Elio,
dal 17 settembre disponibile su Disney+, 29° film della Pixar
(qui
la nostra recensione), racconta la storia di un ragazzo che
affronta la perdita dei genitori e la solitudine. Convinto di non
essere accettato sulla Terra, Elio sfrutta la posizione della zia
Olga nell’Aeronautica per inviare un messaggio nello spazio. Questo
viene intercettato dal Communiverse, una
federazione di razze aliene, che lo scambia per il leader della
Terra.
Da qui inizia un’avventura cosmica:
Elio cerca di convincere un potente signore della guerra a
scegliere la pace, affronta i propri timori e impara il valore dei
legami affettivi.
Perché Elio torna sulla Terra
Alla fine, Elio decide di tornare
sulla Terra con Olga, invece di restare nel Communiverse.
Inizialmente desideroso di fuggire dal mondo che lo aveva
rifiutato, scopre che sua zia lo ama profondamente e che gli esseri
umani hanno potenziale per costruire rapporti significativi.
Grazie anche all’aiuto degli amici
radioamatori Gunther e Bryce, Elio riesce a salvare Glordon e a
comprendere che non è solo. Il film si chiude con lui e Olga mano
nella mano: un simbolo del superamento della solitudine attraverso
i legami familiari.
Il destino di Glordon e Grigon
Grigon, il signore della guerra,
sembra il principale antagonista ma ottiene anch’egli un finale
positivo. Dopo aver salvato la vita al figlio Glordon, ammette i
suoi errori e rinuncia all’attacco contro il Communiverse. Questo
apre la strada a una riconciliazione della sua razza con la
federazione aliena.
Glordon, primo vero amico di Elio,
rimane legato a lui anche a distanza. La scena post-credit mostra
Elio e Bryce che, tramite una nuova radio, riescono a comunicare
con lui, mantenendo viva l’amicizia nonostante i mondi che li
separano.
Il sacrificio del clone di
Elio
Un elemento memorabile del film è il
clone di Elio, creato per coprire la sua assenza sulla Terra. Il
clone, inizialmente usato come parte della commedia, mostra presto
consapevolezza del proprio destino temporaneo.
Quando Elio torna, il clone inizia a
dissolversi, ma sceglie di sacrificarsi per aiutarlo: distrae gli
inseguitori mentre Elio e Olga raggiungono l’astronave. La scena,
al tempo stesso tragica e tenera, si chiude con un pollice in su
del clone prima di “sciogliersi”, rendendo il suo addio
sorprendentemente toccante.
Come il finale prepara un possibile
seguito
Nonostante la conclusione sia
soddisfacente, il film apre diverse possibilità narrative. La base
del Communiverse compare sulla Terra, visibile a tutti, inclusi
Bryce e Gunther. Questo rende pubblica l’esistenza degli alieni,
aprendo a futuri sviluppi sul rapporto tra l’umanità e il
Communiverse.
Olga, pur avendo commesso tradimento
rubando l’astronave, potrebbe diventare il collegamento ufficiale
tra Terra e alieni grazie al suo legame con Elio. Lo stesso
ragazzo, salutando il Communiverse con un “non è un addio”, lascia
intendere che nuove avventure spaziali lo attendono.
Il vero significato di Elio
Al centro della storia c’è il tema
dell’accettazione. Elio, inizialmente chiuso e
concentrato solo sui propri desideri, impara l’importanza dei
legami grazie a Glordon e a sua zia. Il parallelo tra il rapporto
conflittuale di Grigon con suo figlio e quello di Elio con Olga
evidenzia che l’amore e l’empatia non hanno bisogno di essere
pienamente compresi per essere reali.
Il messaggio del film è chiaro:
anche in un universo vasto e solitario, ciò che dà senso alla vita
sono i legami affettivi. La crescita del protagonista rispecchia
questa lezione, trasformando l’avventura spaziale in una storia dal
forte cuore emotivo.
Geostorm,
diretto da Dean Devlin, è un thriller
fantascientifico ambientato in un futuro prossimo, dove i
cambiamenti climatici hanno spinto la Terra sull’orlo della
catastrofe. Per difendersi, una coalizione internazionale guidata
da Stati Uniti e Cina ha sviluppato il “Dutch Boy”, un sistema
satellitare in grado di controllare il clima. Progettato dallo
scienziato Jake Lawson, il sistema viene presto sottratto al suo
controllo e affidato al fratello Max.
Quando anomalie climatiche iniziano
a verificarsi – come un congelamento improvviso in Afghanistan o
esplosioni di calore a Hong Kong – diventa chiaro che Dutch Boy è
stato compromesso. Un virus informatico, collegato a un’operazione
segreta chiamata “Project Zeus”, minaccia di innescare una catena
di disastri globali: la Geostorm.
Project Zeus: da difesa a
strumento di potere
Il “Project Zeus” nasce come parte
integrante di Dutch Boy per regolare il clima, ma viene trasformato
dal Segretario di Stato americano Leonard Dekkom in un’arma
geopolitica. Il suo piano è manipolare il clima per distruggere
città e nazioni, consolidando il potere degli Stati Uniti e
riportando l’equilibrio mondiale a una situazione simile al
dopoguerra del 1945.
Dekkom non mira solo a colpire i
nemici esterni: intende anche eliminare la linea di successione
presidenziale per diventare l’unico detentore del potere. Il suo
tradimento viene svelato da Max, che scopre come il politico abbia
orchestrato sabotaggi, attentati e insabbiamenti per mantenere
nascosto il complotto.
Il virus che innesca la
Geostorm
La serie di disastri climatici è
causata da un virus inserito nel sistema Dutch Boy da Duncan
Taylor, un tecnico della Stazione Spaziale Internazionale, corrotto
da Dekkom. Il virus blocca gli accessi ai sistemi e altera i dati
operativi, generando anomalie climatiche incontrollabili.
La minaccia culmina nella
possibilità di una Geostorm globale: un concatenarsi di eventi
atmosferici letali in grado di distruggere gran parte del pianeta.
Jake e il suo team in orbita lavorano contro il tempo per eliminare
il virus e ripristinare il controllo della rete satellitare.
Gli omicidi di Habib e Cheng
Long
Makmoud Habib, ingegnere a bordo
della stazione spaziale, e Cheng Long, responsabile di Dutch Boy a
Hong Kong, vengono eliminati su ordine di Dekkom. Entrambi avevano
scoperto prove cruciali del sabotaggio.
Habib viene espulso nello spazio,
fatto passare per un incidente, dopo aver copiato dati
compromettenti su un hard disk. Cheng, invece, muore a Washington
investito da un’auto in un omicidio camuffato, poco dopo aver
avvertito Max della minaccia legata a “Zeus”. Le loro morti servono
a proteggere il complotto e a impedire che la verità emerga.
Come Jake e Max fermano la
Geostorm
I fratelli Lawson collaborano per
sventare il piano di Dekkom. Max, sulla Terra, ottiene il codice di
disattivazione dal presidente Palma, che viene temporaneamente
rapito per proteggerlo. Con l’aiuto della fidanzata Sarah, Max
smaschera Dekkom e riesce a inviare il codice alla stazione
spaziale.
Nel frattempo, Jake affronta Duncan
Taylor, che muore accidentalmente nello spazio, e avvia il riavvio
del sistema. Con l’aiuto della collega Ute, riesce a cancellare il
virus e a riprendere il controllo dei satelliti, anche se la
stazione è in autodistruzione. Entrambi riescono a salvarsi grazie
al soccorso di un compagno di missione. La crisi viene evitata
all’ultimo istante, salvando milioni di vite.
Il futuro di Jake e del
Dutch Boy
Sei mesi dopo, Jake ritrova la
serenità con la figlia Hannah e il fratello Max. Tuttavia, lascia
intendere che continuerà a occuparsi del Dutch Boy, ora affidato a
un comitato internazionale. Questo passaggio segna un cambio di
rotta: il sistema non sarà più sotto il controllo esclusivo degli
Stati Uniti, ma gestito collettivamente per prevenire abusi
futuri.
Il ruolo di Jake resta cruciale,
sia per la sua competenza tecnica sia per garantire che Dutch Boy
sia protetto da sabotaggi o manipolazioni politiche. La conclusione
lascia spazio a un messaggio di speranza: solo la cooperazione
internazionale può salvaguardare il futuro del pianeta.
Apple Original Films è in trattative per finanziare e produrre il
film con Studiocanal. Studiocanal ha acquisito i diritti
dell’acclamato romanzo di Peter Cameron nel 2023,
con Scorsese a bordo per la produzione e Patrick Marber (candidato
all’Oscar per “Diario di uno scandalo”) per l’adattamento della
sceneggiatura. L’aggiunta dei premi Oscar DiCaprio
e Lawrence non fa che accrescere il prestigio del
progetto. La storia di Cameron segue una coppia
americana che si reca in una strana e innevata città europea per
adottare un bambino.
“È un viaggio difficile che
lascia la moglie, che sta lottando contro il cancro, disperatamente
debole, e il marito preoccupato che la sua malattia impedisca
all’orfanotrofio di fargli adottare il bambino”, si legge
nella sinossi del libro. “Al loro arrivo, la coppia fa il
check-in nel cavernoso e inquietantemente deserto Borgarfjaroasysla
Grand Imperial Hotel, dove il bar è sempre aperto e la hall è
popolata da un enigmatico cast di personaggi che spaziano da
un’anziana e stravagante cantante a un uomo d’affari dissoluto a un
enigmatico guaritore. Niente è come sembra in questo mondo
sconcertante e congelato, e più la coppia lotta per rivendicare il
loro bambino, meno sembrano sapere del loro matrimonio, di loro
stessi e della vita stessa.”
Mentre Scorsese e
DiCaprio godono di una leggendaria collaborazione
– hanno realizzato già sei lungometraggi in due decenni insieme –
Cose che succedono la notte segnerà la
prima volta di Scorsese alla regia di Lawrence. Tuttavia, il
celebre regista ha prodotto il prossimo film di Lawrence
Die My Love, il film diretto da
Lynne Ramsay, la cui interpretazione di Lawrence
sta suscitando scalpore per l’Oscar, ha debuttato a Cannes e uscirà
nelle sale questo autunno. DiCaprio, che sta ricevendo recensioni
entusiastiche per Una battaglia dopo l’altra di Paul
Thomas Anderson, e Lawrence hanno precedentemente recitato
insieme nel dramedy apocalittico del 2021 Don’t Look Up di Adam
McKay.
“Mi stanno parlando”, ha
detto la Roberts nell’articolo di copertina di Variety su After the Hunt – Dopo la caccia, il thriller
psicologico diretto da Luca Guadagnino con
Roberts, Andrew Garfield, Ayo
Edebiri e Chloë Sevigny. Durante
l’intervista, Guadagnino ha aggiunto che avrebbe diretto la Roberts
nel sequel “in un secondo“.
A luglio si è diffusa la notizia che un sequel di
Il matrimonio del mio migliore amico era
in fase di sviluppo iniziale, con la regista di Past
Lives e Material LoveCeline Song incaricata di scrivere la
sceneggiatura del progetto, sebbene non fosse in trattative per la
regia. La notizia dello sviluppo è arrivata poco dopo che
Dermot Mulroney, che aveva recitato nell’originale
del 1997 insieme a Roberts, aveva anticipato al New York Post che
“si parla di un sequel”.
Il matrimonio del mio
migliore amico vedeva Julia Roberts nei panni della critica
gastronomica Julianne Potter, che scopre che il suo amico di lunga
data Michael O’Neal (Mulroney) – con cui aveva fatto un patto di
sposarsi se fossero stati ancora single a 28 anni – si sta per
sposare. Rendendosi conto di essere innamorata di Michael, Julianne
progetta di sabotare la cerimonia. Anche Cameron Diaze
Rupert Everett hanno recitato nella commedia
romantica.
L’originale del 1997 ha incassato
127 milioni di dollari in Nord America, classificandosi al nono
posto tra i film con il maggior incasso nazionale di quell’anno. Il
film ha anche ottenuto tre nomination ai Golden Globe e, nel 2022,
Variety lo ha classificato tra i 100 migliori film di tutti i
tempi.
Roberts recita in After the Hunt – Dopo la caccia nei panni di
Alma Olsson, una professoressa universitaria che si ritrova
coinvolta in un’accusa di abusi sessuali che coinvolge uno dei suoi
studenti e un collega. Il film debutterà nelle sale italiane il 16
ottobre distribuito da Eagle Pictures.
Confermando ancora una
volta quella libertà creativa ed espressiva che lo ha reso uno dei
più importanti cineasti contemporanei, Paul Thomas Anderson
è tornato con un lungometraggio che non è eccessivo definire
vibrante. Vi sono alcune sequenze in Una battaglia dopo
l’altra – inclusi gli straordinari trenta minuti finali –
in cui il mix di immagini, interpretazioni, musica ed effetti
sonori raggiunge un livello di intensità sensoriale/emozionale
paragonabile a Il petroliere.
Anderson non si
risparmia, anzi sceglie consciamente di lasciar esplodere la
propria visione adoperando la bellezza aspra degli scenari naturali
dell’entroterra della California senza cercare minimamente di
abbellirla. Questo suo nuovo lavoro possiede un’estetica ruvida,
sembrerebbe volutamente grezza, che metaforicamente diventa
specchio della natura stessa dei due duellanti in singolar tenzone,
ovvero l’ex rivoluzionario Bob Ferguson (Leonardo DiCaprio) e il militare
psicotico Steven Lockjaw (Sean
Penn). In mezzo a questa battaglia fisica quanto
ideologica, si trova quasi come vittima sacrificale Willa (Chase
Infiniti), adolescente che deve necessariamente varcare la
soglia dolorosa della maturità attraverso una serie prove fisiche e
psicologiche che riteneva solamente chimere di un passato da lei
non vissuto.
Una battaglia dopo l’altra – Cortesia di Warner Bros
La trama di Una
battaglia dopo l’altra
Come già scritto,
Una battaglia dopo l’altra è un film talmente alto
nella sua resa cinematografica che fa (quasi) passare in secondo
piano i numerosi problemi di sceneggiatura che lo tormentano. Primo
tra tutti, cosa insolita per uno sceneggiatore attento come
Anderson, l’adattamento dal romanzo Vineland di Thomas
Pynchon, lo stesso da cui aveva tratto Vizio di forma.
Ambientato nel 1984, il libro raccontava di ex-rivoluzionari ed
hippie che avevano agito negli anni ‘caldi’ della contestazione,
delle Black Panther e delle organizzazioni militanti come il
Weather Underground. Il tentativo di Anderson di aggiornare la
storia al nostro presente, con tanto di riferimenti espliciti alla
politica americana sull’immigrazione, risulta decisamente meno
incisivo, in quanto un gruppo d’azione come quello mostrato
all’inizio del film non trova riscontro o quasi nella realtà degli
Stati Uniti del recente passato, tantomeno del presente. Questo
slittamento temporale per rendere Una battaglia dopo
l’altra più “contemporaneo” e quindi funzionale a un
discorso socio-politico attuale, in fin dei conti non funziona del
tutto.
Senza voler poi fare
spoiler sulla trama, il motivo per cui Lockjaw insegue Willa una
volta pienamente scoperto diventa eccessivamente parossistico per
risultare credibile, gettando un’ombra di inconsistenza sulla prova
istrionica di Sean Penn. E a ben vedere anche il personaggio
interpretato da DiCaprio in fin dei conti si rivela più
stereotipato di quanto avrebbe dovuto essere. Certo, poi i due
attori riescono ugualmente a risultare molto più che efficaci in
virtù delle loro indiscutibili qualità di interpreti, così come
eccellenti sono le prove di Benicio Del Toro, Regina Hall e di un
graffiante, selvaggia Teyana Taylor.
Una battaglia dopo l’altra – Cortesia di Warner Bros
Chase Infiniti è
la vera protagonista
E qui apriamo il
paragrafo giustamente dedicato all’esordiente al cinema Chase
Infiniti, che è la vera protagonista di Una battaglia
dopo l’altra. Supportata da un personaggio magnificamente
sviluppato, l’attrice lo mette in scena con un virtuosismo
trattenuto degno di colleghe molto più esperte. Infiniti tratteggia
una Willa confusa, curiosa, spaventata ma mai passiva di fronte
agli eventi drammatici che le se presentano di fronte. Il senso di
pragmatica seppur dolorosa accettazione con cui pian piano deve
fare i conti col proprio passato, viene raccontato espresso una
prova ammirevole. Negli occhi dell’attrice passa tutto il mondo
interiore del personaggio, che noi spettatori non dobbiamo neppure
comprendere con chiarezza perché quegli stessi occhi vogliono
nasconderlo, proteggerlo dal pericolo, mentre invece lo
suggeriscono con una tale forza espressiva da renderlo emozionante.
In un lungometraggio decentrato, fragoroso e ondivago come
Una battaglia dopo l’altra, Chase Infiniti e
la sua Willa rappresentano invece un punto di riferimento
indiscutibile.
Una battaglia dopo
l’altra sarà verosimilmente protagonista della stagione dei
premi che sta per iniziare, e tutto sommato con merito. Non si
tratta del miglior film di Paul Thomas Anderson, in quanto
non possiede quella coerenza narrativa che l’autore ha invece
prodotto in opere precedenti. Tuttavia l’impeto con cui è stato
creato è qualcosa di ammirevole, testimonianza imperfetta ma
assolutamente vitale di una voglia di fare cinema di spessore
senza pensare troppo alla sua forma compiuta.
Un gioioso contraltare
al cinema “architettonico”
Volendo creare un gioco
di specchi che molto probabilmente solletica soltanto noi cinefili
incarogniti, il Paul Thomas Anderson di Licorice
Pizza e di quest’ultimo progetto può essere visto come un
gioioso contraltare rispetto al cinema ultimamente fin troppo
“architettonico” di Christopher Nolan. Preferiamo di gran
lunga la visione magari scollacciata ma vitale di Una
battaglia dopo l’altra al teorema simmetrico di
Oppenheimer.
Daredevil: Rinascita avrà
effettivamente una terza stagione su Disney+. Brad
Winderbaum, responsabile TV, Streaming e Animazione della
Marvel, ha rivelato la notizia a
IGN in un’intervista.
Le star Charlie Cox e Vincent D’Onofrio hanno espresso
pubblicamente pareri divergenti sulla possibilità di una terza
stagione. Cox, che interpreta il personaggio principale, non ci
credeva, mentre D’Onofrio, che interpreta il cattivo Wilson Fisk,
ha affermato su X che ci sono buone probabilità di una terza
stagione.
Dopo il finale della prima stagione
ad aprile, lo showrunner Dario Scardapene ha rivelato che la
seconda stagione di Daredevil: Rinascita debutterà
a marzo 2026.
A Scardapene, produttore esecutivo
di The Punisher, viene attribuito il merito di
aver salvato il revival di Daredevil dopo lo sciopero degli
sceneggiatori del 2023.
La prima stagione di
Daredevil: Rinascita segue Fisk che passa
dall’essere un gangster a un sindaco autocrate di New York. Matt
Murdock si innamora della terapista Heather Glenn (Margarita
Levieva), ma lei finisce per diventare un’alleata
nell’amministrazione Fisk. La seconda stagione vedrà il ritorno del
personaggio di Jessica Jones interpretato da Krysten Ritter. Sempre
nel finale della prima stagione, Frank Castle/Punisher interpretato
da Jon Bernthal è tornato e, alla fine, è evaso dalla prestigiosa
prigione di Red Hook di Fisk.
C’è anche uno speciale su Punisher
in lavorazione presso i Marvel Studios, che Bernthal sta
co-sceneggiando insieme al regista Reinaldo Marcus Green.
In uscita il 4 marzo,
Daredevil: Rinascita ha ottenuto il miglior
debutto di una serie su Disney+ per il 2025 fino ad oggi, con
7,5 milioni di spettatori in tutto il mondo nei primi cinque
giorni.
Ventidue anni dopo la scomparsa
degli studenti di cinema Heather,
Mike e Josh mentre giravano un
documentario sulla strega di Blair (almeno secondo quanto riportato
dal marketing) e diciassette anni dopo che la loro storia ha
spaventato il pubblico incassando 248 milioni di dollari al
botteghino, un sequel a sorpresa è arrivato nelle sale: Blair
Witch. Diretto da Adam Wingard, il
principale legame di questo sequel con The Blair Witch Project è James (James
Allen McCune), il fratello di Heather, che porta un gruppo
di amici nei boschi intorno a Burkittsville alla ricerca della
sorella (o, almeno, di qualche prova di ciò che le è successo) dopo
che il contenuto di un nastro DV appena ritrovato è stato caricato
su Internet da una coppia di abitanti del luogo.
Blair Witch
approfondisce notevolmente la mitologia della minaccia che dà il
titolo al film (presumibilmente Elly Kedward, una
donna lasciata morire nei boschi dalla gente del posto nel 1785) e
anche altri avvenimenti collegati nei boschi, in particolare le
malefatte del serial killer Rustin Parr. Una
delle tante storie inquietanti raccontate in The Blair
Witch Project, Parr uccise sette bambini di Burkittsville
negli anni ’40, e disse di averlo fatto perché “delle voci” glielo
avevano ordinato. Il dettaglio raccapricciante di come Parr
costringesse una delle sue vittime a stare in piedi e a guardare
verso l’angolo mentre uccideva l’altra ha creato il finale
spaventoso di quel film, ed è anche la colonna portante del finale
di Blair Witch.
Il finale
Innanzitutto, una breve sintesi di
ciò che accade alla fine di Blair Witch. I due
sopravvissuti rimasti, James e
Lisa (Callie Hernandez), si
imbattono nella casa vista alla fine di The Blair Witch
Project. James vede una luce nella casa e crede che
Heather sia all’interno, quindi corre dentro per cercare di
trovarla. Lisa, terrorizzata, si rifiuta di entrare, finché il
frastuono e il caos nel bosco (per non parlare di una breve
apparizione della strega di Blair) la spingono a farlo. James cerca
freneticamente sua sorella e in una delle stanze della casa vede
quello che sembra essere il suo amico Peter
(Brandon Scott) in piedi in un angolo,
riecheggiando i momenti finali del precedente film.
Mentre corrono per la casa, sia Lisa
che James vedono la strega di Blair: una creatura alta e umanoide
con arti allungati. Come notato in precedenza nel film, Elly
Kedward è stata impiccata a un albero con delle pietre legate alle
braccia e alle gambe, come una sorta di patibolo improvvisato, il
che potrebbe spiegare l’aspetto della creatura. All’interno della
casa c’è anche Lane (Wes
Robinson), che era scomparso nel bosco in precedenza nel
film ed è tornato meno di un giorno dopo, sostenendo di aver vagato
per cinque giorni. Quando Lisa lo incontra di nuovo, Lane ha la
barba folta ed è stupito dal fatto che Lisa sia esattamente uguale
all’ultima volta che l’ha vista. Lane colpisce Lisa e poi la getta
in una botola che conduce a un tunnel, che lei è costretta ad
attraversare strisciando per fuggire.
Wes Robinson, Brandon Scott, Valorie Curry, Corbin Reid, James
Allen McCune, e Callie Hernandez in Blair Witch
Alla fine, il tunnel si apre in
un’altra parte del seminterrato, dove Lisa incontra Lane e lo
pugnala alla gola. James e Lisa si incontrano poi in soffitta, dove
una luce brillante splende brevemente attraverso le finestre e le
crepe nei muri, prima di svanire. I due decidono di stare in piedi
e guardare verso l’angolo, poiché le leggende suggeriscono che la
strega può ucciderli solo se la guardano direttamente. Tuttavia, la
strega inganna James facendolo voltare parlandogli con la voce di
sua sorella, e poi inganna Lisa facendola voltare parlandole con la
voce di James. Il film termina così con un’inquadratura dalla
telecamera caduta di Lisa, che alla fine sfuma nel nero. Allora,
cosa significa tutto questo e come si collega al film
originale?
Il salto temporale
L’abilità della strega di comprimere
e distorcere il tempo viene introdotta a metà del film, quando Lane
e Talia emergono dal bosco dopo aver trascorso
cinque o sei giorni senza luce solare, mentre per il resto del
gruppo è passato meno di un giorno. Questa oscurità senza fine
prende poi il sopravvento per il resto del film, sia perché la
notte è stata prolungata, sia (come potrebbe indicare il breve
lampo di luce attraverso le finestre della soffitta) perché il
giorno è stato estremamente accelerato. È chiaro che l’entità nel
bosco non solo può manipolare il tempo, ma può anche intrappolare
le singole persone nelle loro sacche di tempo separate.
Uno degli aspetti più discussi di
Blair Witch, anche se alcuni potrebbero non averlo
notato, è che il nastro trovato all’inizio del film è lo stesso che
Lisa registra durante la sua ultima, fatale corsa attraverso la
casa. Il nastro è stato in qualche modo rispedito indietro nel
tempo e lasciato come esca per attirare James e i suoi amici verso
la morte nei boschi. Da notare anche che la casa avrebbe dovuto
bruciare decenni fa e non è stata trovata da nessuna delle squadre
di ricerca che sono andate a cercare Heather, Mike e Josh.
Inoltre, l’albero colpito da un
fulmine fuori dalla casa alla fine del film è lo stesso albero dove
è stato trovato il nastro DV, ma quando Talia e Lane hanno trovato
il nastro la casa non c’era. Ciò indica che la casa – e, in
effetti, il resto del bosco – esistono in una dimensione separata,
dove il tempo si comporta in modo diverso rispetto al mondo
esterno. Si apre anche l’intrigante possibilità che i personaggi di
questo film possano aver effettivamente incrociato i personaggi di
The Blair Witch Project (ne parleremo più
avanti).
Wes Robinson in Blair Witch
La distorsione spaziale
In The Blair Witch
Project, i tre personaggi camminano tutto il giorno verso
sud, solo per ritrovarsi al punto di partenza. La spiegazione di
questo fenomeno non è chiara nell’originale: la strega ha
interferito con la loro bussola per farli camminare in tondo,
manipolando le loro menti per confonderli sulla direzione da
seguire, o ha fisicamente spostato la foresta che li circondava?
Essendo più esplicito nell’uso dello spazio impossibile,
Blair Witch indica che l’ultima possibilità è
quella corretta.
I forti rumori di schianti, boati e
scricchiolii che si sentono in tutto il film potrebbero benissimo
essere i suoni della foresta che si sposta fisicamente intorno ai
personaggi, per assicurarsi che non riescano a trovare la via
d’uscita. La telecamera del drone, durante il suo secondo volo,
mostra che la strada vicina è scomparsa e che tutt’intorno non c’è
altro che alberi. Questa manipolazione dello spazio è amplificata
quando James e Lisa entrano nella casa, che sembra spostarsi
intorno a loro (a un certo punto si sorprendono a trovarsi in
soffitta).
L’angolo non ti proteggerà
Una delle immagini iconiche di
The Blair Witch Project è Mike in piedi nel
seminterrato della casa, di fronte all’angolo. Il sequel chiarisce
l’importanza di questa posizione aggiungendo dettagli alla
leggenda: l’aspetto della strega è così terrificante che chiunque
la guardi morirà immediatamente. La questione è resa un po’ più
complicata dal fatto che la strega viene intravista numerose volte
prima che James e Lisa si mettano in piedi nell’angolo, quindi è un
po’ tardi per loro per evitare di vederla. In realtà, si potrebbe
sostenere che la regola di non guardare la strega sia solo una
strana credenza popolare e che stare di fronte all’angolo in realtà
non serva a proteggere le persone da lei.
Le voci
Come stabilito in The Blair
Witch Project, l’entità nel bosco può imitare le voci
delle persone come stratagemma per attirarle e indurle a cercare di
trovarla. Josh, ad esempio, viene sentito chiamare Mike e Heather
dopo che loro lo hanno sentito urlare tutta la notte, e Heather ha
trovato i suoi denti e il suo sangue all’interno di un fagotto
legato con strisce lacere della sua camicia. Anche Rustin Parr ha
detto di aver ucciso le sue vittime perché delle “voci” gli avevano
detto di farlo, ma non ha detto che quelle voci erano quelle della
strega.
Callie Hernandez in Blair Witch
Alla fine di Blair
Witch, la strega usa questo piccolo trucco per convincere
James e Lisa a voltarsi. Prima parla a James con la voce di Heather
(che né Lisa né il pubblico possono sentire). Poi, dopo che James è
stato presumibilmente ucciso, la strega usa la sua voce per
ingannare Lisa e convincerla a voltarsi (sia Lisa che il pubblico
possono sentirla, forse perché il filmato mostrato è registrato
dalla telecamera di Lisa).
Chi ha ucciso Heather, Mike e Josh?
Come accennato in precedenza, gli
elementi di viaggio nel tempo aggiungono una dimensione
interessante nel sequel. Alcuni fan hanno teorizzato che il nuovo
cast di personaggi potrebbe essere stato effettivamente nel bosco
contemporaneamente a Heather, Mike e Josh. Dopotutto, se la strega
può creare una notte perpetua, inviare nastri indietro nel tempo e
influenzare la quantità di tempo vissuta dai diversi personaggi,
allora colmare un divario di 20 anni non è certo fuori discussione.
Una possibile implicazione di ciò è che le figure stilizzate
trovate dal trio del primo film fossero in realtà quelle messe lì
da Lane e Talia (Valorie Curry).
Il fatto che Lane appaia dopo aver
trascorso un periodo di tempo considerevole alla mercé della strega
e aver eseguito i suoi ordini solleva anche la possibilità che
possa essere stato costretto a terrorizzare o addirittura uccidere
Heather, Mike e Josh. Dopotutto, James sente la voce di sua sorella
all’interno della casa e corre dentro per cercare di trovarla, il
che potrebbe essere uno scherzo della strega… o potrebbe essere
davvero Heather all’interno della casa. Alla fine di The
Blair Witch Project, lei corre davvero al piano superiore
(dove James vede la luce) e chiama Mike e Josh. Forse è questo che
James ha sentito e visto.
Infine, se accettiamo la possibilità
che James e Lisa fossero nella casa contemporaneamente a Heather,
Mike e Josh, è anche possibile che Rustin Parr abbia avuto un ruolo
nella morte di alcuni o di tutti loro. Anche se secondo la
tradizione della strega di Blair il serial killer fu giustiziato
nel 1941, potrebbe aver viaggiato un po’ nel tempo durante il
periodo trascorso nella casa. Quale che sia la
verità, Blair Witch gioca in modo
evidente con i propri personaggi e anche con gli spettatori,
distorcendo la percezione del reale per dar vita ad un nuovo
avvincente racconto dell’orrore.
Con Alpha
(qui
la nostra recensione), Julia Ducournau torna
dietro la macchina da presa dopo il successo di Titane, ma con un’opera profondamente diversa e più
intima. Se il film vincitore della Palma d’Oro era intriso di
corpi, metallo e trasformazioni scioccanti,
Alpha si muove su un terreno più delicato,
pur mantenendo lo sguardo radicale della regista francese. Al
centro della storia troviamo il rapporto madre-figlia, un tema che
Ducournau ha scelto di affrontare solo ora, dopo anni di
riflessione e rimandi, proprio per il suo carattere personale e
complesso.
Julia Ducournau ha
spiegato il film in occasione dell’incontro al Cinema Troisi di
Roma, il 17 settembre 2025, data in cui l’opera è stata presentata
in anteprima al pubblico italiano.
Madre e figlia: un legame
impossibile da recidere
Il cuore del film è l’emancipazione
dalla madre. Ducournau sottolinea come, per i cineasti, il film che
riguarda la figura materna arrivi spesso in un secondo momento
della carriera: affrontare il padre significa liberarsi da uno
sguardo esterno, mentre emanciparsi dalla madre implica staccarsi
da una fusione primordiale, da quel “sentirsi una cosa
sola” che continua a vivere dentro di noi. In questo senso,
dice Ducournau, “puoi uccidere il padre, ma non la madre”,
perché significherebbe eliminare una parte di sé stessi.
L’indipendenza dalla madre diventa quindi un’esperienza
paragonabile a una piccola morte, a un tramonto dell’anima.
Vita e morte: il crepuscolo
delle relazioni
L’opera si muove proprio su questo
terreno fragile, che la regista sceglie di trattare con dolcezza e
modestia, piuttosto che “con lo shock”. Alpha esplora il
momento della separazione dalla madre come un passaggio
esistenziale vicino al concetto di vita e morte: un arto che si
stacca, una parte di noi che non possiamo più recuperare. Da qui
nasce il tono crepuscolare e contemplativo del film.
La musica come voce interiore
dei personaggi
Un ruolo fondamentale è affidato
alla colonna sonora. Ducournau ha scelto le canzoni già in fase di
scrittura, rendendo il lavoro dei music supervisor “quasi
impossibile“: ogni brano è legato indissolubilmente ai
personaggi e ai loro stati d’animo. La musica non è semplice
accompagnamento, ma linguaggio: le lyrics diventano la voce
interiore dei protagonisti, come versi poetici.
Così, Let It Happen dei
Tame Impala diventa un anacronismo voluto, non
appartenente agli anni ’90 ma essenziale per il personaggio di
Alpha, che attraverso la canzone rivive il trauma infantile e
impara ad accettarlo. The Mercy Seat di Nick
Cave, registrata in una versione spoglia solo piano e voce
a Budapest, accompagna invece Amin, intrappolato tra vita e morte,
trasformandosi in un’affermazione di esistenza e urgenza vitale.
Infine, Roads dei Portishead porta con sé
un carico di nostalgia: il verso “How can it feel this
wrong?” riflette la crisi interiore dei personaggi e le
tensioni emotive del film, evocando le ferite collettive legate
agli anni ’80 e ’90, dall’Aids allo smarrimento generazionale. Il
brano, pur non incluso nella release ufficiale dello score, ha un
ruolo fondamentale nel tessuto emotivo dell’opera.
Golshifteh Farahani e Mélissa Boros in Alpha
Pietrificazione e
trauma
Uno degli elementi visivi più
potenti del film è la rappresentazione dei corpi che diventano
pietra. Ducournau lega questa scelta alla “società pietrificata”
dalla paura”: reprimere il trauma significa irrigidirsi, ammalarsi,
fino a sgretolarsi in polvere. Il marmo diventa allora doppio
simbolo: da un lato malattia e immobilità, dall’altro monumento e
santificazione della vita e della morte.
Il pensiero corre alle vittime
dell’Aids, del Covid, a tutte le persone che non abbiamo potuto
salutare. Con Alpha, Ducournau costruisce
un memoriale cinematografico, un monumento intimo ed eterno.
Il film nato dalla paura e
dalla memoria
Contrariamente a quanto avvenuto con
Titane, Ducournau ha dichiarato che
Alpha non nasce da un sogno. L’idea
l’accompagnava da anni, ma la scrittura vera e propria ha richiesto
circa un anno e mezzo. È stato un processo triste, che riflette
l’incertezza del nostro presente. La regista ha attinto alle paure
della sua infanzia negli anni ’90, quando cresceva convinta che
sarebbe stata la prossima a morire, in un mondo che vedeva
spegnersi intorno a lei.
Significato di
Alpha
Alpha è un’opera
sull’emancipazione più radicale, quella dal legame materno, e allo
stesso tempo un racconto sulla memoria collettiva delle crisi e
delle perdite che hanno segnato intere generazioni. I
corpi pietrificati, le canzoni che danno voce ai personaggi, il
tono crepuscolare e intimo: tutto converge a costruire un’opera che
parla di vita e morte con delicatezza, senza cercare la potenza
dello shock, ma con la dolcezza del ricordo e la potenza del
dolore.
Con Alpha, Julia
Ducournau conferma la sua volontà di sorprendere, di non
essere mai dove il pubblico si aspetta. Un film-memoriale, che
coniuga la fragilità del legame più primordiale con l’urgenza di
ricordare chi non c’è più.
Il finale del Jurassic
Park potrebbe non essere complicato come quello di
alcuni blockbuster fantascientifici, ma il thriller catastrofico di
Steven Spielberg sul “parco a tema andato
male” presenta diversi livelli di lettura che non tutti hanno colto
alla prima visione. Uscito nel 1993, Jurassic Park
è stato un enorme successo per Spielberg ed è diventato uno dei
rari blockbuster ad aver ottenuto sia il plauso della critica che
il successo commerciale.
Il film è infatti stato una vera e
propria rivoluzione, introducendo in maniera ancor più massiccia
l’utilizzo della computer grafica, qui utilizzata per ridare vita
sul grande schermo a dinosauri estintisi milioni di anni fa. Con la
semplice storia di un parco a tema popolato da dinosauri clonati
che presto si trasforma in un incubo, il film ha saputo fondere con
grande efficacia il commento sulla sperimentazione scientifica con
l’azione. In questo articolo, andiamo allora ad approfondire il
finale del film e il suo significato.
Perché il T-Rex salva gli esseri
umani nel finale di Jurassic Park
La ricomparsa a sorpresa del T-Rex
alla fine di Jurassic Park è un momento di azione
blockbuster profondamente soddisfacente, con la musica che cresce e
il mostro principale del film che salva accidentalmente gli umani
rimasti dai raptor. È un ottimo esempio di aspettativa sovvertita,
poiché lo spettatore a questo punto ha probabilmente dimenticato il
T-Rex, grazie alla tesa caccia dei raptor attraverso il centro
visitatori. Ma la scena ha uno scopo che va oltre quello
narrativo.
In termini tematici, l’immagine del
T-Rex in piedi tra le rovine del centro visitatori mentre cade lo
striscione di benvenuto è simbolicamente significativa, poiché
mostra che la vita troverà davvero “una via”, con il T-Rex che
sopravvive anche se il parco a tema per cui è stato creato va in
rovina. La vita creata per Jurassic Park prospera,
mentre l’arroganza e la presunzione che hanno cercato di contenerla
vanno in frantumi.
Alan Grant cambia profondamente come personaggio
L’evoluzione del personaggio del
dottor Alan Grant nel primo Jurassic Park
rispecchia ciò che il film cerca di dire sul “trovare una via”.
L’inquadratura di Sattler che guarda con approvazione Grant
assopito mentre i bambini riposano sulla sua spalla rappresenta la
sua crescita come personaggio. All’inizio del film, Grant che
terrorizza un bambino in visita allo scavo archeologico dimostra di
non essere bravo con i bambini, ma durante l’azione di
Jurassic Park, i bambini finiscono per affidarsi a
lui.
Grant, progressivamente, si
dimostrerà all’altezza della sfida. Il fatto che dormano sulla sua
spalla dimostra che ora è una figura paterna stabile, e il
personaggio di Neill, precedentemente distaccato, ha dimostrato
grande abilità nel ruolo di genitore che è stato costretto ad
assumere. Quando il film lascia alle spalle le isole di
Jurassic Park, la vita ha trovato un modo per
maturare e sviluppare il personaggio di Grant.
Cosa succede a Ray Arnold in Jurassic Park
Sebbene la sua morte non sia
mostrata sullo schermo, Ray Arnold è decisamente morto alla fine
dell’azione di Jurassic Park. Il motivo per cui
non lo si vede più dopo che è andato a riavviare manualmente il
sistema dell’isola è che i raptor sono riusciti a dargli la caccia
e ucciderlo, un destino fortemente suggerito dalla scoperta del suo
braccio mozzato da parte della Sattler.
Per una strana coincidenza, una
tempesta tropicale nella vita reale ha impedito alla produzione di
girare la scena della morte del personaggio di Samuel L. Jackson, lasciando alcuni spettatori
a interrogarsi sul suo destino. Anche se il suo smembramento non è
mai stato messo in scena, il personaggio è comunque canonicamente
deceduto, secondo la serie di Jurassic Park.
Il Jurassic Park è stato un
fallimento (ma ha ancora un futuro)
La fine di Jurassic
Park lascia in vita non solo Grant, Sattler, il dottor Ian
Malcolm e i bambini, ma anche il proprietario del parco John
Hammond (l’eccentrico miliardario che ha finanziato l’intera
impresa). Questo è importante, poiché il film descrive il
fallimento del parco come causato specificamente dalla decisione
pericolosa e maliziosa di Dennis Nedry di compromettere i sistemi
interni, piuttosto che dall’idea intrinsecamente letale di un parco
a tema sui dinosauri.
Nedry viene ucciso dopo aver causato
il fallimento del parco, e non c’è motivo di pensare che il parco
non avrebbe funzionato se lui non fosse intervenuto. Le azioni di
una manciata di cattivi, come Dennis Nedry e Dodgson (che ritorna
in Jurassic World – Il Dominio), hanno portato al
fallimento dell’omonimo parco, quindi, con Nedry neutralizzato, il
finale apre decisamente alla possibilità di tornare sulle isole per
cercare di rimediare ai suoi fallimenti nei sequel. Cosa che poi
con i film successivi è effettivamente avvenuta.
Cosa significano gli uccelli alla fine di Jurassic
Park
Lo stormo di pellicani visto dai
sopravvissuti seduti nell’elicottero alla fine di Jurassic
Park ha due significati metaforici. Sono i primi animali
normali che il gruppo vede dopo la capra divorata da un T-Rex fuori
campo all’inizio del film, quindi la loro presenza è un confortante
promemoria del fatto che i personaggi stanno tornando alla
normalità dopo la follia dell’omonimo parco. Tuttavia, all’inizio
del film, è stato anche fatto un paragone tra i dinosauri e gli
uccelli che si sono evoluti da essi.
Jurassic Park
utilizza questa scena anche per illustrare che, come i pellicani, i
dinosauri non sono necessariamente mostri, ma piuttosto solo
un’altra delle maestose creazioni della natura (anche se una delle
più pericolose) e, con gli esseri umani scomparsi e l’isola tutta
per loro, presto torneranno anche loro alla “normalità”. Inoltre,
in termini di narrazione pratica, vedere gli uccelli volare via
dall’isola ricorda agli spettatori che l’elicottero non è l’unico
mezzo in grado di lasciare Isla Nublar, preparando così il terreno
per i sequel.
Il vero significato del finale di Jurassic
Park
Jurassic Park
affronta dunque il tema dei pericoli insiti nel tentativo dell’uomo
di giocare a fare Dio, ma nel film di Spielberg l’esperimento di
Hammond non viene condannato in modo esplicito quanto il suo
intento di trarne profitto. La sua decisione di fidarsi di
dipendenti amareggiati e sottopagati come Dennis Nedry porta al
fallimento del parco a tema piuttosto che l’atto stesso di clonare
i dinosauri, e la sua scelta di clonare predatori più “emozionanti”
(leggi: redditizi) come il T-Rex mette in pericolo gli occupanti
del parco.
La sopravvivenza dei dinosauri di
Jurassic Park suggerisce che la vita “troverà una
strada”, indipendentemente dal fatto che le intenzioni malvagie di
Nedry o la ricerca del profitto di Hammond compromettano gli
esperimenti. Sattler, Grant e il resto del cast descrivono spesso i
dinosauri come bellissimi, nutrono una vera e propria venerazione
per loro e sono intimoriti dalla loro presenza.
Pertanto, il film suggerisce che i
dinosauri non sono mostri, ma gli esseri umani che li clonano
devono stare attenti, poiché la vita sopravviverà sempre anche se
gli esseri umani che cercano di controllarla non sono così
fortunati. I tentativi di Hammond di trarre profitto dalla
maestosità dei dinosauri vengono puniti con la distruzione del suo
parco, mentre i tentativi di Nedry di rubare il DNA dei dinosauri
vengono puniti in modo più diretto con la sua morte
raccapricciante.
Jane Got a
Gun (2015) rappresenta un capitolo peculiare nella
filmografia di Gavin O’Connor, regista noto per
film come Warrior e The Accountant, in cui i protagonisti
si trovano sempre a fare i conti con lealtà, conflitti personali e
un contesto ostile. In questo
western, O’Connor mantiene il suo interesse per i legami umani
e la tensione morale, declinandoli in un’ambientazione che richiama
il cinema classico americano. La produzione travagliata – con
regista e cast cambiati più volte – non impedisce al film di
mostrare la solidità del tocco registico di O’Connor.
Al
centro della vicenda spicca la presenza di Natalie Portman, non solo protagonista ma
anche produttrice del film, che interpreta una donna costretta a
difendere la propria famiglia in un mondo dominato dalla violenza
maschile. La sua Jane è una figura complessa, segnata dalla
sofferenza e dalla determinazione, in grado di dare al western una
sensibilità diversa da quella tradizionale. Accanto a lei, Joel Edgerton ed Ewan McGregor completano un cast che unisce
intensità e carisma, contribuendo a rendere il film più
stratificato di quanto possa apparire a prima vista.
Dal punto di vista del
genere, Jane Got a Gun si colloca nella tradizione
del western
crepuscolare, in cui i miti della frontiera vengono
rivisitati alla luce di un’umanità fragile e imperfetta. I temi
della vendetta, della resilienza e della sopravvivenza si
intrecciano con riflessioni su amore e fiducia tradita, richiamando
opere come Gli spietati di
Clint Eastwood o Il Grinta dei fratelli
Coen, dove i protagonisti si muovono in una
frontiera segnata dalla brutalità ma anche dalla ricerca di
riscatto. Nel prosieguo dell’articolo ci soffermeremo in
particolare sul finale del film, analizzandone significato e
implicazioni tematiche.
La trama di Jane Got a Gun
Jane Got a Gun è
incentrato su Jane Hammond (Natalie
Portman), che ha costruito una nuova vita con il
marito Bill “Ham” Hammond (Noah
Emmerich) dopo essere stati tormentati da una banda di
fuorilegge chiamati Bishop Boys. La coppia si ritrova però ancora
una volta nel mirino della banda quando Ham incappa in un duello
con Colin (Ewan
McGregor), capo della gang. Jane, che non ha nessuno a
cui rivolgersi, chiede quindi aiuto al suo ex fidanzato Dan
Frost (Joel
Edgerton). Perseguitata da vecchi ricordi, il passato
di Jane incontra il presente in una battaglia al cardiopalma per la
sopravvivenza.
La spiegazione del finale del film
Nel
terzo atto di Jane Got a
Gun, la tensione raggiunge il culmine quando la banda di
Bishop assedia la casa di Jane e Dan. Le trappole preparate nel
terreno esplodono, falciando gran parte dei fuorilegge, ma lo
scontro continua feroce e senza tregua. Per proteggere Ham, ormai
morente, i due lo nascondono sotto le assi del pavimento, ma le sue
ferite sono troppo gravi e l’uomo muore durante l’attacco. La
battaglia prosegue con Jane e Dan che, feriti ma determinati,
resistono ai pochi superstiti, fino a trovarsi faccia a faccia con
Bishop stesso.
Il
duello finale tra Jane e Bishop segna la vera resa dei conti.
Bishop riesce quasi a sopraffare Dan, ma Jane interviene alle sue
spalle, ribaltando la situazione. L’uomo tenta un ultimo disperato
ricatto emotivo, rivelando che Mary, la figlia che Jane credeva
morta, è ancora viva e prigioniera al bordello. Dopo un confronto
carico di odio e dolore, Jane lo uccide, ponendo fine a un capitolo
di violenza e soprusi. Con Dan, la donna si reca quindi al
bordello, libera Mary e la riporta con sé, riunendo finalmente una
famiglia segnata dalle cicatrici ma pronta a ripartire.
Il
finale assume una forte valenza simbolica: la morte di Ham non è
solo la perdita di un marito, ma la chiusura definitiva con un
passato di menzogne e colpe che non appartenevano del tutto a Jane.
La sua uccisione di Bishop diventa così un atto di liberazione, un
gesto che restituisce dignità a lei e alla sua famiglia. Al tempo
stesso, la rivelazione su Mary trasforma una tragedia in un nuovo
inizio, ribaltando il tema del lutto in quello della rinascita.
Per lo spettatore, il film suggerisce che la vera forza non risiede
nella violenza, ma nella resilienza e nella capacità di
sopravvivere alle ferite del destino. Jane emerge come un’eroina
atipica del western: non una vendicatrice spietata, ma una donna
che lotta per proteggere i propri cari, per non farsi più
sopraffare da uomini e potere. Il legame ricostruito con Dan
aggiunge inoltre un tocco di speranza, indicando la possibilità di
guarigione emotiva anche dopo anni di dolore.
In definitiva,
Jane Got a Gun lascia un messaggio chiaro: il
coraggio di affrontare i propri fantasmi e la determinazione a non
arrendersi possono cambiare il corso della vita. Il film trasforma
un racconto di sangue e vendetta in una riflessione sulla famiglia,
sull’amore ritrovato e sulla possibilità di ricominciare. Il
viaggio di Jane, da vittima a protagonista della propria storia,
diventa così un manifesto di resilienza e autodeterminazione
femminile all’interno di un genere tradizionalmente dominato dagli
uomini.
Dopo
la première mondiale di The Lost
Bus alla 50ª edizione del Toronto International Film
Festival, dove i critici hanno salutato il film come “un classico
istantaneo” e una “celebrazione del semplice eroismo, della
comunità e del superamento delle avversità” che “ti tiene con il
fiato sospeso e con il cuore in gola”, Apple Original Films ha
svelato un secondo trailer dell’attesissimo nuovo thriller diretto
dal candidato all’Oscar Paul Greengrass in arrivo
su Apple
TV+ il prossimo 3 ottobre.
Ispirato a fatti realmente accaduti, The Lost Bus
è una corsa ad alta tensione attraverso uno degli incendi boschivi
più letali nella storia degli Stati Uniti in cui uno sbandato
autista di scuola bus (il premio Oscar Matthew McConaughey) e un’insegnante
affettuosa (America Ferrera, vincitrice di Emmy,
SAG e Golden Globe) lottano per salvare 22 bambini intrappolati in
un inferno di fiamme. Oltre a McConaughey e Ferrera, il cast
include anche Yul Vazquez, Ashlie Atkinson e Spencer
Watson.
Scritto da Paul Greengrass e Brad Ingelsby, che sono anche
produttori esecutivi, il film è prodotto da Gregory Goodman,
Jason
Blum per Blumhouse Productions, Jamie Lee Curtis per Comet
Pictures ed è basato sul libro “Paradise: One Town’s Struggle to
Survive an American Wildfire” di Lizzie Johnson, anche lei
produttrice esecutiva come pure Amy Lord.
Oggi Apple TV+
ha presentato il trailer di The Last Frontier, la
nuova serie thriller ricca di azione dei creatori Jon
Bokenkamp (“The Blacklist”) e Richard D’Ovidio (“The
Call”), con protagonista e produttore esecutivo Jason Clarke (“Zero Dark Thirty”). Ambientata
nelle remote lande selvagge dell’Alaska, “The Last Frontier” farà
il suo debutto su Apple
TV+ il 10 ottobre con i primi due episodi dei dieci totali
seguiti da nuovi episodi ogni venerdì, fino al 5 dicembre.
La trama di The Last Frontier
The Last Frontier segue Frank
Remnick (Clarke), l’unico sceriffo federale responsabile delle
tranquille e aspre lande dell’Alaska. La giurisdizione di Remnick
viene sconvolta quando un aereo che trasportava detenuti precipita
nella remota regione selvaggia, liberando decine di violenti
detenuti. Incaricato di proteggere la città che ha giurato di
mantenere al sicuro, Remnick comincia a sospettare che l’incidente
non sia stato casuale, ma il primo passo di un piano ben congegnato
con implicazioni di vasta portata e devastanti.
Oltre a Clarke, il cast include Dominic Cooper (“The Gold”),
Haley Bennett (“I magnifici 7”), Simone Kessell (“Yellowjackets”),
Dallas Goldtooth (“Reservation Dogs”) e Tait Blum (“For All
Mankind”), insieme alla candidata all’Oscar e vincitrice di
numerosi Emmy Alfre Woodard (“Clemency”).
Prodotta da Apple Studios, “The Last Frontier” è
prodotta da Bokenkamp e D’Ovidio, che sono anche gli
sceneggiatori, insieme a Clarke, Laura Benson (“The Big C”), Glenn
Kessler (“Bloodlines”), Albert Kim (“Nikita”) e il regista della
serie Sam Hargrave (“Extraction”).
È disponibile il teaser trailer di “Mrs Playmen”, la nuova serie
Netflix in 7 episodi prodotta da Aurora TV e
ispirata alla storia di Adelina Tattilo, editrice della più nota
rivista erotica italiana.
La serie sarà disponibile
solo su Netflix dal 12 novembre.
Il cast e la trama di Mrs
Playmen
Nel cast, Carolina Crescentini (Adelina Tattilo),
Filippo Nigro (Chartroux), Giuseppe Maggio
(Luigi Poggi), Francesca Colucci (Elsa), Domenico Diele (Andrea De
Cesari), Francesco Colella (Saro Balsamo), Lidia Vitale (Lella),
Giampiero Judica (Don Rocco). La serie è diretta da Riccardo Donna
e scritta da Mario Ruggeri, head writer, insieme agli autori
Eleonora Cimpanelli, Chiara Laudani, Sergio Leszczynski e
Alessandro Sermoneta.
Adelina Tattilo è Mrs.
Playmen, direttrice della prima rivista erotica italiana e una
forza rivoluzionaria nella Roma conservatrice e moralista degli
anni ’70. Un’imprenditrice pionieristica in un’epoca in cui le
donne erano relegate al ruolo di madri e casalinghe; una cattolica
devota, ma anche un’audace anticonformista, in prima linea nelle
battaglie per il divorzio, il diritto all’aborto e l’emancipazione
femminile. Quando il marito, Saro Balsamo, la abbandona lasciandola
sola ad affrontare i creditori come unica proprietaria di un impero
sull’orlo del collasso, Adelina non si arrende. Reinventa Playmen
trasformandola in una pubblicazione sofisticata e all’avanguardia
e, sfidando il maschilismo radicato dell’epoca, riunisce attorno a
sé un team di intellettuali brillanti, creativi audaci e fotografi
visionari. Insieme, abbattono tabù, provocano l’establishment e
accendono una rivoluzione culturale, numero dopo numero, scandalo
dopo scandalo.
Mrs Playmen: la storia di
una rivista che ha riscritto le regole della società italiana.
L’autrice Jenny
Han ha affrontato le principali modifiche apportate al
libro dalla terza stagione di L’estate nei tuoi
occhi, dopo la recente uscita del finale della serie.
L’episodio 11 della terza stagione, intitolato “At Last”, rivela
infatti finalmente con quale dei fratelli Fisher
Belly (Lola Tung) si mette
insieme, dopo essersi presa del tempo per sé stessa durante un
lungo soggiorno a Parigi.
Nonostante una stagione drammatica e
piuttosto controversa, Belly ha trovato il suo posto nel mondo nel
finale della serie, felice e in una relazione con
Conrad (Christopher Briney) a
Cousins. Questo riflette ciò che accade nell’ultimo libro di Han,
We’ll Always Have Summer, anche se ci sono alcune
differenze evidenti tra gli ultimi tre episodi della serie e gli
ultimi capitoli del libro.
La serie ha essenzialmente ripreso
da dove il libro si era interrotto, approfondendo le conseguenze
del matrimonio fallito tra Jeremiah (Gavin
Casalegno) e Belly e la vita di Belly all’estero. Durante
un’intervista con The Hollywood Reporter, Jenny Han ha ora
descritto come ha deciso di apportare questi cambiamenti, ponendosi
una domanda fondamentale: cosa è più importante per il
pubblico?
“C’erano alcune cose non
negoziabili per me in termini di ciò che volevo mantenere dal
libro. Ma sono sempre stata aperta durante tutto il processo. Mi
chiedo: “Cosa penso che il pubblico abbia bisogno di vedere?”
L’episodio 8 di 11 è dove il libro finiva, in un certo senso. Non
hai letto le conseguenze di cosa significhi interrompere un
matrimonio tra queste due famiglie che si conoscono da tutta la
vita. Vedere Belly andare a Parigi, vederla crescere in quel
periodo, diventare se stessa e mettersi alla prova, erano cose che
sapevo di voler aggiungere. Era solo una questione di come
raccontarlo, ma ho sempre saputo quale forma avrebbe
preso”.
Cosa ha significato questo per la
terza stagione di L’estate nei tuoi occhi (e per
il suo finale)
In pratica, il desiderio di Han di
esplorare più a fondo le vite di Belly, Conrad e Jeremiah al di là
del disastro del matrimonio ha fatto sì che la terza stagione di
L’estate nei tuoi occhi fosse più lunga di
qualsiasi stagione precedente, dopo che la prima stagione aveva
prodotto solo sette episodi e la seconda stagione era composta da
otto episodi.
Presumibilmente, questa è stata una
decisione facile per Prime Video. L’estate nei tuoi
occhi è uno degli show di maggior successo che abbiano mai
creato, dominando le classifiche di streaming ogni settimana da
quando la terza stagione è stata trasmessa per la prima volta a
luglio. Semmai, la durata prolungata e la pubblicazione settimanale
dello show ne hanno solo aumentato la popolarità.
Dal punto di vista narrativo,
tuttavia, la decisione di Han di prolungare la storia ha
significato che i personaggi e le loro relazioni reciproche sono
stati esplorati in modo molto più dettagliato. Il desiderio di
Belly di riscoprire la sua autonomia, la natura altruista di Conrad
e la paura di Jeremiah di rimanere solo hanno tutti giocato un
ruolo fondamentale negli ultimi episodi della serie.
Se questi nuovi momenti dei
personaggi abbiano funzionato per il pubblico è tutta un’altra
questione. Ad ogni modo, è stato rivelato che è in sviluppo un film che concluderà
la vicende di Belly e probabilmente racconterà ciò che ad oggi
è rimasto fuori dal terzo libro. Per cui, sarà ancora possibile
vedere un finale “coerente” con quello del romanzo di Han.
Con la scomparsa di Chance Perdomo avvenuta prima della
seconda stagione di Gen V (leggi qui la recensione), il
pubblico potrebbe rimanere con delle domande sul destino del suo
personaggio, Andre. Il cast della seconda stagione
di Gen V si conferma infatti privo di uno dei suoi
protagonisti più importanti, a seguito della tragica scomparsa
dell’attore ventisettenne nel marzo 2024.
La trama della seconda stagione
riprende così dopo un notevole salto temporale, con il colpo di
scena della prima stagione ormai un lontano ricordo. Marie, Andre e
altri personaggi erano stati imprigionati, ma da allora sono stati
rilasciati e costretti a fare i conti con tutto ciò che è successo,
il loro ritorno alla Godolkin University e gli Stati Uniti ormai
essenzialmente sotto il controllo di Homelander.
Cosa è successo ad Andre nella seconda stagione di Gen
V
La premiere della seconda stagione
di Gen V rivela subito che Andre è morto tra una
stagione e l’altra. Dopo la scomparsa di Perdomo, i produttori di
Gen V hanno rivelato: “Non ricopriremo il
ruolo, perché nessuno può sostituire Chance”. Anche se è
triste per la serie, questa è stata la scelta giusta e offre alla
serie un modo per onorare autenticamente la sua eredità.
In linea con il suo personaggio
nella stagione 1, l’episodio 2 della stagione 2 di Gen
V rivela che Andre è morto cercando di salvare i suoi
amici in cattività. Il gruppo ha trovato un tubo di manutenzione da
utilizzare per la fuga, ma Andre si è rifiutato di andare finché
tutti gli altri non fossero usciti. Marie si sente in colpa per
questo, poiché è fuggita prima della sua morte, e i suoi amici la
incolpano in parte per l’incidente. Un altro elemento importante
della trama è il modo in cui Godolkin e Vought tentano di
insabbiare la morte di Andre.
Come al solito nella serie
The Boys, tutto è una trovata pubblicitaria. Marie
e compagni vengono riportati da Godolkin e invitati a reintegrarsi,
comportandosi come se tutto fosse normale. È solo alla fine
dell’episodio 3 della seconda stagione di Gen V
che il pubblico viene a conoscenza della verità. Mentre Jordan è
sul palco a tenere un discorso, viene data la notizia alla folla,
rivelando che Andre è morto e che l’intera vicenda è stata
insabbiata.
Come Gen V onora Chance Perdomo attraverso la
morte di Andre
È evidente che Chance Perdomo
significava molto per il cast, la troupe e tutti coloro che erano
coinvolti nella serie TV. Nonostante la natura spesso depravata di
questo franchise, Gen V si prende il tempo per
alcuni momenti cupi e riflessivi che onorano Perdomo attraverso il
suo personaggio.
La narrazione di Jordan nella
seconda stagione di Gen V, episodio 3, è
particolarmente incentrata sull’eredità di Chance Perdomo. È bello
vedere che, nonostante la tragica tragedia, il lavoro dell’attore
avrà un impatto duraturo su una serie TV e un franchise molto
amati.
Apple
TV+ ha acquisito i diritti della miniserie in otto
episodi The Off Weeks, con Jessica Chastain (George & Tammy) e
Ben Stiller (Scissione) nel ruolo di
protagonisti e produttori esecutivi. Come riportato da Deadline, Michael
Showalter (The Idea of You, The Dropout) sarà il
regista e produttore esecutivo insieme ad Alissa
Nutting (Made For Love), che ricoprirà anche il
ruolo di showrunner.
Il progetto segue le vicende del
professore di scrittura Gus Adler, la cui vita è stata sconvolta
dal divorzio. Gus fatica a tenere insieme le cose durante le
“settimane di presenza”, quando ha la custodia dei figli. Ma nelle
“settimane di assenza” si innamora pericolosamente di Stella West,
una donna misteriosa il cui arrivo mette in rotta di collisione
fatale i doveri di Gus durante le settimane di presenza e le sue
ambizioni durante quelle di assenza.
Stiller e Chastain hanno già
collaborato al film d’animazione Madagascar 3: Ricercati in Europa, prestando le loro
voci rispettivamente ad Alex, un leone, e Gia, una giaguara.
Stiller e Showalter hanno invece lavorato insieme alla miniserie
Apple TV+ The Shrink Next Door. Ben
Stiller sarà anche produttore esecutivo di The Off
Weeks per Red Hour insieme a John Lesher, mentre Jessica Chastain sarà produttrice esecutiva
insieme a Kelly Carmichael per Freckle Films. Showalter, che dirige
e ha sviluppato il progetto con Semi-Formal Productions, è
produttore esecutivo insieme a Jordana Mollick.
Paul Lee e Gabriel Fisher sono
produttori esecutivi per wiip. Peter Principato, Allen Fischer e
Brian Steinberg sono produttori esecutivi per Artists First. Anche
Dean Bakopoulos (Made for Love) è produttore esecutivo. Il progetto
è inoltre un’estensione del rapporto di Stiller con la piattaforma
di streaming, che ha recentemente celebrato il successo della serie
Scissione,
con Adam Scott, agli Emmy Awards. La serie ha
ricevuto 27 nomination e otto premi, tra cui quello per la migliore
attrice protagonista a Britt Lower e quelli per il
miglior attore non protagonista e la migliore attrice guest star in
una serie drammatica rispettivamente a Tramell
Tillman e Merritt Wever.
Matt Reeves ha
rivelato alcuni nuovi dettagli su The
Batman – Parte II. In un’intervista sul red
carpet con Josh Horowitz, Reeves ha infatti detto che
l’attesissimo sequel – le cui riprese inizieranno nella primavera
del 2026 – si concentrerà maggiormente sul personaggio di Bruce
Wayne, dato che “il primo è così incentrato su Batman”.
Reeves ha poi sottolineato che nei film precedenti, la storia delle
origini è spesso il fulcro del background di Wayne, ma con il
sequel i fan vedranno l’uomo dietro la maschera in modi nuovi.
“In molti altri film, che adoro,
una volta superata la storia delle origini, cosa che noi non
abbiamo fatto del tutto, ma abbiamo fatto qualcosa che rimandava
alle sue origini, si inizia a raccontare la storia della Rogues
Gallery e l’arco narrativo di quel personaggio”, ha detto
Reeves. “Ma non ho mai voluto perdere [Robert Pattinson] al centro di queste
storie, e quindi questo è proprio l’obiettivo che ci siamo
prefissati”.
Il regista di Cloverfield e
L’alba del pianeta delle scimmie ha poi spiegato che il
nuovo punto di vista del sequel è stato un fattore cruciale nella
scelta del cattivo. Ha dunque anticipato che l’antagonista di
The Batman – Parte II “non è mai stato davvero
rappresentato in un film prima d’ora”. Questo alimenta le
teorie su chi potrebbe essere il principale villain. Si esclude
così che il Joker di Barry Keoghanpossa prendere il
centro della scena, mentre il già precedentemente citato Hush
guadagna probabilità. Ma c’è anche la forte possibilità che il
villain sia un nome ancora mai menzionato.
Tutto quello che sappiamo su
The Batman – Parte II
The
Batman – Parte II è uno dei film più attesi del nuovo
panorama DC, ma il suo percorso produttivo non è stato privo di
ostacoli. Inizialmente previsto per ottobre 2025, il sequel diretto
da Matt Reeves è stato rinviato al 1°
ottobre 2027. I ritardi sono stati giustificati da
esigenze legate alla scrittura della sceneggiatura e al calendario
riorganizzato della DC sotto la nuova guida di James Gunn e Peter Safran,
che stanno ristrutturando l’intero universo narrativo. Nonostante
ciò, Reeves ha confermato che
le riprese inizieranno nella primavera
2026 e Gunn ha recentemente letto la
sceneggiatura, definendola “grandiosa”, un segnale incoraggiante
per i fan.
Sul fronte del cast, è confermato il
ritorno di Robert Pattinson nei panni di Bruce
Wayne/Batman, all’interno dell’universo narrativo alternativo noto
come “Elseworlds”, separato dal DCU principale. Dovrebbero tornare anche Jeffrey Wright come il commissario Gordon e
Andy Serkis nel ruolo di Alfred. I rumor più
insistenti ruotano attorno alla possibile introduzione di
Hush e Clayface (che avrà inoltre un film tutto suo)
come villain principali, anche se nulla è stato ancora
ufficializzato. C’è chi ipotizza un ampliamento del focus sulla
corruzione sistemica di Gotham, riprendendo i toni noir e
investigativi del primo capitolo, con Batman sempre più immerso in
un mondo in cui la linea tra giustizia e vendetta si fa
sottile.
Per quanto riguarda la
trama, le indiscrezioni suggeriscono un’evoluzione
psicologica per Bruce Wayne, alle prese con le conseguenze delle
sue azioni e un Gotham sempre più caotica, anche dopo gli eventi
della serie spin-off The Penguin con Colin Farrell (anche lui probabile membro del
cast). Alcune fonti parlano di un possibile scontro morale con
Harvey Dent, figura ambigua per eccellenza, o di un Batman
costretto a confrontarsi con i limiti del suo metodo. Al momento,
tutto è però ancora avvolto nel riserbo, ma la conferma della
sceneggiatura completa e approvata lascia ben sperare per l’inizio
delle riprese entro l’autunno e per un sequel che promette di
essere ancora più cupo, ambizioso e introspettivo.
Reeves spera naturalmente che il suo
prossimo film su Batman abbia lo stesso successo del primo.
The Batman del 2022 ha avuto un’ottima performance
al botteghino, incassando oltre 772 milioni di dollari in tutto il
mondo e ottenendo un ampio consenso da parte della critica. Queste
recensioni entusiastiche sono state portate avanti nella stagione
dei premi, visto che il film ha ottenuto quattro nomination agli
Oscar. Nel frattempo, Reeves ha espanso la serie DC
Elseworld con la già citata serie spin-off di Batman,
The Penguin, disponibile su Sky e NOW, per
l’Italia.
La durata di Wicked
– Parte 2 (Wicked: For Good) è stata
ufficialmente confermata in vista della sua uscita nelle sale il 21
novembre. Seguito del grande
successo del 2024 Wicked, la seconda parte
dell’adattamento teatrale per il grande schermo vedrà Cynthia Erivo
nei panni di Elphaba e Ariana Grande in quelli di Glinda alle prese
con un’amicizia incrinata in un contesto di conflitto sempre più
aspro a Oz.
Secondo AMC,
la durata di Wicked – Parte 2 (Wicked: For Good) è
stata confermata in 2 ore e 18 minuti, il che è piuttosto
sorprendente considerando la lunga durata di
Wicked, pari a 2 ore e 40 minuti. Lo spettacolo di
Broadway, che è stato diviso in due parti per l’adattamento
cinematografico, dura circa 2 ore e 45 minuti, compreso un
intervallo di 15 minuti.
Il primo film, della durata quasi
pari a quella dello spettacolo, ma che copre solo metà della
storia, ha suscitato qualche perplessità lo scorso anno, ma ciò non
ha impedito a Wicked di battere i record al botteghino e di
ottenere recensioni entusiastiche. La durata estesa di entrambi i
film ha permesso all’adattamento di approfondire alcuni elementi
dello spettacolo che erano stati trattati in modo affrettato.
Inoltre, la durata di Wicked –
Parte 2 (Wicked: For Good) tiene conto delle nuove
canzoni di Elphaba e Glinda, i cui titoli sono stati rivelati
essere rispettivamente “No Place Like Home” e “Girl in the
Bubble”. Secondo quanto riferito, anche il prossimo film sta
provando cose nuove, tra cui la modifica della trama della sorella
di Elphaba, Nessarose (Marrise Bode), e la divisione di “Thank
Goodness” in due numeri musicali.
Cosa significa questa durata
per Wicked – Parte 2 (Wicked: For Good)
È logico che la prima metà di
Wicked abbia una durata maggiore, anche se la seconda metà è
senza dubbio quella in cui si potrebbero aggiungere più elementi
alla storia. Ci sono più canzoni e più lunghe nel primo atto
della produzione di Broadway, mentre il secondo atto non
descrive in modo completo gli sforzi di Elphaba per combattere il
regime del Mago (Jeff
Goldblum sullo schermo).
Detto questo, Wicked – Parte 2
(Wicked: For Good)è comunque un film piuttosto lungo.
La cosa sorprendente è che non ha superato le due ore e mezza.
Quindi, c’è ancora molto tempo per approfondire le dinamiche tra i
due protagonisti e Fiyero (Jonathan Bailey), mostrare più dettagli
della vita di Elphaba come Strega Malvagia dell’Ovest e,
naturalmente, includere altre canzoni mozzafiato.
Margot Robbie spiega perché vuole
“rifare” la sua interpretazione “non molto buona” nel
film di Martin ScorseseThe Wolf of Wall Street, che l’ha resa
famosa.
Scorsese ha scelto Margot
Robbie, allora sconosciuta, per il ruolo di Naomi nel suo
film sul truffatore di Wall Street Jordan Belfort, gettandola
nell’acqua profonda insieme a Leonardo DiCaprio nei panni di
Belfort.
La divertentissima incursione di
Robbie e DiCaprio dietro le quinte di Wall Street è stata per lo
più elogiata dalla critica, ottenendo il 79% su Rotten
Tomatoes e l’83% dal pubblico. Il film è stato anche un
successo al botteghino, incassando 407 milioni di dollari con un
budget di circa 100 milioni.
La stessa Robbie ha ricevuto un
immediato impulso alla sua carriera, recitando in seguito in grandi
film di successo come Suicide Squad, insieme a film candidati
all’Oscar come I, Tonya, che le è valso una nomination come
migliore attrice. Il suo ultimo film, A Big Bold Beautiful Journey, uscirà il 19
settembre.
Nonostante abbia ricevuto ampi
consensi per la sua interpretazione in Wolf of Wall Street,
che l’ha resa famosa, Robbie non è soddisfatta del lavoro che ha
fatto nel film, dicendo adScreenRant in
un’intervista per A Big Bold Beautiful Journey che
“rifarebbe” il ruolo di Naomi se potesse:
Oh wow. Mi piacerebbe rifare il
mio ruolo in The Wolf of Wall Street solo perché ero così giovane e
non credo di essere stata molto brava a recitare all’epoca. Penso
che ora potrei fare molto meglio. Mi piacerebbe tornare indietro e
farlo meglio.
Cosa significa questo per
Margot Robbie e Wolf of Wall Street
Interpretare la combattiva Naomi ha
lanciato la carriera di Robbie su una nuova traiettoria, ma
inizialmente pensava di aver perso il ruolo a causa di un incidente
ormai famoso accaduto durante l’audizione, quando ha improvvisato e
ha schiaffeggiato DiCaprio, pensando inizialmente di essere nei
guai (tramite
Harper’s Bazaar):
Ma un’altra parte del mio cervello
ha avuto un clic e mi sono semplicemente lanciata, Whack! L’ho
colpito in faccia. E poi ho urlato: “Vaffanculo!”. E questo non era
affatto nel copione. La stanza è diventata silenziosa e io mi sono
bloccata.
Lungi dall’essere arrabbiati con la
giovane attrice, Scorsese e DiCaprio sono rimasti entusiasti
della violenta improvvisazione di Robbie e hanno immediatamente
deciso di scritturarla per il ruolo di Naomi.
Quella non è stata l’unica volta in
cui Robbie ha dato il massimo per The Wolf of Wall Street. Quando
nel programma delle riprese è stata inserita una scena di nudo
integrale, Scorsese le ha detto che poteva indossare un accappatoio
se si sentiva a disagio, ma Robbie ha rifiutato, accettando di
girare la scena di nudo perché riteneva che fosse giusto per il suo
personaggio (via Talking
Pictures):
Il punto è che lei uscirà
completamente nuda: questa è la carta che sta giocando in questo
momento.
Robbie ha anche descritto in
dettaglio le riprese della scena di The Wolf of Wall Street in cui
lei e DiCaprio fanno sesso su una montagna di soldi, rivelando che
le sono rimasti dei tagli causati dalla carta.
Da queste storie è evidente che
Robbie era disposta a fare qualsiasi cosa per il suo ruolo in The
Wolf of Wall Street, anche a rischio di brutti tagli con la carta,
e quella dedizione è parte del motivo per cui è riuscita a lasciare
un’impressione così indelebile nei panni di Naomi. Tuttavia,
l’attrice ha dei dubbi sulla sua interpretazione, come ha ora
rivelato.
La timeline del DCU è appena iniziata, però, dato che ci
sono altri film e serie TV in lavorazione presso la DC Studios.
Mentre molti progetti hanno visto la partecipazione di alcuni dei
precedenti collaboratori di Gunn, uno di loro sta aspettando di
ricevere la chiamata dall’ex regista del Marvel Cinematic Universe.
In una recentemente intervistato
con ScreenRant Bautista per il suo nuovo film Afterburn, in cui è
stato menzionato la DC, dopo la rivelazione che il veterano
dell’MCU era stato quasi scritturato per interpretare Peacemaker
nel film The Suicide Squad del 2021. Quando a
Bautista è stato chiesto se avesse avuto dei colloqui con Gunn
riguardo all’interpretazione di un personaggio diverso nella sua
serie, l’attore ha risposto quanto segue:
Dave Bautista:(Ride) No. Sai, li ricontatto continuamente per vedere se c’è
qualcosa, perché vorrei far parte di quel mondo. Non voglio dire
che sono deluso, ma circa un anno fa speravo davvero di ricevere
una telefonata da James che mi dicesse: “Ehi, amico, abbiamo
qualcosa per te”.
Ma continuo a sentire dire che
mi stanno prendendo in considerazione per qualcosa, ma non so cosa
sia. E non ho avuto notizie direttamente né da James né da Peter.
Ma vorrei davvero far parte di quel mondo, sai, speravo di andare
lì e fare qualcosa con loro, ma non ho ricevuto alcuna notizia. E
non sto diventando più giovane.
Cosa significano i commenti
di Dave Bautista sulla DCU
Dato che la DC Studios è ancora
agli inizi con la sua nuova continuity, c’è tutto il tempo per
inserire la star di Afterburn nel franchise di supereroi rilanciato
da Gunn. Anche se alcuni ex collaboratori dell’MCU hanno già
aderito al franchise, ce ne sono ancora alcuni importanti che
non l’hanno fatto, anche se Gunn ha detto di avere in mente dei
ruoli per loro.
La nuova serie poliziesca della
HBO, che sta dividendo nettamente critici e pubblico, è
balzata in cima alle classifiche di streaming dopo solo due
episodi. Le acclamate serie poliziesche della HBO non sono una
novità per il network, dalle recenti serie come True
Detective –
stagione 4 e serie come I Soprano e The
Wire, spesso considerati tra le migliori serie TV di tutti i
tempi.
La più recente è Task, una serie
che segue il gioco del gatto e del topo tra l’agente dell’FBI Tom
Brandis (Mark Ruffalo) e Robbie Prendergrast
(Tom Pelphrey), padre di famiglia di giorno e
rapinatore di case di notte. La serie è stata creata da Brad
Ingelsby, noto soprattutto per l’acclamata
Omicidio a Easttown. Task ha ottenuto elogi
simili dalla critica, ottenendo un punteggio dell’89% su Rotten
Tomatoes.
Task ha però faticato a
conquistare il pubblico, ottenendo solo il 65% su Popcornmeter.
Tuttavia, secondo sia FlixPatrol che HBO Max, questo non ha
impedito alla serie di spiccare il volo in streaming. Secondo i
dati del 17 settembre 2025, Task è al primo posto su HBO
Max, raggiungendo il primo posto anche nella maggior parte dei
singoli paesi, compresi gli Stati Uniti.
Cosa significa il successo di
Task in streaming per il crime drama
Le recensioni di Task
sono state incredibilmente positive, elogiando i personaggi
e i dialoghi, oltre al modo in cui intreccia la narrazione
malinconica dei suoi personaggi principali. Ma questa è solo
l’opinione dei critici. Secondo il pubblico, la serie ha
un’atmosfera deprimente e prestazioni scadenti, con molti contrasti
negativi rispetto a Omicidio a Easttown.
Tuttavia, sembra che le recensioni
online non riflettano appieno il modo in cui il pubblico sta
approcciando la serie. La serie sta superando Peacemaker – stagione 2 e The
Pitt, consolidandosi come una delle principali serie TV
poliziesche nel catalogo della HBO. Anche se alcuni spettatori non
apprezzano la serie, il numero di quelli che la guardano è
sufficiente per giustificarne il successo.
È arrivato il trailer del finale di
stagione di Alien: Pianeta
Terra, che mostra lo Xenomorfo e Wendy pronti ad
attaccare dopo la devastante morte dell’ultimo episodio. La
storia di Alien: Pianeta Terra è giunta al
culmine, con l’episodio 7 che ha visto la morte sia di Arthur che
di Nibs mentre il caos si diffondeva su Neverland Island. Wendy ha
controllato anche il suo Xenomorfo, mentre Kirsch ha catturato i
soldati della Weyland-Yutani, tra cui Morrow.
Ora, FX ha pubblicato un nuovo
trailer di Alien: Pianeta Terra, che rivela Wendy e il
suo Xenomorfo mentre pianificano una fuga sanguinosa dalla
struttura di ricerca di Prodigy. Le immagini includono Dame
Sylvia sconvolta mentre guarda i video dei bambini, Morrow che
forse fugge con l’aiuto di Slightly e lo Xenomorfo che miete
vittime all’interno del laboratorio di Neverland Island. Guarda il
trailer qui sotto:
Cosa significa il trailer
dell’episodio 8 di Alien: Earth per il finale
Alien: Pianeta Terra episodio 7 si è concluso con la
morte scioccante di due personaggi molto importanti, con Nibs che è
quello che colpisce di più Wendy. Naturalmente, quando scoprirà
cosa è successo ad Arthur, che è sempre stato gentile con lei,
questo influenzerà probabilmente la sua fuga. Litigando con Joe nel
trailer, sembra che sia disposta a uccidere per fuggire.
Per quanto riguarda gli altri
ricercatori sull’isola di Neverland, gli eventi sembrano aver
scosso Boy, che sta guardando Wendy su uno schermo. Il legame di
Dame con i bambini sottolinea anche quanto sarà emotivamente
difficile per lei scoprire di averne perso uno insieme al marito.
Sembra che la storia di ogni personaggio di Alien: Pianeta
Terraraggiungerà il suo apice tutto in una
volta.
Il trailer lascia anche alcuni
elementi segreti fino all’arrivo dell’episodio. Kirsch spara a
qualcuno o qualcosa nel laboratorio, ma non è chiaro a chi. C’è
anche la natura dell’Ocellus, che si è rivelato parte di una
civiltà avanzata, spingendo Boy a considerare un soggetto umano
attualmente sconosciuto in cui farlo entrare. È chiaro che si
scatenerà il caos per tutte le parti coinvolte.
Lo spin-off dell’FBICIAha scritturato un’altra star di
One Chicago per un ruolo importante. La prossima serie della
CBS vede Tom Ellis nei panni di un agente della CIA che
agisce in modo spregiudicato e poco ortodosso, mentre il suo
partner, interpretato da Nick Gehlfuss, è un agente dell’FBI e un
fervente sostenitore delle regole.
Dopo che i personaggi di Ellis e
Gehlfuss vengono assegnati alla stazione della CIA di New York,
devono imparare a collaborare nonostante le loro personalità e il
loro approccio alla legge siano drasticamente diversi. Anche
Michael Michele fa parte del cast nel ruolo di capo della stazione
della CIA di New York.
Secondo Deadline,
Natalee Linez entra ora a far parte del cast fisso
di CIA. Interpreterà Gina Rojas, analista della CIA e membro
chiave della squadra principale. Linez ha già recitato nella
dodicesima stagione di Chicago P.D., dove ha interpretato il ruolo di
Valeria Soto.
Cosa significa questo per
CIA
Mentre il cast principale di
CIA continua a prendere forma, Linez è un’aggiunta
interessante che non solo ha già lavorato con One
Chicago, ma ha anche già collaborato con Ellis in passato.
Linez ed Ellis hanno fatto parte del cast della
seconda stagione di Tell Me Lies, con Ellis nel ruolo di
Oliver e Linez in quello di Lydia Montgomery.
Grazie alla sua esperienza con le
serie TV procedurali e alla collaborazione con Ellis, Linez è la
persona giusta per diventare un personaggio fisso di CIA.
Avere due star di One Chicago nei ruoli principali è anche
una mossa intelligente che contribuirà ad attirare più fan
dell’amata serie della NBC.
Oltre ai suoi ruoli in Chicago
P.D. e Tell Me Lies, Linez è apparsa in singoli
episodi di altre serie procedurali, tra cui 9-1-1 e
CSI: Vegas, ma CIA è il suo ruolo più importante in
questo genere. Mentre Ellis e Gehlfuss saranno i volti della serie,
Linez sarà anche un personaggio chiave che contribuirà a definire
lo show quando debutterà sulla CBS nel 2026.
In copertina: Tom
Ellis della CIA arriva al CBSFEST 2025-2026: annuncio del
programma tenutosi presso i Paramount Studios. Foto di Image Press
Agency via Depositphotos.com
Il prossimo spin-off di Yellowstone,
intitolato The Dutton Ranch, vede una star di DC nel
ruolo perfetto. Lo spin-off è uno dei tanti in lavorazione
nell’universo Yellowstone di Taylor Sheridan.
Il
cast di The Dutton Ranch è guidato da
Kelly Reilly e Cole Hauser, che riprendono i ruoli di
Beth Dutton e Rip Wheeler, insieme a Finn Little che torna nei
panni di Carter. Annette Benning ed Ed
Harris interpretano nuovi personaggi, e ora si unisce a loro un
altro volto nuovo.
Secondo Variety, Jai Courtney è entrato a far parte del cast di
The Dutton Ranch nel ruolo di Rob-Will,
descritto come “un caposquadra imponente e imprevedibile”.
Courtney ha già recitato nel film della DC del 2016 Suicide Squad. Tra i suoi crediti
televisivi figurano The Terminal List, American
Primeval e Kaleidoscope.
Cosa significa questo per il
Dutton Ranch
Avendo interpretato in passato
molti personaggi imponenti e imprevedibili, Courtney è la scelta
perfetta per il cast di The Dutton Ranch. È in grado di
trasmettere un senso di energia intimidatoria e imprevedibile che
renderà Rob-Will una forza da non sottovalutare nella prossima
serie di Taylor Sheridan.
Per quanto riguarda il suo ruolo
nella storia dello spin-off, Rob-Will potrebbe lavorare come
caposquadra del ranch per il personaggio di Benning, Beulah
Jackson, che è il potente capo di un importante ranch del Texas.
Questo collegamento non è stato ancora confermato, ma potrebbe
essere un modo efficace per introdurre i due nuovi personaggi.
Sebbene Courtney non sia così
famoso come Benning o Harris, è comunque un nome ben noto e
aggiunge ulteriore fascino a The Dutton Ranch, mentre la
serie si prepara per l’uscita prevista nel 2026. Il mix di volti
nuovi e familiari contribuirà a rendere la serie attraente sia per
i nuovi fan che per quelli di lunga data del genere western.
Netflix sta per lanciare una nuovissima
serie televisiva di alto livello che i fan di Fallout
non dovrebbero perdersi. Fallout è un adattamento televisivo dell’omonimo
videogioco di successo, trasmesso per la prima volta su
Prime Video nel 2024.
La serie post-apocalittica ha
debuttato con il plauso della critica e un punteggio del 93% su
Rotten Tomatoes. Il cast di Fallout include Ella
Purnell, Walton Goggins, Aaron Moten, Kyle MacLachlan,
Moisés Arias e Xelia Mendes-Jones. La
seconda stagione di Fallout sarà trasmessa per la prima
volta il 17 dicembre, con il finale previsto per il 4 febbraio
2026.
Prima della seconda stagione di
Fallout, però, ci sarà un’altra serie
apocalittica a intrattenere i fan. Netflix rilascerà
Billionaires’ Bunker il 19 settembre.
La nuovissima serie in lingua
spagnola, che conterà otto episodi nella sua prima stagione,
racconta la storia di miliardari che cercano un bunker di lusso per
sfuggire a una guerra nucleare, ma all’interno del bunker si
scatenano faide, tensioni e molti drammi.
Il cast di Billionaires’
Bunker include Pau Simón, Alícia Falcó, Miren Ibarguren,
Agustina Bisio, Joaquín Furriel, Natalia Verbeke, Carlos Santos,
Montse Guallar e Álex Villazán.
Il vicepresidente dei contenuti di
Netflix per la Spagna e il Portogallo, Diego Ávalos, ha dichiarato
(tramite Variety) che Billionaires’ Bunker è la “serie
più ambiziosa” che abbia mai visto in Spagna, non solo in
termini di budget, ma anche di trama. Lo studio costruito in Spagna
si estende su una superficie di 66.700 piedi quadrati.
Nel frattempo, il bunker stesso ha
un’atmosfera “claustrofobica”, pur mantenendo un senso di
lusso che soddisferà i miliardari.
Billionaires’ Bunker farà
riferimento all’“attuale situazione geopolitica”, anche se
la serie sarà più incentrata sui personaggi e sulle emozioni che si
sviluppano nelle loro trame, secondo il co-creatore Alex Pina.
“Grandi inganni e grandi segreti” saranno una parte
importante della trama, come rivelato da Esther Martínez Lobato,
che ha anche co-creato Billionaires’ Bunker.
Pina ha aggiunto che
Billionaires’ Bunker inizierà con un “tono
apocalittico” prima di trasformarsi in una “serie di
fantasia divertente”. Il co-creatore ha descritto la serie come
una matrioska, che inizia con un genere e poi continua a cambiare.
Leggi i suoi commenti qui sotto:
Diego Ávalos: Non solo per il
budget, ma anche per il linguaggio narrativo, la struttura e la
costruzione dei personaggi, è la serie più ambiziosa che abbia mai
visto nella storia della Spagna. Con una superficie di 6.200 metri
quadrati (66.700 piedi quadrati), i suoi oltre 100 spazi
interconnessi hanno offerto un’esperienza più coinvolgente per le
troupe di lavoro. Il bunker è ovviamente claustrofobico, ma anche
così lussuoso da convincere i miliardari a trascorrervi settimane,
mesi o addirittura anni.
Alex Pina: La serie fa
riferimento all’attuale situazione geopolitica, ma si concentra
maggiormente sul percorso dei personaggi, su un viaggio
emotivo.Esther Martínez Lobato: Questa è una serie su
grandi inganni e grandi segreti.
Cosa significa Billionaires’
Bunker per i fan di Fallout
Anche se sono distribuiti da due
diversi servizi di streaming, Billionaires’ Bunker e Fallout hanno
atmosfere apocalittiche simili e mostrano le conseguenze di una
guerra nucleare, quindi i fan del videogioco e dell’adattamento di
Prime Video saranno probabilmente attratti dal nuovissimo dramma di
Netflix.
Detto questo, le due serie sono
anche molto diverse. Fallout è incentrato su un abitante del Vault,
un soldato e un pistolero mutante, mentre Billionaires’ Bunker si
concentra su come i ricchi e i potenti reagiscono a una guerra
nucleare.
I miliardari e il loro ruolo
nell’attuale economia statunitense e globale sono stati temi
scottanti negli ultimi anni, in particolare con la prominenza di
figure come Elon Musk, quindi una serie come Billionaires’ Bunker
non fa altro che alimentare quelle discussioni e realtà tese, il
che è inevitabile dato che l’arte spesso imita la vita.
Interpretati da Demi
Lovato e dai Jonas Brothers, Camp
Rock del 2008 e Camp Rock: The Final Jam
del 2010 hanno raccontano le vicissitudini di aspiranti artisti in
un campo estivo musicale. Disney Branded Television ha ora
annunciato che è in lavorazione un Camp Rock 3,
con Joe, Nick e Kevin
Jonas che riprenderanno i ruoli di Shane,
Nick e Jason Gray, i membri della
band immaginaria Connect 3. Lovato (che a quanto pare non reciterà
nel film) e i Jonas Brothers saranno anche i produttori esecutivi,
mentre tornerà anche Maria Canals-Barrera (I
maghi di Waverly), membro del cast originale.
Sherry Cola fa il
suo ingresso nella serie, mentre il cast dei nuovi partecipanti al
campo include Liamani Segura nel ruolo di Sage,
Malachi Barton nel ruolo di Fletch, Lumi
Pollack nel ruolo di Rosie, Hudson Stone
nel ruolo di Desi, Casey Trotter nel ruolo di
Cliff, Brooklynn Pitts nel ruolo di Callie e
Ava Jean nel ruolo di Madison.
La storia seguirà il ritorno dei
Connect 3 al Camp Rock dopo aver perso il loro gruppo spalla, alla
ricerca di nuovi talenti che aprano i loro concerti, scatenando una
feroce competizione tra la nuova generazione di campeggiatori.
Secondo quanto riferito, la produzione di Camp Rock
3 è iniziata questa settimana a Vancouver. Ayo
Davis, presidente della Disney Branded Television, ha
dichiarato in un comunicato:
“Camp Rock è una parte
importante dell’eredità dei film originali Disney Channel, con
musica indimenticabile, narrazione energica e personaggi che vivono
ancora oggi nel cuore dei fan. Riportarlo in auge con Kevin, Joe,
Nick e Demi è un momento che chiude il cerchio, e non vediamo l’ora
di reintrodurre questo mondo a una nuova generazione.
Cosa aspettarsi da Camp Rock 3
I film di Camp Rock
sono tra i Disney Channel Original Movie più popolari di sempre e
il proseguimento della serie susciterà sicuramente sentimenti
contrastanti nei fan. I ragazzi degli anni 2000 potrebbero essere
affamati di questa particolare esplosione di nostalgia, ma non
vorranno vedere i loro film preferiti dell’infanzia rovinati da un
sequel scadente.
Il coinvolgimento di Lovato e dei
Jonas Brothers è però un buon segno per Camp Rock
3, poiché loro sanno meglio di chiunque altro cosa ha reso
efficaci i film originali. Potrebbe risultare in un’aggiunta
gradita e fresca per i vecchi e i nuovi fan, con i protagonisti
originali che assumono ruoli esecutivi, dove hanno più controllo
creativo e possono attingere alle proprie esperienze.
La terza stagione di House
of the Dragon non rispetterà la scadenza prevista per
il 2026, come confermato dal boss della HBO Casey Bloys, che ha
spiegato quando uscirà. Le riprese della terza stagione di House of the Dragon sono iniziate nel marzo 2025 e la
produzione dovrebbe concludersi in ottobre. La serie dovrebbe
uscire nel corso del 2026 sulla HBO.
Parlando con Deadline dopo
gli Emmy, Bloys ha rivelato che House of the Dragon – stagione 3 ha una finestra di
uscita provvisoria fissata per giugno 2026. Questo la
renderebbe appena fuori dalla corsa agli Emmy 2026, la cui finestra
si chiude il 31 maggio 2026. Tuttavia, il suo aggiornamento offre
comunque un’aspettativa più concreta su quando arriveranno i
prossimi episodi.
Cosa significa l’uscita della
terza stagione di House Of The Dragon per gli Emmy
Oltre alle lodi della critica, la
serie è stata anche nominata per otto Emmy, tra cui una nomination
per la migliore serie drammatica nel 2024. Ha vinto due Creative
Arts Emmy, uno per i migliori costumi di fantascienza/fantasy nel
2024 e uno per il miglior trucco d’epoca o fantasy/fantascientifico
(non protesico) nel 2025. È una parte importante del panorama
televisivo odierno.
Tuttavia, sulla base di quanto
rivelato da Bloys sulla data di uscita, sembra che House of the Dragon non otterrà alcun
riconoscimento agli Emmy la prossima volta che si terranno.
Anche se la sua uscita prevista per giugno significa che sarà
idonea nel 2027, sembra che la serie perderà l’opportunità di
ottenere qualsiasi riconoscimento quando tornerà la cerimonia di
premiazione.
Fortunatamente, il mondo di
Westeros potrebbe ancora avere una possibilità di essere premiato
ai prossimi Emmy, nonostante l’assenza del prequel di Game of Thrones. Un altro spin-off, il
prossimo A Knight of the Seven Kingdoms, andrà
in onda all’inizio del 2026, il che significa che sarà ammesso
alla selezione. Resta da vedere se sarà nominato o meno.
Alien: Pianeta
Terra è stato fin dall’inizio un capitolo
rivoluzionario dell’imponente franchise. Ha preso l’universo di
Alien e gli ha
dato una svolta terrificante, soprattutto con la sua iterazione dei
famigerati Xenomorfi.
Nell’episodio
7 di Alien: Earth, “Emergence”, uno Xenomorfo viene
esposto alla luce del giorno per la prima volta nella storia della
saga. Wendy ha liberato una delle terrificanti creature come parte
del suo piano di fuga dopo aver hackerato il sistema del
laboratorio. Lo Xenomorfo uccide le guardie di sicurezza e fugge
nella giungla.
Quando Wendy, Nibs e Joe vengono
messi alle strette dal Prodigy sulla spiaggia, lo Xenomorfo appena
liberato entra in azione. E, per uno scherzo del destino, non
attacca il trio. Invece, parla con Wendy, che ha la capacità di
comunicare con gli alieni. Lei gli ordina quindi di combattere i
soldati del Prodigy.
In
un’intervista con Screen Rant, il regista dell’episodio 7 Dana
Gonzales rivela come è riuscito a creare una scena così efficace.
Leggi la discussione qui sotto:
Dana Gonzales: È spaventoso. Sei
sul filo del rasoio, questa cosa è sempre stata nell’oscurità e in
un ambiente ancora più buio all’interno. E ora la stai portando
fuori, in primo piano, completamente allo scoperto. La stai
domando, stai vivendo questi momenti in cui è ovvio che non sta
uccidendo nessuno. Stai vedendo questa cosa accadere con Wendy e il
tipo di relazione che si sta davvero creando, e lei che si rende
conto di avere il controllo su tutto, e di essere nella giungla. La
cosa più importante nel mio rapporto con Noah è che mi fido di lui
al 100%. Leggo quello che scrive, e poi è mio compito eseguirlo al
massimo livello possibile. E so che funzionerà, so che sarà
fantastico. E poi, all’interno di questo, cerco di trovare quei
dispositivi o quelle impostazioni per renderlo credibile e
funzionante. Penso che, sì, quando lo vedi per la prima volta in
quella lotta nella giungla, è orribile, e penso che ce lo siamo
guadagnato. Ma quando si tratta di Wendy e tutto il resto, ce lo
siamo guadagnato. Non è come: “Wow, che diavolo è quello?”. Ce lo
aspettavamo. La vediamo legarsi nell’episodio 6 e cose del genere.
E ovviamente, la comunicazione con lo Xenomorfo, quindi è lì che la
sceneggiatura mostra davvero se stessa e la sua forza. Penso che
sia per questo che la serie funziona così bene.
Cosa significa per Alien:
Pianeta Terra la comparsa dello Xenomorfo alla luce del
giorno
Fino ad ora, gli Xenomorfi sono
sempre apparsi solo nel cuore della notte. Predare gli esseri umani
nell’oscurità è sempre stato uno degli aspetti più terrificanti dei
predatori alieni. Essere inseguiti mentre si è più vulnerabili,
senza alcuna luce a guidarci, è il peggior incubo di tutti nella
serie.
Tuttavia, sebbene essere inseguiti
nel buio più totale sia terrificante, il fatto che gli Xenomorfi
siano in grado di cacciare alla luce del giorno è altrettanto
spaventoso. Anche se gli esseri umani possono vedere dove stanno
andando, anche gli Xenomorfi possono farlo. Questo aumenta il
pericolo in cui si trovano questi personaggi, perché non hanno più
il lusso di non doversi preoccupare di loro durante il giorno.
Il progetto di adattamento
cinematografico di Death Stranding, a lungo in
gestazione, sta finalmente prendendo slancio dopo anni di silenzio
radio. Il videogioco originale vede protagonisti Norman Reedus, Mads Mikkelsen, Léa
Seydoux e Margaret Qualley e segue Sam Porter Bridges
(Reedus) mentre attraversa un’America frammentata consegnando merci
e riconnettendo l’umanità. Il gioco del 2019 è stato acclamato
dalla critica grazie alla complessità narrativa tipica del regista
Hideo Kojima.
Annunciato nel 2022, A24 sosterrà il
prossimo progetto cinematografico, con Kojima come produttore.
Nell’aprile 2025, il film Death Stranding ha poi
trovato il suo regista in Michael Sarnoski. A
parte alcuni aggiornamenti, tra cui il piano di uscita nel 2027 e
l’annuncio di un adattamento anime separato, i dettagli sono ad
oggi rimasti segreti. Tuttavia, una nuova intervista suggerisce che
le cose stanno finalmente andando avanti.
Parlando con Grant
Hermanns di ScreenRant per London Calling,
il produttore di Death Stranding, Allan
Ungar, ha infatti fornito un raro aggiornamento sul film
in uscita. Sebbene Ungar sia rimasto riservato sui dettagli, ha
confermato che “è in fase di sviluppo attivo. Quindi, come
tutte queste cose, è sempre qualcosa di cui non si può davvero
parlare. Ma posso dire che sta andando in una direzione molto
positiva”.
Cosa significa questo per il film Death
Stranding
Con un mondo surreale e
post-apocalittico e una storia che fonde fantascienza, filosofia e
horror esistenziale, Death Stranding è sempre
sembrato destinato al grande schermo, ma fino ad ora gli
aggiornamenti sono stati pochi e sporadici. Tuttavia, la
dichiarazione di Ungar indica che il film non è più in una fase di
sviluppo incerta. “Sviluppo attivo” significa in genere che la
scrittura, la pre-produzione o le prime decisioni sul casting sono
in corso.
In precedenza, Norman Reedus aveva espresso interesse
a tornare nei panni di Sam Porter Bridges. Tuttavia, Kojima ha
lasciato intendere che il film si discosterà dal gioco, suggerendo
una storia più narrativa, forse autonoma, ambientata nell’universo
di Death Stranding. Ma considerando l’uscita
prevista per il 2027 e il commento “molto positivo” di Ungar,
l’adattamento cinematografico sembra essere sulla buona strada.
La
ciurma più amata del mondo dell’anime e del manga è pronta a
solcare di nuovo i mari. Netflix Italia ha svelato l’anteprima della
seconda stagione di ONE PIECE, riportando sullo
schermo i Pirati di Cappello di Paglia guidati dall’instancabile
Monkey D. Luffy. Dopo il successo della prima stagione live action,
l’adattamento del capolavoro di Eiichirō Oda torna con nuove
avventure, nuove sfide e una rotta ancora più ambiziosa:
la Rotta
Maggiore.
Nella nuova stagione ritroveremo Luffy, Zoro, Nami, Usop e Sanji, pronti a salpare
verso acque pericolose e a confrontarsi con nemici sempre più
potenti. Al tempo stesso, la serie introdurrà nuovi personaggi, alleati inaspettati e
tesori leggendari
che promettono di cambiare per sempre il destino della ciurma.
Netflix punta a consolidare il successo ottenuto nel 2023, quando
ONE PIECE è diventato
uno dei titoli più visti a livello globale nella settimana di
debutto, dimostrando che un adattamento live action di qualità è
possibile.
La seconda stagione – girata in gran parte in Sudafrica e in altri
scenari esotici – mira a espandere l’universo narrativo,
approfondendo i retroscena dei personaggi e rispettando sempre di
più lo spirito dell’opera originale. L’anteprima diffusa da Netflix
mostra già un salto qualitativo nella resa delle scenografie, degli
effetti speciali e delle coreografie di combattimento, accendendo
l’entusiasmo dei fan sui social.
Non è ancora stata comunicata la data ufficiale di uscita su Netflix
Italia, ma l’hype è alle stelle. Con “ONE PIECE – Stagione 2: Verso la Rotta
Maggiore” il viaggio della ciurma di Cappello di Paglia è solo
all’inizio: nuove isole, nuovi nemici e nuove emozioni attendono
gli spettatori. Preparati a salpare ancora una volta!