Il video anticipa il ritorno
di Din e Grogu su Nevarro, dove Greef Karga offre loro un posto sul
pianeta appena rianimato. Ci dà anche un assaggio delle
giocose buffonate di Grogu in questa stagione, visto che può essere
visto usare la Forza per far girare la sedia e raggiungere uno
spuntino.Guarda la clip
ufficiale di The
Mandalorian Stagione 3 qui
sotto:
Continuano i viaggi del
Mandaloriano nella galassia di Star
Wars. Un tempo cacciatore di taglie solitario, Din Djarin si è
riunito a Grogu. Nel frattempo, la Nuova Repubblica lotta per
allontanare la galassia dal suo passato oscuro. Il Mandaloriano
incontrerà vecchi alleati e si farà nuovi nemici mentre lui e Grogu
continuano il loro viaggio insieme.
La serie The
Mandalorian è interpretata da
Pedro Pascal, Katee Sackhoff, Carl Weathers, Amy Sedaris, Emily
Swallow e Giancarlo Esposito. Tra i registi degli otto
episodi della terza stagione ci sono Rick Famuyiwa, Rachel
Morrison, Lee Isaac Chung, Carl Weathers, Peter Ramsey e
Bryce Dallas Howard. Jon Favreau è showrunner/capo sceneggiatore ed
executive producer insieme a Dave Filoni, Rick Famuyiwa, Kathleen
Kennedy e Colin Wilson. Karen Gilchrist e Carrie Beck sono i
co-executive producer.
The
Penguin, l’annunciata serie spin-off di HBO Max
incentrato sulla versione di Colin Farrell del classico cattivo della DC
Comics Oswald Cobblepot, come abbiamo appreso qualche
tempo fa riprenderà subito dopo gli eventi di The
Batman di Matt Reeves, mostrando l’ascesa di “Oz” come il
grande cattivo di Gotham City
in vistadell’imminente sequel.
Quando la serie è stata
annunciata per la prima volta, ci è stato detto che un’apparizione
dello stesso Batman era improbabile, ma sembra che i piani adesso
siano cambiati.Secondo quanto affermato
da Jeff Sneider nel podcastHot
Mic, Robert Pattinson riprenderà il ruolo di
Bruce Wayne/Batman per lo show. Probabilmente non
sarà una parte da protagonista ma solo una sorta di guest star (in
effetti, riteniamo che potrebbe apparire solo in un singolo
episodio), ma, se confermato, questa è una mossa molto
intelligente.
Una storia incentrata sul
pinguino potrebbefunzionare senza il pipistrello, ma ha senso solo che Caped
Crusader faccia almeno un’apparizione per tenere d’occhio Oz e
impostare la loro dinamica per
The
Batman Parte 2recentemente
annunciato.The
Penguin (titolo provvisorio) sarà interpretato
anche da Cristin Milioti, Rhenzy Feliz, Michael Kelly,
Shohreh Aghdashloo e Deirdre O’Connell. Si ritiene
che Millioti interpreti Sofia Falcone, ma non abbiamo
ancora dettagli sugli altri ruoli. Lo spettacolo sarà
composto da 8 episodi. Non è stata fissata alcuna data per la
premiere, ma il sequel di The Batman è previsto per
il 3 ottobre 2025, e la serie dovrebbe uscire prima del film.
Apple TV+ ha annunciato oggi che The
Big Door Prize, creata dal vincitore dell’Emmy David
West Read (Schitt’s Creek),
uscirà il 29 marzo. La nuova serie comedy, composta da 10 episodi
della durata di mezz’ora ciascuno e interpretata da un cast corale
guidato da Chris O’Dowd con Gabrielle
Dennis, Ally Maki, Josh Segarra, Damon Gupton, Crystal Fox,
Djouliet Amara e Sammy Fourlas, farà il
suo debutto con i primi tre episodi, seguiti da un nuovo episodio
settimanale ogni mercoledì, fino al 17 maggio.
Basata sull’omonimo romanzo di M.O. Walsh,
la serie racconta la storia di una piccola città che cambia
per sempre quando una misteriosa macchina appare nell’emporio
cittadino, promettendo di rivelare il vero potenziale di vita di
ogni residente. Dusty Hubbard (Chris O’Dowd), un
padre di famiglia e insegnante di liceo apparentemente soddisfatto
e allegro, osserva tutti quelli che lo circondano rivalutare le
proprie scelte e ambizioni di vita – sulla base dei tabulati della
macchina – ed è costretto a chiedersi se sia davvero felice come
pensava un tempo. Mentre lui rimane scettico nei confronti della
macchina, sua moglie, Cass (Gabrielle Dennis), si
abbandona al sogno che là fuori ci sia qualcosa di più grande per
lei. Come molti abitanti di Deerfield, la coppia ha vissuto una
vita relativamente sicura e senza complicazioni, fino all’arrivo
della macchina Morpho. Tutto questo, però, è destinato a cambiare
quando l’intera comunità è costretta a riconciliarsi con le proprie
insoddisfazioni, alla ricerca di un futuro migliore.
The Big Door Prize è prodotto da Skydance
Television e CJ ENM/Studio Dragon. David West Read
è showrunner e produttore esecutivo, come David Ellison e Dana
Goldberg per conto di Skydance Television, Miky
Lee, Young Kyu Kim e Hyun
Park per conto di CJ ENM/Studio Dragon e Bill
Bost e Sarah Walker. Anu
Valia, Molly McGlynn, Todd
Biermann, Jenée LaMarque e Declan
Lowney dirigono la serie.
Dopo che Bruce Willis si è ritirato dalle scene nella
primavera del 2022 a causa di
una diagnosi di afasia, arriva adesso una nuova diagnosi per
l’attore di Die Hard: demenza frontotemporale. A
darne annuncio la figlia Rumer, che in un post su Instagram ha dato
la notizia con un comunicato a nome di tutta la famiglia
Willis.
“La nostra famiglia vorrebbe
cominciare esprimendo la nostra profonda gratitudine per
l’incredibile effusione di amore, supporto e meravigliose storie
che abbiamo ricevuto sin dall’annuncio della prima diagnosi di
Bruce. In questo spirito, vogliamo aggiornarvi sul nostro amato,
marito, padre e amico dal momento che ora conosciamo più a fondo
quello che sta attraversando.
Da quando abbiamo annunciato la
diagnosi di afasia di Bruce, nella primavera del 2022, le sue
condizioni hanno subito una progressione in una diagnosi più
specifica: demenza frontotemporale (nota come FTD).
Sfortunatamente, la difficoltà nella comunicazione era solo un
sintomo della malattia che Bruce sta affrontando. Se da una parte è
doloroso, è un sollievo sapere con cosa abbiamo a che
fare.”
Oltre
al sequel di Io sono leggenda, nell’accordo con la società di
Akiva Goldsman c’è anche l’annunciato sequel
Constantine
2, che vedrà Keanu Reeves ritornare nei panni del
famigerato cacciatore di demoni. Secondo quanto abbiamo appreso da
Deadline che ha diffuso un rapporto dettagliato sull’accordo
siglato da Warner Bros Discovery e la Weed Road
del produttore e sceneggiatore Akiva Goldsman, il
focus della società saranno proprio queste due IP che lo studio
intende far diventare dei franchise redditizi.
Prima di tutto è stato confermato
che a dirigere Constantine
2 ritornerà Francis Lawrence e che il
tutto sta succedendo piuttosto velocemente. JJ Abrams che stava lavorando alla serie sulla
Justice League Dark (nel frattempo
cancellata) è coinvolto anche in questo sequel come co
produttore e secondo quanto riferito il film è in una fase avanzata
di sviluppo.
L’originale del 2005 ha incassato
280 milioni di dollari in tutto il mondo e ha iniziato e ha
proseguito il suo successo nel tempo. Keanu
Reeves riprenderà il suo ruolo nei panni
dell’esorcista soprannaturale e demonologo John
Constantine, che nell’originale sta morendo ma rimane in giro
per salvare la sua anima impedendo ai demoni dell’inferno di
violare la terra. Nel primo film si trova anche nel mezzo di una
battaglia tra l’arcangelo Gabriele e Lucifero.
Akiva Goldsman sta
scrivendo la sceneggiatura di Constantine
2 e Lorenzo DiBonaventura ed Erwin Stoff saranno
i produttori esecutivi del progetto. “Questo è gran parte
merito di Keanu, che ha detto all’infinito, “questo è il
personaggio che vorrei tornare ad intepretare” ha
detto Goldsman a Deadline. “Alla fine, l’ha detto tante
volte che si è avverato.” Il revival e il successo di Reeves
nei film di John Wick ha sicuramente aiutato la
causa. Il nuovo film espande i temi portati dall’originale,
sul mantenimento della barriera tra la terra e le creature malvagie
che si trovano dall’altra parte.”
“Il personaggio è molto Keanu e il modo
in cui lui e Francis hanno rappresentato il mondo del bene e del
male è stato meraviglioso ed è un autentico noir nel quale c’è un
mondo dietro il mondo del bene e del male che coesiste con il
nostro mondo da vicino. Oltre a ciò, lo stiamo ancora scoprendo
mentre sto scrivendo la sceneggiatura.“
Come è stato riferito da Deadline lo sceneggiatore Akiva
Goldsman sta tornando con la sua Weed Road alla Warner
Bros, in un contratto first look pluriennale. Il presidente
della produzione di Weed Road, Greg Lessans, e il vicepresidente
Rachel Wizenberg sono tornati a lavorare con la società, insieme al
dirigente creativo Shiva Nassab. Weed Road di recente ha avuto
accordi sia per il cinema che per la TV con la MGM, e si unisce ai
capi dello studio Michael De Luca
e Pam
Abdy, che si sono da poco insediati per
dirigere la produzione del franchise cinematografico della Warner
Bros, tra cui Io
sono Leggenda 2.
In una dichiarazione, i
co-presidenti della Warner Bros Pictures, De Luca
e Abdy, hanno definito Goldsman “un produttore consumato, uno
scrittore brillante e un essere umano gentile e
generoso. Entrambi conosciamo e
lavoriamo con Akiva da anni e non smettiamo mai di essere stupiti
dalla sua combinazione di coraggio cinematografico e immaginazione
illimitata. Non potremmo essere più entusiasti di dargli il
bentornato nella famiglia Warner Bros., dove ha realizzato alcuni
dei progetti di maggior successo e acclamati dello Studio degli
ultimi due decenni”. Trai vari progetti su cui insieme a
Akiva Goldsman lavoreranno c’è un IP molto noto e di
successo,
Io sono Leggenda, che come abbiamo già appresi avrà il suo
sequel con
Will Smith e la new entry
Michael B Jordan.
Il film del 2007 ha incassato 585
milioni di dollari in tutto il mondo. Lo
studio ha cercato di risolverlo per annie Goldsman non ha voluto dire come Jordan si inserisca nella
trama dell’ultimo uomo sulla terra, ma ha detto che il film si
legherà molto al romanzo di Richard Matheson su cui era basato
l’originale.
“Il
sequel inizierà alcuni decenni dopo rispetto al
primo“, ha detto Akiva Goldsman . “Sono
ossessionato da The Last of
Us, dove vediamo il mondo solo dopo l’apocalisse ma anche dopo
un periodo di 20-30 anni. Vedete come la terra reclama il
mondo, e c’è qualcosa di bello nella domanda, quando l’uomo si
allontana dall’essere l’inquilino principale, cosa
succede? Ciò sarà particolarmente visivo a New York. Non
so se saliranno fino all’Empire State Building, ma le possibilità
sono infinite. Risaliamo al libro originale di Matheson e al
finale alternativo rispetto al finale rilasciato nel film
originale. Quello di cui Matheson stava parlando era che il
tempo di quell’uomo sul pianeta come specie dominante era giunto al
termine. Questa è una cosa davvero interessante che
esploreremo. Ci sarà un po’ più di fedeltà al testo
originale”.
Goldsman ha affermato che De Luca e
Abdy hanno condiviso il suo impegno a “prendere di mira cose
ponderate che possano essere interpretate in modo
teatrale. Stiamo tutti cercando di capire dov’è quella zona di
attacco, e voglio essere in grado di aiutare con la proprietà
intellettuale che conosco e trovare pezzi che siano un po’ più
basati sull’attore e sulla trama, ma non altrettanto guidati dalla
proprietà intellettuale.”
Io sono Leggenda 2
sarà diretto da Francis Lawrence con Will Smith e Michael B. Jordan e scritto e prodotto da
Akiva Goldsman.
Ecco la nostra intervista a
Manuel Agnelli,
Vinicio Marchioni, Thomas Trabacchi e Camille
Dugay, trai co-protagonisti di Django – La Serie,
disponibile su Sky e NOW dal 16 febbraio e vede protagonista
Matthias Schoenaerts nei panni dello
“Straniero”.
Django,
che rilegge in chiave contemporanea l’omonimo film di Corbucci, è
una serie TV in dieci episodi prodotta per Sky e CANAL+ da Cattleya
e Atlantique Productions (parte di Mediawan) e co-prodotta da Sky
Studios e CANAL+, in collaborazione con STUDIOCANAL e Odeon Fiction
e con il sostegno del Ministero della Cultura italiano e del
governo rumeno.
Completamente girati in inglese, i
primi quattro episodi sono diretti da Francesca
Comencini (Gomorra – La serie), anche
direttrice artistica della serie, mentre i seguenti episodi sono
diretti da David Evans (Downton Abbey) e
da Enrico Maria Artale(Romulus). Le
riprese si sono svolte in Romania, tra Racos, Bucharest e l’area
del Danubio.
Matthias Schoenaerts interpreta l’iconico
personaggio del titolo, accanto a Nicholas Pinnock
nei panni di John Ellis, il visionario fondatore di New Babylon, a Lisa Vicari, che nella serie è invece Sarah,
la figlia di Django,
e a Noomi Rapace nel ruolo della potente e
spietata nemica di Ellis, Elizabeth Thurmann. Tra gli altri
interpreti: Jyuddah Jaymes, Benny O.
Arthur e Eric Kole nei panni dei figli di
John Ellis e Tom Austen in quelli del cowboy
Eljiah Turner.
Il premiato attore Matthias
Schoenaerts è acclamato in tutto il mondo per film come Un
sapore di ruggine e ossa, Bullhead – La vincente ascesa di Jacky,
The Mustang, Amsterdam. Fra i suoi prossimi progetti il film
The Way of the Wind di Terrence Malick, di cui sarà il
protagonista, e la miniserie HBO The Palace, in cui
diretto da Stephen Frears reciterà accanto a Kate Winslet; Nicholas
Pinnock, fondatore della Silver Milk Productions, è apparso sul
grande schermo nei film The Last Tree e Dark
Encounter, ed è conosciuto in TV per le famose serie TV
Counterpart, Top Boy, Fortitude,
Marcella e, più di recente, For Life; la
talentuosa attrice in ascesa Lisa Vicari è conosciuta per le sue
performance nel film Luna e, negli ultimi anni, nella
popolare serie TV Dark; la premiata attrice Noomi
Rapace è celebre per i suoi ruoli nella trilogia
Millennium, nei film Prometheus e Seven Sisters, così
come per i film indipendenti Lamb e Non sarai sola.
Django è
una coproduzione italo-francese creata e scritta da
Leonardo Fasoli (Gomorra –
La Serie, ZeroZeroZero) eMaddalena
Ravagli (Gomorra – La Serie), entrambi
anche co-autori del soggetto di serie insieme a
Francesco Cenni e Michele
Pellegrini. Completa il team di scrittura Max
Hurwitz (ZeroZeroZero, Manhunt),
che firma due sceneggiature. La distribuzione internazionale
è di STUDIOCANAL.
Nel 2020, abbiamo saputo che
il regista di Star Wars: L’ascesa di SkywalkerJJ
Abrams e sua moglie e partner di Bad Robot,
Katie McGrath, avrebbero dovuto dirigere
una serie Justice League Dark per
il servizio di streaming HBO Max di WarnerMedia. Da allora
gli aggiornamenti sono stati pochi e rari e ora abbiamo scoperto il
perché.
Nel loro rapporto sull’imminente serie HBO
Max di
Abrams,Duster,THR conferma
che sia lo
spin-offJustice League Darkche quelli su
The Shining,
dal titoloOverlook,
sono stati cancellati. Probabilmente questo è avvenuto anche in
seguito al cambio di strategia avvenuto alla Warner Bros dopo la
fusione con Discovery e il neo nato DC Studios, che detiene i
diritti tramite la DC COMICS della Justice League
Dark.
Secondo alcune foto c’è stato
un tentativo da parte della Bad Robot di proporre lo show ad altri
acquirenti, ma sembra che questa sia la fine della strada per gli
eroi mistici della Justice League
Dark.Questo probabilmente non dovrebbe
essere una sorpresa dopo che anche il film di Zatanna e la serie
Constantine – che secondo come riferito
sarebbe poi confluita inJLD – sono stati
accantonati.
Questa è l’ennesima delusione per colo che amano la squadra.
I fan aspettavano da molto tempo di vedere
la Justice League Darkriunirsi sullo schermo, quindi c’era molta eccitazione per
questo spettacolo. Un film di
Swamp
Thing di James Mangold è
attualmente in lavorazione e sappiamo che Keanu Reeves riprenderà il ruolo
di Constantine
per un sequel del suo film del 2005, quindi forse alla fine
vedremo un’altra iterazione della squadra nel DCU ma è ancora tutto molto prematuro per poter
prevedere il come e il quando.
Francesca
Comencini racconta della sua esperienza nella
realizzazione di Django – La
Serie, per la quale ha rivestito il ruolo di
direttrice creativa e regista. La serie è disponibile su Sky e NOW
dal 16 febbraio e vede protagonista Matthias Schoenaerts nei panni dello
“Straniero”.
Django,
che rilegge in chiave contemporanea l’omonimo film di Corbucci, è
una serie TV in dieci episodi prodotta per Sky e CANAL+ da Cattleya
e Atlantique Productions (parte di Mediawan) e co-prodotta da Sky
Studios e CANAL+, in collaborazione con STUDIOCANAL e Odeon Fiction
e con il sostegno del Ministero della Cultura italiano e del
governo rumeno.
Completamente girati in inglese, i
primi quattro episodi sono diretti da Francesca
Comencini (Gomorra – La serie), anche
direttrice artistica della serie, mentre i seguenti episodi sono
diretti da David Evans (Downton Abbey) e
da Enrico Maria Artale(Romulus). Le
riprese si sono svolte in Romania, tra Racos, Bucharest e l’area
del Danubio.
Matthias Schoenaerts interpreta l’iconico
personaggio del titolo, accanto a Nicholas Pinnock
nei panni di John Ellis, il visionario fondatore di New Babylon, a Lisa Vicari, che nella serie è invece Sarah,
la figlia di Django,
e a Noomi Rapace nel ruolo della potente e
spietata nemica di Ellis, Elizabeth Thurmann. Tra gli altri
interpreti: Jyuddah Jaymes, Benny O.
Arthur e Eric Kole nei panni dei figli di
John Ellis e Tom Austen in quelli del cowboy
Eljiah Turner.
Il premiato attore Matthias
Schoenaerts è acclamato in tutto il mondo per film come Un
sapore di ruggine e ossa, Bullhead – La vincente ascesa di Jacky,
The Mustang, Amsterdam. Fra i suoi prossimi progetti il film
The Way of the Wind di Terrence Malick, di cui sarà il
protagonista, e la miniserie HBO The Palace, in cui
diretto da Stephen Frears reciterà accanto a Kate Winslet; Nicholas
Pinnock, fondatore della Silver Milk Productions, è apparso sul
grande schermo nei film The Last Tree e Dark
Encounter, ed è conosciuto in TV per le famose serie TV
Counterpart, Top Boy, Fortitude,
Marcella e, più di recente, For Life; la
talentuosa attrice in ascesa Lisa Vicari è conosciuta per le sue
performance nel film Luna e, negli ultimi anni, nella
popolare serie TV Dark; la premiata attrice Noomi
Rapace è celebre per i suoi ruoli nella trilogia
Millennium, nei film Prometheus e Seven Sisters, così
come per i film indipendenti Lamb e Non sarai sola.
Django è
una coproduzione italo-francese creata e scritta da
Leonardo Fasoli (Gomorra –
La Serie, ZeroZeroZero) e Maddalena
Ravagli (Gomorra – La Serie), entrambi
anche co-autori del soggetto di serie insieme a
Francesco Cenni e Michele
Pellegrini. Completa il team di scrittura Max
Hurwitz (ZeroZeroZero, Manhunt),
che firma due sceneggiature. La distribuzione internazionale
è di STUDIOCANAL.
Mummie – A spasso nel
tempo il nuovo lungometraggio d’animazione della Warner
Bros. Pictures diretto del regista spagnolo Juan Jesús García
Galocha, sarà nelle sale italiane dal 2023.
Il film segue le divertenti
avventure di tre mummie che vivono in una città sotterranea segreta
celata nell’antico Egitto. Il trio di mummie include una
principessa, un ex cocchiere, suo fratello minore e il loro il
cucciolo di coccodrillo domestico. Attraverso una serie di
sfortunati eventi, le mummie si ritrovano nell’odierna Londra e
intraprendono uno stravagante ed esilarante viaggio alla ricerca di
un vecchio anello appartenente alla Famiglia Reale.
Il film è diretto da Juan Jesús
García Galocha, “Galo”, che fa il suo debutto alla regia di un
lungometraggio cinematografico dopo aver lavorato come art director
in film quali, “Le avventure di Taddeo l’esploratore” e, “Taddeo
l’esploratore e il segreto di Re Mida”. La sceneggiatura è stata
scritta da Jordi Gasull e Javier Barreira, vincitori di un premio
Goya per la migliore sceneggiatura con “Le avventure di Taddeo
l’esploratore”. Lo sceneggiatore premio Emmy per cartoni animati di
cinema e TV Ricky Roxburgh ha collaborato all’adattamento della
versione inglese dello script. Lo sceneggiatore tre volte vincitore
del premio Goya per il miglior film d’animazione Jordi Gasull (“Le
avventure di Taddeo l’esploratore”, “Mike sulla Luna” e “Taddeo
l’esploratore e il segreto di re Mida”), è anche il produttore del
film. Pedro Solis, già regista e sceneggiatore del cortometraggio
animato vincitore del Premio Goya “Strings”, ha supportato il
progetto in qualità di direttore degli studi di animazione Core
Animation Studio.
Le musiche sono state composte dal
premio Goya, Fernando Velazquez, che ha lavorato diverse volte con
l’acclamato regista spagnolo J.A Bayona. Il film contiene tre
canzoni originali: “I Am Today”, “New Song” e “Ring Song”,
quest’ultima presenta i testi del produttore e sceneggiatore Jordi
Gasull. La Warner Bros. Pictures presenta una produzione di 4Cats
Pictures SL, Anangu Grup SLU e Moomios Movie AIE, con la
collaborazione di Atresmedia Cine, con la partecipazione di
MOVISTAR+ e con la collaborazione di TV3. Il film sarà nelle sale
italiane a partire dal 23 febbraio 2023 distribuito da Warner Bros.
Pictures.
Oggi Apple Original
Film ha svelato il trailer di
Tetris, l’atteso film interpretato da
Taron Egerton che uscirà il 31 marzo su
Apple
TV+.
Tetris racconta
l’incredibile storia di come uno dei videogiochi più popolari di
sempre sia arrivato a contagiare i giocatori più accaniti di tutto
il mondo. Henk Rogers (Taron
Egerton) scopre Tetris nel 1988 e decide di puntare
tutto sul videogioco viaggiando in Unione Sovietica, dove unisce le
forze con il suo inventore Alexey Pajitnov (Nikita
Efremov) per riuscire a portarlo all’attenzione delle
masse. Basato su una storia vera, “Tetris” è un thriller ambientato
all’epoca della Guerra Fredda, con personaggi ‘cattivi’ che fanno
il doppio gioco, eroi improbabili e una corsa avvincente fino al
traguardo.
In un intreccio di commedia ed
azione, Community Squad (titolo originale
Division Palermo) è la nuova serie argentina
ideata e diretta da Santiago Korovsky. Community squad è formata al
momento da una sola stagione di otto episodi, ognuno di circa
trenta minuti: essendo molto breve e scorrevole, risulta essere la
serie perfetta da guardare tutta d’un fiato! Nel cast si
ritrovano principalmente figure note solo nel cinema
nazionale: lo stesso regista Korovsky figura nelle vicende
nel ruolo del protagonista Felipe. A quest’ultimo si affiancano
l’attrice Pilar Gamboa nel ruolo di Sofìa, l’uruguaiano
Daniel
Hendler nei panni di Miguel ed il comico argentino Martin
Garabal, il quale interpreta il poliziotto Esteban.
Community squad: nel posto
sbagliato al momento sbagliato
Felipe, un giovane pauroso e con una
personalità debole e poco intraprendente, vede la sua vita
sgretolarsi e cambiare in pochi piccoli attimi; la fidanzata lo
lascia perché non sente la passione di coppia. Il padre lo incita a
rendersi più indipendente ed a fare nuove esperienze, quindi lo
licenzia dall’azienda di famiglia, dandogli del denaro per
ripartire che però gli viene rubato. È costretto a cedere
l’appartamento alla sua ex ed a tornare a vivere con i suoi
genitori.
Alla stazione di polizia, dove
Felipe si è recato per denunciare il furto dei suoi soldi, si
creano dei fraintendimenti: il giovane si ritrova piuttosto a fare
un colloquio di lavoro per entrare a far parte delle guardie urbane
di Palermo, un quartiere di Buenos Aires. Si tratta di un corpo
ausiliario della polizia che si dovrebbe occupare in maniera
attenta e diretta della comunità locale, di mantenere l’ordine.
Felipe, insieme al collega Diego verrà coinvolto in una vicenda
molto più seria delle semplici liti di vicinato: le vite delle due
guardie urbane si intrecceranno con quelle di una vasta
organizzazione criminale che si occupa del traffico di
stupefacenti.
Community squad è
caratterizzato dalla contemporanea presenza di elementi comici e di
azione: le vicende sono più tipiche del genere thriller o
poliziesco. Elementi tipici di questo genere sono la presenza del
cartello della droga, insieme a dei complicati intrighi che
coinvolgono degli stessi poliziotti. A differenza di note pellicole
sulle stesse tematiche come
The Departed- il bene ed il male di Martin
Scorsese,
Community squad è pervasa da un’ironia tale da
rendere anche le scene più drammatiche tendenti al comico. La
comicità in alcuni casi sfocia nel vero e proprio black humor:
degli esempi sono la scena in cui i due poliziotti soddisfatti del
loro lavoro si fanno foto e selfie con due vittime nella scena del
delitto, ed i numerosi casi in cui Felipe utilizza Diego in coma
come psicologo, raccontandogli tutte le sue vicende.
Tuttavia, il vero personaggio
emblema dell’ironia è proprio Felipe. Pur essendo un uomo adulto,
non riesce a prendere in mano la propria vita e resta in balia
degli eventi. Il suo comportamento infantile si nota anche dal
comportamento dei genitori nei suoi confronti: la madre si mostra
essere iperprotettiva, mentre il padre lo rimprovera come se
fosse un adolescente. Felipe dimostra una certa immaturità anche
nella relazione con Sofìa: pur comportandosi lei in maniera
eccessivamente distaccata, lui tende ad essere troppo appiccicoso
fin da subito.
Una guardia urbana inclusiva
Una particolarità di
Community Squad è la politica di quasi forzata
inclusività che caratterizza il gruppo delle guardie urbane; anche
nel caso di Felipe il capo della polizia e Miguel, il responsabile
del gruppo, cercano di collocarlo in una qualche minoranza. La
Community Squad è formata infatti da Sofìa, una ragazza nella sedia
a rotelle, Mario, un boliviano, un vecchietto, una persona non
vedente, un nano ed una ragazza Trans. Proprio per le loro
disabilità e la loro politica della non violenza, questo corpo
della polizia non viene preso sul serio dalla comunità, la
quale li vede solo come uno spreco di soldi pubblici. Anche
gli stessi poliziotti tendono a screditarli ed a prenderli in giro.
Da un punto di vista sociale, però, si può notare la rilevanza di
un progetto del genere: gruppi di questo genere favoriscono
l’inserimento di soggetti con difficoltà nella comunità
sociale. Inoltre, anche negli ultimi episodi della serie, risultano
chiare le potenzialità della Community Squad:
nonostante le difficoltà, in alcuni casi fisiche, loro riescono a
lottare per la giustizia.
Il duo canoro dopo il successo di
Sanremo 2023 presenta alla stampa La
primavera della mia vita. Il film diretto da Zavvo Nicolosi alla sua opera prima vede
Lorenzo Urciullo (in arte
Colapesce) e Antonio Di Martino
(in arte Dimartino) alla sceneggiatura in quello
che è un viaggio introspettivo ed estetico con al centro una
Sicilia mai vista. Il racconto portato in scena è
sicuramente un’opera che si basa molto sul racconto personale dei
due cantanti e amici palermitani che trova uno sfogo nella
pellicola. Il film uscirà dal 20 al 23 febbraio in sala per una
proiezione speciale per Vision Distribution.
Come raccontano in conferenza stampa
i protagonisti seguiti dal regista e dal gruppo di sceneggiatori,
il film presenta moltissime inquadrature fisse, tutto a stacco e
pochi movimenti di macchina. Lo stesso regista Zavvo
Nicolosi si è espresso a riguardo: “Il cinema per me è
una mania di controllo, non è solo una passione che deriva da una
evasione dalla realtà. Nel film siamo come un dio per un tempo
limitato e possiamo gestire quello che succede e per me che sono
una persona ansiosa va benissimo”.
La primavera della mia vita, da Wim
Wenders a David Byrne
Il regista ha parlato anche dei
riferimenti registici a cui si è ispirato per La primavera della
mia vita. In conferenza stampa si è sottolineata la vicinanza
registica ad alcuni nomi come Yorgos Lanthimos, Wes
Anderson. Ma c’è un film più di tutti che ha ispirato
Nicolosi: “True stories di
David Byrne, dal punto di vista sia visivo che
anche come viene raccontato il territorio è uno dei punti
fondamentali. Con il direttore della fotografia abbiamo fatto uno
studio preciso. Abbiamo pensato al racconto del territorio che fa a
volte WimWenders come in
Paris, Texas. C’è anche tanta commedia, John Landis per me è il migliore nel genere.
C’è anche molto cinema italiano di fine anni 70 inizio anni 80 come
Non ci resta che piangere. Sia Antonio che Lorenzo
seguono un po’ questa linea musicalmente”.
L’idea era nella mente del duo da
molto tempo. La primavera della mia vita nasce
durante la pandemia e trova il pieno supporto di Nicolosi fin da
subito. L’ultimo componente ad unirsi alla banda è Michele
Astori che come sceneggiatore ha avuto il compito di
mettere insieme i pensieri del resto del gruppo. Principalmente
però i protagonisti tendono a precisare che questo film si discosta
da tutti gli altri progetti cinematografici incentrati sulla
carriera dell’artista. “Questo film rende l’esperienza diversa
rispetto ad altri progetti di altri cantanti che hanno voluto
intraprendere un progetto cinematografico. Per quanto ci
riguarda”, dice Lorenzo Urciullo,
“Abbiamo avuto un controllo totale su tutto il film dalle
sceneggiature alle musiche”.
Antonio continua:
“L’idea è nata prima ancora di fare il disco. Volevamo scrivere
un film e questo film è nato da una serie di note di cose che sono
successe durante il tour che ci hanno divertito, alcune delle quali
non sono finite nel film, che abbiamo scritto e conservato. Poi
abbiamo contattato Zavvo e insieme abbiamo scritto il soggetto del
film inserendo tutti gli elementi della mitologia. Inizialmente
però nella nostra idea il road movie era diverso. Era nato come
l’ultimo viaggio di Antonio con la sua vecchia auto che poi doveva
essere rottamata. Michele è stato fondamentele per noi. Avevamo
tante idee confuse e lui ci ha ordinato le idee, come arrivare a un
determinato punto e perché.”
La mitologia
Durante la visione del film ci si
imbatte nella storia della Sicilia, dalle sue
radici. Una terra di conquista che raccoglie al suo interno una
moltitudine di civiltà antiche. Sicuramente tra i riferimenti c’è
anche quello alla Sicilia araba di cui parlano gli sceneggiatori:
“La Sicilia araba è entrata naturalmente senza una scelta
iniziale. Il lavoro che abbiamo fatto è stato quello di riuscire a
riservare quello che era lo spirito del loro approccio ironico e
malinconico alla vita. Il soggetto che hanno portato era abbastanza
folle ma è stata una ventata di energia. Le opere prime sono quelle
che regalano un po’ di incoscienza”.
Il tema della
mitologia e anche un po’ della magia è centrale ne
La primavera della mia vita e ognuno dei
protagonisti prova a dire la sua. Per Lorenzo, la mitologia è più
interessante della verità: “Noi siamo molto appassionati della
mitologia. Nel film l’abbiamo disseminata un po’ questa passione.
La storia dei giganti parte dalla leggenda dei
Lestrigoni. Siamo convinti che la leggenda spesso
è più interessante della verità. Anche l’Isola Cornuta parte da una
storia vera, con questa farina che veniva impastata che dava
allucinazioni”. Per Antonio questa mitologia risiede proprio
nella narrazione della Sicilia e della sicilianità: “La Sicilia
la storia è basata sul verosimile, non sul vero, nel senso che
potrebbe anche esistere la teiera più grande dl mondo vicino
Enna”. Anche per Zavvo Nicolosi la Sicilia è
una terra dal pensiero magico: “La Sicilia è un posto dove
attecchisce il pensiero magico. Molte persone credono a queste
storie verosimili”.
John Wick
4 è stato annunciato per la prima volta subito dopo il
weekend di apertura da record di John Wick:
Capitolo 3 – Parabellum, che ha incassato
oltre 300 milioni di dollari in tutto il mondo. La quarta
puntata vedrà il ritorno di Keanu Reeves nei panni
dell’omonimo assassino, che è stato visto per l’ultima volta
soffrire di ferite multiple dopo essere caduto dall’alto del
Continental Hotel.
Insieme a Keanu Reeves, Lance Reddick e Ian
McShane ci sono le nuove arrivate in franchising, la
superstar pop giapponese-britannica Rina Sawayama
al suo debutto cinematografico, Shamier Anderson, Bill
Skarsgard, Clancy Brown, Hiroyuki Sanada e Donnie
Yen, che a quanto si dice interpreterà un vecchio amico di
John Stoppino.
John Wick: Chapter
4 è diretto da Chad Stahelski
da una sceneggiatura co-scritta da Shay Hatten e Michael Finch, che
subentra al creatore del franchise Derek Kolstad. È prodotto
da Basil Iwanyk, Erica Lee e Stahelski con Reeves e Louise Rosner
come produttori esecutivi.
Dopo l’annuncio della prima edizione
del premio “Italian Rising Stars”, il nuovo riconoscimento che
sarà assegnato a Firenze per valorizzare i talenti rivelazione del
nostro cinema, l’Accademia del Cinema Italiano, presieduta da
Piera Detassis, e Fondazione Sistema
Toscana, con il cinema La Compagnia, la casa del cinema
della Toscana, diretta da Stefania Ippoliti, continuano la
collaborazione con un ciclo di dieci conversazioni con gli autori
dei documentari selezionati per concorrere al Premio
David di Donatello – Cecilia Mangini 2023 per il
miglior documentario.
I dieci incontri, pensati per
conoscere da vicino le storie, i segreti e lo stile degli autori e
delle opere documentarie selezionate, sono disponibili online,
gratuitamente, a partire da oggi 16 febbraio, non
solo per il pubblico ma anche per gli oltre 1600 membri della
Giuria dell’Accademia del Cinema Italiano che dal 1 al 14 marzo
voteranno per scegliere, nella categoria dei documentari e in tutte
le categorie, le candidature ufficiali ai Premi David di
Donatello 2023. Le conversazioni sono a cura dei critici e
giornalisti cinematografici Pedro Armocida e Raffaella
Giancristofaro, del critico Giacomo Ravesi e di Pinangelo
Marino, Vicepresidente di Doc.it, componenti della Commissione
selezionatrice dei documentari insieme a Guido Albonetti,
Osvaldo Bargero, Stefania Ippoliti e Betta Lodoli.
DAVID 68 – le dieci
conversazioni con gli autori dei documentari selezionati:
IL CERCHIO, di Sophie Chiarello: la regista
conversa con Pinangelo Marino;
FRANCO ZEFFIRELLI, CONFORMISTA RIBELLE,
di Anselma Dell’Olio: la regista conversa con Raffaella
Giancristofaro;
GIGI LA LEGGE,
di Alessandro Comodin: il regista conversa con Raffaella
Giancristofaro;
IN VIAGGIO,
di Gianfranco Rosi: la produttrice Donatella Palermo conversa con
Raffaella Giancristofaro;
KILL ME IF YOU CAN,
di Alex Infascelli: il regista conversa con Pedro
Armocida;
LAST STOP BEFORE CHOCOLATE MOUNTAIN,
di Susanna Della Sala: la regista conversa con Pedro
Armocida;
IL POSTO,
di Mattia Colombo e Gianluca Matarrese: i registi conversano con
Pedro Armocida;
SVEGLIAMI A MEZZANOTTE
di Francesco Patierno: il regista conversa con Pedro
Armocida;
THE MATCHMAKER
di Benedetta Argentieri: la regista conversa con Raffaella
Giancristofaro;
LA TIMIDEZZA DELLE CHIOME,
di Valentina Bertani: la regista conversa con Giacomo
Ravesi;
La presenza speciale dei Premi David
di Donatello a Firenze proseguirà al termine del progetto “50
Giorni di Cinema a Firenze”, dal 5 ottobre al 12 dicembre prossimi,
al cinema La Compagnia e in altre sale fiorentine, con la prima
edizione di “Italian Rising Stars”, un premio che il David
assegnerà alle star del cinema di domani. A partire da un lavoro di
selezione che si svolgerà nel corso del 2023, verranno scoperti i
volti nuovi che possano diventare ambasciatori nel mondo del cinema
italiano.
Il Cinema La Compagnia di Firenze,
dedicato alla programmazione di cinema documentario, è tra i
fondatori di DocExchange, la rete internazionale di sale che
programmano cinema del reale, di cui fanno parte Hot Docs Ted
Rogers di Toronto, Bertha Doc House di Londra, a cui si sono uniti
il Mysles Documentary Center di New York e il Documentary Film
Center di Mosca
E se un anno della vostra vita
durasse un solo giorno?
Netflix è lieta di annunciare che Era Ora, il
film diretto da Alessandro Aronadio, con
protagonisti Edoardo Leo e Barbara
Ronchi, sarà disponibile dal 16 marzo solo su Netflix.
La commedia romantica, prodotta da
BIM Produzione (una società del Gruppo Wild Bunch), Palomar
(Mediawan Group) e Vision Distribution, dopo il passaggio
all’ultima Festa del Cinema di Roma (sezione Grand Public), è in
arrivo in Italia e contemporaneamente nei 190 Paesi in cui è
disponibile il servizio.
In “Era Ora”, Dante (Edoardo
Leo) e Alice (Barbara Ronchi) si
amano alla follia. Peccato che lui sia la tipica persona a cui una
giornata non basta mai, che arriva sempre in ritardo e si barcamena
a fatica tra i mille impegni quotidiani di lavoro e vita
privata.
Succede anche il primo giorno dei
suoi quarant’anni, quando Dante si presenta in ritardo di ore alla
sua festa di compleanno. A detta sua, la soluzione sembra a portata
di mano: se lavorerà abbastanza, magari tra qualche anno sarà
riuscito a comprarsi un po’ di tempo.
Ma cosa succede quando l’indomani si
sveglia e si ritrova un anno in avanti? Come è possibile che sia
già il giorno del suo quarantunesimo compleanno? E come fa Alice a
essere incinta di quattro mesi? Cosa ne è stato del resto del suo
anno?
Quando, a un suo nuovo risveglio,
Alice gli mette tra le braccia una bella bambina di qualche mese
augurandogli buon quarantaduesimo compleanno, Dante realizza
definitivamente di essere stato catapultato in un incubo a occhi
aperti: per qualche inspiegabile motivo sta vivendo una vita
accelerata, di cui non ha memoria né controllo. Riuscirà a
comprendere il valore del tempo prima che la sua vita vada a
rotoli?
Era Ora, tratta dal
film “Long Story Short” (scritto e diretto da Josh Lawson), è
un’esilarante e commovente romantic comedy su quella stravagante
avventura che ci ostiniamo a chiamare tempo. Prodotto da Carlo
Degli Esposti, Nicola Serra, Riccardo Russo, vede nel cast anche
Mario Sgueglia, Francesca Cavallin, Raz Degan, Massimo Wertmüller e
Andrea Purgatori.
Presentato in concorso al
Festival
di Cannes 2022, dove Zar Amir
Ebrahimi si è aggiudicata il
Prix d’interprétation féminine alla miglior attrice,
Holy Spider è il terzo film di Ali
Abbasi, regista e sceneggiatore iraniano naturalizzato
danese. Girato in Giordania per ovvi motivi di censura, il film
tratta argomenti tabù in Iran come la prostituzione e la
tossicodipendenza, rendendo rischiosa ma allo stesso tempo
necessaria la loro visione sullo schermo come rappresentazione
fedele della realtà della vita nella nazione mediorientale. Senza
mai perdere l’essenza dell’incertezza e del terrore,
Abbasi costruisce il thriller più intelligente
dell’anno, che usa il genere per parlare dell’oggi, raffinatissimo
nel suo destrutturare le dinamiche tipiche dell’indagine per
mettere in primo piano l’azione politica, ciò che avviene
dopo che un killer è stato catturato.
Le notti di Mashhad
Iran, 2001. Un giornalista di
Teheran si immerge nei quartieri malfamati della città santa di
Mashhad per indagare su una serie di femminicidi.
Ben presto si rende conto che le autorità locali non hanno fretta
di risolvere la questione. I crimini sono opera di un uomo che
pretende di purificare la città dai suoi peccati e che di notte
attacca le prostitute. Sullo spider-killer – ovvvero
Saed Hanaei – così ribattezzato per il suo modo di
agire, setacciando minuziosamente il reticolato della città di
Mashhad – sono stati prodotti un documentario, Along came the
Spider (2002) e il film drammatico Killer Spider
(2020), testi audiovisivi che Abbasi ha
praticamente distrutto e riscritto.
Tra il 2000 e il 2001, l’iraniano
Saeed Hanaei (nel film interpretato da
Mehdi Bajestani) ha ucciso 16 donne nella città
santa di Mashhad, la seconda città più grande e importante del
Paese e luogo di pellegrinaggio per gli sciiti di tutto il mondo.
Hanaei era un veterano di guerra, sposato e con figli, in una
città, dichiarata capitale spirituale, dove circola anche la droga
proveniente dall’Afghanistan. Fanatico religioso, seguace dei
discorsi di odio degli ayatollah, sosteneva di essere in missione
per “ripulire” le strade della città dalla corruzione.
Il vizio sotto il tappeto
Holy Spider mette
in scena l’incoerenza di un regime teocratico, che reprime la
figura femminile ma in qualche modo tollera la prostituzione. Un
regime che convive con un enorme problema di tossicodipendenza,
anche in una città apparentemente santa, in cui i garanti della
legge minimizzano certi crimini perché non interessano nemmeno alle
famiglie delle vittime e dove il fanatismo religioso giustifica e
sostiene il machismo istituzionalizzato nella società iraniana.
Il nuovo film di Ali
Abbasi gioca bene con i confini di genere, allargandoli –
dal noir hitchcockiano al thriller fincheriano che connotano
l’indagine – e restringendoli se necessario. Dal secondo atto in
poi, per arrivare alla chiusa finale forse più emblematica del
2022, Holy Spider racconta l’orrore dell’oggi. Non
siamo nel territorio dell’horror di creature, che
Abbasi ha esplorato con Border – Creature di confine, ma nel terrore
dell’Iran della religione, dove il vizio è nascosto sotto il
tappeto. Dove una moglie può arrivare a giustificare un marito che
uccide prostitute e la città può addirittura manifestare in suo
favore. Ma, soprattutto, dove è proprio un ragazzo a spiegare che,
se il governo non farà nulla per ripulire le strade, qualcun altro
assumerà il ruolo di assassino.
L’indagine è donna
Film di denuncia necessario, ancora
e soprattutto oggi dopo i fatti del 13 settembre 2022 di
Mahsa Amin, picchiata a morte dalla polizia morale
iraniana per non aver rispettato l’obbligo di indossare il velo,
Holy Spider stesso gioca con la simbologia
dell’hijab tramite la sua protagonista.
Rahimi è una reporter incrollabile, che arriva
dalla capitale e non vuole mettersi il velo e che, comunque, lo
indosserà a suo modo (una ciocca di capelli tenterà sempre di
sfuggirgli). È una giornalista che si porta dietro uno scandalo
simile a quello per cui la stessa Zar Amir
Ebrahimi è stata esiliata dall’Iran. Proprio l’hijab,
permette a Rahimi di investigare, di condurre
un’indagine autonoma, lontana dall’inadempienza dei poliziotti.
L’hijab le permette di abitare le strade di Mashhad, di scrutare
con lo sguardo i tanti uomini che circolano in moto la notte, alla
ricerca del giustiziere impavido, un Ayatollah autoproclamatosi
tale e che trova nell’inamissibile consenso di una giuria di fedeli
il motivo per continuare ad attaccare. Abbasi cura
anche la fisionomia di Ebrahimi, rendendola parte fondamentale del
suo essere detective in una città che non è la sua:
paradossalmente, quando indossa il velo, Rahimi
sembra più giovane, prende tutta la frescrezza della sua posizione,
vive dell’indagine. In poche parole, è una donna di
Mashhad. Nella sua stanza, mentre telefona alla
madre, che le chiede se prima o poi avrà intenzione di tornare a
casa, Rahimi dimostra effettivamente la sua età: è
una donna che ha vissuto, con un passato difficile alle spalle,
annichilita dall’Iran e che vuole sventrarlo con l’arma della
denuncia.
L’attrice protagonista Zar
Amir-Ebrahimi offre una performance formidabile,
catturando in modo convincente il coraggio e la determinazione del
suo personaggio. Mehdi Bajestani, invece, assume
un ruolo difficile e complesso, permettendoci di vedere i diversi
lati di un uomo tormentato e di un mostro impenitente. Il duello
attoriale tra i due è sublime e ricorda a tratti gli incontri tra
Clarice e il dottor Lecter ne
Il silenzio degli innocenti.
L’azione politica, dopo la
cattura
Cosa succede una volta che il killer
è preso? Quando il film di Abbasi diventa
politico, ci rendiamo ancora più conto di quanto il regista di
origini iraniane sia abile a giocare coi generi. Il processo
mediatico in cui l’assassino viene trattato come un eroe e le
vittime vengono incolpate diventa sguardo cupo su una società che
non vede nulla di male nella morte delle prostitute, che riporta la
narrazione – e ci riporta come pubblico – al presente, chiarendo
che il machismo è perpetuato da generazioni di uomini. Holy
Spider è un film su una società di serial killer, oltre
l’indagine, che analizza la figura di Saed Hanaei
come segno, come prodotto di una morale che ti vuole uomo e
martire, che ti obbliga a ordinare una crociata personale se non
sei andato in guerra.
Se nei due film precedenti,
Shelley (2016) e Border (2018), Abbasi si era avvicinato al
terrore tentando di catturarlo visivamente, in Holy
Spider questo è latente, in ogni inquadratura. Il terrore
è essere una donna in Iran. Il terrore è l’idiosincrasia persiana,
è l’abitare una città sacra profanata dal colore verde. Il terrore
è una progenie che vuole mettersi sugli stessi palsi falsi dei
genitori, che non ha paura a nascondere una donna sotto al tappeto,
renderla cavia, muoverla e rigirarla – anche se si tratta della
propria sorella – per istruire l’altro. Qualcuno che verrà e
accetterà: un nuovo ragno.
Svelato il trailer e la locandina di
Women Talking, il dramma osannato
dalla critica diretto da Sarah Polley, che arriverà al cinema l’8
marzo con Eagle Pictures.
Candidato a due Premi Oscar – Miglior Film e Miglior
Sceneggiatura non originale -, Women Talking è basato
sul romanzo best-seller di Miriam Toews e porta sul grande schermo
la storia di un gruppo di donne di una colonia religiosa che
discutono di un segreto scioccante che riguarda gli uomini della
comunità che per anni le hanno drogate e poi violentate. Quando la
verità viene a galla, le donne discutono della loro drammatica
condizione e dovranno decidere se restare e combattere o andare
via.
Un cast d’eccezione dà voce a queste
donne raccontate da Sarah Polley:
Rooney Mara,
Claire Foy, Jessie Buckley,
Judith Ivey, Sheila McCarthy,
Michelle McLeod, Kate Hallett,
Liv McNeil, August Winter,
Frances McDormand ed al loro fianco anche
Ben Whishaw.
“Quando ho letto il libro di Miriam
Toews sono stata assalita da domande e pensieri sul mondo in cui
vivo, ho pensato a cose che non avevo mai considerato. Domande sul
perdono, la fede, i sistemi di potere, e ancora traumi, guarigioni,
colpevolezze, il ruolo della comunità e l’autodeterminazione. Ma la
lettura ha lasciato in me anche una speranza sconcertante – ha
spiegato Sarah Polley -. Anche se la storia parla di una piccola
comunità religiosa, ho sentito la necessità di tessere una grande
tela, che avesse una portata epica e attraverso la quale riflettere
l’enormità e l’universalità delle domande sollevate nel film.
Volevo sentire in ogni fotogramma le infinite potenzialità e
possibilità contenute in una conversazione sul come migliorare un
mondo in frantumi”.
Ecco il trailer di
Last Film Show, un film di Pan Nalin con
Bhavin Rabari (nel ruolo di Samay), Bhavesh Shrimali
(Fazal, il proiezionista), Richa Meena (Baa, madre di
Samay), Dipen Raval (Bapuji, padre di Samay), Paresh
Mehta (direttore del cinema).
Dopo la calorosa
accoglienza al Giffoni
Film Festival, dove è stato presentato in selezione
ufficiale, Medusa Film porta nelle sale italiane da giovedì 9
marzo, Last Film Show, diretto dal regista indiano Pan
Nalin e interpretato dal giovane e talentuoso Bhavin
Rabari.
Samay è il protagonista
di Last Film Show, una fiaba moderna che racconta le avventure di
un bambino di nove anni conquistato dalla magia del cinema. Ignaro
delle difficoltà e degli ostacoli che gli si porranno davanti,
Samay muoverà mari e monti pur di inseguire i suoi sogni in 35 mm,
in un racconto intriso di ricordi, dalle note autobiografiche.
Figlio di un venditore
di tè in una piccola stazione ferroviaria dell’India rurale e di
una giovane mamma affettuosa che sa cucinare divinamente, il
piccolo Samay entra per la prima volta in un cinema e ne resta
profondamente affascinato: nella magia delle immagini nella sala
buia, il bambino intuisce che tutto ciò che accade sul grande
schermo parte dalla ‘luce’. L’incantesimo del cinema lo prende a
tal punto che, i giorni successivi, Samay, invece di andare a
scuola, sale sul treno e torna al cinema finché viene buttato fuori
dalla sala in malo modo perché non ha il biglietto. Il bambino non
si arrende e corrompe il proiezionista del cinema che gli propone
uno scambio: Samai potrà vedere i film gratis nella sua
cabina di proiezionista in cambio della buonissima cucina della
mamma. Grazie ai racconti e alla fantasia di Samay anche i suoi
amici sono colpiti dalla magia del cinema a tal punto da costruire,
lontano dagli occhi degli adulti, una rudimentale sala
cinematografica. Alla fine, l’intransigente papà capirà l’amore e
la passione di Samay per il cinema e lo farà partire alla volta
della città per studiare ‘la luce’.
Diciamo che Last Film
Show è un dramma emotivo su un povero nessuno che non possiede
nulla e vive in un posto sperduto. Inizia a sognare di realizzare
qualcosa, di diventare qualcuno. Volevo disperatamente fare un film
in cui si celebrasse la leggerezza e l’innocenza. (…) Ho iniziato
lentamente a tornare alle mie radici, pensando al Kathiawad (una
regione del Gujarat). Com’era crescere lì da bambino? E soprattutto
ai miei numerosi e famigerati incontri con il cinema e la sua
magia.
Un tripudio di colori, di profumi e di sapori
lontani; un inno all’amicizia, all’immaginazione e alla fantasia:
Last Film Show arriverà nei cinema italiani da giovedì 9 marzo
distribuito da Medusa Film.
Lidia Poet è stata una rivoluzionaria,
un’apripista, un’avvocatessa tenace e dedita alla sua professione e
ai suoi clienti prima ancora che il termine avvocatessa avesse
ragione di esistere. È esistita davvero, nella Torino di fine ‘800,
ed è lei, con il volto di
Matilda De Angelis, la protagonista della nuova serie
Netflix in sei episodi La legge di Lidia
Poet.
La legge di Lidia Poet, la
trama
Torino, fine 1800. Una
sentenza della Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima
l’iscrizione di Lidia Poët all’albo degli avvocati, impedendole
così di esercitare la professione solo perché donna. Senza un
quattrino ma piena di orgoglio, Lidia trova un lavoro presso lo
studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per
ribaltare le conclusioni della Corte.
Attraverso uno sguardo
che va oltre il suo tempo, Lidia assiste gli indagati ricercando la
verità dietro le apparenze e i pregiudizi. Jacopo, un misterioso
giornalista e cognato di Lidia, le passa informazioni e la guida
nei mondi nascosti di una Torino magniloquente.
Matilda De
Angelis, ormai volto internazionale del nostro cinema, si
ricongiunge con Matteo Rovere, il regista che l’ha
fatta esordire sul grande schermo con Veloce come il Vento. A sette anni da quel
film, Matilda e Matteo fanno di nuovo squadra e realizzano sei
episodi di un light procedura che ispirandosi a una storia vera
adotta il linguaggio contemporaneo per parlare della condizione
della donna e della rivoluzione che Lidia ha portato in Italia e a
Torino, in particolare.
Un nobile intento, una esecuzione
non troppo felice
L’intento è nobile,
perché storie come quelle di Lidia Poet vanno raccontate per essere
conosciute, per ricordare sempre che ogni piccola conquista nasce
sempre da una piccola rivoluzione, in questo caso la caparbietà di
una donna, tuttavia l’esecuzione non è poi tanto felice, dal
momento che il linguaggio utilizzato per mettere in scena questa
rivoluzione è contemporaneo.
La Lidia di De Angelis
parla, si muove e pensa come farebbe una giovane donna del 2023, e
per quanto questo renda accattivante il personaggio per un giovane
pubblico, allo stesso tempo impone uno sfasamento temporale che fa
prendere poco sul serio tutto il resto del racconto. Le reazioni,
le azioni, il modus operandi li Lidia non è soltanto moderno per il
suo tempo, è proprio contemporaneo, come se la giovane donna avesse
fatto un viaggio nel tempo dai giorni nostri all’epoca in cui è
ambientata la storia.
LIDIA
Se si supera questo
grande scoglio concettuale, La legge di Lidia Poet è un piacevole
divertissement, molto chiaro e piano nella messa in scena dei vari
casi che la caparbia Lidia dovrà risolvere, con una struttura che
unisce in maniera abbastanza continua trama verticale e
orizzontale: la lotta personale di Lidia contro le istituzioni e la
sua richiesta di ricorso per essere riammessa all’albo degli
avvocati percorre tutta la storia, mentre in ogni episodio siamo di
fronte a un nuovo caso, sempre di omicidio, in cui Lidia si fa
detective, confidente dei suoi assistiti, avvocato. La legge di
Lidia Poet ha spirito e ardimento, purtroppo però la realizzazione
è fiacca, sussurrata e i personaggi, nonostante siano messi in
scena da attori di talento, su tutti proprio De Angelis e
Eduardo Scarpetta, non sono mai credibili fino in
fondo.
Torino, la bella
Certo, l’ambientazione
torinese della serie riesce a regalare dei bei momenti, soprattutto
in termini di atmosfera, data la bellezza straordinaria del
capoluogo piemontese, ma spesso non basta un bel salotto e un bel
paesaggio per raccontare degnamente una storia così tanto moderna e
importante per la nostra contemporaneità.
La legge di Lidia
Poet è un progetto ambizioso, che pretende di parlare
all’oggi, sceglie di farlo con un linguaggio semplice, perdendo
però la profondità e la gravitas della storia che racconta. Il
risultato è una serie divertente, comprensibile per il pubblico di
oggi, leggera, che perde però il suo appuntamento con
l’approfondimento, ma forse non era nemmeno questa la sede
adatta.
Quest’anno sarà uno
scontro molto duro quello per il Premio Oscar per il Miglior film
internazionale, con il candidato tedesco (Niente
di nuovo sul fronte occidentale, su Netflix), quello argentino (Argentina,
1985 su Prime Video), il belga Close (in sala a gennaio) e il polacco
EO (in concorso al Festival
di Cannes) ci sarà anche l’irlandese The Quiet
Girl. E a buon diritto.
Dal 16 febbraio al
cinema, distribuito da Officine UBU, il film di Colm
Bairéad è uno di quelli capace di restare dentro, a lungo.
Di parlare a ogni tipo di pubblico, ammesso che si abbia la
sensibilità di ascoltare, e di guardare lo svilupparsi dei rapporti
messi in scena dal regista per il suo esordio nel lungometraggio.
Fortunato – se non fosse che si tratta di meriti, indubbi – visto
che dopo aver conquistato l’EFA per la Miglior Fotografia e l’Orso
di Cristallo della sezione Generazione Kplus della Berlinale 2022
(oltre alla menzione Speciale della Children’s Jury del
festival).
Un
tranquillo dramma di formazione
In attesa del 12 marzo, è
indubbio che quello di Bairéad possa vantare già il titolo di film
indipendente tra i più acclamati e interessanti dell’anno, come era
stata dichiarata “La migliore dell’anno” dal New Yorker la storia
breve – scritta da Claire Keegan – sulla quale si
è realizzato questo adattamento. Emblematico il titolo, Foster,
termine che indica generalmente i ragazzi adottati o dati in
affidamento. Una sorte simile a quella che vive la piccola Cáit, di
9 anni, che i genitori, impegnatissimi con le sue tre sorelle e la
piccola nascitura in arrivo, scelgono di mandare a passare l’estate
da dei lontani parenti.
I Kinsella, Eibhlín e
Sean (Carrie Crowley e Andrew
Bennett), sono una coppia di mezza età silenziosa e
disponibile, che accoglie la bambina con molta cautela, le offre
vestiti puliti e la inserisce nella propria quotidianità, fatta di
lavoro e regolata dai ritmi della natura. Una vita dignitosa, di
campagna, che giorno dopo giorno finisce con l’insegnare molto alla
ragazza, soprattutto quando l’uomo inizia a darle più attenzioni e
a mostrarle il suo volto più riservato. Una scoperta importante,
come quella del segreto nascosto nel passato della coppia.
La lezione di The Quiet
Girl
Probabilmente anche il
Piccolo Principe avrebbe dubitato della sua celebre massima nello
scoprire come l’essenziale possa essere reso tanto visibile agli
occhi, almeno – come dicevamo – di chi sappia prestare attenzione
al cuore, delle cose e delle persone. Merito indubbiamente della
storia originale, ma anche della sceneggiatura del regista e della
fotografia (non a caso premiata) di Kate
McCullough, che gradualmente trascinano lo spettatore
all’interno del quadro iniziale, del quale andiamo via via
scoprendo la reale fattura, i dettagli e i colori.
Un processo che segue
quello stesso della giovane protagonista, talmente abituata a esser
considerata invisibile da familiari e compagni di scuola da finire
per crederci, chiudendosi in un inevitabile mutismo. Almeno
iniziale, dato che – finalmente considerata – la vediamo sbocciare,
crescere, imparare a guardarsi e a riconoscersi, anche con gli
abiti femminili che evidentemente non pensava di meritare.
Attese ricompensate ed esempi
Dalla pagina allo
schermo, le immagini suggeriscono e suppliscono, scandendo un ritmo
diverso e mettendo in evidenza elementi apparentemente
trascurabili, scegliendo per noi il tempo da concedere anche ai
silenzi e alle attese tipiche di quella realtà. Che definire
familiare potrebbe essere riduttivo, visto quanto spesso nella vita
e nelle relazioni si sceglie l’intorno cui appartenere o i maestri
da seguire, anche a costo di non accertare quelli biologici o
imposti dalla cultura dominante o moralmente accettata.
Ma se questo è un
suggerimento profondo, a farci conquistare dal film sono
sufficienti gli aspetti più superficiali ed evidenti che lo
permeano, la profonda gentilezza, l’affetto, il rispetto – compresa
la sottesa linea di tristezza (imprescindibile, soprattutto di una
coppia matura che della vita ha vissuto e vive anche le sofferenze
più crudeli) – e la cura. Ingredienti che caratterizzano tutta la
narrazione e l’essere dei Kinsella. Pronti a rispondere alle
delusioni con purezza e apertura, a regalare un esempio migliore di
ogni insegnamento.
Entità sinistre, fantasmi, una casa.
Sono alcuni degli elementi tipici che accompagnano il cinema
dell’orrore oramai da decenni, e da cui Oliver Park attinge per costruire il suo
personale e inquietante The
Offering. Per rappresentare il suo cinema, il regista
decide di abbandonare i tabù e le paure intorno alla religione
cristiana su cui tanti prodotti del genere si basano, per porre
l’attenzione sulla fede ebraica ed esplorarne le credenze e le
relative derive orrorifiche. La pellicola approfondisce la figura
maligna del dybbuk, lo spirito disincarnato di una persona
defunta. Un’anima, quindi, alla quale è stato vietato l’ingresso
nel Sheol, il mondo dei morti.
Nel 2019 Keith
Thomas aveva già raccontato le tradizioni del giudaismo
con The
Vigil, analizzando la figura dello Shomer, persona
incaricata di vegliare sul corpo di un defunto. Park per la sua
opera prima ne riprende il discorso, con l’intento di sciorinare i
riti di un’impresa di onoranze funebri chassidica, su cui verterà
tutta la storia orrorifica. The Offering è in sala dal 23
febbraio.
The Offering, la trama
Arthur (Nick Blood)
è un uomo i cui debiti rischiano di mandarlo in rovina. A causa
della sua precaria situazione, decide di tornare dal padre Saul
(Allan Corduner) insieme alla moglie incinta
Claire (Emm Wiseman). L’intento di Arthur è di
riconciliarsi con il genitore per un suo tornaconto personale:
cercare di convincerlo a vendere l’agenzia di onoranze funebri di
famiglia. Quando arriva dal padre, tutti i dissapori passati
sembrano essere svaniti.
Nel frattempo nella casa ebraica
arriva un defunto con indosso uno strano amuleto. Nessuno sa che
questi è posseduto dallo spirito di Abyzou, la ladra di bambini,
imprigionata dallo stesso in quel corpo con un pugnale. Nel
ripulirlo, Arthur rompe accidentalmente la pietra contenente
l’essenza dell’entità, liberando quest’ultima nell’abitazione. A
quel punto l’obiettivo del dybbuk diventa proprio la gravida
Claire…
Dentro il folklore ebraico con
Abyzou
Iniziamo col dire che The
Offering si compone di tutte le caratteristiche
dell’horror vecchia scuola: la casa come unico e solo
topos capace di terrorizzare a dovere; un demone che si insidia
nelle menti e nelle vite degli inquilini facendoli impazzire; lo
jump scare accompagnato da una colonna sonora grave e
tetra, che si accentua nell’esatto momento in cui la scena si
prepara a spaventare. Il tutto condito dall’atmosfera funerea di un
obitorio ebraico ortodosso, scolpito dalla fotografia fredda e
minimalista di Lorenzo Senatore. Quello che cambia nell’opera di
Park è l’entità “disturbatrice”: a possedere l’abitazione è
Abyzou, che nell’incipit ci viene presentata come la ladra
di bambini. Un’entità femminile proveniente dal folklore
ebraico, per l’appunto un dybbuk, già incontrato nel
The Possession di Ole Bornedal, e che
in questo film assume le sembianze di una capra.
Sin dalle prime sequenze Park ci
introduce nel tono sinistro di The Offering, dando
allo spettatore un’anteprima della follia a cui andrà incontro nei
prossimi 93 minuti. Riti, fantasmi e una bambina dallo sguardo
agghiacciante sono l’antipasto di un menù ricco di suspense e salti
di paura, e in cui fin da subito capiamo che il racconto non si
baserà sull’espulsione del demone dal corpo, come accade per
esempio nel cult L’esorcista (o in genere in tutti i film
a sfondo cristiano), ma del suo imprigionamento nel corpo, tipico
della religione ebraica.
Cambia così la prospettiva, scritta
a quattro mani da Hoffman e Younger e formalmente
ben rappresentata dal regista con un montaggio pulito e un’estetica
definita. Un film dalla buona fattura, in cui è evidente la
passione di Park per l’esoterismo e per l’oscurità legata
all’ignoto, tematiche capaci di tenere alta l’attenzione dello
spettatore. Unica pecca l’uso smodato del jump scare che, se nella
prima parte serve per agganciare il pubblico, nella seconda
appesantisce un po’ la narrazione, rendendo l’artificio prevedibile
e quindi non più spaventoso.
Questa leggera incrinatura non priva
però Oliver Park del merito di aver messo in piedi
un film di tutto rispetto, la cui fruizione risulta ad ogni modo
piacevole. The Offering può perciò considerarsi
per il novello regista un buon trampolino di lancio nei
lungometraggi dell’orrore. Prestando più attenzione a non abusare
della tecnica e garantendo più spazio alla conoscenza dei suoi
protagonisti, egli ha tutte le carte in regola per rientrare nella
categoria di cineasti abili a confezionare prodotti sia
sorprendenti che originali.
Keanu Reeves ha
spiegato perché ha voluto che John Wick:
Capitolo 4 rimanesse una versione e un’esperienza
cinematografica. Il quarto capitolo del franchise d’azione ha visto
la sua data di uscita ritardata numerose volte, principalmente a
causa della pandemia di COVID-19 ma anche a causa degli altri
impegni di Reeves con The Matrix Resurrections.
Tuttavia, John Wick:
Capitolo 4 ha resistito, evitando ogni proposta di
streaming e arriverà in sala il mese prossimo.
Durante una recente intervista con
Wired, Keanu Reeves ha spiegato perché ha sempre
voluto che questo film uscisse in sala e non in streaming.
“Sono sogni, vero? E immersione. Penso che il potere del cinema
sia in parte la sua novità, ma anche la sua portata. Vedi un primo
piano di una performance meravigliosa con emozioni e narrazione che
ti toccano. Che si tratti di horror, azione o commedia, vedi una
faccia che è, sai, alta 20 piedi. Sì. Sei, tipo, lì. L’intimità di
quello.”
John Wick:
Capitolo 4 è stato annunciato per la prima volta
subito dopo il weekend di apertura da record di
John Wick:
Capitolo 3 – Parabellum, che ha incassato
oltre 300 milioni di dollari in tutto il mondo. La quarta
puntata vedrà il ritorno di Keanu Reeves nei panni
dell’omonimo assassino, che è stato visto per l’ultima volta
soffrire di ferite multiple dopo essere caduto dall’alto del
Continental Hotel.
Insieme a Reeves, Lance
Reddick e Ian McShane ci sono le nuove arrivate in
franchising, la superstar pop giapponese-britannica Rina
Sawayama al suo debutto cinematografico, Shamier
Anderson, Bill Skarsgard, Clancy Brown, Hiroyuki Sanada e
Donnie Yen, che a quanto si dice interpreterà un
vecchio amico di John Stoppino.
John Wick: Chapter
4 è diretto da Chad Stahelski
da una sceneggiatura co-scritta da Shay Hatten e Michael Finch, che
subentra al creatore del franchise Derek Kolstad. È prodotto
da Basil Iwanyk, Erica Lee e Stahelski con Reeves e Louise Rosner
come produttori esecutivi.
A vent’anni dall’uscita in sala del
Daredevil di Mark Steven
Johnson, il regista ha ricordato com’è stato lavorare al
progetto. “È stata una produzione meravigliosa… Eravamo sui
tetti del centro di L.A. o a New York City a tarda notte, ed è
stato semplicemente divertente. Era tutto un mondo che si creava
intorno a ciò che facevamo. Anche se c’era un sacco di pressione su
di me [come regista], c’era un’atmosfera incredibile sul
set”.
Johnson ha avuto molto da dire
quando gli è stato chiesto del coinvolgimento della Marvel nel processo di produzione.
“Certamente, Avi Arad – che all’epoca era il capo della
Marvel – era presente in tutto il
film. E [l’attuale capo dei Marvel Studios] Kevin Feige era un
vicepresidente allora, e parlavamo la stessa lingua”, ha detto
il regista. “Eravamo i nerd che sono cresciuti con i fumetti: i
True Believers. Kevin è sempre stato brillante, e si capiva che
sarebbe diventato qualcuno di cui ci si poteva fidare e a cui fare
domande. Era fantastico allora, ed è stato fantastico aver
incontrato [l’ex capo della Marvel Comics] Joe Quesada perché la sua opera
con Daredevil in coppia con Kevin Smith ha influenzato la mia
opinione.”
Nel suo racconto, Johnson ha anche
fatto i nomi degli altri attori presi in considerazione per il
ruolo dell’eroe, andato poi a Ben Affleck. Matt
Damon, Edward Norton e Guy Pearce erano tutti in lizza, mentre
Seth Rogen avrebbe potuto essere Foggy Nelson
al posto di un giovane Jon Favreau.
Il nuovo film Il pianeta
delle scimmie della 20th Century Studios, ora di proprietà
della Disney, Kingdom of the Planet of the Apes, ha
ufficialmente concluso le riprese principali, e il regista
Wes Ball ha annunciato la notizia su Twitter
offrendoci il primo sguardo ad alcuni filmati dietro le quinte.
La breve clip ci dà un assaggio
degli interpreti scimmieschi del film sul monitor, mentre gli
attori (è impossibile capire chi siano) festeggiano davanti alla
telecamera nei loro completi mo-cap. Kingdom of the Planet of the Apes è
interpretato da Freya Allan, Owen Teague, William H.
Macy e Kevin Durand. Dichen
Lachman è l’ultimo arrivato nel cast.
Kingdom of the Planet of the Apes è stato
scritto da Josh Friedman, Rick Jaffa e Amanda Silver, l’ultima
delle quali è stata anche sceneggiatrice di Rise of
the Planet of the Apes . Il film è prodotto da
Patrick Aison, Joe Hartwick Jr., Jaffa, Silver e Jason
Reed. “Il pianeta delle scimmie è
uno dei franchise di fantascienza più iconici e leggendari della
storia del cinema, oltre ad essere una parte indelebile
dell’eredità del nostro studio”, ha affermato il presidente di 20th
Century Studios Steve Asbell. “Con Kingdom of the Planet of the
Apes, abbiamo il
privilegio di continuare la tradizione della serie di cinema
fantasioso e stimolante e non vediamo l’ora di condividere la
straordinaria visione di Wes per questo nuovo capitolo con il
pubblico nel 2024″.
L’ultimo film della serie
Ilpianeta delle scimmie,
The War – Il Pianeta delle Scimmie – Film del
2017 , ha visto la conclusione della serie rilanciata dal
regista Matt Reeves con
L’alba del pianeta delle scimmie con
Andy Serkis,
Woody Harrelson e Steve Zahn. Il film è stato
presentato in anteprima con il plauso della critica e ha incassato
quasi $ 500 milioni al botteghino. Ha ottenuto nomination per
i migliori effetti visivi e i migliori effetti speciali visivi agli
Academy Awards.
L’anno scorso, i produttori
Barbara Broccoli e Michael G.
Wilson hanno detto che stavano cercando un attore disposto
a impegnarsi nel ruolo a lungo termine. Wilson ha
poi chiarito che, sebbene non abbiano intenzione di scegliere un
attore considerevolmente più giovane come nuovo 007, vorrebbero che
chiunque fosse scelto per interpretare l’iconica spia per un
decennio o più.
E Aaron Taylor-Johnson ha proprio l’età perfetta
per poter essere in grado di occupare quel ruolo nel range di età
indicato, avendo al momento 32 anni. In effetti, più fonti hanno
affermato che l’attore di Kick-Ass ha incontrato
Broccoli e Wilson per discutere del ruolo di 007, e lui in prima
persona non ha smentito tali informazioni: “È
lusinghiero”, ha detto delle voci. “I giornali possono
scrivere cose terribili su di te, ma anche cose belle, come in
questo caso”.
“Vuoi solo rimanere nella tua
corsia, rimanere con i piedi per terra, stare vicino alle persone
che ami e che ti amano, e rimanere in quel mondo. Perché nel
momento in cui inizi a credere alle cazzate che la gente dice su di
te, hai perso la tua testa, completamente.” Certo, non è
esattamente una conferma del suo coinvolgimento nel franchise di
Bond, ma non è nemmeno una smentita.
Taylor-Johnson ha poi continuato a
discutere delle altre opportunità che gli si sono presentate dopo
aver recitato nel Bullet Train, film pieno di azione dell’anno
scorso, rivelando che non ha nemmeno avuto bisogno di fare un
provino per Kraven
the Hunter.
“Il primo è stato Kraven, il
nuovo antieroe della Marvel nell’universo di Spider-Man.
Con Bullet Train, c’è stato un processo di audizione, un test dello
schermo e molte cose diverse da superare. E poi è arrivata
l’offerta per Kraven [senza alcuna audizione]. È stato speciale.
L’ho girato l’anno scorso con Russell Crowe, che è stato
brillante”.
I fan della Marvel rimangono scettici su una
storia di Kraven senza Spider-Man, e possiamo solo sperare che il
film non faccia deragliare le sue possibilità di diventare Bond.
L’attore è un vero talento, tuttavia, e on line i fan si sono
dimostrati di grande supporto rispetto alla possibilità che lui
possa essere il successore di Daniel Craig.
Le riprese sono attualmente in
corso sulla stagione 2 di ANDOR
nel Regno Unito, e un primo sguardo a Diego Luna nei panni di Cassian Andor
è stato rivelato in foto e video appena emersi. L’attore è stato
avvistato accanto a Luthen Rael di
Stellan Skarsgård e, a parte il fatto che sono
nel bel mezzo di quella che sembra essere una conversazione seria,
non ci rivelano molto di più! Tuttavia, la loro nuova
collaborazione continuerà chiaramente dopo gli eventi del finale
della prima stagione.
Sebbene ciò sia avvenuto in un periodo di tempo relativamente
breve, i prossimi 12 episodi copriranno i prossimi quattro anni
della vita di Cassian come ribelle. A parte questo
dettaglio, non abbiamo idea di quando si terrà effettivamente
questo incontro! Si ritiene che la Lucasfilm avesse
originariamente pianificato di raccontare questa storia in cinque
stagioni di 12 episodi, ognuna delle quali copriva un anno nella
vita di Cassian. Fortunatamente, ci hanno ripensato, ma a quel
punto i piani erano già in atto per i primi 12 per coprire un
anno; nella seconda stagione di ANDOR,
riceviamo tre episodi all’anno.
ANDOR
è stata ampiamente acclamata come la migliore serie TV di
Star
Wars su Disney+ e ha raccolto un
successo che sarà certamente duraturo. Nonostante le notizie
secondo cui lo show ha faticato a trovare un pubblico, siamo sicuri
che avrà tempo e modo per conquistare tutti e la storia raggiungerà
una conclusione adeguata, portandoci direttamente nella storia di
Rogue One, ora la seconda stagione sta andando
avanti come previsto. ANDOR presenta
Star
Wars da una prospettiva diversa, concentrandosi sulle
persone comuni le cui vite sono influenzate dall’Impero. Le
decisioni che prendono hanno conseguenze reali e la posta in gioco
per loro e per la Galassia non potrebbe essere più alta.
Diego Luna ritorna nei panni di Cassian Andor
ed è affiancato dai membri del cast Genevieve O’Reilly,
Stellan Skarsgård, Adria Arjona, Denise Gough, Kyle
Soller e Fiona Shaw. I produttori
esecutivi sono Kathleen Kennedy, Tony Gilroy, Sanne
Wohlenberg,
Diego Luna e Michelle Rejwan. Tony
Gilroy è anche il creatore e lo showrunner.
Dopo aver parlato din Spider-Man 4 e dei
Mutanti il capo della DC STUDIOS ha affrontato anche
il tema dei Fantastici
Quattro, ammettendo che è forse il progetto che lo
entusiasma di più della FASE 5. Durante una recente intervista
con Entertainment
Weekly il dirigente ha condiviso i suoi sentimenti
rispetto al progetto del riavvio dei Fantastici
Quattro del 2025.
“In un certo senso abbiamo parlato di mutanti e di
quell’intero aspetto del mondo Marvel, ma i Fantastici Quattro
sono le fondamenta di tutto ciò che è venuto dopo nei
fumetti”, ha affermato Kevin Feige. “Ci sono state
sicuramente delle versioni [sullo schermo], ma non hanno mai
abitato la narrazione dell’MCU. Ed è qualcosa che è davvero
eccitante per noi”.
Dopo una
Fase 4 incostante, la speranza è che i Marvel Studios si riprendano con la
Fase 5. Se la
risposta critica ad Ant-Man and The Wasp: Quantumania è indicativa,
la
Saga del Multiverso continuerà a fornire risultati
contrastanti, ma Kevin Feige sembra essere decisamente
entusiasta del futuro dell’MCU. “La gente
inizierà a sentirne parlare presto“, ha aggiunto, accennando,
si spera, alle notizie sul casting. “Abbiamo in programma di
farlo diventare un grande pilastro dell’MCU in futuro, proprio come sono
stati nei fumetti per 50 o 60 anni“.
Questa in ogni caso è davvero un’ottima notizia, perché dopo questa
affermazione sappiamo per certo che la prima famiglia della
Marvel sarà chiaramente al centro
della prossima era della narrazione MCU, qualcosa che siamo
sicuri che molti dei fan apprezzeranno.
Probabilmente è giusto dire
che la
Fase 5 non è davvero iniziata nel migliore dei modi.
L’embargo delle recensioni per Ant-Man and the Wasp:
Quantumania dei Marvel Studios è stato revocato oggi, e
mentre la prima ondata di verdetti è stata mista positiva (per la
maggior parte), il consenso della critica ha presto preso una piega
negativa.
L’avventura fantascientifica di Peyton Reed è attualmente
al 54%su Rotten Tomatoescon 121
recensioni contate che riassumono il concetto:“Ant-Man
and the Wasp: Quantumania per lo più manca della scintilla di
divertimento che ha elevato le avventure precedenti, ma
Kang di
Jonathan Majors è un elettrizzante cattivo in bilico per
alterare il corso del MCU.”
Anche se il punteggio probabilmente oscillerà nei prossimi giorni,
allo stato attuale delle cose, questo rende
Quantumania il secondo film dei
Marvel Studios a scendere allo
stato di “marcio” sul popolare aggregatore di recensioni dopo
Eternals del 2021 (47%).
Deludente, ma l’MCU si è dimostrato in gran parte a
prova di critica e si prevede cheAnt-Man
3 incasserà fino
a $ 280 milioni in tutto il mondo questo
fine settimana.
Il nuovo film Marvel Studios Ant-Man and the Wasp: Quantumania, che dà il
via alla Fase 5 del Marvel Cinematic Universe,
arriverà il 15 febbraio nelle sale italiane, distribuito da The
Walt Disney Company Italia. L’epica avventura presenta
l’antagonista più potente del MCU fino ad ora: Kang il
Conquistatore.
Nel film, che dà ufficialmente il
via alla
Fase 5 del Marvel Cinematic Universe, i Super
Eroi Scott Lang (Paul
Rudd) e Hope Van Dyne (Evangeline
Lilly) tornano per continuare le loro avventure
come
Ant-Man and The Wasp. Insieme ai genitori di Hope,
Hank Pym (Michael
Douglas) e Janet Van Dyne (Michelle
Pfeiffer), la famiglia si ritrova a esplorare
il Regno Quantico, a interagire con nuove strane creature e a
intraprendere un’avventura che li spingerà oltre i limiti di ciò
che pensavano fosse possibile. Diretto da Peyton
Reed e prodotto da Kevin Feige, p.g.a. e Stephen Broussard,
p.g.a.,Ant-Man
and the Wasp: Quantumania è interpretato anche da
Jonathan Majors nel ruolo di Kang,
David Dastmalchian nel ruolo di Veb, Katy O’Brian nel ruolo di
Jentorra, William Jackson Harper nel ruolo di Quaz
e Bill Murray in quello di Lord Krylar.
Dopo una Fase 4
incostante, la speranza per i Marvel Studios è che si riprendano con la
Fase 5. Tuttavia, data l’accoglienza riservata a
Ant-Man and the Wasp: Quantumania, la Saga del
Multiverso potrebbe seguire lo stesso andamento incostante.
Tuttavia, Kevin Feige è decisamente entusiasta del
futuro del MCU.
Durante una recente intervista con
Entertainment Weekly, il
dirigente ha condiviso il progetto di cui forse è più entusiasta:
il riavvio dei Fantastici
Quattro del 2025. “In un certo senso abbiamo
parlato di mutanti e di quell’intero aspetto del mondo Marvel, ma i Fantastici Quattro
sono le fondamenta di tutto ciò che è venuto dopo nei
fumetti”, afferma Feige. “Ci sono state sicuramente delle
versioni [sullo schermo], ma non hanno mai abitato la narrazione
del MCU. Ed è qualcosa che è davvero
eccitante per noi”.
“La gente inizierà a sentirne
parlare presto”, ha aggiunto, accennando, si spera, alle
notizie sul casting. “Abbiamo in programma di diventare un
grande pilastro dell’MCU in futuro, proprio come sono
stati nei fumetti per 50 o 60 anni”. La prima famiglia della
Marvel sarà chiaramente al centro
della prossima era della narrazione MCU, qualcosa che siamo sicuri che
molti fan apprezzeranno.
A Feige è stato anche chiesto a che
punto sono le cose con il film di Blade con
Mahershala Ali recentemente posticipato, e sembra
che il lavoro stia procedendo bene. “Sta andando bene. Il
nostro regista Yann [Demange] è ad Atlanta in questo momento”,
conferma. “Le telecamere entreranno in funzione nelle prossime
10 settimane circa.”
Ha poi concluso parlando di
Daredevil: Born Again nel MCU, suggerendo che la serie
Disney+ di 18 episodi sarà un altro
esperimento per i Marvel Studios mentre continuano a
bilanciare le storie sul grande e piccolo schermo. “Sono
Charlie Cox e Vincent D’Onofrio, e sono attori e narratori
fantastici a pieno titolo”, osserva Feige. “Questo è più o
meno quello di cui stavo parlando con il divertimento della
televisione a episodi: è proprio lì che lo stiamo sperimentando,
con Daredevil in particolare.”