L’Oscar alla migliore
regia è senza dubbio quello più ambito e prestigioso, e
anche per questo è il premio che viene assegnato a fine cerimonia
di premiazione agli Academy
Awards, secondo solo a quello per il miglior film.
Fioccano le scommesse sui papabili
vincitori, e quale categoria è la più dibattuta se non quella per
la Migliore Regia?
Il prossimo 26 febbraio il famoso
presentatore americano Jimmy Kimmel, ci
accompagnerà alla scoperta dei vincitori degli Oscar
2017. Ormai giunta alla veneranda età di 89 anni, la
serata degli Academy Awards si dimostrerà come
sempre piena di sfarzo e spettacolarità, tra numeri e star di
altissimo livello.
Ecco chi sono i cinque
nominati
Damien
Chazelle per La la
Land, Denis Villeneuve per
Arrival, Barry
Jenkins per Moonlight, Kenneth
Lonergan per Manchester by the
Sea e Mel Gibson per La Battaglia di Hacksaw
Ridge sono i cinque nominati con storie molto diverse
che spaziano trai generi, con punti di forza e di debolezza, ma
ognuno, a suo modo un degno eventuale vincitore.
Damien Chazelle per La la
Land

Il favorito per la migliore regia.
Dato dagli scommettitori a 1.12: una puntata molto bassa, in quanto
non comporta grossi azzardi. Non sarà una sorpresa se il suo
La La Land vincerà come Migliori
Film, e se quindi verrà premiata anche la sua regia.
Chazelle è risultato una scommessa vincente fin
dagli esordi. Giovanissimo (ha 31 anni), con il suo secondo film –
Whiplash (2014) – si è guadagnato una cascata di
premi provenienti dai maggiori festival internazionali, approdando
poi agli Academy del 2015 dove,
su 5 nominations, se ne aggiudicò 3, tra cui la Miglior
Sceneggiatura Non Originale.
Questo anno il suo La La
Land si è guadagnato 7 Golden Globes, ed
arriva agli Oscar con il primato di 14 candidature
(eguagliato, in passato, solo da Eva contro Eva e
Titanic). Cosa rara per un musical, pare che
Hollywood e la critica abbiano accolto con piacere questa opera
romantica e anticonformista.
Chazelle dirige
sapientemente, omaggiando i musical “vecchio stile” come
Cantando sotto la pioggia e Un Americano a
Parigi, rendendo partecipi i bravissimi protagonisti
(degli Emma Stone e Ryan Goslin
in odore di Oscar anche loro) dell’ambiente che li circonda, dove
luci e suoni della città collaborano alle musiche, composte da
Justin Hurwitz, compagno di college del regista.
Per mantenersi fedele ai suoi intenti, Chazelle
gira in CinemaScope come i grandi classici del passato, affidando
la fotografia allo svedese Linus Sandgren,
che satura molto i toni ed evidenzia i chiaro-scuri. Il regista può
così rendere visivamente la sua idea di una Los Angeles fatta di
luci (della ribalta) ma soprattutto ombre, perché – come insegna il
film – non sempre i sogni si avverano.
Denis Villeneuve per Arrival
Secondo favorito subito dopo
Chazelle, Villeneuve partecipò
alla cerimonia degli Oscar nel
2011, quando il suo La Donna che
Canta venne nominato come Miglior Film
Straniero. Regista sui generis,
Villeneuve ha una solida carriera alle spalle
nella quale ha favorito tematiche difficili o inusuali. Canadese di
origini, solitamente predilige ambientazioni e cast appartenenti
alla propria patria. Arrival è stato girato
infatti a Montréal,
in Québec,
il cui paesaggio – brullo e freddo – ben si adatta al contesto
filmico. Così come la fotografia, “sporca” (cit.) e gelida, che
immortala i personaggi in una realtà bruta. Il tutto è corroborato
– per esplicito volere del regista – dalla particolare mancanza di
musiche vere e proprie, e dall’immissione di suoni
“destabilizzanti”, come le sirene che introducono i due alieni.
Villeneuve ha
fatto anche un lavoro enorme, assieme allo sceneggiatore
Eric Heisserer, nel creare ex
novo il linguaggio grafico degli eptapodi. Mentre per quanto
riguarda l’aspetto degli alieni, il regista ha esplicitamente
richiesto che il loro design fosse particolare, che incutesse
timore come qualcosa di surreale che appare in un sogno.
Villeneuve si
prospetta un regista dall’altissimo potenziale, tanto che ha già in
cantiere la direzione del remake di Blade Runner,
che uscirà nel 2017.
Barry Jenkins per Moonlight
Al suo secondo lungometraggio, il
giovane regista afroamericano viene nominato agli Oscar 2017 per
Moonlight, storia semi-autobiografica che segue le
vicende di un ragazzo di colore alla scoperta della vita di strada
e della propria sessualità. Jenkins, anche
sceneggiatore, scandisce la pellicola in tre atti – corrispondenti
alle tre principali fasi di crescita del protagonista (giovinezza,
adolescenza ed età adulta). Vengono trattate tematiche spinose come
la vita dei sobborghi “neri” di Miami, la dipendenza da droghe e
l’omosessualità, con sguardo indagatore e crudo, col quale il
regista non ha paura di mostrare i vari momenti di pura violenza
che costellano la vita del giovane Chiron.
Jenkins ha evitato
appositamente che i tre attori che interpretano le tre fasi della
vita di Chiron si incontrassero durante le riprese, affinché ognuno
di loro potesse costruire con la propria personalità e le proprie
caratteristiche, il personaggio del protagonista. Questo tipo di
attitudine, assieme alla volontà del regista di girare l’80% delle
scene nei veri, sporchi e poveri (cit.) sobborghi di Miami, fanno
di Jenkins un director estremamente fedele al dato
reale e interessato alle tematiche sociali.
Kenneth Lonergan per Manchester by
the Sea
Lonergan nasce come
sceneggiatore. Suoi sono alcuni degli script più famosi degli
ultimi vent’anni di cinema, come Gangs of New
York, che gli valse già la nomination agli Oscar 2003 come
Miglior Sceneggiatura Originale. Questa volta ha
scritto e diretto una storia semplice, girata con altrettanta
semplicità. Lonergan non utilizza particolari
espedienti registici, ma lascia che la camera riprenda – in
inquadrature piuttosto ampie – quello che è il disvelarsi della
storia. Assistiamo alle vicende di uno zio (Casey
Affleck, nominato come Miglior Attore
Protagonista), costretto a prendersi cura del nipote
adolescente (Lucas Hedges, nominato
Miglior Attore Non protagonista), dopo la morte
del padre. Manchester by the sea è inoltre il
primo film candidato agli Oscar ad essere distribuito anche sullo
streaming a pagamento di Amazon, ampliando quindi
le possibilità di visione da parte del pubblico.
Inizialmente costruito apposta per
Matt
Damon, il ruolo del protagonista poi andato a
Casey Affleck, ha richiesto un lungo periodo di
ponderazione da parte del regista/sceneggiatore, in quanto
personaggio estremamente complesso e dal passato complicato.
Mel Gibson per La Battaglia di
Hacksaw Ridge
Sempre pronto ad esprimere il suo
Credo fideistico, Mel Gibson porta in scena la
storia vera del primo obiettore di coscienza della Seconda Guerra
Mondiale. Il soldato semplice Desmond T. Doss fu
il primo aperto oppositore dell’uso delle armi durante la guerra.
Nonostante ciò fu assistente medico sul campo e ricevette la
medaglia d’onore per aver salvato 75 soldati durante la battaglia
di Okinawa, senza usare le armi.
Gibson dirige con
la consueta sapienza, sempre molto attento ad attenersi al dato
reale (con sprezzo del lato più splatter e critica di chi non ama
trovarsi di fronte a scene troppo cruente). Dimostrando, ancora una
volta, il proprio amor patrio, oggi come ai tempi di Brave
Heart – Cuore Impavido.