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Michelle Monaghan affianca Owen Wilson per In The Coup

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Una famiglia che, trasferitasi a vivere in un Paese del sudest asiatico, si troverà nel bel mezzo di un colpo di Stato, lottando per la sopravvivenza: questa la trama di In The Coup, nuova opera di John Erick Dowdle (regista noto finora per un paio di horror, Devil e Quarantine, di scarso successo). Dopo aver preso  Owen Wilson, il progetto vede ora salire a bordo anche la protagonista femminile, Michelle Mohagan; della partita sarà anche Pierce Brosnan, nel ruolo di un funzionario governativo che si adopererà per aiutare i protagonisti. L’inizio delle riprese è previsto per ottobre.

Fonte: Empire

Michelle Dockery: intervista alla protagonista di Downton Abbey II – Una nuova era

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Guarda l’intervista a Michelle Dockery, la protagonista di Downton Abbey II – Una nuova era, il nuovo film basato sulla serie di successo Downton Abbey. Dal pluripremiato scrittore Julian Fellowes arriva il film evento Downton Abbey II: Una Nuova Era. L’attesissimo ritorno cinematografico del fenomeno globale riunisce l’amato cast in un grande viaggio nel sud della Francia per scoprire il mistero della villa appena ereditata dalla Contessa Madre di Grantham.

Il cast di Downton Abbey ritorna ancora una volta per un secondo film! In aggiunta al cast originale ci saranno Hugh Dancy, Laura Haddock, Nathalie Baye, Dominic West e Jonathan Zaccaï. 

Downton Abbey II – Una nuova era è diretto da Simon Curtis e scritto da Julian Fellowes, prodotto da Gareth Neame, Liz Trubridge, Julian Fellowes. Protagonisti il cast storico Hugh Bonneville, Laura Carmichael, Jim Carter, Brendan Coyle, Michelle Dockery, Kevin Doyle, Joanne Froggatt, Harry Hadden-Paton, Robert James-Collier, Allen Leech, Phyllis Logan, Elizabeth McGovern, Sophie McShera, Tuppence Middleton, Lesley Nicol, Maggie Smith, Imelda Staunton, Penelope Wilton.

Michelle Dockery: 10 cose che non sai sull’attrice

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Michelle Dockery: 10 cose che non sai sull’attrice

Michelle Dockery è una di quelle attrici che ha contribuito alla rivoluzione del piccolo e grande schermo grazie alle sue interpretazioni. L’attrice, che ha una carriera consistente alle spalle, ha dimostrato sin da subito di essere un’attrice di talento, in grado di conquistare gran parte del pubblico mondiale e diventando una delle attrici più apprezzate.

Ecco, allora, dieci cose che non sapevate su Michelle Dockery.

Michelle Dockery: i suoi film e le serie TV

1. Ha recitato in celebri film. La carriera cinematografica dell’attrice inizia nel 2011, quando debutta sul grande schermo apparendo in Hanna, per poi lavorare in Anna Karenina (2012), Non-Stop (2014) e Self/less (2015). In seguito, prende parte a film come L’altra metà della storia (2017), Downton Abbey (2019) e The Gentlemen (2020). Nel 2022 torna al cinema con Downton Abbey II – Una nuova era.

2. Ha lavorato in molte serie tv. Oltre ad aver prestato la sua attività attoriale per il cinema, l’attrice ha lavorato stesso in prodotti destinati al piccolo schermo. Infatti, ha debuttato nel mondo della recitazione nel 2005, apparendo nella serie Fingersmith, per poi apparire in serie come Dalziel and Pascoe (2007), Heartbeat (2008), Walking the Dead (2009), Cranford (2009) e The Hollow Crown (2012). In seguito, ha preso parte a serie tv come Downton Abbey (2010-2015), Angie Tribeca (2017), Godless (2017), Good Behavior (2016-2017), In difesa di Jacob (2020) e Anatomia di uno scandalo (2022).

3. Ha partecipato a qualche corto ed è anche doppiatrice. Nel corso della sua carriera, l’attrice ha avuto altre esperienze oltre a quelle già citate. Infatti, ha recitato in diversi cortometraggi, tra cui Spoiler (2010), Shades of Beige (2010), Out of Time (2011) e Tough Justice (2014). Inoltre, ha avuto qualche esperienza da doppiatrice, prestando la propria voce per le serie tv animate American Dad! (2012), I Griffin (2013) e Anfibia (2020-in corso).

Michelle Dockery

Michelle Dockery e il fidanzato John Dineen

4. Ha avuto una storia importante finita tragicamente. L’attrice è stata fidanzata con il collega John Dineen, direttore delle pubbliche relazioni. I due si erano conosciuti nel 2013 e a San Valentino del 2015 lui l’aveva chiesta in moglie. Tuttavia, poco tempo dopo all’attore è stato diagnosticato un tumore che lo ha portato alla morte il 13 dicembre dello stesso anno, al fianco di Michelle, rientrata dagli Stati Uniti dove si trovava per promuovere la serie televisiva.

5. Ha dovuto ringraziare Downton Abbey. È stato proprio grazie alla serie Downton Abbey se l’attrice e il suo compagno si sono conosciuti ed amati. I due sono stati presentati dall’attore Allen Leech, amico di Dineen. Nell’episodio della serie Thing Deserve Beautiful Things gli è stata fatta una dedica nei titoli di coda. La Dockery si è dunque sempre dichiarata grata alla serie di essere stata il punto di contatto con il suo grande amore.

Michelle Dockery non è su Instagram

6. Non è più sul social. Fino a qualche tempo fa, l’attrice possedeva un proprio account Instagram seguito da circa 422 mila persone. Sulla sua bacheca erano molte le foto che la ritraggono protagonista tra momenti di lavoro o svago con colleghi e amici. La Dockery ha però poi deciso di chiudere il proprio account, allontanandosi dunque da questo tipo di social. I suoi fan possono però ritrovare diverse fanpage a lei dedicate, con foto e novità.

Michelle Dockery The Gentleman

Michelle Dockery in Downton Abbey

7. Ha ottenuto un ruolo grazie ad un premio. Formatasi a teatro, l’attrice arriva a vincere il secondo premio ai Ian Charleson Awards del 2008 per la sua interpretazione di Eliza Doolittle nello spettacolo Pigmalione. Grazie a questo premio ottiene una buona popolarità e le viene assegnato il ruolo di Mary Crawley, figlia maggiore del conte di Grantham, nella nuova serie televisiva Downton Abbey. Reciterà in questa per tutte e sei le sue stagioni.

8. Si sente molto diversa dal suo personaggio. In più di un’intervista l’attrice ha rivelato di come rispetto al suo personaggio, nella vita reale, dato il suo background da classe operaia, molto probabilmente sarebbe stata la domestica Anna piuttosto che l’aristocratica Lady Mary Crawley.

Michelle Dockery in The Gentleman

9. Ha avuto poco tempo per prepararsi alla parte. Nel film The Gentleman l’attrice ricopre il ruolo di Rosalind Pearson, una parte inizialmente assegnata a Kate Beckinsale, che dovette però tirarsi fuori dal progetto all’ultimo per via di problemi personali. La Dockery ottenne così la parte, pur avendo poco tempo a disposizione per prepararsi. Inoltre, alcune delle sue battute vennero continuamente riscritte, dandole ulteriore poco tempo per poter memorizzare i cambiamenti.

Michelle Dockery: età e altezza

10. Michelle Dockery è nata il 15 dicembre del 1981 a Barking, nell’Essex, in Inghilterra. La sua altezza complessiva corrisponde a 173 centimetri.

Fonti: IMDb, Town&Country

Michelle Dockery su Downton Abbey: “C’è del potenziale per un film”

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Michelle Dockery Downton AbbeyA tutti i downtonians in crisi d’astinenza, Michelle Dockery, la glaciale Mary Crawley, ha dichiarato che secondo lei la serie di Julian Fellowes, Downton Abbey, potrebbe non essere finita del tutto.

Lo show iTv ha chiuso i battenti lo scorso Natale, con l’ultimo Christmas Special, ma stando a quanto dichiara la Dockery a The Telegraph, potrebbe esserci ancora spazio per altro da raccontare, magari per un film.

Michelle Dockery nelle prime foto di The Sense of an Ending

“Penso che ci sia del potenziale per un film, è qualcosa che ho ampiamente considerato, quindi vedremo. Potrebbe non essere finita. La cosa che mi manca di più sono gli altri membri del cast, ma siamo ancora molto legati.”

Che ve ne pare? Che cosa vorreste venisse raccontato in un eventuale film su Downton Abbey?

Fonte: Zimbio

Michelle Dockery nelle prime foto di The Sense of an Ending

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Sono iniziate le riprese di The Sense of an Ending, e oggi dal set arrivano le prime foto di Michelle Dockery, protagonista della pellicola al fianco di Jim Broadbent (Iris), Charlotte Rampling (Melancholia), Harriet Walter (The Young Victoria), Emily Mortimer (Hugo), Michelle Dockery (Non-Stop), Billy Howle (The Seagull), Freya Mavor (The White Queen) e Joe Alywn (Billy Lynn’s Long Halftime Walk).

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The Sense of an Ending è una produzione BBC FILMS ed è diretto da  Ritesh Batra (The Lunchbox).

Via CS.NET

Michelle Dockery loda “la ricchezza di esperienza” nel lavoro con Mel Gibson per Flight Risk

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L’attrice candidata agli Emmy e ai Golden Globe Michelle Dockery si è fatta un nome nel ruolo di Lady Mary Crawley in Downton Abbey, ha poi continuato a mostrare un talento in miniserie come Godless, e film come l’esperimento di Robert Zemeckis Here. Ora, porta l’emozione a 12.000 metri di altezza con il regista di Braveheart e La battaglia di Hacksaw Ridge, Mel Gibson, in Flight Risk (qui il trailer e leggi la nostra recensione).

Intervistata da Collider, Michelle Dockery ha commentato con entusiasmo la collaborazione con Gibson, un’esperienza molto diversa rispetto a tutto quello che l’attrice ha realizzato fino a questo momento.

Cosa ti ha sorpreso del lavorare con lui come regista? Dirige in un modo particolare sul set? Com’è stata quell’esperienza?

DOCKERY: È così preparato, e per una cosa del genere, immagino lo sia ancora di più quando hai così poco tempo per girare. Ha un atteggiamento molto rilassato sul set. La sua attenzione ai dettagli non mi ha sorpreso affatto, ma è stato davvero incredibile osservarlo mentre ci dirigeva, e anche visivamente, quello che voleva vedere dall’azione era davvero ammirevole. Ma nonostante l’intensità di questo film, c’era un’atmosfera davvero rilassata, molto calma, che forse mi ha sorpreso.

Ha fatto questo lavoro molte volte. Sono sicuro che con quell’esperienza, funzionerà.

DOCKERY: Assolutamente. Sì. Ci sono stati momenti in cui diceva semplicemente: “Verrà fuori. Si svolgerà. Non c’è bisogno di prepararsi troppo”. Come dici tu, c’è una tale ricchezza di esperienza lì. È fantastico lavorare con qualcuno così esperto.

Quando hai visto il programma delle riprese, c’è stata una scena o una sequenza che hai cerchiato in termini di “Non vedo l’ora di girare questo” o “Come diavolo avremmo fatto a girarlo?”.

DOCKERY: Voglio dire, ci sono stati così tanti momenti in cui ho pensato: “Come diavolo faremo a farlo?”. Ma non era compito mio preoccuparmene. Avevamo una troupe e un team di effetti visivi così talentuosi che hanno reso il film quello che è. È incredibile. Quindi, tutto quello che ho dovuto fare è stato concentrarmi sul mio ruolo e su come il personaggio di Madolyn si sviluppa nel film. Quindi, sì, ci sono stati alcuni momenti che attendevo con ansia e che in un certo senso ho preparato. C’è un momento in cui lei parla del suo passato, che è un momento cruciale nel film per il personaggio, quindi ci avevo pensato, certamente. Ma non vedevo l’ora di interpretare quei momenti perché gran parte del film è azione, e in realtà in quei momenti molto più immobili in cui un personaggio riflette o racconta una storia, era qualcosa che aspettavo con ansia.

Flight Risk esce nelle sale italiane l’8 maggio distribuito da Eagle Pictures. Diretto da Mel Gibson, Flight Risk è stato scritto da Jared Rosenberg, al suo debutto cinematografico e vede protagonisti Mark Wahlberg, Michelle Dockery e Topher Grace.

Michelle Dockery loda la sceneggiatura di Flight Risk: “Non ho mai letto niente del genere prima”

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Michelle Dockery si ritrova in una posizione precaria in Flight Risk (leggi la nostra recensione). Dockery interpreta il ruolo del maresciallo statunitense Madolyn Harris al fianco di Mark Wahlberg (Daryl Booth / Il Pilota) e Topher Grace (Winston) in questo film diretto da Mel Gibson. Madolyn ha il compito di trasportare Winston, un contabile che lavora come informatore contro una famiglia criminale di alto profilo, dal suo nascondiglio in Alaska a New York. La situazione cambia radicalmente quando Daryl, il loro pilota, si rivela essere un sicario incaricato di uccidere Winston.

Flight Risk non è la prima volta che Dockery vola per un film importante. In precedenza ha recitato al fianco di Liam Neeson in Non-Stop del 2014. Dockery è nota soprattutto per aver interpretato Lady Mary Crawley nella serie Downton Abbey, un ruolo per il quale ha ricevuto tre nomination ai Primetime Emmy Award.

In occasione dell’uscita di Flight Risk nei cinema americani, ScreenRant ha parlato con Michelle Dockery del suo personaggio, Madolyn Harris, di come riesca a mantenere la calma in un ambiente così stressante, di come sia stato girare in un unico set con solo due attori e di come ci si sente a dire addio a Downton Abbey, visto che il prossimo film, Downton Abbey: The Grand Finale, del franchise dovrebbe essere l’ultimo.

Come fa la Madolyn di Michelle Dockery in Flight Risk a mantenere la calma?

Michelle Dockery: Una delle cose fondamentali per essere un agente di polizia è mantenere la calma in situazioni molto, molto difficili. Voglio dire, è la parte principale della tua responsabilità come agente di polizia. È molto importante mantenere la calma e affrontare la situazione nel miglior modo possibile, senza che la situazione degeneri in qualcosa che non si desidera. Mentre, in questo film, ovviamente, ciò che accade è in un certo senso fuori dal suo controllo, ma è responsabile dell’arresto di soggetti federali e della loro scorta da un luogo all’altro. Quindi è molto responsabile nei confronti di questa persona e, man mano che il film si sviluppa, si scopre che la sua carriera ha avuto alti e bassi.

Quindi, in questo caso, ha davvero bisogno di dimostrare il suo valore ai colleghi e ai superiori per portare a termine il lavoro e dimostrare di essere davvero capace. C’è un grosso ostacolo che si frappone tra i suoi meccanismi e lei è davvero messa alla prova e deve trovare un modo per uscirne. È una parte incredibile. L’ho adorato quando l’ho letto per la prima volta. Ho pensato: “Wow, non avevo mai letto niente del genere prima”. E ho tanto rispetto per gli ufficiali giudiziari e per quello che fanno, e mio Dio, se uno di loro si trovasse in una situazione del genere, tanto di cappello a chiunque lo faccia.

Flight Risk esce nelle sale italiane l’8 maggio distribuito da Eagle Pictures. Diretto da Mel Gibson, Flight Risk è stato scritto da Jared Rosenberg, al suo debutto cinematografico e vede protagonisti Mark Wahlberg, Michelle Dockery e Topher Grace.

Michelle Dockery incanta la Festa del Cinema di Roma in Valentino

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Il grande pubblico la conosce come Lady Mary, l’aristocratica snob, figlia primogenita di Lord Grantham, nella serie Downton Abbey. E proprio per presentare il film, tratto dalla serie, che l’attrice inglese Michelle Dockery è arrivata a Roma, alla Festa del Cinema, in compagnia di Jim Carter e Imelda Staunton, anche loro nel cast del film scritto da Julian Fellows, ideatore della serie.

Bella proprio come Lady Mary, ma nient’affatto snob, la Dockery ha incantato il pubblico dell’Auditorium con grazia e simpatia, indossando un magnifico Valentino floreale. Ecco gli scatti dal red carpet:

Downton Abbey, recensione del film con Michelle Dockery

Michele Riondino: 10 cose che non sai sull’attore

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Michele Riondino: 10 cose che non sai sull’attore

Michele Riondino è uno di quegli attori italiani che ha contribuito a cambiare la storia del cinema italiano recente, grazie anche alle sue incredibili interpretazioni. L’attore, che fa questo lavoro praticamente da sempre, è entrato sin da subito nel cuore degli spettatori, dimostrando di essere molto in gamba e di avere un talento per la recitazione fuori dal comune e scegliendo i ruoli più adatti alla sua persona.

Ecco, allora, dieci cose da sapere su Michele Riondino.

Michele Riondino: i suoi film

1. Ha recitato in celebri film. La carriera cinematografica dell’attore è iniziata nel 2003, quando debutta sul grande schermo con il film Uomini & Donne, amori & bugie, per poi continuare a recitare in film come Principessa (2008), Il passato è una terra straniera (2008), Fortapàsc (2009), Dieci inverni (2009), Maripiccolo (2009), Noi credevamo (2010), Henry (2010) e Qualche nuvola (2011). In seguito, recita in Gli sfiorati (2011), Acciaio (2012), Bella addormentata (2012), Il giovane favoloso (2014), Meraviglioso Boccaccio (2015) e Senza lasciare traccia (2016). Tra i suoi ultimi film, vi sono La ragazza del mondo (2016), Falchi (2017), Diva! (2017), Un’avventura (2019), Restiamo amici (2019) e I nostri fantasmi (2021).

2. Ha recitato in molte serie tv. Nel corso della sua carriera di attore, Riondino non ha prestato la sua opera solo per prodotti dedicati al grande schermo, ma ha anche recitato in diversi progetti televisivi. Infatti, nel 2001 è apparso in Compagni di scuola, per apparire poi in Incatesimo 5 (2002), Distretto di Polizia (2003-2005), La freccia nera (2006), Giorni da Leone 2 (2006) e Il segreto dell’acqua (2011). In seguito, ha preso parte alle serie Il giovane Montalbano (2012-in corso), Pietro Mennea – La freccia del Sud (2015) La mossa del cavallo – C’era una volta Vigata (2018), La guerra è finita (2020) e Fedeltà (2022).

3. È stato candidato a diversi premi. Nel corso della sua carriera, l’attore ha ricevuto diverse nomination, come ai David di Donatello nel 2017 per La ragazza migliore del mondo, ai Nastri d’argento nel 2009, 2012, 2013 e 2017 rispettivamente per Il passato è una terra straniera, Gli sfiorati, Bella Addormentata e Acciaio, e La ragazza del mondo. Inoltre, è stato candidato al Globo d’oro nel 2017 per La ragazza migliore del mondo e ai Ciak d’oro nel 2015 per Il giovane favoloso. In totale, l’attore ha vinto due premi: un Nastro d’argento nel 2010 per Dieci inverni e un Ciak d’oro per la Miglior coppia, insieme a Sara Serraiocco, per La ragazza del mondo.

michele riondino

Michele Riondino e il padre

4. Non è il figlio del noto cantautore. Contrariamente a quanto si pensa, il padre di Michele Riondino, l’interprete del Giovane Montalbano, è un un ex operaio Ilva di nome Franco e non David Riondino: il celebre cantautore, attore e regista di grande successo, molto apprezzato dal pubblico italiano.

Michele Riondino: la fidanzata e la figlia

5. È fidanzato da diverso tempo. L’attore è fidanzato da qualche anno con la make up artist Eva Nestori. Il caso ha voluto che i due si conoscessero sul set de Il giovane Montalbano, finendo per innamorarsi e non lasciarsi più. L’attore ha ammesso più volte che sia lui che la compagna sono fermamente decisi di non voler convolare a nozze, per il semplice fatto di avere la libertà di scegliersi ogni giorno senza imposizione alcuna.

6. È padre di una bambina. L’attore è diventato padre da qualche anno della piccola Frida, nata nel 2014 dall’unione con la compagna. Il nome della bambina non è casuale: infatti, è un omaggio alla celebre Frida Kahlo.

michele riondino

Michele Riondino è Montalbano

7. Ha avuto l’approvazione del Montalbano originale. Scritturato dopo essere stato proposto dal produttore Carlo Degli Esposti, l’attore ha avuto diversi colloqui soprattutto con Luca Zingaretti per poter valutare a pieno il progetto. L’interprete storico di Montalbano voleva infatti essere sicuro di trovare l’attore migliore per il personaggio e Riondino è risultato il prescelto.

8. È stato aiutato da Camilleri. Per interpretare il giovane Montalbano in Il giovane Montalbano, l’attore ha avuto l’onore di poter costruire il personaggio con Andrea Camilleri, creatore del personaggio e del suo mondo, il quale gli ha fornito indicazioni utili sul carattere di questa versione più giovane del suo celebre commissario.

Michele Riondino e Venezia

9. È stato padrino del Festival di Venezia. Nel 2018, l’attore ha avuto l’onore di vestire i panni del padrino della Mostra del Cinema di Venezia, cerimoniere delle serate di apertura e chiusura del Festival.

Michele Riondino: età e altezza

10.Michele Riondino è nato il 14 marzo del 1979 a Taranto, in Puglia. La sua altezza complessiva misura 180 centimetri.

Fonte: IMDb

Michele Profeta: Il killer di Padova, la recensione del nuovo documentario di Sky

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La storia di Michele Profeta prende vita in un nuovo documentario crime. A 22 anni dalla morte di Lissandron, domenica 29 e lunedì 30 gennaio alle 22.55 una nuova produzione originale Crime+Investigation, in prima visione assoluta, racconterà in due episodi la storia di Michele Profeta: Il killer di Padova, in esclusiva sul canale 119 di Sky. Il documentario in due episodi va a fondo alla vicenda che ha colpito la città nel 2001. Siamo a gennaio del 2001 e viene ritrovato a Padova un taxi con a bordo il cadavere di Pierpaolo Lissandron, il proprietario del veicolo. 12 giorni dopo, l’11 febbraio, all’interno di un appartamento viene scoperto il cadavere dell’agente immobiliare, Walter Boscolo, anche questo freddato con un proiettile alla nuca.

Michele Profeta Il killer di Padova documentario

Michele Profeta: Il killer di Padova, la recensione

Questa è la storia di Michele Profeta: Il killer di Padova, conosciuto anche come “il professore” o “Mostro di Padova”. Originario di Palermo, Michele Profeta si trasferisce al Nord negli anni Novanta e lavora in una società di servizi finanziari. Risiede con la moglie Concetta Mordino e due dei suoi figli (ne ha altri due da un precedente matrimonio) ad Adria. A Mestre invece condivide una casa con l’amante, Antonia Gemmati. In seguito alla contrazione di diversi debiti dovuti forse alla passione per il gioco d’azzardo, in preda ad un probabile delirio di onnipotenza, il 10 gennaio 2001 scrive alla Questura di Milano sostenendo che avrebbe commesso omicidi a caso qualora gli fossero stati negati i 12 miliardi di lire. A quel punto compie i due delitti, il primo il 29 gennaio uccidendo il tassista Pierpaolo Lissandron e l’altro, l’11 febbraio, con l’omicidio dell’agente immobiliare Walter Boscolo.

In Michele Profeta: Il killer di Padova si racconta la storia di uno dei serial killer italiani meno prolifici, ma sicuramente una delle personalità più complesse ed articolate. Amava essere al centro dell’attenzione, firmava i suoi delitti con delle carte da gioco e premeditava i suoi attacchi lasciando degli indizi nelle lettere e sulla scena del crimine. Questo ha facilitato le indagini della polizia che presto conducono ad un signore elegante e dall’aspetto impeccabile, che all’apparenza poteva sembrare chiunque tranne l’assassino. Nel 2002 la Corte di Assise di Padova lo condanna all’ergastolo per gli omicidi di Pierpaolo Lissandron e Walter Boscolo, dopo una lunga ricerca estenuante durata una settimana. Dopo un tentativo di evasione dal carcere di Padova, viene trasferito nel penitenziario di Voghera, in provincia di Pavia.

Un racconto in atti

Fin dall’inizio del racconto di Michele Profeta: Il killer di Padova siamo immersi nelle spettrali e difficili giorni che hanno avvolto la città nel 2001. Padova è messa sottosopra da un serial killer spietato che nella sua freddezza ha seminato il panico nella città. Nessuno usciva più di casa la sera, nessuno si muoveva più da solo, sempre accompagnato da piccoli gruppi di amici. Le indagini si sono svolte in tutta velocità, ma anche le autorità che hanno lavorato al caso all’epoca si trovavano di fronte a una personalità narcisistica che, in un certo senso, voleva essere trovata. Ma Michele Profeta è riuscito a mettere a tacere tutti, perfino il suo secondo avvocato – che già aveva lavorato ad un altro grosso caso importante. Lo stesso difensore si dirà impaurito da questa personalità giudicando il suo assistito come un “invasato”.

Potrebbe essere un episodio di una serie crime qualunque ma questo spaccato di storia del nostro paese mette in luce le atrocità dell’animo umano. Michele Profeta: Il killer di Padova viene raccontato tramite degli atti che scandiscono la storia in un breve arco di tempo. Dalla lettera “minatoria” arrivata al Tribunale di Milano fino all’arresto e alla condanna a due ergastoli. Non basterà appellarsi alla perizia psichiatrica – che accerterà un bipolarismo per l’uomo – per evitare di scontare la lunga pena.

Michele Profeta Il killer di Padova

Il sopravvissuto

Lungo il racconto di Michele Profeta: Il killer di Padova, oltre alla parte della indagini c’è il racconto di un sopravvissuto – diventato poi testimone chiave dell’inchiesta – che spiega quelle ore, quei momenti cruciali che hanno portato all’arresto di Michele Profeta. Leonardo Carraro è il primo a incontrare Profeta, dopo l’omicidio del tassista Lissandron. Un agente immobiliare agli inizi della sua carriera viveva una vita normale e lavorava sodo, così racconta del documentario. Poi un giorno riceve una chiamata, come ne riceveva ogni giorno a dozzine, per visitare un appartamento e davanti a lui un uomo abbastanza elegante che gli stringe la mano con un paio di guanti. Carraro rimane interdetto da questo incontro e ne parla con il fiato spezzato e gli occhi sul punto di piangere. Non lo sa, ma è sopravvissuto a un serial killer. Più tardi poi Profeta racconterà che “lui non era l’uomo giusto”.

Carraro sarà poi l’unico, infatti, in grado di indentificare il colpevole degli omicidi presentatosi come “il signor Pertini”. L’agonia di Carraro non cessa con il processo e neanche con il doppio ergastolo confermato poi al secondo appello. L’attimo in cui l’uomo capisce che è tutto finito è quando arriva la notizia della morte di Profeta. Il 16 luglio 2004 muore a Milano, stroncato da un infarto nella sala degli avvocati del carcere di San Vittore, mentre sostiene il suo primo esame universitario in Storia della filosofia per l’Università degli Studi di Milano. Carraro non si è mai liberato dalla paura che un giorno potesse tornare e portare a compimento quello che “la voce” gli aveva detto di non fare in passato e senza rimorso afferma che con la sua morte ha potuto continuare a vivere.

Michele Placido: 10 cose che non sai sull’attore

Michele Placido: 10 cose che non sai sull’attore

Considerato uno dei grandi interpreti dello spettacolo italiano, Michele Placido ha costruito una carriera ricca di titoli per il cinema e la televisione, sia in qualità di attore che di regista. Il suo è oggi uno dei nomi più noti, indice spesso di una ricercata qualità artistica, da lui riproposta in ogni suo lavoro. Diversi sono ad oggi i titoli che lo hanno reso celebre, tra cui si affermano in particolare la serie La piovra e il film Romanzo criminale. 

Ecco 10 cose che non sai di Michele Placido.

Parte delle cose che non sai sull’attore

Michele Placido moglie

Michele Placido: i suoi film e le serie TV

10. Ha recitato in celebri lungometraggi. Placido debutta al cinema con il film Il caso Pisciotta (1972), per poi distinguersi in titoli come Romanzo popolare (1974), Mio Dio, come sono caduta in basso! (1974), Marcia trionfale (1976), Casotto (1977), Un uomo in ginocchio (1979), Il prato (1979), Tre fratelli (1981), Grandi magazzini (1986), Mary per sempre (1989), Padre e figlio (1994), La lupa (1996), La balia (1999), Un uomo perbene (1999), Il posto dell’anima (2003), Il caimano (2006), con Silvio Orlando, La sconosciuta (2006), Baarìa (2009), Manuale d’amore 3 (2011), Tulpa – Perdizioni mortali (2012), Viva l’Italia (2012), con Raoul Bova, Razzabastarda (2012), di Alessandro Gassmann, Io che amo solo te (2015), La cena di Natale (2016), con Laura Chiatti, e Odio l’estate (2020).

9. Si è distinto anche come regista. A partire dal 1990 Placido inizia a ricoprire anche il ruolo del regista, dando vita negli anni a diversi film di buon successo, in molti dei quali è stato anche presente come attore. Il primo di questi fu Pummarò (1990), e seguirono Le amiche del cuore (1992), con Claudia Pandolfi, Un eroe borghese (1995), Del perduto amore (1998), con Fabrizio Bentivoglio, Un viaggio chiamato amore (2002), Ovunque sei (2004), Romanzo criminale (2005), con Pierfrancesco Favino e Kim Rossi Stuart, Il grande sogno (2009), Vallanzasca – Gli angeli del male (2010), Il cecchino (2012), Prima di andar via (2014), La scelta (2015) e 7 minuti (2016), con Cristiana Capotondi.

8. È noto anche per i suoi ruoli televisivi. In televisione Placito si è reso noto grazie alla serie La piovra (1984-1989), dove ha interpretato il commissario di polizia Corrado Cattani. In seguito, ha recitato nei film Uomo di rispetto (1993), Padre Pio – Tra cielo e terra (2000), Karol – Un papa rimasto uomo (2006), L’ultimo padrino (2008), Aldo Moro – Il presidente (2008), Volare – La grande storia di Domenico Modugno (2013), Trilussa – Storia d’amore e di poesia (2013). I suoi ultimi ruoli in televisione risalgono alle serie Questo è il mio paese (2015) e In Treatment (2015-2016), con Sergio Castellitto.

Michele Placido: la moglie e i figli

7. È stato sposato con un’attrice. Placido è stato sposato dal 1989 al 1994 con l’attrice Simonetta Stefanelli, nota per aver recitato anche nel film Il padrino (1972). I due si sono conosciuti sul set del film Peccati in famiglia, del 1975, ed intrapresero una relazione che li portò poi al matrimonio. La coppia ebbe poi modo di recitare nuovamente insieme nei film Grandi magazzini e Le amiche del cuore. Diedero alla luce tre figli: l’attrice Violante Placido, l’attore Marco Brenno Placido e Michelangelo.

6. Si è sposato una seconda volta. A partire dal 2002 l’attore ha intrapreso una relazione con l’attrice Federica Vincenti, poi sposata nell’agosto del 2012. La coppia, già prima del matrimonio, aveva avuto un figlio, nato nel 2006. Placido e la Vincenti hanno poi avuto diverse occasioni per recitare insieme, grazie ai film Il grande sogno, Vallanzasca – Gli angeli del male, Tulpa – Perdizioni mortali e Trilussa – Storia d’amore e di poesia.

Parte delle cose che non sai sull’attore

Michele Placido La piovra

Michele Placido in La piovra

5. Ha interpretato un celebre commissario della televisione. Con la serie La piovra, di genere poliziesco e andata in onda dal 1984 al 1989, l’attore ha avuto modo di affermarsi definitivamente come grande interprete, prima di intraprendere la sua fortunata carriera cinematografica. Placido ricopriva infatti il ruolo del protagonista, il commissario Corrado Cattani, che arrivato in Sicilia da Milano si trova a dover investigare su alcuni misteriosi omicidi, opera probabilmente della mafia. Così, nel corso delle puntata, si costruisce quello che ancora oggi è uno dei commissari più celebri della televisione.

4. Ha chiesto lui di far morire il personaggio. Nel 1989 gli spettatori rimasero sconvolti nel vedere il protagonista della serie, giunta alla sua quarta stagione, venire brutalmente ucciso. Di tale morte televisiva si parlò a lungo e soltanto diversi anni dopo lo stesso Placido spiegò le motivazioni di quella scelta. Fu infatti lui a chiedere al regista di far morire il suo commissario, poiché desiderava perseguire altri obiettivi professionali e dedicarsi maggiormente al cinema. Libero dalla serie, Placido ebbe infatti modo di cimentarsi anche nella regia per il grande schermo.

Michele Placido e Caravaggio

3. Realizzerà un film sul celebre pittore. Il prossimo film da regista di Placido sarà dedicato al celebre pittore Caravaggio, che verrà interpretato dall’attore Riccardo Scamarcio. Il lungometraggio, stando a quanto dichiarato da Placido, vanterà inoltre un cast internazionale, con attori francesi del calibro di Louis Garrel, e verrà girato prevalentemente a Roma, Napoli e Malta, dove si svolgerà una parte importante del racconto. L’emergenza da Covid-19 ha tuttavia costretto a rimandare l’inizio delle riprese, previsto ora però per l’autunno.

2. Non realizzerà una classica biografia. Placido ha dichiarato di star lavorando al progetto ormai da diversi anni, intenzionato a non voler realizzare una classica biografia del pittore, quanto andare a ricercare i momenti più oscuri e misteriosi della sua vita per darvi significato. Nel film, infatti, sembra si tratterà prevalentemente del suo rapporto con la chiesa, con la pittura e la morte. Placido ha descritto il progetto come una “radiografia psicofisica del personaggio, volta a mostrare chi era, come ragionava e come creava i suoi capolavori”.

Michele Placido: età e altezza

1. Michele Placido è nato ad Ascoli Satriano, in Puglia, Italia, il 19 maggio del 1946. L’attore è alto complessivamente 177 centimetri.

Fonte: IMDb

Michele Placido, attore vulcanico e regista “ di pancia”

Michele Placido, attore vulcanico e regista “ di pancia”

Michele Placido Nella sua carriera, tra direzione e recitazione, ha collezionato più di cento film. Ha lavorato con i più grandi registi italiani: Monicelli, Comencini, Montaldo, Bellocchio, Lizzani, Citti, Damiani, solo per citarne alcuni. Ha partecipato a progetti diversissimi, passando dall’impegno civile, all’affresco sociale, alla commedia con ammirevole disinvoltura.

Ha esordito in teatro, per poi frequentare principalmente cinema e televisione, quella che lo ha portato nelle case di tutti gli italiani, dandogli la maggior notorietà. I risultati del suo lavoro non sono sempre stati felici, ma in tutti i suoi progetti ha sempre messo energia e passione, senza risparmiarsi mai, e ci ha regalato diverse straordinarie interpretazioni e alcuni ottimi film. Stiamo parlando di Michele Placido, classe ’46, radici profonde nel meridione d’Italia – padre lucano di Rionero in Vulture, discendente del brigante Carmine Crocco, e madre pugliese di Ascoli Satriano – romano d’adozione.

La famiglia è numerosa (è terzo di otto figli) e si respira aria dei mestieri più vari: ci sono giornalisti (il cugino del padre Beniamino), un sacerdote (lo zio Padre Alessandro), un insegnante (lo zio Cosimo), mentre il fratello Donato condividerà con lui il mestiere d’attore. Il grande passo è il trasferimento a Roma, dove diventa poliziotto. Ma la sua passione è la recitazione e presto lascia la polizia per iscriversi all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”. La prima esperienza importante è in teatro, diretto da Gabriele Lavia nel ’70 per una trasposizione dell’Orlando Furioso. Di lì a poco, approda al cinema: è accanto a Monica Vitti e Carlo delle Piane in Teresa la ladra (’73), è diretto da Eriprando Visconti, nipote di Luchino, ne Il caso Pisciotta (’73).

L’anno seguente vede l’incontro col maestro della commedia all’italiana, Mario Monicelli, che lo sceglie nel ’74 per Romanzo popolare, dove è il poliziotto Giovanni Pizzullo, coinvolto in un triangolo amoroso con Ornella Muti e Ugo Tognazzi. Il “Romanzo”, al cui soggetto hanno collaborato Age e Scarpelli, ritrae abilmente la Milano proletaria dell’epoca, ironizzando sui suoi  stereotipi e introducendo temi attuali come quello dell’emancipazione femminile. Sempre nel ’74 avviene l’incontro con Luigi Comencini per Mio Dio, come sono caduta in basso!, che vede Placido accanto a Laura Antonelli. Altri importanti nomi del cinema italiano lo notano e lo scelgono. Nel 1976 lascia la commedia per dedicarsi alla versione cinematografica del romanzo L’Agnese va a morire, diretto da Giuliano Montaldo, ma si distingue soprattutto per la sua interpretazione del giovane soldato Paolo Passeri in Marcia trionfale di Marco Bellocchio, che gli vale i primi riconoscimenti di peso: Nastro d’Argento e David di Donatello come Miglior Attore. Il film, che narra le vicende del giovane Placido/Passeri alle prese col servizio di leva e con il severo superiore Franco Nero/Asciutto, è un’aspra critica al mondo militare e alle sue logiche, ma affronta anche il tema del ruolo della donna in una società machista, e quello dell’omosessualità, altra faccia di questa realtà. Michele Placido tornerà a lavorare con Bellocchio nel 1980 per Salto nel vuoto e nel 1999 per La balia.

Michele Placido, attore vulcanico e regista “ di pancia”

Per quel che riguarda la sfera privata, l’attore in questi anni è legato a Simonetta Stefanelli, e proprio nel ’76 nasce la loro primogenita Violante, che poi seguirà le orme dei genitori, intraprendendo la strada del cinema. Da questa unione nasceranno altri due figli: Michelangelo nel ’90 e Brenno Marco nel ’91, anche lui farà l’attore; mentre un quarto figlio nascerà da una relazione extraconiugale nell’’88.

Negli anni ’70 le collaborazioni con nomi importanti fioccano: nel ’77 lo vuole Lizzani per Kleinhoff Hotel, dramma erotico però poco riuscito, poi Sergio Citti per un ruolo nella divertente commedia corale Casotto. Tratta da un racconto di Vincenzo Cerami, si incentra su un gruppo di villeggianti che a turno utilizzano la stessa cabina della spiaggia di Ostia. La carrellata dei personaggi è comica e grottesca; il cast nutrito ed efficace: si va dalla famiglia in villeggiatura, con Placido nel ruolo del giovane sempliciotto alle prese con una giovanissima Jodie Foster, alle due donne (le sorelle Mariangela e Anna Melato) che per denaro accettano un ambiguo incontro con il facoltoso Cerquetti (Ugo Tognazzi), agli amici in cerca di divertimenti (Gigi Proietti e Franco Citti) e così via, fino a comporre un mosaico policromo che ben fotografa vizi e virtù del nostro paese all’epoca.

Michele Placido La piovraL’anno dopo passa di nuovo dalla commedia al dramma. È infatti la volta di Squitieri, che lo dirige in Corleone. Nel ’79 Placido incontra per la prima volta il regista Damiano Damiani, sotto la cui direzione offre un’intensa interpretazione in Un uomo in ginocchio, dove veste i panni del killer mafioso Antonio Platamone in un complesso rapporto con la sua vittima designata Giuliano Gemma/Nino Peralta, commerciante invischiato suo malgrado in una lotta tra clan. Salvatore Samperi lo sceglie poi per portare sullo schermo il romanzo incompiuto di Umberto Saba Ernesto, incentrato sulle prime esperienze amorose omosessuali di un adolescente ebreo nella Trieste degli anni ’10 e largamente autobiografico. Per la convincente prova attoriale Placido riceve l’Orso d’Oro al Festival di Berlino. Desideroso di cambiare atmosfere e instancabile lavoratore, Placido si dedica alla commedia con Castellano e Pipolo, partecipando a un episodio del loro Sabato, domenica e venerdì (’79).

Nell’ ’80 è di nuovo con Lizzani per portare su grande schermo il romanzo di Silone Fontamara. Ritrova Marco Bellocchio in Salto nel vuoto. Qui il regista, dotato di straordinario acume nell’analisi di universi familiari dominati da rapporti malati, ci presenta la storia di due fratelli: il giudice Michel Piccoli/Mauro Ponticelli e sua sorella Anouk Aimée/Marta. Il protagonista, terrorizzato dall’idea che sua sorella stia impazzendo (c’era stato un caso in famiglia), decide di portarla al suicidio. Per far ciò, le presenta un Michele Placido perfettamente in parte nel ruolo di Giovanni Sciabola, delinquente già istigatore al “salto nel vuoto” di un’altra donna. Ponticelli spera che Sciabola porti al suicidio anche Marta. La manovra però non riesce, e anzi, la sorella ha una relazione con l’uomo e questa le dà il coraggio di allontanarsi dal fratello, cui era legata da un perverso rapporto affettivo. A questo punto sarà Piccoli a suicidarsi. A Cannes Piccoli e Aimée ricevono la Palma d’Oro per la miglior interpretazione, mentre Bellocchio è premiato con il David di Donatello per la sua lucida regia.

In questi anni Michele Placido, approfittando della fama di cui comincia a godere all’estero, varca i confini italiani e si fa dirigere da Walerian Borowczyk in Lulù (1980) e poi in Ars amandi (1983), e dal francese Benoît Jacquot in Les ailes de la colombe (1981). In Italia è scelto da Francesco Rosi per Tre fratelli (’81), pellicola che restituisce, attraverso la storia di Raffaele/Philippe Noiret, Rocco/Vittorio Mezzogiorno e Nicola/Michele Placido, tornati al paesino d’origine per la morte della madre, la complessità della nostra storia recente e racconta la difficoltà di rapporti interrotti. Il film è ben accolto dalla critica e premiato. Lo stesso avviene l’anno dopo per Sciopèn, commedia corale, quasi esordio di Luciano Odorisio (’82), premiata a Venezia col Leone d’Oro. Nell’’85 l’attore pugliese lavora ancora con Damiani, interpretando un killer della mafia in Pizza connection. L’anno prima però, era stato lo stesso Damiani a volerlo per la televisione, ad interpretare il ruolo opposto a quello del film sopra descritto, nella prima serie de La Piovra. Placido vestirà i panni del commissario Cattani fino al 1989. Grazie a questo ruolo raggiungerà un’enorme popolarità. Basti pensare che la serie, andata in onda su Rai 1, faceva registrare una media di 10 milioni di spettatori. Nel frattempo, instancabile, continua a lavorare anche per il cinema e qui, proprio nell’’89 interpreta un altro personaggio molto amato dal pubblico. È infatti insegnante nel carcere minorile Malaspina a Palermo, in Mery per sempre, diretto da Marco Risi e ispirato all’opera autobiografica di Aurelio Grimaldi. Qui Risi trova la sua chiave espressiva, occupandosi di temi forti, radicati nella contemporaneità, come il fenomeno della delinquenza minorile nel sud Italia, di cui indaga moventi, ma che soprattutto fotografa puntualmente, trovando in Placido l’ideale alter ego di Grimaldi.

Negli anni ’90, che si aprono con la nascita del suo secondogenito Michelangelo e proseguono con quella di Brenno Marco, Placido si dedica ancora a un ruolo d’impegno civile: è Giovanni Falcone nell’omonimo film di Giuseppe Ferrara (’93). Poi sarà un faccendiere senza scrupoli accanto a Enrico Lo Verso in Lamerica di Gianni Amelio (’94) e a fine decennio lo vorrà di nuovo Monicelli, che lo lanciò agli inizi, nella commedia Panni sporchi (’99) accompagnato da un nutrito cast, che gli fa incontrare nuovamente (dopo Romanzo Popolare e Casotto) Mariangela Melato, Ornella Muti, Gigi Proietti. Il ’99 è l’anno dei ritorni: lo vediamo infatti in un piccolo ruolo, diretto per la terza volta da Bellocchio, in La balia, protagonisti Fabrizio Bentivoglio e Valeria Bruni Tedeschi, coppia borghese alle prese con la maternità. Gli anni ’90 vedono l’attore di Ascoli Satriano affrontare il divorzio da Simonetta Stefanelli.

Negli anni 2000 si divide ancora tra ruoli impegnati e leggeri. Si inizia con la commedia Liberate i pesci di Cristina Comencini, dove Placido interpreta il boss Michele Verrio, spassosa macchietta. Accanto a lui Laura Morante, Lunetta Savino, Emilio Solfrizzi e Francesco Paolantoni. Si prosegue con l’impegno sociale: nel 2003 è un sindacalista a rischio di licenziamento ne Il posto dell’anima di Riccardo Milani, che l’anno prima lo aveva diretto in una misurata interpretazione nel film per la tv sulla vicenda del sequestro Soffiantini. Mentre l’anno successivo è la volta di una tormentata storia d’amore, dai toni crudi, che vede Michele Placido accanto a Fanny Ardant, diretti da Mario Martone (L’odore del sangue). Partecipa poi a Il caimano di Nanni Moretti (2006) e a La sconosciuta di Giuseppe Tornatore, per ritrovare Monicelli in Le rose del deserto. È di nuovo in un ruolo leggero nel film di Alessandro D’Alatri Commediasexy (2007), mentre torna al dramma interpretando il padre del pianista jazz Luca Flores/Kim Rossi Stuart in Piano Solo, dove è diretto ancora da Riccardo Milani. In questi anni, partecipa anche ad alcune pellicole meno riuscite: SoloMetro di Marco Cucurnia (2006), 2061 – Un anno eccezionale di Carlo Vanzina (2007), Il sangue dei vinti di Michele Soavi (2008).

Fin qui abbiamo parlato di Michele Placido attore, ma un altro capitolo importante della sua storia cinematografica è il lavoro da regista. Dopo aver lavorato al fianco dei più grandi registi italiani, infatti, Michele decide che è arrivato il momento di passare dietro la macchina da presa, per raccontare la “sua” Italia. Lo fa per la prima volta nel ’90 con Pummarò, in cui affronta il tema dell’immigrazione, proprio negli anni in cui i suoi effetti cominciavano a porre importanti questioni al nostro paese. E sarà indiscutibilmente un cinema d’impegno il suo. Nel ’95 dirige con maestria un ottimo Fabrizio Bentivoglio, che interpreta in modo misurato e intenso al tempo stesso l’avvocato Giorgio Ambrosoli, in Un eroe borghese. Il film ricostruisce efficacemente le vicende legate alla morte dell’avvocato, chiamato a gestire la liquidazione del Banco Ambrosiano, e poi fatto uccidere perché non intendeva piegarsi al complicato groviglio di interessi soggiacenti all’affare. Si ricostruisce così una delle pagine buie della nostra storia recente, facendola conoscere alle giovani generazioni e ricordandola alle meno giovani. Tre anni dopo dirige con successo Del perduto amore: ancora alle prese con una ricostruzione del nostro passato, siamo nel 1958, qui racconta la storia di un’appassionata insegnante, Liliana/Giovanna Mezzogiorno, che in un paesino di provincia lucano fa di tutto per assicurare un’istruzione ai ragazzi meno fortunati. Nutrito cast, in cui Michele Placido vuole nuovamente Fabrizio Bentivoglio, oltre a Sergio Rubini, Enrico Lo Verso e Rocco Papaleo. Il film ottiene un buon riscontro di pubblico ed è apprezzato dalla critica.

Per iniziare il nuovo millennio dietro la macchina da presa, Michele Placido sceglie invece una storia d’amore intensa e tormentata: quella tra il poeta Dino Campana e la scrittrice Sibilla Aleramo, interpretati da Stefano Accorsi e Laura Morante. Anche qui affresco d’epoca (siamo negli anni ’10), con accenti più sentimentali e due interpretazioni vibranti. Ovunque sei (2004) rivela limiti e non è all’altezza dei precedenti e dei seguenti.

Nel 2005 il grande successo, con Romanzo criminale. Qui il regista raccoglie l’ennesima sfida e non rinuncia alla sua passione: raccontare l’Italia in tutta la sua complessità, anche le pagine più oscure. Prende spunto dal romanzo omonimo di De Cataldo, che collabora alla sceneggiatura assieme a Rulli e Petraglia, vuole nel cast i più talentuosi attori italiani di questi anni – Pierfrancesco Favino/il Libanese, Kim Rossi Stuart/il Freddo, Claudio Santamaria/ il Dandi per interpretare i componenti della banda della Magliana e Stefano Accorsi nel ruolo dell’ispettore Scialoja che dà loro la caccia. È appunto una storia romanzata, non una ricostruzione cronachistica. Il film suscita polemiche da parte di chi teme l’identificazione con questi eroi negativi. È forse un film scomodo anche perché, come sempre nella filmografia di Placido regista, al di là delle gesta dei criminali protagonisti, presenta un paese lacerato e corroso dall’interno da interessi e poteri occulti, che ne determinano le sorti. Questi poteri finiscono per fagocitare e strumentalizzare anche la banda, il che non la assolve certo dagli efferati crimini commessi, ma fa percepire a chi guarda un altro livello di lettura, più complesso, e altrettanto importante. Michele Placido rivendica l’impegno civile e la volontà di destare curiosità su quel periodo storico, da parte delle giovani generazioni. Tutte perfettamente in parte le interpretazioni degli attori. Direzione sapiente e dinamica da parte di Placido, che non fa mai perdere l’interesse allo spettatore. I premi arrivano copiosi. Sette Nastri d’Argento, tra cui Miglior Film, Migliori Attori Favino, Rossi Stuart, Santamaria; dieci David di Donatello che premiano, tra l’altro, ancora Favino, la sceneggiatura e la fotografia di Luca Bigazzi. Il successo di pubblico è tale che il film viene ottimamente venduto all’estero e in Italia ne viene tratta una fortunata serie televisiva. L’anno successivo Placido ha il suo quinto figlio, Gabriele, con la sua nuova compagna, Federica Vincenti.

Il 2009 vede il regista portare sullo schermo una storia ispirata alla sua gioventù. Ne Il grande sogno, infatti, il personaggio di Riccardo Scamarcio, poliziotto coinvolto nelle lotte studentesche degli anni ’60, alle prese con i suoi dubbi in un’Italia che cambia, è alter ego di Placido. Il 2011 invece è l’anno di Vallanzasca – Gli angeli del male. Nei panni del protagonista, Kim Rossi Stuart, scelto per interpretare questo difficile ruolo. È infatti, come lo ha definito lo stesso regista, un viaggio attraverso il male, un male che però è necessario conoscere, che è in Renato Vallanzasca – criminale, assassino, colpevole con la sua banda di rapine, sequestri e omicidi nella Milano degli anni ‘70 e ’80 – ma ci fa riflettere su quella parte di male che è in ognuno di noi, e parallelamente ci mostra come in ogni criminale ci sia anche un lato umano, perché ognuno è luci e ombre e non esiste il male assoluto. La regia di Placido è istintiva e viscerale, «di pancia», come ha dichiarato Filippo Timi in una recente intervista (nel film è Enzo “fratellino” di René). Ritmo veloce e incalzante, ampi spazi d’improvvisazione per gli attori, un ruolo da co-sceneggiatore per l’ottimo Rossi Stuart, che sfoggia tra l’altro un perfetto accento milanese.

Il film ha partecipato fuori concorso alla 67° Mostra del Cinema di Venezia, accolto freddamente dalla platea, e preceduto da molte polemiche, oltre che da una lettera indignata da parte dell’Associazione che raccoglie i familiari delle vittime. Ancora una volta Michele Placido ci restituisce qui la sua visione complessa e problematica della realtà italiana, raccontata con passione autentica. E l’obiettivo, come sempre dovrebbe darsi nell’arte, è quello di suscitare riflessioni, dibattiti, domande, in ogni caso mettere in moto qualcosa, innescare un meccanismo virtuoso di conoscenza. Anche stavolta il regista pugliese l’ha raggiunto.

Michele Morrone: 10 cose che non sai sull’attore

Michele Morrone: 10 cose che non sai sull’attore

Nonostante recitasse da quasi un decennio, è servito il film Netflix 365 giorni per rendere Michele Morrone una star internazionale. In breve, egli è diventato uno dei nomi più ricercati e chiacchierati da un anno a questa parte. Accostandosi alla sua vita, privata e lavorativa, ci si accorge poi di come Morrone si è sempre distinto negli anni per diverse attività, che spaziano dalla recitazione al musica, dalla moda alla danza. A renderlo un attore particolarmente richiesto vi è inoltre il suo lavorare anche al di fuori dei confini, italiani, distinguendo in prodotti provenienti da diverse parti del globo.

Ecco 10 cose che non sai di Michele Morrone.

Michele Morrone: i suoi film e le serie TV

1. Ha recitato in noti film. Dopo essere stato esclusivamente un volto televisivo, nel 2018 Morrone debutta sul grande schermo con la commedia L’ultimo giorno del toro, dove recita come protagonista dando prova di buone capacità comiche. Successivamente ottiene ulteriore popolarità grazie alla parte di uno dei protagonisti, Luigi, nel film Bar Giuseppe (2019). La consacrazione arriva però grazie a 365 giorni (2020), film di produzione polacca dove recita nei panni di don Massimo Torricelli, protagonista accanto all’attrice Anna-Maria Sieklucka. Il film, che ha diviso tra sostenitori e detrattori, ha poi avuto due sequel 365 giorni – Adesso (2022) e Altri 365 giorni (2022). L’attore ha poi recitato anche nel film Duetto, dove divide la scena con Giancarlo Giannini.

2. Ha preso parte a diverse serie televisive. Morrone esordisce in televisione con la miniserie Come un delfino (2011), dove recita accanto a Raoul Bova. Da quel momento inizia a prendere parte, con alcuni piccoli ruoli, in fiction come Che Dio ci Aiuti 3 (2014), Squadra antimafia 6 (2014) e Provaci ancora prof! 6 (2015). Il suo primo ruolo di gran rilievo arriva poi nel 2017 con la miniserie Sirene, dove recita ei panni di Ares accanto a Valentina Bellè, Luca Argentero e Denise Tantucci. Torna poi in televisione nel 2019 per recitare nei panni di Claudio Cavalleri in Il processo, con Vittoria Puccini. Dopo aver recitato in due episodi de I Medici (2019), prende poi parte alla seconda stagione della serie spagnola Toy Boy (2021).

Michele Morrone in Sirene

3. Si è preparato a lungo per il suo personaggio. Morrone ha affermato di desiderare sempre somigliare quanto più possibile al persona che si appresta ad interpretare. Per dar vita al tritone Ares nella serie Sirene, di genere fantasy, l’attore si è sottoposto a diversi mesi di allenamento fisico, al fine di acquisire un fisico particolarmente possente e scolpito. Ciò gli ha permesso di assomigliare all’immagine classica del mitologico tritone. Per prepararsi ad interpretarlo, però, ha dovuto ricorrere anche a tanta fantasia, costruendo un personaggio virile ma con anche l’animo di un bambino.

4. Ha avuto difficoltà con le scene subacquee.  Interpretando una creatura di mare, Morrone si è trovato in più occasioni a dover prendere parte ad alcune scene subacquee. Inizialmente l’attore si è dovuto sforzare per non far vedere la difficoltà incontrata durante tali scene. Per questo motivo si è poi sottoposto a lezioni di apnea con subacquei professionisti. Alle fine, imparando le tecniche migliori per immagazzinare l’ossigeno nei polmoni, l’attore è riuscito a raggiungere grandi profondità senza particolari problemi.

365 Giorni
dal film 365 Giorni – Michele Morrone e Anna-Maria Sieklucka

Michele Morrone e Anna-Maria Sieklucka in 365 giorni

5. Ha ricercato grande naturalezza nella recitazione. Come noto, nel film 365 giorni vi sono numerose scene di sesso estremamente realistiche, che hanno suscitato non poco scalpore. Morrone ha dichiarato che tutte queste sono naturalmente state girate con il massimo della cura e che si tratta ovviamente di scene finte. Nonostante ciò, queste hanno richiesto una notevole preparazione coreografica. Morrone però non si è trovato a suo agio con tale costruzione e ha preferito dirigersi da solo, con la benedizione dei due registi. Così facendo è riuscito a risultare naturale e credibile nella sua interpretazione.

6. Ha ricevuto una sgradita nomination. Nonostante sia stato uno dei più grandi successi su Netflix nel 2020, 365 giorni è stato candidato a ben 6 Razzie Awards, i quali premiano i peggiori film dell’anno. Tra le nomination per peggior film e peggior sceneggiatura, si ritrova anche quella di Morrone come peggior attore. Per sua fortuna, il premio è poi andato ad un altro candidato. Tale candidatura nulla ha però tolto al successo ottenuto dal film e da Morrone.

Michele Morrone: la moglie Rouba Saadeh e i figli

7. È stato sposato con una stilista. Dopo quattro anni di fidanzamento, nel 2014 l’attore si è sposato con la stilista libanese Rouba Saadeh. Con lei Morrone ha poi avuto due figli, nati rispettivamente nel 2014 e nel 2017. La coppia, tuttavia, si è poi separata, arrivando al divorzio nel 2018. L’attore e la Saadeh non hanno naturalmente rivelato i motivi dietro tale rottura, ma ci hanno tenuto a precisare che il loro rapporto rimane buono e che rimangono legati per crescere quanto più possibile insieme i due figli.

Michele Morrone moglie

Michele Morrone è fidanzato?

8. Gli sono stati attribuiti diversi flirt. Da quando si è separato dalla moglie ed è diventato una star internazionale, a Morrone sono stati attribuiti diversi flirt sentimentali. Il primo di questi lo vorrebbe legato alla ballerina Elena D’Amario, mentre alcuni paparazzi lo avevano fotografato insieme a Belen Rodriguez. Con quest’ultima, però, Morrone ha poi spiegato esserci solo un’amicizia. Dopo essersi autotatuato le iniziale AMS, in molti hanno pensato che l’attore avesse intrapreso una relazione con la sua collega di 365 giorni. Tale notizia non è però stata confermata dai due e dunque ad oggi rimane ancora un mistero se Morrone abbia o meno una fidanzata.

Michele Morrone è su Instagram

9.  Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram, con un profilo verificato attualmente seguito da 15.7 milioni di persone. All’interno di questo, con 567 post, Morrone è solito condividere immagini relative ai suoi progetti cinematografici e all’attività di modello. Non manca inoltre di condividere con i fan anche momenti legati alla sua vita privata, come momenti di svago trascorsi in compagnia di amici o colleghi. Sul suo profilo si possono poi ritrovare numerose altre curiosità a lui legate.

Michele Morrone: età, altezza e fisico

10. Michele Morrone è nato a Vizzolo Predabissi, in provincia di Milano, il 3 ottobre del 1990. L’attore è alto complessivamente 189 centimetri. Per quanto riguarda il suo fisico, sia per il ruolo nella serie Sirene che per il film 365 giorni, Morrone si è costruito un corpo estremamente scolpito e muscoloso, con cui ha potuto dar meglio vita a tutta la possenza dei suoi personaggi. L’attore, inoltre, è noto per mantenere sempre allenato il proprio corpo, non mancando di condividere i suoi progressi tramite i propri profili social. Allo stesso tempo, l’attore ha raccontato di come il suo fisico sia spesso stato giudicato troppo bello e irrealistico, divenendo un ostacolo alla propria carriera.

Fonte: IMDb

Michele Bravi a Venezia 80 per Finalmente l’Alba: l’intervista

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Michele Bravi a Venezia 80 per Finalmente l’Alba: l’intervista

Michele Bravi, nel cast di Finalmente l’Alba di Saverio Costanzo, ha raccontato la sua esperienza nel film in Concorso alla Mostra d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia edizione numero 80. Finalmente l’Alba è il viaggio lungo una notte della giovane Mimosa che, nella Cinecittà degli anni Cinquanta, diventa la protagonista di ore per lei memorabili. Una notte che da ragazza la trasformerà in donna.

 Inizialmente volevo scrivere un film sull’omicidio della giovanissima Wilma Montesi, avvenuto nell’aprile del 1953, che rappresentò per l’Italia il primo caso di assassinio mediatico. La stampa speculò sulla vicenda, che coinvolgeva personalità della politica e dello spettacolo, e nel pubblico nacque un’ossessione che presto diventò indifferenza. La vittima scomparve dalle cronache per fare posto alla passerella dei suoi possibili carnefici. Poi, come accade spesso scrivendo, l’idea iniziale è cambiata e piuttosto che far morire un’innocente ne ho cercato il riscatto. Mi piace infatti pensare che Finalmente l’alba sia un film sul riscatto dei semplici, degli ingenui, di chi è ancora capace di guardare il mondo con stupore. La protagonista Mimosa è un foglio bianco, su cui ognuno dei personaggi in cui s’imbatte scrive la sua storia, senza paura di essere giudicato. Mimosa è una ragazza semplice, una giovanissima comparsa di Cinecittà che nella Roma degli anni Cinquanta accetta l’invito mondano di un gruppo di attori americani e con loro trascorre una notte infinita. Ne uscirà diversa, all’alba, scoprendo che il coraggio non serve a ripagare le aspettative degli altri, ma a scoprire chi siamo

Michelangelo – Infinito, la conferenza stampa di presentazione

Michelangelo – Infinito, la conferenza stampa di presentazione

Alla presentazione di Michelangelo – Infinito, docu-film di Emanuele Imbucci sulla vita artistica di Michelangelo Buonarroti, interviene anzitutto Cosetta Lagani, responsabile del soggetto e della direzione artistica del film.

«Siamo al sesto film di un progetto partito cinque anni fa con Sky, creato con la convinzione che la storia dell’arte potesse essere raccontata in modo diverso, coinvolgente e positivo, portando così nei cinema di tutto il mondo il nostro patrimonio artistico, e divulgando la cultura del bello» afferma la direttrice di Sky 3D «I dati tecnici parlano chiaro. A novembre 2014 siamo usciti al cinema con Musei Vaticani 3D, caso cinematografico del primo film d’arte tanto di successo da classificarsi al primo posto al botteghino con 31.000 spettatori.

Nel Febbraio 2018, Caravaggio anima e sangue ha sorpreso tutti, riuscendo a portare 175.000 spettatori nelle sale. È evidente da questi dati che C’è davvero il bisogno del Bello. Di diffondere e far godere l’arte ad un pubblico sempre più vasto ed interessato».

«Con Michelangelo – Infinito ci siamo trovati dinnanzi ad una nuova sfida narrativa» continua Cosetta Lagani «Abbiamo impostato il racconto in un mondo di finzione, senza rinunciare alla storia delle opere, che vengono spiegate attraverso occhi, emozioni e voci dei protagonisti. Non abbiamo però voluto rinunciare all’adesione al dato filologico, avvalendoci di professionisti del settore, come il professor Vincenzo Farinella che ha collaborato con sua consulenza e preziosi documenti alla ricostruzione della Cappella Sistina.

Abbiamo cercato di trovare un rapporto di empatico col pubblico ma allo stesso tempo tutto doveva essere assolutamente documentato e autorevole. Tutti i dialoghi sono ricostruiti traendo citazioni direttamente dalle Rime e Lettere di Michelangelo. Per quanto riguarda  Vasari i monologhi sono una parafrasi attentissima di alcuni stralci tratti da Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architettori (nelle varie dizioni giuntina e torrentiniana ndr)».

«È stato un lavoro lungo, e ampi ringraziamenti vanno a  Sara Mosetti,  Claudio Strinati e al regista Emanuele Imbucci che hanno stilato la sceneggiatura» spiega  Cosetta Lagani, e conclude specificando:

«Desidero ringraziare tutte quelle entità,le istituzioni e i musei che hanno collaborato in questo film; nonché le varie eccellenze nel campo cinematografico, come il direttore della fotografia Maurizio Calvesi, il costumista Maurizio Millenotti, lo scenografo Francesco Frigeri, il compositore Matteo Curallo e il responsabile effetti digitali Giuseppe Squillaci.

E poi naturalmente si ringraziano i Musei Varticani e Vatican Media, nonché il Mibac che ha collaborato alle riprese, e la lucky red di Andrea Occhipinti  che ha accolto con entusiasmo questo progetto».

Prende la parola il regista Emanuele Imbucci: «Questo film supera il concetto di documentario d’arte, supera l’idea di portare su schermo la moderna storia dell’arte, e vi immette invece un contenuto certamente autorevole ma mescolandolo alla finzione dei due interpreti. Attraverso le parole di Michelangelo e di Giorgio Vasari parliamo della creazione delle opere d’arte» dice il direttore del film «Abbiamo deciso di porre i due protagonisti entro due ambientazioni differenti, piuttosto irreali, che potessero essere una sorta di “Limbo” personalissimo dell’artista e dello scrittore. Per realizzare il Limbo michelangiolesco, siamo arrivati fino a Carrara, cava di marmo dove lo scultore attingeva enormi blocchi per le sue opere. L’imponenza di quello spettacolo della natura, la sfida che Michelangelo aveva fatto verso questi colossi, doveva essere citata. Quindi nel suo Limbo abbiamo inserito dei blocchi di marmo vero (dal valore inestimabile, pensate che per posizionare alcuni blocchi ci dovevano essere squadre intere che li spostassero con grande cura) in mezzo a pozze d’acqua che fungessero da specchio, nel cui riflesso l’artista evidentemente vedeva l’opera già fatta e finita, come era solito dire». Continua il regista

«La forte emotività trasmessa è coadiuvata da fotografia e musiche che sicuramente collaborano al racconto e si approcciano con dovere al progetto. Coordinati sempre con professor Farinella per essere  filologicamente coerenti, per i musei vaticani e sistina dobbiamo rivolgere un sentito grazie a Giuseppe Squillaci (effetti speciali), col quale ci siamo studiati bene forma cappella e mappa delle giornate di Michelangelo».

«Per quanto riguarda il Limbo di Vasari esso è rappresentato da un teatro anatomico, in legno, semicircolare, avvolgente e accogliente, come accogliente è la figura dello scrittore (mentre al contrario il Limbo michelangiolesco, fatto di materiali duri e ostici, rispecchia il carattere spigoloso e duro dell’artista)».

Intervengono quindi gli unici due attori del film, Enrico Lo Verso, che veste con grande verosimiglianza i panni di Michelangelo, e ringrazia il grande lavoro di preparazione fatto assieme al regista «grazie al quale ho capito quale atteggiamento ci fosse nella preparazione di tutto il film, ricerca ed emozione congiunte che mi hanno permesso di avvicinarmi con molto rispetto per raccontare il percorso creativo di questo genio dell’arte».

Il bravissimo Ivano Marescotti interpreta Vasari, il narratore. «Io conoscevo Vasari così come lo si studiava a scuola, superficialmente, alla stregua di Dante, tanto per prendere un buon voto. Poi da adulto li ho conosciuti meglio entrambi» dice Marescotti «Poi grazie a questo film ho scoperto che mentre il rinascimento finisce definitivamente con Michelangelo, Vasari dà inizio a tutta la critica d’arte contemporanea, stabilendone i modi, i criteri e le fonti. Nel film non ci si limita ad indicare dove si trovano le singole opere d’arte. Ci si basa di più invece sullo stupore che le immagini regalano, una continua meraviglia filmica anche grazie al lavoro fatto da musica e fotografia, che mostra bene la materialità delle opere. Veniamo immersi nel mondo immaginifico del Vasari che afferma semplicemente che Michelangelo è il più grande artista del passato, del presente e del futuro, in eterno».

Il film si basa su ricerca scientifica-artistica molto dettagliata tra bibliografia ed elenco dettagliato delle opere prodotte dal grande artista nel corso della sua carriera.

La consulenza scientifica è stata affidata al Professor Farinella, che si sofferma sui momenti in cui il film mostra l’ingresso in Cappella Sistina, nel tentativo di ricostruire qualcosa che non esiste più, ovvero la decorazione 400esca, quella prima del marzo 1508 quando Michelangelo stravolgerà tutto per sempre.

«Per decisione di Giulio II si volle cancellare  quello che esisteva precedentemente» spiega il professore di Storia dell’arte «attraverso documenti figurativi e fonti, abbiamo tentato una ricostruzione filologica ma anche fantasiosa, perché non abbiamo nessuna immagine che ci restituisca l’aspetto della cappella Sistina così come doveva essere prima del 1508. Sappiamo che la volta era stata decorata da un certo Pier Matteo d’Amelia, nel 1479, ma possiamo ricostruirla solo grazie ad un disegno preparatorio ora conservato agli Uffizi. Nel 1508 a causa di un cedimento, si era venuta a formare una grossa crepa, e questo fu il pretesto di Giulio II per smantellare la vecchia decorazione della  cappella e farne fare una nuova».

«Per ciò che riguarda la parete d’altare, sappiamo che prima del Giudizio di Michelangelo, vi si trovavano – nel  1480 – le decorazioni del  Perugino, tra cui la Pala dell’Assunta, a cui poi è tuttora dedicata cappella. Vi erano inoltre un ritratto di Sisto IV della Rovere e  poi affreschi del Ghirlandaio e Botticelli. Con l’arrivo di Michelangelo Si intervenne pesantemente.

Grazie ad un artista contemporaneo, Marco Romano,  abbiamo reinventato alcuni dipinti di perugino che dovevano trovarsi su quella parete prima che fosse distrutta, per dare un’idea del “pre” Giudizio.

Il Giudizio andava a rompere una composizione completamente armonica creata negli anni precedenti. È una rottura attraverso un mondo metafisico che spezza con l’andamento del resto della cappella».

 

“Al di la di tutto quello che si vede, quello che colpisce di questo film è il ritratto di Michelangelo, un uomo disperatamente critico anche verso se stesso. Nelle lettere ammette la propria durezza e la propria solitudine. L’Aspetto drammatico del personaggio fuoriesce perfettamente nel monologo finale, un Michelangelo sconfitto che si allontana incredulo per non aver potuto raggiungere la perfezione come la voleva lui”.

Il film sarà distribuito in 300 copie da Lucky Red e poi proiettato su Sky Cinema. Michelangelo – Infinito rimarrà nelle sale dal 27 settembre sino al 3 ottobre.

Michelangelo – Infinito, la recensione del docu-film

Michelangelo – Infinito, la recensione del docu-film

Torna al cinema un appuntamento ormai consueto, quello con la storia dell’arte. Partito da un’idea di Cosetta Lagani direttore artistico Cinema D’Arte Sky, il progetto di portare nelle sale cinematografiche il nostro meraviglioso patrimonio artistico è cominciato nel 2014, con Musei Vaticani, Firenze e gli Uffizi, San Pietro e le Basiliche Papali di Roma, fino ad approdare ai grandi successi Raffaello – Principe delle Arti(2017) e Caravaggio, l’Anima e il Sangue (2018). Quest’ultimo ha portato in sala una cosa come 175.000 spettatori, ottenendo un successo senza precedenti e diventando un vero e proprio caso cinematografico, essendo il primo film d’arte a classificarsi ai primi posti al botteghino.

Sulla scia di questa felice onda, si è deciso di concentrarsi su Michelangelo – più “Angelo che Michel” come ebbe a sottolineare Ludovico Ariosto – cogliendo la qualità quasi divina del suo portento artistico.       

Se nel 1965 il film con Charlton Heston Il Tormento e l’Estasi, ci aveva messo di fronte ad un Buonarroti estremamente romanzato, inserito in una storia a tutto tondo, in Michelangelo – Infinito si opta per il particolare connubio tra il film documentario e la pièce teatrale.

Per la regia di Emanuele Imbucci, qui anche sceneggiatore assieme a Sara Mosetti e al professore di storia dell’arte Tommaso Strinati, il film prende da subito un’impostazione didattica, facendo salire in cattedra nientepopodimeno che Giorgio Vasari, il primo grande biografo di Michelangelo, nonché suo enorme estimatore. Con le sembianze e l’interpretazione perfetta di Ivano Marescotti, Vasari ci introduce al “pittore, scultore et architecto” toscano tramite le parole delle sue Vite de’ più eccellenti pittori, scultori et architettori (parafrasate per l’occasione, onde essere maggiormente comprensibili).

E si parte con una panoramica diacronica e filologicamente attendibile, che va dalle primissime opere in bottega sino agli immortali capolavori che l’artista toscano fece per le committenze più prestigiose. A dare corpo e voce a Michelangelo un perfetto Enrico Lo Verso, somigliantissimo nelle fattezze (un po’ meno nell’intercalare siciliano che ogni tanto emerge). Lo Verso restituisce un uomo tormentato, arrabbiato e mai soddisfatto, pronunciando le parole esatte che emergono dagli scritti michelangioleschi, Rime e Lettere pervenuteci sino ad oggi.

I due protagonisti sono posti in un’ambientazione particolare, una sorta di “Limbo”, diverso per ciascuno dei due. Se quello del Vasari è rappresentato da un teatro anatomico, in legno, all’interno del quale lo scrittore decanta le lodi di Michelangelo, proprio come si trovasse su un palcoscenico, il Limbo personalissimo dell’artista è un luogo fumoso, pieno di blocchi di marmo e pozze d’acqua, specchio del carattere duro e spigoloso dell’uomo.

Michelangelo – Infinito, la conferenza stampa di presentazione

Ma le vere protagoniste sono le opere, sculture, dipinti, affreschi, che grazie  alla risoluzione in Ultra 4K HDR vengono indagate in tutta la loro consistenza materica.

La fotografia, affidata al bravissimo Maurizio Calvesi ( quattro volte vincitore del David di Donatello), fa scivolare luci e ombre sulle superfici (per lo più scultoree) che – dapprima lisce e rifinite – si fanno via via sempre più scabre, ruvide, taglienti, il cosiddetto “non-finito michelangiolesco” (I Prigioni, La Pietà Rondanini, etc) sintomo del tormento di un animo mai soddisfatto del proprio lavoro.

L’empatia col pubblico, già presupposta dalla magnificenza di immagini tanto belle, è edulcorata dalle musiche di Matteo Curallo, che di volta in volta cambiano a seconda del pezzo che stiamo ammirando, sperimentando persino un accenno di rock nella ripresa del prodigioso Mosè di San Pietro in Vincoli, che nella torsione del busto e nell’atto di alzarsi ci fa davvero venir voglia di urlare “Perché non parli?!”.

La collaborazione dei Musei Vaticani ha permesso a Michelangelo – Infinito di varcare le porte non solo della Cappella Sistina, ma anche di quella Paolina, opera meno conosciuta e ultima fatica che Michelangelo realizzò per Paolo III Farnese. Per quanto riguarda la volta e la parete sistina, il film si avvale della FULL CGI che ha permesso alla troupe, grazie anche all’aiuto di storici dell’arte esperti come il professor Vincenzo Farinella, di ricostruire l’ambiente vaticano prima dell’arrivo di Michelangelo, nel 1508.

Di grande effetto, ça va sans dire, la dettagliata esposizione visiva del Giudizio Universale sulle parole ispirate di Dante.

Michelangelo – Infinito è il sesto prodotto di un progetto votato all’Arte, che troppo spesso, incredibilmente nel nostro Paese viene messa in secondo piano. Ma i risultati positivissimi al botteghino dimostrano come invece ci sia bisogno del “Bello”, di assistere commossi a quei capolavori senza tempo.

Il connubio tra antico e moderno è evidente sin nella scelta del titolo, l’accostamento del nome di Michelangelo a quell’aggettivo che, più di trecento anni dopo, gli verrà attribuito da Rodin quando affermava: “Tutte le opere che Michelangelo fece sono così angosciosamente oppresse che paiono volersi spezzare da sole. Quando divenne vecchio giunse a spezzarle davvero. L’arte non lo appagava più. Voleva l’Infinito”.

Sintomo che la storia dell’arte può legare epoche diverse, uomini e culture differenti esprimendosi in un linguaggio universale che parla dritto al cuore.

Michelangelo – Infinito, dal 4 al 10 ottobre al cinema

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Dopo lo straordinario successo di Caravaggio – l’Anima e il sangue e dagli stessi produttori, un’altra grande produzione cinematografica sta per approdare sul grande schermo: dal 4 al 10 ottobre arriva al cinema Michelangelo – Infinito, il nuovo film d’arte dedicato al genio dell’arte universale Michelangelo Buonarroti e alle sue opere immortali ed ‘infinite’.

Una produzione originale Sky con Magnitudo Film. Un progetto realizzato con la collaborazione dei Musei Vaticani e di Vatican Media, con il Riconoscimento del MIBACT – Direzione Generale Cinema, in collaborazione con il Consiglio Regionale della Toscana, con il Patrocinio del Comune di Firenze e del Comune di Carrara. Media partner RTL 102.5.

Il film traccia un ritratto avvincente e di forte impatto emotivo e visivo dell’uomo e dell’artista Michelangelo, da una parte schivo e inquieto, capace di forti contrasti e passioni, ma anche di grande coraggio nel sostenere le proprie convinzioni e ideologie, di pari passo con il racconto cinematografico della sua vasta produzione artistica, tra scultura, pittura e disegni, con spettacolari riprese in ultra definizione (4K HDR) e da punti di vista inediti ed esclusivi, cui si aggiungono ricostruzioni sorprendenti attraverso evoluti e sofisticati effetti digitali.

A dare il volto a Michelangelo Buonarroti è Enrico Lo Verso (Il ladro di bambini, Lamerica, Così ridevano, I Miserabili, Maltese – Il Romanzo del Commissario, Raffaello – il Principe delle Arti), mentre ad impersonare Giorgio Vasari è Ivano Marescotti (Johnny Stecchino, Raccontami, Hannibal, Cado dalle nubi, A casa tutti bene).

Il film sarà distribuito al cinema da Lucky Red per un evento imperdibile dal 4 al 10 ottobre. La distribuzione internazionale è di True Colours.

Michelangelo – infinito torna al cinema il 19 e 20 novembre

Michelangelo – infinito torna al cinema il 19 e 20 novembre

Si chiude con successo la settimana di programmazione di Michelangelo – infinito, l’opera prima di Emanuele Imbucci prodotta da Sky con Magnitudo Film, con Enrico Lo Verso e Ivano Marescotti.

Il film, terzo nella classifica Cinetel di oggi e secondo come media copia, è stato visto da oltre 85.000 spettatori e ha totalizzato un incasso pari a 623.533€, nelle oltre 300 copie sparse su tutto il territorio nazionale.

Oltre ad essere il miglior incasso di un’opera prima italiana dallo scorso aprile (misurato in una settimana di programmazione), Michelangelo – infinito ha rappresentato il miglior esordio in sala della settimana, tra le 10 nuove uscite italiane e internazionali.

Entusiastica la reazione del pubblico, che ha saputo apprezzare il ritratto avvincente e di forte impatto emotivo e visivo dell’uomo e dell’artista Michelangelo, genio indiscusso dell’arte universale, interpretato da Enrico Lo Verso. Il passaparola è stato da subito molto positivo, tanto che il film ha fatto registrare un netto trend di crescita nei giorni della settimana. È stata inoltre la prima volta che un film d’arte si misurava, anche nel weekend, con le nuove uscite della settimana.

Michelangelo – Infinito, la recensione del docu-film

Dopo l’ottimo risultato e il grande interesse suscitato, Lucky Red e Sky sono felici di annunciare che Michelangelo – infinito, con una nuova campagna di comunicazione a livello nazionale, tornerà sul grande schermo, per altri due giorni: il 19 e il 20 novembre.

Il film è realizzato con la collaborazione dei Musei Vaticani e di Vatican Media, con il Riconoscimento del MIBAC – Direzione Generale Cinema, in collaborazione con il Consiglio Regionale della Toscana, con il Patrocinio del Comune di Firenze e del Comune di Carrara. Media partner RTL 102.5.

Michela Giraud arriva su Netflix con La verità, lo giuro!

Michela Giraud arriva su Netflix con La verità, lo giuro!

Dopo la prima stagione di Lol – chi ride è fuori su Amazon Prime Video, tutti conoscono Michela Giraud. Un anno dopo, la comica romana, diretta e irriverente, sbarca su una nuova piattaforma: con un’ora di show tutto suo, Michela si racconta all’audience di Netflix in La verità, lo giuro!, portando sul palco sia la sua ironia sia la sua storia personale.

La verità, lo giuro! by Michela Giraud

È cresciuta nel quartiere romano di Balduina, sentendosi sempre fuori luogo. Tra le ragazzine perfettamente esili e aggraziate, Michela Giraud e la sorella erano ”quelle strane”: una perché in carne, l’altra perché disabile. La comica riprende il suo disagio adolescenziale e ironizza su temi che, per lei come per molti, sono profondamente sentiti: i canoni di bellezza, la disabilità, la disparità di genere, la comunità LGBTQ+.

In La verità, lo giuro! Michela Giraud parla senza filtri e vuole provocare un po’ tutti, dai paladini del politicamente corretto ai maschilisti, dai romani ai milanesi. Tra battute graffianti, freddure e citazioni di un certo spessore, Giraud fa satira nel suo solito stile, tanto divertente quanto chiassoso.

Chi è Michela Giraud

Fatto curioso: Michela è la bisnipote di Alfredo, vicepresidente del Savoia ed è nipote di Raffaele, Michele e Giovanni, tre promesse del calcio degli Anni 30. Michela Giraud è nata nel 1987 ed è cresciuta nei quartieri di Roma nord, tra famiglie benestanti e piccolo borghesi. Dopo gli studi universitari, Giraud si iscrive all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico e nel 2015 entra nel cast di Colorado, evento che le ”cambia la vita”. Con la partecipazione alla prima edizione dello show di Prime Video LOL – Chi ride è fuori, Michela Giraud acquista ancora più visibilità.

Dal vivo la comica ha recitato in numerosi teatri e sale italiane, sia come stand-up comedian sia con i suoi spettacoli, tra cui ricordiamo Michela Giraud e altri animali. È attiva anche sul web: su YouTube, ha preso parte a un episodio della serie Vegan Chronicles, è stata al centro di diversi video di Educazione Cinica e anche della webserie MTV Involontaria.

L’attrice è oggi tra le 100 donne più di successo secondo Forbes: ha lavorato a teatro, in radio, in televisione (Comedy Central News, Le IeneLa TV delle ragazze) al cinema (I babysitter, Maschile singolare). È una comica pungente, che ama provocare il pubblico e trattare anche i temi più caldi con ironia: parla spesso di grassofobia e del maschilismo ancora diffuso in Italia.

Come nasce La verità, lo giuro!

Lo show che vediamo su Netflix nasce dallo spettacolo che Michela Giraud porta in giro per l’Italia nell’estate 2021, una stand-up comedy dal titolo “La verità, nient’altro che la verità, lo giuro!“. Sulla piattaforma è disponibile dal 6 aprile e l’ora di show che vediamo è stata registrata presso il Vinile di Roma.

Per tutti gli amanti dell’ironia provocante, irriverente e dark, per chi critica gli estremi del politicamente corretto, La verità, lo giuro! è lo spettacolo giusto. Michela sa stare sul palco, parla di sé e supera quelle che erano le sue insicurezze adolescenziali con audacia attraverso una comicità tutta personale, che a tratti può però risultare un po’ troppo rabbiosa.

Michela Cescon: 10 cose che non sai sull’attrice

Michela Cescon: 10 cose che non sai sull’attrice

Tra le più interessanti interpreti italiane del momento, vi è Michela Cescon, che negli anni si è distinta per aver partecipato ad alcuni dei più celebri film d’autore, grazie a cui ha potuto dar prova delle proprie doti recitative, più volte premiate dalla critica.

Attiva anche in televisione, l’attrice può vantare una carriera di tutto rispetto, con scelte coraggiose che l’hanno portata a distinguersi e a crescere come interprete anno dopo anno.

Ecco 10 cose che non sai di Michela Cescon.

Michela Cescon: i suoi film

1. Ha recitato in celebri lungometraggi d’autore. L’attrice debutta al cinema con il film Primo amore (2004), di Matteo Garrone, che le vale subito una buona notorietà. Negli anni successivi recita poi in noti film come Cuore sacro (2005), Tutte le donne della mia vita (2007), Vincere (2009), Romanzo di una strage (2012), È nata una star? (2012), Viva la libertà (2013), Piuma (2016), La ragazza nella nebbia (2017), Nome di donna (2018), Loro (2018), Una vita spericolata (2018), L’uomo senza gravità (2019) e Villetta con ospiti (2020), dove recita accanto all’attore Marco Giallini. 

2. Ha preso parte a produzioni televisive. Nel corso degli anni l’attrice si è distinta per aver preso parte anche a film televisivi come Nel nome del male (2009) e C’era una volta la città dei matti (2010), ma diventa ulteriormente nota grazie al ruolo di Piera nella serie Braccialetti rossi (2014). In seguito recita accanto all’attore Kim Rossi Stuart nella serie Maltese – Il Romanzo del Commissario (2017).

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Michela Cescon: fidanzato e figli

3. È fidanzata da molti anni. L’attrice ha sempre garantito la massima riservatezza alla sua vita privata, tanto da non rivelare molto a riguardo. È tuttavia risaputa la sua storia d’amore con il giornalista Stefano Barigelli, intrapresa nel 2004.

4. La coppia ha dei figli. Dopo pochi mesi dal loro fidanzamento, la coppia dà alla luce la prima figlia, nata nel 2005. Successivamente la Cescon e Barigelli concepiscono il secondo figlio, nel 2008, mentre nel 2010 nasce il terzo bambino.

Michela Cescon è anche regista

5. Debutterà alla regia. Nel gennaio del 2020 iniziano le riprese del film d’esordio della Cescon, intitolato Occhi blu. Protagonista della pellicola è l’attrice Valeria Golino, che si ritroverà al centro di una storia noir, che con un’inedita figura femminile esplora Roma nei suoi angoli più violenti e cupi.

Michela Cescon ha recitato in teatro

6. Si forma come attrice teatrale. Dopo essersi diplomata alla Scuola Teatro Stabile di Torino, l’attrice inizia a recitare in importanti spettacoli teatrali, il più delle volte diretta dal noto Luca Ronconi. Negli anni, a teatro la Cescon ha preso parte tanto ad opere di Shakespeare quanto di Pirandello, provando sin da queste prime esperienze la propria versatilità. Tra i suoi ruoli più premiati vi è quello di Enda Walsh nello spettacolo Bedbound, risalente al 2001.

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Michela Cescon in Braccialetti rossi

7. Ha iniziato ad essere riconosciuta per strada. L’attrice ha dichiarato più volte di come la serie Braccialetti rossi abbia segnato un vero e proprio prima e dopo nella sua carriera. Grazie al ruolo della mamma Piera, l’attrice ha infatti ottenuto un ampio consenso di pubblico, tanto da venire continuamente riconosciuta per strada, a tal punto da doversi tagliare i capelli per cercare di passare inosservata.

8. Considera la serie una vera e propria novità. In diverse interviste la Cescon ha dichiarato di non amare particolarmente la serialità televisiva, ma di aver accettato la sua parte in Braccialetti rossi perché diversa da qualunque altra fiction vista in TV. L’attrice ha infatti parlato di come nella narrazione di questa non si esasperino i sentimenti, mantenendo sempre un rigoroso pudore nei confronti del dolore.

Michela Cescon in Tutte le donne della mia vita

9. È stata tra le protagoniste del film. Nel 2007 l’attrice recita nel film Tutte le donne della mia vita, al fianco di Luca Zingaretti. Qui la Cescon interpreta il personaggio di Stefania, ex amante del protagonista. Il personaggio si è distinto rispetto agli altri, caratterizzato dalle manie e i tentativi attuati per cercare di dimenticare l’ex compagno.

Michela Cescon: età e altezza

10. Michela Cescon è nata a Treviso, Italia, il 13 aprile 1971. L’attrice è alta complessivamente 172 centimetri.

Fonte: IMDb

 

 

Michela Andreozzi: 10 cose che non sai sull’attrice

Michela Andreozzi: 10 cose che non sai sull’attrice

L’attrice Michela Andreozzi si è negli anni guadagnata una buona fama grazie alla sua partecipazione a film e serie tv di successo. Negli anni ha dimostrato di sapersi adattare a ruoli e generi differenti, guadagnando continuamente le attenzioni di critica e pubblico.

Ecco 10 cose che non sai di Michela Andreozzi.

Michela Andreozzi film

1. Ha recitato in numerosi lungometraggi. L’attrice debutta al cinema nel 2010 nel film Basilicata coast to coast, diretto da Rocco Papaleo. Successivamente prende parte a Finalmente la felicità (2011), Nessuno mi può giudicare (2011), dove recita accanto a Paola Cortellesi, Com’è bello far l’amore (2012), Tutta colpa di Freud (2014), Natale col boss (2015), Nove lune e mezza (2017), Se son rose… (2018) e Brave ragazze (2019), di cui è anche regista.

2. E’ molto attiva anche in televisione. La Andreozzi è particolarmente attiva anche in televisione, dove ha presto varie a serie come La squadra (2004-2008), Don Matteo (2008), Un posto al sole (2008), Crociera Vianello (2008), Distretto di polizia (2009-2012), Il commissario manara (2010-2011), I Cesaroni 5 (2012), Romolo + Giuly: La guerra mondiale italiana (2018-2019).

michela-andreozzi-instagram

3. E’ anche regista. L’attrice ha in seguito compiuto anche il passaggio dietro la macchina da presa, scrivendo e dirigendo la sua opera prima intitolata Nove lune e mezza, che interpreta al fianco di Claudia Gerini. Nel 2019 dirige poi il suo secondo film, Brave ragazze, con protagoniste Ambra Angolini, Ilenia Pastorelli, Serena Rossi e Luca Argentero.

Michela Andreozzi Instagram

4. Ha un account personale. L’attrice è presente sul social network Instagram con un proprio profilo, seguito da 57,3 mila persone. All’interno di questo l’attrice è solita condividere fotografie scattate in momenti di svago ma anche foto promozionali dei suoi progetti.

Michela Andreozzi marito

5. E’ sposata. L’attrice si è unita civilmente con l’attore e regista Massimiliano Vado il 21 maggio 2005. La coppia non ha figli e tiene piuttosto segreta la propria vita privata, evitando di convidere contenuti a riguardo sui rispettivi profili social.

Michela Andreozzi teatro

6. Ha recitato in numerosi spettacoli. Oltre al cinema e alla TV, l’attrice ha calcato più volte i palcoscenici teatrali, comparando in numerosi spettacoli il più delle volte diretti dal marito. Tra gli ultimi successi si annoverano Compagni di banco (2015), Ostaggi (2017), Prestazioni straordinarie (2018) e Figlie di Eva (2019).

michela-andreozzi-libro

Michela Andreozzi libro

7. Ha pubblicato un libro. Nel 2018 l’attrice pubblica il suo primo libro, intitolato Non me lo chiedete più, una raccolta umoristica sul tema delle childfree. All’interno di questo l’attrice parla infatti della sua scelta di non avere figli e di sentirsi completa così.

Michela Andreozzi Non è la Rai

8. Ha lavorato nel celebre programma. Tra i suoi primi lavori nel mondo dello spettacolo, la Andreozzi partecipa all’incisione delle canzoni per due edizioni del programma. Successivamente entra a far parte della redazione dal 1993 al 1995.

Michela Andreozzi Brave Ragazze

9. Ha realizzato il suo secondo film da regista. Nel nuovo lungometraggio scritto e diretto dalla Andreozzi quattro amiche, unite da un destino infelice, danno vita ad una rapina che le porterà a vivere la più grande delle loro avventure. La regista ha dichiarato di aver scelto questa storia, ispirata ad una vicenda reale, con l’intenzione di realizzare un film in cui ci fossero esclusivamente protagoniste donne dal carattere forte e indipendente.

Michela Andreozzi età e altezza

10. Michela Andreozzi è nata a Roma, il 4 luglio 1969. L’altezza complessiva dell’attrice è di 170 centimetri.

Fonte: IMDb

 

 

 

 

 

Michela Andreozzi tutta curve e lustrini in Pane e Burlesque

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Michela Andreozzi-pane e BurlesqueMichela Andreozzi, attrice e autrice, in quest’occasione è anche una delle protagoniste e co-sceneggiatrice (insieme alla regista Manuela Tempesta) della divertentissima commedia targata Rai Cinema Pane e Burlesque.

L’istrionica attrice è reduce dal gran successo teatrale che ha visto il tutto esaurito, “Maledetto Peter Pan”, l’esilarante spettacolo sulle difficoltà della vita di coppia, sui tradimenti e le crisi di mezza età che colpiscono frequentemente gli over quaranta.

Pane e Burlesque è un film in cui Michela ha avuto l’occasione di cucirsi addosso il suo personaggio,  la sarta Teresa, mettendo in evidenza pregi e difetti di una donna normale che si reinventa all’improvviso ballerina di Burlesque per poter arrivare a fine mese,  salvare la sua vita nonché il suo matrimonio in crisi. I costumi di scena, decisamente succinti, in perfetta aderenza con la realtà del Burlesque,  hanno sapientemente valorizzato le curve di cui Michela va tanto fiera e che ha sempre difeso, non cedendo mai agli stereotipi fisici  imposti dal mondo dello spettacolo: non solo, per questo film, l’attrice ha seguito una dieta ipercalorica per acquisire le due taglie in più che il ruolo richiedeva.

michela andreozziAd affiancarla nel film anche la bellissima Laura Chiatti e la divertentissima Sabrina Impacciatore.

Pane e Burlesque di Manuela Tempesta, distribuito da Rai Cinema e 01 Distribution, sarà nelle sale dal 29 maggio.

Per il cinema Michela ha appena finito di girare “Io e mio fratello” con Luca Argentero e Raoul Bova e inizierà a breve le riprese sul set del nuovo film dei fratelli Vanzina.

SINOSSI

Un paese del Sud Italia naviga in cattive acque: da quando la fabbrica di ceramiche Bontempi ha chiuso, i suoi ex operai giocano al fantacalcio nella storica sezione del centro, gestita da Frida (Caterina Guzzanti), una rappresentante sindacale impegnata nelle giuste cause, mentre la piccola merceria di Vincenzo e di sua moglie Matilde, dove lavora anche la sarta Teresa, non riesce più ad andare avanti. Tutto sembra andare a rotoli quando, all’improvviso, un ciclone vero e proprio investe la vita del paese: Mimì La Petite (Sabrina Impacciatore), ovvero Giuliana, figlia della “buonanima” del Cavalier Bontempi, torna in paese dopo più di vent’anni insieme alle Dyvettes, il suo gruppo di Burlesque, per vendere le proprietà di famiglia. Ma Le Dyvettes ordiscono una truffa contro di lei e Giuliana, con il conto in rosso, decide di mettere su un nuovo gruppo di Burlesque, reclutando tre paesane: Matilde (Laura Chiatti), Teresa (Michela Andreozzi) e Viola (Giovanna Rei), giovane e sexy cameriera del paese, che sogna di andarsene in America… 

Michela Andreozzi in Maledetto Peter Pan dal 25 al 30 Marzo

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Maledetto peter panApproda alla Sala Umberto di Roma, dopo il grande successo avuto al Teatro Sette lo spettacolo Maledetto Peter Pan, una commedia teatrale di  Michele Bernier e Marie Pascale Osterrieth con protagonista Michela Andreozzi. Lo Spettacolo teatrale, tratto dal fumetto Le Demon de Midi, sarò disponibile dal 25 al 30 Marzo.

Proprio come accaduto in Francia, dove lo spettacolo che pone al centro le donne e le immeritate “corna” nelle relazioni d’amore, è partito dai piccoli sobborghi di Parigi per conquistare successi tali da diventare un autentico caso, così è stato anche in Italia. Un evento speciale e fuori programma che la Sala Umberto ha deciso di inserire in un calendario già pieno di appuntamenti visto il grande consenso avuto dalla commedia al Teatro Sette.

Nato come un fumetto della geniale Florence Cestac, “Le Demon de Midi” è un fortunato spettacolo francese, un successo clamoroso di pubblico e critica, diventato poi una piece teatrale grazie all’attrice comica Michele Bernier e alla regista Marie Pascale Osterrieth. Anche nella versione italiana completamente adatta dall’Andreozzi e dal regista,  Massimiliano Vado il successo è stato travolgente.

Maledetto Peter Pan è a metà tra una commedia, uno stand-up e un monologo, in cui la protagonista porta in scena tutti i personaggi, lo spettacolo nasce dall’idea di raccontare, ridendo fino alle lacrime, un dramma che tutti conoscono: le corna. Ma non corna qualsiasi, piuttosto quelle generate dalla pericolosissima “Crisi di Mezza età”, conosciuta anche come “Sindrome di Peter Pan”, una temibile patologia che colpisce gli uomini  giunti alle soglie dell’età matura che male accolgono il cambiamento, vissuto  più come l’inizio della fine.  Per il cinema Michela ha appena girato “Pane e Burlesque” di cui firma anche la co-sceneggiatura, ed è sul set di “Io e mio fratello” con Luca Argentero e Raoul Bova. Uscirà il 17 Aprile al cinema con il film “Ti sposo ma non troppo” di Gabriele Pignotta con Vanessa Incontrada e lo stesso Pignotta. 

SINOSSI

Come direbbe Piero Angela: “L’esemplare umano maschio, passata la quarantina, è solito abbandonare la sua compagna per rivolgersi verso nuovi pascoli, più verdi, al fine di rinvigorire la sua virilità”. A scapito delle mogli.

“Tu sei la Donna Della Mia Vita, lei è un’altra cosa… è una Fatina!”  – dice Lui candido, andandosene via proprio con la suddetta, giovanissima Fatina.

E chi resta sul divano a fare i conti con la vita, i bilanci, il figlio e soprattutto la Realtà, è Lei: la Moglie, la Donna, la Cornuta che, come prima ipotesi, trova soddisfacente solo quella del suicidio.

La voce (rotta, disperata, cattiva ma sempre esilarante) della protagonista, racconta tutte le fasi dell’Elaborazione del Lutto: la Depressione sul Divano, il Confronto con parenti ed amici (che naturalmente già sanno), la ricerca di un Ex Disponibile alla Consolazione, la feroce Autocritica che sfocia nella Flagellazione.

Mille le domande che la protagonista si pone, e noi con lei: cosa fa funzionare una Coppia? Perché alcuni restano insieme ed altri no? A che punto sono i rapporti tra uomo e donna?  La Coppia continua a rimanere un mistero, un tema da aggiornare costantemente perché i ruoli, le abitudini e il linguaggio si evolvono .

A tutti gli effetti, “Maledetto Peter Pan” è una istantanea della nostra società e sebbene sia ritratta dal punto di vista femminile,  tuttavia non è mai contro il Maschio tout-court, anzi. Non ci sono vittime e carnefici, c’è la vita. E la vita non sa mai dove ci porta: è un viaggio che, comunque vada a finire – le ipotesi restano aperte! – ci regala sempre una nuova consapevolezza.

Divertente, caldo, consolatorio e irriverente, “Maledetto Peter Pan” riguarda in ultima analisi ognuno di noi: tutti, in un momento o in un altro , ci siamo rotti i denti su quella meravigliosa, devastante, irrinunciabile avventura chiamata Amore. E lo faremo ancora.

Michela Andreozzi e il suo cast al femminile presentano Brave ragazze

Ispirato a una storia vera, Brave ragazze, in sala dal 10 ottobre, racconta di quattro donne di provincia, interpretate da Serena Rossi, Ambra Angiolini, Silvia D’Amico e Ilenia Pastorelli, che dopo l’ennesimo rovescio della sorte, decidono di dare una svolta alle loro vite, in modo non proprio ortodosso: rapinando la banca del paese. Nel cast anche Luca Argentero, Massimiliano Vado, Stefania Sandrelli e Max Tortora.

La regista Michela Andreozzi racconta così la genesi del suo secondo lungometraggio, dopo Nove lune e mezza: “La prima idea del film nasce tantissimi anni fa assieme ad Alberto Manni. Abbiamo iniziato con un ritaglio di giornale: un’intervista a una delle rapinatrici, uscita dal carcere, che raccontava cosa le era rimasto di quell’esperienza. C’erano situazioni così paradossali e soprattutto, queste donne cavalcavano un pregiudizio: che le donne non facciano certe cose e quindi, se ci travestiamo da uomini non ci beccherà nessuno. Questo elemento è andato a colpire in un punto a me caro, la questione della realizzazione femminile”. “Dopo Nove lune e mezza abbiamo riletto questo vecchio progetto con i produttori [Paco Cinematografica ndr] e abbiamo deciso di farlo, anche se era un azzardo, perché due anni e mezzo fa non c’era l’attenzione che c’è in questo momento al femminile”.

Il film ricostruisce la provincia italiana degli anni ’80. La regista spiega il motivo di questa ambientazione e la scelta di Gaeta: “questa storia è successa davvero negli anni ’80 […] I colpi che le rapinatrici hanno messo a segno allora, con la tecnologia che c’è adesso non sarebbero possibili. Poi mi interessava capire quanto la condizione della donna di quegli anni sia cambiata o rimasta la stessa. Le cose sono purtroppo cambiate poco, soprattutto per una certa fascia sociale.

Ho deciso di girare a Gaeta perché lì ho passato i miei anni ’80. Ho negli occhi scorci di mia madre che cammina con mio fratello e mia sorella. Il gioco di Anna coi figli è molto legato al ricordo che ho di mia madre in quegli anni. Ho innestato i miei anni ’80 e la provincia che conoscevo con la storia vera, accaduta in una zona centrale della Francia, vicino ad Avignone, né Parigi, né Costa Azzurra. Allo stesso modo, Gaeta è centrale, senza essere né Roma, né Napoli. Poi gli anni ’80 secondo me sono fichissimi! […] L’idea di travestirsi da uomini, di essere una “boy band” è stata di Ambra, ispirata ai Duran Duran, e l’ho accolta subito”.

La regista individua poi il cuore del film nello spirito di gruppo, nella solidarietà tra le protagoniste, a suo avviso perfetta per veicolare un messaggio: “il fatto che insieme si funziona come un organismo unico, si è più forti e si possono anche fare cose sbagliate, ma grandi cose”. E spiega così la scelta delle componenti di questo affiatato cast: “Le ho individuate perché le ho viste nella mia testa mentre scrivevo. Erano loro. […] Mi sono innamorata in modi diversi di ciascuna. […] Sono state scelte per il loro temperamento, perché hanno quattro caratteristiche diverse che si sposavano bene con le loro caratteristiche umane: Ambra Angiolini, una pasionaria; una … com’è Ilenia Pastorelli? Originale. Serena Rossi accogliente, e Silvia D’Amico un pezzo raro”. Mentre per la componente maschile: “Luca Argentero per me rappresenta gli uomini positivi”. “Il suo personaggio è un uomo che non ha pregiudizi; mentre è stato divertente dirigere mio marito (Massimiliano Vado ndr) in un ruolo abominevole [quello di un uomo rozzo e violento nei confronti della moglie Maria, interpretata da Serena Rossi, ndr], perché avendolo in casa, sapevo dove potevo andare a spingere”.

Ecco invece come gli attori vedono i propri personaggi. Ambra Angiolini descrive Anna come “una donna indipendente dalla formalità, da ciò che si dovrebbe fare se hai due figli, […] una che si inventa la vita senza farne per forza una fiaba e non la racconta neanche ai suoi figli questa storia per forza a lieto fine, spera che accada e giorno per giorno inventa qualcosa di diverso”. Per l’attrice il tratto peculiare della pellicola è la gentilezza: “E’ un film gentile e la gentilezza è abbastanza rara di questi tempi. […] Tutta questa schifezza che si trova in giro, sui social. La gentilezza non c’è, per cui è un film futurista, è quello che dovremmo tornare a essere, pur trattando argomenti sbagliati come le rapine in banca. Il film non è gli anni ’80, è quello che dovremmo essere nel 2020”.

Serena Rossi ci tiene a sottolineare che sul set  “c’è stato un grande rispetto di tutte verso tutte”. La sua Maria, la cui storia, dice, “mi commuove sempre”, “è una donna devota alla Madonna, alla famiglia, al marito violento, cattivissimo, spaventosissimo e ha questo gruppo di amiche che in qualche modo la salva. Tutte la vogliono proteggere, ma è lei che non si protegge da sola, perché pensa che quella sia la sua condizione, la sua normalità, cosa purtroppo comune a tante donne anche oggi. Però, grazie all’amicizia di altre femmine riesce a trovare la forza di fare un gesto eclatante. Attraverso questo percorso lei capirà quello che vuole davvero, che può avere anche altro dalla vita, che merita di più. […] Io l’ho amata molto, ho avuto anche un sacco di dolori per colpa sua. Ero così tesa nelle scene con Massimiliano, che il giorno dopo avevo dolori dappertutto”.

Ilenia Pastorelli afferma che Chicca è stato per lei “un personaggio bellissimo perché ha molte sfaccettature, anche un po’ diverso: in genere faccio sempre la fidanzata o l’amica di, sono sempre subordinata a una figura maschile. Invece in questo caso il mio personaggio fa parte di un gruppo di donne, è ribelle, arriva a farsi molte domande su sé stessa, sulla sua sessualità. […] Mi ha permesso di togliere quella parte femminile in eccesso”. Con essa, anche i tacchi, per indossare con disinvoltura i più comodi camperos vintage della regista.

Per Silvia D’Amico, che nel film è Caterina, sorella di Chicca, la forza del quartetto di attrici e di personaggi di cui fa parte “sono le diversità”. “Il messaggio nuovo del film è che l’unione di un gruppo di donne può dare forza e può portare a un certo tipo di realizzazione, nonostante le grandissime differenze e le difficoltà che ci sono. Noi abbiamo vissuto questo davvero mentre eravamo a Gaeta, perché non ci conoscevamo prima, ed è successa questa magia. Michela è stata una bravissima direttrice d’orchestra. È bello avere una regista donna che ha capito i nostri punti deboli e i punti di forza. Ci ha spinte ad osare in certe direzioni che probabilmente nessuna di noi aveva mai provato prima”.

Luca Argentero si dice orgoglioso di far parte del progetto e convinto sostenitore del punto di vista della regista sul cinema, della sua voglia di raccontare al femminile. “Un’esigenza che forse c’è perché lo sguardo di Michela è molto attento e preciso. Nulla è lasciato al caso, anche per un personaggio strumentale alla storia come il mio. C’è questa dovizia di particolari, l’essere scrupolosa, che contrasta con l’euforia di un gruppo di donne scalmanate”. “Non dovrebbe esserci l’esigenza di sottolinearlo, ma è importante che ci sia una donna così oggi, qui, a presentare questo film”. Altro motivo che lo ha convinto ad accettare il ruolo dell’ispettore Morandi, aggiunge l’attore, è stata “la possibilità di fare un’altra piccola trasformazione, che per gli attori è sempre divertente. Michela mi mandava foto di Tom Selleck e William Hurt, mentre io guardavo l’album di famiglia e vedevo mio padre, sono uguale a lui negli anni ’90”. “Il cuore del film”, dice infine, “per me è il coraggio: lo stesso Morandi ha il coraggio di prendere in mano la sua vita. È una storia in cui i protagonisti decidono di prendere in mano la loro vita e renderla migliore di quello che è”.

Diretto da Michela Andreozzi, Brave Ragazze è in sala dal 10 ottobre, distribuito da Vision Distribution.

Michel Ocelot presenta la sua Dilili a Cartoons on the Bay

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Michel Ocelot presenta la sua Dilili a Cartoons on the Bay

Ospite d’onore e vincitore del Premio alla Carriera al Cartoons on the Bay 2019, Michel Ocelot ha presentato al festival dedicato all’animazione che si svolge a Torino il suo ultimo lungometraggio, Dilili a Parigi, una storia che racconta in maniera pura e originale la violenza sulle donne, filtrata dallo sguardo della giovane protagonista, Dililì, una bambina metà kanaki e metà francese che vive nella Parigi della Belle Époque.

Al regista abbiamo chiesto come mai ha scelto di raccontare di una setta maschilista che tenta di sottomettere le donne, un argomento che è estremamente attuale.

“È la cosa di cui si deve parlare oggi e sempre – ha risposto Ocelot – Il numero di donne e bambine uccise solo perché donne è superiore rispetto al numero di morti che fa una guerra. Questo accade in tutti i paesi, ed è un argomento che era necessario trattare.”

È la prima volta che ambienta un film a Parigi. Il tema è collegato alla storia della città e della Francia?

“Non ha nulla a che vedere con l’attualità, ma ho scelto la Belle Époque per diverse ragioni. Ho sempre cercato di raccontare luoghi interessanti in tutto il pianeta e alla fine ho scelto anche Parigi, dove vivo, e ho scelto la Belle Époque. Quello che mi piace di quest’epoca sono i vestiti delle donne! Per far sognare le persone ci vogliono gli abiti lunghi, immaginate Sarah Bernhardt con i pantaloncini!”

Ride divertito, il regista di Kirikù e la strega Karabà, ma poi approfondisce: “Oltre alle ragioni superficiali, ho capito che era quella che mi serviva perché mostra gli orrori peggiori commessi dall’uomo ma anche l’antidoto ad essi: la civiltà. In particolare, la civiltà occidentale che ritengo sia la migliore, fino ad oggi. Per Parigi, i primi 20 anni del ‘900 sono eccezionali e mi hanno dato l’opportunità di mostrarvi donne e uomini eccezionali che hanno fatto grandi cose per l’umanità, senza avere il bisogno di sopraffare gli altri. Perciò non è un ritratto utopico, ma storico. Ritengo che la cultura occidentale sia la migliore perché è aperta ad altri. Da quello che so, alla Sorbona la cattedra di arabo ed ebraico esiste dal quindicesimo secolo, Le mille e una notte sono stati scoperti da un professore francese di arabo, che aveva tradotto prima il Corano, e poi ha tradotto le famose fiabe orientali. Non tutte le civiltà sono in grado di aprirsi allo stesso modo. In questo risiede la grandezza di questa civiltà.”

Oggi abbiamo ancora questo fervore culturale, questo ‘antidoto’?

“La maggior parte di queste persone, all’epoca in cui ho ambientato il film, erano sconosciute. Lo stesso Picasso, il più importante pittore del ‘900, era ancora uno sconosciuto all’epoca. Venne scoperto da una donna americana che intuì il suo talento, e acquistò i suoi quadri.”

La scelta di una protagonista bambina e straniera offre la chiave di lettura del film: la realtà va scoperta con un doppio grado di stupore?

“Più che al buon selvaggio di Rousseau, preferisco pensare a Voltaire e a uno sguardo innocente che scopre la nostra realtà. E poiché volevo parlare in difesa di donne e ragazze, la protagonista non poteva che essere una donna!”

Michel Hazanavicius vince il DGA Award 2012

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Michel Hazanavicius, il regista di The Artist, si è aggiudicato il DGA Award, il premio di categoria dei registi: ora è il favorito agli Oscar.

Michel Hazanavicius gira in segreto The Search con Bérénice Bejo

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Dopo il trionfo con The Artist, Michel Hazanavicius dirige in gran segreto un nuovo film intitolato The Search. Protagonista Bérénice Bejo.

Michel Hazanavicius e Louis Garrel presentano Il mio Godard

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A margine della proiezione stampa del film Le Redoutable – Il mio Godard, l’attore principale Louis Garrel e il regista Michel Hazanavicius hanno incontrato la stampa.

Il film ha come protagonista il regista Jean-Luc Godard che “inventò” la Nouvelle Vague negli anni ’60 che affronta nel 1968 il maggio francese e una storia d’amore, quella con Anne Wiazemsky, e, in entrambi i casi, si ritrova ad essere altamente impreparato.

Nei panni del regista è Louis Garrel, che racconta come ha affrontato il ruolo e l’ambientazione:

“Questo è il terzo film ambientato nel ’68 di cui sono protagonista. Gli altri due, The dreamers di Bernardo Bertolucci e Les amants réguliers  di Philippe Garrel erano diretti da registi che avevano vissuto quell’epoca e quella ribellione, e infondevano quello spirito nel film. Michel è invece un figlio del ’68, non lo ha vissuto direttamente, ma, come me, ha riportato sullo schermo quello spirito, quella forza”.

Hazanavicius conferma che “di quel periodo volevo riportare la forza positiva che sentivo, la voglia di cambiare le cose per migliorarle, la forza dei giovani, le idee. Anche oggi ci ritroviamo in una situazione molto tesa politicamente, solo due anni fa ci sono state proteste molto forti in Francia, ma la differenza con quelle di quell’anno è l’apparente incapacità di riunirsi e coordinarsi. Ora uno sciopero generale come quello del 1968 non sarebbe pensabile”.

Più che un film biografico su Godard è una commedia romantica con protagonista Jean-Luc Godard e su questo rapporto con il grande regista, Hazanavicius e Garrel si trovano su posizione opposte.

Garrel infatti dice che “Ho sempre amato Godard, ma era molto difficile amare poi il resto perchè se ti piaceva Godard poi non potevi amare anche Truffaut, ma invece io li amavo entrambi. Quello che ammiravo in lui è stato anche il coraggio di prendere una posizione così netta in quegli anni, di mettere a rischio la sua carriera per portare avanti le sue idee”.

Hazanavicius ammette invece di aver preso il personaggio Godard in maniera iconoclasta: “Non volevo fare un film biografico, volevo rappresentare Jean-Luc Godard in un momento che è una vera frattura, tra il mondo che conosceva e il futuro, tra l’amore e l’impegno politico. Il film è una commedia perchè il suo comportamento è allo stesso tempo eroico e ridicolo, comico e drammatico. Della sua arte ho cercato di riportare alcuni aspetti. Il film usa delle formule che erano usate anche da Godard nei suoi film, mentre il contrappunto che uso di alcune frasi e scritte sui muri con ciò che succede sullo schermo è dovuto a una ricerca fatta sugli slogan del 1968”.

In una parte del film Jean-Luc Godard e Anne vanno in Italia, su invito di Bernardo Bertolucci per parlare di politica, poi la compagna di Godard ottiene un ruolo in un film di Marco Ferreri. Hazanavicius afferma che “l’uso di questi due maestri non voleva minimizzare la loro arte, anzi, e non lo dico perchè mi trovo in Italia, i miei riferimenti per questo film sono stati Risi, Scola, Monicelli. Volevo fare una commedia, non un film a tesi. Che poi esca fuori una tesi sul 1968 da questa commedia, è un altro discorso”.

Il film esce il prossimo 31 ottobre in 60 copie e in anteprima nei prossimi giorni al Festival Odeon Firenze.

Michel Hazanavicius dirigerà Will?

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Michel Hazanavicius, pluripremiato regista di The Artist, sta prendendo in considerazione la possibilità di dedicarsi alla regia di Will, una commedia targata Paramount.

Michel Hazanavicius dirigerà In The Garden Of Beasts con Tom Hanks!

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Manca l’ufficialità ma sembra che Michel Hazanavicius stia per diventare il regista di In The Garden Of Beasts, adattamento del libro di Eric Larson,  che sarà prodotto e interpretato niente meno che da Tom Hanks.

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