Adler Entertainment è lieta di
riportare sul grande schermo Lo squalo(Jaws), il capolavoro di
Steven Spielberg, il primo
blockbuster estivo, capostipite degli shark movie e autentico
manifesto della tensione cinematografica, che tornerà nei cinema
italiani dall’1 al 3 settembre, in occasione del 50°
anniversario e dopo aver terrorizzato milioni di spettatori al
mondo.
Uscito negli Stati Uniti nell’estate
del 1975 e accolto da un successo planetario, Lo squalo ha
terrorizzato intere generazioni con la sua minaccia invisibile e
inarrestabile che arriva dal profondo. L’iconica colonna sonora
firmata da John Williams, che grazie ad essa vinse il suo
secondo Oscar, è entrata nell’immaginario collettivo: due sole note
che bastano a far crescere la paura per un predatore che non lascia
scampo.
Fu proprio con Lo
squalo che venne lanciata la carriera di Steven Spielberg,
allora ventisettenne, spalancando la porta per i suoi futuri
successi. La produzione non fu semplice: lo squalo meccanico da
usare per le riprese non funzionava a dovere, le inquadrature sul
mare erano continuamente rovinate dalle imbarcazioni di passaggio e
il tempo di lavorazione triplicò rispetto a quanto previsto
inizialmente. Ma nonostante tutti gli imprevisti il film fu un
enorme successo al boxoffice mondiale e segnò il passo per tutti i
blockbuster successivi, dalle strategie di marketing e
distribuzione alle tecniche narrative e perfino alle
caratterizzazioni dei protagonisti. A cinquant’anni dalla sua prima
apparizione, questo film conserva intatta la sua forza: un
ritmo perfetto, una regia magistrale, personaggi iconici e una
colonna sonora da urlo, tanto che anche Quentin Tarantino lo ha
definito “il più grande film mai realizzato”.
Il ritorno in sala è
un’occasione unica per vivere (o rivivere) su grande schermo
l’esperienza di un classico assoluto, che ha dato il via a
un intero genere e che oggi continua a influenzare l’immaginario
contemporaneo, dagli shark movies ai film di sopravvivenza, dalle
serie TV ai videogame.
Lo squalo sarà in sala
con Adler dal 1 al 3 settembre.
La trama de Lo
Squalo
Diretto dal premio Oscar® Steven
Spielberg, Lo Squalo è uno dei film di maggior successo della
storia del cinema. Ha rivoluzionato l’industria cinematografica ed
è entrato nell’immaginario collettivo, grazie anche
all’indimenticabile colonna sonora di John Williams.
Quando ad Amity, una piccola
località sulla costa atlantica, un enorme squalo bianco attacca i
bagnanti, il capo della polizia (Roy Scheider), un giovane biologo
marino (Richard Dreyfuss) ed un cacciatore di squali (Robert Shaw)
decidono di affrontare il terribile animale prima che colpisca
ancora.
Dopo lo straordinario successo
riscontrato nel 2024, tornano le Masterclass e le Conversazioni con
grandi personalità del cinema all’82. Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica della Biennale di Venezia, per la seconda volta
nella location della Match Point Arena (250 posti) allestita al
Tennis Club Venezia al Lido (di fronte all’Hotel Excelsior,
ingresso aperto agli accreditati dell’82. Mostra).
In particolare cinque saranno le
Masterclass che vedranno come protagonisti: il regista tedesco
Werner Herzog (Leone d’oro alla carriera 2025) giovedì 28 agosto
alle 16.00; il regista cinese Jia Zhang-ke (Leone d’oro per il
miglior film nel 2006 per Still Life) sabato 30 agosto alle 16.00;
la leggendaria attrice americana Kim Novak (Leone d’oro alla
carriera 2025) mercoledì 3 settembre alle 16.00; il regista rumeno
Cristian Mungiu (giurato di Venezia 82, Palma d’oro 2007) giovedì 4
settembre alle 14.30; il regista taiwanese Tsai Ming-liang (Leone
d’oro per il miglior film nel 1994 con Vive l’amour) venerdì 5
settembre alle 16.00. Le Masterclass si potranno seguire anche in
livestream sul sito www.labiennale.org.
Saranno quattro le Conversazioni
organizzate da Cartier – The Art and Craft of Cinema, in
collaborazione con la Biennale, che vedranno dialogare la regista
americana premio Oscar Sofia Coppola (Leone d’oro per il miglior
film nel 2010 con Somewhere) con la costumista italiana quattro
volte premio Oscar Milena Canonero venerdì 29 agosto alle 15.30, il
regista e attore italiano Sergio Castellitto con la scrittrice
Margaret Mazzantini domenica 31 agosto alle 16.00, il regista
messicano premio Oscar Alfonso Cuarón (Leone d’oro per il miglior
film nel 2018 con Roma) lunedì 1 settembre alle 16.00 e la regista
neozelandese premio Oscar Jane Campion (Leone d’argento per
la migliore regia nel 2021 per The Power of the Dog) con la
produttrice britannica Tanya Seghatchia martedì 2 settembre alle
16.00.
Qui di seguito il calendario in
sintesi di Masterclass e Conversazioni alla Match Point Arena al
Lido (Lungomare Marconi angolo via Emo, di fronte all’Hotel
Excelsior), per tutti gli accrediti, senza prenotazione:
· Giovedì 28 agosto
ore 16.00 Masterclass di Werner Herzog (Leone d’oro alla carriera),
conduce Federico Pontiggia – Livestream labiennale.org
· Venerdì 29 agosto
ore 15.30 Conversazione tra Sofia Coppola e Milena Canonero,
conduce Stéphan Lerouge
· Sabato 30 agosto
ore 16.00 Masterclass di Jia Zhang-ke, conduce Elena Pollacchi,
critica cinematografica – Livestream labiennale.org
· Domenica 31 agosto
ore 16.00 Conversazione tra Sergio Castellitto e Margaret
Mazzantini, conduce Stéphan Lerouge
· Lunedì 1 settembre
ore 16.00 Conversazione con Alfonso Cuarón, conduce Stéphan
Lerouge
· Martedì 2 settembre
ore 16.00 Conversazione tra Jane Campion e Tanya Seghatchia,
conduce Stéphan Lerouge
· Mercoledì 3 settembre
ore 16.00 Masterclass di Kim Novak (Leone d’oro alla carriera),
conduce Giulia d’Agnolo Vallan – Livestream labiennale.org
· Giovedì 4 settembre
ore 14.30 Masterclass di Cristian Mungiu, conduce Angela Prudenzi –
Livestream labiennale.org
· Venerdì 5 settembre
ore 16.00 Masterclass di Tsai Ming-liang, conduce Elena Pollacchi –
Livestream labiennale.org
Le riprese della serie TV di
Harry
Potter della HBO sono in corso a Londra, con il
Maghetto interpretato da Dominic McLaughlin
nuovamente avvistato accanto all’imponente controfigura di Hagrid
interpretata da Nick Frost. Camminando insieme per
il centro di Londra, sembra che questa sia la scena che li precede
nell’ingresso a Diagon Alley.
Il film non ha dedicato molto tempo
a mostrare i due insieme nel mondo babbano. Tuttavia, sono state
girate scene di Hagrid nella metropolitana di Londra, che alla fine
sono state conteggiate tra le scene eliminate di Harry
Potter e la Pietra Filosofale.
Le carrozze risalgono tutte alla
fine degli anni ’90, a conferma ancora una volta che il reboot di
Harry Potter non ha spostato l’azione ai giorni
nostri. Questa decisione è stata accolta con favore dai fan che
temevano che questa rivisitazione del romanzo di J.K.
Rowling potrebbero tentare di rendere contemporaneo o
addirittura americanizzare il Mondo Magico.
Similmente al compianto Robbie Coltrane, l’interpretazione di Frost si
fonderà con questa controfigura più grande della vita, offrendoci
un Hagrid interpretato da una star ben nota, che si comporta bene
nei confronti del mezzo gigante, guardiacaccia e giardiniere della
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Molti sembrano concordare sul fatto
che sia positivo che la serie si affidi a questo tipo di regia
pratica, piuttosto che infilare Frost in un costume di motion
capture e rendere Hagrid un personaggio in computer grafica.
“Guardate, sono padre anch’io,
quindi sarò molto protettivo nei confronti dei bambini, e penso che
questo sia uno dei principi fondamentali del suo rapporto con quei
bambini”, ha recentemente detto l’attore a proposito del suo
approccio al personaggio. “È molto protettivo nei loro
confronti, e sinceramente non vedo l’ora.”
“Ho avuto l’opportunità di
andare a vedere alcuni set, e mi stanno facendo crescere la barba
alla Hagrid, e io sto vedendo il Cappello Parlante, e qui ci sono
delle bacchette magiche. È assolutamente incredibile”, ha
anticipato Frost. “Avere la possibilità di iniziare a imparare
la sceneggiatura di Francesca e di passare del tempo con [il
regista] Mark Mylod – questo è il motivo per cui ho voluto farlo
fin dall’inizio – di poter raccontare di nuovo e di essere Hagrid.
Ho la possibilità di essere Hagrid. È incredibile.”
HBO descrive la serie come un
“adattamento fedele” della serie di libri della Rowling.
“Esplorando ogni angolo del mondo magico, ogni stagione porterà
‘Harry Potter’ e le sue incredibili avventure a un pubblico nuovo
ed esistente”, secondo la descrizione ufficiale. Le riprese
dovrebbero avere inizio nel corso dell’estate 2025, per una messa
in onda prevista per il 2026.
La serie è scritta e prodotta da
Francesca Gardiner, che ricopre anche il ruolo di
showrunner. Mark Mylod sarà il produttore
esecutivo e dirigerà diversi episodi della serie per HBO in
collaborazione con Brontë Film and TV e Warner Bros. Television. La
serie è prodotta da Rowling, Neil Blair e
Ruth Kenley-Letts di Brontë Film and TV, e
David Heyman di Heyday Films.
Come già annunciato, Dominic
McLaughlin interpreterà Harry, Arabella
Stanton sarà Hermione e Alastair Stout
sarà Ron. Altri membri del cast includono: John
Lithgow nel ruolo di Albus Silente, Janet
McTeer nel ruolo di Minerva McGrannitt, Paapa
Essiedu nel ruolo di Severus Piton, Nick
Frost nel ruolo di Rubeus Hagrid, Luke
Thallon nel ruolo di Quirinus Quirrell e Paul
Whitehouse nel ruolo di Argus Gazza.
Gli altimi annunci sono quelli di
Rory Wilmot nel ruolo di Neville Paciock,
Amos Kitson nel ruolo di Dudley Dursley,
Louise Brealey nel ruolo di Madam Rolanda Hooch e
Anton Lesser nel ruolo di Garrick Ollivander.
Infine, Bel Powley e Daniel Rigby
interpreteranno Petunia e Vernon Dursley.
È stato inoltre confermato che
la serie debutterà nel 2027 su HBO e HBO Max, dove
disponibile.
Nelle ultime anticipazioni su
Avengers:
Secret Wars, si prevede che diversi personaggi
subiranno un recast, mentre altri attori continueranno a
interpretare gli eroi di cui sono diventati sinonimo (un po’ come
nel DCU che ha cambiato Superman, mantenendo
il Peacemaker di John
Cena).
Ci si aspetta che vedremo un nuovo
Capitan America e un nuovo Iron
Man, ad esempio. Tuttavia, in precedenza era stato
riferito che Chris Hemsworth non avrebbe fatto
ritorno nei panni di Thor. Ora, potremmo essere in grado di
aggiungere un altro personaggio alla lista dei volti noti che
torneranno. Secondo Alex Perez di The Cosmic
Circus, Elizabeth Olsen continuerà a interpretare
Wanda Maximoff, alias Scarlet Witch, nel MCU post-Avengers:
Secret Wars.
Per certi versi, era prevedibile, ma
per altri è un po’ sorprendente. Nei fumetti, Scarlet Witch è stata
presentata come la figlia mutante del cattivo degli X-Men Magneto,
e i Marvel Studios avrebbero potuto riassegnare il personaggio alla
figlia adolescente del Maestro del Magnetismo. Chiaramente, se si
dovesse credere a questa voce, non è questo il piano.
Il report del sito contiene altri
dettagli interessanti, inclusi alcuni aggiornamenti su cosa sta
succedendo con Doctor Strange. Quando l’ex
Stregone Supremo tornerà in Avengers: Doomsday, sembra che
cercherà di porre rimedio alle incursioni “con ogni mezzo
necessario”.
Per quanto riguarda la misteriosa
missione sua e di Clea anticipata nella scena post-credits di
Doctor Strange in the Multiverse of Madness, si
dice: “Questo sarebbe un buon momento per ricordare a tutti che
il flusso del tempo è diverso nella Dimensione Oscura, dato che è
praticamente inesistente. Quindi, anche se saranno passati 3 anni e
mezzo – 4 anni da quando Stephen Strange è sulla Terra, immaginate
quanto tempo sarebbe trascorso nella Dimensione Oscura?”
Questa implicazione sembra essere che lo Strange entrato nella
Dimensione Oscura nel 2022 sarà molto diverso da quello che ne
emergerà il prossimo dicembre.
Ecco cosa ha detto Elizabeth Olsen in precedenza sulla sua
eredità come Scarlet Witch (e sul suo futuro nell’MCU): “È
davvero insolito. È qualcosa di incredibile. Immagino che sia ciò
che provano le persone quando hanno la possibilità di lavorare a
lungo in una serie TV. Poter tornare a interpretare un personaggio
e continuare a farlo progredire è stato molto divertente per me,
soprattutto perché mi hanno dato qualcosa come WandaVision per far
esplodere tutto. E da lì, Doctor Strange è stata una svolta così
folle e selvaggia.”
“Mi sento molto fortunata di
aver potuto interpretare un personaggio per oltre 10 anni della mia
vita, e mi piacerebbe continuare a farne di più. Ma l’animazione,
per me, è un mondo parallelo. Non so davvero come si intersechi con
quello che facciamo. Ma mi è piaciuto molto interpretarla per oltre
10 anni, e continuo a sentirmi fortunata di avere le opportunità
che ho avuto, a livello creativo.”
La star di Daredevil:
Rinascita, Vincent D’Onofrio, non ha fatto mistero del
fatto che gli piacerebbe condividere lo schermo con lo
Spider-Man di Tom Holland. Quando Kingpin è stato introdotto
nel MCU con Hawkeye
del 2021, il cattivo sembrava certamente abbastanza forte da
affrontare il lancia-ragnatele.
Da allora, i Marvel Studios hanno
inglobato le serie TV di Netflix, regalandoci un Wilson Fisk che rimane
forte, ma forse non sovrumano. Tuttavia, i fan vogliono che questo
scontro avvenga, ed è importante notare che il Kingpin del Crimine
era un cattivo di Spider-Man prima di diventare
l’arcinemico di Daredevil.
Secondo The Cosmic Circus,
“Il piano con Kingpin è di farlo affrontare Spider-Man, cosa
che non è cambiata. E per Brand New Day, è possibile che potremmo
vedere una scena a metà o dopo i titoli di coda che accennerebbe a
un imminente scontro contro di loro.”
Il sito ritiene che la Sony Pictures
detenga i diritti cinematografici di Fisk (probabilmente perché ha
debuttato sulle pagine di Amazing Spider-Man #50), quindi, a patto
che loro e i Marvel Studios continuino a comportarsi in modo
corretto, questo incontro potrebbe avvenire presto.
Per quel che vale, Vincent D’Onofrio ha scritto su X che non ha
idea, per ora, di un suo coinvolgimento nel film di
Spider-Man.
Il sito ha condiviso altri aggiornamenti da questo angolo dell’MCU,
anticipando le conseguenze della seconda stagione di
Daredevil:
Rinascita. “Molte delle persone che Kingpin ha
rinchiuso saranno molto, molto arrabbiate con lui”, spiega il
sito. “Si potrebbe tranquillamente dire che la guerra contro
Fisk verrà combattuta.”
Questo potrebbe spiegare le notizie
di una guerra tra bande a New York con cui Peter Parker si troverà
a fare i conti in
Spider-Man: Brand New Day, in uscita la prossima
estate.
Per quanto riguarda i restanti
membri dei Difensori, Luke Cage di
Mike Colter e Iron Fist di Finn
Jones, sembra che la spiegazione narrativa per l’attuale
assenza dall’MCU sia che si siano “nascosti”. Abbiamo sentito che
il piano è di cambiare il cast di entrambi i personaggi dopo
Avengers: Secret Wars.
All’inizio di questo fine settimana,
Charlie Cox ha confermato che la seconda stagione
di Daredevil:
Rinascita non sarà l’ultima della serie. Potete
leggere di più a riguardo qui. “L’unica cosa che so non è
certa. È molto difficile per la Marvel usare il mio
personaggio”, ha detto D’Onofrio ad aprile. “È molto
difficile, per via della proprietà e altre cose del
genere.”
“Al momento, sono utilizzabile
solo per le serie televisive”, ha continuato l’attore.
“Diversi tipi di serie, qualunque esse siano, ma nemmeno un
film unico su Fisk o qualcosa del genere, è tutto intrappolato nei
diritti e cose del genere. Non so quando funzionerà, o se
funzionerà mai, in realtà.”
Tim Burton ha recensito con grande entusiasmo
un film di Robert Eggers con Robert Pattinson. Il regista di Edward mani di forbice e Il mistero di Sleepy
Hollow è noto per l’utilizzo di scenografie uniche nelle sue
opere. Burton ha anche conquistato un fedele seguito di fan e ha
diretto diversi successi commerciali, in particolare i film di
Batman con Michael Keaton e Alice nel
Paese delle Meraviglie.
Più recentemente, Burton ha diretto
Beetlejuice
Beetlejuice, che ha riportato sul grande schermo
Michael Keaton, Catherine O’Hara e Winona Ryder.
Il sequel ha approfondito il personaggio di Betelgeuse e
l’immaginario aldilà di Burton, ottenendo il plauso del pubblico.
Burton è anche produttore di Wednesday e regista di vari
episodi.
Anche Eggers è diventato un regista
popolare, dirigendo diversi film acclamati con cast corali ed
elementi di produzione degni di nota. Tra i suoi film c’è Nosferatu, con Bill Skarsgård, Lily-Rose Depp, Nicholas
Hoult, Willem Dafoe e altri. Il film horror sui vampiri è
diventato anche il film di Eggers con il maggior incasso fino ad
oggi, generando oltre 181 milioni di dollari.
Tim Burton elogia “The Lighthouse”
di Robert Eggers
Per The Lighthouse, Eggers ha collaborato con
Dafoe e Pattinson, realizzando un film horror psicologico che ha
mantenuto un impressionante 90% di Tomatometer. Il film racconta la
storia di due guardiani del faro, confinati su un’isola remota, che
iniziano a comportarsi in modo strano. Distribuito da A24 nel 2019,
The Lighthouse ha incassato circa 18 milioni di dollari, ma ha
ottenuto una nomination agli Oscar e un fedele gruppo di fan.
In un episodio di Konbini, Burton
ha
elogiato The Lighthouse e ha sottolineato di aver “adorato” la
recitazione. Nell’ambito di una puntata del “Video Club”, il famoso
regista ha rivelato che The Lighthouse gli è
rimasto impresso nella mente, cosa che ha definito “rara per me”.
Leggi i suoi commenti qui sotto:
Ho adorato la sua atmosfera
onirica. Ho adorato le interpretazioni. Ho adorato l’atmosfera.
Ripeto, era da tempo che non vedevo un film che mi rimanesse
impresso, ma questo film mi ha colpito. Mi è rimasto impresso a
lungo. È raro per me ed è bello quando succede. Sai che ha toccato
qualcosa dentro di te.
È in lavorazione una nuova serie
dal creatore di Peaky
Blinders, che sembra essere un eccellente seguito di
Succession.
Steven Knight è uno sceneggiatore cinematografico
e televisivo che ha lavorato a progetti come Eastern Promises e
Locke, e che è pronto a scrivere il prossimo film di James
Bond. Peaky Blinders rimane ancora il fiore
all’occhiello della sua carriera.
Il prossimo progetto di
Steven Knight si intitola House
of Guinness e sarà trasmesso in anteprima su
Netflix il 25 settembre 2025. La serie sarà
ambientata nella Dublino e nella New York del XIX secolo e ruoterà
attorno alla famiglia Guinness dopo la morte di Sir Benjamin
Guinness, che ereditò il birrificio Guinness e divenne l’uomo più
ricco d’Irlanda.
La trama della serie descrive che
seguirà “l’impatto di vasta portata della sua volontà sul destino
dei suoi quattro figli adulti Arthur, Edward, Anne e Ben”, creando
evidentemente un dramma familiare simile a Succession.
I quattro membri principali del
cast sono Anthony Boyle (Masters of the Air) nel
ruolo di Arthur Guinness, Louis Partridge (Enola
Holmes) nel ruolo di Edward Guinness, Emily Fairn
(Saturday Night) nel ruolo di Anne Plunket e Fionn
O’Shea (Normal People) nel ruolo di Benjamin Guinness.
Cosa significa la rivelazione di The House Of Guinness
Da grande appassionato di
Peaky Blinders, Succession e avendo visitato la
fabbrica della Guinness, non posso fare a meno di provare un certo
entusiasmo personale per questo titolo. Steven Knight ha avuto una
carriera piuttosto altalenante, ma sono sicuramente disposto a
dargli una possibilità grazie al cast e alla trama.
Non conosco bene tutti i membri del
cast, ma alcuni nomi di spicco sono James Norton, Fionn
O’Shea e Michael McElhatton. Non vedo l’ora di farmi
sorprendere dagli altri e di avere questo titolo per ingannare
l’attesa fino all’uscita del film Peaky Blinders il prossimo
anno.
La presidente di Lucasfilm,
Kathleen Kennedy, ha confermato che la trilogia di
Star
Wars pianificata da Simon Kinberg è
in fase di sviluppo come la “nuova saga” del franchise, destinata a
guidarlo verso il suo prossimo capitolo.
Ambientata saldamente nella linea
temporale successiva a “L’Ascesa di Skywalker“, la
trilogia è concepita come una pietra miliare dell’epoca, e Kinberg
scrive e produce tutti e tre i film.
A differenza della trilogia sequel,
che ha visto alternarsi i team creativi, questo approccio mira a
offrire una storia coerente e attentamente strutturata dall’inizio
alla fine.
Parlando con Nerdtropolis, Kinberg ha ammesso che
l’opportunità sembra ancora surreale. “Non è nemmeno un sogno
che si avvera, non avrei potuto sognarlo“, ha detto. “Solo
sentirmi dire che ci sarebbero stati altri film sarebbe stato
incredibile. Essere ammesso sul set di uno di loro era già un
sogno. Il mio entusiasmo cresce solo lavorandoci e attorno a
questo.”
Kinberg ha anche sottolineato la sua
ammirazione per l’acclamata serie di Tony Gilroy,
Andor. “Ci sono un sacco di persone di
grande talento che vogliono fare un ottimo lavoro. Sono rimasto
super ispirato e in un certo senso sbalordito da ciò che Tony
Gilroy ha fatto con Andor. Ho pensato che fosse la migliore
narrazione fantascientifica che si possa fare in qualsiasi
franchise.”
Il legame di lunga data di Kinberg
con Lucasfilm, in particolare come co-creatore e produttore
esecutivo di Star Wars Rebels, ha consolidato la
sua reputazione di partner creativo affidabile e influente per lo
studio.
Un nuovo inizio per Star Wars
Sebbene alcune voci di corridoio
suggeriscano che i prossimi film potrebbero intitolarsi
“Episodi X, XI e XII“, altre fonti indicano che la vera
intenzione è quella di introdurre una saga completamente nuova,
popolata da personaggi originali, guidando il franchise verso
territori inesplorati piuttosto che estendere direttamente la
discendenza degli Skywalker.
Per il momento, Kinberg è
concentrato sul completamento del suo prossimo film di Star
Trek (di cui è produttore) per la Paramount. Una volta
concluso il progetto, si concentrerà completamente sulla
costruzione della prossima era della saga di Star
Wars.
Sebbene la trilogia sia ancora
lontana dall’entrata in produzione, i primi segnali sono
incoraggianti. La fiducia nel progetto deriva dal consolidato
successo di Kinberg come narratore, dalle sue passate
collaborazioni con Lucasfilm e dai suoi solidi legami lavorativi
sia con Lucasfilm che con Paramount, fattori che rendono molto più
probabile che l’ambiziosa nuova saga raggiunga il grande
schermo.
Dopo il finale esplosivo della
seconda stagione, Kate, interpretata da Keri Russell, si trova ad affrontare una nuova
situazione di tensione nel trailer della terza stagione di
The
Diplomat.
A poco più di un mese dalla
presentazione del nuovo look della prossima stagione, Netflix ha pubblicato un nuovo trailer della terza
stagione di The Diplomat. Nel video vediamo Kate e
Hal che pianificano la loro prossima mossa mentre Grace,
interpretata da Allison Janney, sale al potere diventando
presidente degli Stati Uniti, con Kate che usa la sua posizione per
monitorare il personaggio sospetto. La piattaforma di streaming ha
anche rivelato che la terza stagione sarà disponibile dal 16
ottobre. Guarda il nuovo trailer qui sotto:
Ian McKellen, il leggendario attore dietro
Gandalf nella trilogia cinematografica originale de Il
Signore degli Anelli, ha rilasciato una notizia bomba sul
cast di Il Signore degli Anelli: The Hunt for Gollum
durante il fine settimana.
“Ho sentito che ci sarà un altro
film ambientato nella Terra di Mezzo, e le riprese inizieranno a
maggio. Sarà diretto da Gollum (Andy
Serkis, ndr), e sarà tutto incentrato su Gollum“, ha
anticipato McKellen all’evento per i fan “For the Love of Fantasy”
a Londra domenica scorsa.
L’anno scorso, il regista originale
de Il Signore degli Anelli, Peter
Jackson, è stato annunciato come produttore di un nuovo
capitolo live-action della saga, con l’attore che interpreta Gollum
Andy Serkis alla regia e protagonista del nuovo
film, la cui uscita era prevista per il 2026 e ora posticipata a
dicembre 2027.
Ian McKellen ha sorpreso il pubblico con nuovi
dettagli. “Vi svelerò due segreti sul casting: c’è un
personaggio nel film chiamato Frodo e un personaggio nel film
chiamato Gandalf”, ha detto. Sorridendo tra sé e sé mentre il
pubblico rimaneva a bocca aperta per lo stupore, McKellen ha
scherzato: “A parte questo, ho la bocca cucita!”
In precedenza, il CEO e Presidente
di Warner Bros. Discovery, David Zaslav, ha parlato del film di
Serkis durante la conference call trimestrale sui risultati
aziendali. Zaslav ha osservato che Il Signore degli Anelli: The Hunt for Gollum
si unisce ai prossimi progetti di Batman, Superman e Harry Potter in cima
alla lista delle priorità dello studio.
Sebbene McKellen non abbia
specificato se lui e la star originale di Frodo Baggins,
Elijah Wood, avrebbero ripreso i loro
ruoli nel film, Wood era presente all’evento, sorridente con aria
cospiratrice mentre McKellen parlava insieme ai colleghi del
Signore degli Anelli Sean Astin, Dominic Monaghan, Billy
Boyd e John Rhys-Davies.
Dopo che la trilogia cinematografica
originale de Il Signore degli Anelli si è conclusa
nel 2003 con il film premio Oscar Il Signore degli Anelli:
Il Ritorno del Re, McKellen, Wood e Jackson sono tornati
nella Terra di Mezzo con la trilogia dello Hobbit, distribuita tra
il 2012 e il 2014.
Jackson non è stato coinvolto nella
serie di Amazon Il Signore degli
Anelli: Gli Anelli del Potere, ma l’anno scorso ha
prodotto la prima incursione animata del franchise nelle opere di
J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim. Jackson è stato
affiancato nel progetto da Fran Walsh e
Philippa Boyens, entrambi produttori della
trilogia cinematografica originale e anche a bordo di
The Hunt for Gollum.
Il mondo costruito da Tolkien ne
Il Signore degli Anelli è vasto e comprensivo, con
molte storie lasciate in sospeso attraverso la Prima, la Seconda e
la Terza Era. Descrivendo la regia del prossimo film come “un
sogno che si avvera“, Andy Serkis ha rivelato che il progetto è
quello di raccontare le storie non sfruttate di questo mondo.
“Abbiamo iniziato a parlarne circa otto mesi fa“, ha
ricordato l’attore. “Dicevano: ‘Andy vogliamo davvero
rinvigorire la Terra di Mezzo. Ci sono così tante storie nuove che
vogliamo coinvolgere“.
Dato che Gollum incontra la sua fine
tra le fiamme del Monte Fato verso la fine de Il ritorno del Re, è lecito aspettarsi che il film si
svolgerà prima di quegli eventi, idealmente anche prima che Frodo
intraprenda il suo viaggio. Questo suggerisce che personaggi
iconici come Aragorn, Boromir,
Gandalf e Legolas potrebbero
tornare in qualche modo, come suggerisce Serkis. Viggo Mortensen, che ha interpretato Aragorn
nella trilogia originale, si è
detto interessato se la trama è quella giusta.
Il regista James Gunn ha recentemente parlato con
ExtraTV della seconda stagione di Peacemaker e
dei piani più ampi per l’Universo DC. Nell’intervista, Gunn ha
riflettuto sull’atmosfera affiatata e familiare che si respira sul
set e ha condiviso spunti sul processo creativo della serie. Ha
anche anticipato il futuro del DCU, rivelando che la seconda stagione di
Peacemaker segue direttamente
Superman e preparerà
il terreno per la direzione futura dell’universo.
Quando l’intervistatrice di ExtraTV
ha detto di aver appena parlato con John
Cena, che ha detto che gli piacerebbe avere un cameo
di un membro della Bat-famiglia, Gunn ha risposto cripticamente:
“Dovremo vedere”. Alla domanda sulla direzione più ampia
del DCU, James
Gunn ha anticipato che la seconda stagione di
Peacemaker fornirà molte risposte.
“Penso che scoprirete molto in
questa stagione di Peacemaker. È un seguito diretto di Superman,
anche se, va detto, non è per bambini, è per adulti. In un certo
senso, vediamo dove sta andando l’Universo DC e scopriamo dove si
dirigerà da qui. Entro la fine della stagione, ci saranno molte
sorprese.”
In un’intervista separata, Gunn
aveva precedentemente anticipato che gli episodi 6-8 della
seconda stagione di Peacemaker contengono enormi
sorprese e che aveva intenzionalmente escluso quegli episodi dalle
copie di anteprima inviate ai media.
Riguardo al fatto che la seconda
stagione sia l’ultima di Peacemaker, Gunn ha praticamente
confermato che l’antieroe interpretato da Cena tornerà in un quarto
progetto. Resta da vedere se si tratterà di una terza stagione o di
qualcos’altro.
“La chiamiamo la Trilogia
Tighty-Whities, tra The Suicide Squad, Peacemaker stagione 1 e
Peacemaker stagione 2. La trasformeremo in una quadrilogia?
Probabilmente, vedremo…”
“Nella seconda stagione,
Peacemaker scopre un mondo alternativo in cui la vita è tutto ciò
che desidera. Ma questa scoperta lo costringe anche ad affrontare
il suo passato traumatico e a prendere in mano il futuro.”
James Gunn ha scritto tutti gli 8
episodi e ne ha diretti 3, inclusa la première. Peacemaker
Stagione 2 riunisce John Cena con i
membri chiave del cast della prima stagione, tra cui
Danielle Brooks (Leota Adebayo), Freddie
Stroma (Vigilante), Jennifer Holland
(Emilia Harcourt) e Steve Agee (John Economos),
mentre la serie si prepara per una grande espansione all’interno
del nuovo Universo DC.
Questa volta, la storia si espanderà
oltre l’affiatato team di Peacemaker, con
Frank Grillo che interpreterà Rick Flag Sr., un
personaggio che funge da collante tra Superman, Creature Commandos e i futuri
capitoli del DCU.
Appariranno anche diversi altri
volti noti di Superman, tra cui Isabela Merced nei
panni di Hawkgirl, Nathan Fillion nei panni di Guy
Gardner e Sean Gunn che riprenderà il ruolo del
finanziatore della Justice Gang Maxwell Lord. I fan conosceranno
anche un personaggio completamente nuovo, Red St. Wild,
interpretato da Michael Rooker, collaboratore di
lunga data di Gunn.
Un’auto come prigione, il proprietario che controlla tutto a
distanza, il ladro bloccato dentro senza vie di fuga: l’idea di
Locked – In Trappola sembra da high-concept
hollywoodiano, ma quanto è davvero possibile nel 2025? Più di
quanto sembri. Tra servizi di immobilizzazione remota già in uso
(su richiesta delle forze dell’ordine), sistemi di
deadlock che
disattivano le maniglie interne, telemetria e modalità “sentinella”
con videocamere sempre attive, l’ecosistema dell’auto connessa
offre già oggi strumenti capaci di trasformare un furto in un
duello
tecnologico.
Il
film estremizza alcuni elementi (come le “scosse dal sedile”, che
non esistono nei sistemi OEM e sarebbero illegali), ma il nucleo
realistico resta: bloccare qualcuno a bordo di un veicolo e
gestire la
situazione da remoto è tecnicamente plausibile se si combinano
funzioni di sicurezza avanzate, chiusura centralizzata e controllo
digitale. In questo articolo separiamo ciò che è reale, ciò che è
probabile e ciò che è puro cinema.
Immobilizzare a distanza: già oggi
Servizi come OnStar Stolen
Vehicle Assistance possono rallentare un’auto rubata su richiesta
della polizia (Stolen Vehicle Slowdown), fino a portarla al minimo:
è tecnologia commerciale attiva da anni.
Porte che non si aprono dall’interno: i “deadlock”
Molte vetture offrono il deadlocking (o super-lock): se attivato dal
telecomando, disabilita le
maniglie interne e impedisce l’apertura anche da dentro. È
un sistema diffuso su vari brand e documentato nei manuali (es.
Volvo, Renault, Kia). Rischio: se attivato con qualcuno a bordo, può
intrappolare
l’occupante.
Nota normativa: gli
standard USAFMVSS
206 regolano resistenza e requisiti delle
serrature/chiusure; a livello ONU, i
regolamenti su antifurto/immobilizer (UN R116/R163) riguardano dispositivi e
allarmi, non definiscono il comportamento dettagliato del blocco
porte.
“Auto-telecamera”: sorveglianza e allerta
Sistemi come Tesla
Sentry Mode sorvegliano l’auto da ferma con
camere e
sensori, registrano e inviano notifiche: un tassello
realistico del “controllo a distanza” mostrato nel film.
Come i ladri aggirano i sistemi (e perché il film non è
fantascienza)
Le
auto moderne restano vulnerabili a relay attack (chiavi keyless) e a tecniche
come la CAN
injection, che imitano messaggi sulla rete dell’auto per
sbloccare/avviare il veicolo; negli ultimi anni l’Europa ha visto
un incremento di furti legati a exploit sulle chiavi/keyless e vari
costruttori stanno correndo ai ripari.
Cosa è poco plausibile
Sedili “a scossa”: non esistono funzioni
OEM che eroghino scosse
elettriche agli occupanti; i sedili
riscaldati/massaggianti lavorano a bassa tensione e non sono progettati per
danneggiare. Una “tortura” integrata sarebbe illegale e fuori dai requisiti di
sicurezza.
Chiusura totale senza vie di fuga: il
deadlock può
impedire l’uscita, ma tra norme di sicurezza, manual override e
vetri, la “prigione perfetta” richiederebbe modifiche non standard. (Resta
comunque
verosimile scenicamente: deadlock + finestre chiuse + controllo
remoto).
Verdetto
La
premessa di Locked – In
Trappola poggia su tecnologie reali (immobilizer/slowdown, deadlock,
telemetria/sorveglianza). Il film estremizza alcuni aspetti (dolore
inflitto via sedile), ma bloccare un intruso dentro l’auto e
gestire la situazione da
remoto è, a grandi linee, plausibile nel 2025. In sala
dal 20 agosto
con Eagle
Pictures.
Locked – In Trappola si discosta molto
dal film che lo ha ispirato. Interpretato da Bill
Skarsgård e Anthony Hopkins, il film è incentrato su
Eddie, un criminale di strada che si ritrova intrappolato nell’auto
di lusso personalizzata di un ricco (e pericoloso) medico di nome
William. Il film è il remake in lingua inglese di
4×4, un thriller argentino diretto e co-sceneggiato da
Mariano Cohn. Sia 4×4 che
Locked iniziano con un’impostazione simile,
sebbene Ciro e Enrique dimostrino di avere personalità diverse
rispetto alle loro controparti americane.
I due film alla fine divergono nei
loro finali, adottano orientamenti morali diversi e si concludono
in modi molto diversi. In Locked – In Trappola, la narrazione
rimane incentrata su Eddie e William, evidenziando la crescita di
Eddie e la lezione del suo percorso. Al contrario,
4×4 adotta una prospettiva più ampia sulla società
in generale. Il risultato sono due film che iniziano in modo simile
ma finiscono in toni molto diversi.
Eddie di Locked è molto meno
orribile di Ciro di 4×4
Ciro oltrepassa alcuni seri limiti
morali che Eddie non oltrepasserebbe
La differenza più grande tra
Locked e 4×4, si può trovare nel
personaggio principale. Entrambi i film seguono in gran parte la
stessa impostazione, seguendo un piccolo criminale dopo che irrompe
in un veicolo da cui poi non riesce a fuggire. Tuttavia, Eddie di
Locked è un personaggio molto diverso da Ciro di
4×4. Fin dal set, Eddie è ritratto in una luce
piuttosto compassionevole. Nonostante tutti i suoi difetti (e ce ne
sono molti), il suo amore per la figlia e il suo crescente
rimpianto per il trattamento che le ha riservato gli conferiscono
un arco narrativo avvincente e comprensibile.
Al contrario, il pubblico non
trascorre molto tempo con la famiglia di Ciro prima che lui si
introduca nell’auto, durante la quale è più sprezzante e volgare.
Ciro oltrepassa costantemente limiti morali enormi che Eddie non
avrebbe mai oltrepassato, infatti i due personaggi principali hanno
opinioni molto distinte sull’uso dell’omicidio. La storia di Ciro
presenta anche un finale molto più duro di quello di Eddie, che
sopravvive e alla fine prospera dopo la conclusione del suo arco
narrativo.
La ferita da arma da fuoco di Ciro
è peggiore di quella di Eddie
William salva Eddie dalle
sofferenze fisiche a cui Enrique aveva condannato Ciro
Sia in Locked che
in 4×4, la persona intrappolata nell’auto è un
criminale professionista con le risorse necessarie per quello stile
di vita. Dopo essersi feriti nel tentativo di uscire dall’auto,
entrambi gli uomini estraggono una pistola e cercano di rompere il
vetro con un colpo. Rimbalzando sui finestrini antiproiettile, il
proiettile finisce per colpire sia Eddie che Ciro alla gamba. In
Locked, questa ferita rappresenta un problema
importante per Eddie nel breve termine, ma William lo salva dopo
che sviene per la perdita di sangue, fasciandogli le ferite.
Questo stabilisce la professione di
William come medico e suggerisce che abbia molto più controllo
sulla situazione di quanto Eddie (o il pubblico) inizialmente
pensasse. Significa anche che la ferita alla gamba viene più o meno
risolta come un colpo di scena. Al contrario, l’equivalente di
William in 4×4 è Enrique, un medico che non fa lo
stesso sforzo per aiutare Ciro. Di conseguenza, la ferita di Ciro
si infetta sempre di più. Questo momento si inserisce nel
trattamento più duro riservato a Ciro come personaggio, che ha una
figlia come Eddie ma non ha una storia incentrata molto sul suo
rapporto con lei.
Ciro rimane intrappolato
in macchina molto più a lungo di Eddie
4×4 tiene Ciro separato
dal resto del mondo per un periodo più lungo
Sia Eddie che Ciro trascorrono un
lungo periodo in macchina nelle rispettive trame. Tuttavia, Ciro
vive un’esperienza molto più dura, che si suppone duri molto più a
lungo. Eddie rimane bloccato in macchina per alcuni giorni, un
tempo sufficiente a infliggergli un grave esaurimento fisico e
mentale. Tuttavia, Ciro ferito gravemente rimane intrappolato
abbastanza a lungo da farlo iniziare a vacillare sotto pressione,
mentre comincia a delirare. Questo si riflette nel trattamento
complessivamente più duro che 4×4 riserva a Ciro
rispetto a come Locked – In Trappola tratta Eddie.
Mentre Eddie subisce numerose ferite
nel corso del film, William si concentra maggiormente sul lato
cerebrale del loro antagonismo. Alla fine, la moglie e il figlio di
Ciro ricevono una piccola fortuna dal medico, a differenza di
William che quasi investe la figlia di Eddie, Sarah, per spezzare
mentalmente Eddie. La tortura di Eddie in Locked – In Trappola è più frenetica e
psicologica, mentre Ciro subisce un tormento fisico e mentale più
lungo in 4×4.
William ed Enrique hanno delle
figlie (ma solo una di loro è viva)
William è più apertamente malvagio
in Locked
Una delle grandi rivelazioni di
Locked è la motivazione di William nel tenere
Eddie intrappolato. William alla fine rivela che sua figlia, che
viveva anche lei in città, è stata uccisa durante una rapina.
Spinto da una rabbia vendicativa contro l’idea generale della
classe criminale che gliel’aveva portata via, William si fa
costruire un’auto e aspetta di vendicarsi del prossimo criminale
che lo prenderà di mira. Questa triste rivelazione ha un
collegamento con il film originale, ma la figlia del dottore in
4×4 è effettivamente sopravvissuta al suo incontro
con i criminali.
Durante una conversazione all’inizio
del film tra Enrique e Ciro, il primo rivela che sua figlia e suo
nipote sono stati derubati a mano armata nella loro casa. Tuttavia,
nonostante il nipote di Enrique abbia avuto una pistola puntata
alla testa per ore, entrambi sono sopravvissuti all’esperienza. Si
scopre che i due si sono trasferiti a Barcellona. La rabbia di
Enrique, come rivelato nel momento culminante, deriva più dalla sua
furia nel sentirsi ripetere continuamente “almeno nessuno si è
fatto male“. Si tratta comunque di un attacco a un familiare
che infrange la sua visione della società, ma non uccide la
figlia.
Ciro scappa dall’auto da solo
(prima del finale)
Eddie non scappa finché William non
ha schiantato l’auto
Ciro ed Eddie alla fine scappano
entrambi dall’auto, ma Ciro lo fa più velocemente nella narrazione.
Dopo un lungo periodo che esaurisce e distrugge mentalmente sia
Ciro che Eddie, Enrique e William li raggiungono in macchina.
Usando una pistola e i sedili elettroshock di cui è dotata la sua
auto, William riesce a tenere Eddie sottomesso abbastanza a lungo
da legarlo e impedirgli di tentare la fuga. Questo prepara William
a unirsi a Eddie per un viaggio in auto che porta al climax del
film.
Al contrario, Enrique viene
distratto da una telefonata mentre si siede accanto a Ciro.
Deponendo la pistola, Enrique viene colto di sorpresa quando Crio
raccoglie abbastanza forza per afferrarla, sparargli e darsi alla
fuga. È un’altra dimostrazione della differenza tra Eddie e Ciro
come personaggi, poiché Ciro si dimostra più rapido nell’estrarre
l’arma e più disposto a usare metodi letali. Enrique, leggermente
ferito, lo raggiunge ma viene individuato dalla polizia, dando
inizio a un terzo atto di 4×4 molto diverso da
quello usato in Locked.
La tortura di Locked rimane un
segreto (ed è più pubblica in 4×4)
Il culmine di 4×4 si svolge davanti
alla polizia
Locked – In Trappola non rivela mai al
pubblico cosa ha fatto William, il che rappresenta un distacco dal
finale di 4×4. In Locked, William
raggiunge Eddie in macchina e si allontana dalla città con una
borsa di attrezzi sul sedile posteriore. William intende uccidere
Eddie e disfarsi del suo corpo, ma Eddie riesce finalmente a
farcela e disattiva l’auto in un momento critico, provocando un
incidente a William e dandogli la possibilità di fuggire. Eddie
sembra non dire a nessuno cosa è successo, tornando alla sua
vecchia situazione di uomo cambiato.
Al contrario, l’arrivo della polizia
trasforma lo scontro tra Ciro ed Enrique in uno spettacolo molto
più pubblico. Tenendo Ciro sotto tiro, Enrique si scaglia contro il
sistema di fronte a una folla di poliziotti, negoziatori e curiosi.
Questo prepara il vero terzo atto del film, dove Ciro diventa un
osservatore passivo mentre Enrique si scontra con il negoziatore
della polizia, Julio. È qui che entra in gioco la vera
differenza tra Locked e 4×4, poiché la reazione del
pubblico a Enrique parla del nucleo teatrale del film.
I finali di Locked e
4×4 sono completamente diversi
4×4 ha un finale molto più cupo di
Locked
Sebbene entrambi i film siano cupi e
dipingano un cupo ritratto dei tempi moderni,
Locked è in definitiva un film molto più
edificante di 4×4. Locked parla in definitiva di
un cattivo che impara ad apprezzare ciò che ha invece di
concentrarsi su come il mondo lo tratta. Sfugge alla presa di
William e conclude il film riunendosi con la sua famiglia. Locked è
un film cupo, ma con un protagonista imperfetto ma comprensivo che
impara una lezione importante. Al contrario, il finale di 4×4 è più
incentrato sul puntare il dito accusatorio contro la società.
Messo alle strette dalla polizia,
Enrique chiede al pubblico di sostenere le sue affermazioni secondo
cui il mondo è distrutto – e molti sono d’accordo. È un finale
molto più cupo, con la città divisa sulla giustificazione o meno
delle azioni di Enrique. Rendendo la vendetta di William più
personale e tenendola lontana dalla portata del pubblico, appare
come un atto malvagio a sé stante. La decisione di Enrique di
suicidarsi e il successivo arresto di Ciro, molto più cupo,
evidenziano come i temi e il finale di 4×4
assumano una prospettiva molto più cupa rispetto alla conclusione
di Locked.
Il finale di Shutter Island è ancora oggetto di dibattito e
discussione tra fan e critici a più di dieci anni dall’uscita del
film. Martin Scorsese dirige questo thriller storico
in cui Leonardo DiCaprio interpreta Tedd
Daniels, un agente federale che indaga sulla scomparsa di un
detenuto da un istituto psichiatrico situato nell’omonima isola.
Tuttavia, il finale di Shutter Island suggerisce che Teddy
sia in realtà un paziente della struttura e che la sua “indagine”
sia stata ideata dai suoi medici per riportarlo alla realtà.
C’è chi sostiene che Shutter Island
sia un film lineare dopo aver svelato il trucco utilizzato nella
struttura psichiatrica per cercare di curare Andrew Laeddis,
interpretato da DiCaprio, dalla sua profonda malattia. Tuttavia,
c’è chi ritiene che il film sia aperto a diverse interpretazioni e
che Teddy sia un vero uomo di legge che è stato convinto dai medici
della struttura di essere un paziente per nascondere i segreti
dell’isola. Alla fine, la verità dietro il finale di Shutter
Island è chiara quando si esamina l’intero film e gli indizi
che la storia lascia indicando la decisione finale e fatale di
Laeddis.
Shutter Island spiegato: cosa
succede e cosa significa
Le teorie secondo cui Shutter
Island sarebbe una struttura segreta del governo o che i medici
“manipolano” Teddy Daniels alla fine del film sono semplicemente
fuori luogo. Il personaggio interpretato da DiCaprio è in realtà
Andrew Laeddis (alias Paziente 67), un detenuto disturbato di
Shutter Island che ha ucciso sua moglie e che i medici stanno
cercando di riabilitare. L’indagine di Teddy sull’isola è in realtà
un intricato gioco di ruolo ideato dal dottor Cawley (Sir Ben Kingsley) e dal partner di Teddy, “Chuck”
(Mark
Ruffalo), che in realtà è il principale psichiatra di
Teddy, il dottor Sheehan “scomparso”.
Cawley e Sheehan sono i medici più
comprensivi, che credono che con la terapia e la compassione le
condizioni di Andrew possano essere curate. D’altra parte, il
dottor Naehring (Max
von Sydow) e il direttore (Ted
Levine) credono che persone come Andrew siano troppo
instabili e violente per una soluzione terapeutica; legare i
pazienti e drogarli (in alcuni casi lobotomizzandoli) sono le
soluzioni in cui credono Naehring e il direttore.
Il gioco ha inizio per dare al
dottor Cawley e al dottor Sheehan un’ultima possibilità di
dimostrare che Andrew Laeddis può essere strappato dalla sua
fantasia di “Teddy Daniels” e accettare la realtà del suo
trauma: sua moglie Dolores (Michelle Williams) ha ucciso i loro
figli e lui, Andrew, l’ha uccisa per vendetta. Andrew si sente
in colpa perché sapeva da tempo della depressione della moglie, ma
a causa dei suoi problemi con l’alcol e dello stress
post-traumatico dopo le esperienze della Seconda Guerra Mondiale,
Andrew non ha mai riconosciuto la gravità dei suoi problemi, e
questo gli è costato i figli.
Shutter Island: Chi è George
Noyce? Esiste davvero?
Gli avvertimenti di George sono
stati fraintesi da Andrew
Il personaggio di Jackie Earle
Haley, George Noyce, è un altro paziente che conosceva Teddy/Andrew
nel manicomio e che aiuta a svelare il colpo di scena finale di
Shutter Island. Noyce è presentato come un “recidivo” che è
finito di nuovo a Shutter Island e ha alimentato le teorie
cospirative di Andrew per alimentare la sua fantasia. Tuttavia,
questa è la percezione distorta della situazione da parte di
Andrew.
C’è anche la possibilità che
Noyce sia stato incluso nel gioco per alimentare la fantasia di
Andrew.
In realtà, quando George Noyce
dice che si trova nel reparto C solo a causa di Teddy e che non
uscirà mai più, sorgono ulteriori complicazioni. Se Noyce fosse
stato vittima della violenza di Andrew, non avrebbe senso che fosse
stato rinchiuso con i prigionieri più pericolosi. C’è anche la
possibilità che Noyce sia stato incluso nel gioco per alimentare la
fantasia di Andrew.
Quello che si sa è che un giorno
Noyce ha chiamato “Teddy” con il suo vero nome, Laeddis, provocando
un attacco psicotico in cui Andrew lo ha picchiato selvaggiamente.
Quell’aggressione è ciò che ha spinto il dottor Naehring e il
direttore a spingere per la lobotomia di Laeddis, e il dottor
Cawley e il dottor Sheehan a creare il gioco di ruolo come ultima
risorsa per curare Laeddis. Tuttavia, ciò non spiega il trattamento
riservato allo stesso George Noyce, che sembra avere un sottofondo
malvagio.
Noyce è reale, ma il passato di
Andrew fa parte della sua fantasia delirante: egli crea l’idea
di Noyce come un simpatico ragazzo del college che ha ucciso tre
uomini a seguito di esperimenti condotti su di lui nell’ambito di
uno studio psicologico. In realtà, Noyce è un paziente e le verità
che racconta a Teddy sugli esperimenti sono vere, ma non nel modo
in cui Teddy crede. George Noyce dice la verità ad Andrew per
avvertirlo che i medici stanno cercando di curarlo alimentando la
sua fantasia, ma Teddy le interpreta erroneamente come prove del
vero significato oscuro di Shutter Island come istituzione.
Rachel Solando di Shutter
Island, la legge del 4 e il paziente 67 spiegati
L’indagine è piena di indizi
pensati per far affrontare la realtà ad Andrew
La legge del quattro di Shutter
Island ha a che fare con i nomi anagramma che Andrew inventa
per il suo mondo fantastico. “Edward (Teddy) Daniels” è un
anagramma di “Andrew Laeddis” e “Rachel Solando” è un anagramma di
“Dolores Chanal”, il nome da nubile della moglie defunta di Andrew.
Questo ha creato quattro nomi diversi all’interno della fantasia di
Andrew. Nel frattempo, il mistero al centro della scomparsa del
Paziente 67 che “Teddy” sta indagando si rivela essere lui stesso,
ovvero Andrew Laeddis. Finché “Teddy Daniels” cercherà il Paziente
67, non sarà mai in grado di trovarlo e la sua fantasia continuerà
a esistere.
Sua figlia rappresenta la
verità: è l’unica cosa che Andrew non può negare o
dimenticare.
“Rachel Solando” è anche un gioco
di parole su “Rachel Laeddis”, il nome della figlia morta di
Andrew. Sua figlia è anche la stessa bambina che appare nei suoi
sogni sull’Olocausto, dicendo: “Avresti dovuto salvarmi”,
che è la mente di Andrew che cerca di elaborare il trauma di ciò
che è successo. Sua figlia rappresenta la verità: è l’unica cosa
che Andrew non può negare o dimenticare. L’infermiera che il
dottor Cawley fa passare per Rachel Solando fa parte di una tecnica
terapeutica per far ricordare ad Andrew la sua vera moglie. La
scommessa di Cawley quasi funziona, ma il cervello di Andrew
semplicemente non riesce a sopportare lo stress.
Il simbolismo del fuoco e
dell’acqua in Shutter Island
L’acqua è un promemoria della
realtà che Andrew cerca di sopprimere
Il fuoco è un simbolo della realtà
di Andrew/Teddy nel film. Ogni volta che Teddy si trova vicino al
fuoco (i fiammiferi che accende nel reparto C, il fuoco nella
caverna con il “dottor Solando” e quando fa esplodere l’auto del
dottor Cawley verso la fine), soffre di una sorta di allucinazione.
Il fuoco è il simbolo del mondo fantastico di Andrew. Al
contrario, l’acqua (l’opposto del fuoco) è il simbolo della
realtà di ciò che gli è successo. Sua moglie annega i suoi
figli nell’acqua ed è proprio l’acqua a rendere Andrew così
turbato/a disagio/malato per tutto il film.
Ecco perché la scena con il “Dr.
Solando” si svolge nella grotta marina. Lei alimenta la fantasia
della cospirazione di Shutter Island come parte del “gioco” inteso
a liberare Andrew. È anche il motivo per cui Andrew arriva
sull’isola in tempesta, via mare: è il simbolico “arrivo” dal suo
passato traumatico. Anche il faro funge da simbolo di ciò che
Andrew sta vivendo, poiché è strettamente legato alla navigazione
sicura in acque pericolose.
Shutter Island è un’operazione
di controllo mentale del governo?
La cospirazione permette ad
Andrew di immergersi più a fondo nella sua fantasia
L’intera “operazione di controllo
mentale del governo” è un diversivo inventato da Andrew Laeddis per
la sua fantasia. Gli permette di spiegare a se stesso perché si
trova a Shutter Island (per indagare su una cospirazione) e di
demonizzare i medici e il personale come minacce o cospiratori.
L’obiettivo del gioco di ruolo del dottor Cawley e del dottor
Sheehan è quello di permettere ad Andrew di rendersi conto da
solo di quanto sia impossibile e assurda la sua teoria del
complotto, lasciandolo indagare fino alla fine.
Il National Board of Review ha
nominato Shutter Island uno dei 10 migliori film del
2010.
Ecco perché il dottor Sheehan/Chuck
istiga Andrew a elaborare teorie folli mentre lui e “Teddy” sono
bloccati in quella cripta durante l’uragano (“Mentre tu guardavi
loro, loro guardavano te!”). Sheehan vuole che Andrew dia sfogo
alla sua fantasia fino a quando non si rende conto di quanto sia
impossibile. Nonostante il faro dovrebbe essere il luogo in cui
sono nascosti tutti i segreti oscuri, una volta che Teddy lo
raggiunge, non c’è nulla all’interno, dimostrando che la
cospirazione è falsa.
Perché Andrew finge di essere
ancora Teddy nel finale di Shutter Island
L’ultima battuta di Andrew
rivela che è tornato alla realtà
Il finale di Shutter Island
sembra ambiguo a molte persone, ma a una seconda visione è
piuttosto chiaro. Teddy si risveglia alla realtà di essere in
realtà Andrew Laeddis, anche se viene avvertito dal dottor Cawley e
dal dottor Sheehan che in passato è già regredito nel suo mondo
fantastico. Tuttavia, Andrew è intelligente: quando il dottor
Sheehan si siede con lui sui gradini la mattina seguente, Andrew sa
che i medici e il direttore lo stanno osservando.
Tuttavia, il senso di colpa e il
dolore sono ancora così forti che sa di non poter vivere con loro;
piuttosto che convivere con la consapevolezza del suo dolore,
sceglie di fingere di essere ancora Teddy Daniels e lasciare che
gli facciano la lobotomia, in modo da potersi finalmente liberare
del suo fardello. Mentre alcuni pensano semplicemente che sia
tornato il suo alter ego “Teddy”, la sua ultima frase al dottor
Sheehan “Cosa sarebbe peggio: vivere come un mostro o morire da
uomo buono?” allude alla decisione che sta prendendo di
“morire da uomo buono”.
La spiegazione del vero
significato di Shutter Island
Andrew si confronta con la sua
terribile violenza mentre si presenta come un eroe
Nel finale di Shutter
Island, Andrew dice al dottor Sheehan: “Vivere come un mostro o
morire da uomo buono?”. Alla fine, Andrew preferisce essere
cancellato dalla memoria come “Teddy Daniels” piuttosto che vivere
con i peccati di Andrew Laeddis. In questo senso, Shutter
Island è uno studio complesso sul dolore e sul trauma,
e su quanto la mente umana sia disposta a spingersi per curarsi
dalla dura realtà.
Il senso di colpa e il dolore
spingono Andrew a inventarsi una seconda identità, in cui è ancora
un eroe di guerra e un agente federale di nome Teddy Daniels.
Essendo intelligente, inventa una complessa narrazione mentale in
cui le teorie cospirative su Shutter Island e la caccia a un
paziente che non esiste lo tengono occupato con un mistero che non
può (o non vuole) risolvere: quello di essere il Paziente 67.
Teddy indaga sulla violenza
della storia di Shutter Island, la vera storia di Andrew,
attraverso l’allontanamento
Shutter Island medita anche sulla
violenza, ponendo Andrew Laeddis come un eroe auto-inventato, un
costrutto letterale personificato da Teddy Daniels, la cui perdita
di controllo nell’omicidio della moglie (e nell’incapacità di
impedire l’omicidio dei figli) lo spinge a creare una situazione in
cui ha il pieno controllo. Teddy indaga sulla violenza della storia
di Shutter Island – la vera storia di Andrew – attraverso la
rimozione, rifiutando di accettare la possibilità della propria
violenza, che respinge anche quando gli si presenta sotto le
sembianze di George Noyce.
Come viene spiegato il finale
di Shutter Island dai registi
Rivedere Shutter Island rivela
molti indizi sul finale a sorpresa del film
Leonardo DiCaprio, Sir Ben Kingsley
e Martin Scorsese hanno parlato a lungo di quanto sia stato
difficile girare Shutter Island. Il problema era che quando
hanno iniziato le riprese, si sono resi conto che alla prima
visione il pubblico avrebbe dovuto credere che il dottor Cawley e
Shutter Island potessero essere qualcosa di sinistro, ma alla
seconda visione avrebbe dovuto capire che tutti quelli che
circondano Teddy sono coinvolti in un gioco di ruolo e stanno
cercando di mantenere viva la fantasia, anche se molti membri
dello staff e delle guardie non sono contenti.
Dopo aver visto il film una seconda
volta e sapendo come va a finire, diventa chiaro quanto Scorsese e
il cast siano riusciti a portare a termine questa difficile
impresa. Shutter Island diventa un film affascinante da
rivedere, poiché è chiaro che gli altri personaggi sanno che Teddy
è un costrutto psicologico instabile di Andrew, e qui ci sono
alcuni indizi che aiutano a capirlo:
Le guardie durante tutto il film diventano estremamente nervose
ogni volta che “Teddy” è nei paraggi e stringono un po’ più forte
le loro pistole. Questo è particolarmente vero all’inizio, quando
“i Marshal” arrivano sull’isola. È perché le guardie sanno che
Teddy è un paziente pericoloso a cui è stato permesso di vagare
libero. È anche il motivo per cui sono poco entusiasti di cercare
una Rachel Solando che non esiste tra le rocce dell’oceano.
Quando Teddy e Chuck intervistano le infermiere e gli
inservienti, è facile capire quanto il personale trovi ridicola
l’intervista. Un’infermiera dice qualcosa su quanto il loro lavoro
sia “lontano dalla normalità”: sta facendo una battuta ironica
perché sta parlando con un paziente vestito da poliziotto. In
quella scena, anche il personale non è molto entusiasta del gioco
di ruolo, e il dottor Sheehan / Chuck li spinge a rispondere alle
domande di Teddy per mantenere viva la fantasia.
Quando Teddy intervista la signora Kearns, lei parla di quanto
sia bravo il dottor Sheehan. C’è un po’ di imbarazzo nello sguardo
tra lei e “Chuck” perché sta parlando di lui. È anche il motivo per
cui chiede a Chuck dell’acqua e lui accetta subito (è un momento
imbarazzante). La signora Kearns scrive “corri” sul foglio che
passa a Teddy perché sa che lui ha la possibilità di scappare
mentre stanno facendo l’esperimento di gioco di ruolo. È anche il
motivo per cui sembra “istruita” su cosa dire a Teddy: lo è
stata.
La donna inquietante nel cortile all’inizio del film fa il
gesto di “zitto” a Teddy perché lo conosce, sa che sta giocando e
le è stato detto di non rovinare il gioco.
Quando Teddy rivela al dottor Naehring di aver risolto l’enigma
del Paziente 67 durante una riunione del personale, Naehring dice:
“Cosa ci fanno qui?” È sinceramente infastidito dal fatto
che il dottor Cawley lasci Teddy/Andrew vagare così
liberamente.
Nel reparto C, Teddy viene avvicinato da un prigioniero in
libertà e quasi lo strangola a morte. “Chuck” e una guardia
arrivano e trascinano via l’uomo strangolato. La guardia dice a
Teddy che non può accompagnarlo in infermeria, borbottando su
quanti guai si sarà cacciato per aver lasciato che un paziente
strangolasse un altro paziente.
Alla fine, Shutter Island è
un mistero piuttosto chiaro: la lettura diretta potrebbe non essere
divertente come alcune delle teorie cospirative che circolano, ma
le prove di ciò che Scorsese e il suo team hanno voluto realizzare
con questo thriller complesso sono sparse in tutto il film.
In che modo il finale di
Shutter Island è diverso dal libro
Dennis Lehane ha scritto il
romanzo
Sebbene Martin Scorsese abbia
diretto Shutter Island, il film è basato su un romanzo di
Dennis Lehane, lo stesso autore di romanzi come Mystic
River e Gone Baby Gone. Tuttavia, come per qualsiasi
romanzo che diventa un film, è necessario apportare delle modifiche
per tradurlo dalla pagina allo schermo. Con Scorsese, la maggior
parte dei romanzieri dovrebbe sentirsi sicura che, anche con le
modifiche apportate, la storia manterrà il suo significato e il suo
focus, anche se i personaggi e gli eventi potrebbero cambiare lungo
il percorso.
Il finale del romanzo Shutter
Island e del film è sostanzialmente lo stesso. Il lettore
scopre alla fine che Teddy non è un agente federale, ma un paziente
che è stato mandato a Shutter Island dopo aver ucciso sua moglie e
i suoi figli. Anche il romanzo termina con la lobotomia che il film
lascia intendere. L’unica differenza tra questi due momenti è che
Teddy non capisce mai la verità nel romanzo, mentre nel film viene
almeno suggerito che potrebbe saperlo e che ha scelto la
lobotomia.
È lo stesso senso di colpa
cattolico che Scorsese ha costruito in molti dei suoi
film
Questo cambia il ragionamento alla
base della lobotomia. Nel film, tutto ruota attorno all’idea del
senso di colpa che grava sulla sua mente. È lo stesso senso di
colpa cattolico su cui Scorsese ha costruito molti dei suoi film.
Teddy non riesce a convivere con il ricordo di ciò che ha fatto,
quindi sa che questo è l’unico modo per porre fine al suo dolore,
anche se è qualcosa da cui non potrà mai tornare indietro.
Tuttavia, il romanzo Shutter Island parla di Teddy che non
viene mai curato e della decisione che gli viene tolta dalle
mani.
Come è stato accolto il finale
di Shutter Island
Il dibattito sul finale di
Shutter Island ha contribuito alla sua eredità
Un segno di un buon finale di un
film è quanto fa discutere. A oltre un decennio dall’uscita di
Shutter Island, il film è ancora oggetto di appassionate
discussioni tra i fan, molti dei quali hanno opinioni diverse sul
significato del finale. Molti pensano che sia chiaro che Andrew
sia un paziente che alla fine del film è guarito, ma che sceglie di
sottoporsi alla lobotomia, ma Shutter Island presenta
abbastanza informazioni da far pensare ad alcuni che si tratti di
un enorme complotto e che Teddy Daniels sia un vero uomo di legge
che è stato sottoposto al lavaggio del cervello da questi
medici.
Il film potrebbe avere una risposta
definitiva sul significato del finale, ma i fan hanno apprezzato il
fatto che molti spettatori possano sedersi e guardare il film,
ognuno vedendo qualcosa di diverso nella propria interpretazione.
Uno dei punti più discussi tra i fan di Shutter Island è il
significato dell’ultima battuta del film e se la ricaduta di
“Teddy” fosse reale o finta.
Tuttavia, alcuni fan hanno difeso
con passione la loro visione del finale e l’idea che la decisione
di Andrew alla fine sia ciò che dà significato all’intero film.
Come sottolinea Redditor
Snow_sun2:
Tante persone non sono d’accordo con me su questo punto, e
non capisco perché. Il finale è molto più significativo,
interessante e conclude davvero una storia incredibile in questo
modo. Se lui avesse semplicemente “ricaduto”, non sarebbe stato
così emozionante e significativo, ma piuttosto insoddisfacente e
“incompiuto”.
Come il finale di Shutter
Island sia un’eccezione per Martin Scorsese
Il finale a sorpresa di
Shutter Island ha richiesto a Scorsese di utilizzare un approccio
narrativo diverso
Shutter Island rimane uno dei film
di maggior successo commerciale di Martin Scorsese, ma il suo
finale mette in evidenza quanto il film sia diverso per il
leggendario regista. Nonostante la longevità della sua carriera,
Scorsese ha sempre evitato di realizzare film che potessero essere
considerati “mainstream”. Certo, ha realizzato film che hanno avuto
un grande impatto sul pubblico e hanno influenzato enormemente il
cinema nel suo complesso, ma questi film hanno sempre cercato di
sfidare il pubblico e di sfidare la narrazione convenzionale.
Scorsese ha sempre amato
realizzare film che esaminano i personaggi piuttosto che seguirli
in una trama rigida.
Scorsese ha famigeratamente
affermato che The Departed è stato il primo film che ha realizzato
con una trama, e anche se potrebbe trattarsi di una battuta da
parte sua, c’è del vero in ciò che dice. Scorsese ha sempre amato
realizzare film che esaminano i personaggi piuttosto che seguirli
in una trama rigida.
Taxi Driver e
Goodfellas sono due dei film più amati di Scorsese, ma Taxi
Driver è uno studio dei personaggi, mentre Goodfellas immerge il
pubblico nella vita della mafia. Nessuno dei due film si preoccupa
eccessivamente di portare avanti una “trama”.
Tuttavia, Shutter Island è un film
che spinge sempre lo spettatore verso la fine e il grande colpo di
scena. Vedere Scorsese affrontare la narrazione misteriosa in
questo modo, lasciando indizi e prefigurando la verità che alla
fine viene rivelata, è emozionante ed efficace. Tuttavia, coloro
chehanno familiarità con la filmografia di
Scorsesepotranno notare quanto sia insolito vedere il
regista affrontare una narrazione più convenzionale e dover essere
in versive della trama.
Shutter Island è sicuramente un
thriller eccezionale, reso ancora più elevato dalla regia di
Scorsese. Il regista è un maestro nel coinvolgere il pubblico in
qualunque mondo esplori e Shutter Island consuma gli
spettatori con un senso di inquietudine fin dalla prima
inquadratura. Tuttavia, manca anche un po’ della magia che
caratterizza i film migliori di Scorsese, in cui il regista ha più
libertà narrativa.
Il finale di Io sono nessuno
2 (qui
la nostra recensione) riafferma il ruolo di Hutch nel mondo,
preparando il terreno per altri potenziali sequel. Il sequel del
campione d’incassi del 2021, riporta in auge l’Hutch di
Bob Odenkirk. Un padre di famiglia di periferia
apparentemente mite è segretamente un agente letale, il cui lato
oscuro riemerge. Io sono nessuno 2, ricco d’azione
e consapevole di sé, riprende la storia qualche tempo dopo il primo
film, con Hutch costretto a diventare di nuovo un “revisore dei
conti” per il governo. Il suo tentativo di rilassarsi con la
famiglia va a rotoli quando durante le vacanze estive si imbatte in
una pericolosa rete di contrabbando.
I personaggi di Io sono
nessuno 2 si ispirano agli elementi stilistici del film
d’azione, in particolare la mente criminale Lendina interpretata da
Sharon Stone. Alla fine del film, Hutch è
costretto a mandare a monte l’intera operazione (con la moglie
Becca e il padre David che sferrano i colpi di grazia che uccidono
Lendina). Gli ultimi momenti del film sono lasciati in sospeso e
questo suggerisce che Hutch potrebbe tornare sul campo in men che
non si dica. Ecco in che modo Io sono nessuno 2
prepara silenziosamente un altro sequel.
Chi libera Hutch e Becca alla
fine?
Hutch e Becca vengono liberati dalla
custodia della polizia alla fine di Io sono nessuno
2 grazie alle conoscenze di Hutch, preparando il terreno
per il suo ritorno in un altro sequel. Nessuno ha presentato Hutch
come “revisore dei conti” in pensione per l’intelligence
statunitense, che si è ritrovato spronato a tornare in azione
nonostante i suoi sforzi per andare in pensione.
Come risultato delle sue azioni nel
finale del primo film, il governo ha pagato il debito che Hutch
aveva accumulato con la mafia russa dopo aver distrutto una piccola
fortuna del loro denaro. Hutch è costretto a ripagarli
intraprendendo missioni mortali, estinguendo gradualmente il suo
debito, anche se si sente esausto e sta perdendo i contatti con la
sua famiglia.
Sebbene non sia stata confermata la
persona esatta che ordina la liberazione di Hutch e Becca entro la
fine di Io sono nessuno 2, è probabile che sia
collegata al Barbiere. Il referente governativo di Hutch, il
Barbiere, è apparso nel primo atto del film e in seguito ha fornito
a Hutch una certa quantità di informazioni su Plumerville, ma non
ha potuto fornire supporto.
È probabile che il Barbiere stia
semplicemente assicurandosi che uno dei suoi agenti più importanti
sfugga al controllo della polizia, impedendo qualsiasi potenziale
reazione da parte sua se Hutch venisse scoperto. Questo potrebbe
dare al Barbiere maggiore potere su Hutch. C’è anche un dubbio
sulle origini complete di Becca e sulla sua storia con Hutch, con
la sua libertà potenzialmente soggetta ad alcune limitazioni.
Come il finale prepara
Io sono nessuno 3
Nobody 2 è in gran parte incentrato
su Hutch e sui suoi sforzi per prendersi una pausa dal suo brutale
lavoro. Gran parte del film è autoconclusivo, con Hutch a cui viene
detto apertamente che non riceverà alcun aiuto dal governo per
affrontare Lendina e la sua rete di contrabbando con sede nella
piccola città. Fortunatamente, alla fine del film, ha sventato
l’intera operazione.
Mentre Hutch e Becca superano il
momento culminante sani e salvi, ci sono alcuni elementi nel film
che suggeriscono potenziali direzioni per un sequel. La questione
più urgente rimane il debito che Hutch ha con il Barbiere e il
governo degli Stati Uniti, che richiede diverse altre missioni
prima che il suo lavoro venga ripulito.
Il ruolo di Hutch come “revisore dei
conti” è un ruolo perfettamente aperto, con potenziali sequel che
offrono a Hutch ogni sorta di possibili missioni da affrontare.
Nobody 2 ha anche codificato il legame tra Hutch e la sua famiglia,
con Harry e David attivamente coinvolti nella lotta. Un sequel
potrebbe rivisitare queste relazioni e mostrarli più in azione
insieme.
C’è anche un altro indizio che David
abbia cresciuto Harry e Hutch portandoli con sé in missione (come
la loro precedente esperienza a Plumerville), il che suggerisce una
tradizione più profonda per il personaggio e il suo ruolo nella
comunità dell’intelligence. Un sequel potrebbe esplorare di più il
ruolo di David come agente in pensione e potrebbe evidenziare la
sua determinazione nell’assicurare che i suoi figli diventassero
uomini migliori di lui.
Un sequel di Nobody 2 potrebbe anche
continuare a concentrarsi sulle dinamiche tra Hutch e la sua
famiglia. Becca è chiaramente in conflitto riguardo alla loro
relazione e un sequel potrebbe approfondire la loro storia insieme.
L’arco narrativo di Brady evidenzia le sue difficoltà a non
replicare la vena violenta del padre, che potrebbe essere
maggiormente messa a fuoco in un possibile sequel che si concentra
sulle dinamiche dei personaggi.
Il vero significato di Io
sono nessuno 2
Io sono nessuno 2 è
un film sull’equilibrio tra lavoro e famiglia, una lotta che sembra
ancora radicata anche quando coinvolge organizzazioni criminali
internazionali e combattenti armati di katana. L’arco narrativo di
Hutch è radicato nei suoi sforzi di prendersi una pausa non solo
dal lavoro, ma anche dai suoi impulsi violenti e dalla sua furia
vendicativa.
Questa è la vera prova di Hutch nel
film, quando ammette a Becca di non riuscire a spegnere il lato
pericoloso della sua personalità. Nonostante i suoi migliori
sforzi, la giusta furia lo spinge a intensificare i conflitti che,
sa, renderanno solo la sua vita più difficile. Non può fare a meno
di radicare la sua personalità lavorativa nella vita privata, il
che non fa che mettere in pericolo la sua famiglia.
La frattura che questo crea tra lui
e i suoi figli, in particolare l’impressionabile Brady, sottolinea
la posta in gioco emotiva del suo arco narrativo. Mentre Hutch è
costantemente in lotta tra la vita e la morte, è più vulnerabile
quando deve spiegare la sua situazione alla moglie o cercare di
convincere il figlio che vuole che Brady diventi un uomo migliore
di lui.
L’importanza di questi legami e di
queste lezioni è codificata nel finale quando Becca arriva a
salvarlo e Brady mostra pietà nei confronti di un mercenario,
dimostrando che c’è ancora speranza per la famiglia di Hutch.
Questo arco narrativo si riflette anche nell’evidente affetto di
David per i suoi figli, così come con Wyatt, inizialmente
antagonista. Fa fatica a crescere suo figlio e si allea con Hutch
dopo averlo salvato.
Io sono nessuno 2
si diverte molto con il genere d’azione, gettando Hutch in ogni
sorta di risse enormi con armi inaspettate. Tuttavia, il nucleo
emotivo del film si basa sui legami per i quali Hutch era disposto
a morire nel film precedente. Offre al film una dolce morale
sull’importanza della famiglia, in mezzo a tutto lo spargimento di
sangue creativo.
Il cinema cosiddetto
high concept nasce per attrarre lo spettatore con premesse
semplici, intriganti e facilmente comunicabili. Locked –
In trappola, remake
del film argentino 4×4 (2019) diretto da
Mariano Cohn, si inserisce perfettamente in questa
categoria: un ladro rimane intrappolato nell’auto che stava
cercando di derubare. Una situazione chiusa, tesa, claustrofobica,
che in teoria offre terreno fertile per costruire un thriller
psicologico serrato e avvincente.
Eppure, la regia di
David Yarovesky
(Brightburn) fatica a trasformare questa
idea in un’opera davvero incisiva, alternando intuizioni visive a
scelte narrative poco convincenti, e sprecando in parte la presenza
di due interpreti di primo piano come Bill
Skarsgård e Anthony Hopkins.
Il protagonista
riluttante: Eddie, ladro per disperazione
Il film si apre con Eddie
Barrish (Skarsgård), un uomo ordinario segnato da
errori e fallimenti. Separato dalla moglie Amy (Gabrielle
Walsh) e incapace di provvedere stabilmente alla figlia
Sarah (Ashley Cartwright), Eddie ha bisogno di
soli 500 dollari per riparare il suo furgone e dimostrare di poter
mantenere una parvenza di responsabilità. Non trovando altra
soluzione, decide di tentare il furto in un SUV apparentemente
incustodito.
Qui però inizia il suo incubo: l’auto si rivela una prigione
tecnologica inespugnabile, capace di resistere a qualsiasi
tentativo di fuga. Una prigione che ha un carceriere invisibile,
pronto a comunicare attraverso lo schermo di bordo: William
(Hopkins), il ricchissimo proprietario del
veicolo.
William non è un
personaggio qualunque. Afflitto da un cancro terminale e distrutto
dal dolore per la morte della figlia in una rapina, ha trasformato
la sua auto in una trappola high-tech progettata per punire
chiunque tenti di rubarla. Il suo obiettivo non è recuperare ciò
che gli spetta, ma ergersi a giudice e carnefice, incarnando una
sorta di giustizia privata.
Il problema, però, è che
Eddie non ha alcuna connessione con il passato tragico di William.
È un ladro improvvisato, vittima di circostanze economiche avverse.
E proprio qui si innesta il cuore ideologico del film: il
miliardario incarna il disprezzo delle élite verso i poveri,
accusati di essere parassiti sociali incapaci di risollevarsi.
William pontifica incessantemente sulla pigrizia delle nuove
generazioni e sulla corruzione morale delle classi meno abbienti,
finendo però per risultare una caricatura di predicatore
reazionario più che un vero villain complesso.
Il gioco al massacro
dentro l’abitacolo
La parte centrale del
film si gioca tutta nello spazio ristretto del SUV. Eddie cerca
disperatamente di liberarsi, ferendosi nel tentativo – emblematica
la scena in cui, sparando al vetro antiproiettile, il proiettile
rimbalza e gli colpisce la gamba. La macchina è un arsenale: sedili
elettrificati, isolamento acustico, sistemi di blocco totale. Un
vero e proprio laboratorio della sofferenza.
Yarovesky riesce a
trasmettere la claustrofobia della situazione, sfruttando bene i
limiti geografici dello spazio. Tuttavia, la ripetitività delle
torture e la monotonia dei dialoghi rendono presto la visione
estenuante. Nonostante la durata relativamente breve (95 minuti),
Locked sembra allungarsi, intrappolando lo spettatore in un
loop di prediche e sofferenze che non porta a sviluppi
significativi.
Locked – In
trappola tra allegoria sociale e ambiguità
politica
Uno degli aspetti più
controversi del film è il suo discorso politico. Attraverso
William, il racconto sembra voler denunciare l’arroganza e la
disumanità dei super-ricchi, pronti a sacrificare i deboli in nome
di un ordine sociale illusorio. Tuttavia, alcune scelte estetiche e
narrative alimentano ambiguità fastidiose.
L’incipit, con immagini
di quartieri degradati accompagnate da musica EDM e cartelli legati
al movimento Black Lives Matter, suggerisce una
visione cinica e stereotipata della povertà e delle proteste
sociali. Questo crea uno scarto tra l’intenzione dichiarata –
criticare l’oligarchia – e l’effetto percepito, che può facilmente
essere letto come un giudizio sprezzante nei confronti delle stesse
vittime che il film dovrebbe difendere.
Skarsgård e Hopkins: due
pesi massimi sprecati
Sul piano attoriale,
Locked offre una prova discontinua. Bill
Skarsgård, già abituato a interpretare ruoli
inquietanti e disturbanti, fatica a trasmettere l’empatia
necessaria per farci parteggiare davvero per Eddie. Nonostante
l’amore per la figlia sia al centro delle sue motivazioni, lo
spettatore rimane spesso distaccato, incapace di credere fino in
fondo nella sua redenzione.
Anthony Hopkins, dal canto suo, fa quello che
può per elevare un personaggio scritto in modo piuttosto
schematico. Il suo William è freddo, implacabile, a tratti persino
ironico, ma resta una figura troppo monolitica per risultare
davvero credibile. Ancora una volta, il grande attore gallese si
trova a impreziosire un materiale che non è all’altezza del suo
talento.
Yarovesky dirige con
mestiere, evitando eccessi visivi dopo un’iniziale carrellata
circolare piuttosto gratuita. Sa muoversi nello spazio ristretto
dell’abitacolo, mantenendo una certa chiarezza nella messa in
scena. Ma ciò che manca è la profondità della scrittura. Lo script
di Michael Arlen Ross costruisce un confronto
ideologico tra vittima e carnefice che non si sviluppa mai in
qualcosa di autenticamente drammatico. Il risultato è un film che
resta a metà strada: troppo superficiale per essere una riflessione
politica incisiva, troppo verboso per funzionare come puro thriller
claustrofobico.
Locked – In
trappola finisce per ridursi a un esperimento
sterile. La sua premessa intrigante non trova mai uno sviluppo che
sappia coinvolgere lo spettatore fino in fondo. Tra un protagonista
poco empatico, un antagonista ridotto a caricatura ideologica e un
sottotesto politico ambiguo, il film lascia una sensazione di
incompiutezza.
Non mancano momenti di
tensione ben gestiti e qualche trovata efficace, ma il risultato
complessivo è un thriller che intrappola più che intrattenere,
lasciando lo spettatore con la sensazione di aver assistito a una
lunga metafora priva di vera sostanza. Sarà forse un risultato
voluto?
Tratto dall’omonimo romanzo di Kazuo Ishiguro,
premio Nobel per la letteratura, Quel che resta del giorno (1993) è uno
dei più raffinati esempi di adattamento cinematografico di un’opera
letteraria contemporanea. Diretto da James Ivory,
il film si inserisce nel solco del cinema in costume britannico
degli anni ’90, con la tipica cura per l’ambientazione
storica e la ricostruzione d’epoca, ma riesce anche a
trascendere il genere grazie alla profondità dei temi affrontati.
Ambientata principalmente negli anni Trenta e Quaranta, la storia
utilizza l’eleganza formale della cornice aristocratica inglese per
riflettere su questioni universali come la fedeltà, la repressione
dei sentimenti e il peso delle scelte morali.
Il
cuore del film è rappresentato dal cast di altissimo livello,
guidato da Anthony Hopkins e Emma Thompson, qui alla loro seconda
collaborazione dopo Casa
Howard, sempre per la regia di Ivory. Hopkins veste i panni di
Stevens, il maggiordomo che ha fatto della
dedizione e della disciplina il centro della propria esistenza,
sacrificando emozioni e desideri personali. Thompson interpreta
Miss Kenton, la governante che con la sua presenza
gentile e risoluta mette in discussione le certezze del
protagonista, incarnando una tensione emotiva mai dichiarata
apertamente. Intorno a loro si muovono figure di spicco come
James Fox e Christopher Reeve, che contribuiscono a
delineare con precisione l’intreccio tra vita privata e grandi
eventi storici.
Accolto con entusiasmo dalla critica e dal pubblico,
Quel che resta del
giorno ottenne un enorme successo anche in ambito di
premi, ricevendo otto nomination agli Oscar, tra cui miglior film,
miglior regia, miglior attore e migliore attrice protagonista. La
raffinatezza della sceneggiatura, la regia di Ivory e l’intensità
delle interpretazioni lo hanno consacrato come un classico moderno,
capace di mantenere intatta la sua forza emotiva a distanza di
decenni. Nel prosieguo di questo articolo ci concentreremo sul
significato del finale, analizzando le scelte narrative e i simboli
che rendono indimenticabile l’ultima parte del racconto.
Ambientato tra gli anni Trenta e il secondo dopoguerra,
Quel che resta del
giorno racconta la vita di Stevens
(Anthony
Hopkins), maggiordomo al servizio di Lord
Darlington (James Fox) nella sontuosa
residenza di Darlington Hall. Devoto al proprio ruolo e al codice
di condotta che impone discrezione assoluta, Stevens incarna
l’ideale del servitore perfetto, disposto a sacrificare ogni
emozione personale pur di adempiere ai suoi doveri. Accanto a lui
si inserisce la figura di Miss Kenton (Emma
Thompson), la nuova governante della casa, il cui
carattere schietto e sensibile finisce per incrinare la rigidità
del protagonista, rivelando lentamente le fragilità e i desideri
che egli tenta di reprimere.
Il
racconto si sviluppa attraverso un lungo flashback, innescato da un
viaggio compiuto da Stevens nel dopoguerra, quando l’ex maggiordomo
parte per ritrovare Miss Kenton, ormai sposata e lontana da
Darlington Hall. Durante questo itinerario, la memoria lo riporta
agli anni in cui il suo padrone, Lord Darlington, ospitava
diplomatici e uomini politici vicini alla Germania nazista, mentre
lui stesso, pur consapevole delle implicazioni morali, continuava a
mantenere un atteggiamento di cieca obbedienza. L’intreccio alterna
così i ricordi del passato alle immagini del presente, delineando
una vicenda intima e insieme storica, nella quale l’amore mancato
tra Stevens e Miss Kenton si intreccia indissolubilmente al
tramonto di un mondo aristocratico destinato a scomparire.
La
spiegazione del finale del film
Nel
terzo atto della vicenda, Stevens intraprende dunque un viaggio che
lo conduce a rivedere Miss Kenton, ormai Mrs. Benn, sposata da anni
e con una figlia adulta. L’incontro, tanto atteso, si svolge in
un’atmosfera sospesa tra nostalgia e malinconia, con i due
personaggi che ripercorrono le esperienze condivise a Darlington
Hall e i sentimenti mai espressi apertamente. La conversazione
rivela che, nonostante le difficoltà del matrimonio, Miss Kenton ha
trovato una forma di serenità nella vita costruita lontano da
Stevens, mentre lui resta intrappolato nel rimpianto di ciò che
avrebbe potuto essere.
Anthony Hopkins ed Emma Thompson nel film Quel che resta del
giorno
Il
film si chiude con il ritorno del protagonista a Darlington Hall,
ora di proprietà di un ricco americano, Mr. Lewis
(Christopher
Reeve). Nella scena finale, Stevens assiste a un
uccello rimasto intrappolato nella sala della residenza e che,
liberato da una finestra, vola via. Questo gesto, apparentemente
semplice, assume un significato simbolico, contrapponendosi alla
condizione dell’uomo, incapace di emanciparsi dal ruolo che ha
scelto e dalle emozioni soffocate per tutta la vita. La malinconia
dell’ultima inquadratura, che indugia sul volto composto di
Hopkins, sancisce la definitiva chiusura di una storia d’amore mai
vissuta e di una vita dedicata a un padrone, a scapito di se
stesso.
Il
finale di Quel che resta del giorno è la
rappresentazione di un bilancio esistenziale. Stevens incarna la
parabola di chi ha rinunciato alla libertà e ai sentimenti per un
ideale di servizio che, col tempo, si rivela vano e anacronistico.
L’incontro con Miss Kenton dimostra che la possibilità di un futuro
diverso è ormai sfumata e che il prezzo della sua fedeltà cieca a
Lord Darlington e al ruolo di maggiordomo è stato il sacrificio
della propria felicità. La liberazione dell’uccello diventa così
l’immagine contrapposta di ciò che lui non ha mai saputo fare:
scegliere di vivere davvero.
Cosa ci lascia il finale
di Quel che resta del giorno
Per lo spettatore, questa conclusione lascia una riflessione amara
ma universale sul senso delle scelte e sulla necessità di non
rinviare all’infinito la possibilità di esprimere i propri
sentimenti. Stevens rimane un personaggio emblematico perché mostra
come la dedizione assoluta, se priva di umanità, conduca alla
solitudine e al rimpianto. Ivory costruisce un epilogo che non
concede catarsi né lieto fine, ma che invita a guardare con
lucidità al valore del tempo e delle decisioni che lo riempiono,
consegnando al pubblico un’opera che resta incisa nella memoria non
solo per la sua eleganza formale, ma soprattutto per la profondità
della sua lezione emotiva e morale.
Scopri anche il finale di
questo film simile a Quel che resta del
giorno:
Uscito nel 2015 e diretto da Ernie Barbarash,
Pound of Flesh rappresenta una delle tappe più
significative della fase tarda della carriera di Jean-Claude Van Damme. Dopo i successi degli
anni Ottanta e Novanta, l’attore belga si è reinventato in progetti
che alternano azione pura a trame più oscure e introspettive,
cercando di ridefinire la propria immagine sul grande e piccolo
schermo. Questo film, pur restando ancorato al genere action che lo
ha reso celebre, si distingue per il tono cupo e per la volontà di
unire scontri fisici spettacolari a un racconto che esplora la
vendetta e il senso di giustizia personale.
La
trama ruota attorno a Deacon (Van Damme), ex
agente delle forze speciali che si risveglia dopo una notte
turbolenta scoprendo di essere stato derubato di un rene destinato
a un trapianto vitale per la nipotina. Da qui parte una missione
disperata tra le strade delle Filippine, un percorso in cui la
lotta contro il tempo si intreccia a una spirale di violenza e resa
dei conti. Il film unisce così il ritmo serrato del
thriller urbano con elementi di dramma personale, offrendo un
intreccio che va oltre il semplice intrattenimento muscolare.
Accolto con curiosità dal pubblico e oggetto di discussione tra i
fan di Van Damme, Pound of Flesh non ha raggiunto
i numeri dei grandi blockbuster del passato, ma ha consolidato
l’immagine dell’attore come interprete capace di affrontare ruoli
più ambigui e segnati dal dolore. La combinazione di sequenze
d’azione, toni noir e riflessioni sul sacrificio rende il film una
prova interessante nella sua filmografia, spesso citata per il
coraggio di cimentarsi con temi più cupi. Nel resto di questo
articolo ci soffermeremo in particolare sul significato del finale,
analizzandone le implicazioni narrative ed emotive.
John Ralston e Jean-Claude Van Damme in Pound of Flesh
La trama di Pound of Flesh
La
vicenda prende avvio con l’arrivo nelle Filippine di
Deacon (Jean-Claude
Van Damme), ex agente delle forze speciali dal passato
tormentato. La sua missione ha un obiettivo intimo e urgente:
donare un rene alla nipotina gravemente malata. Poco dopo il suo
arrivo, però, una notte trascorsa con una misteriosa donna si
trasforma in un incubo, quando l’uomo si risveglia in una vasca da
bagno insanguinata e scopre di essere stato derubato proprio
dell’organo destinato al trapianto. Questo evento scatena in lui
una corsa disperata contro il tempo, tra le strade e i vicoli di
Manila, nel tentativo di ritrovare ciò che gli è stato sottratto e
garantire alla nipote una possibilità di vita.
A
supportarlo in questa missione impossibile c’è
George (John Ralston), un ex
confratello con cui Deacon ha condiviso momenti difficili e che
rappresenta al tempo stesso un aiuto e un richiamo al suo passato.
La caccia ai responsabili lo conduce in un intreccio pericoloso di
criminalità organizzata, corruzione e violenza, dove ogni pista
svela una verità più oscura della precedente. Parallelamente, la
figura di Ana (Charlotte Peters),
uomo legato alla rete di traffici illeciti, si intreccia con la
ricerca di Deacon, amplificando il conflitto morale tra vendetta
personale e il sacrificio per la famiglia. La trama alterna azione
e dramma, costruendo un percorso in cui il protagonista deve
misurarsi non solo con i suoi nemici, ma anche con i propri limiti
fisici ed emotivi.
La spiegazione del finale del
film
Nel
terzo atto della storia, la ricerca di Deacon giunge al suo punto
più alto di tensione. Dopo aver affrontato una serie di nemici e
tradimenti, il protagonista riesce a rintracciare la rete criminale
responsabile del furto del suo rene. Gli scontri si fanno sempre
più brutali e logoranti, segnando la progressiva consunzione fisica
di Deacon, che appare sempre più debilitato e consapevole del
prezzo da pagare. La missione si carica così di un valore estremo:
non è solo una lotta per la giustizia, ma un sacrificio personale
che diventa inevitabile.
Jean-Claude Van Damme e Mike Leeder in Pound of Flesh
Il
film si chiude con un epilogo dal tono tragico ed eroico. Deacon
riesce infatti a garantire che il rene arrivi alla nipotina,
salvandole la vita, ma lo fa al costo della propria esistenza.
L’ultima immagine ci restituisce un uomo che, pur spogliato delle
sue forze e consumato dalla missione, trova un senso definitivo
nella sua scelta. L’eroe non sopravvive, ma lascia dietro di sé la
certezza di aver trasformato il dolore e la violenza in un gesto
estremo di amore e di redenzione.
Il
significato di questo finale si lega profondamente ai temi che
attraversano il film: il corpo come terreno di sacrificio, la
vendetta che si intreccia con la necessità di redenzione, la
fragilità che si cela dietro l’immagine del guerriero invincibile.
Deacon non è il classico eroe d’azione che trionfa senza
conseguenze, ma un uomo segnato dal passato che trova riscatto solo
accettando di perdere tutto per salvare chi ama. In questo senso,
Pound of Flesh propone una lettura più cupa e
umana dell’action movie tradizionale.
Cosa ci lascia il finale
di Pound of Flesh
Per lo spettatore, l’epilogo lascia una riflessione amara e allo
stesso tempo potente. La parabola di Deacon mostra come il senso
dell’eroismo non stia nella sopravvivenza, ma nella capacità di
dare valore al proprio sacrificio. La morte del protagonista non è
un fallimento, bensì l’unico modo per completare il percorso
intrapreso: un atto che unisce la brutalità della vendetta alla
dolcezza del dono, trasformando un film di pura azione in un
racconto che, pur nella sua durezza, invita a interrogarsi su
quanto si è disposti a rischiare per gli altri.
Scopri anche il finale di altri film simili a Pound of
Flesh con Jean-Claude Van
Damme
Il termine “guilty
pleasure” dovrebbe sicuramente essere sinonimo di qualsiasi
contenuto prodotto dalla Lifetime Network. Non sarebbe sbagliato
classificare i “film Lifetime” come un genere cinematografico a sé
stante, perché questi film sono unici nel loro genere. Anche se le
loro storie assomigliano al mondo in cui viviamo, il mondo dei film
Lifetime è qualcosa di diverso. Uno dei loro ultimi film, il
thrillerIn fuga dall’incubo (il cui titolo
originale è Hiding From My Husband) – diretto da
John Murlowski – non fa
eccezione.
Anche se all’inizio sembra che i
realizzatori abbiano effettivamente cercato di sviluppare una trama
adeguata e intrigante, alla fine il film abbraccia la sua
personalità Lifetime e si trasforma in qualcosa di assolutamente
assurdo. È probabile che gli spettatori provino più senso di colpa
che piacere guardando questo film, ma qui ci concentriamo sul
fornire una spiegazione degli eventi che si svolgono in In
fuga dall’incubo.
La trama di In fuga
dall’incubo
Quello che succede è esattamente
quello che suggerisce il titolo (più quello originale che non
quello italiano). E In fuga dall’incubo indica
chiaramente di cosa si tratta già nel titolo stesso.
Jessica e Peter sono una coppia
in un matrimonio già destinato al fallimento, e la colpa è solo di
Peter. L’uomo è un enorme campanello d’allarme e Jessica non vede
l’ora di allontanarsi da lui. Subito dopo che Peter esce per andare
al lavoro una bella mattina, Jessica fa le valigie, prende il
passaporto e una busta, tira fuori una mazzetta di contanti
dall’armadio e scappa di casa.
Per rendere le cose più drammatiche,
Peter torna con un ramoscello d’ulivo e la scusa di aver
dimenticato il portatile a casa, e Jessica esce proprio in quel
momento. Infatti, Peter la raggiunge proprio mentre sta per
prendere il taxi. Jessica sale comunque sul taxi ed evita qualsiasi
confronto. La cosa successiva che fa è ciò che qualsiasi persona
logica farebbe in una situazione del genere: va a prendere suo
figlio Noah a scuola, dove Peter li raggiunge, ma
Jessica riesce a scappare. Peter non riesce a raggiungerla e
Jessica riesce a fuggire nella pittoresca isola dove vive sua
sorella Rachel.
Lei, che è un avvocato, promette di
aiutare sua sorella e suo nipote, sia professionalmente che
personalmente. Jessica non impiega molto tempo a trovare una vita
più sana al di fuori del suo matrimonio tossico, poiché sua sorella
le trova una casa e un lavoro nella scuola locale, dove anche Noah
inizia a frequentare. Fortunatamente per Jessica, Noah, per essere
un bambino di dieci anni, sembra essere sinceramente comprensivo e
premuroso nei confronti della madre.
Kelly Fields nel film In fuga dall’incubo
La vita dopo Peter
Come ci si potrebbe aspettare, Peter
si comporta come Liam Neeson in Io vi troverò con sua moglie e suo figlio e minaccia
Jessica insieme a molte scuse e manipolazioni dolci che comportano
il trasferimento di una ingente somma di denaro sul conto della
donna. Trovare sua moglie e suo figlio sembra essere un compito
difficile per lui, dato che non sa dove vive Rachel e Rachel si
rifiuta di intrattenere suo cognato in qualsiasi modo
possibile.
Sull’isola, Noah fa amicizia con un
uomo di nome Cory, che ha quasi la stessa età di
suo padre, il che mette Jessica a disagio. Cory, un uomo dai modi
gentili, si rivela essere un tuttofare che ripara la nuova casa di
Jessica. Nonostante l’uomo sembri completamente innocuo, Jessica
sente che c’è qualcosa di strano in lui. Incontra poi un altro uomo
di nome Matt, che è un insegnante di musica nella
sua scuola.
Matt si rivela un uomo sensibile,
compassionevole e affascinante che va d’accordo con Jessica. Ma il
passato continua a tormentare Jessica, che sente ancora il peso del
suo trauma e nota un’auto che la segue ovunque. Diventa paranoica
pensando che Peter la stia seguendo e che la sua nuova vita stia
per essere rovinata. Ma sembra che la vita abbia davvero altri
piani per la nostra protagonista, poiché Rachel le dice presto che
Peter è morto in un incidente assurdo.
Cosa succede nel finale
di In fuga dall’incubo
Nonostante i media abbiano
praticamente confermato la morte dell’imprenditore tecnologico
Peter, Jessica non sembra crederci. La sua paranoia continua ad
aumentare quando si sveglia notte dopo notte e scopre che qualcuno
sta entrando ripetutamente in casa sua. Vediamo anche la sagoma di
un uomo e intuiamo che sta succedendo qualcosa di sinistro.
Tuttavia, la paranoia di Jessica viene rapidamente liquidata da sua
sorella, e Rachel afferma di aver persino visto il rapporto sulla
morte di Peter firmato dal medico legale in persona.
Ma quando Jessica chiede a sua
sorella di mostrarle il rapporto, Rachel tergiversa. Nel frattempo,
le cose si complicano un po’ tra Matt e Jessica, con la donna che
sta attraversando tutte queste difficoltà. Tuttavia, Matt sembra
capire tutto e continua a darle il suo sostegno. Anche Noah stringe
un legame con l’insegnante di musica. In un film come In
fuga dall’incubo, dopo un certo punto, la grande
rivelazione diventa l’elemento centrale, e quando questo film
raggiunge quel punto, Jessica non solo ha ragione sul fatto che
qualcuno si sia introdotto in casa sua, ma l’intruso non è altro
che il tuttofare, Cory.
Ian Reier Michaels e Kelly Fields in In fuga
dall’incubo
Questo dimostra solo che Jessica
aveva sempre ragione sul fatto che quell’uomo fosse strano. Per non
parlare del fatto che, nel bel mezzo di tutta questa monotonia, il
telefono di Noah viene rubato da Cory, che spaventa ulteriormente
Jessica inviandole delle foto di lei che dorme in casa. Tuttavia,
Cory viene catturato dalla polizia mentre irrompe in casa una
notte, e Matt arriva al momento giusto per essere il cavaliere
senza macchia e senza paura di Jessica. Rachel si precipita a casa
della sorella e ammette di essersi sbagliata su Cory,
dopotutto.
Si scopre che Cory è entrato e
uscito da centri di riabilitazione e ha gravi problemi di salute
mentale. In fuga dall’incubo avrebbe potuto finire
a questo punto, ma i realizzatori del film non hanno resistito alla
tentazione di riportare in scena il marito. Peter, che ovviamente
non era morto, torna e rapisce Noah. Poi chiama Jessica e le chiede
di incontrarlo su una scogliera dove è destinato a verificarsi un
incidente. Vedendo suo figlio in pericolo, Jessica non ha altra
scelta che affrontare il marito.
A questo punto veniamo a sapere che,
nonostante tutte le cose terribili che ha fatto a Rachel, Peter non
ha nulla a che fare con Cory che terrorizza Jessica. Ma allora, chi
è la mente? È la sorella, ovviamente, che è gelosa di Jessica fin
da quando era bambina, poiché i loro genitori hanno sempre favorito
lei. Sebbene non ne avessimo visto alcun segno prima, Rachel si
rivela essere colei che ha orchestrato tutto, compreso l’incidente
di Peter. In qualche modo è riuscita ad attirare Peter sulla
scogliera, dove muore accidentalmente, e Rachel riesce a dare la
colpa a Jessica.
Questo la renderebbe la tutrice
legale di Noah e le consentirebbe di ottenere tutti i soldi di
Peter e Jessica. Il piano assolutamente infallibile ha quasi
successo, poiché Peter muore cadendo dalla scogliera, ma proprio
mentre Rachel spiega tutto a Jessica, Noah filma tutto e dimostra
di essere il personaggio più degno di tutti. Tutto ciò che rimane
dopo è un lieto fine per Jessica, suo figlio e Matt, che alla fine
si rivela essere una persona affidabile, a meno che Lifetime non
realizzi un sequel e lo trasformi in un cattivo.
Scopri anche il finale di film simili ad In fuga
dall’incubo
All’inizio di questa settimana, un
video di un mese fa in cui Charlie Cox si riferiva alla seconda stagione
di Daredevil: Rinascita come alla stagione
“finale” della serie è diventato rapidamente virale sui social
media. Il suo co-protagonista, Vincent D’Onofrio, ha poi cercato di chiarire
la situazione, rassicurando che la prossima non sarà l’ultima
stagione. Ora è però lo stesso Cox a smentire il rumor.
Questo fine settimana, l’attore era
infatti presente all’evento For the Love of Fantasy a
Londra, in Inghilterra, e Comicbookmovie è riuscita ad avere
un breve scambio con l’attore il quale oltre a
denire “fantastica” la prossima stagione, ha poi risposto con
un secco “No, non credo proprio” alla domanda se sarà
anche l’ultima. Con questa ulteriore rassicurazione, ora non resta
che attendere di vedere i nuovi episodi e di scoprire in quali
direzioni porteranno l’iconico Daredevil.
In Daredevil:
Rinascita della Marvel Television, Matt Murdock
(Charlie
Cox), un avvocato cieco con capacità straordinarie,
lotta per ottenere giustizia nel suo vivace studio legale, mentre
l’ex boss mafioso Wilson Fisk (Vincent
D’Onofrio) persegue le sue iniziative politiche a New
York. Quando le loro identità passate iniziano a emergere, entrambi
gli uomini si ritrovano inevitabilmente su una rotta di collisione.
Entrambi torneranno nella Stagione 2.
La serie vede la partecipazione
anche di Margarita Levieva, Deborah Ann Woll, Elden Henson,
Zabryna Guevara, Nikki James, Genneya Walton, Arty Froushan, Clark
Johnson, Michael Gandolfini, con Ayelet
Zurer e Jon Bernthal. Dario
Scardapane è lo showrunner.
David Yarovesky
arriverà al cinema in Italia il prossimo 20 agosto, quando
Eagle Pictures distribuirà Locked – In Trappola, remake del
film argentino 4×4. “Sono un grande
fan dei remake“, ha spiegato il regista nel corso di
un’intervista.
Locked cerca la sua strada, con diversi
punti di divergenza tra lui e l’originale, ma se guardate i due
trailer uno dopo l’altro, si notano anche alcune inquadrature quasi
identiche. Quando gli è stato chiesto in cosa volesse discostarsi
dall’originale, David Yarovesky ha esordito
dicendo: “Penso che i registi originali abbiano fatto un lavoro
incredibile. Soprattutto con le risorse che avevano. Ho adorato
quello che hanno fatto”. È interessante notare che Yarovesky
non ha guardato 4×4 prima di aver letto la sceneggiatura di
Locked: “Volevo essere davvero mirato e
specifico nel modo in cui mi sono concesso di guardarlo“.
“Sono un grande fan dei
remake”, ha detto il regista, prima di aggiungere che la
critica a una Hollywood non originale è “la visione più ovvia
del pianeta Terra… se si va più a fondo, si capisce che ogni
singolo film è un remake. Che ogni film che vedi è stato presentato
come un qualcosa che incontra qualcos’altro. E se parli con un
regista, ti dirà: ‘Oh, ti piace quella scena? Io sto solo facendo
questo qui’“.
“Ti piace il finale di
Brightburn?”Yaravosky ha continuato:
“Beh, è il finale di Jurassic Park. L’ho rubato a Steven Spielberg e non è bello come Jurassic
Park, ma quella è stata la mia ispirazione ed è quello che è. E
alcuni dei miei film preferiti sono reboot. Certo, ce ne sono
alcuni che non mi piacciono, ma da Cape Fear di Scorsese a La mosca
di Cronenberg, a L’alba dei morti viventi di James
Gunn”.
Ma Locked non è solo un reboot. “C’è
l’ambientazione, c’è la premessa, ci sono un paio di momenti che
sono sicuramente un omaggio all’incredibile lavoro svolto dai
precedenti registi”, ha spiegato Yarovesky, “e c’erano
cose che amavo ma che non sarebbero state fedeli al film che stavo
girando. E dovevo raccontare la mia storia”.
In fondo, il regista è stato
ispirato dalla sua esperienza di vita: “Quando ero più giovane,
qualcuno è entrato in casa e mi ha rubato la Xbox. Non è un grosso
problema, ma quando è successo a me, per me sono stati un sacco di
soldi e mi sono sentito una vittima. Non volevo entrare in quella
parte della casa perché mi sembrava qualcosa di [brutto]. Potevo
incanalare ciò che provavo in quel momento e pensare: ‘E se
riuscissi a catturare quel tizio in una scatola? Come andrebbe a
finire davvero, e quanto sarebbe teso?'”.
Eddie è un piccolo criminale di
città, abituato a colpire in fretta e sparire nel nulla. Ma
stavolta sbaglia bersaglio. Quando forza un SUV apparentemente
abbandonato, si ritrova intrappolato in un incubo tecnologico:
porte che non si aprono, vetri blindati, nessuna via di uscita. È
solo l’inizio.
Dietro tutto questo c’è William,
un uomo che non crede nella giustizia delle leggi, ma in quella
spietata e personale che si esercita nell’ombra. Intrappolato nel
veicolo, Eddie dovrà lottare contro il tempo, contro i propri
demoni, e contro un nemico che conosce ogni sua mossa. Un thriller
ad alta tensione, claustrofobico e adrenalinico, dove ogni secondo
conta e la redenzione non è contemplata.
È strano svegliarsi il giorno dopo
aver perso qualcuno di importante nella propria vita. Non sembra
possibile che quest’ultima, che il mondo intero, possano andare
avanti mentre c’è chi rimane indietro, strappato all’affetto dei
suoi cari senza che si possa mai davvero essere pronti per questo
momento. Ciò che resta è un vuoto impossibile da colmare, con cui
si può solo imparare a convivere sapendo che sarà sempre difficile
trovare le parole per spiegarlo, comprenderlo, accettarlo. Il film
Frammenti di Luce (titolo italiano di
Ljósbrot) tenta di fare proprio questo, raccontare
l’irracontabile: quel senso di lutto capace di far sentire smarriti
come nient altro al mondo.
Il regista islandese
Rúnar
Rúnarssonpresenta questo suo nuovo
lungometraggio nella sezione Un Certain Regard del
Festival di Cannes 2024. Anche
nei suoi precedenti lavori egli affrontato momenti spartiacque
nella vita dell’essere umano: dalla riconciliazione di un uomo con
i suoi figli e la moglie al capezzale di quest’ultima
(Volcano, 2011) allo stravolgimento nella vita di un
adolescente al momento del suo trasferirsi dalla città ad un
piccolo villaggio (Passeri, 2015). Ma anche con i suoi
cortometraggi Two Birds (2008) e Anna (2009),
Rúnarsson ha ribadito il suo interesse nei confronti del passaggio
da un’età ad un’altra, con tutte le speranze e le paure che tale
trasformazione porta con sé.
La trama di Frammenti di Luce
Protagonista del film è Una
(Elín Hall), studentessa di arti performative e
membro di una band in cui vi è anche il suo amico Diddi
(Baldur Einarsson). Ma tra di loro c’è ben più che
una semplice amicizia. I due si sono innamorati e vivono quel loro
amore con l’intensità di cui solo i giovani sono capaci. Sono però
costretti a tenere segreto il loro rapporto, in quanto Diddi è in
realtà fidanzato con Klara (Katla Njálsdóttir),
dalla quale però è pronto a separarsi. Proprio durante il viaggio
con cui intende raggiungerla per annunciarle la fine del loro
rapporto, un terribile incidente lo strappa alla vita. Per Una,
Klara e i loro amici ha così inizio la giornata più lunga della
loro vita, durante la quale dovranno fare i conti con quella
scomparsa.
Il racconto di Frammenti di
Lucesi svolge nell’arco di 24 ore,
iniziando con un tramonto e terminando con quello del giorno
successivo. Un intervallo temporale nel quale la vita dei
protagonisti cambia per sempre in modi inaspettati. Dalle risate e
dalle tenerezze iniziali si passa agli occhi gonfi di lacrime, alla
voce rotta e a quella sensazione di cuore in pezzi che puo
rivelarsi molto più concreta di quel che si potrebbe pensare. Per
Una, in particolare, si manifesta anche un sentimento di
estraneità, proprio per via di quel suo segreto che sembra ora
destinato a rimanere per sempre tale.
Rúnarsson sottolinea questo suo
stato d’animo seguendola con la macchina da presa sempre alle sue
spalle, negandoci in più occasioni il suo volto quasi come volesse
proteggerla dagli sguardi indagatori del pubblico. Nei suoi occhi
rossi si nasconde quella verità che deve essere protetta. Queste
premesse narrative potrebbero far pensare ad un inevitabile
confronto tra le due ragazze ma più si procede nella visione più
diventa chiaro come l’intento del regista non sia quello di
giungere ad un climax di questo tipo, bensì mostrare come un comune
dolore possa permettere di appianare ogni divergenza in virtù di un
reciproco sostengo.
È così che in Frammenti di
Luce si susseguono una serie di scenari con cui i giovani
protagonisti cercano di venire a patti con quel dolore, sfogandosi
come loro possibile. Che sia bevendo in onore dell’amico scomparso
o danzando fino allo stremo, il regista li raffigura sempre con
un’innocenza disarmante, che porta a chiedersi come sia possibile
che ragazzi così giovani debbano confrontarsi con qualcosa di così
grande e spaventoso. Ma è solo un’altra domanda a cui non c’è
risposta, per cui non resta che lasciarsi andare e abbracciare
l’ignoto.
Frammenti di Luce
cerca dunque di catturare uno stato d’animo e riproporlo sul grande
schermo e l’impressione è che, seppur non porti a compimento tutte
le sue idee, riesca in ogni caso a restituire il dolore e la paura
dei suoi protagonisti. Nel raccontarli, il regista riesce a farlo
grazie ad una serie di immagini e battute che difficilmente non
faranno scattare nello spettatore la molla dell’immedesimazione. Si
ricerca dunque un senso alla morte, ancora oggi incomprensibile e
inaccettabile, specialmente nel momento in cui ci costringe a
confrontarsi su ciò che resta – in noi o nel mondo – di chi se ne
va.
Come si diceva, non tutte le
situazioni proposte da Rúnarsson si risolvono o sembrano apportare
ulteriore valore al racconto, ma grazie anche alla breve durata del
film e alla bravura dell’attrice Elín Hall,
silenziosa e profondamente espressiva, si segue con attenzione
quest’opera “piccola” intenzionata a parlare di cose grandi.
L’aspetto più bello, però, è il fatto che il regista riesca ad
affrontare un argomento pesante come questo con quella grazia e
quella tenerezza che sembrano essere due dei possibili ingredienti
per superare la morte.
Il mese scorso si è tenuta la prima
proiezione di prova di 28 anni dopo: The Bone Temple di Nia
DaCosta, e le prime reazioni suggeriscono che potremmo
trovarci di fronte a qualcosa di sorprendentemente forte. I
resoconti del pubblico indicano che durante il film ci sono stati
diversi applausi. Uno spettatore che aveva amato il primo film
(qui la nostra recensione) ha
detto: “Pensavo che la prima parte fosse eccezionale, ma questa
l’ha superata”.
Jack O’Connell, reduce da I
Peccatori, è già stato candidato come “miglior cattivo
dell’anno” e la dinamica centrale è essenzialmente un duello tra
O’Connell e il custode delle ossa interpretato da Ralph Fiennes, il dottor Ian Kelson, che ha un
ruolo più importante rispetto al primo film e offre una performance
“ancora migliore”. La sceneggiatura, scritta da Alex
Garland, è descritta come “impressionante”, in particolare
il terzo atto, che secondo quanto riferito ha suscitato una
reazione fortemente positiva da parte dei partecipanti quando la
narrazione ha preso una svolta audace.
Un insider ha lasciato intendere che
c’è una sequenza nell’atto finale di cui si parlerà per gran parte
del 2026. Dal punto di vista cinematografico, è stato detto che il
sequel adotta un approccio più tradizionale rispetto al suo
predecessore. A differenza del primo film, non ci sono prove che
iPhone o telecamere portatili abbiano dominato la produzione; al
contrario, DaCosta avrebbe abbracciato uno stile di ripresa più
classico.
Come noto, se 28 anni dopo: The Bone Temple – in uscita a
gennaio 2026 – avrà il giusto successo in termini economici, ciò
permetterà la realizzazione del terzo capitolo, che sarà nuovamente
diretto da Danny Boyle e vedrà il
ritorno di Cillian Murphycome protagonista
a tutti gli effetti. Se queste prime reazioni al secondo
capitolo saranno confermate, il sequel avrà la possibilità di
riscattare il franchise agli occhi di quei fan delusi dal primo
film, ma anche di convincere potenzialmente la Sony a impegnarsi
nel capitolo finale della trilogia.
“Eravamo in costante difficoltà
finanziaria”. Così il regista di Locked – In Trappola, David
Yarovesky, ha spiegato durante un’intervista per
promuovere il suo film, in uscita in Italia il 20 agosto con
Eagle Pictures.
Il film ha avuto diversi problemi e
ritardi di produzione, che hanno anche determinato il
cambio di attore protagonista (da Glen
Powell a Bill
Skarsgård), ma queste difficoltà non hanno scoraggiato
Yarovesky, che ha fatto davvero di tutto affinché
il suo film vedesse la luce.
“Fare film indipendenti [è]
molto, molto, molto, molto, molto difficile”, ha detto
Yarovesky dopo aver spiegato il destino toccato all’altro
protagonista di Locked, il SUV Dolus personalizzato. Il regista ha
raccontato quanto sia stata dura la realizzazione di questo film a
causa di un budget e di una tempistica di produzione ridotti,
dicendo: “Eravamo in costante difficoltà finanziaria per
riuscire a girarlo. Dovevamo girarlo in 19 giorni. È stata una
sfida continua. E credo che i produttori abbiano venduto l’auto per
continuare a finanziare il film”.
L’auto è stata venduta durante la
post-produzione, quindi le riprese erano già terminate, ma
Yarovesky ha condiviso un punto importante che ha detto ai
produttori: “Ho detto loro: ‘Questa cosa varrà molto di più
dopo l’uscita del film'”, ma, sfortunatamente, “avevamo
bisogno di più soldi. Era così difficile”.
Eddie è un piccolo criminale di
città, abituato a colpire in fretta e sparire nel nulla. Ma
stavolta sbaglia bersaglio. Quando forza un SUV apparentemente
abbandonato, si ritrova intrappolato in un incubo tecnologico:
porte che non si aprono, vetri blindati, nessuna via di uscita. È
solo l’inizio.
Dietro tutto questo c’è William,
un uomo che non crede nella giustizia delle leggi, ma in quella
spietata e personale che si esercita nell’ombra. Intrappolato nel
veicolo, Eddie dovrà lottare contro il tempo, contro i propri
demoni, e contro un nemico che conosce ogni sua mossa. Un thriller
ad alta tensione, claustrofobico e adrenalinico, dove ogni secondo
conta e la redenzione non è contemplata.
La Warner Bros. sembra voler
accelerare i tempi riguardo il prossimo film con Supermane dopo
che James Gunn aveva già detto a THR che il sequel
sarebbe “entrato in produzione non molto lontano da oggi”,
arrivano ora due aggiornamenti che suggeriscono progressi
significativi. Secondo l’insider EmpireCity Box Office, la Warner
Bros. starebbe infatti già puntando a un inizio della produzione
all’inizio del 2026, con una data di uscita
fissata per luglio 2027 per il sequel
descritto come un secondo capitolo della “Saga di
Superman”.
La trama rimane segreta, anche se le
speculazioni vanno da una collaborazione tra Superman e Supergirl a
una storia che coinvolge The Authority. Superman
(qui
la nostra recensione) ha ottenuto buoni risultati per la Warner
Bros., ottenendo recensioni positive (83% su Rotten Tomatoes) e
incassando 333 milioni di dollari sul mercato interno, per un
totale globale di 583 milioni di dollari, nonostante i risultati
più modesti all’estero. Il film è uscito in VOD, dove potrebbe dar
vita ad altri significativi traguardi.
Guardando al futuro,
Supergirl arriverà nei cinema la prossima estate,
Clayface
inizierà le riprese a settembre e anche Wonder Woman sarebbe in fase avanzata. Sembra
dunque che il sequel di Superman sarà il prossimo
film in programma per la DCU. Ad oggi, Gunn ha affermato unicamente che
“Superman conduce direttamente a Peacemaker; va notato che questo è per adulti, non
per bambini, ma Superman conduce a questo show e poi abbiamo
l’ambientazione di tutto il resto della DCU in questa stagione di
Peacemaker, è incredibilmente importante”. Non resta dunque
che attendere maggiori informazioni su questo prossimo
progetto.
Non solo il porno, ma anche i film
canonicamente intesi hanno spesso sdoganato pratiche e tabù della
sessualità, raccontandola in modo anche molto esplicito al cinema.
Spesso fondendosi con altri generi, in particolare il thriller,
molti di questi film sono ancora oggi dei veri e propri classici,
da guardare non solo per gli scandali generati al loro tempo ma
anche per ciò che sono in grado di raccontare di noi e del nostro
rapporto con la sfera sessuale, troppo spesso repressa e soggetta a
censura. Di seguito, ecco una lista dei migliori film
erotici da vedere
Da quelli
fondamentali, dove si ritrovano importanti titoli
d’autore provenienti da tempi e contesti diversi, fino ai più
celebri film erotici italiani, passando infine
anche per i film erotici che si possono trovare su Netflix. Ognuno di questi titoli è
meritevole di una visione e ognuno di essi offre punti di vista e
riflessioni originali sul sesso e la sessualità. Alcuni più
provocanti, altri meno, sono tutti ottimi film erotici che ogni
appassionato dovrebbe recuperare.
Molti dei film
erotici qui proposti arrivano da paesi diversi, con punti
di vista sulla sessualità dettati dalle influenze culturali e
sociali di riferimento. Ognuno di questi titoli, dal più datato al
più recente, è però capace di dar vita ad interessanti riflessioni
sul tema dell’erotismo. Alcuni sono dei film
erotici puri, mentre altri si contaminano con altri generi
per dar vita a degli ibridi particolarmente affascinanti. Insomma,
ce ne è per tutti i gusti e tra questi film c’è solo l’imbarazzo
della scelta.
Ecco l’impero dei
sensi (1976)
Diretto dal regista Nagisa Ōshima e
basato su un celebre episodio di cronaca avvenuto nel Giappone
degli anni trenta. La pellicola racconta il legame tra la cameriere
Sada Abe e Kichizo “Kiki San” Ishida, proprietario della pensione
dove lei lavora, è fatto d’un amore totalmente dominato dai sensi.
La relazione parte dall’attrazione reciproca, si evlve attraverso
l’estasi sensuale per precipitare in un baratro erotico.
Brivido caldo
(1981)
Lawrence Kasdan ha ridefinito il
neo-noir con questo thriller sudato, prendendo in prestito
liberamente dai classici – in particolare Double Indemnity, un po’
più in basso in questa lista – ma condendo il tutto con un candore
sessuale che era caldo e umido anche per gli standard
dell’ambientazione nel sud della Florida. William Hurt interpreta
Ned Racine, un losco avvocato che rimane invischiato con Matty
Walker, moglie annoiata di un ricco uomo d’affari che sta cercando
di scaricare. “Non sei troppo intelligente, vero?”, osserva lei.
“Mi piace questo in un uomo”. Questo ruolo ha meritatamente reso
Kathleen Turner e la sua voce gutturale delle star.
Attrazione Fatale
(1987)
Diretto
da Adrian Lyne è considerato il film cult nel qualeGlenn Close
diede vita ad uno dei personaggi più iconici della sua carriera.
Dan Gallagher quarantenne avvocato di Manhattan ha una vita
tranquilla e una bella famiglia composta dalla moglie Beth e dalla
figlia Ellen di 6 anni. Un giorno Dan conosce Alex Forrest,
anch’ella avvocatessa, insieme alla quale decide di trascorrere due
giorni mentre la moglie è in campagna in visita dai genitori: al
termine Dan decide però di tornare alla sua vita. Ma Alex non ci
sta e si trasformerà in un vero e proprio incubo per
Dan.
9 settimane e ½
(1986)
Trai
migliori film erotici disempre,
9 settimane e ½ è il film del 1986 con a Mickey Rourke e
Kim Basinger. È
interamente ambientato a New York, e si fa notare per il suo
erotismo e per aver lanciato le carriere dei due
protagonisti.
Légami!
(1990)
Diretto dal regista premio Oscar
Pedro Almodóvar, il film racconta di uno
psicopatico con problemi emotivi è ossessionato da una porno diva,
così la sequestra e la lega al letto per darle tempo di innamorarsi
di lui.
Basic Instinct
(1992)
La misteriosa Catherine Tramell,
una scrittrice di romanzi gialli, è sospettata dell’omicidio di una
rock star. L’investigatore incaricato di risolvere il caso è il
detective Nick Curran, che viene sedotto dalla donna.
L’amante
(1992)
Diretto dal regista francese
Jean-Jacques Annaud, la pellicola è ambientata nell’indocina
Francese, anni 30. Una maliziosa quindicenne di origini francesi
diventa l’amante di un aristocratico trentenne cinese andando
contro tutte le convenzioni della società.
Notorious
(1947)
Pochi film hanno aggirato la
censura del Codice Hays con il calore con cui Hitchcock ha dato
vita al bacio tra Ingrid Bergman e Cary Grant –
uno dei più grandi baci cinematografici di tutti i tempi – nel suo
noir romantico sulle spie che si infiltrano in un giro di nazisti
in Brasile. Trovando una fessura nella regola dei tre secondi al
massimo, il regista ha fatto in modo che i suoi attori si
interrompessero più volte durante i due minuti e mezzo in cui si
sono baciati, punteggiando la scena con dialoghi, coccole, una
testa appoggiata su una spalla e persino una telefonata. L’Alicia
di Bergman parla di “un pollo in freezer” e di “una bella bottiglia
di vino”, ma l’appetito che questi due hanno l’uno per l’altra è
tutto ciò che conta.
Bound – Torbido inganno
(1996)
È difficile stabilire se l’elegante
debutto di Lana e Lilly Wachowski sia più amato
dalle lesbiche o dagli uomini gay. In ogni caso, l’accoppiata tra
Gina Gershon nel ruolo del duro idraulico ex
galeotto Corky e Jennifer Tilly nel ruolo di
Violet, una sorta di letale Betty Boop, è quanto di più
lubrificante possa esistere. “Scommetto che la tua macchina ha 20
anni”, dice Violet, valutando Corky nella sua canottiera sporca di
grasso. “Camion”, la corregge Corky, con la bocca perennemente
fissata in un ghigno. Le cose iniziano a scintillare tra i due
quando organizzano un piano per rubare una scorta di 2 milioni di
dollari della mafia e incolpare il fidanzato di Violet che ricicla
denaro sporco. L’intimità delle scene di sesso aggiunge passione e
urgenza al thriller, mentre l’abbondanza di dialoghi citabili
compensa la violenza con una deliziosa nota di camp.
Thelma & Louise
(1991)
Quando
Brad Pitt, nei panni del losco cowboy vagabondo J.D.,
si avvicina alla Thelma di Geena Davis in una Ford
Thunderbird parcheggiata nel tragicomico road movie femminista di
Ridley Scott, è nata una stella. Trasudando un
magnetismo sessuale sicuro e disinvolto sotto il suo atteggiamento
da “aww-shucks” e la sua parlantina casalinga, J.D. si fa strada
nella stanza del motel di Thelma e la mattina dopo procede a rubare
i risparmi di una vita della sua migliore amica Louise (Susan
Sarandon), fondi che servono ai due fuggitivi per scappare in
Messico. Per quanto riguarda le avventure di una notte, è un
disastro. Ma Thelma riesce almeno a vivere un’avventura romantica
diversa da quella che ha vissuto con l’idiota infantile che ha
sposato, oltre a ricevere alcuni consigli sulla rapina che le
torneranno presto utili.
Little Children
(2006)
Al centro dell’inquietante e
cupamente satirico film di Todd Field, che sbircia sotto le
superfici ordinate della periferia americana, ci sono gli affamati
incontri extraconiugali tra la terrosa e lussuriosa Sarah di
Kate Winslet e il Brad di Patrick Wilson (la cui calda carnagione
caramellata dovrebbe essere contro la legge), mentre i rispettivi
coniugi sono fuori al lavoro. L’infedeltà, naturalmente, non è una
novità nei film, ma la rinascita sessuale di una casalinga delusa
appollaiata su una lavatrice ha dato un significato completamente
nuovo alla centrifuga.
La fiamma del
peccato (1944)
Barbara Stanwyck è un problema. Lo
si sa dalla prima volta che l’agente assicurativo di Los Angeles di
Fred MacMurray, Walter Neff, vede il suo personaggio semi-vestito,
Phyllis Dietrichson, al piano di sopra durante una visita a
domicilio, lanciandogli uno sguardo che lo attira senza una parola.
Non ha mai la possibilità di uscirne indenne. Il film di Billy
Wilder, tratto dal romanzo di James M. Cain, è un noir canonico,
che segue il piano di Phyllis di uccidere il marito e di incassare
un risarcimento per morte accidentale. Ma gli elementi del crimine
non sarebbero altrettanto potenti senza l’incantesimo di ebbrezza
sessuale che la donna lancia su Walter, trasmesso interamente
attraverso l’umore e le allusioni.
Mississippi
Masala (1991)
Come nella maggior parte di questi
film, la chimica è fondamentale e Sarita Choudhury e
Denzel Washington ne hanno da vendere nel vivace
racconto di Mira Nair di una storia d’amore interrazziale tra
un’immigrata indiana ugandese e un nero del Mississippi, che devono
affrontare la disapprovazione di entrambe le comunità. Uno sguardo
fresco e spesso umoristico sulla dislocazione culturale e una
rappresentazione dell’amore attraverso l’asse marrone-nero che era
radicale per il suo tempo, il film presenta una conversazione
telefonica notturna particolarmente memorabile, così ardentemente
sexy e soffusa di desiderio fisico che vi farà venire nostalgia dei
giorni precedenti al telefono fisso.
Bull Durham – Un gioco a
tre mani (1993)
Kevin Costner e
Susan Sarandon erano al loro massimo magnetismo e
insieme sono infiammabili. La commedia sexy e adulta di Ron Shelton
è il tipo di film che raramente viene realizzato, con il suo
profondo affetto per il passatempo nazionale americano e la sua
giocosa mappatura del percorso che porta dal flirt alla passione
sfrenata e, forse, a qualcosa di più duraturo.
Susan Sarandon interpreta Annie Savoy, una groupie che
prende sotto la sua ala protettrice un nuovo giocatore a stagione
dei Durham Bulls, squadra minore, per impartirgli la poesia del
baseball. Lei sceglie il lanciatore spavaldo di Tim
Robbins, soprannominato “Nuke”, ma il catcher veterano di
Costner, Crash Davis, lo trasforma in una gara a tre. Il sesso fa
letteralmente tremare i mobili. Crash non solo ha un tocco agile
nello slacciare un reggicalze, ma sa anche dipingere le unghie dei
piedi di una donna.
Eyes wide shut
(1999)
In altro fuoriclasse della regia,
forse il fuori classe per eccellenza, Stanley Kubrick che con il suo ultimo film si
cimenta nel genere regalando al cinema uno dei migliori
film erotici: Eyes wide shut è tratto dal
romanzo Doppio sogno di Arthur Schnitzler e racconta di
una coppia dalla vita idilliaca esplora la propria relazione in un
mondo sotterraneo di lussuria e fantasie peccaminose.
Y tu mamá también
(2001)
Diretto da Alfonso Cuarón e
presentato alla 58ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di
Venezia, in Y tu mamá también Julio Zapata e Tenoch
Iturbide sono due adolescenti messicani, amici per la pelle, alle
prese con la scoperta del sesso e della propria personalità. Dopo
che le rispettive fidanzate sono partite per le vacanze estive,
durante una festa conoscono Luisa Cortés, una splendida ragazza
spagnola più grande di loro, moglie di Jano, cugino di Tenoch. Per
fare colpo su di lei, i due ragazzi le propongono una vacanza alla
baia “Boca del Cielo”, in realtà inesistente. Inizialmente la donna
rifiuta ma, a seguito dell’ennesima infedeltà di suo marito, decide
di seguire i due increduli ragazzi.
Shampoo
(1975)
Negli anni ’70, la reputazione di
Warren Beatty come dongiovanni di Hollywood era
così diffusa nei tabloid che una volta la rivista MAD si chiese
scherzosamente perché non fosse andato a letto con Shirley
MacLaine. (In nessun altro luogo la sua presunta abilità
con le donne è stata sfruttata in modo più consapevole che nella
satira di Hal Ashby sulla politica sessuale – e di conseguenza
sulla politica regolare – nell’America dell’era Nixon.
In un progetto fatto su misura per
se stesso, Beatty interpreta un arrapato parrucchiere di Los
Angeles che maneggia il suo phon come un pene extra, facendosi
strada tra le camere da letto di Beverly Hills mentre cerca di
finanziare il suo salone. Neanche andare a letto con la moglie
(Lee Grant), l’amante (Julie
Christie) e la figlia diciassettenne (Carrie
Fisher) di un potenziale investitore (Jack
Warden) sembra impedire questo sogno.
Hud il selvaggio
(1963)
Paul Newman non è mai stato così bello come
tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, quindi tutti
i suoi ruoli di quel periodo erano carichi di carica erotica: l’ex
atleta alcolizzato del liceo ne La gatta sul tetto che scotta, lo
squalo della sala da biliardo ne Lo spaccone, il gigolò in
Sweet Bird of Youth. Ma la cruda sessualità dell’attore
non è mai stata messa in mostra in modo più prodigioso che nel
dramma di Martin Ritt su un arrogante mandriano texano, insensibile
ai bisogni di tutti coloro che lo circondano. Una scena di tentato
stupro approfondisce lo status di antieroe del personaggio, ma
raramente la bellezza maschile è stata apprezzata in modo più
vivido di quando Alma, la governante sbiadita di Patricia Neal, gli
dice: “Stai piuttosto bene senza maglietta, sai“. La vista
di questo attraverso la finestra della cucina mi ha fatto posare il
mio asciugapiatti più di una volta”.
High Art (1998)
Il sorprendente debutto di
Lisa Cholodenko ha salvato Ally
Sheedy dalla semi-oscurità di Breakfast Club Brat Pack,
permettendole di mostrare una gamma di ruoli non ancora sfruttata
nel ruolo di Lucy, una fotografa spigolosa, un tempo famosa,
ispirata da Nan Goldin. Si forma un’accesa triangolazione con la
sua fidanzata eroinomane, ex musa di Fassbinder, Greta
(Patricia Clarkson, tutto un languido glamour
andato a male) e con la loro vicina del piano di sotto, l’ambiziosa
assistente redattrice di una rivista d’arte Syd (Radha
Mitchell), che si allontana dal suo fidanzato e finisce
nel letto di Lucy. Le scene d’amore sono spesso lodate come una
svolta nella rappresentazione delle lesbiche sullo schermo, ma
Cholodenko è attenta al paesaggio psichico ed emotivo quanto alla
sessualità. La rappresentazione del demi-monde drogato del centro
di New York evoca la prima raccolta di Goldin, La ballata della
dipendenza sessuale.
Secretary (2002)
Diretto da Steven Shainberg,
interpretato da James Spader e Maggie Gyllenhaal, e
liberamente basato sull’omonimo racconto breve presente nella
raccolta del 1988 Cattiva condotta (Bad Behaviour) di Mary
Gaitskill, il film racconta di Lee Holloway è appena stata dimessa
da un ospedale psichiatrico. Quando inizia a lavorare come
segretaria di un giovane avvocato, scopre di aver trovato in Edward
Grey l’uomo perfetto per lei.
Shortbus – Dove tutto è
permesso (2006)
Scritto e diretto da John Cameron
Mitchell e presentato al 59º Festival di Cannes. Nel film le avventure
erotiche e sentimentali di un gruppo di personaggi emblematici
della New York odierna: una sessuologa insoddisfatta, una coppia di
omosessuali, una prostituta al servizio di clienti masochisti.
Habitacion en Roma
(2010)
Diretto da Julio Medem la pellicola
racconta di Alba e Natasha sono due ragazze, una spagnola e l’altra
russa, che si incontrano a Roma e trascorrono una notte di passione
in una camera d’albergo.
Shame (2011)
Scritto e diretto da Steve McQueen
la pellicola è stata presentata in in concorso alla 68ª Mostra
internazionale d’arte cinematografica di Venezia. In Shame Brandon,
interpretato dall’attore Michael
Fassbender, è un giovane uomo d’affari di New
York che vive una vita di totale asservimento a droghe e
soprattutto al sesso. La profonda sofferenza per la sua condizione
di dipendenza lo porta a desiderare di essere solo.
Nymphomaniac – Volume 1 (2013)
Il film provocatorio e molto
discusso diretto da Lars von Trier con Charlotte Gainsbourg e Stellan Skarsgård.
Nymphomaniac – Volume 1si racconta la storia
di Joe, una ninfomane, che fin da giovanissima ha vissuto la sua
vita all’insegna di una passione sfrenata per l’erotismo. Questa
ossessione carnale è così forte da aver complicato e condizionato
tutte le sfere della sua vita. Attraverso i racconti di Joe,
suddivisi in otto flashback (cinque verranno raccontati nel primo
volume, gli ultimi tre saranno il plot del secondo volume), si
scoprono i tratti più marcati del carattere e della personalità
della donna, che ha sempre combattuto contro se stessa, e vengono
presentati inoltre i momenti della vita di Joe che l’hanno
maggiormente segnata e che l’hanno resa ciò che è oggi.
The Paperboy
(2012)
Il terzo film di Lee Daniels è
stato deriso alla prima di Cannes. Ma visto al di fuori di quella
serra d’arte, è una favolosa fetta surmatura di polpa di palude
della Florida, che permette a Nicole Kidman di diventare una vera e
propria Sharon Stone, che sembra prendere spunti di stile dalla
copertina di Dusty in Memphis. La sua esibizione masturbatoria che
stuzzica il bifolco di John Cusack, ammanettato per la caccia
all’alligatore e rinchiuso in carcere per omicidio, è una di quelle
da non perdere.
Ancora più selvaggio è il suo
saluto ad alcune giovani donne su una spiaggia che cercano di
neutralizzare le punture di medusa che ricoprono il corpo di
Zac Efron urinandogli addosso. “Muovetevi! Se
qualcuno deve pisciare su di lui sono io!”. Daniels ha deliziato il
pubblico della conferenza stampa di Cannes giustificando
l’erotizzazione del personaggio di Efron in mutande: “La telecamera
non può fare a meno di amarlo. E io sono gay. Cosa volete?”
Sex Crimes – Giochi pericolosi (Wild Thing,
1998)
Quando il thriller misterioso di
John McNaughton uscì durante l’ultimo sussulto di salacità degli
anni ’90, si sparse subito la voce che il suo titillamento softcore
includeva un raro avvistamento di ciò che i fan gay chiamavano in
modo spregiudicato “la pancetta di
Kevin Bacon“. Ma a parte questo momento full-frontal,
questo è trash deluxe, con una trama così contorta che sono ancora
impegnati a delucidare sui titoli di coda. Matt Dillon interpreta un consulente
scolastico accusato di stupro da due studentesse (Denise Richards e
Neve Campbell). Ma aspettate, è una truffa! Questo è solo l’inizio
di una tortuosa serie di doppi giochi, omicidi e una lotta in
piscina che si trasforma in una sessione di pomiciate lesbiche, il
tutto osservato con pruriginosa attenzione dal detective di Miami
Bacon.
The Big Easy. Brivido seducente (1986)
I film degli anni ’80 e ’90 che
vengono spesso citati nella conversazione sull’erotismo tendono a
essere quelli in cui il sesso è equiparato al pericolo, molti dei
quali – Jade, Sliver, Showgirls – sono stati scritti dallo
sceneggiatore di Basic Instinct Joe Eszterhas. Ma il regista Jim
McBride è partito dalle fondamenta, evocando l’atmosfera afosa di
New Orleans con una dose di condimento Cajun e poi creando un
thriller teso sulla corruzione della polizia, in cui il vero calore
proviene dalla relazione tesa e fumosa tra un procuratore
distrettuale e un poliziotto locale coinvolto nelle sue indagini,
interpretato con un’intesa fuori dal comune da Ellen Barkin e
Dennis Quaid.
Out of Sight (1998)
Prima che venisse costruito il
complesso industriale di JLo, Jennifer Lopez era ancora in grado di entrare
in un personaggio, cosa che fa con vera grinta nei panni dell’U.S.
Marshal Karen Sisco, invischiata con l’affascinante rapinatore di
banche in carriera che l’ha rapita, il Jack Foley di George Clooney, nell’adattamento di Elmore
Leonard di Steven Soderbergh, intelligente, sapientemente
realizzato e follemente sexy. Sia che si dimenino insieme nel
bagagliaio dell’auto di lei, che flirtino nel bar di un hotel o che
si bagnino nella vasca quando Karen sorprende Jack durante il
bagno, la coppia emana la magia delle star del cinema al massimo
della sua seduzione.
50 sfumature di grigio (2015)
50 sfumature di
grigio, diretto da Sam
Taylor-Johnson, è il primo capitolo della trilogia sul
BDSM, amato dal pubblico e fatto a pezzi dalla critica. Anastasia
Steele è una studentessa alla quale viene assegnato il compito di
intervistare il ricchissimo Christian Grey per il giornale
universitario. Lui è ricco e potente, e attratto da lei. Lei non ha
esperienza, ma è terribilmente attratta da lui, e verrà a
conoscenza delle sue preferenze nascoste.
Il danno (1992)
Diretta da Louis Malle la pellicola
è basata sul romanzo Il danno di Josephine Hart e racconta
di Stephen Fleming è un importante politico inglese che non riesce
a tenere a freno la passione scatenata dalla conoscenza di Anna, la
fidanzata del figlio. Nel cast Jeremy Irons nei panni
di Stephen Fleming e Juliette Binoche in
quelli di Anna Barton.
Angel Heart
(1987)
Diretto da Alan Parker e basato sul
romanzo Falling Angel di William Hjortsberg del 1978, il
film generò parecchie controversie ed ebbe problemi di censura
(soprattutto con la Motion Picture Association of America), a causa
delle tematiche e di alcune scene spinte.
Crash (1996)
Diretto da David Cronenberg, il film è ispirato
all’omonimo romanzo di James Graham Ballard del 1973 e racconta del
produttore cinematografico James Ballard e la moglie Catherine, che
vivono alla periferia di una moderna metropoli, hanno esperienze
extraconiugali che si raccontano senza remore, come metodo per
tenere alta la tensione sessuale: lei con il suo istruttore di volo
da diporto, lui con una montatrice dello studio.
Henry & June
(1999)
Diretto da Philip Kaufman e basato
sui Diari della scrittrice francese Anaïs Nin. racconta la storia
dell’amicizia intima della stessa Nin con lo scrittore Henry Miller
e sua moglie June.
Basic Instinct 2
(2006)
Diretto da Michael Caton-Jones e
sequel del film citato sopra di Paul Verhoeven riprende i
personaggi di Joe Eszterhas e il ritorno della femme fatale
Catherine Tramell (Sharon Stone),
coinvolta in nuovi omicidi a Londra. Stavolta è uno psichiatra, il
dottor Michael Glass (David Morrissey), a indagare sul suo conto
per Scotland Yard, mentre gli omicidi continuano.
La vita di Adèle
(2013)
Diretto da Abdellatif
Kechice e premiato a Cannes,
La vita di Adèle ha per protagonista una ragazzina del
liceo che incontra una bella e affascinante artista. Tra le due
nasce un’intensissima relazione sessuale e sentimentale. Le scene
di sesso sono tra le più esplicite e controverse (e lunghe,
lunghissime) della storia del cinema.
Giovane e bella
(2013)
Scritto e diretto da
François Ozon, il film tratta del tema della
prostituzione minorile e racconta di Isabelle, studentessa
diciassettenne, durante le vacanze estive perde la verginità in un
rapporto del tutto insoddisfacente da parte sua. Tornata in città,
dove vive con il fratello minore, la madre e il patrigno, decide di
prostituirsi aprendo un sito internet sotto lo pseudonimo di Léa,
il nome della nonna materna.
Love (2015)
Una produzione belga e francese, è
uno dei
film più espliciti di sempre, diretto dal celebre
Gaspar Noé. Parla di Murphy, un americano che vive
a parigi e che frequenta una ragazza di noem Electra. Ignari delle
conseguenze che avrà sulla loro relazione, i due invitano una bella
vicina ad unirsi a loro in camera da letto.
50 sfumature di
nero (2016)
Cinquanta sfumature di nero è il secondo capitolo
tratto dalla serie letteraria. Il film vede un addolorato Christian
Grey cercare di persuadere una cauta Ana Steele a tornare nella sua
vita. Lei però esige un nuovo accordo in cambio di un’altra
possibilità. I due iniziano così a ricostruire un rapporto basato
sulla fiducia e a trovare un equilibrio, ma alcune figure
misteriose provenienti dal passato di Christian accerchiano la
coppia, decise ad annientare le loro speranze di un futuro
insieme.
50 sfumature di
rosso (2017)
Terzo capitolo della trilogia
basata sui romanzi di E. L. James, questo vede Jamie Dornan e
Dakota Johnson tornare
a vestire i panni di Christian Grey e Anastasia Steele, riprendendo
il filo rosso degli eventi narrati nei precedenti due film di
grande successo del 2015 e del 2016.
Il cinema italiano di genere non è
celebre solo per i tanti spaghetti western di Sergio
Leone o Sergio Corbucci o per i film
horror di autori come Mario Bava, Lucio
Fulci e Dario Argento. Un altro genere
estremamente affermatosi in modo massiccio tra gli anni Settanta e
Ottanta è quello dei film erotici, declinato sia
in forma drammatica che comica. Sono tanti gli autori che si sono
cimentati con questa tipologia di film, da autori come
Bernardo Bertolucci a Salvatore
Samperi. Tra tutti, quella di Tinto Brass
rimane però la filmografia erotica più celebre del cinema
italiano.
Ultimo tango a
Parigi (1972)
Il capolavoro di Bernardo
Bertolucci con uno straordinario Marlon Brando.
Nel film dopo il suicidio della moglie Rosa, il quarantacinquenne
Paul, un americano trapiantato a Parigi, sembra avere smarrito ogni
ragione di vita. Vagando senza meta per la città, incontra la
ventenne Jeanne. Tra i due scoppia una passione travolgente.
Nonostante le apparenze… e
purché la nazione non lo sappia… All’onorevole piacciono le
donne (1977)
Diretto dal maestro dell’horror
Lucio Fulci, la pellicola racconta dell’onorevole
Giacinto Puppis, in corsa per il Quirinale. Sino a quel momento è
sempre stato un uomo morigerato, casto e inibito, ma presto scopre
le gioie del sesso e ne fa di cotte e di crude, anche in un
convento femminile.
Avere vent’anni
(1978)
Con protagonista una delle più
celebri attrici sexy italiane, Gloria Guida,
nel film due provinciali ventenni, Tina e Lia, giungono in città in
autostop. Non sanno nemmeno loro che cosa vogliono e allora si
aggregano a una comune.
Bambola
(1996)
Diretto da Bigas Luna, dopo la
morte per cirrosi della madre, una donna seducente, Bambola,
gestisce una pizzeria insieme al fratello omosessuale Flavio. La
reazione ad un tentativo di violenza porta la giovane ad uccidere
un uomo.
Capriccio
(1987)
Diretto da Tinto
Brass, il film racconta del rapporto tra i due sposini,
Fred e Jennifer, È in piena crisi. Decidono di tornare a Capri dove
si sono conosciuti e dove sono stati felici. Quando a Fred giunge
la notizia di dover andare in Toscana per lavoro, lascia la moglie
e il loro figlio Duccio nell’isola. Marito e moglie decidono allora
di rivivere vecchie relazioni – lui con la provocante Rosalba, lei
con il focoso Ciro – che ridaranno vigore al loro rapporto.
Paprika
(1991)
Uno dei più celebri film
erotici italiani di Tinto Brass. Una
giovane donna lavora in un bordello, sperando di aiutare il proprio
fidanzato a raccogliere i soldi che gli servono per lanciare la
propria impresa. Con questo film, il regista ripropone il
ripristino delle case di tolleranza, dibattute parecchio,
all’epoca, dall’opinione pubblica italiana.
Così fan tutte
(1992)
Un anno dopo PaprikaTinto Brass torna dietro la macchina da presa.
Basato in maniera molto libera sull’opera di Mozart, Così fan
tutte parla di una donna di 24 anni felicemente sposata che ha
un inspiegabile desiderio di vivere la propria vita intensamente, e
racconta le proprie avventure erotiche al marito, sperando di
risvegliare la passione e smuovere le cose.
Monella
(1998)
Nel 1998 Tinto Brass realizza il
suo ultimo film di successo, Monella. Tra i maggiori
film erotici italiani, questo titolo ha per
protagonista Lola, una sensuale e disinibita ragazza che sta per
sposare Masetto, un fornaio molto geloso. Lei però e ansiosa di
provare i piaceri del sesso prima del matrimonio, così decide di
usare l’astuzia per ingannare il futuro marito.
Malena
(2000)
Il film di successo del 2000
nominato a due premi Oscar e scritto e diretto da Giuseppe
Tornatore con protagonista
Monica Bellucci vede un’avvenente vedova di guerra,
desiderata da tutti gli uomini del suo paese, che alimenta le
fantasie erotiche del giovane Renato.
Melissa P.
(2005)
Diretto da Luca Guadagnino (2005),
prima di Chiamami col tuo nome, è
questo un film che ha fatto parecchio scalpore: la storia è quella
di un’adolescente che vive con la nonna, le cui prime esperienze
sessuali si accompagnano all’eccesso.
Malizia
(1973)
Uno dei più bei film
erotici italiani di sempre, Malizia è diretto da
Salvatore Samperi e vede l’avvenente Angela,
interpretata da Laura
Antonelli, sposarsi con un uomo da poco rimasto
vedovo. Arrivata in casa di lui, la donna diventerà l’oggetto del
desiderio del figlio Nino, il quale farà di tutto pur di
conquistarla.
Film erotici su Netflix
Piattaforma tra le più popolari,
Netflix offre un’ampia gamma di film
erotici da poter recuperare. La maggior parte di questi
sono titoli molto recenti, che però tanto hanno da offrire agli
spettatori in termini di storie e loro messe in scena. Nel catalogo
si possono ritrovare anche serie erotiche come Oscuro
desiderio e Toy Boy, ma è sui film che ci
concentriamo. Oltre a ritrovare titoli già precedentemente citati
come Love, 50 sfumature di grigio e Giovane e
bella, ecco altri celebri titoli erotici da poter
recuperare.
Fall for Me (2025)
Fall for Me è il nuovo
erotico-dramma di Sherry Hormann per Netflix: Lilli
vola a Maiorca per
la sorella, ma il fidanzamento lampo con Manu accende i sospetti. Tra indagini
private e attrazione per il manager di un club, Tom, la storia scivola in un gioco di
desiderio e inganno. Debutta su Netflix il 21 agosto 2025; nel cast
Svenja Jung,
Theo Trebs,
Thomas Kretschmann
e Antje Traue.
Mea Culpa (2024)
Tyler Perry firma un steamy
thriller per Netflix: Kelly Rowland è l’avvocata Mea Harper
che difende l’artista Zyair
Malloy (Trevante
Rhodes). Tra desiderio e pericolo, il caso la spinge oltre
il limite: Netflix lo classifica tra i “Steamy Thriller Movies”.
Master of the House (2024)
Serie thai Netflix: dopo la morte di un magnate dei diamanti,
vedova e figli si
sfidano per il controllo dell’impero, tra intrighi e colpi di
scena. Un dramma “scandaloso” dal tono spicy, incentrato su potere,
denaro e segreti di famiglia.In streaming dal 18 luglio 2024 su
Netflix.
365 giorni
(2020)
Diretto da Barbara Białowąs e
Tomasz Mandes. Il film è l’adattamento cinematografico del romanzo
omonimo scritto da Blanka Lipińska. Nel film una donna è rapita da
un potente boss mafioso che la imprigina dandole un anno di tempo
per innamorarsi di lui.
Duck Butter
(2018)
Commedia erotica di Miguel Arteta,
nel film dopo essersi incontrate in un locale, due donne decidono
di passare ventiquattro ore consecutive insieme per esplorare l’una
intimità dell’altra. Tuttavia, le cose non vanno come previsto.
Amore & altri
rimedi (2010)
Con protagonisti due bellocci di
Hollywood quali Jake Gyllenhaal e
Anne Hathaway, in
Amore & altri rimedi protagonista è Maggie, seducente
spirito libero refrattario a qualsiasi legame, compreso quello che
considera come una formidabile sfida personale, una relazione
stabile, che trova pane per i suoi denti in Jamie Randall.
High Society
(2018)
E’ la pellicola coreana del 2018
nel quale la vice direttrice di una galleria d’arte e il marito,
professore di economia che sogna la carriera politica, sono pronti
a tutto pur di entrare nell’alta società.
Elisa e Marcela
(2019)
Diretto da Isabel Coixet il film è
ambientato nel 19885 tra Elisa e Marcela nasce un’amicizia che si
trasforma in un amore proibito, da tener nascosto, per gli usi
dell’epoca. Nel 1901, una di loro si finge uomo, e le due convolano
all’altare.
Dry Martina
(2018)
Dry Martina è il film spagnolo che
racconta di Martina è una diva in declino, disillusa dall’amore
dopo un divorzio. Tuttavia, quando incontra una giovane coppia con
cui intraprende un viaggio, le cose sembrano prendere una svolta
positiva.
Milf (2018)
È la commedia francese diretta da
Axelle Laffont, scritta da Jérôme L’hotsky e Stéphane Kramer, e con
Marie-Josée Croze, Virginie Ledoyen e Axelle Laffont. Nel film
durante le loro vacanze, le donne incontrano tre uomini sulla
ventina – Julien, Paul e Markus (un ex amico di famiglia di
Cécile), che lavorano in un club di vela locale. Gli uomini si
interessano subito alle donne, che hanno definito ” MILF “. I 6
trascorrono così insieme la loro avventura estiva.
Unfaithful – L’amore
infedele (2002)
Diretto dal maestro del thriller
erotico Adrian Lyne,
Unfaithful – L’amore infedele ha per protagonisti gli attori
Richard Gere e
Diane Lane, una
coppia sposata che si trova a dover fare i conti con il tradimento
di uno dei due. Nasce da qui una torbida storia di gelosia e
ossessione, arricchita da scene di sesso esplicite. Ad ogg, un cult
imperdibile.
Ride or Die.
Rei aiuta la donna che ama da tempo
a fuggire dal marito violento. I sentimenti che provano l’una per
l’altra si accendono durante la fuga.
Elisa e
Marcela
Nel 1901 in Spagna, Elisa Sánchez
Loriga finge di essere un uomo per poter sposare Marcela Gracia
Ibeas, la donna che ama. Basato su una storia vera.
L’amante di Lady
Chatterley
L’aristocratica e infelicemente
sposata Lady Chatterley intreccia una relazione passionale con il
guardiacaccia della tenuta del marito e se ne innamora
perdutamente.
Happy Ending – Il segreto
della felicità
Dopo un anno felice di relazione,
Luna propone a Mink di coinvolgere una terza persona nella loro
vita sessuale, stravolgendo così il loro rapporto.
Senza limiti
Una giovane molto talentuosa
incontra un amore distruttivo e profondo con il suo istruttore
campione di apnea in questo dramma romantico di straordinario
impatto visivo.
Le riprese di Avengers:
Doomsday sono ancora in corso nel Regno Unito da
aprile e, sebbene nelle ultime settimane le cose siano state
piuttosto tranquille (le foto dal set sono cessate quando le
riprese si sono spostate al chiuso), ciò non significa che dietro
le quinte tutto stia procedendo senza intoppi. Durante l’episodio
di questa settimana di The Hot Mic, lo scooper
Jeff Sneider ha condiviso ciò che ha sentito
riguardo alle riprese e in particolare per quanto riguarda la star
Robert Downey Jr. e ciò che ha portato la
Marvel/Disney a pianificare tre
settimane di riprese aggiuntive.
Secondo Sneider, il piano originale
era quello di utilizzare una controfigura per molte delle scene di
Downey, finché l’attore non ha deciso che semplicemente non
funzionava. “Avevano un controfigura per il corpo e uno per il
viso, e Robert stava fuori dalla scena leggendo le battute. A
quanto pare, dopo due o tre settimane, ha detto: ‘Non funziona.
Voglio girare tutto con me nel costume’”. Sneider ha anche
sentito dire che “molto testosterone e molto ego” hanno
portato a una certa “disfunzione” sul set di Avengers:
Doomsday.
“Le disfunzioni di cui ho
sentito parlare sul set sono seconde solo a quelle dei film Fast
and Furious. Voglio dire, abbiamo menzionato un incidente dietro le
quinte all’inizio di quest’anno di cui non volevo entrare nei
dettagli, e probabilmente qualcuno lo ha reso più drammatico di
quanto non fosse in realtà, ma… sì, penso che, ancora una volta, ci
sia molto testosterone e molto ego su quel set. Molte persone
pensano di sapere quale sia la strada migliore da seguire. Alla
fine, però, conta solo la strada di una persona, ed è quella di
Robert Downey Jr.“.
Naturalmente nessun set
cinematografico è privo di tensioni, ma Snider riporta anche che
uno scontro tra due attori in particolare è diventato così acceso
che alcune scene che coinvolgevano i loro rispettivi personaggi
hanno dovuto essere modificate o eliminate del tutto dalla
sceneggiatura. Si tratta di rumor non confermati, che ad ogni modo
non dovrebbero intaccare il programma di riprese del film, il cui
arrivo in sala è fissato al 18 dicembre 2026.
Divenuto celebre grazie ad una nota
serie TV, l’attore Josh Dallas ha negli anni
guadagnato sempre più consensi, affermandosi per la sua versatilità
e il suo carisma. I suoi fan hanno poi potuto ritrovarlo anche sul
grande schermo, come interprete in un noto cinecomic del Marvel Cinematic
Universe.
Ecco 10 cose che non sai su
Josh Dallas.
Josh Dallas: i suoi film e le
serie TV
10. Ha recitato in un noto
film di supereroi. Dopo alcuni piccoli ruoli nei film
80 Minutes (2008), The Boxer (2009) e The
Descent Part 2 (2009), Dallas ottiene una buona popolarità
ricoprendo il ruolo di Fandral nel film Thor (2011),
recitando accanto agli attori Chris Hemsworth,
Tom
Hiddleston e Natalie
Portman. L’anno seguente è invece nel cast di Red
Tails, accanto ad attori come Bryan
Cranston e Michael B.
Jordan.
9. È noto per i suoi ruoli
televisivi. Particolarmente attivo in televisione, Dallas
ha negli anni partecipato ad alcuni episodi di serie come
Doctor Who (2008), Hawaii Five-0 (2010), e
CSI – Scena del crimine (2010). Dal 2011 diventa celebre
dando vita ai personaggi David Nolan e Principe Azzurro nella serie
C’era una
volta, dove recita accanto a Jennifer
Morrison e Colin
O’Donoghue. Dal 2018 recita invece nella
serie Manifest, nel
ruolo di Ben Stone. Nel doppiaggio è il Frantic Pig in Zootopia (2016). In carriera conta anche guest
spot in Doctor Who,
CSI: Crime Scene
Investigation e Hawaii
Five-0.
8. Ha doppiato un
personaggio in un noto film d’animazione. Nel 2016 Dallas
dà vita alla sua prima prova come doppiatore, partecipando al film
Zootropolis, vincitore dell’Oscar come miglior film
d’animazione. Qui l’attore ha dato voce al personaggio del maiale
fioraio, esibendosi accanto ad attori come Jason
Bateman e Idris
Elba.
Josh Dallas è su Instagram
7. Ha un account
personale. L’attore è presente sul social network
Instagram con un profilo seguito da 853 mila persone. All’interno
di questo, egli è solito condividere proprie foto personali,
scattate in momenti di svago quotidiano. Non mancano però anche
foto di curiosità a lui legate o con fini promozionali dei suoi
progetti da interprete.
Josh Dallas e Ginnifer
Goodwin
6. Ha sposato una sua
collega. Dopo due anni di relazione, nel 2014 Dallas rende
noto il suo matrimonio con l’attrice Ginnifer Goodwin, nota per il personaggio di
Biancaneve nella serie C’era una volta. Proprio sul set di
questa si sono incontrati e innamorati i due attori, che hanno poi
dato vita a due figli, nati rispettivamente nel 2014 e nel
2016.
Josh Dallas in Thor
5. Si è ispirato ad un noto
attore. Per prepararsi al ruolo di Fandral
in Thor, Dallas ha raccontato di aver tratto
ispirazione dall’attore Errol Flynn, sia per il
suo fascino che per la sua abilità di spadaccino. Ha poi aggiunto
di non essere stato a conoscenza del fatto che la fonte di
ispirazione per il personaggio nei fumetti fosse proprio Flynn.
4. Ha dovuto rinunciare al
ruolo. La prima scelta per il ruolo di Fandral fu l’attore
Zachary
Levi, il quale tuttavia non poté accettare per via di
altri impegni. La parte fu allora affidata al semi sconosciuto
Dallas, che ottenne così una buona popolarità. Nel momento in cui
questi, per via della serie C’era una volta, non poté
riprendere il ruolo per il sequel, la parte fu riassegnata a
Levi.
Josh Dallas in C’era una
volta
3. È tornato per il gran
finale. Dopo che l’attore aveva lasciato il suo ruolo al
termine della sesta stagione, è stato richiamato un’ultima volta
nella parte per il gran finale della settima stagione. L’attore ha
dichiarato di essere stato entusiasta di poter concludere la serie
così come era iniziata, dando il degno finale alla storia del
proprio personaggio.
2. Il suo personaggio
sarebbe dovuto comparire in modo diverso. Originariamente,
gli ideatori della serie avevano previsto che il personaggio
interpretato da Dallas comparisse soltanto attraverso dei
flashback, poiché morto tempo prima. Tuttavia, data la grande
chimica instauratasi tra l’attore e la Goodwin, decisero di
riscrivere il tutto permettendogli di comparire nel tempo
presente.
Josh Dallas: età e altezza
1. Josh Dallas è nato a
Louisville, nel Kentucky, Stati Uniti, il 18 dicembre
1978. L’attore è alto complessivamente 185 centimetri.
Lo spin-off di Yellowstone, The
Madison, è pronto per il rinnovo della seconda stagione
prima ancora che la prima venga trasmessa, dimostrando un primo
segno di fiducia nella serie. L’impero Paramount di Taylor
Sheridan, in continua espansione, continuerà a crescere con
numerosi spin-off di Yellowstone, e The Madison sarà il primo. Michelle Pfeiffer sarà la
protagonista della serie, che seguirà una famosa famiglia
newyorkese che si trasferisce nel Montana.
Ora, prima ancora che The
Madison venga trasmesso, la serie è già stata rinnovata per una
seconda stagione, secondo Deadline. Durante un evento stampa
della Paramount, che è nel mezzo di una grande fusione, i vertici
dell’azienda non hanno avuto che elogi per Sheridan, che hanno
chiaramente definito il fondamento della produzione streaming di
Paramount+. La nuova stagione sarà
girata, almeno in parte, nell’enorme centro di produzione di
Sheridan in Texas.
Di Sheridan, dirigenti come Cindy
Holland, presidente di Paramount Direct-to-Consumer, dicono:
“Oggi su Paramount+ abbiamo una base davvero solida, che è
l’universo di Taylor Sheridan”. Nel frattempo, il CEO di
Paramount David Ellison definisce Sheridan “un genio unico con
un curriculum perfetto”.
Cosa significa questo per
Madison e Taylor Sheridan
Il rinnovo anticipato di The
Madison conferma sicuramente che l’universo televisivo di
Sheridan è l’iniziativa di streaming di maggior successo della
Paramount. Anche se la serie di punta Yellowstone è ormai
terminata, la saga continua in varie forme, come gli spin-off
interconnessi 1883 e
1923
già andati in onda. The Madison non è l’unico progetto in
cantiere, però.
Ce ne sono almeno altri quattro in
fase di sviluppo, con un quinto spin-off segreto di
Yellowstone apparentemente in programma. Per quanto riguarda
The Madison, non sorprende che la Paramount abbia fiducia
nella serie. Essa rappresenta una nuova opportunità per il
franchise, mettendo in evidenza il concetto di “pesce fuor d’acqua”
quando i cittadini di città si trasferiscono in uno stato rurale. È
inoltre interpretata da un cast stellare, con Patrick J. Adams,
Matthew Fox, Amiah Miller e altri che affiancheranno la
Pfeiffer.
Le riprese di
Spider-Man: Brand New Day si sono ufficialmente
concluse a Glasgow, in Scozia, e la produzione si sposterà ora a
Londra. Non sappiamo ancora quando riprenderanno le riprese, ma
sappiamo che sia Jon Bernthal (Frank
Castle/Punisher) che Sadie Sink sono attualmente nel Regno Unito
per prepararsi a girare le loro scene. Il personaggio interpretato
dalla Sink è ancora segreto, ma online sta ora circolando una foto
dell’attrice di Stranger Things che potrebbe darci
un’idea più chiara del ruolo che interpreterà.
Non condivideremo la foto qui poiché
è stata scattata senza il permesso della Sink (non sarà difficile
trovarla), ma l’attrice ha ancora i suoi capelli rossi naturali. Ad
oggi i rumor indicano che la Sink potrebbe interpretare un
personaggio tra Jean Grey,
Jackpot, Mary Jane Watson,
Mayday Parker, Gwen
Stacy, Gatta Nera e altri. La nuova
foto potrebbe escludere Stacy o altri personaggi che non hanno i
capelli rossi ed è improbabile che l’attrice possa indossare una
parrucca per il ruolo.
Finora, gli unici dettagli ufficiali
sul personaggio di Sink che sono stati rivelati sono che
interpreterà una donna “acuta e dallo spirito libero” che ha un
“passato misterioso”. Speriamo di vedere Sink sul set nel corso
della prossima settimana e di poter finalmente avere maggiori
informazioni su chi interpreterà.
Ad oggi, una sinossi generica di
Spider-Man: Brand New Day è emersa all’inizio di
quest’anno, anche se non è chiaro quanto sia accurata.
Dopo gli eventi di Doomsday,
Peter Parker è determinato a condurre una vita normale e a
concentrarsi sul college, allontanandosi dalle sue responsabilità
di Spider-Man. Tuttavia, la pace è di breve durata quando emerge
una nuova minaccia mortale, che mette in pericolo i suoi amici e
costringe Peter a riconsiderare la sua promessa. Con la posta in
gioco più alta che mai, Peter torna a malincuore alla sua identità
di Spider-Man e si ritrova a dover collaborare con un improbabile
alleato per proteggere coloro che ama.
L’improbabile alleato potrebbe
dunque essere il The Punisher di Jon Bernthal –
recentemente annunciato come parte del film – in una situazione
già vista in precedenti film Marvel dove gli eroi si vedono
inizialmente come antagonisti l’uno dell’altro salvo poi allearsi
contro la vera minaccia di turno.
Di certo c’è che il film condivide
il titolo con un’epoca narrativa controversa, che ha visto la
Marvel Comics dare all’arrampicamuri un nuovo
inizio, ponendo però fine al suo matrimonio con Mary Jane Watson e
rendendo di nuovo segreta la sua identità. In quel periodo ha
dovuto affrontare molti nuovi sinistri nemici ed era circondato da
un cast di supporto rinnovato, tra cui un resuscitato Harry
Osborn.
Il film è stato recentemente
posticipato di una settimana dal 24 luglio 2026 al 31 luglio 2026.
Destin Daniel Cretton, regista di
Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli,
dirigerà il film da una sceneggiatura di Chris McKenna ed Erik
Sommers. Tom Holland guida un cast che include
anche Zendaya, Mark Ruffalo, Sadie Sink e Liza Colón-Zayas
e Jon Bernthal. Michael Mando è
stato confermato mentre per ora è solo un rumors il coinvolgimento
di
Charlie Cox.