la morte di Paul, Hillary e Alex, muore anche la storia di Alexandra. Nonostante le persone che la circondano le dicano che ha una storia da raccontare, Alex non racconta mai la sua storia nel finale di 1923 prima della sua prematura scomparsa. Questo peggiora il destino di Alex nella seconda stagione di 1923. La morte di Alex ha già iniziato a cancellarla dall’albero genealogico dei Dutton. Il fatto che i suoi parenti rimasti non siano a conoscenza della sua incredibile storia rende ancora più piccolo il segno lasciato da Alex. Mentre suo figlio vivrà senza di lei, Jacob, Cara e persino Spencer non comprendono appieno tutto ciò che Alex ha sofferto per arrivare nel Montana, quindi non possono tramandarlo.

Nonostante le cose orribili accadute ad Alex Dutton nel 1923, il viaggio di Alex è stato epico. È fuggita dalla sua vita infelice, racimolando abbastanza soldi con la sua amica per attraversare l’Oceano Atlantico, scambiando letteralmente la sua vita lussuosa con un umile viaggio nel Montana. Poi, Alex Dutton si impegna a vivere come americana, cambiando il suo cognome in Dutton mentre passa attraverso l’immigrazione a Ellis Island, assicurandosi con onore l’ingresso nel paese di suo marito. In seguito, Alex viene picchiata, derubata e aggredita durante il suo viaggio in treno, ma mantiene la sua grazia e tenacia per tutto il tempo, dimostrando la sua grinta.

C’è qualcuno che potrebbe conoscere la storia di Alex Dutton nel 1923?

Brian Geraghty in 1923
Brian Geraghty in 1923 – Foto di Trae Patton/Paramount+

La storia di Alex sembra essere morta con Alex, Paul e Hillary

Sebbene nella seconda stagione di 1923 ci sia la speranza che qualcuno abbia accesso alla storia completa di Alex, le possibilità sono remote. È possibile che Alex abbia raccontato la sua storia a Jacob in una conversazione fuori campo mentre erano in ambulanza diretti all’ospedale di Bozeman. Tuttavia, quando Alex chiede quanto tempo ci vuole per arrivare all’ospedale, Jacob risponde che sono solo cinque o sei miglia, un tempo troppo breve perché Alex possa raccontare anche solo una parte della sua storia. Questo solo se Jacob le avesse chiesto di raccontargliela, nonostante fossero preoccupati per le sue condizioni di salute.

Alex avrebbe anche potuto raccontare la sua storia a Spencer mentre giacevano nel letto d’ospedale. Tuttavia, Alexandra del Sussex riesce a malapena a parlare quando arriva suo marito. Sembra che, una volta che Spencer si sdraia, la coppia si addormenti insieme e, quando Spencer si sveglia, Alex se n’è andata. Tuttavia, forse è possibile che Spencer riesca a ricostruire la storia di Alex, magari dalle lettere che lei ha scritto a lui o alla sua amica Jennifer (Jo Ellen Pellman) durante il viaggio, o forse dai racconti di testimoni oculari, come quello della donna del posto alla stazione di servizio o della polizia che ha parlato con gli amici di Alex a Chicago.

A meno che Alex non abbia scritto un diario durante il viaggio, la sua storia non sarà mai raccontata con le sue parole.

Detto questo, a meno che Alex non abbia scritto un diario durante il viaggio (che Spencer dovrebbe cercare lungo la ferrovia), la storia di Alex non sarà mai raccontata con le sue parole. La rivelazione è un’aggiunta davvero straziante alla tragedia di Alex nella seconda stagione di 1923, aggravando l’incapacità della madre di crescere sua figlia o di incontrare la famiglia che ha impiegato così tanto tempo a conoscere attraverso le lettere di Cara Dutton. La morte di Alex è senza dubbio una delle più tristi della serie Yellowstone, resa ancora più triste dal fatto che i suoi cari non sapranno mai fino a che punto si è spinta la loro matriarca dal cuore di leone.

Andor – Stagione 2: Tony Gilroy rivela perché è stato scelto un altro attore per un personaggio di Star Wars

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Nel sesto episodio di Andor – Stagione 2, Mon Mothma e suo marito Perrin incontrano un personaggio familiare che ora ha un volto nuovo: il senatore Bail Organa. Bail è stato interpretato da Jimmy Smits nei prequel di Star Wars, L’attacco dei cloni e La vendetta dei Sith, ed è poi tornato nei progetti dell’era Disney Rogue One: A Star Wars Story e Obi-Wan Kenobi. Tuttavia, in Andor – Stagione 2, Benjamin Bratt (Doctor Strange) assume il ruolo del padre della Principessa Leia.

Entertainment Weekly ha incontrato lo showrunner Tony Gilroy per discutere della sua decisione di cambiare attore per il ruolo e, come previsto, si è trattato di una semplice questione logistica. “Non siamo riusciti a trovare una soluzione”, ha confermato. “La programmazione non ha funzionato. Ci abbiamo provato davvero tanto, ma non era disponibile e non ce l’ha fatta. Riportare in scena personaggi storici è davvero complicato. È molto costoso. È molto importante chi lavora e quando. Ci sono stati molti sforzi, ma non siamo riusciti a trovare una soluzione in termini di programmazione.”

Con Smits non disponibile (e Organa destinata ad apparire in diversi episodi oltre a questo cameo), la presidente della Lucasfilm Kathleen Kennedy ha suggerito di ingaggiare Bratt. “Kathy ha avuto l’idea per Benjamin. È stata semplicemente un’idea geniale. È una persona meravigliosa, molto entusiasta e amato sul set, e davvero felice di quello che fa“, ha detto Gilroy. “L’ho inserito nell’episodio 6 in modo arbitrario così che la gente potesse parlare della cosa fino alla settimana successiva, quando inizierà davvero a lavorare.”

Senatore-Bail-OrganaHa aggiunto: “È una di quelle situazioni in cui voglio fare qualcosa di semplice. Non facciamo molte cose inutili, ma è come dire: ‘Facciamolo entrare subito così la gente può discuterne per una settimana, toglierselo dalla testa e poi può tornare a lavorare sul serio’. Non volevo che il lavoro di questo tizio si confondesse con la sua introduzione.”

Andor – Stagione 2, Episodi 4-6: gli Easter Eggs e i riferimenti a Star Wars

Il cambio di cast non è eccessivamente distraente, e sembra che Gilroy non avesse altra scelta. Guardando al futuro, non è chiaro se lui o Bratt sarebbero la scelta di riferimento di Lucasfilm per il personaggio sullo schermo.

Andor – Stagione 2 è ambientata mentre l’orizzonte della guerra si avvicina e Cassian diventa un personaggio chiave nell’Alleanza Ribelle. Tutti saranno messi alla prova e, con l’aumentare della posta in gioco, i tradimenti, i sacrifici e gli obiettivi contrastanti diventeranno profondi. Andor riporta indietro l’orologio di cinque anni rispetto agli eventi di Rogue One per raccontare la storia dell’eroe del film, Cassian Andor, e della sua trasformazione da un nessuno disinteressato e cinico in un eroe ribelle in cammino verso un destino epico.

Guy Ritchie dirigerà Road House 2 con Jake Gyllenhaal

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Guy Ritchie dirigerà Road House 2 con Jake Gyllenhaal

Guy Ritchie dirigerà il sequel di Road House, con Jake Gyllenhaal pronto a riprendere il ruolo principale dell’ex lottatore UFC Dalton. Road House 2 segna la terza collaborazione tra Ritchie e Gyllenhaal e la seconda per Amazon MGM Studios, dopo “The Covenant” di Guy Ritchie. Il regista e l’attore candidato all’Oscar e al Tony Award hanno anche collaborato all’imminente thriller d’azione “In the Grey“.

Will Beall (“Bad Boys: Ride or Die”, “Beverly Hills Cop: Axel F”) sta scrivendo la sceneggiatura del sequel, i cui dettagli sulla trama sono ancora riservati. Tra i produttori figurano Charles Roven e Alex Gartner di Atlas Entertainment, oltre a Gyllenhaal per la sua Nine Stories Productions con Josh McLaughlin. Ivan Atkinson sarà il produttore esecutivo.

Road House, reboot del classico del 1989 con Patrick Swayze, racconta la storia di Gyllenhaal nei panni di un ex lottatore UFC che fatica ad arrivare a fine mese. Dopo essere stato trovato dal proprietario di un locale di strada delle Florida Keys a dormire in macchina, Dalton diventa il buttafuori del bar e si ritrova coinvolto in una guerra tra fuorilegge e motociclisti (tra cui l’artista di arti marziali miste e attore esordiente, Conor McGregor) e un costruttore edile determinato a costruire un lussuoso resort per “ricchi stronzi”.

Road House è stato scritto da Anthony Bagarozzi e Charles Mondry. Joel Silver ha prodotto il film, che vede tra gli altri la partecipazione di Daniela Melchior, Billy Magnussen, Jessica Williams, Joaquim de Almeida, Conor McGregor e Lukas Gage.

Secondo Amazon MGM Studios, il suo primo film Road House “ha attirato quasi 80 milioni di spettatori in tutto il mondo fino ad oggi”. Il film ha debuttato su Prime Video il 21 marzo e ha attirato un record di oltre 50 milioni di spettatori in tutto il mondo nei primi due fine settimana, diventando il “debutto cinematografico prodotto da Amazon MGM Studios più visto di sempre su base mondiale”.

Guy Ritchie sostituisce il regista Doug Liman, che aveva espresso frustrazione per la distribuzione in streaming del film originale. L’anno scorso, Liman ha dichiarato a IndieWire che il suo malcontento derivava dal non essere stato adeguatamente compensato poiché il film era stato inizialmente concepito come un’uscita cinematografica per la MGM, ma la distribuzione è cambiata quando la MGM è stata acquisita da Amazon.

James Gunn condivide una nuova foto di Superman con Mr. Terrific: “E’ il mio personaggio preferito”

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Superman, tutto quello che sappiamo sul film di James Gunn

Superman, scritto e diretto da James Gunn, non sarà un’altra storia sulle origini, ma il Clark Kent che incontriamo per la prima volta qui sarà un “giovane reporter” a Metropolis. Si prevede che abbia già incontrato Lois Lane e, potenzialmente, i suoi compagni eroi (Gunn ha detto che esistono già in questo mondo e che l’Uomo di domani non è il primo metaumano del DCU). Il casting ha portato alla scelta degli attori David Corenswet e Rachel Brosnahan come Clark Kent/Superman e Lois Lane. Nel casta anche Isabela Merced, Edi Gathegi, Anthony Carrigan, Nicholas HoultNathan Fillion.

Il film è stato anche descritto come una “storia delle origini sul posto di lavoro“, suggerendo che una buona parte del film si concentrerà sull’identità civile di Superman, Clark Kent, che è un giornalista del Daily Planet. Secondo quanto riferito, Gunn ha consegnato la prima bozza della sua sceneggiatura prima dello sciopero degli sceneggiatori, ma ciò non significa che la produzione non subirà alcun impatto in futuro.

Con la sua solita cifra stilistica, James Gunn trasporta il supereroe originale nel nuovo immaginario mondo della DC, con una singolare miscela di racconto epico, azione, ironia e sentimenti, consegnandoci un Superman guidato dalla compassione e dall’innato convincimento nel bene del genere umano.

“Superman è il vero fondamento della nostra visione creativa per l’Universo DC. Non solo è una parte iconica della tradizione DC, ma è anche uno dei personaggi preferiti dai lettori di fumetti, dagli spettatori dei film precedenti e dai fan di tutto il mondo”, ha detto Gunn durante l’annuncio della lista DCU. “Non vedo l’ora di presentare la nostra versione di Superman, che il pubblico potrà seguire e conoscere attraverso film, film d’animazione e giochi”. Il film uscirà nelle sale il 10 luglio 2025.

Chris Hemsworth protagonista del film d’azione ambientato sottomarino Subversion

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Chris Hemsworth sarà il protagonista di Subversion, un film d’azione ambientato in un sottomarino, in produzione presso gli Amazon MGM Studios. La regia è di Patrick Vollrath (7500), la sceneggiatura è di Andrew Ferguson, mentre la produzione è di Di Bonaventura Pictures.

Il film segue un comandante della Marina un tempo promettente (Chris Hemsworth) che, ricattato da un’operazione simile a quella di un cartello, viene costretto a pilotare un pericoloso sottomarino che trasporta merci illegali in acque internazionali, trovandosi coinvolto in un gioco del gatto e del topo ad alto rischio, tra evasione di blocchi stradali e pericolose minacce sia all’interno che all’esterno del sottomarino.

Il progetto riunisce Hemsworth con gli Amazon MGM Studios, dove sarà anche protagonista di Crime 101, scritto e diretto da Bart Layton, al fianco di Mark Ruffalo, Barry Keoghan, Halle Berry e Monica Barbaro, la cui uscita nelle sale è prevista per il prossimo anno. Il film riunisce anche Ferguson, quattro volte premiato nella Black List, con lo studio, dove è in fase di sviluppo la sua sceneggiatura di Blood Rush.

Reduce da progetti come Tyler Rake II, Furiosa: A Mad Max Saga – dove ha offerto la sua migliore interpretazione in carriera nei panni di Dementus – e Transformers One, Hemsworth è riprenderà il ruolo di Thor in Avengers: Doomsday, che uscirà anch’esso nei cinema nel 2026. Altri progetti a cui è stato recentemente collegato includono un crossover Transformers/G.I. Joe ancora senza titolo per la Paramount e un film sul Principe Azzurro che Paul King dovrebbe dirigere per la Disney, se lo studio non abbandonerà completamente la sua strategia di sfruttare le proprietà intellettuali animate per i film live-action, sulla scia di Biancaneve.

Il primo lungometraggio del regista tedesco Vollrath, 7500, un thriller d’azione con Joseph Gordon-Levitt, è stato acquisito e distribuito da Amazon Studios nel 2020. È stato anche candidato all’Oscar per il suo cortometraggio live-action Everything Will Be Okay nel 2016.

Mission: Impossible – Protocollo fantasma, come Tom Cruise ha realizzato lo stunt sul Burj Khalifa

L’acrobazia del Burj Khalifa in Mission: Impossible – Protocollo fantasma (qui la recensione) è stato un momento decisivo per il franchise. Naturalmente, viene naturale chiedersi se Tom Cruise si sia arrampicato davvero sul celebre grattacielo. La risposta è sì. Con una lista crescente di acrobazie estremamente pericolose nel suo curriculum, scalare l’esterno del Burj Khalifa nel quarto capitolo della serie Mission: Impossible è ad oggi una delle imprese di coraggio più famose di Cruise. Da allora, l’attore ha continuato a sfidare il pericolo nei film successivi della saga. Tuttavia, l’acrobazia del Burj Khalifa rimane nella storia del cinema.

Ma andiamo con ordine. Mission: Impossible – Protocollo fantasma porta l’Ethan Hunt di Cruise a Dubai alla ricerca dei codici di lancio nucleare dopo che Kurt Hendricks, alias Cobalt (Michael Nyquist), ha rubato un’arma devastante. È ormai ovvio che Hunt non prende mai la strada più facile. Ethan deve raggiungere il 130° piano del grattacielo di 829,81 metri e rinuncia all’ascensore in favore di un paio di discutibili guanti a ventosa. Iniziare la scalata di 123 piani è la parte più facile, poi si cala dall’edificio e compie un salto di fede. Per quanto la sequenza sia stupefacente, è stato impressionante anche il dietro le quinte.

La preparazione per l’acrobazia di Tom Cruise al Burj Khalifa

Per l’acrobazia del Burj Khalifa, l’attore ha dovuto essere equipaggiato con un’imbracatura che è stata accuratamente fissata a punti strategici dell’edificio, il che ha richiesto allo studio di ottenere permessi speciali per perforare i pavimenti e le pareti, e la troupe di Mission: Impossible – Protocollo fantasma ha rotto 35 finestre. Il regista Brad Bird si è consultato con diversi professionisti di vari settori, come ingegneri, scalatori professionisti e stuntman, per garantire la sicurezza delle riprese. Ha persino preso in considerazione la possibilità di utilizzare uno stuntman dedicato, ma, come ha fatto per la maggior parte della sua carriera, Cruise si è occupato da solo delle acrobazie.

Tom Cruise in Mission Impossible Protocollo fantasma
Tom Cruise in Mission Impossible Protocollo fantasma © 2011 – Paramount Pictures

Cruise non sapeva che l’imbracatura stretta gli avrebbe impedito la circolazione, quindi le riprese dovevano essere completate nel modo più efficiente e veloce possibile. Altrimenti, la parte inferiore del suo corpo avrebbe iniziato a sentirsi intorpidita. Anche gli elicotteri che stavano girando avevano un limite di volo di 30 minuti alla volta, quindi la troupe doveva fare in modo che ogni ripresa fosse valida. La sequenza è stata girata anche in IMAX, il che significa che le cineprese esaurivano rapidamente la pellicola. Le riprese dovevano essere riportate in aereo a Los Angeles e Bird non poteva verificare che tutto fosse perfetto fino allo sviluppo della pellicola.

Anche l’addestramento per l’acrobazia del Burj Khalifa è stato estremamente accurato e calcolato. La troupe ha costruito una parete di vetro per simulare l’esterno dell’edificio reale e ha fatto salire e scendere Cruise più volte per fargli prendere confidenza con la scomodità dell’imbracatura e con il peso fisico della scalata. Sono arrivati a riscaldare la parete con luci artificiali per simulare la temperatura delle finestre del Burj Khalifa. L’acrobazia è stata un incubo logistico, ma la pianificazione ha dato i suoi frutti.

Quella sul Burj Khalifa è la migliore acrobazia di Mission: Impossible

Tom Cruise esegue sempre personalmente le sue acrobazie nella saga, tra cui appendersi a un aereo, trattenere il respiro per sei minuti per eseguire una rapina subacquea e compiere 109 salti HALO per ottenere l’inquadratura perfetta. Ma di tutte queste acrobazie cinematografiche, l’iconica sequenza del Burj Khalifa è la migliore prova della dedizione dell’attore al suo mestiere. In Mission: Impossible – Protocollo fantasma questa è la sequenza più emozionante per il pubblico ed è stata estremamente pericolosa, estenuante e probabilmente terrificante per Cruise stesso.

Tuttavia, i risultati sono a dir poco impressionanti. Aver scalato il lato dell’edificio più alto del mondo garantisce un eterno diritto di vanto al franchise per ogni serie d’azione che si rispetti. L’acrobazia si svolge come una scena degli Incredibili in carne e ossa, poiché la sequenza è costellata da un’intelligente comicità d’azione, come i guanti di aspirazione che hanno una mente propria. L’acrobazia del Burj Khalifa ha quindi un equilibrio di emozioni al limite della sopportazione ma anche una dose di comicità come poche altre acrobazie di Mission: Impossible.

Tom Cruise in Mission Impossible - Protocollo fantasma
Tom Cruise in Mission Impossible Protocollo fantasma © 2011 – Paramount Pictures

Lo stunt di Tom Cruise al Burj Khalifa è stato il più pericoloso?

Dopo l’acrobazia di Tom Cruise al Burj Khalifa, l’attore ha eseguito altre acrobazie altrettanto pericolose. In Mission: Impossible – Rogue Nation, Cruise si è aggrappato al fianco di un aereo in fase di decollo. L’attore ha anche trattenuto il respiro sott’acqua per ben 6 minuti (finché il record non è stato battuto da Kate Winslet in Avatar: La via dell’acqua). In seguito, Cruise si è impegnato in un salto HALO per Mission: Impossible – Fallout. Il salto era così pericoloso che Henry Cavill non poté parteciparvi perché avrebbe messo a rischio la vita di Cruise.

Tuttavia, il salto in moto in Mission: Impossible – Dead Reckoning è stato ad oggi l’acrobazia più pericolosa dell’attore. Sarebbe stato impossibile prevedere il punto in cui la moto sarebbe atterrata quando Cruise si è lasciato andare, e c’erano molte altre cose che la produzione non era in grado di pianificare correttamente. Effettuare una valutazione accurata dei rischi della scena deve essere stata la parte più frustrante dello sviluppo del film. La fisica impossibile da determinare, insieme al controllo di un veicolo a mezz’aria e alla pericolosa vicinanza alle rocce sul bordo di un precipizio, rende il salto in moto di Cruise l’acrobazia più pericolosa del franchise.

Tuttavia, come ormai noto, Cruise è in costante competizione con se stesso e Mission: Impossible – The Final Reckoning (al cinema dal 22 maggio) potrebbe presentare le sue due acrobazie più pericolose. L’ottavo capitolo della saga prevede infatti un’acrobazia in acqua in cui Cruise potrebbe rivendicare alla Winslet il suo record di trattenimento del respiro. Il film in uscita presenta anche un’altra acrobazia con l’aereo, solo che questa volta non decolla, ma si trova già in volo. In ogni caso, Mission: Impossible è ormai ineguagliabile da questo punto di vista e Cruise sembra felice di rischiare la vita per il divertimento del pubblico.

Tom Cruise e Jeremy Renner in Mission Impossible - Protocollo fantasma
Tom Cruise e Jeremy Renner in Mission Impossible – Protocollo fantasma © 2011 – Paramount Pictures

Cosa è stato detto sull’acrobazia di Tom Cruise al Burj Khalifa

A testimonianza dell’impatto dell’acrobazia del Burj Khalifa in Mission: Impossible – Protocollo fantasma, la sequenza e il modo in cui è stata realizzata sono ancora oggetto di discussione a più di dieci anni dalla sua esecuzione. È il tipo di scena che è emozionante da vedere nel film e che si aggiunge alla storia in modo eccitante, ma una volta finito il film, il pubblico vuole saperne di più su come si è svolta. Lo stesso Tom Cruise ha rivelato in un documentario dietro le quinte che sentiva che questo era il culmine del suo precedente lavoro di stunt: “In tutti gli anni in cui ho fatto stunt e girato film, ci sono volute tutte queste conoscenze per realizzare non solo quello che ho fatto io, ma anche quello che abbiamo fatto tutti con il Burj”.

Sebbene l’intera sequenza sia un’esperienza da brivido, c’è stato un momento delle riprese che il coordinatore degli stunt Gregg Smrz ha ammesso essere stato particolarmente snervante. Si tratta del momento in cui l’attrezzatura di Hunt si guasta, facendolo cadere dall’edificio. È un momento che Cruise ha eseguito da solo in un’unica ripresa e che Smrz ha descritto come “il giorno più emozionante delle riprese. Qualcuno ha detto: “E se il cavo si rompe?”. E io ho risposto: “Non è un’opzione”. Abbiamo fatto i conti e c’è stato abbastanza tempo di caduta libera perché lui mi mandasse un messaggio mentre scendeva e io lo ricevessi!”.

Anche altri attori si sono meravigliati dell’intera operazione, con Matt Damon che ha rivelato che Cruise gli ha raccontato alcuni segreti dietro le quinte della realizzazione della sequenza durante una cena insieme: “Mi ha detto: “Ho pensato a questa inquadratura per 15 anni!”. E io: “Wow, davvero?” E lui: “Allora vado dal tizio della sicurezza e gli spiego tutto”. Il tizio della sicurezza dice: “Non possiamo farlo. È troppo pericoloso, non si può fare”. Così ho trovato un nuovo addetto alla sicurezza”. Damon ha ammesso che il fatto che un addetto alla sicurezza si sia rifiutato di approvare l’acrobazia sarebbe stato sufficiente per farlo desistere. Tuttavia, Cruise continua a dimostrare che sono pochi i limiti che non intende superare per offrire al pubblico un’esperienza indimenticabile.

Sgt. Rock della DC diretto da Luca Guadagnino non è più in fase di sviluppo

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Sgt. Rock dei DC Studios è stato messo in pausa, ma potrebbe essere una decisione reversibile. Il film sulla Seconda Guerra Mondiale, che il regista di Queer e Challengers Luca Guadagnino avrebbe voluto dirigere con Colin Farrell, non è più in fase di sviluppo presso lo studio. Ma le ragioni non sono creative: secondo una fonte attendibile, la necessità di girare in esterni nel Regno Unito avrebbe richiesto un inizio estivo che la produzione non avrebbe potuto rispettare, e le riprese in inverno non sarebbero state possibili. Quindi lo studio ha sospeso il progetto nella speranza di poter riprendere nel 2026, sebbene il coinvolgimento di Guadagnino rimanga incerto.

I co-direttori dei DC Studios, James Gunn e Peter Safran, erano entusiasti di realizzare Sgt. Rock grazie alla sceneggiatura di Justin Kuritzkes, sceneggiatore di Guadagnino, che vedeva il film come un’avventura in costume piuttosto che un classico film sui supereroi dei fumetti. Il personaggio debuttò nel 1959 come sottufficiale dell’esercito americano al comando dell’unità Easy Company, impegnata a combattere i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Ecco cosa aveva dichiarato il produttore Joel Silver sul progetto: “Si [svolge] un po’ nel futuro. Come film di guerra, non sarà “dove è stato”, ma “dove sta andando”. Non volevamo fare l’Iraq, non volevamo fare una guerra contemporanea. Volevamo fare una sorta di guerra futuristica. È piuttosto forte. Chad St. John ha scritto la sceneggiatura e Francis Lawrence è coinvolto nello sviluppo del film. Non è ancora un film pronto, ma le mie sensazioni sono buone”.

No Sudden Move: la spiegazione del finale del film

No Sudden Move: la spiegazione del finale del film

Il recente thriller noir di Steven Soderbergh, No Sudden Move, si conclude con una serie di tradimenti, colpi di scena e vicoli ciechi. Ambientato nella Detroit del 1954, No Sudden Move segue il criminale da quattro soldi Curt Goynes (Don Cheadle), che ottiene un guadagno apparentemente facile lavorando con il sempre imprevedibile Ronald Russo (Benicio del Toro) e l’ombroso Charley (Kieran Culkin). Come nei thriller magistrali di Soderbergh, come Unsane o il recente Black Bag, No Sudden Move mantiene un’aura di suspense costante, punteggiata solo da doppi giochi e vendette.

Soderbergh si affida a un cast d’insieme stellare per far funzionare il film senza intoppi, e questa decisione si ripaga con l’epilogo del film. No Sudden Move si concentra su Goynes, appena uscito di prigione e in cerca di un ultimo lavoro ben pagato prima di lasciare la città. La diffidenza permea l’atmosfera fin dalla prima scena, soprattutto quando sia Goynes che Russo sono scettici nel lavorare con il misterioso intermediario Jones (Brendan Fraser). Il lavoro è piuttosto semplice: i tre uomini ingaggiati devono tenere sotto tiro una famiglia per tre ore, finché non viene recuperato un determinato documento entro quel periodo di tempo.

Tuttavia, No Sudden Move parla di una rapina andata male, una rete di macchinazioni interconnesse manovrate dai vertici della malavita. Mentre le cose vanno male, si scoprono nuovi personaggi come il boss mafioso Frank Capelli (Ray Liotta) e Aldrick Watkins (Bill Duke), oltre a quello del costruttore di automobili Mike Lowen, interpretato da Matt Damon in un cameo a sorpresa. Ecco cosa significa il finale di No Sudden Move se confrontato con la portata complessiva della narrazione noir.

Don Cheadle, Ray Liotta e Benicio Del Toro in No Sudden Move
Don Cheadle, Ray Liotta e Benicio Del Toro in No Sudden Move. Foto di © 2021 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved.

Perché i documenti rubati sono così ambiti e cosa nascondono?

Poiché l’intera premessa del lavoro dei tre uomini si basa sul recupero del misterioso documento, questo emerge come un McGuffin fondamentale nel corso del film. Quando Goynes, Russo e Charley si introducono nella casa di Matt Wertz (David Harbour), dipendente della GM, lo convincono a rubare i documenti in questione al suo datore di lavoro facendo leva sulla sicurezza della sua famiglia e sulla sua relazione extraconiugale. Man mano che la trama procede, Goynes e Russo si rendono rapidamente conto che le cose non sono come sembrano e che l’agognato pezzo di carta sblocca molto più di un lavoro una tantum destinato a fallire. Con l’apparizione di Mike Lowen, molto più tardi, in No Sudden Move, si scopre che il documento fa parte di un grande insabbiamento da parte dell’industria automobilistica di Detroit.

Il documento contiene infatti i progetti di una marmitta catalitica, che consentirebbe alle auto di emettere meno inquinamento nell’atmosfera. Mentre le ramificazioni socio-politiche di questa rivelazione sono enormi, la natura contorta con cui il documento viaggia attraverso i vari strati di criminali di bassa lega, intermediari, boss mafiosi e giganti aziendali indica un gioco più grande. Il film si basa su una vera e propria cospirazione che riguarda l’industria automobilistica nella Detroit della metà degli anni Cinquanta e che coinvolge le Big Four, ovvero GM, Chrysler, Ford e American Motors, che nel film non si fermano davanti a nulla pur di impedire che il documento venga alla luce.

No Sudden Move è un’allegoria sulla mobilità sociale e l’atto di prevaricazione

Soderbergh presenta Detroit come un microcosmo di ciò che stava accadendo nel Paese nel suo complesso. I temi chiave di No Sudden Move sono le tensioni razziali esacerbate dalla costruzione dell’autostrada I-375 che ha distrutto un quartiere nero di Detroit. Questo aspetto viene citato di sfuggita in diversi punti del film, con un Goynes turbato ma determinato che si trova al centro degli eventi che accadono intorno a lui. Come criminale con un’enorme taglia sulla testa e senza la possibilità di rifugiarsi nel suo passato, Goynes è costretto a prendere misure estreme per scalare gli strati sociali del ventre criminale di Detroit.

Tuttavia, i potenti della società e della politica non apprezzano che le pedine del loro gioco salgano per accaparrarsi il loro potere, un tema che viene fortemente enfatizzato negli ultimi 25 minuti del film. Ciò si collega direttamente al concetto di prevaricazione, che in Nessuna mossa improvvisa si riflette nella tranquilla ambizione di Goynes, che desidera superare persone come Mike Lowen, e di Russo, che gioca bene le sue carte per ostacolare boss mafiosi come Capelli. La sete di salire verso l’alto e di raccogliere i frutti degli uomini potenti evoca il tema dell’Overreacher rinascimentale, che ha una folle sete di conoscenza vietata a quelli come lui e che quindi brucia velocemente quando vola troppo vicino al sole.

Goynes paga a caro prezzo le sue ambizioni, messo alle strette da varie bande, soprattutto quella di Watkins, a cui aveva rubato anni prima un importante registro. E poi ci sono magnati aziendali come Lowen, che non si fermano davanti a nulla pur di ostacolare chi osa mettere in discussione lo status quo stabilito, non facendosi scrupolo di lasciare una grande scia di cadaveri pur di raccogliere profitti. Purtroppo, alla fine, i disonesti e i potenti hanno la meglio.

Don Cheadle e Benicio Del Toro in No Sudden Move
Don Cheadle e Benicio Del Toro in No Sudden Move. Foto di © 2021 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved.

Cosa succede a Russo e Goynes alla fine?

Mentre Charley viene ucciso molto prima in No Sudden Move da Goynes, lavora a stretto contatto con Russo nonostante i due uomini siano costantemente diffidenti nei confronti dell’altro. Condividendo l’onere di essere dei ricercati che hanno osato ficcare il naso in questioni al di fuori della loro portata, Goynes e Russo si fanno abilmente strada nella cospirazione e riescono quasi a farla franca con un’enorme somma di denaro. Tuttavia, i due criminali fanno una fine molto diversa quando le loro strade si separano, un risultato che può essere attribuito solo alla pura fortuna.

Nonostante sia perseguitato da Capelli e Watkins, Goynes riesce miracolosamente ad arrivare alla fine grazie a un accordo a metà strada con la banda di Watkins, che lo salva dal detective Joe Finner (Jon Hamm) proprio all’ultimo minuto. Avendo perso tutto ciò per cui aveva lavorato, Goynes si accontenta della sua vita e dei 5.000 dollari che gli erano stati promessi per il lavoro e decide di cogliere l’occasione per partire per Kansas City per una vita apparentemente più tranquilla. Dall’altra parte, Russo scappa con Vanessa (Julia Fox), moglie di Capelli, dopo che gli sono rimasti 400.000 dollari dopo aver venduto i documenti al miglior offerente. Tuttavia, mentre i due sono in viaggio, Vanessa gli spara a bruciapelo, lasciandolo nel bel mezzo del nulla, dimenticato dalla vita.

Il vero significato del finale

No Sudden Move si conclude con una serie di tradimenti e colpi di scena, tra cui Vanessa che spara a Russo, per poi essere accolta dagli uomini di Lowen che le sottraggono la valigia piena di denaro. Il detective Finner, che inizialmente sembra interessato a svelare la verità, si rivela una pedina del grande gioco, poiché lavora direttamente per giganti aziendali come Lowen, eseguendo i loro ordini. La concezione superficiale e infranta del Sogno Americano viene attuata a spese di milioni di persone, che si ritrovano discriminate, socialmente svantaggiate e sotto gli artigli della criminalità e della povertà.

Nel frattempo, i piani alti della scala del potere rimangono ancora nascosti: chi è che tira davvero i fili? Indipendentemente dal punto di vista di ciascuno, No Sudden Move sottolinea la natura vuota dell’esistenza in un mondo pieno di crimini, il prezzo che si deve pagare nel processo e la sobria semplicità di una vita pittoresca e limitata. Un finale dunque amaro, con cui Soderbergh – similmente a quanto fatto anche con film come Panama Papers e il già citato Black Bag mira a smascherare volti spiacevoli della società contemporanea.

Dirty Dancing – Balli proibiti: la storia vera dietro il film

Dirty Dancing – Balli proibiti: la storia vera dietro il film

Ricordato come uno dei più celebri film sentimentali di sempre, Dirty Dancing – Balli proibiti vanta ancora oggi un grandissimo numero di fan, ed è continuamente citato da opere che ad esso si ispirano. Diretto nel 1987 dall’allora esordiente Emile Ardolino, il film contribuì a rendere delle vere e proprie star gli attori Patrick Swayze e Jennifer Grey, i quali però dovettero poi faticare per riuscire ad affermarsi al di là di questo film, indicato ancora oggi come uno dei loro migliori e più grandi successi.

Le numerose peripezie furono poi ripagate al momento dell’uscita in sala del film. Questo riscontrò infatti un grandissimo successo di pubblico in tutto il mondo, facendo sognare intere generazioni, divenendo con il tempo un vero e proprio cult, nonché uno dei migliori film sulla danza. A fronte di un budget di soli 5 milioni di dollari, inoltre, il film arrivò ad incassarne a livello globale oltre 214, affermandosi come uno dei maggiori successi dell’anno. Anche la critica apprezzò il film, lodando la chimica di coppia presente tra i due protagonisti come anche le coreografie realizzate per le iconiche scene di ballo.

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La trama di Dirty Dancing

La storia è quella di Frances Houseman (Jennifer Grey), detta “Baby”, una diciassettenne che si ritrova a trascorrere le proprie vacanze estive in compagnia della ricca famiglia presso un villaggio turistico a Catskils. Annoiata dalla quotidianità e concentrata unicamente sul proprio futuro universitario, la giovane si ritrova poi inaspettatamente a fare la conoscenza di Johnny Castle (Patrick Swayze), affascinante insegnante di ballo del resort presso cui Frances soggiorna. La ragazza si sente da subito attratta dal giovane, e lentamente lascia che lui la introduca al mondo della danza.

Dirty Dancing - Balli proibiti spiegazione finale film
Jennifer Grey e Patrick Swayze in Dirty Dancing – Balli proibiti. Foto di © 1987 Lions Gate Home Ent.

La tranquillità delle loro giornate viene interrotta nel momento in cui Penny, assistente ballerina di Johnny, rimane incinta e si ritrova a dover abortire clandestinamente, aiutata da dal padre di Frances, medico di professione. Questi, convinto che sia stato Johnny a mettere nei guai la ragazza, proibisce alla figlia di continuare a vedere il ragazzo. Baby, però, sceglie di disubbidire al genitore, e anzi si offre come sostituta di Penny per un’importante competizione di ballo. Lei e Johnny iniziano così a legarsi sempre di più l’uno all’altro, dovendo però evitare di essere scoperti, cosa che comporterebbe rischi per entrambi.

La storia vera dietro il film

Dirty Dancing – Balli proibiti è stato scritto da Eleanor Bergstein, la quale raccontò di aver basato la storia sulle proprie esperienze da adolescente. La sceneggiatrice, infatti, era solita trascorrere le proprie vacanze estive frequentando competizioni di ballo. Ella stessa, in occasione di queste, si assegnò il soprannome di “Baby”, lo stesso poi utilizzato per la protagonista del film. Desiderosa di dar vita ad un film basato sulla danza, la Bergstein iniziò così a scrivere la storia di Dirty Dancing – Balli proibiti. Ebbe tuttavia difficoltà nel vendere la sua storia, salvo poi imbattersi nella Vestron Pictures, la quale sostenne il progetto.

Un altra storia interessante legata ai film è quella di Jennifer Grey, il cui ingaggio ha avuto diverse somiglianze con il percorso di Baby nel film. L’attrice era inizialmente considerata una scelta improbabile per la parte, finché un momento chiave non l’ha distinta dal gruppo. Grey era reduce dal film in Una pazza giornata di vacanza del 1986 – dove aveva interpretato la sprezzante e cattiva sorella adolescente di Ferris Bueller, Jeanie Bueller – quando fece il provino per il ruolo di Baby. Nel film, avvicinandosi al mondo della danza con una vulnerabilità da bambina, Baby si allontana dalla vita curata che conosce come figlia adorata dello stimato dottor Houseman, si innamora e conclude l’estate non più da bambina, ma da donna.

Jennifer Grey in Dirty Dancing - Balli proibiti
Jennifer Grey in Dirty Dancing – Balli proibiti. Foto di © 1987 Lions Gate Home Ent.

Il film è dunque incentrato su Baby combattuta tra il suo ruolo di figlia, alla disperata ricerca dell’approvazione e dell’amore del padre, e il suo desiderio di essere una donna a sé stante: una lotta che la Grey racchiuse nel primo minuto del suo provino. Secondo la produttrice del film, Linda Gottlieb, “Jennifer Grey è stata spinta nella stanza dei provini da suo padre e ci siamo innamorati”. La scrittrice di Dirty Dancing Eleanor Bergstein concorda, dicendo: “Quando [la Grey] è entrata, ha detto al padre ”Augurami buona fortuna, papà“, ed letteralmente diventata Baby… da quel momento in poi è stata l’unica persona che volevo”.

Avendo in quel periodo stata scartata dal provino per quello che sarebbe stato un altro grande film di danza degli anni ’80, Flashdance, la Grey era incredibilmente nervosa quando ha fatto l’audizione per la Baby di Dirty Dancing – Balli proibiti. A peggiorare le cose, c’era un’agguerrita concorrenza per il ruolo. I produttori avevano già messo gli occhi su Sarah Jessica Parker per la parte, famosa per i suoi ruoli nei successi di danza Footloose e Girls Just Want to Have Fun.

Dopo aver quindi salutato il padre, la Grey si rivolse a Gottlieb e disse: “So che non dovrei dirlo, ma sarei fantastica in questo ruolo” e procedette a ballare con grande energia sulle note dei Jackson Five. La Grey non sapeva che si era aggiudicata la parte prima ancora di iniziare a ballare. La Baby di Dirty Dancing – Balli proibiti è diventata, e continua ad essere, uno dei ruoli più iconici nella storia del cinema, nato dall’affetto e dalla fiducia della Grey nei confronti del padre e dalla sua determinazione a ottenere il ruolo dei suoi sogni.

Rufus Sewell, Tony Goldwyn e Justin Theroux in Billion Dollar Spy

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Billion Dollar Spy, thriller ambientato nella Guerra Fredda di Walden Media e Weed Road Pictures, ha aggiunto al cast Rufus Sewell, Tony Goldwyn e Justin Theroux, mentre Russell Crowe e Harry Lawtey sono già sul set a Budapest, in Ungheria.

Tony Goldwyn avrà il ruolo dell’agente della CIA Burton Gerber, Rufus Sewell quello del capo dell’ufficio CIA di Mosca, Gus Hathaway, e Justin Theroux quello dell’agente della CIA Van Spencer. Inoltre, Tennyson Crowe si unisce al cast nel ruolo di Sasha Tolkachev, figlio di Adolf, nell’adattamento diretto da Amma Asante del libro dell’autore premio Pulitzer David E. Hoffman.

Billion Dollar Spy racconta la vera storia della spia sovietica Adolf Tolkachev, interpretato da Crowe. Lawtey interpreta il contatto di Tolkachev con la CIA all’interno della stazione di Mosca. Precedentemente annunciata, Vera Farmiga interpreterà la moglie di Tolkachev, Natasha, mentre Willa Fitzgerald interpreterà Mae Lenihan. Tolkachev era tra le risorse più preziose della CIA durante la Guerra Fredda. Deluso dal regime sovietico, Tolkachev rischiò la vita per consegnare migliaia di pagine di informazioni top secret agli Stati Uniti. Un ritratto di Tolkachev, con una telecamera spia in mano, è ancora appeso nel quartier generale della CIA a Langley, in Virginia; l’unico ritratto non americano presente.

Frank Smith, Benjamin Tappan e Cher Hawrysh di Walden Media sono i produttori, insieme ad Akiva Goldsman e Greg Lessans di Weed Road Pictures. Jane Hooks e Naia Cucukov sono i produttori esecutivi. Ildiko Kemeny, David Minkowski e Ferenc Szále di Pioneer Stillking Films saranno i coproduttori. Hanway Films si occupa delle vendite internazionali e CAA Media Finance dei diritti nazionali.

Dare vita a Billion Dollar Spy richiede molto più di una semplice grande regia: richiede un cast in grado di incarnare l’intensità emotiva e il silenzioso eroismo di queste persone reali“, ha affermato Frank Smith, Presidente e CEO di Walden Media. “Sotto la direzione di Amma, siamo fiduciosi che questo cast di attori straordinari offrirà interpretazioni che renderanno giustizia all’avvincente libro di David Hoffman e allo straordinario atto di coraggio di Tolkachev”.

Siamo entusiasti che un progetto così entusiasmante, con un team straordinario alle spalle, sia finalmente in produzione e non vediamo l’ora di condividere ulteriori novità con gli acquirenti a Cannes“, ha dichiarato Gabrielle Stewart, CEO di HanWay Films.

Una Fottuta Bugia: dal 17 maggio al cinema

Una Fottuta Bugia: dal 17 maggio al cinema

Dopo essere stato presentato in anteprima all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma all’interno di Alice nella Città la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata alle giovani generazioni e aver vinto numerosi premi nei maggiori festival internazionali indipendenti come Athens Indie Film Festival, LA Indies, San Diego Independent Cinema Awards e Boston Indie Film Festival, Una fottuta bugia di Gianluca Ansanelli arriva nei cinema dal 17 maggio con Play Entertainment.

Una fottuta bugia è un dramedy in cui un giovane ex-enfant prodige squattrinato (Emanuele Propizio) si trova, suo malgrado, costretto a fingersi malato di cancro per non essere sfrattato di casa. L’incontro con Claudia (Antonia Fotaras), una ragazza malata terminale, lo costringe a confrontarsi col suo castello di bugie.

La trama di Una Fottuta Bugia

Pietro (Emanuele Propizio) è un ex-enfant prodige della pubblicità che oggi, a quasi trent’anni viene regolarmente scartato ai provini e sbarca il lunario insegnando teatro ai ragazzini della parrocchia. Vive in un modesto appartamento della diocesi con Nicolas (Giampaolo Morelli) un infermiere dall’indole casinara e menefreghista, divorziato con moglie e figlio a carico. Quando i due rischiano di essere sfrattati dal prete, Nicolas inventa l’orrenda bugia che il suo inquilino è malato di cancro. Inizialmente Pietro subisce la cosa impotente ma poi, proprio quando decide di confessare tutto, conosce Claudia (Antonia Fotaras), una ragazza veramente malata, che malgrado le sue gravi condizioni di salute, sprizza vitalità da tutti i pori. Tra i due ragazzi si crea un indissolubile legame a cui Pietro non vuole rinunciare. Riuscirà a gestire i suoi sentimenti senza ferire quelli di Claudia?

Shōgun – stagione 2: al via le riprese della seconda stagione

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Shōgun – stagione 2: al via le riprese della seconda stagione

Gina Balian, President, FX Entertainment, ha annunciato che le riprese della seconda stagione di Shōgun, la serie drama di successo mondiale di FX e Disney+ basata sull’omonimo romanzo di James Clavell, inizieranno a gennaio a Vancouver. Shōgun, il titolo più visto nella storia di FX, è prodotto da FX Productions.

Rachel Kondo e Justin Marks, creatori della serie televisiva, hanno di recente terminato i lavori nella writers’ room dedicata alla creazione di un capitolo completamente nuovo rispetto alla prima stagione, che era un adattamento originale del romanzo bestseller di James Clavell.

Nella prima stagione, Lord Yoshii Toranaga (Hiroyuki Sanada) ha lottato per la sua vita mentre i suoi nemici nel Consiglio dei Reggenti si coalizzavano contro di lui. Quando una misteriosa nave europea è stata trovata abbandonata in un villaggio vicino, il suo pilota inglese John Blackthorne (Cosmo Jarvis) ha condiviso con Toranaga segreti strategici che hanno ribaltato le sorti del potere in suo favore per vincere una guerra civile destinata a segnare un secolo.

La seconda parte di Shōgun è ambientata dieci anni dopo gli eventi della prima stagione e porta avanti la saga ispirata a fatti storici di questi due uomini provenienti da mondi diversi, i cui destini sono inevitabilmente intrecciati.

Marks e Kondo sono gli executive producer insieme a Michaela Clavell, Edward L. McDonnell e Michael De Luca. Hiroyuki Sanada, di ritorno nei panni di “Toranaga”, è stato promosso al ruolo di executive producer della seconda stagione. Cosmo Jarvis riprenderà a sua volta il ruolo di “Blackthorne” e sarà co-executive producer.

La prima stagione di Shōgun ha vinto 18 premi Emmy, stabilendo il record per il maggior numero di premi Emmy vinti da una sola stagione di una serie. È stata la prima serie di FX a vincere il premio nella categoria Miglior serie drama. Hiroyuki Sanada è diventato il primo attore giapponese a vincere un Emmy nella categoria Miglior attore protagonista in una serie drama, mentre Anna Sawai è entrata nella storia come la prima attrice di origine asiatica a vincere come Miglior attrice protagonista nella stessa categoria. La serie, diventata un fenomeno globale, ha ottenuto numerosi altri riconoscimenti, tra cui il Golden Globe Award nella categoria Miglior serie televisiva – Drama, AFI TV Program of the Year, e, tra gi altri, i premi più prestigiosi di SAG, WGA, DGA, PGA, TCA, the Independent Spirit Awards.

Acqua Benedetta: recensione del documentario di Antonio Petrianni

Acqua che scorre, acqua che straborda e va arginata, acqua croce e delizia. In poche parole, Acqua Benedetta, titolo del documentario diretto da Antonio Petrianni, prodotto da Luca Lardieri, Francesco Madeo, Mattia Nicoletti e scritto da Christian Mastrillo. Un’opera che è il frutto di anni e anni di ricerche sul territorio pontino poi espanse anche in territori più lontani ma qui legati insieme da quel filo rosso che è il tema dell’acqua e del corpo, del loro rapporto e dei lati oscuri a cui possono dar vita.

La trama di Acqua Benedetta

«Non tutti i luoghi sono abitabili, non tutti i corpi sono vivibili. Non esiste il bene, non esiste il male… esiste solo la natura. Questo luogo è una macchina perfetta. L’uomo non lo può abitare. Per il suo corpo, inadeguato, quell’acqua è veleno». L’acqua preme sotto la pelle e ristagna sulla terra, si insinua nei tessuti, satura l’aria. Tra annegamento e siccità, tra reni e terreni, vene e canali, tra meccanica idraulica e medicina. Uomo e Natura restano in bilico. Ma su cosa poggia il nostro equilibrio?

Sulla base di questa premessa, Acqua Benedetta racconta tre vite segnate dalla dialisi, offrendo uno sguardo profondo sul corpo come luogo di resistenza e sull’acqua come elemento vitale e insieme minaccioso (tema che accomuna il film, con le ovvio differenze nel punto di vista, al documentario Aquarela, presentato nel 2018 al Festival di Venezia). Attraverso le testimonianze di Carlo Alberto Cecconi, Serena Scaramella e Oise Amidei, il documentario invita dunque a riflettere sul nostro rapporto con l’ambiente e con ciò che ci tiene in vita.

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Acqua Benedetta di Antonio Petrianni © Dreamcatchers Entertainment

Affrontare la malattia a testa alta

È un parallelismo ardito quello proposto con Acqua Benedetta, che lega il corpo umano al “corpo” della terra. L’Agro Pontino non è infatti semplice sfondo, ma vero e proprio protagonista del racconto. Un paesaggio simbolo di memoria e identità, che respira con i quanti lo abitano e che con i protagonisti umani del documentario ha in comune la necessità di essere monitorato salvaguardato. A partire da questo concetto viene dunque mostrato il lavoro richiesto da entrambe le situazioni.

Un lavoro lungo, nascosto e che richiede pazienza, svolto di notte o di mattina presto, lontano da occhi indiscreti e i loro possibili giudizi. Giudizi che il documentario cerca di anticipare portando ad esplorare queste dinamiche, facendo assistere alle giornate tipo dei protagonisti individuati, che tra un sorriso e un silenzio colmo di speranza per il futuro ambiscono a dare il massimo valore ad ogni giornata. Ed è proprio negli scorci del loro quotidiano, indubbiamente doloroso e difficile, che gli autori di Acqua Benedetta riescono a far emergere momenti di grande umanità.

Come quelli di Carlo Alberto Cecconi, che affronta la vita con umorismo senza nascondere la sua rabbia per il modo con cui questa lo ripaga, o ancora Serena Scaramella, il cui amore per il figlio è ciò che la spinge ad andare avanti giorno dopo giorno. O Oise Amidei, che vive nel ricordo del figlio Fabio. Emozioni e stati d’animo comuni, certo, ma che nei protagonisti di Acqua Benedetta acquisiscono un valore in più, proprio in virtù di quella malattia che costringe a fermarsi e rivalutare ogni cosa.

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Acqua Benedetta di Antonio Petrianni © Dreamcatchers Entertainment

Curare il corpo e il territorio

Alle loro vicende si intreccia dunque il racconto della bonifica, della conservazione dei canali dell’Agro Pontino, della pulizia delle acque e, di conseguenza, dell’inquinamento di esse. A questa parte del racconto vengono dedicate inquadrature di grande fascino, che mostrano il paesaggio naturale in tutta la sua gloria e forniscono al film quel respiro che puntualmente è necessario riprendersi prima di rituffarsi negli abissi del mondo della dialisi. Una costruzione che mira però a sottolineare il nostro far parte di un tutto, di cui è dunque indispensabile avere cura.

Acqua Benedetta non è un film facile, non offre più di tante indicazioni ai suoi spettatori, con il rischio di perdersi tra i vari protagonisti, i loro luoghi e il susseguirsi delle loro vicende. Però, se si ha pazienza e ci si abbandona al flusso delle immagini e delle parole, alla fine il racconto si svela e spinge anche a ripensare a quanto visto a partire da nuove consapevolezze. Il risultato è dunque un racconto suggestivo, che affascina visivamente e trova anche il suo posto nel cuore.

Bono: Stories of Surrender, in arrivo il primo film disponibile in Apple Immersive Video

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Apple Original Films ha presentato il trailer di Bono: Stories of Surrender, il nuovo documentario evento che offre un’esplorazione visiva lirica e audace dell’omonimo one-man show di Bono, in arrivo il 30 maggio su Apple TV+. Basato sull’autobiografia “Surrender: 40 canzoni, una storia” e dal tour teatrale che la accompagna, il film è prodotto da RadicalMedia e Plan B Entertainment, con la regia di Andrew Dominik.

“Bono: Stories of Surrender” è una vivida rivisitazione del one-man show di Bono, acclamato dalla critica, ”Stories of Surrender: An Evening of Words, Music and Some Mischief…”, in cui Bono apre il sipario al racconto di una vita straordinaria: la sua famiglia, gli amici e la fede che lo ha sfidato e sostenuto, rivelando storie personali sul suo percorso di figlio, padre, marito, attivista e rockstar. Oltre a filmati esclusivi e inediti degli spettacoli al Beacon Theatre, il film presenta performance live di Bono che esegue molti dei brani più iconici degli U2 che hanno segnato la sua vita e la sua eredità.

Apple Immersive Video

Su Apple Vision Pro, “Bono: Stories of Surrender (Immersive)” sarà il primo lungometraggio disponibile in Apple Immersive Video, uno straordinario formato multimediale registrato in 8K con audio spaziale per riprodurre un video a 180 gradi che pone gli spettatori sul palco con Bono e al centro della sua storia.

Jon Kamen e Dave Sirulnick di RadicalMedia (“Summer of Soul”, “Hamilton”, “David Byrne’s American Utopia”), vincitori di premi Oscar e Emmy, producono insieme a Plan B Entertainment (“F1”, “Moonlight”, “12 anni schiavo”) di Brad Pitt, Dede Gardner e Jeremy Kleiner, vincitori di premi Oscar®. Bono è produttore esecutivo insieme a Jennifer Pitcher (“Kiss The Future”) e Kelly McNamara (“V-U2 an Immersive Concert Film at Sphere Las Vegas”).

Sorelle Sbagliate: trailer della miniserie Prime Video con Jessica Biel ed Elizabeth Banks

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Prime Video ha svelato il trailer dell’appassionante crime drama Sorelle Sbagliate, con Jessica Biel ed Elizabeth Banks. Tutti gli otto episodi dell’attesissima miniserie prodotta da Amazon MGM Studios e Tomorrow Studios (parte di ITV Studios) debutteranno giovedì 29 maggio 2025 su Prime Video in oltre 240 Paesi e territori nel mondo.

La trama e il cast della serie Sorelle Sbagliate

Basata sul libro dell’autrice di bestseller Alafair Burke, Sorelle sbagliate è una miniserie thriller elettrizzante in 8 episodi che racconta di tutte quelle cose orribili capaci di allontanare due sorelle e, alla fine, di farle riavvicinare. Chloe (Jessica Biel), una media executive di alto profilo, vive una vita da sogno con l’affascinante marito avvocato Adam (Corey Stoll) e il figlio adolescente Ethan (Maxwell Acee Donovan), mentre la sorella separata Nicky (Elizabeth Banks) lotta per arrivare a fine mese e rimanere pulita. Quando Adam viene brutalmente assassinato, i sospetti sul presunto assassino scuotono profondamente la famiglia, riunendo le due sorelle, che cercano di sbrogliare una complicata storia familiare per scoprire la verità dietro la sua morte.

La serie vede nel cast Jessica Biel nel ruolo di Chloe Taylor, Elizabeth Banks nei panni di Nicky Macintosh, Corey Stoll interpreta Adam Macintosh, Kim Dickens è la Detective Nancy Guidry, Maxwell Acee Donovan nel ruolo di Ethan Macintosh, Bobby Naderi nei panni del Detective Matt Bowen, Gabriel Sloyer è Jake Rodriguez, Gloria Reuben è Michelle Sanders, con Matthew Modine nel ruolo di Bill Braddock e Lorraine Toussaint in Catherine Lancaster.

Sorelle Sbagliate è prodotta da Amazon MGM Studios e Tomorrow Studios (parte di ITV Studios). Olivia Milch (Ocean’s 8) e Regina Corrado (Mayor of Kingstown) sono executive producer e showrunner. Il regista della serie Craig Gillespie (Pam & Tommy) e Annie Marter sono executive producer per Fortunate Jack Productions insieme a Marty Adelstein, Becky Clements e Alissa Bachner per Tomorrow Studios (One Piece), e a Jessica Biel e Elizabeth Banks, Michelle Purple e Kerry Orent.

Landman: Sam Elliott si unirà al cast della seconda stagione della serie

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Paramount+ ha annunciato che il candidato all’Oscar e vincitore del Screen Actors Guild Award Sam Elliott (1883) si unirà al cast della seconda stagione della serie di successo di Taylor Sheridan, Landman.

Sam Elliott ha vinto lo Screen Actors Guild Award per il suo ruolo in 1883 di Taylor Sheridan e ha ricevuto una nomination agli Oscar e un premio dal National Board of Review per la sua performance in A Star Is Born. Le sue numerose performance cinematografiche includono The Big Lebowski, Tombstone e The Contender. Per la televisione, Elliott ha vinto il Critics Choice Award per la sua interpretazione in Justified, oltre a Parks & Rec, Grace and Frankie e The Ranch.

I protagonisti di LANDMAN sono il vincitore dell’Oscar Billy Bob Thornton, la candidata all’Oscar Demi Moore, il candidato all’Oscar Andy Garcia, il candidato all’Oscar Sam Elliott, Ali Larter, Jacob Lofland, Michelle Randolph, Paulina Chávez, Kayla Wallace, Mark Collie, James Jordan e Colm Feore.

La serie drammatica originale LANDMAN è creata da Taylor Sheridan e Christian Wallace e la produzione della seconda stagione è attualmente in corso in Texas.

Di cosa parla la serie Landman

LANDMAN è ambientata nelle proverbiali città in espansione del Texas occidentale ed è una storia moderna di ricerca della fortuna nel mondo delle piattaforme petrolifere. Basata sul noto podcast in 11 episodi“Boomtown” di Imperative Entertainment e Texas Monthly, la serie racconta una storia di operai e miliardari senza scrupoli che alimentano un business così grande da rimodellare il nostro clima, la nostra economia e la nostra geopolitica.

Billy Bob Thornton ha ottenuto una nomination ai Golden Globe come Miglior Attore in una Serie Drammatica per il suo ruolo in LANDMAN come Tommy Norris. I produttori esecutivi della serie sono: Taylor Sheridan, David C. Glasser, David Hutkin, Ron Burkle, Bob Yari, Christian Wallace, Billy Bob Thornton, Geyer Kosinski, Michael Friedman e Stephen Kay. Dan Friedkin e Jason Hoch per Imperative Entertainment, e J.K. Nickell e Megan Creydt per Texas Monthly sono anche produttori esecutivi. Tommy Turtle è co-produttore esecutivo. La serie è prodotta da MTV Entertainment Studios, 101 Studios e Bosque Ranch Productions di Sheridan. Landman è distribuito da Paramount Global Content Distribution.

La prima stagione di LANDMAN è sempre disponibile in streaming in esclusiva su Paramount+ e rappresenta l’ultimo titolo che si aggiunge alla crescente lista di produzioni di Sheridan su Paramount+ che include: 1923, 1883, Lioness, Mayor of Kingstown, Tulsa King e Lawmen: Bass Reeves.

Generazione Fumetto: il trailer del film di Omar Rashid

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Generazione Fumetto: il trailer del film di Omar Rashid

Valmyn è lieta di rilasciare il trailer del progetto cinematografico Generazione Fumetto – dedicato alla cultura del fumetto – scritto e diretto da Omar Rashid – realizzato in collaborazione con Lucca Comics & Games (consulente artistico per il film).

Il trailer condensa lo spirito del documentario: Generazione Fumetto esplora infatti il mondo di questo universo immaginario attraverso interviste ad alcuni degli artisti più rappresentativi e seguiti del panorama italiano, diversi per stili e background, ma tutti nati negli anni ’80 e che sono stati in grado di utilizzare il proprio lavoro come veicolo di espressione personale, critica politica e sociale e identità individuale: Mirka Andolfo, Giacomo Bevilacqua, Rita Petruccioli, Sara Pichelli, Maicol & Mirco, Sio e Zerocalcare.

Generazione Fumetto racconta un universo che negli ultimi 10 anni è editorialmente esploso ed è diventato da arte di nicchia, o addirittura considerata “minore”, a fenomeno in ascesa e mainstream, e lo vuole raccontare non solo agli appassionati del genere ma anche a chi di fumetto sa poco ed è incuriosito da questo medium, fatto di immagini e testo, semplice e complesso allo stesso tempo.

In attesa della prossima uscita in sala Generazione Fumetto avrà due appuntamenti importanti in fiere di settore con panel dedicati e special preview: il primo maggio al Comicon di Napoli e poi nuovamente a giugno a Milano al Best Movie Comics and Games, in entrambi i casi alla presenza del regista e di alcuni dei protagonisti.

Generazione Fumetto permette di avvicinarsi ai fumettisti non solo come artisti talentuosi e unici, ma anche come persone con passioni, sogni, valori forti e particolarità: le interviste sono avvenute prima nelle loro abitazioni, per coglierli nella loro quotidianità e osservarli durante le fasi operative del processo creativo, per poi spostarsi nelle fumetterie di fiducia, dove gli artisti hanno condiviso opinioni, fonti di ispirazione e motivazioni, creando un dialogo virtuale anche con altri nomi del mondo del fumetto italiano e internazionale. Ma il viaggio non si limita ai soli artisti; il documentario fa conoscere da vicino anche le loro fanbase, i loro editori, gli specialisti, i curatori e le figure di maggiore spicco di questo mondo/industria che, quasi unico nel panorama culturale e letterario, ogni anno accresce la sua influenza e popolarità, rendendo il fumetto uno dei linguaggi fondamentali per raccontare il nostro presente.

La trama di Generazione Fumetto

Generazione Fumetto è un documentario intimo e approfondito che esplora l’evoluzione, l’influenza e le prospettive del fumetto italiano contemporaneo. Partendo da 7 artisti emblematici della nuova generazione – Zerocalcare, Giacomo Bevilacqua (Keison), Michael Rocchetti (Maicol & Mirco), Simone Albrigi (Sio), Mirka Andolfo, Sara Pichelli e Rita Petruccioli – il film indaga lo status del fumetto come linguaggio artistico, la sua evoluzione, il suo impatto sulla cultura, e le possibili traiettorie future.

Generazione Fumetto è prodotto da Valmyn di Alessandro Tiberio, in collaborazione con Lucca Comics & Games. Verrà distribuito prossimamente al cinema con Valmyn.

Intervista la regista Omar Rashid

Thunderbolts*: intervista a Julia Louis-Dreyfus e Geraldine Viswanathan

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In sala dal 30 aprile, Thunderbolts* è il film conclusivo della Fase 5 del MCU e in occasione della presentazione, abbiamo intervistato Julia Louis-Dreyfus e Geraldine Viswanathan che nel film interpretano Valentina Allegra de Fountaine e la sua assistente Mel. Ecco cosa hanno detto del film.

Leggi la recensione di Thunderbolts*

Diretto da Jake Schreier (Paper Towns), il cast di Thunderbolts* comprende Sebastian Stan nel ruolo di Bucky Barnes, Hannah John-Kamen nel ruolo di Ava Starr alias Ghost, Wyatt Russell nel ruolo di John Walker, David Harbour nel ruolo di Alexei Shostakov alias Red Guardian, Olga Kurylenko nel ruolo di Antonia Dreykov alias Taskmaster, Harrison Ford nel ruolo del Generale Thaddeus ‘Thunderbolt’ Ross e Lewis Pullman nel ruolo di Bob alias Sentry.

In Thunderbolts*, i Marvel Studios riuniscono una insolita squadra di antieroi: Yelena Belova, Bucky Barnes, Red Guardian, Ghost, Taskmaster e John Walker. Dopo essersi ritrovati nel mezzo di una trappola mortale orchestrata da Valentina Allegra de Fontaine, questi emarginati disillusi devono affrontare una missione pericolosa che li costringerà a confrontarsi con gli aspetti più oscuri del loro passato. Questo gruppo disfunzionale si distruggerà dall’interno o riuscirà a trovare redenzione, unendosi e trasformandosi in qualcosa di più grande, prima che sia troppo tardi?

Florence Pugh riprende il ruolo di Yelena Belova, sorella di Vedova Nera (e una delle parti migliori della serie MarvelDisney+ Occhio di Falco). Inoltre, Julia Louis-Dreyfus interpreta Valentina Allegra de Fontaine, con Geraldine Viswanathan nei panni di Mel, la sua assistente (che sostituisce una Ayo Edebri estremamente impegnata e piena di impegni).

Lo sceneggiatore di Black Widow e Thor: Ragnarok Eric Pearson si unisce agli sceneggiatori di Beef Lee Sung Jin e Joanna Calo. Un trailer è stato mostrato a porte chiuse al San Diego Comic-Con. Thunderbolts* arriverà nelle sale il 30 aprile 2025, in ritardo rispetto alla precedente data di uscita del 20 dicembre 2024 a causa degli scioperi della WGA e della SAG-AFTRA. Nel frattempo, restate aggiornati sul MCU con la nostra guida alla storia della Fase 5 della Marvel e con uno sguardo a ciò che deve ancora venire nella Fase 6 della Marvel.

Thunderbolts* è diretto da Jake Schreier e Kevin Feige è il produttore. Louis D’Esposito, Brian Chapek, Jason Tamez e Scarlett Johansson sono i produttori esecutivi.

A Complete Unknown, dal 7 maggio su disponibile su Disney+

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A Complete Unknown, dal 7 maggio su disponibile su Disney+

Diretto dal candidato all’Academy Award® James MangoldA Complete Unknown mostra un ritratto intimo del periodo di trasformazione di Bob Dylan nei primi anni ’60. Il candidato all’Academy Award® Timothée Chalamet offre un’interpretazione avvincente nei panni di Dylan, catturandone l’evoluzione da promettente artista folk a icona culturale. Il film esplora i rapporti di Dylan con contemporanei come Woody Guthrie (Scoot McNairy), Joan Baez (Monica Barbaro) e Pete Seeger (Edward Norton), la cui influenza ha plasmato il suo stile iniziale e la cui reazione alla celebre esibizione elettrica dello stesso Dylan al Newport Folk Festival è diventata leggenda. Il film debutterà in Italia il 7 maggio in esclusiva su Disney+.

A Complete Unknown, alla ricerca di Bob Dylan: Timothée Chalamet, Edward Norton, Monica Barbaro e James Mangold a Roma

Il film Searchlight Pictures A Complete Unknown è Certified-Fresh e Certified Hot su Rotten Tomatoes™. La critica ha lodato la prova di Chalamet e The Hollywood Reporter ha sottolineato: “Timothée Chalamet regala un’interpretazione elettrizzante e trasformativa”.

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