Ryan Murphy parla
della cancellazione di 9-1-1:
Lone Star. Lo spinoff di 9-1-1 con
Rob Lowe ha debuttato nel 2020 su Fox,
concentrandosi sulle storie dei primi soccorritori di Austin,
Texas. Anche se la serie principale ha recentemente debuttato con
la sua ottava stagione e continuerà sulla ABC, dove si è trasferita
dopo la cancellazione da parte della Fox, la
quinta stagione di 9-1-1: Lone Star sarà l’ultima. La
serie ha debuttato il 23 settembre e sarà composta da 12 episodi,
con il ritorno di membri del cast di lunga data, tra cui
Lowe, Ronen Rubinstein, Jim Parrack, Natacha Karam, Brian
Michael Smith, Rafael L. Silva e Julian Works.
Parlando con Variety, Ryan Murphy, che ha creato
sia 9-1-1 che Lone Star insieme a Tim Minear e
Brad Falchuk, ha commentato le ragioni della cancellazione
dell’amato show, alludendo a difficoltà finanziarie. Ha spiegato
che queste complicazioni sono nate dal fatto che
“si tratta di una compagnia Disney che andava
in onda su una rete Fox”. Anche se
il franchise continuerà con lo show originale e con uno spinoff in
lavorazione ambientato in una “nuova città”, che Murphy ha
rivelato nella stessa conversazione, la fine di Lone Star
sembra essere stata inevitabile. Leggete l’intera dichiarazione di
Murphy qui sotto:
Purtroppo, tutti noi amiamo
“Lone Star”, ma le finanze non hanno funzionato.È una
società Disney che va in onda su una rete Fox, e non avrebbe mai
funzionato.E abbiamo avuto una lunga serie.Ora
lanceremo un nuovo show in una nuova città di cui non posso fare il
nome, ma è divertente.
Cosa significa questo per il
franchise di 9-1-1
La decisione di cancellare
9-1-1: Lone Star sembra far parte di una tendenza più
ampia che vede le reti televisive rivalutare gli show di
lunga durata a causa della concorrenza dello streaming e dei
vincoli di budget , nonostante la loro popolarità o il
loro successo artistico. Ad esempio, Lone Star si era
ritagliata una propria identità concentrandosi sui soccorritori di
Austin, e l’interazione dinamica tra il 9-1-1 originale e
il suo spinoff ha contribuito a consolidare entrambi. Nel corso
della sua serie, Lone Star ha esplorato storie di dolore,
salute mentale, dinamiche familiari e giustizia sociale, dando un
ulteriore livello di profondità oltre alle esplosive scene di
salvataggio.
Tuttavia, nonostante la sua
popolarità, diversi fattori possono aver contribuito alla fine
dello show. Gli ascolti delle ultime stagioni, pur solidi, non sono
stati così alti come quelli delle prime, e l’aumento dei
costi di produzione, soprattutto per le elaborate acrobazie e gli
effetti speciali, potrebbe aver giocato un ruolo nella
decisione di cancellare la serie. Anche se Lone Star sta
per finire, la rivelazione di Murphy che un altro spinoff di
9-1-1 è in lavorazione assicura che il franchise
continuerà, e potrebbe anche trovare opportunità di riportare vari
personaggi di Lone Star.
Come sottolinea Murphy, oltre ai
problemi finanziari generali che tendono a colpire gli show
televisivi di lunga durata, un problema importante per la
continuazione di 9-1-1: Lone Star è stato il fatto che si
trattava di uno show diviso tra due società diverse. La 20th
Television è ora una divisione dei Disney Television Studios,
mentre lo show andava in onda sulla rete Fox, che non è stata
acquistata dalla Disney con l’acquisizione dei 20th Century
Studios. Le lungaggini burocratiche legate all’acquisizione hanno
fatto sì che i diritti dello show comportassero un accordo
di licenza più complicato e costoso di quello che avrebbe avuto uno
show della Fox.
L’era televisiva moderna ha visto
molti network stringere la cinghia e limitare le collaborazioni con
altri network o studios per risparmiare. Un caso di studio
importante è stato quello di The CW, che è stata acquisita da
Nexstar dopo essere stata messa sul mercato dalla sua società
madre, il che ha portato a una cancellazione di massa degli show CW
nel 2022. La maggior parte di questi show erano proprietà
concesse in licenza da altri, e solo le proprietà più
popolari e redditizie hanno potuto continuare per un’altra
stagione.
La seconda stagione di
Sugar (la
nostra recensione) è stata confermata su Apple TV+,
mesi dopo che il noir-thriller di Colin Farrell ha lasciato cadere un enorme
colpo di scena. Arrivata ad aprile, la serie era incentrata su
Farrell nei panni dell’investigatore privato John Sugar che cercava
di risolvere una scomparsa legata alla ricca famiglia Siegel. Con
un cast di supporto a Sugar che comprende anche
Kirby Howell-Baptiste, Amy Ryan, Dennis Boutsikaris, Nate
Corddry, Alex Hernandez, Anna Gunn, Sydney Chandler e James
Cromwell, il thriller ha fatto parlare di sé per un colpo
di scena che viene tenuto nascosto fino alla fine della prima
puntata di otto episodi e ha fatto crescere l’attesa per il
seguito.
Deadline conferma che la seconda stagione
diSugarè in arrivo su
Apple
TV+, con il rinnovo che avviene quasi cinque mesi dopo
il finale. Sono stati confermati anche i primi dettagli sulla
trama, che vedono il personaggio di Farrell tornare a Los
Angeles per lavorare su un altro caso di persone scomparse
e allo stesso tempo cercare di svelare il mistero della sorella
scomparsa. I prossimi episodi saranno caratterizzati anche da un
cambiamento dietro le quinte: lo scrittore di Breaking Bad
e Preacher Sam Catlin assumerà il ruolo di showrunner e
sostituirà il creatore della serie Mark Protosevich. In precedenza,
Catlin aveva scritto l’ultimo episodio della prima stagione.
I produttori esecutivi Simon
Kinberg e Audrey Chon, che producono insieme a Catlin, Farrell,
Scott Greenberg e Chip Vucelich, hanno reagito al rinnovo in un
comunicato:
“È stato incredibilmente
emozionante vedere il pubblico di tutto il mondo abbracciare Sugar,
e siamo entusiasti di tornare per una seconda stagione.Siamo molto grati ai nostri partner della Apple per il loro
sostegno, al nostro showrunner Sam Catlin, al brillante Colin
Farrell e, naturalmente, ai nostri spettatori.Non vediamo
l’ora di riportare John Sugar sul caso”.
Anche Matt Cherniss, responsabile
della programmazione di Apple TV, ha condiviso una dichiarazione e
ha elogiato la performance di Farrell:
“Fin dalla prima puntata, il
pubblico è stato attanagliato dai misteri e dai colpi di scena di
Sugar, con un’incredibile interpretazione di Colin Farrell
al centro.Colin, Simon Kinberg, Audrey Chon e l’intero team
dietro a questa serie hanno mescolato brillantemente i generi per
creare una serie avvincente e imperdibile che tiene gli spettatori
con il fiato sospeso, e non vediamo l’ora di vedere dove si troverà
il detective John Sugar nella seconda stagione”.
Cosa significa per la storia il
rinnovo della seconda stagione di Sugar
La stagione di debutto dello show
non è stata la più forte. Si può perfino sostenere che il tono di
fusione di generi e sorprendentemente giocoso dello spinoff della
HBO The
Penguin, , sia un uso migliore di Farrell nel ruolo di
protagonista, dato che John è una figura così in sordina. Man mano
che Sugar impara a conoscere l’umanità, spesso attraverso i film,
il suo personaggio ha la possibilità di crescere e cambiare. Ma
l’Apple TV+ Original ha lo stile di un noir ben definito. Il punto
debole, in definitiva, è la creazione di un mondo in cui valga la
pena investire oltre all’attesa del colpo di scena.
Una seconda stagione di
Sugar potrebbe essere un miglioramento
che si basa sulle debolezze dei personaggi del thriller,
soprattutto considerando che Catlin ha scritto alcuni dei migliori
episodi di Breaking Bad incentrati sui personaggi, come
“Fly”, che ha scritto insieme a Moira Walley-Beckett, e “4 Days
Out”, entrambi incentrati sulla dinamica di Jesse e Walter.
La star di YellowstoneKelly Reilly rivela che è sempre stato nei
piani del creatore Taylor Sheridan mettere in scena l’assenza del
personaggio di Kevin Costner nella seconda parte della quinta
stagione di Yellowstone.
Dopo la prima messa in onda nel 2018, il neo-western di successo di
Paramount Network è tornato nel 2022, continuando la storia del
John Dutton di Costner e dei suoi tentativi di proteggere il suo
ranch nel Montana. Dopo numerosi ritardi e notizie di drammi dietro
le quinte, che alla fine hanno portato Costner ad
annunciare che non avrebbe ripreso il suo ruolo, la
quinta stagione di Yellowstone, parte 2, è ora
destinata a concludere lo show.
In una recente intervista con
EW, Kelly Reilly, che nello show interpreta Beth
Dutton, rivela che Sheridan ha sempre voluto che il
personaggio di
Costner non fosse presente negli ultimi episodi diYellowstone. Reilly non spiega
esattamente quale fosse il piano specifico di Sheridan, ma si dice
che il creatore abbia condiviso con lei la sua visione della fine
della serie già nella prima stagione. Ecco il commento di Reilly
qui sotto:
“L’assenza faceva parte del
finale.Non è una cosa che abbiamo dovuto cambiare, era già
scritta nell’arazzo della storia.Sarebbe sempre accaduto,
solo che è successo in modo un po’ diverso”.
Cosa significa il piano di
Sheridan per lo show (e per John)
Il fatto che Sheridan abbia sempre
previsto l’assenza di John negli episodi finali di
Yellowstone è una buona notizia per la
quinta stagione, parte 2. Sheridan dirige la serie di successo
dalla prima stagione e lo show è diventato molto popolare. Se la
conclusione senza John è ciò che Sheridan ha cercato di ottenere
per tutto questo tempo, la serie potrebbe uscire di scena con una
nota positiva.
Ciò che Reilly non dice, tuttavia, è quando e come John avrebbe
dovuto lasciare la serie. È molto probabile che Sheridan
abbia sempre avuto l’intenzione di uccidere John verso la fine
della serie, ma probabilmente pensava anche di poter
realizzare questo momento in modo diverso da come si svolgerà ora.
Se John morirà, per esempio, dovrà avvenire fuori dallo schermo,
senza che l’arco narrativo si concluda in modo adeguato.
Il nostro parere sulla fine di
John a Yellowstone
Anche se i conflitti dietro le
quinte potrebbero aver causato l’uscita di Costner dal cast di
Yellowstone, il suo personaggio è stato fondamentale per
la storia di tutte e cinque le stagioni finora. Anche se John
avrebbe dovuto morire nel finale della serie, è un peccato che
questo momento non abbia il peso emotivo che avrebbe avuto. La
morte di John fuori dallo schermo, se è così che si
conclude il suo arco narrativo, non sarà sicuramente
soddisfacente per il pubblico.
Il fatto che il piano più ampio di
Sheridan per la serie rimanga intatto, tuttavia, potrebbe
significare che altri personaggi come Beth, Rip (Cole Hauser),
Jamie (Wes Bentley) e Kayce (Luke Grimes) avranno un finale forte.
Resta da vedere come Yellowstone
concluderà la sua storia (e se avrà una sesta stagione), ma
Sheridan ha evidentemente pianificato la conclusione della storia
dei Dutton da tempo.
Tornano i cuori
palpitanti di Heartstopper per una terza stagione
disponibile dal 3 ottobre su Netflix. La
serie, ideata e scritta da Alice Oseman, autrice
anche dei fumetti su cui è basata, racconta la storia d’amore
tenera e dolcissima tra Nick e Charlie (Kit
Connor e Joe Locke) e ogni stagione si concentra su un
pezzetto di strada che i due compiono insieme per arrivare alla
piena consapevolezza di se stessi e della loro storia d’amore.
Nella terza
stagione, Heartstopper diventa grande, perché non ha più
paura di confrontarsi con temi più adulti e oscuri e anche perché
crescono i nostri protagonisti.
Charlie vorrebbe
dire a Nick che lo ama. Ma anche Nick ha anche qualcosa di
importante da dire a Charlie. Mentre le vacanze estive finiscono e
i mesi scorrono veloci, gli amici iniziano a rendersi conto che
l’anno scolastico porterà con sé sia gioie che sfide. Mentre
imparano di più l’uno sull’altro e sulle loro relazioni,
pianificano eventi sociali e feste e iniziano a pensare alle scelte
universitarie, tutti devono imparare a contare su coloro che amano
quando la vita non va come previsto e devono iniziare a capire come
sarà la vita dopo il liceo. Devono cominciare a pensare che il
gruppo si dividerà una volta finita la scuola.
Heartstopper 3 matura
senza modificare la sua essenza
La terza stagione della
serie di Alice Oseman cresce con i suoi
protagonisti e in maniera molto organica propone temi più maturi,
che riesce comunque a trattare con la consueta delicatezza,
la cifra stilistica e tonale che caratterizza lo show. Dal
sesso alla transfobia, fino ai disturbi alimentari e alla (ancora
una volta e sempre più nel dettaglio) rappresentazione
dell’intero spettro della sessualità in tutte le sue
possibilità, Heartstopper 3 si fa
portavoce di una gioventù che è pronta ad accogliere le diversità,
le particolarità, che fa squadra e offre sostegno in ogni
circostanza. La forza di Charlie e Nick come coppia è il loro
gruppo di amici, e lo stesso possono dire gli altri.
La piccola comunità di
protagonisti si spalleggia, si confida, come era successo già agli
adolescenti di Skam, ma lo fa in un mondo in cui
ogni partecipante al confronto è aperto e accogliente, ha voglia di
confrontarsi. Non c’è difficoltà che in
Heartstopper non possa essere affrontata con il
dialogo diretto fra le parti, sempre con toni pacati e amorevoli,
sempre per il bene dell’altro.
È chiaro che
questo modo di agire non è applicabile al mondo
reale, forse per questo la serie ha così tanto successo e
una presa così salda sul suo pubblico, è una
comfort series, offre prospettive e dinamiche impossibili
applicate a problemi e questioni molto serie che vengono affrontare
sempre con calma e apertura. Probabilmente potrebbe addirittura
essere involontariamente didattica e suggerire come affrontare
alcune difficoltà che si presentano lungo il cammino di un
adolescente.
Heartstopper
mostra in modo virtuoso cosa significa avere una relazione pura e
onesta, non solo di amore, ma di complicità, comprensione
e sostegno. Che sia il sesso, vissuto comunque come un’esperienza
totalizzante (anche se non esplicitamente come in Sex
Education), che sia la scoperta di sé (l’asessualità
fa capolino tra le varie sfaccettature delle identità che vengono
rappresentate), o ancora i problemi di salute mentale (la serie si
affaccia al mondo dei disturbi alimentari e della dismorfia),
Heartstopper offre una prospettiva, positiva,
costruttiva, edulcorata e romantica, sul modo di affrontare la
questione. Le piccole animazioni che sottolineano gli stati d’animo
dei protagonisti ripropongono l’estetica del fumetto e
contribuiscono a caricare le immagini di una dimensione emotiva
ulteriore.
Messo da parte lo
splendido personaggio di Olivia Colman, interprete della mamma di Nick,
che non ha potuto prendere parte alle riprese della terza stagione,
Heartstopper ha cercato di rimediare con tre guest
molto speciali. Il primo è Jonathan Bailey, nei panni di uno scrittore
molto seguito da Charlie, il secondo è Eddie
Marsan che con il volto tenero e gli occhi sorridenti
interpreta il terapeuta di Charlie, e infine
Hayley Atwell, nei panni della zia di Nick, che
insegna al nipote che si può stare vicino a chi si ama anche quando
non si possono risolvere i suoi problemi.
Questa stagione di
Heartstopper traghetta i giovani protagonisti
verso l’età adulta, e stando al ritmo della narrazione è probabile
che un quarto ciclo, anche se non ancora confermato, possa chiudere
l’arco delle storie per tutti i personaggi i quali, già adesso,
sembrano prossimi a una conclusione felice e compiuta, anche se non
facile, della loro adolescenza.
La nuova serie di commedie
romantiche di NetflixNobody Wants This (la
nostra recensione) si sta già rivelando un
successo, ma ci sarà una seconda stagione? Creata per il piccolo
schermo da Erin Foster (basandosi
vagamente sulla sua esperienza personale), la serie segue
l’agnostica podcaster Joanne (Kristen
Bell) che si innamora di un rabbino non ortodosso, Noah
(Adam
Brody), e la loro relazione anticonvenzionale fa arrabbiare non
poche persone lungo il percorso. Esplorando alcuni argomenti tabù
che spesso vengono lasciati fuori dalla maggior parte delle
commedie romantiche (in particolare le differenze religiose), la
serie stravolge il genere con molto umorismo e cuore.
Con una premessa così divertente e
aperta, Nobody Wants This aveva un potenziale immediato
per la seconda stagione, e sono già iniziate le speculazioni su
dove Joanne e Noah saranno diretti. Inoltre, la serie si è
dimostrata un grande successo di critica e il finale di Nobody Wants This – stagione 1 è stato tutt’altro che
conclusivo. Questo pone le basi per una narrazione continua che
potrebbe proseguire non solo in un’altra stagione, ma in un arco di
più stagioni se Netflix decidesse di rinnovare. Tuttavia, allo stato
attuale, la seconda stagione di Nobody Wants This non ha
ancora ricevuto il via libera.
Le ultime notizie su Nobody
Wants This 2
Mentre dietro le quinte di Netflix
si sta valutando la possibilità di un secondo episodio, l’ultima
notizia vede la creatrice della serie Erin Foster parlare della
seconda stagione di Nobody Wants This. La Foster ha basato
lo show sulla sua esperienza personale e questo rende lo sviluppo
del progetto ancora più personale, visto che potrebbe andare avanti
con altri episodi. La Foster ha fatto intendere che ci sarà
un cambio di ritmo se la serie verrà rinnovata, rivelando
che si sta già lavorando per sviluppare altri episodi se Netflix
vorrà rinnovare Nobody Wants This. Tuttavia, la commedia
romantica è ancora nel limbo fino a quando lo streamer non prenderà
una decisione.
Leggete qui la dichiarazione completa della Foster:
Stiamo ricevendo una risposta
molto positiva.E quindi credo che si sia iniziato a parlare
di una potenziale seconda stagione.La storia della Stagione
1 si svolge molto lentamente.Quindi penso che se ci sarà
una seconda stagione vorrei riprendere il discorso da dove
l’abbiamo lasciato e continuare a farlo con calma, perché non
voglio che ci spingiamo troppo avanti.Voglio dire, voglio
che il mio show vada in onda il più a lungo possibile!
La seconda stagione di Nobody
Wants This non è confermata
Nonostante la prima stagione di
Nobody Wants This stia ottenendo ottimi voti dalla critica
nei primi giorni dopo il suo debutto, non si è ancora
parlato di una seconda stagione. Netflix raramente prende
decisioni affrettate quando si tratta di rinnovare i propri show, e
anche un successo sicuro come Nobody Wants This non è una
garanzia. Tuttavia, il fatto che la creatrice Erin Foster sia
entusiasta della seconda stagione e che la commedia romantica sia
stata ben accolta, fa sì che la seconda stagione sembri meno
improbabile.
In ultima analisi, la
decisione si baserà sui numeri degli spettatori, che
saranno chiari solo dopo che lo show sarà rimasto sulla piattaforma
per un po’ di tempo. Sebbene la popolarità immediata sia positiva,
gli spettacoli in streaming di solito acquistano slancio man mano
che procedono e possono costruire un pubblico enorme nelle
settimane o addirittura nei mesi successivi al lancio. D’altra
parte, Nobody Wants This è il tipo di show che potrebbe
rompere gli schemi e ottenere un rapido rinnovo.
Il cast di Nobody Wants
This è stato forse il suo punto di forza, e la chimica tra le
star Kristen Bell e Adam Brody ha tutte le caratteristiche di una
classica coppia di potere da commedia romantica. Per questo motivo,
Kristen Bell dovrà tornare a interpretare la volitiva
agnostica Joanne, mentre Adam Brody dovrebbe tornare a vestire i
panni del rabbino eterodosso Noah. Oltre al duo
principale, l’ensemble di Nobody Wants This è altrettanto
importante, compresa la sorella di Joanne, Morgan (Justine Lupe), e
Jackie Tohn nel ruolo di Esther, la sorella protettiva di Noah.
Dettagli sulla trama di Nobody
Wants This 2
La conclusione della prima stagione
ha lasciato la coppia su un terreno a dir poco incerto e ci sono
ancora molte domande in sospeso che dovranno essere affrontate
nella seconda stagione di Nobody Wants This . In primo
luogo, la decisione di Joanne di non convertirsi
all’ebraismo sarà sempre un punto dolente fino a quando non saranno
cambiati molti cuori, anche se alla fine potrebbe fare il
cambio per le giuste ragioni. Tuttavia, ci sono forze all’opera per
allontanare la coppia e le bugie di entrambe le famiglie sono
destinate a venire a galla. Il modo in cui la coppia supererà
queste tempeste sarà la vera carne al fuoco della seconda stagione
di Nobody Wants This .
La nuova commedia romantica di
Netflix, Nobody Wants
This (la
nostra recensione), è stata ispirata da una
storia d’amore reale. Con il cast di Nobody Wants This
guidato da
Kristen Bell e
Adam Brody, lo show racconta la relazione romantica
interculturale tra i due personaggi. Dato che alcuni aspetti di
Nobody Wants This sembrano troppo belli per essere veri,
il pubblico potrebbe chiedersi se la relazione tra Noah e
Joanne abbia una base nella vita reale.
Nobody Wants This ha
debuttato con ottime recensioni, con
un impressionante punteggio su Rotten Tomatoes del
93%. Lo show include elementi e temi come l’essere in una
relazione romantica con qualcuno che ha una visione diversa della
vita con cui il pubblico può relazionarsi. Nobody Wants
This esplora le difficoltà delle relazioni
sentimentali senza essere troppo predicatorio.
Nobody Wants This è stata
ispirata dalla storia d’amore reale di Erin Foster
Nobody Wants This è stato
ispirato dalla storia d’amore reale della creatrice dello show,
Erin Foster, e di suo marito, Simon Tikhman. La Foster, che ha
avuto l’idea di Nobody Wants This mentre si stava
convertendo all’ebraismo, voleva che lo show fosse una
lettera d’amore al suo matrimonio. Noah di Nobody
Wants This è in realtà basato sul marito della Foster.
Parlando al suo podcast The World’s First Podcast, la Foster ha detto che
voleva che il protagonista maschile della serie fosse
“emotivamente disponibile, cavalleresco, all’antica… ma anche
molto divertente e sicuro di sé”. L’educazione di Noah nella
serie rispecchia anche la vita di Tikhman, che è figlio di
immigrati ebrei-russi (via People).
Sebbene ci siano diversi aspetti
della vita della Foster che si sono riversati nella serie, ci sono
alcune differenze tra la relazione tra Noah e Joanne e quella tra
Foster e Tikhman. Innanzitutto, Foster e Tikhman non hanno subito
le pressioni della famiglia e degli amici come invece è accaduto a
Noah e Joanne nella serie. Inoltre, nella vita reale
Tikhman è un dirigente musicale, non un rabbino. Prima di
sposare Tikhman, Foster si è convertita all’ebraismo, cosa che
Joanne ha dovuto affrontare
alla fine di Nobody Wants This (via Huffington Post).
Ciò che Nobody Wants This ha
copiato dalla relazione tra Foster e Tikhman
Ci sono alcune cose che Nobody
Wants This ha preso direttamente dalla vita reale della
Foster. Nel sesto episodio della serie in 10 parti, intitolato “The
Ick”, Noah incontra finalmente i genitori di Joanne. Deciso a far
colpo su di loro, si presenta in tenuta da ginnastica con un mazzo
di girasoli giganti. Il tentativo di Noah di impressionare
i genitori di Joanne le provoca “lo
schifo”, un termine coniato da lei e
dalla sorella per indicare quando qualcosa che fa un partner
romantico le fa perdere interesse.
Qualcosa di simile è successo a
Foster e Tikhman quando lui ha incontrato i genitori di lei. Lui si
presentò stringendo dei girasoli giganti, cosa che fece ripensare
la Foster alla loro relazione. In un’intervista al New York
Magazine, la Foster ha ricordato l’evento dicendo: “I
fiori erano così lunghi e continuavano a cadere.Seduta
lì, ho pensato: “Beh, se qualcuno si preoccupa così tanto, allora
sembra una debolezza”” (via Vulture). Visto che la serie si è conclusa con il
destino di Noah e Joanne in bilico, sarà interessante vedere
cos’altro Nobody Wants This utilizzerà
nella
seconda stagione dalla storia d’amore reale della Foster.
Nella giornata di ier è arrivata la
notizia che i DC Studios stanno collaborando con gli Swaybox
Studios per Dynamic Duo, un film d’animazione che
ruota attorno a due Robin: Dick Grayson e
Jason Todd. Dato lo stile d’animazione unico
previsto per il progetto, sembra che possa essere speciale quanto
Spider-Man: Into the Spider-Verse. Allo stesso tempo,
molti fan preferirebbero vedere Dick e Jason in un progetto
live-action.
Una rivelazione che è saltata
all’occhio nel rapporto iniziale è stata la menzione che gli
adolescenti sono “ladri orfani e migliori amici che condividono
il sogno di una vita migliore”. Variety ha poi rivelato che
Dyamic Duo racconterà come l’amicizia tra Grayson
e Todd da giovani venga messa alla prova dalle loro idee divergenti
su quello che dovrebbe essere il loro futuro. (Le notizie secondo
cui i personaggi inizieranno come coppia di ladri nel film erano
false).
Sebbene questo sia un sollievo, è
comunque strano pensare che i due Robin facciano squadra. Nei
fumetti, Dick è stato il primo a ricoprire questo ruolo prima di
lasciare Batman per diventare Nightwing. È stato accolto come
pupillo di Bruce Wayne dopo che i suoi genitori, gli acrobati
Flying Grayson, sono stati uccisi da alcuni gangster.
Per quanto riguarda Jason, Batman lo
trovò mentre tentava di rubare una delle ruote della Batmobile e
prese il ragazzo sotto la sua ala protettiva. Jason però non fu mai
il figlio obbediente che era Dick e finì per essere ucciso dal
Joker. Tuttavia, in seguito risorgerà come violento vigilante
Cappuccio Rosso.
Se Dynamic Duo è ambientato nel
passato del DCU, solleva molte domande interessanti.
Ricordiamo che
The Brave and the Bold ruoterà attorno a Batman e al
suo ultimo Robin, Damian Wayne, per cui sarà interessante capire
come questi due progetti potrebbero legarsi tra loro. Ma c’è anche
la possibilità che Dynamic Duo potrebbe rivelarsi
essere un racconto Elseworlds.
Dynamic Duo sarà un film
d’animazione realizzato da Swaybox
Swaybox utilizza
una tecnologia chiamata “Momo Animation”, descritta come un
incrocio tra animazione CGI, elementi pratici di stop-motion e
performance live-action in tempo reale. Il risultato è una
narrazione che si dice sia visivamente mozzafiato, dinamicamente
espressiva e più umana. James
Gunn e Peter Safran saranno
produttori per DC Studios, mentre Matt Reeves è a
bordo con il suo studio 6th & Idaho. Andersson e Michael Uslan di
Swaybox sono anche impegnati in ruoli di produzione.
Il co-responsabile dei DC
Studios James Gunn ha confermato la notizia su Instagram, esprimendo il suo entusiasmo per il
progetto, “Sono al settimo cielo nell’annunciare il nuovo film
DC Studios/Warner Bros Pictures Animation che ha dato il via libera
per i cinema, DYNAMIC DUO, la storia di Robin… o dovrei dire dei
Robin, come Dick Grayson e Jason Todd. Il primo lungometraggio
della visionaria Swaybox, un mix di animazione, burattini e CGI,
una sceneggiatura del meraviglioso e talentuoso Matt Aldrich,
prodotto con i nostri partner di Matt Reeves’ 6th e Idaho. È
qualcosa di speciale”.
Hilary Swank ha dichiarato di essersi personalmente
ispirata a Sharon Stevens Evans, la donna realmente esistita che
interpreta nel suo nuovo film in programmazione su
NetfixIl miracolo di Sharon (Ordinary
Angels).
“È più grande della vita. È
come una forza della natura, Sharon, ed è imperfetta, come tutti
noi”, ha detto la Swank durante una visita a
TODAY il 19 febbraio. “Sta attraversando la sua vita e
perde la sua fede e poi ha l’opportunità di trovare il suo scopo
più vero aiutando questa famiglia e questa giovane ragazza”, ha
continuato la Swank. “E poi ha la possibilità di ritrovare la sua
fede”.
Il miracolo di Sharon
racconta la storia di una parrucchiera determinata che raduna
la sua comunità a Louisville, nel Kentucky, per salvare la vita di
Michelle Schmitt, una bambina che ha bisogno di un urgente
trapianto di fegato.
L’attore di “Reacher” Alan Ritchman è il
co-protagonista nel ruolo del padre di Michelle, Ed
Schmitt. In Il miracolo di Sharon compaiono anche
Nancy Travis (“The Kominsky Method”),
Tamala Jones (“Castle”), Skywalker
Hughes (“Joe Pickett”) e Amy Acker (“The
Gifted”).
Il miracolo di Sharon è
basato su una storia vera?
Sì, Il miracolo di Sharon è basato
sulla storia vera di una parrucchiera del Kentucky che ha aiutato
una bambina gravemente malata a ricevere un trapianto di fegato
salvavita.
Gli eventi reali che hanno ispirato
il film si sono svolti all’inizio degli anni ’90 a Louisville, nel
Kentucky, e hanno coinvolto Ed Schmitt, un vedovo che cresceva due
bambine, Michelle e Ashley, secondo il
Louisville Courier Journal.
Entrambe le bambine erano affette
da una malattia epatica congenita e avevano bisogno di un trapianto
di fegato per sopravvivere. Ashley ricevette il trapianto nel 1991.
Tuttavia, tre anni dopo, Michelle, che all’epoca aveva 3 anni, era
ancora in attesa di un fegato disponibile. Nel frattempo, la
famiglia stava affogando nei debiti sanitari.
Quando Sharon Stevens Evans, una
parrucchiera locale, lesse sul giornale della situazione degli
Schmitt, lanciò una raccolta di fondi per aiutare la famiglia.
Secondo il Courier Journal, raccolse persino i fondi per far volare
Michelle in aereo privato da Louisville a un ospedale pediatrico di
Omaha, in Nebraska, dove avrebbe ricevuto il suo nuovo fegato non
appena fosse stato disponibile un organo da donare.
Poi, una mattina del gennaio 1994,
la famiglia ricevette la notizia che un fegato da donatore era
pronto per Michelle, nel momento più difficile che si potesse
immaginare. Louisville era appena stata colpita da una storica
tempesta di neve, con strade chiuse e il percorso per l’aeroporto
bloccato.
Il trapianto di Michelle non poteva
aspettare che la neve si sciogliesse; se non avesse raggiunto Omaha
entro quella sera, il fegato donato non sarebbe stato più
utilizzabile. I membri della famiglia e della comunità, tra cui
Sharon Stevens Evans e la nonna di Michelle, Barbara Schmitt, si
sono adoperati per organizzare un elicottero che portasse Michelle
all’aeroporto.
“Ovviamente, con 17 pollici di
neve, la città era chiusa, così mia nonna ha chiamato Sharon per
capire cosa avremmo dovuto fare”, ha ricordato la sorella
maggiore di Michelle, Ashley, al Courier Journal.
“Sharon ha iniziato a chiamare
le stazioni radio per radunare la comunità perché il parcheggio
della Southeast Christian Church doveva essere sgomberato per
permettere a un elicottero di atterrare e prelevare mio padre e
Michelle per portarli all’aeroporto e su un aereo privato per
portarli a Omaha”, ha continuato Ashley.
I membri della comunità hanno
sentito l’appello e sono arrivati al parcheggio della chiesa con le
pale. Si affrettarono a liberare uno spazio di atterraggio per
l’elicottero, come si vede in
una foto dell’articolo del Courier Journal del 1994 sulla
storia degli Schmitt. Michelle fu poi trasportata con successo a
Omaha e ricevette il trapianto.
Cosa è successo a Michelle
Schmitt?
Michelle Schmitt Cobble morì all’età di 30 anni nel 2021 a causa
di un aneurisma allo stomaco, come riferì all’epoca l’emittente
locale
WAVE 3 News.
Ashley Schmitt ha raccontato che Michelle si era laureata alla
Spalding University di Louisville e lavorava nel settore medico a
contatto con i bambini.
“Ha persino lavorato con alcuni dei nostri pediatri che abbiamo
avuto nel corso degli anni, il che ha chiuso il cerchio. Le piaceva
molto aiutare gli altri e dare qualcosa alla comunità”, ha
dichiarato Ashley Schmitt a WAVE 3.
A Cobble sono sopravvissuti il marito e il padre, oltre alla
sorella maggiore.
“Il fatto che siamo arrivati a 30 anni, che siamo riusciti a
prendere la patente, ad andare al ballo di fine anno, a fare le
cose che la gente dà per scontate perché sa che le farà… con noi
non abbiamo mai sognato di arrivare a 16 anni”, ha detto Ashley
Schmitt.
Il personaggio di Hilary Swank in Il miracolo di
Sharon è una persona reale?
Sì, il personaggio di
Hilary Swank in Il miracolo di Sharon è basato su Sharon
Stevens, che ora si fa chiamare Sharon Stevens Evans, una
parrucchiera di Louisville, Kentucky.
Dopo essere venuta a conoscenza
delle difficoltà della famiglia Schmitt, la Evans organizzò una
raccolta fondi per aiutare la famiglia a pagare le spese mediche e
finì per guidare gli sforzi per trasportare Michelle all’ospedale
durante la tempesta di neve di Louisville nel 1994. Nel 2023 Evans
ha scritto un libro di memorie sulle sue esperienze, intitolato
anch’esso “Ordinary Angels”.
Andrew Garfield e Tobey Maguire hanno entrambi ripreso i
rispettivi ruoli dell’Uomo Ragno sul grande schermo in Spider-Man:
No Way Home, unendosi all’attuale Spider-Man del MCUTom Holland per un’avventura multiversale che
alla fine ha incassato quasi 2 miliardi di dollari al botteghino
mondiale (superando quel traguardo se si conta la riedizione).
Sebbene la risposta al ritorno di
entrambi gli attori sia stata per lo più molto positiva, i fan
sembravano particolarmente felici di rivedere Garfield negli
iconici panni blu e rossi, dopo che la sua permanenza nel ruolo
dell’eroe era stata interrotta in seguito alla scarsa performance
di The Amazing Spider-Man 2.
Un nuovo rumor, tuttavia, riporta
voci secondo cui la Sony Pictures e i Marvel Studios abbiano trovato qualcosa che ha
stuzzicato l’interesse dell’attore, dato che lo scooper MTTSH
sostiene che Garfield è ora bloccato per apparire come Spidey in
“almeno altri due progetti”. Si presume che uno di questi
progetti sia Avengers:
Secret Wars, ma non saremmo affatto sorpresi se l’altro
fosse una storia standalone incentrata sul suo Peter Parker o un
altro team-up con i suoi compagni wall-crawler.
Andrew Garfield è
disposto a tornare a essere Spider-Man?
Parlando con Esquire, Garfield ha ammesso di
essere stato “lasciato in sospeso” quando The
Amazing Spider-Man 3 è stato accantonato e ha detto che il
suo debutto nell’MCU“è stato
davvero curativo per me”.
Quanto alla sua disponibilità a
riprendere il ruolo, ha rivelato: “Di sicuro, tornerei al 100%
se fosse la cosa giusta, se si integrasse alla cultura, se ci fosse
un grande concetto o qualcosa che non è mai stato fatto prima, che
fosse unico, strano ed eccitante e in cui puoi affondare i
denti”. Garfield ha aggiunto: “Amo quel personaggio e
porta gioia. Se parte di ciò che porto è gioia, allora sono gioioso
anche io”.
Just Jared ha
condiviso le prime foto dal set, che rivelano che Nicolas Cage sta girando una scena nei panni
del combattente del crimine, ormai finito, (purtroppo non in
costume). Non abbiamo molto contesto per la sequenza che si sta
girando, ma il sito nota che il personaggio di Cage sembra essere
stato “sbalzato da qualcosa nella scena”.
Il titolo ufficiale della serie
dice che “racconta la storia di un investigatore privato
invecchiato e sfortunato (Cage) nella New York degli anni Trenta,
costretto a confrontarsi con la sua vita passata come unico e solo
supereroe della città”.
Anche se non è ancora stato
confermato ufficialmente, si pensa che Cage interpreterà una nuova
versione del clone genetico di Peter Parker, Ben Reilly, alias il
Ragno Scarlatto.
Secondo una sinossi non
ufficiale più dettagliata: “Seguiamo Ben Reilly, un
investigatore privato, mentre inciampa in una tana di coniglio di
corruzione nella New York del 1933, e allo stesso tempo scopriamo
il suo passato di supereroe.Reilly indaga sulla
morte di Edward Addison, che lo porta a scoprire che il sindaco sta
tramando qualcosa di nefasto che coinvolge il boss del crimine
Silvermane e la femme fatale Yuri Watanabe”.
Nicolas Cage si unisce a Lamorne
Morris,
Brendan Gleeson, Abraham Popoola, Li Jun Li, Karen
Rodriguez e Jack Huston. Jun Li
interpreterà Wraith e presumiamo che Brendan Gleeson interpreterà
Silvermane, ma è prevista anche la presenza di altri cattivi, tra
cui Sandman.
We have photos of Nicolas Cage as Spider-Man
Noir on the set of his new series, “Spider-Noir.”
Oren Uziel sarà lo sceneggiatore e
il produttore esecutivo di Spider-Noir,
mentre i produttori di Into the Spider-VersePhil
Lord e Christopher Miller e l’ex capo della Sony Amy
Pascal saranno a bordo come produttori esecutivi.
Uziel è noto per aver scritto
l’actioner romantico The Lost City, oltre
a film come 22 Jump Street, Mortal Kombat
e The Cloverfield Paradox. Ha anche
scritto John Wick: Chapter 4 e
l’adattamento del videogioco
Borderlands.
Cage non ha ripreso il ruolo di
Noir per il recente sequel animato di Across the
Spider-Verse, ma dovrebbe tornare per il film finale
della trilogia animata, Beyond the
Spider-Verse.
Joan è una serie
tv britannica drammatica in sei puntate creata da Anna Symon per
ITV. Sophie Turner interpreta il personaggio reale
di Joan Hannington, una figura conosciuta come “la madrina” da
alcuni aspetti della malavita britannica. Paul Frift è il
produttore e la serie è diretta da Richard Laxton.
La serie presenta il viaggio di
Hannington da casalinga e madre, a piccolo delinquente, a ladro di
diamanti e mente criminale nella Londra degli anni ’80.
La serie, composta da sei episodi,
è stata annunciata nel novembre 2022 e Sophie Turner ha ottenuto il
ruolo di Joan Hannington. È stata creata da Anna Symon, adattando
il libro di memorie della Hannington del 2004 I Am What I Am: The
True Story of Britain’s Most Notorious Jewel Thief (Sono quello che
sono: la vera storia della più famosa ladra di gioielli della Gran
Bretagna); le due si sono incontrate mentre la Symon stava
scrivendo la serie.Il progetto proviene dalla Snowed-In Productions
ed è co-prodotto in associazione con All3Media International – che
si è occupata della distribuzione dello show al di fuori del Regno
Unito – e la CW – che lo trasmetterà negli Stati Uniti.
Quando esce Joan?
Joan ha debuttato
su ITB in UK il 29 settembre. In Italia al momento la serie non ha
una programmazione. Negli USA invece la serie dovrebbe debuttare su
The CW.
La trama di
Joan
Joan inizia con la
protagonista poco più che ventenne, dedita a crescere la figlia
Kelly (Mia Millichamp-Long) di sei anni in una casa molto più
amorevole e accogliente di quella in cui è cresciuta. Tuttavia, i
continui furti d’auto e gli intrighi del marito Gary (interpretato
da Nick Blood) rappresentano una minaccia sia per la sua vita che
per quella di Kelly. Per garantire la sicurezza della figlia, Joan
la porta ai servizi sociali in modo che Kelly possa essere affidata
a un’altra famiglia mentre lei cerca un lavoro e un posto dove
vivere. Con il cuore spezzato dalla separazione dalla figlia e
senza piani concreti per il futuro, Joan finisce per andare a
vivere dalla sorella (Kristy J. Curtis) a Londra e lavorare nel suo
salone di parrucchiera.
Il trailer di Joan
Sophie Turner umanizza una ladra di gioielli nella vita reale
in Joan
Dato che la reputazione della vera
Joan Hannington era sulla bocca di tutti, tanto da essere
soprannominata “la madrina”, la missione di questa serie sembra
essere quella di mostrare un lato alternativo della donna che ha
fatto notizia. Com’era quando non era nel bel mezzo di un piano? Il
dramma televisivo è in grado di rispondere a questa domanda grazie
alla convincente interpretazione della Turner. L’attrice, che ha
avuto ruoli minori in progetti come la serie
X-Men e Do Revenge di Netflix, in questa serie esplora con successo
molteplici sfaccettature del suo personaggio. Turner cattura la
vulnerabilità di Joan quando si tratta di dimostrare ai servizi
sociali, il suo istinto materno quando le viene concesso di
visitare la figlia e la sua astuzia quando si tratta di mettere a
segno rapine ad alto rischio.
Il cast della serie tv
Nella serie Sophie Turner
interpreta la protagonista Joan Hannington, Frank Dillane
interpreta Boisie Hannington, Mia Millichamp-Long interpreta Kelly
Kirsty, J. Curtis interpreta Nancy Gershwyn, Eustache Jr.
interpreta Albie, Tomi May interpreta King, Laura Aikman interpreta
Val e Alex Blake interpreta Bernard.
Il network americano NBC ha diffuso
il trailer e le anticipazioni di Chicago PD 12×03,
il terzo inedito episodio della dodicesima stagione di Chicago
P.D..
In Chicago PD 12×03 che si
intitolerà “Off Switch”Atwater lotta per trovare un equilibrio
quando collabora con uno psicologo forense in un caso di rapina a
mano armata.
Cosa c’è da sapere su Chicago P.D. 13
Creata da Dick Wolf e Matt
Olmstead, Chicago P.D. segue gli agenti dell’unità
di intelligence del dipartimento di polizia mentre usano le loro
abilità uniche per risolvere alcuni dei casi più difficili che la
città ha da offrire settimana dopo settimana. Nel corso degli oltre
dieci anni di messa in onda, la serie si è espansa non solo per
affrontare le storie dei casi della settimana, ma anche per
intrecciare interessanti narrazioni sulla vita dei personaggi.
Gli scioperi di Hollywood del 2023
hanno messo in crisi la programmazione autunnale della NBC e hanno
fatto sì che l’intera serie One Chicago venisse trasmessa a metà
stagione all’inizio del 2024. Ciò non ha diminuito la popolarità
della serie, e la breve stagione 11 di Chicago P.D. ha fatto
guadagnare alla serie un rinnovo per la dodicesima stagione.
Nonostante la promessa di un ritorno alla normalità nel palinsesto,
diversi cambiamenti importanti nel cast hanno influito sulla
traiettoria della dodicesima stagione, compresa la partenza del
personaggio preferito dai fan, Hailey Upton (interpretato da Tracy
Spiridakos).
Il network americano NBC ha diffuso
il trailer e le anticipazioni di Chicago Fire
13×03, il terzo episodio della tredicesima stagione di
Chicago
Fire.
In Chicago Fire
13×03 che si intitolerà “All Kinds Of Crazy” Severide e
Van Meter indagano su un incendio in un ristorante a conduzione
familiare. Pascal mette in discussione la leadership di Kidd.
L’ossessione della 13ª stagione
di Chicago Fire
Nel quadro generale, l’arrivo di un
nuovo capo manterrà vivo il ricordo di Boden. Il capo Dom Pascal
non assomiglia affatto a Boden e i suoi metodi sono diversi. Alcuni
personaggi, come Stella, hanno nostalgia dei tempi di Boden, cosa
che si sentirà per tutta la stagione. Per Severide, invece, è
l’improvvisa comparsa di un altro figlio di Benny Severide a
ricordargli l’uomo che aveva faticosamente superato. “Severide…
[ha] lavorato duramente per mettere il padre nello specchietto
retrovisore e diventare un pompiere a sé stante. Quindi,
l’improvvisa comparsa del figlio di Benny, il suo fratellastro,
nella sua vita, lo costringe a riesaminare tutte quelle cose.
Quindi, per Severide, si tratta di un’occasione importante…”, ha
dichiarato Newman a Entertainment Weekly a proposito di questo arco
narrativo.
L’apparizione di Damon fa
riemergere anche i fantasmi del passato di Cruz. Guardare Severide
e Damon interagire gli ricorda il suo rapporto con il fratello
Leon. Ha affrontato molte cose con Leon e sa come qualcuno possa
perdersi nei confronti di un fratello. Questo lo rende
preoccupato per la direzione che sta prendendo questa
storia. “Sa che avvicinarsi, avere un fratello, è un’esperienza
completamente nuova e che potrebbe comportare dei rischi per
Severide, in termini di peso emotivo e di ciò che Cruz è disposto a
fare per suo fratello”, ha detto Newman a TV Line a proposito di questo episodio.
L’ossessione continuerà con
Carver, che è invischiato in una moltitudine di segreti del suo
passato. Suo fratello è apparso nell’undicesima stagione
di Chicago Fire, rendendo più complicate le dinamiche familiari del
personaggio. Questo passato oscuro fa capolino anche in questa
stagione. Strettamente legata a Carver è Violet, che ha cercato di
portare avanti una relazione con Carver. Ha dovuto superare la
perdita di Evan, ma se non ci fosse ancora riuscita? “Violet è
perseguitata da Hawkins e da quello che è successo con Hawkins e
quella relazione”, ha detto Newman a proposito dell’arco narrativo
di Violet nella stessa intervista con Entertainment Weekly.
Il network americano
NBC ha diffuso il trailer di Chicago Med
10×03, il terzo episodio della
decima stagione di Chicago
Med.
In Chicago Med
10×03 che si intitolerà “Trust Fall” Hannah cura una donna
la cui patologia non diagnosticata minaccia la vita sua e del
nascituro. Goodwin riceve un messaggio agghiacciante mentre lotta
contro i vertici dell’ospedale.
L’ED vedrà nuovi volti nella stagione 10 di Chicago Med
Chicago
Med non è l’unico show di Chicago che presenterà nuovi
personaggi. La showrunner di Chicago
P.D., Gwen Sigan, ha
annunciato che Intelligence avrà dei nuovi membri della
squadra. Altrove, la caserma 51 di Chicago
Fire ha trovato un nuovo capo dopo l’uscita di Boden.
Il presidente della programmazione e della strategia della
NBCUniversal, Jeff Bader, ha dichiarato che queste nuove aggiunte
“ovviamente mantengono gli show freschi”.
I mercoledì di One
Chicago riprenderanno il 25 settembre quando
Chicago Med, Chicago Fire
e Chicago
P.D. riprenderanno per le stagioni 10, 13 e 12
rispettivamente alle 20.00, alle 21.00 e alle 22.00.
Disney+ ha pubblicato una
nuova clip dal quarto episodio di Agatha All
Along di stasera (o domani, a seconda del
fuso orario), che mostra la congrega improvvisata di Harkness che
lancia un incantesimo per evocare una nuova Strega Verde dopo la
morte della povera Sharon Hart alla fine dell’episodio della scorsa
settimana.
Anche se non la vediamo apparire, se
avete guardato i trailer e seguito i precedenti promo, saprete
quasi certamente che la “Rio
Vidal” di
Aubrey Plaza è la Strega Verde che si presenta per completare
la congrega.
La signorina Vidal ha debuttato
nella première della serie in una veste diversa, ma si asterrà dal
tentare di uccidere Agatha dopo aver stretto un accordo con la
cattiva di WandaVision
per aspettare che lei riacquisti i suoi poteri prima di
ricominciare la loro battaglia. Guardate la clip al link
sottostante, insieme a un nuovo spot televisivo, e fateci sapere
cosa ne pensate.
Agatha
All Along vedrà il ritorno di molti volti noti di
WandaVision,
tra cui Emma Caulfield Ford (Sarah Proctor),
Debra Jo Rupp (Sharon Davis), David
Payton (John Collins), David Lengel
(Harold Proctor), Asif Ali (Abilash Tandon),
Amos Glick (Dennis), Brian
Brightman (Sceriffo Miller) e Kate Forbes
(Evanora Harkness). Kathryn Hahn guiderà l’ensemble, mentre altre
aggiunte degne di nota sono Aubrey Plaza, Joe Locke, Patti LuPone,
Sasheer Zamata, Ali Ahn, Miles Gutierrez-Riley, Okwui Okpokwasili e
Maria Dizzia.
Pochi dettagli ufficiali sono stati
rivelati sulla trama di Agatha, anche se ci si aspetta che essa
ruoti in gran parte attorno ad Agatha che rintraccia Billy Maximoff
(o viceversa) che, come la sua controparte nei fumetti, si è
“reincarnato” in Billy Kaplan. Diversi scoop hanno affermato che la
storia vedrà anche i discendenti della congrega di Evanora Harkness
– ora noti come i Sette di Salem – tornare per vendicarsi della
donna che ha ucciso le loro madri. Agatha
All Along debutta su Disney+ il 18
settembre.
In vista del debutto del 18 ottobre,
Disney+ ha diffuso il trailer ufficiale dell’adattamento
dell’iconico Rivals di Dame Jilly
Cooper. La serie in otto episodi, ambientata tra
i drammi, gli eccessi e gli
scioccanti comportamenti dell’élite sociale assetata di
potere nell’Inghilterra degli anni ’80, si tuffa a
capofitto nello spietato mondo della televisione indipendente del
1986.
Rivals è interpretato da
Alex Hassell (Macbeth, The
Boys) nel ruolo di Rupert Campbell-Black, David Tennant
(Doctor Who, The Thursday Murder
Club) nei panni di Lord Tony Baddingham, Aidan Turner
(Poldark, The Suspect) in quelli di Declan
O’Hara e Bella Maclean nel ruolo di Taggie O’Hara, insieme a Danny
Dyer (EastEnders, The Football Factory),
Katherine Parkinson (Humans, Here We Go), Nafessa
Williams (Black Lightning, Whitney – Una voce
diventata leggenda), Emily Atack (The Emily Atack
Show, The Inbetweeners) e Victoria Smurfit
(Bloodlands, C’era una volta).
Tra i protagonisti della serie ci
sono anche Catriona Chandler (Pistol, Enola Holmes
2), Oliver Chris (The
Crown, Trying), Rufus Jones (W1A,
Home), Lisa McGrillis (Maternal, Mum),
Luke Pasqualino (Skins, Shantaram), Claire
Rushbrook (Sherwood, Ali & Ava) e Gary Lamont
(Boiling, Outlander).
Tutti gli episodi di Rivals
debutteranno il 18 ottobre in esclusiva su
Disney+.
Cortesia di DISNEY ITALIA
I produttori esecutivi di
Rivals sono Dominic Treadwell-Collins (A Very
English
Scandal, Holding, EastEnders),
Alexander Lamb (Ackley Bridge, The
Bay, We Hunt Together), Felicity Blunt, la
drammaturga vincitrice del premio Laurence Olivier Laura Wade
(The Riot Club [Posh]), l’autrice di
“Rivals” Dame Jilly Cooper e Lee Mason, Director of Scripted
Content for Disney+
EMEA. Rivals è prodotta da Happy Prince, parte
di ITV Studios. La serie è scritta da Dominic Treadwell-Collins e
Laura Wade insieme alla crew di sceneggiatori che comprende: Sophie
Goodhart (The Baby, Sex Education), Marek
Horn (Wild Swimming, Octopolis), Mimi Hare e
Clare Naylor (Un marito di troppo), Dare Aiyegbayo
(The Dumping Ground,EastEnders), Kefi Chadwick
(Looted, Avoidance). Tray Agyeman è
shadow writer nell’episodio 6 e Sorcha Kurien Walsh (The Pink
Pill) è staff writer. La direttrice del casting è Kelly
Valentine Hendry (Bridgerton, The Last
Kingdom, Kaos).
Il lead director è il candidato ai BAFTA Elliot Hegarty (Ted
Lasso, Cheaters, Trying), che
ricopre anche il ruolo di produttore esecutivo per gli episodi 1-4.
Eliza Mellor (Il villaggio dei dannati, Dietro i
suoi occhi, Poldark) è la produttrice della
serie. Anche Dee Koppang O’Leary (The Crown) e Alexandra
Brodski (Somewhere Boy) dirigono gli episodi.
L’ultimo film di Stanley Kubrick,
Eyes Wide Shut, è liberamente tratto dal romanzo
di Arthur Schnitzler “Doppio sogno” e
trasferisce l’azione dalla Vienna del 1900 alla fine degli anni ’90
nel Greenwich Village. Kubrick era noto per il suo estenuante
programma di riprese e per i giochi psicologici che faceva agli
attori per ottenere le loro migliori interpretazioni. Secondo
Vanity Fair, “la teoria di Kubrick era che, una volta che i
suoi attori si fossero esauriti per la stanchezza e avessero
dimenticato le telecamere, avrebbero potuto ricostruire e scoprire
qualcosa che né lui né loro si aspettavano”. Kubrick testò
questa idea sulle sue star di punta, Nicole Kidman e Tom Cruise, nei ruoli del Dr. Bill e di Alice
Hartford.
Le tecniche cinematografiche
ossessive di Kubrick si adattavano bene all’alta tensione di questo
thriller in parte psicosessuale e in parte dramma coniugale, che
racconta di un medico che intraprende un viaggio labirintico
attraverso New York City dopo aver scoperto che la moglie
fantastica su un altro uomo. Bill vaga nella giungla di cemento
alla ricerca della sua esperienza adulterina e finisce in un’orgia
mascherata di una società segreta. È un film ipnotico con molti
strati interpretativi e significati sul sesso, il matrimonio e la
moralità. Qui di seguito, proponiamo dunque una spiegazione del
finale di Eyes Wide Shut.
Il film ha una qualità onirica
Eyes Wide Shut non
è un film facile da decifrare per la sua qualità onirica, dove
nulla è come sembra. Il tenue scintillio delle luci dell’albero di
Natale sullo sfondo e la macchina da presa vivace conferiscono al
misterioso dramma di Kubrick un’atmosfera fantastica. L’intero film
sembra “qualcosa da cui non si può distogliere lo sguardo anche
se si vuole, come in un incubo da cui si è parzialmente consapevoli
di ciò che sta accadendo e anche del fatto che si sta sognando e
non è reale, ma non si riesce a liberarsi”, scrive TheCinemaholic. Ma c’è un momento di
realtà che fa riflettere e che scuote completamente Bill.
Dopo che Bill e Alice sono tornati a
casa da una festa di Natale (in cui entrambi hanno flirtato con
degli sconosciuti), fanno sesso e fumano erba; nella loro notte
fonda, Alice rivela che una volta ha sognato ad occhi aperti di
lasciare la sua famiglia per fuggire con un bell’ufficiale della
Marina che aveva avvistato durante la loro vacanza a Cape Cod. Non
ha mai messo in pratica i suoi desideri, ma Bill è sconcertato
dall’idea che la sua docile moglie abbia i suoi impulsi e non sia
sessualmente passiva. Bill è abituato ad avere tutto il potere
nella loro relazione, quindi l’ammissione di lei lo lascia
sconcertato ed evirato mentre vaga senza meta per le strade della
città.
L’odissea erotica di Kubrick
riguarda in ultima analisi la natura del vedere: ciò che è nascosto
in piena vista e ciò che scegliamo di non vedere. Bill è in uno
stato di negazione sia dell’autonomia sessuale della moglie che
delle proprie tentazioni. I suoi occhi possono essere aperti, ma
sono metaforicamente chiusi alla verità di questi desideri segreti.
Questo tema dell’ignoranza intenzionale è simboleggiato
dall’oggetto della maschera. Le maschere ornate indossate durante
l’orgia permettono alla società segreta di rimanere anonima e di
impegnarsi in relazioni sessuali salaci e sconnesse.
Queste copulazioni senz’anima
all’orgia rispecchiano le potenziali relazioni di Bill e Alice: non
sarebbero altro che incontri fisici insignificanti che non
potrebbero mai sostituire la profonda intimità del loro matrimonio,
un tipo di vicinanza genuina che permette loro di essere se stessi.
Bill indossa una maschera per infiltrarsi nel rituale privato, ma
anche nella vita reale indossa una maschera figurativa per essere
un marito ideale e nascondere la propria curiosità sessuale al di
fuori della relazione con Alice. Nel frattempo, Alice indossa la
propria maschera nel ruolo di moglie e madre perfetta. In una delle
scene finali, Bill vede la maschera sul cuscino accanto alla moglie
addormentata.
L’oggetto che nasconde la verità è
in bella vista e lo spinge a cedere e a rivelare ad Alice i
dettagli del suo viaggio. Ma chi l’ha lasciata lì? Ci sono tre
teorie popolari, alcune delle quali sono state illustrate da
ScreenRant. La prima è che Alice
abbia trovato la maschera e l’abbia lasciata lì per provocare una
confessione. In linea con l’atmosfera illusoria del film, la
maschera potrebbe anche essere un’indicazione immaginaria del fatto
che l’infedeltà di Bill lo perseguiterà sempre. O forse i membri
della nefasta società segreta l’hanno messa lì come minaccia. Ciò
che conta più di chi l’ha messa è il motivo per cui si trova lì:
come un audace promemoria di come Bill si nasconde da ciò che è
reale.
Nella scena finale di “Eyes Wide
Shut”, Bill e Alice portano la figlia a comprare i giocattoli di
Natale e Alice pronuncia un monologo molto serio: “Penso che
dovremmo essere grati. Grati per essere riusciti a sopravvivere a
tutte le nostre avventure, che fossero reali o solo un sogno. Sono
sicura che la realtà di una notte, per non parlare di quella di
un’intera vita, possa mai essere tutta la verità. E nessun sogno è
mai solo un sogno. L’importante è che siamo svegli ora e, speriamo,
per molto tempo ancora”.
Bill e Alice riconoscono entrambi di
essersi svegliati dai loro sogni di infedeltà appena prima di
trasformare la loro realtà in un incubo. Si propongono di lavorare
duramente sul loro matrimonio per non dover mai più affrontare
simili tribolazioni. Eyes Wide Shut riconosce
quanto possa essere sconvolgente l’infedeltà, anche se si verifica
solo nella mente. I sogni e il subconscio sono potenti e hanno la
capacità di trasformare la nostra vita da svegli.
Alice propone anche che c’è un’altra
cosa che devono fare al più presto, ovvero – citando le parole del
personaggio – “fottere” L’espressione schietta è un po’
comica, ma viene da un luogo onesto. Alice non sta suggerendo loro
di impegnarsi nel tipo di coito insensibile che Bill ha osservato
all’orgia, ma una cruda intimità fisica che può derivare solo da un
profondo legame emotivo forgiato in molti anni di impegno. Fare
sesso li aiuterà a ritrovare il loro legame reciproco.
Se è vero che la danza è vita,
allora si spiega come mai da sempre il cinema si interessa a tale
arte tanto da dedicargli numerosi film, ognuno con le proprie
particolarità e punti di vista a riguardo. Dalla saga di Step Up a Shall We Dance?, dall’iconico Billy Elliot al cupo Il cigno nero, ognuno di
questi film affronta la danza in modo personale, evidenziando però
sempre le emozioni che questa sa suscitare. Che sia protagonista
degli eventi o solo un pretesto di sfondo, il ballo suscita sempre
grande gioia quando visto sul grande schermo. Un altro film in cui
è protagonista è il francese Rumba Therapy, del
2022.
Si tratta di una commedia
sentimentale che combina con delicatezza elementi di dramma e
ironia e affronta temi universali come il senso di colpa, la
volontà di redimersi e la complessità dei rapporti familiari, in
particolare quelli tra genitore e figlio. La danza diventa dunque
una metafora del tentativo di ritrovare l’armonia perduta,
rappresentando allo stesso tempo una sfida e un’opportunità di
crescita per il protagonista. Il film non si limita quindi a
far sorridere, ma oscilla anche tra forti momenti di tenerezza e
introspezione.
Si tratta dunque di un titolo ideale
per quanti sono appassionati di ballo quale forma espressiva capace
di comunicare molto più di quello che le parole lasciano intendere.
In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali
curiosità relative a Rumba Therapy. Proseguendo
qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori
dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Franck Dubosc in Rumba Therapy. Cortesia di Lucky Red.
La trama di Rumba Therapy
Protagonista del film è
Tony, un uomo che vive da solo in una casa isolata
in campagna sin da quando è stato abbandonato dalla moglie, che è
andata via insieme alla figlioletta. Ormai cinquantenne, Tony
lavora come autista di scuolabus e trascorre il resto delle sue
giornate in solitaria, circondato solo da campi e natura. Dopo aver
avuto un grave problema al cuore, l’uomo prende coscienza della sua
vita e decide che è giunto il momento di affrontare il suo passato:
vuole conoscere sua figlia Maria. Avendo saputo
che la giovane è un insegnate di ballo, Tony, pronto a tutto pur di
incontrarla, si iscrive a un corso di rumba, nonostante lui odi
ballare.
Il cast di attori del film
Ad interpretare Tony vi è lo stesso
Franck Dubosc,
anche regista e sceneggiatore del film e qui alla sua opera seconda
dopo la commedia Tutti in piedi. Accanto a lui, nel ruolo
della figlia Maria Rodriguez vi è l’attrice Louna
Espinosa, nota in particolare per aver interpretato Roxane
nella serie Les Bracelets Rouges, versione francese della
fiction italia Braccialetti rossi.Jean-Pierre
Darroussin – popolare attore francese recentemente visto
in Il teorema di Margherita e E la
festa continua! – interpreta invece Gilles. Completano il
cast le attrici Marie-Philomène Nga nel ruolo di
Fanny Massamba e Karina Marimon in quello di
Carmen Rodriguez Llorca.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
È possibile fruire di Rumba
Therapy grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple
TV, Tim Vision e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 2
ottobre alle ore 21:30 sul canale
Rai 1.
Con la pandemia di
Covid-19 che da diversi mesi infesta la quasi
totalità del pianeta, il film Contagion (qui la recensione) è tornato ad
essere uno dei titoli più popolari del momento. Diretto nel 2011
dal regista premio Oscar Steven
Soderbergh, la pellicola affronta in modo estremamente
realistico il tema della diffusione di un virus, con la conseguente
perdita dell’ordine sociale e la corsa contro il tempo alla ricerca
di un vaccino. Situazioni oggi tristemente all’ordine del giorno e
che ritrovano proprio in questo film numerose somiglianze.
L’idea per la storia nacque da una
discussione avuta dal regista con lo sceneggiatore Scott Z.
Burns, noto per aver collaborato con Soderbergh anche per
Effetti
collaterali e Panama
Papers. I due decisero di lavorare ad un film ispirato ad
epidemie come quella della SARS, verificatasi tra il 2002 e il
2004, e quella influenzale del 2009-2010. Per Contagion, i
due hanno assemblato un cast di grandi nomi hollywoodiani, composto
da Marion Cotillard,
Matt Damon, Laurence Fishburne,
Jude Law, Gwyneth Paltrow,
Kate Winslet
e Bryan
Cranston.
Al momento della sua uscita in sala,
il film si rivelò un grande successo di critica e pubblico.
Presentato fuori concorso alla 68ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
di Venezia, Contagion ottene recensioni
particolarmente positive, dove si elogia la tensione e la trama
solida e intelligente. Allo stesso modo il film ottenne un buon
successo di box office, guadagnando complessivamente circa 136
milioni di dollari a livello globale, a fronte di un budget di soli
60 milioni.
La vicenda ha inizio quando, dopo un
soggiorno a Hong Kong, Beth Emhoff viene
trasportata d’urgenza in ospedale in seguito ad un malore. In breve
tempo, la donna muore a causa di una malattia sconosciuta,
contratta con probabilità durante il suo viaggio all’estero. Il
virus inizia a diffondersi con rapidità nella popolazione locale,
inducendo un’equipe di medici a cercare un vaccino in grado di
sconfiggere il virus denominato MEV-1. Il dottor Ellis
Cheever indaga sui primi casi di contagio, mentre la
dottoressa Leonora Orantes si reca in Cina per
scoprire l’origine della nuova malattia. L’epidemia, intanto,
continua a diffondersi in modo esponenziale e i medici ingaggiano
una lotta contro il tempo per riuscire a salvare quante più persone
possibili, a costo della loro stessa vita.
L’attrice Marion Cotillard si è dichiarata una grande
fan del regista, e saputo del suo nuovo progetto fece di tutto pur
di ottenere una parte in esso. Il suo interesse deriva da una reale
paura per i germi e i virus, che l’ha spinta a voler partecipare ad
un film così scientificamente accurato a riguardo. Per il ruolo
dell’everyman, Soderbergh volle invece Matt Damon, con il quale aveva già lavorato
precedentemente. Questi, dopo aver letto la sceneggiatura, espresse
grande interesse nel ruolo di Mitch Emhoff, da lui poi
interpretato. Ad interpretare il dr. Ellis Cheever è l’attore
Laurence Fishburne. Questi, fortemente voluto
dal regista, decise di prepararsi al ruolo intrattenendo lunghe
conversazioni con il virologo W. Ian Lipkin, grazie a cui apprese
particolari utili alla sua interpretazione.
Di particolare rilievo è anche il
ruolo svolto dall’attore Jude Law, il quale interpreta il
cospirazionista Alan Krumwiede. Law ha raccontato di aver avuto
lunghe conversazioni con il regista riguardo a tale personaggio. Il
suo intento era infatti quello di rappresentare il punto di vista
dello spettatore, il quale avverte il dubbio riguardo a quanto di
vero o falso ci sia nelle affermazioni delle istituzioni. Di
particolare rilievo è anche il ruolo svolto dalla premio Oscar
KateWinslet, nei panni della
dottoressa Erin Mears. Per prepararsi al suo ruolo, l’attrice ha
fatto visita al Centers for Disease Control and Prevention (CDC).
Qui ha avuto modo di consultarsi con esperti del settore, il quale
le hanno raccontato i dettagli del loro lavoro.
Attratto dal concetto di
“trasmissibilità”, Burns propose a Soderbergh di realizzare un film
incentrato su una terribile pandemia. Per potervi riuscire, per i
due era necessario essere il più accurati e realistici possibile
nel trattare tale tema. Si rivolsero dunque ad esperti virologi
come Lawrence Brilliant e W. Ian Lipkin, i quali aiutarono a dare
alla storia una solida base scientifica. Burns decise inoltre di
dare al film una moltitudine di punti di vista, così da poter
inquadrare meglio il fenomeno che gli interessava raccontare. La
comunità scientifica ha poi lodato il film, affermando che questo
tratta in modo particolarmente realistico le varie fasi di
diffusione dei virus e delle ricerche riguardo i vaccini.
Rivista oggi, la pellicola sfoggia
infatti diverse somiglianze con l’attuale pandemia di Covid-19. Il
virus MEV-1, basato in particolar modo sulla SARS, ha in comune con
questo la provenienza di natura animale e l’origine geografica in
Cina. Anche questo va ad attaccare il sistema respiratorio degli
infetti, dando vita a sintomi molto simili, tra cui febbre alta e
tosse. Mentre il Covid si diffonde attraverso la saliva e le
goccioline di respiro, tosse o starnuti, il MEV-1 si può
trasmettere anche attraverso i fomiti. Questi sono oggetti
inanimati che, se contaminati, possono trasferire la malattia a
quanti vi entrano in contatto. Fortunatamente, il Covid ha un tasso
di mortalità particolarmente inferiore a quello del virus del film.
Questo, infatti, causa la morte di circa 26 milioni di persone nel
mondo.
Il film propone inoltre tutte quelle
contromisure oggi tanto diffuse, tra cui il distanziamento sociale,
l’utilizzo di mascherine e la necessità di frequenti lavaggi alle
mani. Allo sceneggiatore non è poi mancata l’occasione di trattare
anche il tema dell’influenza che Internet ha in tale genere di
situazioni. Viene infatti trattato il comportamento spesso poco
etico dei media e il dilagare di fake news spesso
pericolose quanto il virus stesso. Tali somiglianze con l’attuale
situazione mondiale, per quanto possano sembrare frutto di una
preveggenza, sono in realtà lo studio approfondito di situazioni
che, pur con le dovute differenze, tendono a ripresentarsi in
maniera piuttosto simile tra loro.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming
Negli ultimi mesi il film è
diventato uno dei più ricercati e visti in streaming. Per chi
desidera vederlo, o rivederlo, sarà possibile fruirne grazie alla
sua presenza nel catalogo di alcune delle principali piattaforme
oggi disponibili. Contagion è infatti presente su
Tim Vision, Prime Video e Apple TV.
In base alla piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo.
In questo modo sarà poi possibile fruire del titolo in tutta
comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre
presente nel palinsesto di mercoledì 2 ottobre
alle ore 21:00 sul canale
20 Mediaset.
Il finale di Joker
(qui la recensione), lascia la
verità sull’origine del cattivo della DC quasi misteriosa come
prima dell’inizio. Cosa era reale e cosa era solo nella testa di
Arthur Fleck? E qual è stata la sua battuta finale? Siamo qui per
spiegarvi cosa è successo esattamente nel film di Todd Phillips, molto contrario ai fumetti, e
cosa significa veramente. Con Joker:Folie à Deux, in uscita il 2 ottobre 2024, il sequel
cercherà di approfondire alcune delle questioni.
Raccontando apparentemente la storia
del Clown Principe del Crimine, Joker segue l’outsider
Arthur Fleck (Joaquin
Phoenix) nella sua discesa verso la follia. Licenziato
dal suo lavoro di clown per aver portato una pistola in un ospedale
pediatrico e tagliato fuori dall’assistenza sociale, il comico
stand-up in difficoltà inizia a perdere le tracce di sé. Spara e
uccide tre dipendenti delle Wayne Industries quando viene attaccato
su un treno, scatenando un movimento di protesta della classe
operaia, e arriva a credere che l’uomo d’affari diventato politico
Thomas Wayne sia suo padre.
È qui che il film inizia a esplorare
le ramificazioni che Arthur Fleck avrà sull’intera Gotham quando
inizierà a trasformarsi in Joker. L’ambiguità che segue nell’ultimo
terzo del film è l’elemento attorno al quale ruota l’intera
narrazione, che suscita più domande che risposte. Quando l’ultima
inquadratura del film scompare, cosa è successo davvero?
Arthur Fleck scopre di essere stato
adottato e di aver subito abusi da bambino e questo lo manda fuori
di testa. Soffoca la madre (Frances Conroy), accoltella l’ex
collega (Glenn Fleshler) che gli ha dato la pistola e scopre che la
sua relazione con Sophie Dumond (Zazie
Beetz) non era reale. Invitato al Murray Franklin Show
dopo che il filmato del suo spettacolo fallito diventa un successo,
si trasforma in Joker e fa un annuncio a Gotham.
Spara in testa a Murray (Robert
De Niro) in diretta televisiva, scatenando rivolte
che, tra gli altri crimini, uccidono i Wayne.
Dopo essere stato arrestato per
omicidio, il mezzo di trasporto di Arthur Fleck viene violentemente
tamponato. In seguito all’incidente, Joker finisce per
rinchiudere Arthur nel manicomio di Arkham, ricevendo ancora una
volta cure poco utili. Ma le cose sono tutt’altro che semplici,
perché gli spettatori si chiedono cosa sia stato veramente reale
per tutto il tempo.
Quanto del finale di Joker è
reale (e quanto è nella testa di Arthur)?
La vera domanda sul finale di
Joker, per chi ha prestato attenzione, non è tanto
“cosa è successo?”, quanto “cosa era reale?”.
Mentre Gotham brucia, i Waynes si dissanguano e Arthur nasconde la
sua battuta finale, si ha l’inquietante sensazione che troppe delle
due ore precedenti siano state frutto dell’immaginazione del
cattivo.
Persino Joaquin Phoenix ha
delle riserve su ciò che accade effettivamente alla fine.
Nel Podcast di Reel Blend, ha parlato del finale del film,
affermando: “La gioia di questa sceneggiatura e della reazione
della gente è che ognuno ha un diverso tipo di sentimento al
riguardo, e diverse idee di ciò che potrebbe significare, e di ciò
che è reale e ciò che non lo è”.
Joker è un narratore altamente
inaffidabile, in qualsiasi forma lo si prenda: The Killing Joke, da cui Joker trae
un’influenza non indifferente, racconta la storia delle origini di
un cabarettista, solo che il clown alla fine dichiara: “Se devo
avere un passato, preferisco che sia a scelta multipla”; la
versione di
Heath Ledger ne Il cavaliere oscuro aveva varie versioni su come si
fosse procurato quelle cicatrici. Ma questa ambiguità è anche
radicata nelle influenze cinematografiche di Joker.
Il film è, come un adattamento DC,
un mashup di Taxi Driver e The King of Comedy di Martin Scorsese. Entrambi hanno come
protagonista Robert De Niro nei panni di un emarginato sociale
spinto al crimine – rispettivamente un veterinario malato di mente
e un aspirante cabarettista – e dipingono un ritratto inquietante
degli stati mentali dei personaggi, facendo sì che lo spettatore si
interroghi sulla realtà di ciò che è stato mostrato prima di un
finale che tende al fantastico, regalando al protagonista un
insperato lieto fine. È sogno o realtà? È questa la differenza tra
cupo e cinico o tragico e giusto.
In Joker, Phillips gioca
con la realtà in modo molto simile a Scorsese. Per quanto
il film appaia naturalistico all’inizio, inizia a sfilacciarsi man
mano che la mente di Arthur si frammenta. Alcuni aspetti
del mondo rimangono sospesi in modo strano. Arthur vede se stesso
in un flashback immaginario della valutazione psichiatrica di sua
madre. Si immagina nello show di Murray Franklin, ma il pubblico
vede solo lui (un’altra allusione a The King of Comedy).
Alfred Pennyworth è un energumeno britannico. Arthur dice
addirittura di sentirsi come senon fosse mai esistito.
La cosa più importante, però, sono
le sequenze in cui la mente di Arthur prende il sopravvento.
All’inizio, si immagina di partecipare al Murray Franklin Show come
un membro del pubblico chiamato in serie A. Poi, mentre si trova
sul precipizio, si sente come se non fosse mai esistito.
Poi, mentre si trova sull’orlo della
sanità mentale, Arthur scopre che la sua storia d’amore con
Sophie era del tutto fittizia. Lei non ha mai visto i suoi
spettacoli, non è mai uscita con lui, non lo ha mai aiutato a
prendersi cura di sua madre: per lei era solo il tipo strano in
fondo al corridoio. Anche in questo caso, ci sono grosse domande
senza risposta: l’esaurimento da pistola alla testa, che si
inserisce nel successivo assassinio di Joker, è stato reale o ha
solo assecondato i desideri di Arthur; e cosa ha fatto a Sophie,
chiaramente nervosa, dopo aver lasciato il suo appartamento?
Queste sono le uniche parti di
Joker che si trovano esplicitamente nella testa di Arthur,
ma sicuramente ci si chiederà anche questo nel finale. L’invito al
Murray Franklin Show era autentico o era un meccanismo di difesa?
Ha davvero ucciso Randall nel suo appartamento? La reazione
all’omicidio di Murray è stata davvero così distruttiva? I
rivoltosi mascherati da clown hanno innalzato il loro accidentale
creatore a figura messianica?
La risposta speranzosa a tutte
queste domande è che tutto era nell’immaginazione di Arthur, una
fantasia in cui si vendicava sistematicamente di coloro che gli
avevano fatto un torto e diventava l’eroe accidentale della sua
stessa storia. Ma questa è una cosa semplice, mentre il mondo di
Joker è stravagante e, fin dall’inizio, la dipinge come
una possibilità distinta.
Quello che possiamo dire con una
certa sicurezza è che la scena finale di Joker, con Arthur
ad Arkham e interrogato da uno psichiatra, sta accadendo. È il
finale della storia, che suggerisce che, indipendentemente
dai crimini effettivamente commessi, Arthur finirà per essere
catturato. Ma come vedremo, anche in quel momento
rimangono alcuni grandi interrogativi su ciò che ci viene mostrato,
non ultima l’agghiacciante immagine nella sua mente di un ragazzino
in piedi sopra i suoi genitori morti.
Il finale di Joker spiegato da
Todd Phillips
Il regista Todd Phillips non sembra
troppo interessato a dare una risposta univoca a ciò che accade
realmente alla fine di Joker. In un’intervista rilasciata
al LA Times nel 2019, Phillips ha parlato del finale e del suo
possibile significato. Ha parlato di come spetti al pubblico
interpretare ciò che accade, dicendo: “Non è tanto che ti
vengano presentati i fatti, quanto che ti vengano presentate queste
possibilità”.
Quando si trova faccia a faccia con
ciò che è reale nel corso del film e nel finale, Phillips
sembra volerlo mettere da parte. Non c’è una risposta
concreta a ciò che accadeva nella mente di Arthur Fleck. Si sono
volutamente astenuti dall’avere una diagnosi per il personaggio,
affermando: “Non volevo che Joaquin come attore iniziasse a
fare ricerche di questo tipo.Abbiamo solo detto: ‘È fuori
uso’”. Sembra che Phillips non sia interessato a trovare una
soluzione alle risposte, perché questa ambiguità rende il film
molto più forte.
Todd Phillips afferma che gli è
piaciuto lavorare su Joker perché “poteva prendere
questo personaggio di fantasia e farne ciò che volevamo”.
Questo si vede in tutto il film, incorporando i nomi dei personaggi
e le varie ambientazioni del mito di Batman, ma fermandosi al
materiale di partenza. Phillips ha anche aperto alla possibilità
che Arthur Fleck non sia il “vero” Joker, menzionando: “Forse
il personaggio di Joaquin ha ispirato il Joker…Non si può
sapere.La sua ultima battuta nel film è: ‘Non lo
capiresti’”.
Joker ha creato Batman – ecco
cosa ricorda della rivolta
Sebbene Joker sia una
storia d’origine indipendente per il Clown Principe del Crimine, è
comunque intrinsecamente legato all’universo DC Comics. Questo è
presente fin dall’inizio grazie all’ossessione di Penny Fleck per
Thomas Wayne, che pone le basi per la falsa idea che Arthur sia in
realtà suo figlio e, per estensione, fratellastro di Bruce
Wayne.
Ma è nel finale di Joker
che le cose iniziano ad allinearsi. La rivolta causata
dall’omicidio di Murray avviene mentre Thomas, Martha e Bruce
stanno uscendo da un cinema. Ogni fan di Batman sa cosa
succede dopo: i Waynes vengono uccisi, lasciando Bruce a guardarli
mentre si dissanguano lentamente e lui muove i primi passi per
diventare il Cavaliere Oscuro.
Ma questa non è l’origine di Batman
a cui siamo abituati. Innanzitutto, l’uomo armato prende di mira
Thomas Wayne per le sue parole e azioni contro la classe operaia;
le perle di Martha vengono distrutte come prodotto secondario. Ma
soprattutto, questo triste stato di cose è stato innescato da
Arthur Fleck: il suo omicidio dei dipendenti Wayne ha gettato la
polvere da sparo, ora la sua esecuzione in diretta ha acceso la
miccia. In questo universo, Joker ha creato Batman.
Non è la prima volta che questo
accade nei media: Batman 1989 aveva un giovane Jack Napier
come controfigura di Joe Chill, e un criminale pre-makeup ha avuto
un ruolo chiave nell’origine di Phantasm, che correva
parallelamente al viaggio di scoperta di Bruce. Ma si tratta
comunque di una svolta sismica e sorprendente rispetto ai fumetti.
I mali di Gotham si rivolgono direttamente al giovane Bruce – un
personaggio che, nella sua unica apparizione precedente, era stato
mostrato come incredibilmente passivo, quasi come se fosse stato
medicato. Batman è sempre nato dall’oscurità della sua città, ma
Joker fa sì che la sofferenza necessaria per arrivarci sia
direttamente collegata all’improvviso crollo di Gotham, segno che
le cose devono arrivare al loro orribile apice prima della
salvezza.
L’intera idea non è priva di
un’ultima sfumatura. Quando alla fine l’operatore
dell’ospedale gli chiede di quale battuta stia ridendo, la prima
cosa che Joker pensa è Bruce con i suoi genitori morti. È
un montaggio strano. A parte il punto in cui viene presentata la
mente di Arthur, egli è ancora preoccupato per i Waynes, e quel
doppio omicidio, tra tutto il dolore e la sofferenza causati,
rappresenta per lui l’apice. E, anche se non viene messa in primo
piano, la foto della famiglia strappata dal giornale con un Bruce
timido in un angolo è nel suo taccuino prima di sparare a Murray,
un promemoria e una possibile motivazione.
Questo significa che Arthur Fleck
era il figlio di Thomas Wayne?
Il rovescio della medaglia
dell’ossessione per Bruce Wayne è la domanda
persistente se Joker sia il figlio di Thomas
Wayne. La questione è stata certamente costruita come un
colpo di scena sismico: sua madre è un’amante disprezzata costretta
a vivere in povertà, ma scavando più a fondo sembra che ciò sia
stato smentito. Thomas elimina l’illusione prima che Arthur possa
dire qualcosa; le cartelle psichiatriche di Penny rivelano la sua
schizofrenia e un certificato di adozione (senza nome, mantenendo
un certo mistero sul passato di Joker). Da quel momento, Arthur
arriva quasi ad accettarlo, uccidendo la madre e perdendo tutta la
mancanza di chiarezza sul mondo che la scoperta gli aveva quasi
dato.
Ma non tutto quadra: una fotografia
che Joker guarda prima di recarsi allo spettacolo di Murray è
firmata amorevolmente da un“T.W.”; è da Wayne, e non dai
registri ufficiali, che l’idea dell’adozione viene messa in piedi
per la prima volta; a ben vedere, le foto del giovane Arthur
assomigliano in modo inquietante a Bruce (in effetti, l’attore
Dante Pereira-Olson ha interpretato una versione più giovane del
personaggio di Joaquin Phoenix in You Were Never Really
Here). Tutto ciò non è una prova concreta, ma nell’ottica
dell’essenzialità dei Wayne e della necessità di non fidarsi di
tutto ciò che si vede, è una possibilità decisamente aperta che
Thomas Wayne abbia coperto in modo aggressivo la verità che Arthur
Fleck fosse suo figlio.
Questo, ovviamente, non è un argomento trattato nell’ultima parte
del film e, se è vero, non è ciò che spinge Arthur nell’atto
finale. Non è essenziale per capire il vero significato di
Joker. Ma il fatto che sia una possibilità discutibile non
fa che evidenziare la distanza e la profondità della caduta di
Joker… e quanto tutto sia strano.
Arthur Fleck è l’unico vero
Joker?
Mentre un’intera rivolta di uomini
mascherati terrorizza Gotham, c’è una possibilità alternativa a
questa cosiddetta “origine”. Arthur Fleck è il vero Clown Principe
del Crimine, che diventerà l’avversario di Batman? O è solo
l’ispirazione per un altro uomo sconosciuto che prenderà il vero
mantello? È una questione che le persone coinvolte hanno
accuratamente evitato nelle interviste, e forse a ragione.
Ci sono prove evidenti del fatto che
Arthur Fleck sia l’unico vero Joker. Sebbene Phillips non abbia
confermato l’età del personaggio, a rigor di logica si tratterebbe
di un trentenne (più giovane del quarantaquattrenne Phoenix); se
Bruce ha circa dieci anni, significa che Joker avrà cinquant’anni o
più quando il Cavaliere Oscuro farà la sua comparsa (niente di
definitivo, come ha dimostrato Nicholson a 57 anni, ma un divario
notevole). Sebbene il fatto che Joker sia il nome del film
sia un caso che si tratti di, beh, Joker, la mancanza dell’articolo
determinativo ha un’apertura che lo allontana dall’essere una
singola persona.
Ma ciò che è più potente è la portata del film e come questo Joker
sia ben lungi dall’essere l’unico cattivo con questo particolare
modus operandi. L’intera sottotrama di protesta simile a Occupy che
ribolle nel film e quando Arthur viene innalzato come una sorta di
messia, la comunità diventa un tutt’uno. Non è un salto nel
buio se uno di questi personaggi viene considerato il
Joker. Il danno collettivo è il vero costo.
Se Arthur non è il Joker che
conosciamo, allora questo cambia completamente il senso del film:
non si tratta di una storia di origini del famoso cattivo della DC,
ma della Gotham di Batman. Il Joker è una
metafora, il prodotto di un uomo malato di mente e di una città che
lo trascura: Arthur è un influencer e un tramite, ma non è il punto
di arrivo. I Waynes vengono uccisi a causa del movimento dei clown
e il vero Joker, se è vero, ne uscirà.
La scena finale di Joker
spiegata:qual è la battuta finale di
Arthur?
Tutte queste domande sono radicate
nella scena finale di Joker, già definita come uno dei
momenti di realtà indiscussa del film. In essa, Arthur viene
interrogato da un operatore di Arkham sui suoi progressi, al che il
paziente inizia a ridere in modo incontrollato. Quando gli
viene chiesto qual è la battuta, risponde:
“Non la
capiresti”.
Qual è la battuta? Si tratta di
Thomas Wayne, e di come la domanda di guida di Arthur abbia smesso
di avere importanza? È Bruce Wayne, il figlio legittimo ora privato
della sua innocenza come risultato delle azioni di Arthur? È colpa
di ciò che ha ispirato e di come, senza alcuna motivazione,
l’ideologia del Joker sia stata in grado di fare a pezzi Gotham? È
forse la psichiatra stessa, che Arthur presumibilmente uccide in
base al sangue rosso che ricopre le suole delle sue scarpe nella
scena finale? Questa domanda potrebbe sembrare destinata a rimanere
senza risposta, evidenziando come, anche dopo due ore in sua
presenza, Joker sia ancora in definitiva inconoscibile. Tuttavia,
c’è una soluzione chiara.
La
scena finale di Joker si svolge in una stanza dalle
pareti bianche che assomiglia in modo sospetto a quella in cui ha
visto – o immaginato – sua madre durante il flashback di 30 anni
prima, una sequenza in cui si è incongruamente collocato. Lo
psichiatra ricorda l’assistente sociale dell’inizio del film, per
età, aspetto e modi: entrambi controllano casualmente (o con
noncuranza) il suo benessere in sua evidente assenza, concentrati
sul diario dell’ecocamera. Tutto questo sembra essere la prova che
il film appena visto era irreale.
Quindi, Arthur stesso è lo scherzo.
La conclusione più appropriata per Joker è che la sua
intera vita – che descrive soffocando la madre come una commedia –
è ciò che gli provoca tanta allegria. Forse tutto è una bugia, un
trucco del pubblico immaginato nella sua testa. Forse si sta solo
rallegrando della nuova prospettiva di vita acquisita. Ma questa è
la cosa più vicina alla verità nella vita di Arthur Fleck che si
possa raggiungere. Accetta il suo destino ad Arkham mentre “That’s
Life” di Frank Sinatra suona sopra una lotta inarrestabile e
infruttuosa.
Il vero significato del finale
di Joker
Uno dei meme più diffusi su
Joker è che il messaggio finale del film è semplicemente
“viviamo in una società”, ma si tratta di una lezione
piuttosto riduttiva. Sì, il film esplora sicuramente quest’idea,
dal documentato sottofinanziamento del sistema di assistenza
sanitaria mentale a un conduttore di talk show che si prende gioco
di una persona chiaramente malata, e sottolinea la proclamazione di
Joker: “Cosa si ottiene quando si incrocia un malato mentale
solitario con un sistema che lo abbandona e lo tratta come
spazzatura?Te lo dico io cosa ottieni.Ottenete
quello che vi meritate”. Ma l’angolazione del film dalla
prospettiva di quel solitario malato di mente rende il film più
interno e il caso di studio più estremo. La Gotham presentata è già
sull’orlo del baratro, ma ci vuole una vera e propria pila di
estremi perché le cose ribollano.
C’è sicuramente qualcosa di
inquietante nella presentazione della malattia mentale da parte di
Joker, ma l’appello finale è per una maggiore cura. In The
Killing Joke, Joker afferma tristemente: “Basta una
giornata storta per ridurre l’uomo più sano di mente alla
follia.Ecco quanto è lontano il mondo da dove sono
io.Basta un solo giorno negativo”. La veridicità di
questa affermazione è lasciata aperta nel fumetto – non riesce a
spezzare Jim Gordon, ma alla fine Batman si fa una risata (e forse
strangola il suo nemico) – ma Joker la confuta pienamente:
Arthur non è un uomo sano di mente e il suo esaurimento è graduale,
causato da un trauma subito in giovane età. Quando dice a Sophie di
“avere una brutta giornata”, è un grossolano eufemismo. La
sua è una storia di abbandono da parte di chi dovrebbe essere
responsabile.
D’altro canto, l’impatto di Joker
sulla società è, soprattutto, involontario. Ogni azione viene
compiuta per se stessa e il suo impatto più ampio non viene
considerato se non dopo. Le rivolte sono la spina dorsale del film,
ma lui si disinteressa completamente della loro evoluzione da
rivoluzione proletaria a violenza insensata. Che si tratti di
persone normali coinvolte nel movimento o di altri individui
pericolosi che giacciono dormienti nella società e che trovano
forza come parte di un gruppo (probabilmente un mix di entrambi),
il film mostra la facilità con cui la struttura può crollare.
Il punto non è diretto, poiché
Joker ha intenzionalmente confuso la politica. Thomas
Wayne è presentato lontano dal filantropo lucido a cui molti sono
abituati; i suoi modi squallidi e la sua corsa politica evocano
paralleli con Donald Trump (Alec
Baldwin è stato collegato alla parte), ma il suo uso di
“clown” come termine dispregiativo reclamato da coloro che
sono stati insultati ricorda invece la dichiarazione di Hillary
Clinton “deplorabili” durante le elezioni del 2016. C’è
una dualità che gioca ulteriormente con la natura irreale del film,
suggerendo che questo è Wayne come lo vede Arthur, non come lo vede
Bruce o il mondo.
Come Joker prepara il sequel
Joker:Folie A Deux
Joker:Folie à Deux esplora le conseguenze di Joker
e segue Arthur Fleck nel manicomio di Arkham in attesa del processo
per i crimini e gli omicidi commessi nel primo film.
Lady Gaga interpreta Harley Quinn nel film, aggiungendo un
altro interessante livello alla narrazione, mentre Joker
affronta le ripercussioni del fatto che Arthur pensa di avere una
relazione sentimentale con la sua vicina. Questa volta, sembra che
i sentimenti siano ricambiati. L’ambiguità di
Joker permette al suo sequel di prendere
qualsiasi direzione. Non essendoci una risposta chiara alle domande
che solleva, c’è un numero infinito di possibilità da esplorare.
Tuttavia, Arthur Fleck ha iniziato come un signor nessuno nel primo
film e, alla fine, viene visto come un salvatore per gli oppressi,
il che è perfettamente impostato per immergersi ancora di più in
questa idea in Joker:Folie à Deux.
Arriva al
cinema dal 1° gennaio 2025 la storia di una delle più grandi pop
star di sempre: Robbie Williams.
Better
Man, presentato in anteprima mondiale al
Toronto Film Festival nella sezione Gala,
è scritto e diretto da Michael Gracey, che torna
sul grande schermo dopo il successo di
The Greatest Showman. A firmare la sceneggiatura anche
Oliver Cole e Simon Gleeson, mentre tra i produttori
esecutivi c’è lo stesso Robbie Williams.
Biopic non
convenzionale, come non lo è stata la vita e la carriera della
superstar simbolo degli anni Novanta e Duemila. Dall’esordio
straordinario con i Take That, boyband idolo dei teenagers, alla
carriera da solista con più di 80 milioni di dischi venduti in
tutto il mondo, attraversando alti e bassi personali e
professionali, Robbie Williams è uscito dall’ombra del suo paesino
britannico per diventare una delle più grandi pop star del
mondo.
Nel film Robbie è
rappresentato da una scimmia, realizzata in CGI, scelta che mette
in luce le contraddizioni psicologiche di uno showman, sì
strabordante di talento e carisma, ma anche pieno di ferite,
fragilità e complessità.
La storia
di Robbie Williams in Better Man
Better Man è la
storia vera dell’ascesa fulminante, della drammatica caduta e della
straordinaria rinascita della superstar del pop britannico Robbie
Williams, uno dei più grandi cantanti di tutti i tempi. Con la
visionaria regia di Michael Gracey (The Greatest Showman), il film
è raccontato in modo unico dal punto di vista di Williams, facendo
trasparire la sua caratteristica ironia e il suo stile
inimitabile.
Ripercorre le tappe
del successo di Robbie, dall’infanzia al ruolo di più giovane
componente dei Take That, la boyband che ha sbancato le
classifiche, fino agli ineguagliabili successi da solista fuori da
ogni record, affrontando al contempo le sfide che fama e successo
stratosferici possono portare con sé.
Grazie ad alcuni progetti
cinematografici di alto profilo, Francesco Gheghi
è stato capace di conquistare una sempre crescente popolarità e
affermarsi come uno degli attori più dotati della sua generazione.
Ci è riuscito con la sua delicatezza, con la fragilità ma anche
l’ironia e la forza che sa far confluire nei suoi personaggi. Non
sorprende dunque che sia oggi uno dei più richiesti del momento,
distinguendosi per progetti diversi e dove riesce sempre a dare
prova del suo talento.
I film e le serie TV a cui ha partecipato Francesco
Gheghi
1. Ha recitato in noti
film. Gheghi ha esordito sul grande schermo all’età di 14
anni col film di Daniele Luchetti Io sono Tempesta (2018),
nel ruolo del figlio di Elio Germano. L’anno seguente si è fatto
notare come protagonista del film Mio fratello rincorre i dinosauri, nel ruolo del
fratello maggiore di un bambino con la sindrome di Down. È apparso
poi in Padrenostro
(2020), accanto a Pierfrancesco Favino, per poi recitare in
Il filo
invisibile (2022), Come le tartarughe (2022),
Piove
(2022), Roma Blues (2023), Maschile plurale
(2024) e Familia (2024), con Barbara Ronchi e
Francesco Di Leva.
2. Ha preso parte ad un film
per la TV. Per quanto riguarda il piccolo schermo, ad oggi
Gheghi ha partecipato unicamente ad un film per la TV, dal titolo
A muso duro – Campioni di vita (2022), ispirato alla
storia vera di Antonio Maglio, medico e dirigente INAIL che dedicò
la sua vita al pieno recupero sociale delle persone disabili, e che
nella Roma del 1960 organizzò i primi Giochi Paralimpici della
storia.
La sua formazione da attore
3. Ha studiato in una nota
scuola di recitazione. Gheghi comincia a studiare
recitazione a tredici anni, partecipando a laboratori teatrali come
Heart for Dance, Roma Arte e Spettacolo e Carpe Diem –
Teatro. Importante per la sua formazione da attore sarà la sua
frequentazione della scuola di recitazione “Jenny Tamburi”, tra i
cui ex allievi oggi noti vi sono Ludovica Martino, Alessandro Borghi e Valentina Romani.
4. Ha ottenuto un
prestigioso riconoscimento. Il 2024 è un anno
particolarmente importante per Gheghi, che interpreta un giovane
parricida nel film tratto da una storia vera, Familia. La
sua interpretaziione in questo film gli vale il premio Orizzonti al
migliore attore alla Mostra del cinema di Venezia, all’età di 22
anni.
Francesco Gheghi in Maschile plurale
5. Ha recitato nel sequel di
Maschile singolare. In Maschile plurale,
il sequel del fortunato film con Giancarlo
Commare, Gheghi interpreta Ricky, un ragazzo che vive
nella casa di accoglienza, molto problematico, chiuso, scontroso e
diffidente, che dichiara di essere eterosessuale e di far sesso con
altri uomini solo a pagamento. Ricky viene coinvolto da Luca e
Antonio nel progetto di riapertura di una vecchia pasticceria.
Francesco Gheghi in Familia
6. Ha convinto il regista
con un provino molto particolare. Riguardo il suo ruolo di
Luigi Celeste in Familia, Gheghi ha raccontato in
un’intervista a Vanity Fair: “Ho comprato il
libro di Luigi Gentile, l’ho letto in un paio di giorni. Lì ho
avuto la certezza: era una storia a cui si doveva portare rispetto.
L’ultimo provino doveva durare più di tre ore, ho convinto
Costabile dopo un paio di minuti. Nel provare una scena mi sono
lanciato contro una finestra, mi hanno dato 10 punti. Costabile mi
aveva chiesto il sangue e io gliel’ho dato letteralmente”.
Francesco Gheghi e la sua famiglia
7. Ha sempre potuto contare
sul sostegno dei genitori. Figlio di un pizzaiolo, dei
suoi genitori Gheghi ha affermato: “Mi hanno sempre sostenuto.
Ora il premio di Venezia è nella loro pizzeria a Marino, vicino
Roma. Quando sono salito sul palco a ritirarlo, i miei erano lì e
qualcuno ha girato un video di quel momento. Quando riguardo
l’emozione che provano mentre vinco, inizio a piangere. L’unica
condizione che aveva messo mia madre quando ho iniziato a recitare
era che prendessi il diploma, e anche con un voto alto”.
Familia recensione Film 2024 – screenshot dal trailer
Youtube
Francesco Gheghi è su
Instagram
8.Ha un
profilo sul social network. L’attore è naturalmente
presente sul social network Instagram, con un profilo seguito
attualmente da 27.200 persone. Su tale piattaforma egli ha ad oggi
pubblicato appena un centinaio di post, tutti relativi alle sue
attività come attore o modello. Si possono infatti ritrovare
diverse immagini relative a momenti trascorsi sul set ma anche foto
promozionali dei suoi progetti. Seguendolo si può dunque rimanere
aggiornati sulle sue attività.
Francesco Gheghi è fidanzato con Lea Gavino
9. È fidanzato con una nota
attrice. L’attore, come da lui reso noto in diverse
occasioni, è fidanzato con l’attrice Lea Gavino,
attrice nota per le ultime due stagioni uscite di SKAM
Italia e per il film L’ombra
di Caravaggio. I due, conosciutisi ad un provino, cercano
comunque di mantenere un certo livello di riservatezza sulla
propria vita privata, evitando di condividere troppo a riguardo sia
durante le interviste che sui rispettivi social.
L’età e l’altezza di Francesco Gheghi
10. Francesco Gheghi è nato
il 19 agosto 2003, Marino,
comune della Città Metropolitana diRoma. L’attore è alto
complessivamente 1,80 metri.
La star Neve
Campbell e il regista Kevin Williamson
hanno annunciato che il settimo film di Scream,
che per il momento sembra essere chiamato Scream 7
(abbandonando i numeri romani), uscirà nelle sale il 27 febbraio
2026.
Campbell, che tornerà nei panni
della final girl del franchise originale Sidney
Prescott dopo aver saltato Scream
VI, ha condiviso il seguente poster
promozionale sulla sua pagina Instagram (la nostra prima illustrazione ufficiale
per il film).
I dettagli della trama sono ancora
segreti, ma le voci affermano che la storia ruoterà attorno a
Sidney (Campbell), Gale Weathers (Courteney Cox) e
alcuni nuovi personaggi che difendono la famiglia di Sid da una
specie di setta di Ghostface.
Ci sono state segnalazioni
contrastanti su quanti maniaci mascherati
prenderanno di mira i nostri eroi, ma abbiamo sentito dire che ci
sarà un “grande salto temporale” dopo gli eventi dell’ultimo film,
presumibilmente per consentire ai figli di Sidney di raggiungere
l’età adatta ai film slasher.
Adorazione, la serie young adult in 6 episodi
liberamente tratta dall’omonimo romanzo di Alice Urciuolo, sarà disponibile, solo su
Netflix,
dal 20 novembre 2024 e sarà presentata, in anteprima, ad Alice
nella città, la sezione autonoma e parallela della Festa del cinema
di Roma, dedicata ai giovani, agli esordi e alla scoperta del
talento.
L’estate è appena iniziata
sulla costa dell’Agro Pontino quando la scomparsa della sedicenne
Elena getta un’ombra sulla piccola comunità. Data la sua natura
ribelle, sia la polizia che i suoi amici pensano che si tratti
dell’ennesimo tentativo di fuggire da una provincia soffocante… Ma
si sbagliano.
Adorazione è un coming of
age con una forte componente mistery che intreccia sentimenti e
generazioni, in un susseguirsi di scoperte, rivelazioni
sorprendenti e segreti gelosamente custoditi, finendo per
distruggere le poche certezze di una vita di provincia sempre sul
filo tra aspirazioni e sogni infranti. I giovani protagonisti si
confrontano con le loro paure più profonde e le dinamiche del
gruppo, rivelando tensioni nascoste e relazioni complicate, in una
sfida costante con se stessi, col diventare adulti e con i loro
genitori, per niente pronti ad accettare le molteplici verità sulle
vite dei figli.
Nel teaser trailer le
prime immagini video sulle note di Adorazione, l’omonimo inedito di
Fabri Fibra, anche supervisore musicale per la colonna sonora della
serie. “Ho perso le parole, ho un buco in mezzo al
cuore”
Nel cast Alice Lupparelli (Elena), Noemi Magagnini
(Vanessa), Claudia Potenza (Manuela, madre di Vanessa), Beatrice
Puccilli (Vera, cugina di Vanessa), Giulio Brizzi (Giorgio, cugino
di Vanessa e fratello di Vera), Penelope Raggi (Diana), Luigi Bruno
(Gianmarco), Tommaso Donadoni (Enrico), Federico Russo (Christian),
Alessia Cosmo (Teresa), Federica Bonocore (Melissa), Barbara
Chichiarelli (Chiara, zia di Melissa).
Con Ilenia Pastorelli (Enza, madre di Vera e Giorgio)
e Noemi (Diletta, madre di Diana).
La serie, prodotta da Picomedia, è diretta da Stefano
Mordini e scritta da Donatella Diamanti, Tommaso Matano, Giovanni
Galassi, Gianluca Gloria e Francesca Tozzi.
Sinossi:
Adorazione è una serie young adult che racconta la
storia di un gruppo di ragazze e ragazzi adolescenti durante
l’estate che cambierà per sempre le loro vite. La scuola è appena
finita e i turisti iniziano ad accorrere sulle splendide spiagge di
Sabaudia, quando Elena, 16 anni e una voglia matta di fuggire dalla
provincia dell’Agro Pontino, scompare. Ognuno degli amici di Elena
sa qualcosa che non dice, ha un legame segreto con la ragazza e
forse ha a che fare con la sua misteriosa sparizione. Sarà l’inizio
di un viaggio che, tra sospetti e rivelazioni, porterà ognuno dei
ragazzi a fare i conti con la verità delle proprie relazioni e
della propria educazione sentimentale.
Andrew Garfield aveva un futuro luminoso come
Spider-Man; tuttavia, quando The Amazing Spider-Man 2 non
è riuscito a soddisfare le aspettative, la Sony Pictures ha fatto
squadra con i Marvel Studios e ha scartato i piani per altri
due film da solista, Sinister Six e una precedente
iterazione di Venom.
Come Tobey Maguire prima di lui, il periodo di
Garfield come Peter Parker non si è concluso esattamente con una
nota positiva. Tuttavia, a entrambi gli attori è stata data una
seconda possibilità quando si sono uniti a Tom
Holland in
Spider-Man: No Way Home del 2021.
Parlando con Esquire, Garfield ha ammesso di
essere stato “lasciato in sospeso” quando The
Amazing Spider-Man 3 è stato accantonato e ha detto che il
suo debutto nell’MCU“è stato davvero curativo
per me”.
Andrew Garfield è
disposto a tornare a essere Spider-Man?
Quanto alla sua disponibilità a
riprendere il ruolo, ha rivelato: “Di sicuro, tornerei al 100%
se fosse la cosa giusta, se si integrasse alla cultura, se ci fosse
un grande concetto o qualcosa che non è mai stato fatto prima, che
fosse unico, strano ed eccitante e in cui puoi affondare i
denti”. Garfield ha aggiunto: “Amo quel personaggio e
porta gioia. Se parte di ciò che porto è gioia, allora sono gioioso
anche io”.
La domanda ora è se tornerà
o meno. Gli scooper dei social media stanno già suggerendo
che il piano è che Garfield si presenti in Spider-Man
4, il che probabilmente significa che Peter #1 arruolerà
Peter #2 e #3 per aiutarlo e Venom di Tom
Hardy a combattere il Re in Nero… supponendo che le voci
siano vere!
L’anno scorso, anche Tobey Maguire ha detto che sarebbe stato
disponibile a indossare di nuovo il costume: “Adoro questi film
e adoro tutte le diverse serie”, ha detto. “Se questi
ragazzi mi chiamassero e mi dicessero, ‘Ti presenteresti stasera
per uscire e fare lo scemo?’ o ‘Ti presenteresti per fare questo
film o leggere una scena o fare una cosa alla Spider-Man?’ la
risposta sarebbe ‘sì!’ Perché perché non dovrei volerlo fare?”
È stato affermato che l’arrampicamuri di Holland sarà una parte
importante dei prossimi film di Avengers, quindi
non possiamo escludere la possibilità che Garfield e Maguire si
presentino in Doomsday e Secret Wars.
La Festa del Cinema di
Roma presenta il programma degli incontri della
diciannovesima edizione che si svolgerà dal 16 al 27 ottobre
all’Auditorium Parco della Musica Ennio
Morricone.
MASTERCLASS
Il Premio alla Carriera Viggo Mortensen sarà protagonista di una
masterclass con il pubblico in occasione dell’anteprima del suo
nuovo film, The Dead Don’t Hurt, da
lui scritto, diretto e interpretato. Nel corso della Masterclass,
Viggo Mortensen parlerà di questa sua seconda
esperienza dietro la macchina da presa
(dopo Falling – Storia di un
padre)e ripercorrerà il suo
straordinario percorso artistico, quarant’anni di grandi
interpretazioni che rivelano la sua profonda versatilità e la
capacità di immergersi in personaggi complessi, spesso ambigui,
mostrandone la natura violenta e la fragilità identitaria. Un lungo
viaggio che parte dalla metà degli anni Ottanta, dagli esordi
con Witness – Il testimone di
Peter Weir, Carlito’s Way di
Brian De Palma e Ritratto di
signora di Jane Campion, prosegue negli anni
Duemila, quelli della notorietà internazionale grazie alla trilogia
deIl Signore degli Anellidi
Peter Jackson, e giunge fino agli anni più recenti, con i titoli
che gli sono valsi la candidatura al Premio Oscar® come miglior
attore: nel 2008 per La promessa
dell’assassino di David Cronenberg,
nel 2017 per Captain
Fantastic di Matt Ross e nel 2019
per Green
Book di Peter Farrelly.
Il programma delle
Masterclass proseguirà con Dennis Lehane, uno dei
più amati scrittori a livello internazionale, autore di bestseller
divenuti poi film di grande successo: fra questi, “Mystic
River” (“La morte non dimentica”), portato al cinema da
Clint Eastwood; “Shutter
Island” (“L’isola della paura”), tradotto sul grande
schermo da Martin Scorsese; “Gone, Baby, Gone”
(“La casa buia”) e “Live by Night” (“La legge
della notte”), entrambi adattati da Ben Affleck.
Protagonista della terza Masterclass
sarà Chiara Mastroianni, ospite della Festa in
occasione del centenario della nascita del padre, Marcello
Mastroianni. Dopo aver esordito giovanissima nel film A
noi due di Claude Lelouch, al fianco di sua madre,
Catherine Deneuve, l’attrice ha poi ricevuto una nomination ai
Premi César per l’interpretazione in Ma saison
préférée di André Téchiné e ha vinto il premio come
Miglior attrice protagonista al Festival
di Cannes per il film L’hotel degli amori
smarriti di Christophe Honoré. La lunga collaborazione
con il regista francese arriva fino al 2024 con Marcello
mio, presentato anche in questo caso a Cannes, in cui
l’attrice decide di far rivivere suo padre attraverso se stessa,
con un talento fuori dal comune, incredibile coraggio e
irresistibile ironia.
PASO DOBLE
Paso Doble è la sezione che la Festa
dedica al dialogo fra due autori.
Il primo incontro
coinvolgerà due straordinarie personalità del cinema
messicano, Gael Garcia Bernal e Diego Luna. Dopo
aver condiviso il premio come Migliori attori esordienti alla
Mostra di Venezia per il film Y tu mamá
también di Alfonso Cuarón, aver fondato le case di
produzione e distribuzione Canana Films e La Corriente del Golfo, e
aver istituito il Festival Ambulante Gira de documentales, gli
amici d’infanzia Gael Garcia Bernal e Diego Luna sono i
protagonisti della serie La Máquina, che sarà
presentata alla Festa 2024 nella sezione Freestyle.
Il secondo Paso Doble si svolgerà in
occasione della proiezione di Stop Making
Sense – 40th Anniversary, storico film
concerto dei Talking Heads firmato dal premio Oscar® Jonathan
Demme. La Festa del Cinema ospiterà la nuova edizione del film in
4K: a parlarne ci saranno James Mockoski di
American Zoetrope, che ha supervisionato il restauro, e
Jerry Harrison, chitarrista dei Talking Heads,
curatore del remastering della colonna sonora.
Il programma dei Paso Doble si
chiuderà con l’incontro che vedrà protagonisti Fabio e
Damiano D’Innocenzo, pluripremiati autori di opere
come La terra dell’abbastanza,
Favolacce, America Latina, tutti presentati
nei maggiori festival internazionali, e della miniserie
televisiva Dostoevskij, che ha debuttato in anteprima
all’ultima Berlinale.
ABSOLUTE
BEGINNERS
La sezione in cui un autore
affermato rievoca la storia del proprio esordio al cinema ospiterà,
nel 2024, l’incontro con Saverio Costanzo. Il
regista e sceneggiatore romano, uno dei cineasti più importanti e
originali del cinema italiano contemporaneo, sarà alla Festa
con Private (2004). Ispirato a fatti reali, il
film racconta l’occupazione militare della Palestina dalla
prospettiva intima e privata di una famiglia costretta condividere
la sua abitazione coi soldati israeliani che si sono insediati al
secondo piano. Un’opera senza schematismi, ma con la capacità rara
di trasmettere un significato universale, premiata col Pardo d’Oro
al Festival di Locarno.
Per tutti gli amanti del cinema
breve, ritorna a partire da venerdì 4 ottobre
Sedicicorto Forlì International Film Festival, la
cui 21a edizione si terrà fino al 13 ottobre.
Un appuntamento imperdibile nel cuore di Forlì rivolto a registi,
appassionati e professionisti del settore provenienti da tutto il
mondo, che offre una vetrina unica dedicata al meglio della
produzione cinematografica internazionale.
Sedicicorto resta infatti una
manifestazione nevralgica per il formato del cortometraggio,
esplorando le nuove tendenze e i talenti emergenti di questa
settima arte. Questo l’obiettivo perseguito dai direttori artistici
del festival, Gianluca Castellini e Joana Fresu de Azevedo.
“Si dice che ogni anno non sia
mai lo stesso. La 21.a edizione conferma questo assunto.
Un’edizione che parte dalla condivisione artistica, per accrescere
quel valore atteso ad ogni nuova sfida. Come tutti i viaggi
insieme, non è il luogo di arrivo a cogliere di sorpresa, ma
l’occasione di trovare i giusti accordi. Sono passaggi ricchi di
confronti e visioni oniriche che cavalcano il pensiero di chi pensa
in grande per raggiungere la vetta di un traguardo insolito.
Capacità di scelta e un pizzico di coraggio, sono alla base di una
selezione che cerca di convincere ogni volta un pubblico esigente.
Un compito non facile, ma ricco di stimolanti suggestioni. Aumenta
la base sensoriale, la ricerca dell’ignoto e quella forza emotiva
che si rinnova con magia. Il fascino si compone di dettagli
minuziosi, da consegnare al nostro pubblico con la promessa di un
nuovo imperdibile spettacolo.” commenta Gianluca
Castellini.
“Qualche tempo fa, in un gioco
social che abbiamo voluto fare con il nostro pubblico, abbiamo
ironicamente sviscerato un decalogo su cosa sia un festival. Perché
spesso è difficile spiegarlo. Al pubblico, agli ospiti come alle
istituzioni partner. Perché Sedicicorto non punta a un evento
che miri alla mera kermesse cinematografica. Sedicicorto è
comunità. Creata in 21 anni di storia. Fatta di persone.
Appassionati cinefili, professionisti del settore, amanti del
cinema e del cortometraggio. Persone. Convinte che, attraverso la
visione di alcuni tra i più interessanti titoli del panorama
internazionale e l’incontro con autori e attori che lo compongono,
si possa comprendere al meglio il valore del proprio territorio,
contribuendo a renderlo una eccellenza culturale. 21 anni di
Sedicicorto. 21 anni di noi.”
prosegue Joana Fresu de Azevedo.
Sedicicorto Forlì International Film Festival,
l’edizione 2024
Dieci giornate di
festival in cui le 4 splendide
location (Cinema Sala San Luigi, Fabbrica della
Candele, Galleria Manoni 2.0, Circolo Aurora) si animeranno per
accogliere un ricchissimo programma che comprende 8
sezioni competitive (Movie, Animalab,
Cortinloco, Under5, Animare, Student Bendazzi e
Sketching), 3 fuori concorso
(Apollo, Red e For Gaza) per un totale di 155
film: un connubio di generi per ogni palato, dalle opere
di finzione ai documentari, dall’animazione allo sperimentale.
Oltre ai film, il programma di Sedicicorto sarà arricchito da
imperdibili eventi speciali, alla presenza di tanti protagonisti
del nostro cinema.
Nella serata di apertura di venerdì
4 ottobre saranno presenti Marco
Cortesi e Mara
Moschini con Fango, podcast che
racconta il disastro climatico che ha colpito l’Emilia Romagna nel
2023; verranno consegnati numerosi premi, tra cui il Premio Woman
in set alla regista Laura Luchetti, il Premio
alla Carriera Cinemaitaliano.info all’attore Giorgio
Colangeli, il Premio Generazione G a due straordinari
giovani interpreti come Selene
Caramazza e Andrea
Arru e il Premio Caveja a Orfeo
Orlando.
Sedicicorto omaggerà inoltre la
storia del cinema con Il Centenario, consolidato
appuntamento dedicato al cinema di 100 anni prima condotto dallo
storico Enrico Gaudenzi. Verranno proiettate 4 pellicole datate
1924: L’ultima Risata di Friederich Wilhelm
Murnau, Rapacità di Erich Von
Stronheim, Matrimonio in quattro di Ernst
Lubitsch, Sherlock Jr.di Buster Keaton. Verrà inoltre
celebrato il trentennale dell’uscita di FILM
ROSSO del maestro Krzysztof Kieślowski con una serata
all’insegna del rosso, La notte rossa, a cura
di Clara Ionghi. E ancora la mostra che celebra il centenario della
nascita di una delle massime icone del cinema italiano, Marcello
Mastroianni, dal titolo La dolce vita di
Mastroianni. Il divo verrà omaggiato anche durante le
serate di Cinebook, appuntamento del festival
dedicato al magnifico intreccio tra narrazione per immagini e
narrazione letteraria, condotto dalla scrittrice Gabriella
Maldini.
Durante la XXI edizione del
festival, si consolida inoltre Lapix, l’evento
industry-mercato, nato a Sedicicorto nel 2022, per la promozione
dell’animazione e del videogaming, con particolare attenzione
all’interazione tra studenti, accademie, studi professionali,
produzioni e broadcaster, che si articolerà in diverse aree
tematiche.
Sedicicorto dal 2023 ha avviato un
processo organizzato per rendere più sostenibile l’evento e le
attività collegate: Sedicigreen. La mission è
orientata all’individuazione e consolidamento di 4 valori: Sociale,
Ambientale, Culturale, Economico.
Torna nelle sale italiane
con I WONDER CLASSICS, la divisione di I Wonder
Pictures dedicata alla riscoperta dei classici d’autore,
QUARTO POTERE (CITIZEN KANE), il film cult diretto da
Orson Welles che uscì negli Stati Uniti nel 1941 e in Italia
nel dopoguerra. Dopo l’uscita nei cinema italiani a marzo 2024 e
l’ottimo successo di pubblico arriva nuovamente in sala in versione
originale sottotitolata dal 10 ottobre, in occasione
dell’anniversario della morte di Orson Welles.
A più di 80 anni
dall’uscita, QUARTO POTERE (CITIZEN KANE) è un film
di straordinaria attualità: il suo ritorno in sala cade non solo in
un anno in cui 2 miliardi di cittadini in 76 Paesi sono chiamati
alle urne e in un momento caldissimo della corsa elettorale alla
Casa Bianca, ma anche in un periodo storico in cui la riflessione
sul potere politico e mediatico, tema centrale del film, è
all’ordine del giorno.
QUARTO POTERE (CITIZEN
KANE) si presenta come un’inchiesta giornalistica sulla
vita di Charles Foster Kane, personaggio pubblico e tycoon per
eccellenza, proprietario di ben 37 testate giornalistiche e di
svariate emittenti radiofoniche, candidato governatore e
protagonista di scandali clamorosi che, finiti sulle prime pagine
dei quotidiani, troncano la sua avanzata verso la presidenza degli
Stati Uniti. L’enorme potere dei media sull’opinione pubblica e
sulla società diventa così uno dei temi centrali del film,
proponendo una chiave interpretativa anche del nostro presente. La
figura di Kane, in cui pubblico e privato si mescolano
inscindibilmente, è indagata da un giornalista attraverso cinque
interviste a persone a lui vicine, che ne restituiscono un ritratto
complesso e contraddittorio. Ma è davvero possibile definire
l’essenza profonda di un uomo, per quanto la sua vita sia stata di
pubblico dominio?
Definito da Jorge Luis
Borges come “il lavoro di un genio” e da Steven Spielberg come “una grande
esperienza”, QUARTO POTERE (CITIZEN KANE) ha
rivoluzionato la storia del cinema, diventando secondo la BBC e
l’American Film Institute il miglior film americano di sempre.
QUARTO POTERE
(CITIZEN KANE) torna nei cinema dal 10 ottobre con
I Wonder Classics in collaborazione con Unipol Biografilm
Collection.
La trama di Quarto Potere
Charles Foster Kane, magnate e media tycoon, muore abbandonato da
tutti nella sua lussuosa residenza, Xanadu. Ma, prima di spegnersi,
pronuncia la parola “Rosebud”. Chi o cos’è Rosebud? E cosa si
nasconde tra le pieghe della vita di un individuo che, come lui, è
stato in grado di incarnare il Sogno Americano finché quel sogno
non è diventato un incubo? Nell’anno delle presidenziali Usa e in
uno scenario mediatico rivoluzionato dal web e dai social, torna al
cinema Quarto
Potere (Citizen Kane) e
si rivela ora più attuale che mai, capace di parlarci con
inalterata lucidità del potere dei media, delle loro ingerenze
nella politica e dei riflessi che questo potere ha su tutti noi. E
di appassionarci con una storia di sfrenata ambizione, ascesa e
caduta, alla ricerca di quel lato più intimo di ogni individuo, che
persino oggi – con le nostre esistenze moltiplicate dagli schermi
di centinaia di device elettronici – è forse destinato a rimanere
inaccessibile
Marco
D’Amore alla regia del prequel di
“Gomorra”, l’epica saga crime
Sky Original tratta dall’omonimo bestseller di Roberto
Saviano. La nuova serie GOMORRA – LA SERIE. LE
ORIGINI (working title) sarà nuovamente
prodotta da Sky Studios e Cattleya – parte di ITV Studios – e
distribuita da Beta Film, e racconterà in sei episodi l’ascesa
criminale di Pietro Savastano, da quando era solo un ragazzo di
strada. Alcuni episodi della serie saranno diretti
da Francesco
Ghiaccio (Dolcissime, Un posto
sicuro). Le riprese partiranno a inizio 2025 a Napoli e
dintorni.
Alla scrittura del
progetto Leonardo
Fasoli e Maddalena Ravagli
(L’immortale,
ZeroZeroZero, Django), già storici autori della
sceneggiatura di Gomorra – La Serie, assieme
a Marco D’Amore – che è anche supervisore
artistico – e allo stesso Saviano.
GOMORRA – LA SERIE. LE ORIGINI Photo credit. Marco Ghidelli –
Courtesy of Sky
Già indimenticabile
protagonista della saga che ha varcato ogni confine, conquistando
pubblico e critica in oltre 190 territori nel mondo, e regista di
diversi episodi delle ultime stagioni di “Gomorra – La
Serie” (nonché del film “L’immortale”,
ponte fra la quarta e la quinta stagione), Marco
D’Amore ha dichiarato: «Dieci anni fa è cominciata una
storia che, a partire da Napoli e dalle sue periferie, ha
raccontato di vita e di morte, dei complessi ingranaggi di una
efferata associazione criminale, dei suoi agganci col potere e di
una guerra che ha insanguinato la terra, mettendo padri contro
figli, fratelli contro fratelli. La portata di questo racconto in
breve è divenuta mondiale, ha parlato lingue diverse, ha scosso
coscienze a distanti latitudini del globo, sancendo un incredibile
successo di pubblico e di critica.
“Gomorra – La
Serie” è frutto del talento e della professionalità di tutte le
donne e gli uomini che vi hanno lavorato, del coraggio e della
lungimiranza di Sky e Cattleya e della capacità avuta di far
corrispondere all’indagine della realtà lo spettacolo che solo il
Cinema sa dare. Quella storia, però, ha raggiunto il suo
compimento, ha terminato la sua strada. Oggi finalmente posso
annunciare che sarò alla guida di un nuovo progetto che si occuperà
di raccontare le origini di quella storia. Dove e quando tutto è
cominciato. Attraverso le vicende di personaggi per cui l’esistenza
sembra segnata sin dagli albori da un destino ineluttabile, come in
una tragedia greca. Nel mondo che indagheremo sarà diverso il
contesto storico e sociale, il modo di vivere, le abitudini e
certamente anche i sogni e le ambizioni. Tutto sembrerà
apparentemente distante dal presente, ma per dirla con Tucidide
“per capire il presente bisogna conoscere il passato ed orientare
il futuro”.
L’eccitazione
che sento per questa nuova avventura non sta solo nella
consapevolezza dell’importanza del progetto e nella responsabilità
che sento, ma anche nella gioia che mi dà avere al mio fianco una
troupe incredibile e un regista e autore che stimo molto come
Francesco Ghiaccio, che si occuperà della regia di alcune puntate
della serie. Inoltre, sento di avere la possibilità di restituire
quello che di grande mi è stato dato più di dieci anni fa, ovvero
offrire una chance a tanti giovani talenti di mostrare le proprie
capacità e confrontarsi con l’intelligenza e l’intransigenza di chi
non può e non deve fare sconti a nessuno: il pubblico».
Marco D’Amore alla regia di Gomorra – la serie. Le
origini
Nils
Hartmann, Executive Vice President Sky Studios per
l’Italia, ha commentato: «Sono molto felice che un talento
che stimo come attore e come regista torni a far parte della
famiglia di “Gomorra – La serie”, dopo esserne stato un
protagonista. Abbiamo condiviso con Marco quest’avventura
dall’inizio e sono certo che il suo sguardo potrà dare linfa
preziosa ad un nuovo ed inedito capitolo della saga. Raccontare
l’adolescenza di Pietro Savastano nel prequel sarà una sfida
elettrizzante e molto ambiziosa. Tutto questo non può che rendermi
orgoglioso e non vedo l’ora di veder battere il primo ciak».
Riccardo
Tozzi, fondatore di Cattleya, ha dichiarato: «”Gomorra –
La serie” ha ormai assunto un profilo mitologico e avevamo molti
dubbi a toccare di nuovo questa materia così inimitabile. Ma l’idea
che si è formata nel gruppo creativo all’origine della serie,
insieme a un suo protagonista, Marco, ci è sembrata così semplice e
forte da convincerci a ripartire. In una Napoli d’altri tempi il
ragazzo Pietro non sa che diventerà Savastano, come non lo sa Imma,
come non lo immagina il gruppo di giovani inconsapevoli e pieni di
vita che accompagnano l’inizio della sua avventura criminale.».
Sophie Turner ha commentato il ritorno di
quella che sarebbe effettivamente la stagione 9 di Game of
Thrones, e dimostra perché la serie non dovrebbe – o
almeno, quasi certamente non potrebbe – tornare. A cinque anni
dalla fine di Game of
Thrones, il modo in cui si è concluso il successo della
HBO rimane estremamente controverso, ma lo show nel suo complesso è
amato. Questi due elementi sembrano imprescindibili per una nuova
stagione che possa portare di nuovo quel mondo e quei personaggi
sullo schermo e possa dare ai fan qualcosa che li soddisfi di
più.
Finora, la cosa più vicina a una
continuazione diretta di Game of Thrones è stata
la serie spin-off di Jon Snow, che avrebbe visto
il ritorno di Kit Harington. Tuttavia,
è stata scartata quando non sono riusciti a trovare un’idea per
portarla avanti. Nel frattempo, Sophie Turner ha espresso
un certo interesse per un ritorno di Game of Thrones, ma i
suoi commenti evidenziano non solo il problema, ma anche il modo
migliore per procedere:
“Voglio dire, dovrebbe essere
esattamente lo stesso cast e la stessa identica troupe, altrimenti
non tornerei indietro e sarebbe solo la stagione 9, e non credo che
faremo una stagione 9, ma ho adorato interpretare Sansa, e mi
chiedo spesso cosa farebbe ora. Dove sarebbe cinque anni dopo, cosa
farebbe? Sarebbe ancora regina del Nord? Sarebbe una brava sovrana?
Ci sarebbe qualche altro tipo di guerra terribile che è accaduta?
Mi piacerebbe vederlo.”
Game of Thrones Sansa Stark
Game of Thrones 9 è
impossibile
Turner ha ragione nel dire che quasi
ogni continuazione di Game of Thrones sarebbe
effettivamente solo la stagione 9, e questo mostra il principale
ostacolo alla sua realizzazione. Sebbene l’ottava stagione di
Game of Thrones abbia provocato una reazione
negativa, la portata della produzione è stata senza pari in TV, e
sarebbe molto difficile riportarla indietro. Richiederebbe l’unione
di molte parti in movimento, data la dimensione del cast e della
troupe dello show, e allineare tutti quei programmi, anche se tutti
volessero tornare, sarebbe quasi impossibile.
Non c’è nemmeno alcuna
garanzia che il cast e la troupe di Game of Thrones vogliano
tornare. Era abbastanza chiaro alla fine che aveva avuto
un costo, perché è una produzione così intensa per tutti i soggetti
coinvolti. Harington ha commentato il contraccolpo al finale di
Game of Thrones e lo ha detto lui stesso: “Penso che se c’è
stato un difetto nel finale di Game of Thrones, è che eravamo tutti
così fottutamente stanchi che non avremmo potuto andare avanti più
a lungo”.
C’è però un aspetto che renderebbe
la stagione 9 di Game of Thrones una buona idea.
Sebbene sia allettante pensare che potrebbe essere utilizzata per
risolvere i problemi del finale, il rischio è che inevitabilmente
raddoppierebbe la posta in gioco, come Bran Stark che diventa re.
Altri, come la morte di Daenerys Targaryen, non sono affatto risolvibili per
coloro per cui non ha funzionato, a meno di un’altra
resurrezione.
Un sequel di Arya è
l’unico spin-off che eviterebbe l’effetto “stagione 9”
Quasi tutti gli spin-off di
Game of Thrones che proseguono dall’ottava
stagione, a meno di un salto temporale di decenni, avrebbero il
problema di essere semplicemente la nona stagione, una
continuazione della storia. Non importa quale personaggio decida di
seguire, che si tratti di Sansa al Nord o persino di Jon Snow oltre
la Barriera, solleva la questione di dove si trovino gli altri
personaggi, cosa stiano facendo e perché non siano coinvolti, e
quindi probabilmente richiede il ritorno dell’intero cast e della
troupe. Sono tutti ancora a Westeros, quindi è un problema
difficile da aggirare.
L’eccezione a questo è uno
show che segue le avventure di Arya Stark, che è partita
per scoprire cosa c’è a ovest di Westeros nel finale della serie.
Poiché ha effettivamente lasciato i Sette Regni di Westeros, allora
c’è una ragione legittima e intrinseca per cui uno spin-off si
concentri solo su Arya, senza alcuna necessità di affrontare cosa
sta succedendo altrove. I suoi viaggi richiederebbero mesi se non
anni, quindi non sarebbe un problema se non ci fosse l’apparizione
di Jon Snow o Sansa, e mentre il pubblico potrebbe
ancora chiederselo, c’è un motivo ovvio per evitare la domanda, che
nessun altro sequel avrebbe.